A Baku si apre la Cop29: occhi puntati sulla finanza climatica. E su Donald Trump

La 29esima conferenza delle Nazioni Unite sul clima si è aperta lunedì in Azerbaigian con un appello alla cooperazione globale, sei giorni dopo la rielezione di Donald Trump, in un momento in cui i Paesi in via di sviluppo chiedono centinaia di miliardi di dollari in aiuti. “È tempo di dimostrare che la cooperazione globale non è in stallo. È all’altezza del momento”, ha detto il capo delle Nazioni Unite per il clima Simon Stiell all’apertura della grande conferenza a Baku, sulle rive del Mar Caspio, senza mai menzionare il Paese il cui nome è sulla bocca di tutti qui: gli Stati Uniti.

LA FINANZA CLIMATICA. La principale posta in gioco di questa Cop, che durerà fino al 22 novembre, è stabilire l’ammontare degli aiuti climatici dei Paesi sviluppati ai Paesi in via di sviluppo, affinché questi ultimi possano svilupparsi senza carbone o petrolio e far fronte a un maggior numero di ondate di calore e inondazioni. I Paesi poveri chiedono che il nuovo impegno, attualmente pari a 116 miliardi di dollari l’anno (entro il 2022), sia di migliaia di miliardi l’anno. Ma gli occidentali considerano questo ordine di grandezza irrealistico per le loro finanze pubbliche. Il presidente della COP29 Moukhtar Babayev ha parlato di “centinaia di miliardi” nel suo discorso di apertura di lunedì, ma nessuno dei negoziatori ha svelato le proprie carte. I delegati hanno negoziato fino alle 4 di domenica notte. “La Cop29 è un momento di verità per l’Accordo di Parigi”, ha dichiarato Babayev, ministro dell’Ecologia dell’Azerbaigian ed ex dirigente della compagnia petrolifera nazionale Socar.

Secondo l’ONU, i partecipanti accreditati sono circa 51.000, un numero inferiore rispetto alla Cop28 dell’anno scorso a Dubai. Molte Ong criticano il fatto che la conferenza si tenga in un Paese che celebra il petrolio come “dono di Dio” e dove le autorità hanno arrestato e perseguito diversi attivisti ambientali.

L’INCOGNITA TRUMP. Basterà una sola firma perché Donald Trump, quando entrerà alla Casa Bianca il 20 gennaio, si unisca a Iran, Yemen e Libia per uscire dall’accordo adottato a Parigi nel 2015 dai Paesi del mondo. Questo accordo è la forza trainante che ha permesso di frenare la traiettoria del riscaldamento globale negli ultimi dieci anni a circa 3°C o meno entro il 2100, secondo i calcoli. Il testo impegna il mondo a limitare il riscaldamento globale a 2°C e a proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5°C, rispetto alla fine del XIX secolo. L’anno 2024, che sarà torrenziale per molti Paesi, sarà quasi certamente a questo livello. Se ciò continuerà a lungo termine, il limite climatico sarà considerato raggiunto.

I GRANDI ASSENTI. Gli europei giurano che raddoppieranno gli sforzi per compensare il ritiro degli Stati Uniti, ma pochi di loro saranno a Baku. Non parteciperanno il presidente francese, Emmanuel Macron, e quello brasiliano Lula, così come il cancelliere tedesco Olaf Scholz, impegnato a gestire la crisi di governo e, ovviamente, il presidente russo Vladimir Putin. Ma, soprattutto, non parteciperà la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen“impegnata – fanno sapere da Bruxelles – nella fase di transizione tra l’uscente e l’entrante esecutivo Ue”. Un’assenza, la sua, che da più parti viene vista come il tentativo di tirare il freno a mano sulle politiche climatiche e ambientali del Vecchio continente e, più in generale, sulle ambizioni del Green Deal.

LA DELEGAZIONE EUROPEA. Della delegazione Ue, invece, faranno parte il commissario per l’azione per il clima Wopke Hoekstra, la commissaria per l’Energia, Kadri Simson, (14 e 15 novembre) e quella per per l’innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù, Iliana Ivanova (12 novembre). Il primo ministro britannico Keir Starmer e lo spagnolo Pedro Sánchez, invece, dovrebbero partecipare al vertice dei leader del 12-13 novembre, così come la premier Giorgia Meloni, il cui intervento dovrebbe svolgersi mercoledì 13.

