Clima, Aie: -10 mld di tonnellate di CO2 entro il 2030 rispettando gli obiettivi della Cop28

Se gli obiettivi energetici stabiliti alla conferenza sul clima Cop28 tenutasi a Dubai lo scorso anno venissero pienamente attuati, si ridurrebbero le emissioni di gas serra e si accelererebbe in modo significativo la trasformazione del settore energetico globale. Lo conferma un nuovo rapporto dell’Aie (Agenzia internazionale dell’energia), che può servire da guida per trasformare gli impegni collettivi dei Paesi in azioni concrete.

Alla Cop28, quasi 200 Paesi hanno concordato di lavorare per raggiungere un’ambiziosa serie di obiettivi energetici globali nell’ambito del cosiddetto UAE Consensus, tra cui emissioni net zero entro il 2050, abbandonare i combustibili fossili, triplicare la capacità di energia rinnovabile, raddoppiare il tasso di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2030, accelerare la diffusione di altre tecnologie a basse emissioni. Il nuovo rapporto dell’Aie, ‘From Taking Stock to Taking Action: How to implement the COP28 energy goals’ ,è la prima analisi globale completa di ciò che si potrebbe ottenere mettendo in pratica gli obiettivi – e di come si può fare.

Il rapporto evidenzia la fattibilità del raggiungimento degli obiettivi di triplicazione e raddoppio, in particolare, anche se sottolinea che ciò dipenderà da ulteriori sforzi internazionali per creare le giuste condizioni di base, nonché dal fatto che i Paesi utilizzino l’UAE Consensus come bussola per la prossima serie di Contributi Nazionali Determinati (NDC) nell’ambito dell’Accordo di Parigi.

Gli obiettivi fissati da quasi 200 Paesi alla Cop28 “possono essere trasformativi per il settore energetico globale, mettendolo su una corsia preferenziale verso un futuro più sicuro, accessibile e sostenibile. Per garantire che il mondo non perda questa enorme opportunità, l’attenzione deve spostarsi rapidamente sull’attuazione”, ha dichiarato il direttore esecutivo dell’Aie, Fatih Birol. Come dimostra questo nuovo rapporto gli obiettivi energetici della Cop28 “dovrebbero gettare le basi per i nuovi obiettivi climatici dei Paesi nell’ambito dell’Accordo di Parigi: sono la stella polare di ciò che il settore energetico deve fare”. Inoltre, un’ulteriore cooperazione internazionale è “fondamentale per realizzare reti adeguate, un sufficiente stoccaggio dell’energia e un’elettrificazione più rapida, che sono parte integrante di una transizione energetica pulita rapida e sicura”.

Secondo il rapporto, l’obiettivo di triplicare la capacità globale di energia rinnovabile entro il 2030 è raggiungibile grazie a un’economia favorevole, a un ampio potenziale produttivo e a politiche forti. Ma una maggiore capacità non significa automaticamente che una maggiore quantità di elettricità rinnovabile ripulirà i sistemi energetici mondiali, abbasserà i costi per i consumatori e ridurrà l’uso dei combustibili fossili.

Secondo il documento, per sbloccare tutti i benefici dell’obiettivo di triplicazione, i Paesi devono impegnarsi a costruire e modernizzare 25 milioni di chilometri di reti elettriche entro il 2030. Il mondo avrebbe inoltre bisogno di 1 500 gigawatt (GW) di capacità di stoccaggio dell’energia entro il 2030, di cui 1 200 GW dovrebbero provenire da batterie di stoccaggio, un aumento di 15 volte rispetto al livello attuale.

Il rapporto, poi, sottolinea la necessità di un approccio più granulare e specifico per ogni Paese per raggiungere l’obiettivo critico di raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030. In questo modo si potrebbero tagliare i costi energetici globali di quasi il 10%, ridurre le emissioni di 6,5 miliardi di tonnellate e rafforzare la sicurezza energetica dei Paesi.

Tuttavia, per raggiungere questo obiettivo è necessario che i governi di tutto il mondo facciano dell’efficienza energetica una priorità politica molto più importante e si concentrino senza sosta su azioni chiave. Per le economie avanzate, ciò significa puntare sull’elettrificazione, dato che per raddoppiare l’efficienza è necessario portare la quota dell’elettricità nel consumo energetico globale al 30% entro il 2030. Il rapporto rileva che i veicoli elettrici e le pompe di calore sono molto più efficienti delle loro alternative tradizionali. Nel frattempo, per le economie emergenti, standard di efficienza più severi – in particolare per le apparecchiature di raffreddamento come i condizionatori d’aria – sono fondamentali per un progresso più rapido. E per i Paesi che non hanno pieno accesso alle moderne forme di energia, il raggiungimento dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile dell’accesso universale a fonti di cottura pulite riduce significativamente la domanda di energia, trasforma le vite e i mezzi di sussistenza e previene milioni di morti precoci.

Il rapporto rileva che il pieno raggiungimento degli obiettivi della Cop28 per le energie rinnovabili e l’efficienza ridurrebbe le emissioni globali di 10 miliardi di tonnellate entro il 2030, contribuendo a dare al mondo una possibilità di raggiungere gli obiettivi di temperatura dell’Accordo di Parigi.

