A Rimini si apre Ecomondo: sul tavolo crisi climatica, economia circolare e transizione green

Nonostante lo sciopero dei treni che ha complicato gli arrivi, alla Fiera di Rimini si è aperta la 27esima edizione di Ecomondo, la manifestazione internazionale sulla transizione green e sulla circular economy organizzata da Italian Exhibition Group (IEG), che fino all’8 novembre animerà 166.000 metri quadrati di esposizione. Oltre 1600 i brand espositori, 72 le organizzazioni, istituzioni e associazioni di settore a livello globale presenti, 100 i paesi rappresentati dai buyer e oltre 200 gli incontri e i convegni previsti dal programma. Come ha ricordato Maurizio Renzo Ermeti, presidente di IEG, durante il taglio del nastro si tratta della “più grande manifestazione mai realizzata nella Fiera di Rimini”.

Saranno quattro giorni intensi, durante i quali sul piatto ci sarà una panoramica completa e aggiornata sulle ultime innovazioni, tendenze e sfide nel campo della sostenibilità ambientale. Ecomondo è “un osservatorio privilegiato sull’economia nazionale”, ha ricordato in apertura il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, perché qui “c’è l’Italia vincente della transizione ecologica, naturalmente rivolta alla decarbonizzazione, all’efficienza, all’uso ragionato delle risorse naturali, all’innovazione nella produzione”. Sugli obiettivi climatici, ha ricordato Pichetto, non si torna indietro, ma “abbiamo bisogno della grande energia che proviene dalla green economy italiana e da modelli vincenti come quelli del riciclo, che continueremo a difendere in ogni sede”.

Gli occhi, quindi, sono puntati anche a Rimini sul mondo delle imprese italiane e sulle loro potenzialità per diventare leader della transizione ecologica e digitale. Imprese, ha sottolineato Fabrizio Lobasso, vicedirettore generale per la Promozione del Sistema Paese e direttore centrale per l’internazionalizzazione economica del ministero Affari Esteri e Cooperazione Internazionale, che sono “in grado di portare sui mercati qualità e innovazione verso gli obiettivi globali di sostenibilità e di diventare risorsa per il percorso di altri Paesi nello scenario internazionale”.

In mattinata si sono aperti anche gli Stati Generali della Green Economy, promossi dal Consiglio Nazionale della Green Economy e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e la Commissione Europea. Il quadro aggiornato sui progressi e le sfide dell’Italia in settori chiave come decarbonizzazione, economia circolare ed efficienza energetica registra una riduzione delle emissioni di CO₂ di oltre il 6%, un Paese leader nell’economia circolare (3,6 euro di PIL per ogni kg di risorsa consumata), produzione biologica in crescita, ma anche sfide aperte, come il progressivo aumento del consumo di suolo e la mobilità sostenibile. Il 6 novembre parteciperanno alla sessione di apertura del mattino (alle 10 in Sala Neri 1), il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso e, in collegamento video, il presidente della Commissione ambiente, sanità e sicurezza alimentare al Parlamento Europeo, Antonio Decaro. Nell’ambito del dialogo sul Grean Deal e sulle opportunità per le imprese europee interverranno Luca Dal Fabbro, presidente del gruppo Iren, Marco Codognola, ad di Itelyum, Nicola Lanzetta, direttore Italia di Enel, Fabrizio Palermo ad di Acea.

Molti i temi al centro della discussione a Ecomondo: si va dal monitoraggio dei cambiamenti climatici alla Blue Economy, dal recupero degli scarti tessili alle strategie per un’industria sostenibile, dalla finanza green alla comunicazione della transizione ecologica. In mezzo si svolgerà la quarta edizione del Forum Africa Green Growth (7 novembre), che si concentra sulle opportunità di sviluppo sostenibile nel continente africano. Con la partecipazione del Ministero degli Affari Esteri e RES4Africa, il Forum esplora le possibilità di cooperazione nei settori dell’acqua, dell’energia, dell’agroalimentare e della bioeconomia circolare. Spazio anche al Premio Lorenzo Cagnoni per l’Innovazione Green, assegnato alla tecnologia più all’avanguardia nei diversi settori espositivi​.

 

Italia Paese più circolare d’Europa: 1/5 di quello che produciamo viene dal riciclo

L’Italia si conferma il Paese più circolare d’Europa, seguita da Germania, Francia e Spagna, soprattutto per il riciclo dei RAEE (87,1%) e degli imballaggi (71,7%).
Cresce anche il riciclo dei rifiuti urbani (49,2% contro il 48,6% della media Ue), un settore che vede la Germania al primo posto (69,1%). La foto la scatta il sesto Rapporto nazionale sull’economia circolare, realizzato da Circular Economy Network (Cen) ed Enea.

