Industria eolica in crisi, colpa di Cina e burocrazia

Il produttore danese di turbine eoliche Vestas ha registrato perdite per 1,5 miliardi nel 2022 e i ricavi sono calati del 7% rispetto al 2021. E “nel 2023 prevediamo alti livelli di inflazione lungo tutta la filiera, mentre la riduzione degli impianti eolici influirà negativamente sui ricavi e sulla redditività”, avvertiva pochi mesi fa la società, riferendosi al lento processo di ottenimento dei permessi in Europa e negli Stati Uniti. L’acquisizione di ordini fermi di Siemens Gamesa, altro big dell’eolico, è diminuita del 35% su base annua a 1,61 miliardi di euro, con riduzioni avvertite in tutte e tre le divisioni: onshore, offshore e servizi. Negli ultimi tre mesi del 2022 aveva registrato una perdita di 884 milioni, per un aumento dei guasti delle componenti delle sue turbine eoliche installate onshore e offshore, innescando disposizioni di garanzia più elevate che hanno finito per affliggere anche Vestas. Numeri preoccupanti che non lasciano presagire un lieto fine in vista degli obiettivi climatici, di un aumento delle rinnovabili a tappe forzate verso il 2030.

Siemens Gamesa e Vestas operano in perdita e denunciano la crescente concorrenza cinese, che vanta una posizione di vantaggio sulle materie prime come le terre rare, necessarie per fabbricare i magneti montati nelle turbine eoliche. Durante il recente WindEurope Annual Event 2023 di Copenaghen, i rappresentanti dell’industria eolica hanno lamentato di essere stati colpiti dall’aumento dei prezzi delle materie prime, dall’instabilità globale causata dall’invasione russa dell’Ucraina e dall’aumento dei tassi di interesse. “In combinazione, questo è un mix piuttosto potente in termini di un ambiente commerciale stimolante”, ha affermato Anders Hangeland, vicepresidente di Equinor, la società energetica norvegese, secondo quanto riporta Euractiv.com. “Resi e guadagni sono sotto pressione lungo tutta la catena di approvvigionamento sia per gli sviluppatori che per i fornitori”.

Per questo il mondo dell’eolico chiede aiuto alle autorità europee e nazionali. “È tempo di accelerare l’autorizzazione dei progetti eolici. L’autorizzazione è il principale collo di bottiglia per l’espansione dell’energia eolica. Attualmente 80 GW di energia eolica sono bloccati nell’autorizzazione in tutta Europa. REPowerEU ha apportato miglioramenti. Lo sviluppo dell’energia eolica è ora di interesse pubblico prioritario. REPowerEU ha anche proposto utili modifiche ai permessi ambientali e ha definito scadenze chiare per l’autorizzazione. Questi cambiamenti devono ora essere applicati a livello nazionale e locale”, aggiunge WindEurope.

“La filiera dell’energia eolica è in difficoltà, troppo piccola quella europea. Gli investimenti in nuovi parchi eolici sono diminuiti nel 2022, così come gli ordini di turbine. E la Ue ha installato solo la metà del nuovo vento di cui ha bisogno per raggiungere gli obiettivi. Il Net Zero Industry Act dell’Ue – aggiunge Windeurope – vuole aumentare la capacità produttiva europea di turbine eoliche a 36 GW/anno. Ciò significa investimenti in stabilimenti esistenti e nuovi. Ma significa anche investimenti in infrastrutture di supporto come reti, porti, navi e nella forza lavoro qualificata necessaria per garantire che la transizione energetica sia veramente made in Europe”. E poi il Vecchio Continente “deve raddoppiare il tasso di investimenti annuali nella sua rete elettrica. Non ha senso produrre elettroni rinnovabili se non possono raggiungere le persone e le imprese che hanno bisogno di energia”.