Il documento è stato pubblicato durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, in concomitanza con la Settimana del clima. Nel corso della settimana, i leader del governo, dell’industria e della società civile si riuniscono per discutere le opportunità di una maggiore azione sui temi dell’energia, del clima e dello sviluppo sostenibile. Oltre a questi eventi, l’Aie ospiterà il terzo della serie di dialoghi di alto livello sulla transizione energetica in collaborazione con la presidenza della Cop29. Il dialogo con i decisori globali a New York si concentrerà sui risultati di questo rapporto e sulle prossime tappe.

Clima, grido d’aiuto dei Paesi vulnerabili: Neanche un dollaro dal fondo della Cop28

Photo credit: AFP

 

Non un altro anno: i Paesi più poveri del mondo, in prima linea contro i cambiamenti climatici, avvertono che non possono più aspettare i primi aiuti dal fondo “perdite e danni“, creato alla COP28 di novembre ma ancora lontano dall’essere operativo.

L’appello giunge in concomitanza con la conclusione del secondo incontro per l’istituzione del fondo, adottato in pompa magna alla COP di Dubai dopo anni di difficili negoziati. In un momento in cui le devastazioni causate da inondazioni e uragani si moltiplicano in tutto il mondo a causa del riscaldamento provocato dai combustibili fossili, “non possiamo aspettare la fine del 2025 per sbloccare i primi fondi“, tuona Adao Soares Barbosa, rappresentante di Timor Est nel consiglio di amministrazione del fondo.

Le perdite e i danni non ci aspetteranno“, sottolinea il negoziatore per le nazioni più povere del mondo. Da quando il fondo è stato adottato alla COP28, sono ripresi negoziati complessi e tesi tra Nord e Sud per finalizzare la sua struttura. Il ritmo di questi negoziati è stato insufficiente per far fronte all’entità dei disastri legati al clima. “I bisogni urgenti dei Paesi e delle comunità vulnerabili non possono essere ignorati mentre aspettiamo che ogni dettaglio di questo fondo venga finalizzato”, insiste Barbosa. I costi dei disastri legati al clima ammontano a miliardi di dollari. Tuttavia, il fondo ha ricevuto solo 661 milioni di dollari di promesse dai Paesi ricchi (Germania, Francia, Emirati Arabi Uniti, Danimarca), che sono i principali responsabili del riscaldamento globale. “Non abbastanza per coprire i costi di un singolo disastro grave“, lamenta Camilla More dell’Istituto internazionale per l’ambiente e lo sviluppo.

La Corea del Sud, ospite dell’incontro, ha appena annunciato una nuova donazione di 7 milioni di dollari. “Non ci possono essere fondi senza soldi“, fa eco Brandon Wu di ActionAid. A riprova delle necessità, l’uragano Beryl, favorito da temperature record nell’Oceano Atlantico, ha stravolto le isole caraibiche. “In cinque isole delle Grenadine il 90% delle case è andato distrutto. Le case sono a pezzi, i tetti non ci sono più, gli alberi non ci sono più, non c’è cibo, non c’è acqua, non c’è elettricità“, ricorda Elizabeth Thompson, rappresentante delle Barbados, durante l’incontro. “Non possiamo continuare a parlare mentre le persone vivono e muoiono in una crisi di cui non sono responsabili“, aggiunge, chiedendo un fondo che rifletta “l’urgenza e la portata” della risposta richiesta. La distruzione “massiccia” delle ultime settimane “sta esercitando una pressione immensa su di noi per fare il nostro lavoro“, ammette Richard Sherman, il co-presidente sudafricano del consiglio di amministrazione. I suoi membri vogliono che i pagamenti siano approvati “il prima possibile, ma realisticamente entro la metà del 2025“, secondo un documento interno consultato dall’AFP.

Fotovoltaico

Monito dell’Aie all’Italia: “Burocrazia frena le rinnovabili, servono politiche più rapide e decise”

“I processi di autorizzazione lunghi e complicati e le lunghe code per l’allacciamento alla rete rimangono le sfide principali per una più rapida espansione delle energie rinnovabili in Italia”.  Lo rileva l‘Agenzia internazionale dell’Energia (Aie) nel rapporto ‘COP28 Tripling Renewable Capacity Pledge: Tracking countries’ ambitions and identifying policies to bridge the gap’, pubblicato oggi, che analizza le ambizioni e i piani di attuazione dei Paesi con l’obiettivo chiave fissato alla COP28 di uscire dai combustibili fossili.

Sebbene dal 2019 le aste abbiano avuto l’obiettivo di aggiudicare 5,5 GW di energia fotovoltaica ed eolica su terraferma in sette tornate entro la fine del 2021, “il 20% di questa capacità mirata – dice l’Agenzia – è rimasta ancora non aggiudicata dopo la dodicesima tornata tenutasi nel giugno 2023, principalmente perché gli sviluppatori hanno incontrato difficoltà nell’ottenere i permessi”. L’Aie riconosce che il governo italiano “sta adottando misure per snellire le autorizzazioni, semplificando i processi di autorizzazione e istituendo un comitato speciale per accelerare i progetti”. Tuttavia, è il monito dell’Agenzia, “un’azione politica più rapida e decisa sarebbe necessaria per realizzare il 35% in più di espansione della capacità nel nostro caso accelerato”.