E il risparmio non è solo quello delle famiglie. Quasi un quinto di quello che produciamo viene dal riciclo: nel tasso di utilizzo circolare di materia siamo secondi solo alla Francia. E primi tra le 5 principali economie dell’Unione europea nella capacità di utilizzare al meglio la materia: nel nostro Paese la produttività delle risorse vale mediamente 3,7 euro per chilo, contro la media UE di 2,5 euro per chilo. Il nostro sistema economico e produttivo ama insomma la circolarità, e a farlo sono anche le piccole e medie imprese: il 65% dichiara di mettere in atto pratiche di economia circolare, oltre il doppio rispetto al 2021.

Sono dati di grande attualità perché, a un mese esatto dalle elezioni europee, l’economia circolare è una delle poste in gioco: il futuro del Green Deal passa attraverso la circolarità. E l’Italia da sempre ha un ruolo di primissimo ordine in Europa su questo fronte.

Per la prima volta, in questa edizione del Rapporto, le performance di circolarità delle cinque maggiori economie dell’Unione Europea (Italia, Francia, Germania, Spagna e Polonia) sono state comparate usando gli indicatori della Commissione europea: produzione e consumo, gestione dei rifiuti, materie prime seconde, competitività e innovazione, sostenibilità ecologica e resilienza.
Anche con questi “nuovi” indicatori, risulta confermato il primato dell’Italia (45 punti) in termini di economia circolare, seguita da Germania (38), Francia (30) Polonia e Spagna (26). Il risultato positivo dell’Italia deriva soprattutto dalla gestione dei rifiuti.

Siamo primi in classifica per il tasso di riciclo dei rifiuti. Nello specifico, nel 2021 abbiamo avuto un tasso di riciclo dei rifiuti di imballaggio del 71,7%, 8% in più della media UE27 (64%). Inoltre, il riciclo dei rifiuti urbani in Italia è cresciuto del 3,4% tra il 2017 e il 2022, raggiungendo il 49,2%. La media UE è del 48,6%, la Germania “vince” con il 69,1%.
Torniamo in testa con il riciclaggio dei RAEE: nel 2021 è stato pari all’87,1% (meno due punti percentuali rispetto al 2017), con una media UE dell’81,3%. Tutto ciò a fronte di una produzione media pro capite dei rifiuti urbani di 513 kg nel 2022 nella UE; mentre in Italia siamo passati dai 504 kg/ab del 2018 ai 494 kg/ ab del 2022.

Nel 2022, la produttività delle risorse in Italia ha generato, per ogni chilo di risorse consumate, 3,7 euro di PIL, +2,7% rispetto al 2018. La media UE, nel 2022, è stata 2,5 euro/kg. Anche il dato degli altri quattro principali Paesi europei è inferiore a quello dell’Italia.

Quanto al tasso di utilizzo circolare di materia, cioè il rapporto tra l’uso di materie prime seconde generate col riciclo e il consumo complessivo di materiali, l’Italia conferma la sua posizione nel 2022, con un valore pari al 18,7%.

Gli investimenti in alcune attività di economia circolare nell’UE27 sono stati pari a 121,6 Mld di euro, lo 0,8% del PIL, nel 2021. L’Italia con 12,4 Mld di euro (0,7% del PIL) risulta al terzo posto, dietro a Germania e Francia. Rispetto al 2017, in questo ambito, segniamo però un aumento del 14,5%.

E poi l’economia circolare crea lavoro. Nel 2021 nella UE27 gli occupati in alcune attività dell’economia circolare erano 4,3 milioni, il 2,1% del totale; in Italia 613.000, cioè il 2,4%, +4%
rispetto al 2017; siamo secondi dopo la Germania, che conta in questi settori 785.000 lavoratori (1,7% sul totale).

Il valore aggiunto dell’intera UE relativo ad alcune attività dell’economia circolare nel 2021 è stato di 299,5 Mld di euro, il 2,1% del totale dell’economia; in Italia è pari a 43,6 Mld di euro, 2,5% del totale (era il 2,1% nel 2017). Anche Spagna e Germania lo hanno incrementato, mentre Francia e Polonia l’hanno ridotto.

Dunque, va tutto bene? Non proprio. Ad esempio, il consumo dei materiali in Italia nel 2022 è stato di 12,8 tonnellate/abitante, minore della media europea (14,9 t/ab) ma in crescita (+8,5%) rispetto alle 11,8 t/ab del 2018. Ancora, sempre nel 2022, la dipendenza dell’Italia dalle importazioni di materiali (46,8%) è più del doppio della media europea (22,4%), anche se in calo (-3,8%) rispetto al 2018. Infine, per ciò che riguarda i brevetti relativi alla gestione dei rifiuti e al riciclaggio, nel 2020 per ogni milione di abitanti ne sono stati depositati 0,46, cioè complessivamente 206 nell’Unione Europea. In Italia solo 21 brevetti (0,36 per milione di abitanti): -25% rispetto al 2016. Nel loro insieme gli indicatori di trend della circolarità, basati sulla dinamica degli ultimi cinque anni, segnalano una certa difficoltà dell’Italia a mantenere la sua posizione di leadership.