Per Sven Utermöhlen, Ceo Offshore Wind di Rwe, bisogna “potenziare la catena di fornitura eolica offshore europea su larga scala. Ciò di cui abbiamo bisogno è un piano d’azione mirato e progetti di aste eoliche offshore che riflettano i costi. Solo con il giusto quadro di investimento l’eolico offshore può creare posti di lavoro preziosi in futuro e fornire elettricità a basso prezzo a lungo termine”. E Javier Rodriguez Diez, Executive Vice President e Cso di Vestas Wind Systems, conclude: “È ora di accelerare le autorizzazioni. Più progetti eolici consentiti possono stimolare investimenti su larga scala, mentre autorizzazioni più rapide per l’industria e le infrastrutture possono accelerare la crescita”.

Sgarbi: “Eolico e fotovoltaico vera trattativa Stato-mafia”. Avs vuole Meloni in aula

Una vera e propria ‘crociata’ per stoppare le nuove installazioni di impianti eolici e fotovoltaici. A lanciarla è il sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, che chiama a raccolta governatori, sindaci e amministratori locali in difesa del patrimonio paesaggistico italiano, tema sul quale a suo modo di vedere “c’è una sensibilità particolarmente debole da parte delle istituzioni” rispetto a “un’aggressione senza nome e senza volto ma di aspetto criminale”.

Sgarbi non intende usare il sostantivo per calcare la mano del suo ragionamento, è proprio quello il senso delle sue parole: “C’è un motivo perché ci sono 9 pale eoliche in Piemonte e 1.700 in Puglia. Perché la criminalità pugliese ha un interesse economico legato alla mafia”. Dunque, è in atto una “devastazione grave del paesaggio con l’autorizzazione dello Stato”. E tuona: “La vera trattativa Stato-mafia è il concetto di devastazione con la cancellazione del suo paesaggio”.

Il sottosegretario al Mic è convinto che “il tema vada affrontato dall’antimafia, alla quale mi appellerò”. Cita un caso specifico, che lo riguarda da vicino: “Matteo Messina Denaro ha i suoi affari in un luogo dove io sono stato sindaco, e da cui sono stato cacciato” e dove sono state installate pale eoliche, “vuol dire che lui ha ottenuto l’autorizzazione. Ma da chi: dalla Regione? Dallo Stato? Come ha fatto a metterle? Perché Matteo Messina Denaro era così interessato all’eolico? – domanda -. Perché è il modo migliore per guadagnare soldi attraverso la complicità dell’amministrazione pubblica che ti dice puoi farlo”. Per questo spera che l’esecutivo di cui fa parte si intesti questa battaglia: “Ho la sensazione che il governo non abbia chiaro che quello che sta accendendo realizza interessi criminali”. Ma almeno “Lollobrigida, con cui ho parlato, ha posizioni simili alle nostre”.

Le esternazioni del sottosegretario non passano inosservate nel dibattito politico. Provocando la reazione del co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli: “Come è possibile che Giorgia Meloni possa ancora tollerare Sgarbi, che ha definito le rinnovabili espressione di una trattativa tra Stato e Mafia e che non più tardi di qualche mese fa paragonò l’eolico allo stupro di un bambino?”. Il deputato di Avs annuncia che il suo gruppo presenterà un’interrogazione “rivolta alla presidente del Consiglio per sapere quale trattativa Stato-Mafia è in corso rispetto a quanto dichiarato dal sottosegretario e se non ritenga opportuno revocargli le deleghe”.

Il discorso di Sgarbi abbraccia diverse realtà, compreso il Lazio, con il caso della provincia di Viterbo che “è arrivata a saturazione”, dice. Dato confermato dal primo governatore che si schiera al suo fianco in questa sfida, il neo presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca. Che, infatti, annuncia: “A giorni emaneremo le linee guida che bloccheranno nuovi impianti nel Viterbese”, perché “vedere zone meravigliose deturpate e sfregiate è un dolore”. L’ex numero uno della Croce rossa italiana spiega che “nella provincia di Viterbo ci sono 69 impianti eolici, vale a dire il 77-79% degli impianti del Lazio, con 3.252 ettari impegnati, a fronte dei 14 impianti della provincia di Roma, che sono su 258 ettari, dei 25 di Latina su 347 ettari e dei 5 di Frosinone su 60 ettari”. Motivo per cui Rocca si dice “preoccupato” dal “quadro normativo attuale, che consenta uno spazio di manovra limitato”, anche in un territorio “che ha un patrimonio paesaggistico importante, come il nostro”. La partita è iniziata.