Nel rapporto dell’Aie si fa riferimento anche al Superbonus. “Nel febbraio 2023” il governo, si legge nel documento “ha annunciato l’intenzione di ridurre gradualmente il credito, provocando un’impennata delle installazioni nel 2023, quando i proprietari di casa si sono affrettati a sfruttare l’incentivo più interessante”. La diffusione del fotovoltaico residenziale dovrebbe rallentare nel 2024, pur rimanendo superiore a quella del 2021. “La crescente fiducia dei consumatori nel fatto che i vantaggi economici e di sicurezza energetica del fotovoltaico su tetto possano proteggerli dalle recenti fluttuazioni dei prezzi dell’elettricità – scrive l’Aie – dovrebbe portare a una crescita del mercato molto più rapida di quanto previsto in precedenza”.

Complessivamente, scrive l’Agenzia, l’Italia aggiungerà 36 GW di capacità rinnovabile nel periodo 2023-2028. Il solare fotovoltaico distribuito rappresenta la metà di questa espansione, “creando una prospettiva più ottimistica rispetto alla nostra analisi del 2022”.

Cop28, Al Jaber: il boss del petrolio che plaude all’inizio della fine dei combustibili fossili

Il sultano Al Jaber aveva promesso che la Cop28 da lui presieduta sarebbe stata “diversa“. E così è stato. Per la prima volta nella storia delle conferenze sul clima delle Nazioni Unite, gli Stati del mondo riuniti a Dubai mercoledì hanno adottato, per consenso, una decisione che lancia quello che diversi Paesi hanno descritto come “l’inizio della fine dei combustibili fossili“. Il Sultano Al Jaber degli Emirati Arabi Uniti si è vantato di essere il primo capo a presiedere una conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, dopo 27 ministri e diplomatici. Ed era anche l’unico in grado di forgiare un compromesso con gli Stati del Golfo, ostili a rinunciare ai loro guadagni petroliferi. Aveva ripetutamente promesso un accordo “senza precedenti” a Dubai.

I delegati dei Paesi hanno applaudito con una standing ovation l’adozione dell’accordo finale mercoledì, nonostante le riserve di alcuni. All’inizio dell’anno, l’emiratino era, o diceva di essere, rimasto sbalordito dalla sua nomina da parte degli Emirati Arabi Uniti, quando Ong e rappresentanti eletti americani ed europei lo avevano accusato di conflitti di interesse, poiché aveva deciso di mantenere la gestione della 12esima compagnia petrolifera mondiale, l’Adnoc. Quando a giugno, sulle pensiline degli autobus di Bonn, fuori da una conferenza sul clima delle Nazioni Unite, sono stati affissi dei manifesti che lo ritraevano come un fantoccio dei combustibili fossili, si è infuriato, secondo le persone che hanno parlato con lui in quei giorni.

Sottoposto a un controllo mai visto prima per un presidente di una Cop, ma molto diffidente nei confronti dei media e circondato da decine di comunicatori reclutati a caro prezzo, quest’anno ha concesso solo una manciata di interviste. “Le persone che mi accusano di conflitto di interessi non conoscono il mio background“, ha detto all’AFP. “Ho trascorso la maggior parte della mia carriera nello sviluppo sostenibile, nella gestione di progetti e nelle energie rinnovabili“. Ma l’uomo, che in pubblico è così rigido e cauto, non ha resistito a rivelare la sua natura vulcanica in risposta a una domanda su Adnoc, che ha affermato essere tra le aziende più virtuose, ritenendo la domanda “ingiusta“.

Sultan Al Jaber, 50 anni, si è formato come ingegnere presso università californiane e britanniche e ha fatto carriera nel settore energetico degli Emirati Arabi Uniti. È tuttora ministro dell’Industria e delle Tecnologie Avanzate degli Emirati Arabi Uniti e inviato del Paese per il clima. Nel 2006 è diventato il primo responsabile della società nazionale di energia rinnovabile Masdar, di cui presiede tuttora il consiglio di amministrazione. Dieci anni dopo è stato nominato amministratore delegato di Adnoc, dove aveva iniziato a lavorare su progetti di gas, con il mandato di “decarbonizzare” l’azienda e “prepararla per il futuro“, secondo lui. “Tutta la mia vita è organizzata intorno agli indicatori di performance, è così che gestisco le aziende“, ha dichiarato all’AFP. “Pragmatico” e “realistico“, è lì per “fornire” risultati “reali“, tutto per “mantenere l’obiettivo di 1,5°C (riscaldamento) a portata di mano“.