Puntare sulla circolarità deve essere la via maestra per accelerare la transizione ecologica e climatica e aumentare la competitività delle nostre imprese”, osserva Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network. “Ancora di più per un Paese povero di materie prime e soprattutto, nel contesto attuale, caratterizzato da una bassa crescita e dai vincoli stringenti del rientro del debito pubblico. L’Italia può e deve fare di più per promuovere e migliorare la circolarità della nostra economia, con misure a monte dell’uso dei prodotti per contrastare sprechi, consumismo e aumentare efficienza e risparmio di risorse nelle produzioni; nell’uso dei prodotti, promuovendo l’uso prolungato, il riutilizzo, la riparazione, l’uso condiviso; e a fine uso, potenziando e migliorando la qualità del riciclo e l’utilizzo delle materie prime seconde”.

“Per avere risultati vincenti e duraturi è necessario rivoluzionare il modo in cui i prodotti vengono progettati e realizzati, integrando criteri di circolarità nei processi produttivi”, gli fa eco la direttrice del Dipartimento Sostenibilità dell’Enea, Claudia Brunori, che ha presentato un approfondimento sull’ecodesign.

Nasce a Mirafiori il Circular Economy Hub di Stellantis. Tavares: “Sarà redditizio”

Estendere la vita di componenti e veicoli, garantendo loro una durata più lunga. E, quando non possibile, raccogliere il materiale per il riciclo dall’attività di rigenerazione e da quella di smontaggio dei veicoli a fine vita, quindi reintrodurlo nel ciclo di produzione per originare nuovi pezzi e nuovi veicoli. E’ l’obiettivo principale dell’Hub di Economia Circolare SUSTAINera di Stellantis che ha inaugurato oggi all’interno del comprensorio di Mirafiori a Torino. Non solo un passo ulteriore nella roadmap perché Stellantis diventi un’azienda a emissioni zero entro il 2038, un’impegno “chiaro e sincero”, sottolinea il ceo Carlos Tavares, ma anche “una mossa intelligente e di lungo termine per il futuro del settore, un futuro che sarà redditizio, che deve essere sostenibile e che non può esserlo se non è redditizio”. Il vantaggio, ovviamente, è nel risparmio sulle materie prime. Perché, secondo l’amministratore delegato, se anche le pressioni inflazionistiche sulle materie prime dovessero scendere nei prossimi anni, i prezzi non lo faranno abbastanza “da farle costare meno dei materiali riciclati”. L’impegno è di visione e di prospettiva: l’hub, infatti, “sarà un modello nel settore automotive, capace di coniugare rispetto per l’ambiente e sviluppo economico”, precisa il presidente John Elkann.

Nella prima fase, l’Hub ospiterà quattro attività: rigenerazione di componenti usati, usurati o difettosi, con la previsione di gestire oltre 50mila ricambi rigenerati entro il 2025 e 150mila entro il 2030; selezione di 2,5 milioni di componenti usati che andranno a rifornire le attività di rigenerazione e riciclo dello stabilimento entro il 2025, per diventare 8 milioni entro il 2030; ricondizionamento dei veicoli con riparazioni sia a livello di carrozzeria sia a livello meccanico per reintrodurlo nel mercato dell’usato; smontaggio dei veicoli.

Stellantis ha investito 40 milioni di euro per dare vita al sito adottando un approccio di economia circolare: l’Hub occupa un’area totale di 73.000 metri quadrati, di cui 55.000 metri quadrati sono stati recuperati riconvertendo una struttura parzialmente inutilizzata e riciclando più di 5.000 tonnellate di metallo proveniente da risorse obsolete. Le attrezzature e i macchinari utilizzati nella struttura sono stati recuperati da altre sedi, garantendo un risparmio del 55% rispetto all’acquisto di nuove attrezzature. Il sito impiega attualmente 170 dipendenti qualificati. Si prevede che questo numero crescerà fino a circa 550 persone entro il 2025.

Un’investimento anche sulla città di Torino, da parte di Stellantis. Segno dell’impegno del Gruppo nei confronti dell’Italia. A questo proposito, il presidente Elkann ha voluto soffermarsi anche sul tavolo per lo sviluppo dell’automotive che si insedierà il 6 dicembre prossimo. La buona politica, ha sottolineato, “è una politica che non cancella le differenze; continua a raccogliere e a eseguire il mandato popolare. Ma quando vede un’opportunità, lascia da parte le visioni di parte e trova la strada da percorrere insieme, nell’interesse di tutti. Come nel caso del tavolo per lo sviluppo dell’automotive che il Governo italiano ha appena istituito, a cui parteciperanno Stellantis, le Regioni interessate, i sindacati e l’ANFIA. Di questa politica c’è bisogno, ovunque”.