LA DELEGAZIONE ITALIANA. La delegazione italiana sarà guidata dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin e il padiglione del nostro Paese ospiterà decine di eventi organizzati dai ministeri (oltre al Mase ci sarà anche quello degli Esteri), da Ice, enti e istituzioni di ricerca, associazioni di categoria, fondazioni, ong e imprese.

 

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A Baku si apre la Cop29: finanza climatica focus della Conferenza. Assenti von der Leyen e Macron

Defezioni, ong sul piede di guerra, accuse di corruzione e, nemmeno troppo sullo sfondo, due conflitti, quello in Ucraina e quello in Medioriente. Senza dimenticare che il 2024 è già l’anno più caldo della storia e che con l’elezione di Donald Trump gli Stati Uniti potrebbero nuovamente abbandonare gli accordi internazionali sul clima. Parte sottotono, ma con un’agenda fitta, la Cop29, che si apre lunedì 11 novembre a Baku (Azerbaigian) e si chiuderà il 22.

La Conferenza delle parti della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici chiama a raccolta 197 Paesi più l’Unione europea e punta su due pilastri paralleli, cioè l’ambizione e l’azione, con l’obiettivo di ottenere riduzioni profonde, rapide e durature delle emissioni per mantenere le temperature sotto controllo e rimanere al di sotto della soglia di 1,5°C, così come previsto dall’Accordo di Parigi. In mezzo ci sono le politiche climatiche nazionali, il tema energetico – in particolare legato ai combustibili fossili e al ‘phasing out’- e quello della finanza, che con molta probabilità sarà il nodo cruciale del vertice. E, ancora, agricoltura, salute, industria, biodiversità, oceani.

IL PROGRAMMA DELLA CONFERENZA. La cerimonia ufficiale di apertura della Cop29 si terrà l’11 novembre, mentre martedì 12 si svolgerà il Vertice dei leader mondiali sull’azione per il clima. Il giorno successivo, il 13, sarà dedicato al tema della finanza, degli investimenti e del commercio e venerdì 14 a quello dell’energia, della pace, della ripresa e della resilienza. Sabato 16, invece, saranno la scienza, la tecnologia, l’innovazione e la digitalizzazione il focus dei colloqui, a cui seguiranno, lunedì 17, i temi del capitale umano, dei bambini e giovani, della salute e dell’istruzione. Cibo, agricoltura e acqua domineranno i dialoghi di martedì 19 e, il giorno successivo, cioè mercoledì 20, il tema sarà quello dell’urbanizzazione, del turismo e dei trasporti. Infine, giovedì 21 il tema principale sarà quello della biodiversità, delle popolazioni indigene, degli oceani e zone costiere. La Conferenza si chiuderà il 22 e, almeno sulla carta, dovrà portare alla conferma degli obiettivi energetici globali concordati lo scorso anno a Dubai per abbandonare i combustibili fossili, triplicare gli investimenti nelle rinnovabili e raddoppiare le misure di efficienza energetica entro il 2030.

FINANZA CLIMATICA AL CENTRO. Ma non solo. La parola chiave sarà NCQG, cioè ‘Nuovo Obiettivo Quantificato Collettivo’ che sostituirà quello adottato nel 2009 e raggiunto nel 2022, che chiedeva ai Paesi ricchi di fornire 100 miliardi di dollari all’anno per aiutare i Paesi in via di sviluppo a limitare le emissioni di gas serra e ad adattarsi ai cambiamenti climatici. Questa cifra comprende finanziamenti pubblici bilaterali e multilaterali, crediti all’esportazione e finanziamenti privati. In sostanza, quindi, si tratterà di mettere sul piatto più risorse, molte più risorse e i negoziati si concentreranno sullo sblocco dei trilioni di dollari necessari ai Paesi in via di sviluppo per affrontare la crisi climatica. Quanto uscirà dalle tasche dei Paesi più ricchi sarà il vero banco di prova della Cop.

I GRANDI ASSENTI. Nonostante la posta in gioco sia altissima, a pochi giorni dall’apertura le annunciate defezioni stanno già facendo sentire il loro peso. Non saranno a Baku il presidente francese, Emmanuel Macron, e quello brasiliano Lula, così come il cancelliere tedesco Olaf Scholz, impegnato a gestire la crisi di governo e, ovviamente, il presidente russo Vladimir Putin. Ma, soprattutto, non parteciperà la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, “impegnata – fanno sapere da Bruxelles – nella fase di transizione tra l’uscente e l’entrante esecutivo Ue”. Un’assenza, la sua, che da più parti viene vista come il tentativo di tirare il freno a mano sulle politiche climatiche e ambientali del Vecchio continente e, più in generale, sulle ambizioni del Green Deal.