Ma per tutto l’anno, la confusione tra Adnoc e la Cop ha rovinato questa comunicazione molto controllata. Poco prima dell’inizio della Cop28, la BBC e il Centre for Climate Reporting (CCR) hanno pubblicato dei briefing interni per la presidenza della Cop28. Questi documenti preparati per gli incontri sulla Cop con i governi stranieri includevano sistematicamente argomenti commerciali per Adnoc e Masdar. “Al Jaber ha chiarito che l’industria petrolifera avrebbe avuto un posto di rilievo alla Cop“, ha scritto a novembre all’AFP il senatore democratico statunitense Sheldon Whitehouse, che ha interrogato due volte le Nazioni Unite sull’influenza delle lobby.

Ha anche dovuto difendere la sua fede nella scienza del clima in diverse occasioni, dopo un acceso scambio di battute sull’argomento con Mary Robinson, la presidente del Gruppo dei Saggi, che ha compromesso la sua immagine. Nel corso dei mesi, la sua appartenenza all’industria del petrolio e del gas e i suoi meticolosi preparativi per l’incontro di Dubai hanno infine convinto sia i Paesi che i numerosi osservatori che partecipano al processo della Cop che il capo era serio, determinato e, in ogni caso, metodico.

Durante la conferenza, molti partecipanti hanno ritenuto che l’organizzazione non fosse paragonabile a quella della Cop27 dello scorso anno in Egitto. “È molto diretto e ascolta“, ha detto Harjeet Singh, un veterano delle Cop che parla a nome del Climate Action Network (una rete di 1.900 organizzazioni). “È molto deciso, ma siamo d’accordo sul disaccordo“. La Cop28 ha avuto un inizio brillante con l’adozione, il primo giorno, di una decisione molto complicata sull’attuazione di un fondo per le perdite e i danni per i Paesi vulnerabili, che dovrà essere alimentato dai Paesi ricchi.

Per tutta la durata della Cop28, quando il doppio cappello di Sultan Al Jaber ha fatto notizia anche fuori Dubai, quasi nessuno dei partecipanti ha messo in discussione la sua legittimità, nemmeno le Ong, il cui fuoco era rivolto soprattutto alle lobby dei combustibili fossili presenti in massa e a Paesi come l’Arabia Saudita. La svolta è arrivata a Bonn, a giugno, quando Sultan Al Jaber ha definito per la prima volta “inevitabile” la riduzione dei combustibili fossili. Una rottura semantica che il piccolo mondo delle Cop non si aspettava da un funzionario del Golfo. Da mesi, e a Dubai, ogni volta che ha parlato ha sottolineato il suo impegno verso l’obiettivo fissato dall’Accordo di Parigi di limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, e verso le raccomandazioni della scienza climatica. Ma non ha mai chiesto direttamente la fine dei combustibili fossili, ripetendo che spettava alle “parti” negoziare tra loro.

Negli ultimi giorni, la sua suprema fiducia in se stesso è stata scossa. Aveva programmato di concludere la Cop28 in tempo martedì, ma come i suoi predecessori ha dovuto accettare una proroga di 24 ore. I detrattori del Sultano Al Jaber “gli devono delle scuse“, ha dichiarato mercoledì il ministro danese per il Clima Dan Jørgensen dopo l’accordo finale, lodando la sua “trasparenza“.

Cop28, raggiunto “storico” accordo. Neutralità dal carbonio dal 2050

Un accordo “storico”, “guidato dalla scienza”, “equo” e raggiunto grazie “allo spirito di collaborazione” di tutte le parti. È “orgoglioso” Sultan Al Jaber, presidente emiratino della Cop28, nell’annunciare che alla fine l’intesa è stata trovata e che a Dubai si è seguita la “stella polare” per trovare una nuova strada comune per combattere il riscaldamento globale. Un accordo, ha spiegato in seduta plenaria, che per la prima volta cita esplicitamente i combustibili fossili, anche se la parola “uscita” è stata sostituita da “transizione”.

“Transitare dai combustibili fossili” e accelerare l’azione “in questo decennio cruciale, al fine di raggiungere la neutralità delle emissioni di carbonio entro il 2050,  in linea con le raccomandazioni scientifiche” è quanto prevede l’accordo, che esclude quindi l’uscita da petrolio, gas e carbone, ma punta a un percorso più lento verso l’eliminazione di queste fonti di energia inquinanti, proprio come richiesto dai Paesi produttori, guidati dall’Arabia Saudita. Passa quindi la linea più morbida, ma si riconosce “la necessità di riduzioni forti, rapide e sostenute delle emissioni di gas a effetto serra, coerenti con le traiettorie di 1,5°C, e invita le Parti a contribuire ai successivi sforzi globali”. 

Il documento propone la triplicazione delle energie rinnovabili entro il 2030, lo sviluppo dell’energia nucleare e dell’idrogeno “a basse emissioni di carbonio”, nonché le incipienti tecnologie di cattura del carbonio favorite dai Paesi produttori di petrolio. Una fonte vicina alla presidenza emiratina ritiene che il testo sia stato finemente “calibrato” per cercare di conciliare i punti di vista opposti, e in particolare per evitare che l’Arabia Saudita lo bloccasse. Pur lasciando deliberatamente un po’ di ambiguità nella formulazione, in modo che ci sia qualcosa per tutti…

Transizione in “modo giusto, ordinato ed equo” significa assicurare un ritmo diverso per i vari Paesi, a seconda delle loro esigenze di sviluppo e della loro responsabilità storica nel riscaldamento globale.