Martinelli (Amazon): Obiettivo raggiunto con progetto pilota su Raee e batterie da e-commerce

Siamo molto orgogliosi di aver potuto realizzare con il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica e i consorzi questo progetto pilota volto a garantire la raccolta e lo smaltimento dei prodotti Raee e batterie che vengono immessi sul mercato attraverso la vendita di questi prodotti da parte di coloro che utilizzano la nostra vetrina“. Lo dice la Policy and Strategy Director di Amazon Italia, Bianca Martinelli, a GEA, a margine della presentazione dei risultati dell’accordo di programma tra il Mase, Amazon Services Europe Sarl e i consorzi Erp Italia, Erion Weee, Erion Energy per la sperimentazione di un modello di Responsabilità estesa del produttore per gli online marketplace, con specifico riferimento ai alle pile, alle batterie e ai Raee. “L’obiettivo, raggiunto, di questo accordo è garantire che tutti i prodotti immessi sul mercato, venduti attraverso il nostro marketplace, abbiano un sistema di raccolta e di smaltimento corretto – spiega -. Per questo Amazon, con i consorzi e il ministero, attraverso il tavolo tecnico, ha messo a punto un sistema che possa consentire un modello semplificato per la quantificazione dell’immesso sul mercato, la definizione dei contributi per lo smaltimento che devono essere calcolati sulla base dei diversi prodotti immessi sul mercato e, poi, il pagamento ai consorzi per la gestione delle loro attività“.

Italia leader dell’economia circolare in Europa davanti alla Spagna, Francia, Germania e Polonia

Photo credits: Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica

Italia leader dell’economia circolare in Europa. Anche se, nel mondo, nonostante gli allarmi sulle crisi ambientali, il tasso di circolarità sta diminuendo: in cinque anni si è passati dal 9,1% al 7,2%. In altre parole, il Pianeta ricicla e riusa di meno. Tra le prime cinque economie dell’Ue l’Italia rimane il Paese più circolare d’Europa,  seguita da Spagna, Francia, Germania e Polonia. Ma il nostro Paese arretra su alcuni indicatori chiave come il tasso di uso circolare della materia e la produttività delle risorse. Sono i dati che emergono dalla quinta edizione del Rapporto nazionale sull’Economia circolare, realizzato dal Circular Economy Network in collaborazione con Enea, e presentato a Roma.

Il tasso di utilizzo circolare dei materiali in Italia è al 18,4%, resta più alto della media Ue (11,7%) nel 2021 – ultimo dato disponibile – ma eravamo al 20,6% nel 2020 e al 19,5% nel 2019. Per la produttività delle risorse siamo, assieme alla Francia, davanti alle altre principali economie europee con 3,2 euro generati per ogni kg di materiale consumato e anche nella percentuale di riciclo sul totale dei rifiuti prodotti, speciali e urbani, siamo in testa con il 72%. Nella classifica complessiva della circolarità delle cinque principali economie dell’Unione Europea (Italia, Germania, Francia, Spagna e Polonia) restiamo dunque leader ma nella tendenza degli ultimi cinque anni perdiamo posizioni: la Spagna ci segue a ruota e sta tenendo un ritmo di cambiamento più veloce dell’Italia. “Occorre accelerare, anche per combattere l’inflazione: se il costo delle materie prime e delle risorse aumenta, la circolarità è una risposta concreta alla crisi. Per questo è fondamentale dotarci di tutti gli strumenti utili per sviluppare pienamente l’economia circolare”, ha dichiarato Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network (CEN).

L’interesse degli italiani sul tema esiste, come ha dimostrato un’indagine, realizzata da CEN e Legacoop in collaborazione con Ipsos: negli ultimi 3 anni, infatti, quasi un italiano su 2 (il 45% degli intervistati) ha acquistato un prodotto usato e uno su 3 (il 36% del campione) un prodotto ricondizionato o rigenerato.

E proprio sull’economia circolare, ha spiegato il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, nel Pnrr ci sono “un miliardo e mezzo di euro” destinati “alla realizzazione di nuovi impianti di gestione dei rifiuti, anche per ridurre differenze regionali nei tassi di raccolta differenziata” e a “bonificare almeno il 90% le discariche oggetto delle procedure di infrazione Ue“. Altri “seicentomila euro saranno investiti in ‘Progetti Faro di Economia Circolare’, puntando soprattutto su settori quali i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche; l’industria della carta e del cartone; il riciclaggio dei rifiuti plastici e del settore tessile“. L’obiettivo del governo è raggiungere importanti target nei tassi di riciclaggio: in particolare, almeno il 55 % per i rifiuti urbani; almeno il 65% in peso per i rifiuti di imballaggio; almeno il 25% per gli imballaggi in legno; almeno il 70% in peso degli imballaggi di metalli ferrosi; almeno il 50% degli imballaggi in alluminio; almeno il 70% degli imballaggi di vetro; almeno il 75% in peso per carta e cartone; almeno il 50% in peso degli imballaggi di plastica. “Questi progetti – ha concluso Pichetto – vanno inseriti in un sistema normativo e regolamentare nuovo, che sia informato dei principi dell’economia circolare ed a cui il Pnrr dedica tre riforme: la ‘Strategia nazionale per l’economia circolare’, il ‘Programma nazionale per la gestione dei rifiuti’ e il ‘Supporto tecnico del Governo alle autorità locali’“.