rinnovabili

Rinnovabili a ostacoli. Report Legambiente: da Regioni via libera solo a 1% solare nel 2022

Ad oggi in Italia sono 1.364 gli impianti di rinnovabili in lista d’attesa, ossia in fase di VIA, di verifica di Assoggettabilità a VIA, di valutazione preliminare e di Provvedimento Unico in Materia Ambientale a livello statale. Il 76% distribuito tra Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. Insomma, ‘in Italia lo sviluppo delle rinnovabili continua ad essere una corsa ad ostacoli’. Sono infatti pochissime le autorizzazioni rilasciate dalle Regioni negli ultimi 4 anni: nel 2022 solo l’1% dei progetti di impianti fotovoltaici ha ricevuto, infatti, l’autorizzazione’. Si tratta del ‘dato più basso degli ultimi 4 anni se si pensa che nel 2019 a ricevere l’autorizzazione sono state il 41% delle istanze, per poi scendere progressivamente al 19% nel 2020, al 9% nel 2021’. Ancor peggio i dati dell‘eolico on-shore con una percentuale di autorizzazioni rilasciate nel 2019 del 6%, del 4% nel 2020, del 1% nel 2021 per arrivare allo 0% nel 2022. A pesare in prima battuta “norme obsolete e frammentate, la lentezza degli iter autorizzativi, gli ostacoli e le lungaggini burocratiche di Regioni e Soprintendenze ai beni culturali i due principali colli di bottiglia dei processi autorizzativi‘. Il risultato finale è che nella nostra Penisola ‘l’effettiva realizzazione di nuovi impianti da fonti pulite resta timida e insoddisfacente, quasi un miraggio nel 2022′. A parlar chiaro i numeri del nuovo report di Legambiente  ‘Scacco matto alle rinnovabili 2023’ presentato questa mattina alla Fiera K.EY di Rimini insieme ad un pacchetto di proposte e ad un’analisi su 4 legge nazionali e 13 leggi regionali che frenano la corsa delle fonti pulite.

Eppure, negli ultimi anni sono aumentati sia i progetti presentati sia le richieste di connessione alla rete elettrica nazionale di impianti di energia a fonti rinnovabili: quest’ultime sono passate da 168 Gw al 31 dicembre 2021 ad oltre 303 Gw al 31 gennaio 2023. Sono 1.364 gli impianti in attesa di autorizzazione statale, il 76% distribuito tra Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna. Secondo Terna, nel 2022 sono stati installati nuovi impianti di rinnovabili per appena 3,035 Gigawatt. E’ un aumento rispetto agli 0,8 Gw del 2021, ma ancora lontano dai 10 Gw all’anno che si dovrebbero installare per rispettare il taglio delle emissioni del 55% al 2030 previsto dal Piano europeo Fit for 55. Oltre alla lentezza degli iter autorizzativi e all’eccessiva burocrazia di Regioni e Soprintendenze ai beni culturali, a pesare sono anche i no delle amministrazioni comunali e le opposizioni locali Nimby (Not In My Backyard) e Nimto (Not In My Terms of Office). Per accelerare lo sviluppo delle rinnovabili in Italia, Legambiente propone l’aggiornamento delle Linee Guida per l’autorizzazione dei nuovi impianti, ferme al 2010, e un Testo Unico che semplifichi gli iter di autorizzazione degli impianti, definisca in modo univoco ruoli e competenze dei vari organi dello Stato, dia tempi certi alle procedure. Centrale per Legambiente resta anche il dibattito pubblico sui progetti.