“Dal profondo del mio cuore – ha detto Al Jaber – grazie. Siamo arrivati molto lontano insieme in poco tempo, abbiamo lavorato duramente perché ci fosse un futuro migliore per il pianeta e dovremmo essere orgogliosi di questo accordo storico”. “Il mio Paese”, cioè gli Emirati Arabi Uniti, ha aggiunto, “è orgoglioso del ruolo che ha avuto nell’aiutarvi ad andare avanti”. “Ora, però – è l’invito – dobbiamo agire, perché siamo ciò che facciamo, non ciò che diciamo”.

“Che vi piaccia o no, l’eliminazione dei combustibili fossili è inevitabile. Speriamo che non arrivi troppo tardi”, ribadisce su X il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. Per la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, l’accordo è “una buona notizia per il mondo intero” perché consentirà di accelerare “la transizione verso un’economia più pulita e più sana”. Soddisfatto anche l’invisto Usa per il Clima, John Kerry, secondo cui il via libera al testo è “motivo di ottimismo” in un mondo pieno di conflitti.

Anche il nostro Paese guarda all’accordo con il sorriso. “L’intesa raggiunta a Dubai – dice il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin – tiene conto di tutti gli aspetti più rilevanti dell’accordo di Parigi e delle istanze, profondamente diverse tra loro, dei vari Stati, che tuttavia riconoscono un terreno e un obiettivo comune, con la guida della scienza. Per questo, riteniamo il compromesso raggiunto come bilanciato e accettabile per questa fase storica, caratterizzata da forti tensioni internazionali che pesano sul processo di transizione. L’Italia, nella cornice dell’impegno europeo, è stata impegnata e determinata fino all’ultimo per il miglior risultato possibile”.

Dopo la Cop28 troveremo carbone (fossile) sotto l’albero di Natale

Che la Cop 28 sia stata un fiasco o quasi un fiasco dipende solo dai punti di vista più o meno ideologici. Che molto poco si potesse pretendere da un evento che ha avuto come presidente Sultan Ahmed al-Jaber, amministratore delegato di Abu Dahbi National Oil Company (la Adnoc, principale compagnia petrolifera degli Emirati Arabi), era abbastanza scontato. Che la Cop28 potesse riservare un epilogo analogo alla Cop27 era persino prevedibile. Che non tutte le posizioni emerse dalla convention Onu di Dubai siano da buttare nel bidone della spazzatura un’altra evidenza sulla quale riflettere.

Dopo una decina di giorni di chiacchiere e confronti, alla fine sembra che troveremo carbone (fossile) sotto l’albero di Natale. La prima bozza di accordo non convince, gas & oil continuano a farla da padrone, i Paesi produttori non ne vogliono sapere di dare un taglio alla loro principale fonte di introiti, la progressiva dismissione dei combustibili fossili pare abbia la cadenza musicale del fado. E pure la sua tristezza. La luce in fondo al tunnel sono le rinnovabili e, forse, il nucleare. Ma tra mille eccezioni, come da dichiarazione del ministro Gilberto Pichetto Fratin per quanto riguarda la posizione dell’Italia: una fessura non un’apertura. E, comunque, siamo nell’ordine di molti anni, insomma non una soluzione immediata.

Mentre le associazioni ambientaliste si ostinano a gettare vernice verde in fiumi, lagune e fontane, il mondo prende la sua piega. La spaccatura che emerge è netta. C’è preoccupazione per l’innalzamento della temperatura planetaria e per i risultati non in linea con le prospettive delineate dall’accordo di Parigi, probabilmente adesso c’è anche minore distanza tra Europa, Usa, Cina e India, nessuno dubita sulla necessità di “fare qualcosa”, ma sono i tempi e i modi che generano lo stallo. Da un lato la Ue che pesta sull’acceleratore per velocizzare la transizione green, dall’altro i Paesi produttori e in via di sviluppo che azionano il freno. Usando la ragione e non la pancia, è inimmaginabile pensare al mondo senza gas e senza petrolio in uno spazio temporale ristretto. Sultan al-Jaber sostiene con un’iperbole che si tornerebbe alla caverne: non è così, però non è nemmeno possibile ipotizzare a breve una società spinta solo da energie rinnovabili o biocarburanti. E siccome di radicalismo si perisce, lo sforzo maggiore dovrebbe farlo il buonsenso che non produce gas serra: non tutto subito, ma nemmeno niente per sempre. Sarebbe utile conoscere, oltre alla posizione del Governo, anche quelle delle nostre aziende di bandiera: da Eni a Enel, fino a Terna e Edison, Eph, A2A. Come si pongono in questa controversia?