Per questo, forte delle sue best practices, l’Italia ritiene non opportuno il meccanismo uniforme del regolamento Ue sugli imballaggi: soprattutto, ha spiegato il ministro Pichetto, “il divieto di imbustamento verdure sotto 1,5 kg mette fuori legge le confezioni del banco. Ma così non alimentiamo lo spreco alimentare? Ci va equilibrio, l’analisi deve essere scevra da deformazioni eccessivamente ideologizzate e specialistiche. Perché così per evitare di riciclare plastica sprechiamo cibo“.

Sul tema delle materie prime invece, l’Italia ne importa oltre il 99% “mostrando una dipendenza dall’estero ancora più drammatica di quella europea”, come ha illustrato Roberto Morabito, direttore del Dipartimento ENEA di Sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali. “Per un Paese come l’Italia – ha precisato – decisamente più povero di materie prime rispetto ai principali competitor, è ineludibile puntare sulla circolarità, dall’eco-design dei prodotti al recupero e riciclo, sfruttando le nostre miniere urbane, che sono la fonte potenziale di materie prime critiche più prontamente accessibile”.

costa rica - batterie -

Costa Rica pioniere del recupero di batterie usate: nuova vita ai metalli

In un mondo alla ricerca di un modello economico attento all’ambiente, ogni anno milioni di pile e batterie giungono a fine vita: da oltre sei anni in Costa Rica un’azienda si impegna a dare nuova vita ai metalli che le compongono. Pile e batterie al litio sono ovunque: telefoni, computer portatili, veicoli elettrici, alimentazione da pannelli fotovoltaici… tanti rifiuti che impiegheranno mezzo millennio a scomparire se gettati via. Ma “sappiamo oggi che i rifiuti non esistono, sappiamo che si tratta di risorse che possono essere riutilizzate“, spiega ad AFP Guillermo Pereira, direttore generale di Fortech. Questa azienda costaricana si dedica al riciclaggio di prodotti tecnologici da 27 anni e da sei anni al riciclaggio di pile e batterie al litio.

Lo stabilimento Fortech di Cartago, 27 km a est di San José, viene presentato dal suo direttore tecnico Daniel Rivas come una “miniera urbana”, al contrario delle multinazionali che estraggono il litio dalle saline del Cile, della Bolivia, dell’Australia, in condizioni che non sono sempre rispettose dell’ambiente, dei lavoratori o delle popolazioni locali. In Costa Rica, la legge vieta completamente l’attività mineraria. “È importante rompere i modelli già pronti“, afferma Guillermo Pereira, 54 anni, che ha creato con il figlio Francisco, 25 anni, un metodo per triturare le batterie usate ed estrarre i metalli che le compongono per farne di nuove.
Secondo l’Università tedesca di Aquisgrana, nel 2028 la quantità di batterie fuori uso in Europa supererà la capacità di riciclaggio. Nel 2038 verranno riciclate 1,4 milioni di tonnellate di batterie, solo per l’Europa, prevede l’ateneo tedesco.

Ogni anno, solo in Costa Rica, 1.500 tonnellate di pile e batterie raggiungono la fine della loro vita, sottolinea Francisco Pereira. I centri di raccolta vengono messi a disposizione dei consumatori in negozi di elettronica o concessionarie di automobili in tutto il paese e vengono quindi consegnati all’azienda di riciclaggio. L’impianto Fortech “fa del Costa Rica un pioniere in America Latina nel recupero delle batterie al litio usate“, rileva l’agenzia tedesca per la cooperazione allo sviluppo GIZ, che sostiene l’azienda.

Posizionate su un nastro trasportatore, le batterie vengono inghiottite in una macchina che le macinerà e, all’uscita, i rifiuti vanno al laboratorio dove i metalli verranno estratti e trasformati in una polvere grigia composta da cobalto, nichel, manganese e litio chiamato ‘blackmass’, massa nera. I metalli “costano cari sul mercato, per questo è importante recuperarli anche perché se gettati costituiscono la prima causa di inquinamento ambientale del pianeta”, spiega Henry Prado, chimico dell’azienda. Per il momento Fortech si ferma qui perché l’azienda non ha la tecnologia per raffinare e separare i metalli che compongono la “massa nera”. Questo viene venduto alle fabbriche in Europa che completeranno il processo e produrranno nuove batterie.

La tonnellata di “blackmass” costa circa 8.000 dollari sul mercato internazionale e i suoi componenti entrano per il 57% nella fabbricazione di una batteria. Il restante 43% è costituito da rame, alluminio, plastica o ferro, tutti prodotti che possono essere realizzati anche con materiali riciclati. Oltre alla produzione di nuove batterie, il riciclaggio evita i danni causati all’ambiente sia dal rifiuto delle batterie usate in natura sia dall’estrazione mineraria, osserva Henry Prado. Ogni tonnellata di litio riciclato è solo un quarto della CO2 di quella che verrebbe emessa estraendo la stessa quantità, assicura il chimico. Inoltre, gli impianti di produzione consumano milioni di litri d’acqua.
Il litio, soprannominato “l’oro bianco” o il “petrolio del 21esimo secolo”, ha visto esplodere il suo prezzo sul mercato internazionale, passando dai 5.700 dollari per tonnellata del novembre 2020 ai 60.500 dollari del settembre 2022 a causa dell’aumento della produzione di veicoli elettrici con lo scopo di liberarsi dagli idrocarburi.

