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Draghi lunedì in Algeria prima del redde rationem con M5S

Mario Draghi riflette sul da farsi, ma dovrà prendere una decisione definitiva entro mercoledì, quando con le comunicazioni alle Camere sarà parlamentarizzata la crisi di governo. Prima, ha un altro appuntamento, altrettanto importante, in Algeria.

Lunedì 18 luglio sarà, in giornata, ad Algeri con sei ministri italiani per il quarto vertice intergovernativo: incontrerà il presidente Abdelmadjid Tebboune, mentre i ministri saranno a colloquio con i loro omologhi. Nella delegazione italiana Luigi Di Maio (Esteri), Luciana Lamorgese (Interni), Marta Cartabia (Giustizia), Roberto Cingolani (Transizione ecologica), Enrico Giovannini (Infrastrutture e mobilità sostenibili), Elena Bonetti (Pari opportunità). Dopo la plenaria, l’adozione delle dichiarazioni finali del Vertice e la firma degli accordi. Un altro tassello di diplomazia energetica per compensare le riduzioni di gas dalla Russia.

Intanto, la compagnia algerina Sonatrach fa sapere che fornirà a Eni e agli altri partner italiani altri 4 miliardi di metri cubi di gas a partire dalla prossima settimana. L’Algeria ha già consegnato all’Italia dall’inizio dell’anno 13,9 miliardi di metri cubi superando del 113% i volumi previsti, e mette in conto di consegnarne all’Italia, entro la fine del 2022, altri sei miliardi. “Prosegue con successo il percorso di diversificazione dei fornitori di gas per l’Italia”, commentano il ministero della Transizione ecologica e la Farnesina. Il nostro Paese si assicura 4 miliardi aggiuntivi di metri cubi di gas dall’Algeria, in aggiunta ai 21 miliardi già previsti sulla base degli accordi internazionali siglati dal Governo nelle scorse settimane. “Un ulteriore passo nella strategia portata avanti dall’esecutivo e che, grazie anche al lavoro degli operatori italiani, mette in sicurezza il Paese, già nel breve termine, sul fronte dell’approvvigionamento di gas“.

Se non ci sarà un atto di maturità di tutti i partiti che stavano nella maggioranza, personalmente vedo molto complicata la giornata di mercoledì prossimo“, avverte Di Maio. Se da mercoledì prossimo non ci sarà un governo, si andrà in ordinaria amministrazione, “in una situazione in cui di ordinario non c’è proprio nulla”, tuona. Di conseguenza, l’esecutivo non avrà i poteri per firmare nuovi contratti del gas, che dovrebbero garantire all’Italia un inverno più sereno.

Sul fronte politico, il centrodestra di governo chiude al Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte, che ha innescato la crisi: “Non si può più contare su di loro“, dichiarano Lega e Forza Italia in una nota congiunta, dopo una telefonata tra i due leader, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. “Faremo il bene dell’Italia e degli italiani”, assicura Salvini. “Dubito che questa crisi rientrerà“, punge la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni intervistata su Corriere.it. “Non escludo che si possa convincere Draghi a restare né che si possa ragionare su altre alchimie, ma non mi pare che ci siano molti margini“.
Il Pd chiede a Draghi di tornare sui suoi passi: “Una crisi in questo momento apre prospettive molto incerte per il Paese. Si è aperta nelle scorse settimane una interlocuzione sull’agenda sociale, dare una risposta è una priorità“, twitta il ministro del lavoro e capodelegazione dei dem al Governo, Andrea Orlando.
Oggi a Roma Italia Viva è in assemblea nazionale con il leader Matteo Renzi che ha lanciato una petizione per il Draghi-bis.
Ieri in giornata, è trapelata la richiesta di dimissioni ai ministri pentastellati da parte del leader, indiscrezione poi smentita da fonti del Movimento: “C’è stato un confronto tra il presidente e la delegazione di Governo sulla complessità della situazione. Confronto che ha ribadito l’unità e la compattezza del M5S. Rispetto ad alcune ricostruzioni apparse sugli organi di stampa, si smentisce che Conte abbia chiesto le dimissioni dei ministri”, si precisa.