LA DELEGAZIONE EUROPEA. Della delegazione Ue, invece, faranno parte il commissario per l’azione per il clima Wopke Hoekstra, la commissaria per l’Energia, Kadri Simson, (14 e 15 novembre) e quella per per l’innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù, Iliana Ivanova (12 novembre). Il primo ministro britannico Keir Starmer e lo spagnolo Pedro Sánchez, invece, dovrebbero partecipare al vertice dei leader del 12-13 novembre, così come la premier Giorgia Meloni, il cui intervento dovrebbe svolgersi mercoledì 13.

LA DELEGAZIONE ITALIANA. La delegazione italiana sarà guidata dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin e il padiglione del nostro Paese ospiterà decine di eventi organizzati dai ministeri (oltre al Mase ci sarà anche quello degli Esteri), da Ice, enti e istituzioni di ricerca, associazioni di categoria, fondazioni, ong e imprese.

Nucleare, Pichetto conferma dialogo su newco. Meloni: “Fissione ponte per fusione”

Il Gruppo Mondiale per l’Energia da Fusione si riunisce per la prima volta a Roma, alla Farnesina, su iniziativa dell’Italia e dell’Aiea. Il governo punta tutto sull’atomo, tanto che a Roma proseguono le trattative per una newco tra Enel, Ansaldo e Leonardo che si occupi di produrre mini-centrali di nuova generazione. Gilberto Pichetto lo conferma, ma non si sbilancia: “C’è una interlocuzione, ma non ancora un punto di convergenza sui soggetti che possono partecipare. Quello che possiamo dire è che il soggetto dovrebbe avere un ruolo importante nel sistema“, spiega in conferenza stampa.

Pichetto incontra la stampa con il direttore dell’Aiea, Rafael Grossi, in una pausa dei lavori del gruppo, che riunisce i più importanti rappresentanti dei settori pubblico e privato, dell’industria, del mondo accademico, degli enti di ricerca e della società civile.
Lo scopo è quello stimolare una collaborazione incentrata sulla ricerca, sullo sviluppo e sulle applicazioni dell’energia da fusione, per accelerare la transizione dell’energia da fusione dall’attuale fase di ricerca a quella dello sviluppo commerciale.

Con la ‘Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile‘, istituita dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, si è già avviato un percorso per valutare l’opportunità di riprendere l’utilizzo dell’energia nucleare in Italia, sia a breve-medio termine tramite le nuove tecnologie da fissione nucleare, sia a medio-lungo termine con l’energia da fusione, per raggiungere gli obiettivi di de-carbonizzazione al 2050 e per accrescere la sicurezza e la sostenibilità degli approvvigionamenti di energia.

Proprio la fissione di quarta generazione può fare da ponte “dall’idrocarburo alla futura fusione“, prospetta Giorgia Meloni, in un messaggio inviato al tavolo e letto dal sottosegretario Alfredo Mantovano. La premier non partecipa in presenza, bloccata da un’influenza, ma ribadisce l’importanza della tecnologia per il governo: “L’Italia – rivendica – resta il più nucleare tra i Paesi non nucleari“. Si colloca all’ottavo posto in Europa per numero di addetti, circa 40.000, “è un punto di riferimento della catena di approvvigionamento internazionale, dispone di un’expertise tecnologica di altissimo livello, il sistema universitario forma un numero importante di ingegneri, di fisici nucleari apprezzati a livello internazionale, le realtà d’eccellenza si distinguono per ambiziosi progetti di ricerca e di sviluppo“, spiega la presidente del Consiglio. Se lo scopo è quello di portare avanti una transizione energetica “sostenibile e non ideologica“, per farlo, garantisce Meloni, saranno usate “tutte le tecnologie, quelle già in uso, quelle che stiamo sperimentando, quelle che dobbiamo ancora scoprire“.

I tempi per la fusione dipenderanno da quanto ingenti saranno gli investimenti, ma Grossi azzarda prospettive molto ottimistiche: “Siamo in un momento in cui il processo passa dalla fase di pura ricerca alla dimostrazione e poi alla commercializzazione. Credo 5-10 anni, ma si vedrà, all’orizzonte si intravede un risultato possibile e a portata di mano“, afferma.