 

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Carnevale di Rio green: i costumi ricevono una seconda vita

Il Carnevale è la festa più sentita in tutto il Brasile, in particolare a Rio de Janeiro. Costumi ricoperti di piume e paillettes invadono le strade della metropoli. Ma poi, finita la festa, dove vanno a finire? Ogni anno, dopo le sontuose sfilate delle scuole di samba di Rio de Janeiro, migliaia di costumi che hanno richiesto mesi di lavoro manuale vengono abbandonati all’uscita del sambodromo, senza poter essere riutilizzati dalla stessa scuola l’anno successivo. Alcuni commercianti ne approfittano per acquistare accessori, ma i costumi abbandonati fanno la felicità delle scuole di samba più piccole in un virtuoso esempio di economia circolare.

È il caso, per esempio, della scuola di Regina Coeli, con sede a Capim Branco, una città a 500 km a nord-ovest di Rio, nel vicino stato di Minas Gerais. Una decina di anni fa, la scuola di questo comune di circa 10.000 abitanti è stata una delle prime a recarsi alla Mecca del carnevale e a riempire un intero furgone di costumi dismessi. “Alcuni costumi sono ancora interi e in perfette condizioni. Quello che non possiamo usare in toto, lo portiamo comunque via. Laviamo i tessuti e rimuoviamo anche alcuni dettagli che possono essere utilizzati per creare nuovi costumi”, ha dichiarato all’AFP Maria Lucia de Souza, 75 anni, insegnante in pensione e presidente della scuola.

Come a Rio, le sfilate di carnevale di Capim Branco si svolgono domenica e lunedì. Ma con soli 150 partecipanti, rispetto ai 30.000 del sambodromo. Non meno dell’80% dei costumi utilizzati proviene dalle grandi scuole di samba dell’élite del carnevale carioca. “È un lusso”, dice Regina Coeli, insegnante d’arte di 59 anni. “Prepariamo tutto meticolosamente e il risultato è sensazionale!”, aggiunge, provando un bellissimo costume con frange arancioni e oro che si abbina alla sua corona. Nel laboratorio della scuola, circa 15 volontari sono impegnati a lavorare sugli ultimi dettagli. Hanno imparato sul campo a fare lavori di sartoria e trucco. “Questi costumi hanno un valore inestimabile per noi. Ed è anche importante per l’ambiente, perché li ricicliamo”, dice Maria Lucia de Souza.

Gli abiti abbandonati e non recuperati, invece, finiscono in discarica, tra le tonnellate di lattine, bottiglie e altri rifiuti che si accumulano durante la grande festa popolare. “La prima volta che siamo andati al sambodromo, abbiamo visto un camion della spazzatura che schiacciava direttamente i costumi”, ricorda la presidente di Unidos. Per raccogliere i costumi intatti, la sua squadra mette un telone a terra e appende un cartello al muro: “La Scuola di Samba di Capim Branco vi ringrazia per le vostre donazioni”. Il Viradouro, una delle scuole più tradizionali del Carnevale di Rio, assicura all’AFP che i suoi costumi vengono “riutilizzati” in altre edizioni o rivenduti, o addirittura regalati a gruppi più piccoli. Gli organizzatori del Carnevale di Rio, che è stato lanciato ufficialmente venerdì, hanno annunciato di aver messo in atto un’operazione di riciclo “unica” quest’anno, con l’obiettivo di renderlo “uno dei più grandi eventi a rifiuti zero del pianeta”.

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Fontana ci riprova in Lombardia: “Più economia circolare, solare e sostenibilità alimentare”

Attilio Fontana ci riprova. Il presidente della Regione Lombardia, domenica e lunedì alle elezioni, punta al bis. L’avvocato ex sindaco di Varese ed ex presidente del Consiglio Regionale lombardo è sostenuto da 5 liste: Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Moderati-Sgarbi e la civica che porta il nome del governatore. In questi cinque anni ha superato emergenza pandemica e crisi energetica, ciò nonostante – in base a numerosi osservatori nazionali e internazionali – la Lombardia ha aumentato la sua leadership in Europa.

Presidente, i prossimi 5 anni saranno decisivi per la transizione energetica ed ecologica. Ha tre progetti se rimanesse alla guida della Regione?

“Scegliendone tre, direi che prima di tutto Regione Lombardia deve continuare a essere un’eccellenza nell’economia circolare, dove siamo già a un ottimo livello, grazie a un sistema di gestione dei rifiuti molto efficiente, con una raccolta differenziata al 73% e programmato che arrivi all’83% entro il 2030; con il 62% dei rifiuti urbani e il 85% dei rifiuti delle attività produttive che vengono avviati a recupero e la gran parte di questi effettivamente riciclati. La seconda linea di interventi è legata da un lato alla produzione di energia pulita, con il fotovoltaico, scelto come tecnologia più adatta – e per questo obiettivo dovrà raddoppiare la capacità di produzione -, dall’altro saranno le riduzioni di consumi, tramite una forte azione di efficientamento energetico. Inoltre, dobbiamo diventare competitivi anche con l’idrogeno verde. Terzo il contenimento del consumo di suolo da cui dipende anche la sostenibilità alimentare, lo sviluppo del settore agricolo e l’assorbimento di CO2″.