La fotografia scattata alla Cop28 è chiarissima: Emirati, Arabia Saudita, Iraq, Iran e Russia non vogliono abbandonare la strada dei combustibili fossili, gli Stati Uniti stanno strategicamente nel mezzo, i giganti Cina e India manco si sono fatti sentire e tirano dritto allegramente. Insieme fanno 3 miliardi di persone, oltre un terzo della popolazione mondiale. Assodato che la transizione ecologica costi cara, vanno tutelate parimenti la stabilità delle economie e la salute del pianeta. Senza la prima non c’è la seconda. Sono da evitare gli estremismi o le asticelle fissate troppo in alto. E qui l’Europa può e deve darsi una regolata perché l’era-Timmermans ha prodotto guasti e lasciato strascichi. C’era una volta l’Europa che dettava il ritmo al mondo, adesso ci sono nazioni che da sole contano più di un continente intero. E che inquinano anche di più. Prenderne coscienza non è avere meno peso geopolitico ma capire in che epoca si sta vivendo. Diceva Seneca: non possiamo dirigere il vento ma possiamo orientare le vele.

Cop28, Pichetto chiede uno sforzo per risultati ambiziosi. Le opposizioni attaccano

L’Italia chiede alla Cop28soluzioni costruttive che non siano ostaggio di posizioni estreme e ideologiche”. Mentre i negoziati sul documento finale è ancora work in progress, il nostro Paese, assieme ai partner europei e internazionali, spinge “perché prevalga un approccio concreto e pragmatico che consenta di giungere a una soluzione condivisa sull’obiettivo della decarbonizzazione, che tenga conto a livello globale delle esigenze legate alla sicurezza energetica e alla sostenibilità economica e sociale“, trapela da fonti del Mase.

A capo della delegazione italiana ci sono il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, con il suo vice ministro, Vannia Gava. “Si può e si deve fare di più. Stiamo lavorando con i partner europei per migliorare la proposta della Presidenza emiratina”, dice il responsabile del dicastero di via Cristoforo Colombo al termine della riunione di coordinamento dei ministri dell’Unione europea. Sottolineando, però, che rispetto alla bozza circolata a Dubai “serve uno sforzo ulteriore per un testo più ambizioso”.

L’obiettivo italiano è, infatti, quello di far prevalere un approccio concreto e pragmatico che consenta di giungere a una soluzione condivisa sull’obiettivo della decarbonizzazione, che tenga conto a livello globale delle esigenze legate alla sicurezza energetica e alla sostenibilità economica e sociale. Mentre negli Emirati Arabi si continua a lavorare su un compromesso, non mancano le reazioni nel dibattito politico italiano. Soprattutto dopo le notizie circolate sul documento finale, che non menziona l’uscita dalle fonti fossili. “E’ la vittoria dei petrolieri che, con oltre 2500 lobbisti, hanno invaso la conferenza sul clima, ma principalmente è la vittoria di Putin, che pur non avendo partecipato alla Cop28, il 6 dicembre si è recato ad Abu Dhabi e Riad per concordare con i sauditi il fallimento della conferenza“, commenta Angelo Bonelli (Europa Verde). Che poi accusa: “In questo contesto è imbarazzante la posizione dell’Italia: a parole si dice allineata con la Ue, ma nella pratica ha dimostrato di sostenere le posizioni dei paesi produttori di petrolio”. Dal M5S è il vicepresidente della Camera, Sergio Costa, ad augurarsi che il nostro Paese “non si discosti dall’ambizione europea, e non remi contro. Non possono esserci compromessi – ribadisce l’ex ministro dell’Ambiente – quando è in gioco il futuro dell’umanità. Il Pianeta senza i Sapiens sopravvive, ma il genere umano senza il Pianeta no“. Negativa anche la reazione delle associazioni, come il Wwf: “La nuova bozza di testo è deludente e molto meno ambiziosa di quelle precedenti, se passasse com’è sarebbe un disastro, un fallimento per i Governi chiamati ad affrontare, finalmente, la causa della crisi climatica, i combustibili fossili“, dice la Responsabile Clima ed Energia, Mariagrazia Midulla. Che avvisa: “Nessuno pensi di tornare a casa con un testo del genere, bisogna fare gli straordinari. Anche per la presidenza sarebbe uno smacco, visto che cercava risultati ambiziosi“.

Con il video clip ‘Tomorrow’ Giovanni Allevi ispira la Cop28

Il Maestro Giovanni Allevi torna a sostenere la voce delle nuove generazioni nella lotta al Cambiamento Climatico. Dopo due anni di assenza dalla scena musicale, a causa di problemi di salute, Allevi ha deciso di emozionare il suo pubblico in grande stile durante la 28esima Conferenza Mondiale per il Clima dedicando un brano inedito alla causa dei giovani e della loro lotta al cambiamento climatico.

L’iniziativa, sostenuta dal ministero per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica e dalla Ong Earth Day, conclude l’intenso programma di attività a sostegno della Youth4Climate, l’evento che dalla Cop26 Milano-Glasgow ha avuto il merito di restituire i negoziati per il Clima al dialogo intergenerazionale e che il Governo italiano ha reso permanente affidandone l’organizzazione al programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite Undp.