Al momento, gli investimenti di Stato si concentrano tramite Enea su Euratom e Iter. “Siamo sull’ordine dei centinaia di milioni, non oltre“, fa sapere Pichetto. Si cercherà di coinvolgere massicciamente i privati e la speranza è che gli incentivi non serviranno, “che la competitività porti a una condizione tale per cui non sarà necessario intervenire con integrazioni pubbliche sul sistema“, spiega.

Il tema energetico è diventato fondamentale per l’intera Europa. L’iniziativa voluta dall’Italia avviene in un “momento critico“, osserva la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, riferendosi alle alluvioni che hanno colpito la Spagna, “segnali di qualcosa che non va nel pianeta, di una crisi climatica in corso“, risultato “dell’uso scriteriato dei fossili“. Al tempo stesso però, ammette, “il mondo ha bisogno di sempre più energia”. E’ necessario quindi che questa sia “sicura e pulita“, come quella “rivoluzionaria” che potrà offrire la fusione.

La Commissione per il momento ha inserito il nucleare nella tassonomia delle attività economiche sostenibili, “cosa che schiude anche importanti prospettive, cioè il nucleare non è inquinante“, scandisce il padrone di casa, Antonio Tajani, aprendo i lavori dell’evento inaugurale, a livello ministeriale, del Gruppo. La lotta contro il cambiamento climatico, afferma, va fatta “con intelligenza, con scelte pragmatiche“. E la scelta del nucleare, insiste, va in questa direzione, perché “riesce a conciliare crescita, politica industriale e ambiente“, perché ribadisce il vicepremier: “Non è detto che la lotta al cambiamento climatico e la politica industriale siano due cose inconciliabili, anzi sono scelte che si possono conciliare benissimo“.

Il tema sarà protagonista della Cop29, che si apre la prossima settimana a Baku, dall’11 al 22 novembre. “L’energia nucleare svolge un ruolo fondamentale, come la capacità di essere pulita, che utilizza una quantità minima di risorse e a basse emissioni di carbonio“, chiosa il ministro dell’Energia dell’Azerbaigian Parviz Shahbazov. Le nuove sfide sono quelle di “rafforzare le norme per una corretta gestione delle scorie radioattive, il sostegno finanziario e l’aumento della fiducia del pubblico“. Il Paese, storico produttore di idrocarburi, punta a cambiare passo sulla la decarbonizzazione: “Siamo mettendo in pratica progetti su larga scala per portare le rinnovabili nel Paese al 35%. Siamo capofila nella transizione energetica nella Regione avendo creato dei corridoi energetici. La priorità – sostiene – è diventare un Paese a crescita verde“. Per questo, gli “smr possono essere un grande sostegno“.

Una preghiera a ‘Pachamama’ apre la Cop16 a Cali. L’obiettivo? Far pace con la natura

Fare la pace con la natura. E’ l’appello che arriva da Cali, in Colombia, dove lunedì si aperta la Cop16, la conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità. L’ambizione – che dovrà ora essere definita da azioni concrete da mettere in campo – è quella di liberare le risorse finanziarie necessarie per raggiungere l’obiettivo di fermare la distruzione della biodiversità da parte dell’umanità entro il 2030.

PREGHIERA ALLA MADRE TERRA. Ad aprire i lavori è stata la ministra dell’Ambiente colombiana, Susana Muhamad, che ha assunto la presidenza di questa 16aesima Conferenza della Convenzione Onu sulla Diversità Biologica (CBD), in una prima sessione plenaria aperta da una preghiera alla ‘Pachamama’, la Madre Terra, pronunciata dai membri di uno dei 115 popoli indigeni del Paese.

Questa Cop sulla biodiversità, la più grande mai organizzata con 23.000 partecipanti, si svolge sotto stretta sorveglianza a causa delle minacce dei guerriglieri in guerra con il governo colombiano. Circa 11.000 agenti di polizia e soldati stanno rafforzando la sicurezza a Cali, che è in stato di massima allerta e dove sono attesi 140 ministri e una dozzina di capi di Stato.