Fuori dalla politica, è forte la preoccupazione della Chiesa italiana: “La situazione rischia di sovrapporsi a una fase di crisi più generale che sta già incidendo in modo pesante sulla vita delle persone e delle famiglie”, puntualizza il cardinale presidente della Cei, Matteo Zuppi. L’inflazione a livelli eccezionali, “richiede continuità e tempestività di interventi urgenti”, osserva. E chiede il “massimo della convergenza e della stabilità”, oltre che uno “scatto di responsabilità in nome dell’interesse generale del Paese”.
Possibilmente con un premier che ha saputo attutire l’onda d’urto della crisi, come rileva Bankitalia nel terzo bollettino economico dell’anno: “La riduzione del potere d’acquisto, che colpisce in particolare le famiglie meno abbienti – precisa nel rapporto – è stata mitigata dai provvedimenti del Governo volti ad alleviare il peso dei più elevati prezzi dell’energia“.

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Draghi vede sindacati, a luglio dl Aiuti “corposo”. Ma c’è incognita M5S

Novanta minuti per aprire un canale di dialogo con i sindacati, ma forse anche per lanciare messaggi alla sua maggioranza. Mario Draghi non parla di cifre, né di contenuti, se non per grandi linee, con i segretari di Cgil, Cisl e Uil, ma sonda il terreno per capire il clima che si respira in una fetta importante delle parti sociali sul suo governo. Si rivedranno entro una decina di giorni, tra il 25 e il 27 luglio, prima comunque che sul tavolo del Consiglio dei ministri arrivi il nuovo decreto Aiuti, che lo stesso premier definisce “corposo, prendendo in prestito le parole del suo sottosegretario alla Presidenza, Roberto Garofoli. “Ci sarà un intervento prima della fine di luglio che riguarderà prima di tutto gli strumenti per mitigare l’effetto dell’aumento del prezzo dell’energia“, dice in una conferenza stampa con i ministri Andrea Orlando e Giancarlo Giorgetti, per fare il punto dopo l’incontro con i sindacati.

Però “il dettaglio preferisco non anticiparlo in questo momento, quando è ancora in corso la valutazione, ma le aree su cui verterà sono comunque simili a quelle già trattate nel passato: bollette, accise sulla benzina e il gasolio. Poi ci saranno anche altri interventi“. Molto probabilmente la siccità, che continua a essere un problema enorme per l’agricoltura, ma non solo.

Draghi sa, comunque, che prima va superato lo scoglio più grande. Che riguarda, però, le fibrillazioni interne alla sua maggioranza. O meglio, dei Cinquestelle, che domani in Senato potrebbero astenersi dal voto di fiducia sul decreto Energia 2, che coincide con il voto finale, certificando di fatto la crisi di governo. Giuseppe Conte stamattina alle 8.30 riunirà il Consiglio nazionale, dove verrà presa la decisione finale. Ma il pressing è alto sul Movimento. L’ex capo politico, oggi fondatore di Ipf, Luigi Di Maio, spende parole durissime: “C’è una forza politica che sta generando instabilità, mettendo a repentaglio degli obiettivi da raggiungere per il Paese“. Nello specifico price cap sul gas, interventi per mitigare i rincari delle bollette e dei generi alimentari. Per il ministro degli Esteri “giovedì sarà la verifica di maggioranza” invocata da Silvio Berlusconi. Non serve altro. Sulla stessa linea sembra essere anche Draghi, che rimanda la palla nel campo di Sergio Mattarella sul punto specifico: “Se devo tornare davanti alle Camere lo decide il presidente della Repubblica“.

Però l’ex Bce, ribadendo che senza M5S non c’è il governo, nemmeno un Draghi-bis, un passo in più lo fa. Rivolgendosi, indirettamente, anche alla Lega, quando dice: “Con gli ultimatum non si può lavorare. Chi non ha piacere e non trova soddisfazione nei risultati di questo esecutivo, lo dica chiaramente“. Senza aspettare settembre (vedi alla voce Carroccio, in chiave raduno di Pontida) o risposte entro fine mese ai 9 punti portati a Palazzo Chigi da Conte: “Quando mi è stata consegnata la lettera ho trovato molti punti di convergenza con l’agenda del governo“, dice Draghi. Aggiungendo che se si trova anche un’intesa con i sindacati per portare a casa le misure “sono molto contento io, e forse anche lui“, riferendosi all’ex presidente del Consiglio.