L’inedito ‘Tomorrow’ è stato girato a Roma durante la terza edizione della Youth4Climate, in occasione della quale il messaggio delle nuove generazioni è stato amplificato dall’illuminazione straordinaria del Colosseo grazie ad una collaborazione tra Mase, Earth Day e Parco Archeologico del Colosseo. Con queste immagini spettacolari le note del Maestro Giovanni Allevi mettono in musica e diffondono in tutto il mondo il messaggio di pace di tanti giovani che non si arrendono di fronte all’ostinazione di chi per mere ragioni di profitto sta mettendo seriamente a rischio il loro futuro.

Da un punto di vista filosofico la lotta al cambiamento climatico ci pone di fronte la scelta etica tra due posizioni completamente opposte – ricorda Giovanni Allevi, lanciando un messaggio ai giovani a margine della sua esibizione al Colosseo -. Una è questa: agisco per il bene delle generazioni future. Per arrecare un sollievo a persone che neanche mi conoscono. L’altra è non agisco affatto; mi disinteresso delle generazioni future; tengo a me strette le poche certezze che ho, nella speranza che il problema mi raggiunga il più tardi possibile. Altruismo o egoismo? Cosa scegliere? Io dico altruismo. Ora però vi devo convincere. Perché il mondo contemporaneo sta andando da tutt’altra parte. Amare significa compiere un salto nell’abisso, dove io con coraggio do tutto me stesso senza chiedere nulla in cambio. Perché è meglio. Perché così io sono libero dalle cose; sono libero dal mio stesso desiderio di potere. Questa si chiama libertà, ed è ciò che ci contraddistingue da tutti gli altri esseri viventi”. “O forse vogliamo tenerci stretti tutti i nostri privilegi e arricchirci a scapito degli altri? Sentite com’è asfittica questa posizione? Che sensazione di chiusura e di tensione? Per quale motivo io dovrei ammirare una persona così, un popolo così, una nazione così, una cultura così? La lotta al cambiamento climatico – chiude il Maestro – è soprattutto un gesto d’amore, che in una società superficiale e conformista come la nostra si rivela essere un gesto dirompente e rivoluzionario. Siate dirompenti, rivoluzionari e luminosi!”.

Il video clip inedito è stato lanciato dalla Blue Zone dell’Expo City di Dubai dove in questi giorni si stanno svolgendo i difficili negoziati per la riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera, che avvengono in un clima mondiale tra i più difficili di sempre. In particolare, la clip del Maestro Giovanni Allevi in favore dei giovani viene lanciato dal padiglione IUCN, una delle più importanti Ong impegnate nella conservazione dell’ecosistema, in un evento organizzato in collaborazione con Earth Day, la Ong che dal 1970 si batte per la tutela del Pianeta mobilitando ogni anno miliardi di persone.

Lanciando questa iniziativa il ministro Gilberto Pichetto Fratin ha dichiarato: “L’impegno del Governo italiano per dare forza alla voce dei giovani in vista di COP28 di Dubai è stato davvero molto forte. Ad ottobre con la Youth4Climate abbiamo accolto le proposte provenienti da ragazze e ragazzi di decine di Paesi in via di sviluppo, e con un Hackathon mondiale realizzato da Torino abbiamo potuto estendere il valore di questa enorme esperienza a milioni di giovani in tutto il mondo, con scelte concrete e lungimiranti, accogliendo a pieno l’esortazione di Papa Francesco. Il Maestro Giovanni Allevi lancerà in prima mondiale il Video Clip che ha registrato di fronte ad un Colosseo illuminato con i colori della Youth4Climate in ottobre. È significativo e carico di buoni auspici pensare che un artista del suo calibro abbia scelto di dedicare proprio a questa grande causa il suo rientro sulla scena musicale dopo la difficile malattia. A lui va il nostro grazie”.

 

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Profilo Instagram Victoria Guillomon @nouveloeil_

Cop28, da Parigi a Dubai senza aerei: l’avventura di due giovani attivisti

Photo credit: profilo Instagram Victoria Guillomon nouveloeil_

Lei conduttrice di podcast, lui eco-influencer. Hanno lasciato la Francia a fine settembre per recarsi in India, senza aereo, e hanno fatto una deviazione per la Cop28 a Dubai, per portare un messaggio di sobrietà. In pullman, in auto, in autostop, in treno, in barca… Victoria Guillomon, 25 anni, e Johan Reboul, 24 anni, sono partiti da Parigi il 29 settembre per Shimla, in India, per girare un documentario sull’acqua. Hanno già attraversato l’Europa, la Turchia, l’Egitto e l’Arabia Saudita quando i loro abbonati gli hanno chiesto di fare una deviazione verso gli Emirati Arabi Uniti, dove si tiene la conferenza delle Nazioni Unite sul clima.

La Cop è molto importante, ma siamo ancora in un mondo in cui non si parla abbastanza di sobrietà, si parla di soluzioni, si dice che riusciremo a trovare questa tecnica per usare meno CO2, ma non si parla di sobrietà, appunto, e di come vivere con meno, consumando meno. Credo che fosse importante far passare questo messaggio qui a Dubai“, dice ad AFP Victoria, conduttrice del podcast ‘Nouvel Oeil’.