 Tra le storie raccontate da Legambiente, c’è quella ad esempio la storia dell’impianto agrivoltaico della potenza di 28,38 MW da realizzarsi su 45 ettari tra i Comuni di Cartoceto e Fano, nelle Marche, che hanno espresso parere negativo rispetto al progetto confermato anche dal diniego della Regione in fase di VIA. Il motivo dell’opposizione è legato alla preoccupazione per il mantenimento della vocazione agricola del territorio a seguito della realizzazione dell’opera. IUmbria il Regolamento Regionale n. 4 del 12 luglio 2022 limita le installazioni di impianti fotovoltaici e agrivoltaici in aree agricole e industriali imponendo limiti di occupazione di suolo in alcuni casi più stringenti rispetto a quelli sino ad oggi in vigore. In Puglia ad ostacolare le rinnovabili sono anche sindromi NIMBY. Destino che ha subito il progetto Odra Energia che prevede un impianto offshore con 90 turbine galleggianti da 1,3 GW di energia pulita, a circa 13 km dalla costa adriatica tra Porto Badisco e Santa Maria di Leuca, ostracizzato per impatto paesaggistico. C’è poi il caso del SIN (Sito di Interesse Nazionale) di Brindisi dove è stato proposto un parco fotovoltaico da 300 megawatt che potrebbe rappresentare un esempio di utile recupero di aree inquinate e non bonificabili. Dal 2007 il Ministero dell’ambiente ha prescritto un’analisi dei rischi mai eseguita e che a fronte di caratterizzazioni sulle matrici ambientali in significativa crescita, le bonifiche non raggiungono il 10%: in queste condizioni l’ARPA non può esprimere pareri sui tanti progetti di impianti FER sottoposti alla sua attenzione e si arriva al paradosso che, pur in presenza di formale impegno di società interessate ad accollarsi bonifiche, progetti che a volte sono inseriti nel PNRR vengono bloccati o addirittura bocciati. A questi si aggiunge una nutrita lista di progetti bloccati durante l’iter regionale su cui si è dovuto esprimere il Consiglio dei Ministri al fine di sbloccarli. Per la Puglia, parliamo di 15 progetti di eolico on-shore per un totale di oltre 630 MW di potenza installabile. Forti ostilità anche in Sardegna. Vittime dei blocchi non solo i progetti di nuovi impianti rinnovabili ma anche quelli di repowering di impianti preesistenti. Altra storia arriva dalla Toscana ma con un lieto fine. Parliamo dell’impianto eolico del gruppo Agsm Aim ricadente nei Comuni di Vicchio e Dicomano. Qui le opposizioni e gli ostacoli arrivano anche in fase di valutazione con commissioni di VIA che presentano 64 richieste di integrazione, si arriva all’inchiesta pubblica e ulteriori 360 richieste di integrazione ma che finalmente si sta avviando alla realizzazione.

texas, rinnovabili, eolico

Il Texas, da patria del petrolio ad avanguardia sulle rinnovabili

Campi anneriti da pannelli solari a perdita d’occhio e foreste di turbine eoliche che spezzano la monotonia delle pianure: il Texas, storica patria della produzione petrolifera degli Stati Uniti, è ora in prima linea in una nuova rivoluzione energetica, quella delle energie rinnovabili. A sud di Dallas, le contee di Navarro e Limestone sono il simbolo di questa transizione: culla dell’industria petrolifera texana alla fine del XIX secolo, che ha reso ricca la regione, sono ora all’avanguardia nell’energia verde.

La scorsa settimana è stato inaugurato un nuovo parco eolico dalla società energetica francese Engie, con 88 tralicci e una capacità produttiva di 300 megawatt (MW). Più a ovest, ad Abbott, un’altra città rurale, un parco solare da 250 MW ha iniziato a produrre elettricità, insieme a un’area di stoccaggio dell’energia con batterie. Secondo l’organizzazione americana Clean Power, il Texas è lo Stato americano con la quota maggiore di progetti commerciali e industriali di energia rinnovabile nel 2022. Con il 35% della capacità energetica, è ben più avanti del secondo Stato più grande, l’Illinois, nel nord del Paese, con il 7%. Il vasto Stato meridionale rappresenta anche il 20% dei progetti in corso. Ma le torri eoliche sono ancora molto lontane dal sostituire completamente le torri petrolifere nel paesaggio texano. “Certamente, quando pensiamo al Texas, pensiamo a un grande Stato del petrolio e del gas. Direi che il Texas è ricco di risorse naturali (…) e sono molto bravi a gestire queste diverse risorse“, afferma Frank Demaille, vice direttore generale di Engie.