L’aumento delle auto elettriche implica anche una trasformazione urbana e non solo di città e centri abitati. La Regione come può aiutare i Comuni?

“La parola chiave deve essere sostenibilità, sia ambientale, sia economico-sociale. Crediamo infatti che la transizione debba essere prima di tutto un processo da governare più che da subire. Negli anni scorsi abbiamo fatto la nostra parte con incentivi per l’acquisto di questi veicoli o con bandi per la realizzazione delle infrastrutture di ricarica. I fatti dimostrano quindi la nostra propensione allo sviluppo di questo settore, ma con i suoi tempi, legati anche al potenziamento delle fonti rinnovabili capaci di alimentare i nuovi fabbisogni energetici. Nel frattempo, in attesa del potenziamento di queste reti, non possiamo nemmeno vietare l’endotermico al quale la nostra economia è fortemente legata e che può, con la ricerca sui combustibili sintetici e sui biocombustibili, rappresentare un’altra via verso la sostenibilità. Quello che possiamo fare è continuare a investire sull’efficientamento energetico e sulla possibilità di produrre energia in modo sostenibile e capillare anche nei Comuni più piccoli. Lo sviluppo di questo settore, come di tutta la nostra economia, non è slegato ai costi dell’energia, anche e soprattutto elettrica”.

Bollette alle stelle e imprese in difficoltà. Per usare meno gas e abbassare i costi della luce servono più rinnovabili. La Regione, attraverso le commissioni Via-Vas, è determinante nelle autorizzazioni. Come si possono accelerare?

“In Regione Lombardia abbiamo rafforzato la Commissione VIA e tutte le strutture tecniche di supporto, ma soprattutto abbiamo introdotto il Procedimento Autorizzatorio Unico Regionale (PAUR), che consente con un unico provvedimento di ottenere tutte le autorizzazioni regionali, provinciali e comunali per la realizzazione e l’esercizio degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili. E questo consente di accelerare i tempi medi, che per le vie statali sono fino a 18 mesi, mentre in Regione Lombardia sono al massimo di 7 mesi”.

Capitolo infrastrutture: nell’ultimo decennio sono nate grandi arterie autostradali, tuttavia l’alta velocità per, ad esempio, Venezia, va a rilento… Serviranno più trasporti su ferrovia piuttosto che su strada?

“Le infrastrutture della mobilità devono essere pensate per le necessità del futuro. Il nostro modo di muoversi sta già cambiando e lo farà sempre di più in futuro. Pensate anche solo a quali ricadute avranno tecnologie come la guida autonoma e i sistemi di condivisione dei veicoli. Per questo immaginiamo che la rete di trasporto ferroviaria sarà sempre più strategica nel collegare i territori, non solo per estendere le reti di trasporto urbano negli hinterland. Saranno quindi importanti interventi di potenziamento e ammodernamento della rete ferroviaria capaci di permetterci di raggiungere obiettivi di sostenibilità economica, sociale e ambientale”.

Il Po navigabile, i Navigli a Milano… secondo lei servono più investimenti per avviare progetti di trasporto fluviale?

“La rete di trasporti deve essere sempre più multimodale e, in Lombardia, le merci possono percorre anche le strade dell’acqua. Servono tuttavia poli logistici trimodali, in grado di smistare le produzioni lombarde su ferro acqua e gomma. Non sono nemmeno secondari accordi e intese con territori vicini per rendere navigabili alcune tratte tutto l’anno. È un sistema che riveste un’importanza strategica e non mancheremo di fare la nostra parte anche in questo settore pensando anche che la navigazione su fiumi e navigli, insieme a quella sui laghi, costituisce un elemento di attrattività turistica e fruizione sostenibile del nostro territorio”.

Pnrr. Che progetti ha in mente? Le Regioni non sono protagoniste nella cosiddetta messa a terra, ma non crede che dovrebbero diventare protagoniste nella regia dei progetti?

“Vero, le Regioni non giocano un ruolo di primo piano nella gestione dei fondi del Pnrr. C’è stato un confronto, ma nella gestione siamo comunque abbastanza esclusi. È una decisione che abbiamo cercato di contrastare anche in sede di Conferenza delle Regioni. Nella ripartizione delle competenze, è indubbio che l’ente più vicino al cittadino è quello che più è in grado di rispondere ai bisogni dei territori. Non per niente è costante il nostro confronto con i Comuni: modello che avremmo potuto replicare con successo anche con il Pnrr”.