Grazie a un contatto con l’Eliseo, ottenuto grazie a un’intervista per il podcast, i due sono riusciti a ottenere un accredito per la Cop28, che si tiene in un luogo altamente simbolico per il tema che anima tutto il loro viaggio: l’acqua. “Gli Emirati Arabi Uniti sono uno dei Paesi con la maggiore impronta idrica pro capite“, spiega Johan, che ha 103.000 follower su Instagram. “È davvero impressionante, perché cerchiamo di parlare di risparmio dell’acqua, di usarla con parsimonia. Ma in realtà, siamo nel Paese in cui il problema è grande e siamo nel bel mezzo di un deserto“. “È importante capire perché la gente ama questa città”, dice Victoria. “Invece di voltargli le spalle e puntare il dito, è importante parlare con loro. È anche così che abbiamo un impatto“.

Il loro progetto è sia lavorativo sia personale e le due dimensioni si fondono insieme. Il duo afferma di trovare la serenità nella lentezza del viaggio. “Ci stiamo ricollegando al tempo, ai treni, agli autobus e anche all’ignoto, perché non sappiamo ancora dove saremo tra tre giorni”, dice Victoria. “È una filosofia nel senso più ampio del termine, ma che ti rende profondamente felice“.

È la loro risposta all’ansia ecologica: “Avendo spostato le nostre vite verso una maggiore sobrietà, chiaramente siamo molto più soddisfatti. Abbiamo imparato a spogliarci del superfluo e questo ci rende davvero felici“, dicono. I loro abbonati ne sono entusiasti. Johan dice di aver ricevuto “molti messaggi da persone che ci dicono: possiamo vedere che un altro modo di fare le cose è possibile, che l’ecologia positiva fa anche molto bene“. “Stiamo piantando piccoli semi di gioia“, conclude. I due sono già partiti per l’Oman.

Europarlamento

Cop28, Creecy (Sudafrica): “Circostanze nazionali chiave per accordo sui fossili”

Alla COP28, qualsiasi impegno per l’eliminazione graduale dei combustibili fossili dovrà riconoscere “le differenze nelle circostanze nazionali“, spiega all’AFP la ministra sudafricana dell’Ambiente Barbara Creecy, nominata dalla presidenza degli Emirati Arabi Uniti per svolgere un importante ruolo di intermediario nei negoziati.

In che modo il Sudafrica è interessato dalla crisi climatica?

“Il continente africano si sta riscaldando a una velocità doppia rispetto alla media globale. Nel nostro Paese il clima è già più caldo di 2,2 gradi in media e stiamo vivendo fenomeni meteorologici estremi come inondazioni, siccità, incendi, tempeste e innalzamento del livello del mare. Siamo determinati a dare il miglior contributo possibile alla riduzione delle emissioni di gas serra, tenendo conto delle circostanze nazionali. Ma chiediamo anche alla comunità internazionale, e in particolare ai Paesi sviluppati, di aiutarci a raggiungere i nostri obiettivi di riduzione delle emissioni e a costruire la nostra resilienza ai cambiamenti climatici”.

Quali sono le sfide che il Sudafrica deve affrontare per il successo della sua transizione energetica?

“Il Sudafrica sta attualmente affrontando l’insicurezza energetica e la carenza di energia. Dipendiamo per il 90% dalla produzione di energia elettrica a carbone e, a causa delle scarse prestazioni di queste centrali, è molto difficile rispettare il calendario per il loro smantellamento. Ciononostante, rimaniamo impegnati nella transizione energetica, ma sarà molto importante garantire che ci siano più megawatt di energia sulla rete prima di poter chiudere le centrali. È un equilibrio complesso da raggiungere, per assicurarci di raggiungere gli obiettivi climatici mantenendo la sicurezza energetica”.

Il mondo dovrebbe accettare di eliminare gradualmente tutti i combustibili fossili alla COP28?

“Il problema che affrontiamo come Paesi in via di sviluppo è quello delle circostanze nazionali: abbiamo una responsabilità comune, ma abbiamo circostanze nazionali diverse e capacità diverse. I Paesi in via di sviluppo non devono scegliere tra la costruzione della loro resilienza climatica e il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Dobbiamo fare entrambe le cose. E abbiamo bisogno di aiuto per farlo. Ma non ci sono finanziamenti nuovi, prevedibili e su larga scala. Quindi continuiamo a spingere affinché gli impegni di finanziamento pubblico per il clima siano rispettati”.

Lei e il suo omologo danese siete stati incaricati di facilitare i negoziati tra i ministri di quasi 200 Paesi. Quale sarà il vostro ruolo?

“Da venerdì dovremo consultare i diversi Paesi e i diversi gruppi negoziali sul loro approccio alla valutazione globale dell’Accordo di Parigi (che costituisce la bozza di accordo per la COP28, ndr). Tutti concordano sulla necessità di guardare sia indietro che avanti. Dobbiamo tenere conto della migliore scienza disponibile e dell’equità. Come in ogni COP, il diavolo si nasconde nei dettagli. Dovremo sederci insieme e ascoltare molto attentamente, per identificare la forma finale di un accordo che sia estremamente ambizioso ma che promuova anche la massima equità per i Paesi in via di sviluppo”.