Sede di raffinerie e dell’industria petrolchimica, il Texas dispone di una rete propria per rifornire i suoi 30 milioni di abitanti, un’eccezione negli Stati Uniti. Nel 2021, una grave ondata di freddo ha causato interruzioni di corrente per diversi milioni di case e ha provocato più di 200 morti, spingendo questo Stato conservatore a rafforzare e diversificare le proprie forniture. Il Texas è ancora largamente dipendente dai combustibili fossili: all’inizio del 2023 il gas costituirà ancora la parte più consistente del suo mix energetico (42%, secondo l’operatore di rete Ercot) insieme al carbone (11%). Tuttavia, sta dando sempre più spazio alle energie rinnovabili, in particolare all’eolico (29%) e al solare (11%). Il resto è fornito dal nucleare e dall’idroelettrico.

Utilizziamo energia convenzionale, basata sul carbonio, ma il Texas è ora leader nell’energia pulita. Penso che in futuro vedremo una combinazione delle due“, afferma Jeff Montgomery, presidente di Blattner Energy, che ha costruito 400 progetti di energia rinnovabile in tutto il Paese. “Il gas viene estratto per essere venduto all’Europa e la guerra in Ucraina ha rafforzato questa dipendenza dal gas americano e soprattutto texano. Allo stesso tempo, hanno sviluppato una vera e propria competenza nell’energia solare ed eolica“, afferma Frank Demaille. L’IRA, il grande piano verde del Presidente Joe Biden votato l’anno scorso, potrebbe accelerare la tendenza fornendo grandi sussidi per la transizione energetica.

Secondo alcuni funzionari locali, le tasse generate dalle energie rinnovabili hanno contribuito a migliorare le scuole. Ma alcuni sono più cauti, come John Null, un ingegnere di 42 anni della contea di Navarro, che sostiene che i residenti nelle vicinanze non stanno realmente beneficiando dell’investimento nell’energia eolica, visto che i giganteschi tralicci appaiono fuori dalle loro finestre. Durante l’ultima ondata di freddo all’inizio di febbraio, “sarebbe stato utile se un interruttore avesse potuto trasferire l’energia prodotta qui alla comunità vicina“, dice. Sono in corso progetti per l’alimentazione di aree svantaggiate, come un’ex discarica dove verrà costruito un parco eolico in un’area a basso reddito di Houston, la quarta città più grande degli Stati Uniti. “C’è bisogno di energia“, afferma Paul Curran, direttore esecutivo di BQ Energy, che quest’anno inizierà i lavori per un impianto solare da 50 MW. Per questo ex dirigente dell’industria petrolifera, le due energie non sono in competizione. “Non c’è alcun problema se si realizzano progetti solari o eolici nei posti giusti, nei mercati giusti. È persino ben accolto dall’industria petrolifera e dagli esperti“, afferma

offshore

L’evoluzione dell’eolico offshore ha al centro droni subacquei

In una vasca all’interno di un laboratorio di Edimburgo, gli ingegneri osservano concentrati la risalita in superficie di un drone subacqueo. Presto il dispositivo sarà in grado di andare in mare per lavorare alla manutenzione dei parchi eolici, una piccola rivoluzione per un settore in rapida espansione. Per il team di scienziati che ha sviluppato il ‘veicolo subacqueo a comando remoto’ (ROV) presso l’Università scozzese Heriot-Watt, il dispositivo rivoluzionerà il settore. Sarà in grado di effettuare operazioni di ispezione e manutenzione sui parchi eolici offshore, che finora erano attività rischiose e costose che richiedevano l’impiego di sommozzatori.