“NON C’E’ TEMPO DA PERDERE”. “Noi siamo natura”, ha dichiarato la ministra colombiana “ed è da questo senso profondo, quasi spirituale, di umanità che possiamo creare questo obiettivo comune, che dovrebbe essere importante quanto, se non più, della transizione energetica e della decarbonizzazione” dell’economia, trattate dalle Cop sul clima di più alto profilo (la prossima, la Cop29, si aprirà tra tre settimane in Azerbaigian), nonostante gli appelli a conciliare la crisi climatica con quella della natura. “Il pianeta non ha tempo da perdere” e “Cali 2024 potrebbe essere una luce in un mondo molto buio’” ha detto incoraggiando i delegati dei 196 Paesi membri (esclusi gli Stati Uniti) della CBD.

MANCANO LE STRATEGIE PER LA BIODIVERSITA’. Due anni fa, in occasione della Cop15, era stato adottato lo storico accordo “Kunming-Montreal”, una tabella di marcia volta a “fermare e invertire” entro il 2030 la distruzione di terre, oceani e specie viventi essenziali per l’umanità. I Paesi si erano impegnati a presentare una “strategia nazionale per la biodiversità” entro la Cop16, che riflettesse la loro parte di sforzi necessari per raggiungere i 23 obiettivi globali stabiliti: proteggere il 30% della terra e del mare, ripristinare il 30% degli ecosistemi degradati, dimezzare l’uso di pesticidi e il tasso di introduzione di specie aliene invasive, mobilitare 200 miliardi di dollari all’anno per la natura, ecc.

Ad oggi, però, solo 34 Paesi hanno rispettato l’impegno di presentare strategie complete. E 107 hanno presentato “obiettivi nazionali”, cioè impegni su tutti o alcuni delle tappe da raggiungere.

LA BATTAGLIA FINANZIARIA. La Cop16 deve anche presentare i dettagli di un meccanismo di monitoraggio degli sforzi globali, con indicatori indiscutibili, per responsabilizzare i Paesi e preparare un rapporto ufficiale credibile sui progressi compiuti per la Cop17 del 2026. ACali si dovrà anche negoziare un sistema di ripartizione dei profitti realizzati dalle aziende dei Paesi ricchi, tra cui quelle cosmetiche e farmaceutiche, grazie ai dati genetici derivati da piante e animali conservati dai Paesi in via di sviluppo. Ma il vero nocciolo della battaglia, infatti, sarà finanziario: “Siamo tutti d’accordo che siamo sottofinanziati per questa missione, che abbiamo bisogno di altre fonti di finanziamento”, ha dichiarato la presidente della Cop16, esortando i Paesi sviluppati, che dovrebbero fornire 20 miliardi di dollari all’anno entro il 2025, ad annunciare nuovi impegni.

I popoli indigeni dell’Amazzonia chiedono un “meccanismo di finanziamento diretto” per poter “continuare a conservare e proteggere questi territori”, ha spiegato Oswaldo Muca Castizo, presidente dell’Organizzazione dei popoli indigeni dell’Amazzonia colombiana (OPIAC). Tanto più che, secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), più di un quarto di tutte le specie è minacciato di estinzione.

G20, Pichetto chiede una transizione giusta e punta alla Cop29: “A Baku la Carta di Venaria”

L’antipasto della Cop29 è servito. Alla ministeriale del G20 in Brasile, l’Italia porta i temi della ‘Carta di Venaria’, ovvero le dichiarazioni finali firmate al G7 della primavera scorsa alle porte di Torino. Punti su cui Gilberto Pichetto insisterà anche alla prossima conferenza internazionale sul clima, che si svolgerà a Baku, in Azerbaijan, a novembre: “La triplicazione dell’energia rinnovabile, l’impegno di accompagnamento per il nuovo nucleare e lo sviluppo dei biofuel”.

Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica a Iguaçu ribadisce la necessità di portare avanti una “transizione giusta, sostenibile, sicura e inclusiva basata su un approccio tecnologicamente neutro e che tenga conto della sicurezza degli approvvigionamenti”, in cui l’Italia crede fermamente. Per questo si congratula pubblicamente con la Presidenza brasiliana “che ci ricorda l’importanza della transizione energetica anche per la tutela del mondo in cui viviamo. Un mondo che è cambiato tantissimo per molti Paesi seduti intorno a questo tavolo e che anche nel settore dell’energia sta vivendo le gravi conseguenze causate dai conflitti che condanniamo con fermezza, alle porte del Mediterraneo e dell’Europa”.