Sostenibilità. La manifattura lombarda è la prima in Europa. E’ possibile aiutare le imprese verso minori risparmi energetici e, allo stesso tempo, mantenere una leadership mondiale o europea? Secondo lei non c’è rischio deindustrializzazione?

“Abbiamo visto negli ultimi anni come la competitività delle nostre imprese sia stata messa a rischio dai costi dell’energia. Ricordo che Regione Lombardia è stata la prima a lanciare l’allarme su questi costi e insieme a tutti gli stakeholder lombardi è stato predisposto un manifesto, con proposte concrete, inviato all’allora governo Draghi e all’Europa. È infatti un problema che richiede interventi su vasta scala. Noi possiamo tuttavia continuare a mettere a disposizione risorse per l’efficientamento energetico e continuare a favorire le nuove fonti di energia. Il nostro Paese sconta già la carenza di alcune materie prime, per non perdere posizioni dobbiamo essere capaci di spingere almeno sulla produzione di energia. Nel breve termine resta importante continuare a intervenire a livello centrale con risorse per calmierare i prezzi, così come ha fatto anche il governo Meloni”.

Dal Mase ok a 160 progetti economia circolare per impianti di riciclo

Via libera dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica a un contributo per realizzare 160 progetti ‘faro’ di economia circolare. In tre decreti il dicastero individua la lista dei progetti che beneficeranno del contributo massimo previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, in linea con la normativa sugli aiuti di Stato: si tratta di aziende che hanno proposto interventi volti ad adeguare impianti esistenti o a realizzarli ‘ex novo’.

Per la linea A, che promuove l’ammodernamento e la realizzazione di nuovi impianti per i rifiuti elettrici ed elettronici (Raee), comprese pale di turbine eoliche e pannelli fotovoltaici, sono 67 i progetti finanziati. Settanta invece quelli selezionati per la linea B, riguardante l’impiantistica per la raccolta, logistica e riciclo dei rifiuti in carta e cartone. Ventitré, infine, i progetti che troveranno compimento attraverso la linea D, per l’infrastrutturazione della raccolta di frazioni tessili e la realizzazione di veri e propri hub del tessile.

E’ prevista invece nei prossimi giorni la pubblicazione del decreto di concessione dei contributi per gli operatori economici della linea C, per la realizzazione di impianti di riciclo della plastica, compreso il ‘marine litter’. Si completerà in questo modo l’elenco dei soggetti destinatari dei 600 milioni di euro (150 per ciascuna linea) che il Pnrr mette a disposizione nel settore del riciclo, che dovranno diventare realtà ed essere messi in funzione entro il primo semestre 2026.

Transizione ecologica, il progetto educativo GEA per rendere consapevoli gli studenti

Il progetto educativo GEA si inserisce nel sistema dell’Agenda Onu 2030 e si pone l’obiettivo di approfondire insieme alle nuove generazioni le tematiche relative allo sviluppo sostenibile, alla gestione dei rifiuti e alla riduzione degli sprechi con uno sguardo generale rivolto anche ai cambiamenti climatici di questi ultimi anni. Il percorso si articolerà su tre cicli scolastici (triennale), e permetterà agli studenti scoprire le dinamiche del mondo del lavoro e le “nuove” professioni.

Il progetto didattico GEA è promosso dalla Fondazione Articolo 49, emanazione diretta di Withub, e ne incarna l’anima sociale e di intervento. Tra gli ambiti d’azione della Fondazione vi sono infatti anche l’educazione, l’istruzione e la formazione professionale, nonché le attività culturali di interesse sociale con finalità educativa.
GEA – Green Economy Agency è l’agenzia di stampa verticale sull’economia circolare Withub; in generale il ‘sistema GEA’ supera il concetto di fornitore di informazione della tradizionale agenzia di stampa e, attraverso la Fondazione Articolo 49, realizza un progetto educativo a livello nazionale. Uno strumento per favorire la discussione, il confronto, il dibattito nelle scuole sull’educazione civica orientata ai temi della sostenibilità. Per formare i cittadini consapevoli di domani.

Grazie a un percorso didattico triennale di 40 ore all’anno, gli studenti entreranno in contatto con le tematiche legate allo sviluppo sostenibile e alle nuove professioni a esso collegate: al primo anno consumo sostenibile, al secondo anno l’economia circolare e la gestione dei rifiuti, al terzo anno innovazione e nuove professioni. Tra gli obiettivi del progetto educativo, infatti, vi è quello di rendere gli studenti consapevoli e protagonisti della transizione ecologica europea, diffondendo la cultura della partecipazione, in linea con la mission della Fondazione Articolo 49, erogatrice del progetto; oltre che trasmettere competenze e informazioni utili sulle nuove professioni del green deal.
L’insegnamento obbligatorio dell’Educazione Civica permette di creare progetti educativi esterni a tema: Costituzione, Sviluppo sostenibile, cittadinanza digitale.
Dopo aver seguito il percorso annuale, i ragazzi saranno chiamati a partecipare a un contest per diventare promotori di idee innovative per migliorare la vita di tutti i giorni, per loro stessi e la loro comunità.