Il governo britannico ha piani molto ambiziosi per sviluppare l’energia eolica e ridurre le emissioni di CO2. Il potenziale di questo tipo di energia sembra essere ulteriormente rafforzato dall’impennata dei prezzi degli idrocarburi dovuta all’invasione russa dell’Ucraina. “Dobbiamo immaginare che tra 10 o 15 anni ci saranno centinaia di parchi eolici offshore, il che significa migliaia di turbine lungo la costa britannica“, racconta all’AfpYvan Petillot, professore di robotica alla Heriot-Watt University. “E c’è anche l’idrogeno che viene sviluppato” e spesso prodotto offshore, aggiunge. “Stiamo sviluppando tecnologie a distanza” con le quali “le persone possano ispezionare e mantenere queste fattorie dalla costa, senza mettere in pericolo nessuno“, spiega.

A maggio, il drone dotato di sensori ha condotto quella che si ritiene essere la prima ispezione autonoma di un parco eolico offshore. Il velivolo è stato impiegato nell’ambito di una sperimentazione presso il parco eolico EDF di Blyth, nel nord-est dell’Inghilterra, e ciò che ha filmato ha permesso agli scienziati di studiare le condizioni delle fondamenta delle turbine e dei cavi sommersi. Inoltre, il drone ha modellato una ricostruzione 3D della parte sommersa del parco, registrando l’accumulo di microrganismi, piante e alghe sulle turbine.

Se viene rilevato un problema, il ROV può essere utilizzato anche per effettuare le riparazioni. “Il sistema effettuerà prima un’ispezione autonoma del fondale marino e della sua struttura, e costruirà un modello 3D che qualcuno da terra potrà studiare per dire quale sia il guasto“, spiega Petillot. “In generale, se c’è corrosione, forse è necessario girare una valvola, collegare un cavo, cambiare un anodo o pulire la superficie“, spiega.

Maxime Duchet, ingegnere di EDF, ha dichiarato in un comunicato dopo la prova in mare che le immagini e i modelli raccolti dal drone miglioreranno notevolmente la conduzione delle operazioni di manutenzione sul sito. Anche se sono necessari ulteriori test, in particolare per stimare il tempo necessario per ispezionare l’intero parco, “è chiaro da questi risultati iniziali che questa tecnologia può garantire operazioni più sicure e veloci e ridurre l’impronta di carbonio” della manutenzione del parco, ha detto.

Gli ingegneri, che pilotano il drone con un joystick, affermano che il dispositivo è in grado di operare autonomamente per la maggior parte del tempo. Se si blocca o si concentra troppo su un aspetto dell’ambiente che sta studiando, uno scienziato può intervenire e reindirizzarlo. Per Petillot, l’uso di un drone potrebbe consentire a un maggior numero di scienziati di lavorare alla manutenzione remota dei parchi quando non sarebbero stati pronti a lavorare in mare. La manutenzione in mare è estremamente difficile e rischiosa. È complicato trovare sommozzatori o piloti qualificati. D’altra parte, invece, dice Petillot, è più facile trovare qualcuno che controlli un sistema come se stesse giocando a un videogioco.

parco eolico

Rigassificatori, fotovoltaico, parchi eolici: c’è (sempre) chi dice no

Tutti non vogliono ovviamente passare l’inverno al freddo. Tutti vogliono accelerare la transizione energetica. Tutti si riempiono la bocca di Pnrr. Però… in giro per l’Italia si segnalano numerose proteste (nei confronti di nuovi impianti) e contraddizioni che, in questa fase pre-elettorale, sarà difficile risolvere. Da settimane è in corso una accesa discussione intorno a 13 progetti di parchi eolici off-shore nel mare della Sardegna, circa 700 pale alte 300 metri in grado di fornire una potenza energetica complessiva da quasi diecimila megawatt. Amministratori, ambientalisti, cittadini… un fronte trasversale non vuole diventare “terra di conquista” di presunti speculatori.