Il rappresentante del Mase giudica positivamente anche “priorità e attività volte ad accelerare i finanziamenti dedicati alle transizioni energetiche per le economie in via di sviluppo”. Così come “i focus specifici su carburanti sostenibili e su clean cooking, che vanno nel senso delle iniziative che l’Italia ha proposto quale Presidenza G7”. Perché “su questi temi – avvisa Pichetto -, abbiamo la responsabilità di inviare da un forte segnale di azione, di inclusione e di solidarietà”.

In questo senso il ministro ribadisce che “i ‘Principi sulle transizioni giuste ed inclusive’ sono un importante punto di riferimento che l’Italia ha già deciso di perseguire”. Dunque, il nostro Paese “intende contribuire alla definizione della Coalizione globale per la Pianificazione energetica, promossa dalla Presidenza brasiliana, vista l’importanza di lavorare fianco a fianco per garantire l’accesso a sistemi energetici sicuri, accessibili, competitivi e sostenibili, in particolare per i Paesi più vulnerabili, verso un futuro a emissioni nette zero entro il 2050”.

Questo perché, sottolinea il ministro dell’Ambiente italiano, “ritengo di fondamentale importanza l’impegno di lavorare assieme per accelerare lo sviluppo di sistemi di stoccaggio dell’energia, così da contribuire all’obiettivo globale di triplicare la capacità rinnovabile e promuovere la sicurezza energetica”. Proprio i principi adottati nella ‘Carta di Venaria’.

Clima, Ue verso nuovo obiettivo di riduzione emissioni al 2040

Dopo il 2030, prima del 2050. La Commissione europea si prepara a stabilire un nuovo obiettivo per la riduzione delle emissioni al 2040, come tappa intermedia per la neutralità climatica (con zero nuove emissioni nette) entro la metà del secolo.

L’esecutivo europeo ha aperto una consultazione pubblica fino al 23 giugno per raccogliere i commenti e presentare una comunicazione, orientativamente nel primo trimestre del 2024, per stabilire un obiettivo climatico per il 2040 a livello comunitario. Bruxelles precisa che la comunicazione in questione sarà supportata da “un’approfondita valutazione d’impatto”, che sarà alla base di un progetto di legge che fisserà l’obiettivo intermedio per il 2040.

Dopo aver presentato il Green Deal nel 2019, l’Unione europea ha poi adottato nel 2021 la Legge europea sul clima rendendo giuridicamente vincolante l’obiettivo di raggiungere emissioni nette pari a zero entro il 2050 e di tagliare le emissioni del 55% (rispetto ai livelli registrati nel 1990) entro il 2030, come tappa intermedia per la neutralità climatica. L’accordo in Ue sulla prima Legge climatica impegna tra le altre cose Bruxelles a stabilire un nuovo obiettivo climatico intermedio per il 2040 (da fissare nei prossimi anni) e un bilancio indicativo previsto per i gas a effetto serra dell’Unione per il periodo 2030-2050, ovvero quante emissioni nette di gas serra possono essere emesse in quell’arco temporale senza mettere a rischio gli impegni dell’Unione.

Dopo il 2050, si parla di emissioni negative: ovvero non potranno più esserci nuove emissioni, ma rimarranno quelle già presenti. Senza un traguardo climatico per il 2040, “l’Ue rischierebbe di mancare il proprio obiettivo climatico europeo per il 2050 e potrebbe compromettere la propria capacità di stimolare le azioni per il clima a livello internazionale”, si legge nel documento che accompagna la consultazione pubblica lanciata da Bruxelles.

La tempistica delle discussioni per l’obiettivo climatico dell’Ue per il 2040 è strettamente legata al ciclo di ambizione quinquennale dell’accordo sul clima di Parigi del 2015, che ha fissato l’impegno a limitare aumenti di temperatura entro i 1,5°C. Si prevede che tutte le parti dell’accordo inizino quest’anno a riflettere sul prossimo obiettivo nel contesto del processo delle Nazioni Unite, per poi comunicarlo prima della COP29 (29° Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) che si terrà nel 2025. La Commissione europea spiega che i risultati della consultazione pubblica saranno analizzati e riassunti in una “dettagliata relazione di valutazione d’impatto”, che sarà verificata da un organismo indipendente, il comitato per il controllo normativo. La valutazione finale terrà conto anche del parere del comitato consultivo scientifico europeo e costituirà la base per una comunicazione sulla valutazione dell’obiettivo per il 2040 che dovrà essere approvata dal collegio dei commissari. Saranno poi gli Stati membri dell’Ue e il Parlamento europeo a decidere sul nuovo obiettivo climatico dell’Ue per il 2040.