A sentire il segretario della Cisl, Luigi Sbarra, un accordo non è lontano: “Quello di oggi è stato un incontro positivo, potenzialmente decisivo. Abbiamo chiesto di prorogare le misure contro i rincari di energia e materie prime, il taglio delle accise sui carburanti, ampliare la platea dei beneficiari degli sconti in bolletta, valutare la conferma del bonus dei 200 euro recuperando quei lavoratori precari, stagionali, autonomi, pensiamo agli operai agricoli, tolti dal decreto Aiuti“.

Per Maurizio Landini, invece, non c’è nulla di concreto ancora: “Abbiamo accolto positivamente il fatto che si incontreranno di nuovo con noi prima di prendere decisioni, quindi valuteremo il 26 o 27 luglio le risposte: oggi, da parte del governo, non sono stati fatti né numeri, né dimensioni, né indicazioni che lasciano intendere cosa vogliono fare“. Il leader della Cgil vuole misure strutturali subito, senza aspettare la legge di Bilancio. E lo stesso chiede Pierpaolo Bombardieri della Uil.

Draghi risponde poche ore dopo. “Il governo non è che non ha fatto nulla, abbiamo già fatto molto per famiglie e imprese: abbiamo stanziato 33 miliardi di euro“, ma oltre al prossimo decreto con gli aiuti “ora è importante mettere in campo misure strutturali per incrementare i salari, incrementare il netto salariale“. Sempreché domani si ricomponga la frattura in Senato con i Cinquestelle. Il passaggio è cruciale ma, considerati i fatti, dall’esito ancora pericolosamente imprevedibile.

Italia nella morsa della Siccità. Stato d’emergenza in Lombardia

Con l’Italia stretta nella morsa del caldo, i governatori si muovono per far fronte all’emergenza siccità. Chiedono una cabina di regia permanente Stato-Regioni per monitorare la crisi a livello nazionale e firmano i decreti.

Attilio Fontana, in Lombardia, dichiara lo stato di emergenza fino al prossimo 30 settembre, “a causa della grave situazione di deficit idrico che sta interessando il territorio lombardo“. Il decreto raccomanda a tutti i cittadini di utilizzare l’acqua in modo parsimonioso, limitando il consumo al minimo indispensabile e mette a disposizione dei sindaci dei Comuni della Regione uno schema di ordinanza su risparmio e limitazioni per l’uso dell’acqua potabile, da adottare in base agli effetti della siccità nei rispettivi territori.

Il provvedimento arriva a poche ore da quello del presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, che è anche presidente della Conferenza delle Regioni. In Fvg Fedriga ha dichiarato lo stato di sofferenza idrica, che comporta taglio dei rilasci di acqua obbligatori verso valle, per venire incontro alle esigenze dell’agricoltura e una limitazione dell’acqua per uso domestico, insieme a una campagna di sensibilizzazione rivolta ai cittadini, per eliminare ogni forma di spreco.

E’ del 22 giugno il decreto firmato dal governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, per “stato di calamità naturale in tutta la Regione, questa volta fino al 30 novembre 2022. Le aree che in questo momento nel Lazio sono considerate a “severità media” di rischio sono distribuite: a Sud, l’area di Frosinone, il centro (Rieti) e il Nord (viterbese) e sono tutte in peggioramento. Nell’area di Roma e Latina invece il rischio idrico ha ancora una “severità bassa“.

Insieme alla Lombardia, la Regione più colpita è il Piemonte, dove il governatore, Alberto Cirio, ha chiesto lo stato di emergenza già venerdì 17 giugno. L’acqua è razionata in oltre 200 Comuni, in tre giorni il Lago Maggiore ha perso un metro, le acque del Po non sono mai state così basse da 70 anni e i problemi per il più grande fiume italiano proseguono fino al Delta, nel Veneto.

Qui, oltre al cuneo salino che sta devastando i raccolti, il 20% delle vongole e delle cozze sta letteralmente “soffocando, lancia l’allarme la Coldiretti, spiegando che “l’innalzamento delle temperature senza la possibilità di ricambi di acqua sta provocando l’espansione a macchia d’olio della cosiddetta ‘acqua bianca’, aree di delta dove la decomposizione di alghe e sostanze organica ruba l’ossigeno necessario alla vita di vongole e cozze uccidendole“. Nella provincia di Verona 40 Comuni hanno adottato il razionamento idrico.

In Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, ha dichiarato lo stato di crisi il 21 giugno. Anche qui, l’osservato speciale resta il Po, soprattutto per quanto i livelli misurati in località Pontelagoscuro, che afferiscono all’approvvigionamento idropotabile di Ferrara e Ravenna.