Dalla Sardegna, prendendo il traghetto, possiamo fermarci a Civitavecchia dove, pochi mesi fa, è andata in onda una vera e propria rivolta contro la riconversione a gas di una centrale Enel. Alla fine la società partecipata dal governo ha dovuto cedere. In compenso, tornando all’eolico off-shore, proprio ieri Roberta Lombardi (M5S), assessora alla Transizione ecologica e Trasformazione digitale della Regione Lazio, ha benedetto un progetto di 270 megawatt, composto da “27 pale di imponenti dimensioni. Noi abbiamo come obiettivo non solo l’installazione del parco eolico ma di far diventare Civitavecchia a partire dal porto, un polo produttivo manufatturiero del settore eolico del Mediterraneo. Vogliamo farne un’eccellenza del nostro territorio, un distretto delle energie rinnovabili“. E se qualcuno si lamenta? “Penso – ha spiegato la Lombardi – che quando apriamo la bolletta ogni mese, è il caso che cominciamo a uscire dalla sindrome Nimby”.

Da Civitavecchia risaliamo in un altro porto: Piombino. Area dove dovrà sorgere uno dei due rigassificatori-chiave per aumentare l’indipendenza italiana dal gas russo. Nelle ultime settimane si sono registrate numerose proteste contro il progetto. In mezzo a dirigere il traffico delle diatribe il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, nominato da Draghi proprio commissario al rigassificatore. Il presidente ieri commentava “favorevolmente la presa di posizione del ministro Cingolani rispetto alla necessità per la sicurezza e l’interesse nazionale di procedere nel senso che abbiamo concordato e formalizzato”. I 30 enti chiamati a esprimere un parere tecnico sul progetto “già lavorano sul materiale fornito da Snam con l’istanza del 29 giugno” e il decreto prevede il rilascio dell’autorizzazione entro 120 giorni. “Io – ha concluso Giani – sono pronto a poterla rilasciare entro il 29 ottobre. Nel frattempo lavoro sul memorandum, ovvero sui punti a favore di Piombino su cui il governo nella riunione con il ministro Cingolani e Gelmini ci ha accettato, anche se con la necessità di approfondirli“. Deciderà comunque il prossimo governo.

Da Piombino a Ravenna, dove entro un anno dovrebbe entrare in funzione un altro rigassificatore. Anche qui, come in Toscana, è stato nominato commissario all’opera il governatore, Stefano Bonaccini, che da settimane ripete un mantra: “L’impianto va fatto senza se e senza ma”. Non la pensano così alcuni suoi alleati in maggioranza a Bologna, i Verdi, i quali hanno fatto sapere che scenderanno in piazza contro il rigassificatore a fianco di Legambiente, Fridays for Future e del Coordinamento ravennate.

Scendendo lungo l’Adriatico, concludiamo il giro d’Italia delle proteste in Molise, dove la Coldiretti Giovani ha raccolto 1.100 firme che consegnerà all’assessore regionale all’Agricoltura, Nicola Cavaliere, nell’ambito della petizione “Sì all’energia rinnovabile senza il consumo di suolo agricolo”. L’iniziativa, promossa dall’organizzazione su tutto il territorio nazionale, è finalizzata a spingere il fotovoltaico ecosostenibile sui tetti di stalle, cascine, magazzini, fienili, laboratori di trasformazione e strutture agricole. “Come giovani agricoltori – spiegano – sosteniamo e promuoviamo ogni giorno l’innovazione tecnologica sostenibile ma, destinando i suoli agricoli al fotovoltaico, a breve non ci saranno più terreni da coltivare accelerando così la perdita di biodiversità unica del nostro Paese“.

(Photo credits: FRED TANNEAU / AFP)

nucleare

Gli italiani dicono ‘no’ a gas fossile e nucleare ‘verdi’

Gas fossile e energia nucleare sono ‘verdi’? Per la maggioranza dei cittadini italiani no. Un nuovo sondaggio del Wwf mostra che solo il 29% della popolazione pensa che l’Unione Europea dovrebbe classificare l’energia nucleare come sostenibile dal punto di vista ambientale. Per quanto riguarda il gas fossile, solo il 35% ritiene che l’Ue dovrebbe assegnare a questa fonte energetica un’etichetta verde. Plebiscitario invece il sì all’energia solare (92%) e a quella eolica (88%). In particolare, in Italia, solo il 26% degli intervistati ritiene che l’energia nucleare dovrebbe essere classificata come energia ambientalmente sostenibile, mentre il 96% dei cittadini è d’accordo che l’etichetta verde sia assegnata all’energia solare e il 91% pensa altrettanto per l’eolico. Solo il 38% degli intervistati pensa che l’Unione Europea dovrebbe ritenere il gas fossile una fonte sostenibile.

Non c’è assolutamente alcun consenso pubblico per il piano della Commissione di considerare come ’sostenibili’ il gas fossile e gli impianti nucleari. Ciò che i cittadini considerano ‘verdi’ sono l’energia solare ed eolica, non i combustibili sporchi e obsoleti”, ha dichiarato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia, lanciando un appello agli eurodeputati, ovvero quello di ascoltare il loro elettorato e di bloccare questa proposta. L’Ue sta per approvare, infatti, l’elenco di fonti di energia ‘verdi’ come parte della sua nuova guida agli investimenti, la Tassonomia Ue. Di conseguenza, c’è il forte rischio che miliardi di euro siano dirottati dall’eolico, dal solare e da altre tecnologie verdi verso il gas fossile e l’energia nucleare, di fatto rallentando ancora la transizione e con essa la sicurezza e l’indipendenza energetica. Se gli eurodeputati non respingeranno l’Atto sulla tassonomia verde, questa diventerà legge dell’Ue.

Eolico

Spertino (Politecnico di Torino): L’eolico? Da noi sarà galleggiante

Taranto ha da poco inaugurato il primo parco eolico offshore italiano. Un totale di 10 pale che saranno capaci di fornire il fabbisogno energetico di 60mila persone l’anno. Ci sono voluti 14 anni di stop e ripartenze per arrivare al risultato, e il nodo burocratico ha animato il dibattito sul ritardo di un potenziale eolico italiano che secondo l’associazione Anev può superare i 19 gigawatt entro il 2030, a fronte di un installato di poco superiore ai 10.

Ma tolta la variabile delle autorizzazioni e delle polemiche che accompagnano progetti di questa portata, come possiamo immaginarci la componente eolica nell’Italia del 2050? Quanta energia sarà prodotta da impianti installati nel Mediterraneo, quanti sulla terraferma, e quanti ancora saranno realizzati per intercettare il vento troposferico?

Difficilissimo fare previsioni. Filippo Spertino, professore al dipartimento di Energia al Politecnico di Torino, ci aiuta ad avere un’idea. “Credo che circa il 70% degli impianti eolici saranno onshore“, le tradizionali pale eoliche installate sulla terraferma, “soprattutto per una questione di costi” spiega Spertino. “Mi aspetto poi un 20-25% di eolico offshore, e la percentuale restante di eolico d’alta quota“.

L’eolico offshore – come nell’esempio di Taranto – ha un vantaggio tecnico importante: l’attrito delle correnti d’aria con la superficie del mare è infatti molto minore rispetto al suolo, e può portare anche a una produzione doppia di energia per singola unità. Ma sconta le criticità morfologiche delle coste italiane. “A differenza di quanto accade nei paesi del Nord Europa, dove i fondali marini sono molto più bassi” spiega il professore, “la profondità del Mediterraneo costringe a progettare gran parte dei sistemi eolici come piattaforme galleggianti, con costi di ancoraggio importanti“. Problema a cui si aggiunge il costo dei cavi per il trasferimento dell’energia, che deve coprire distanze importanti sui fondali marini.

E l’eolico d’alta quota? “I rendimenti potenziali possono essere anche superiori al 40%, con un vento in quota molto più intenso e stabile” spiega Spertino. In questo genere di installazione, l’energia meccanica trasmessa dal vento viene trasmessa da un kite (un aquilone, una vela) a un generatore posizionato a terra, oppure trasformata direttamente in quota in energia elettrica. “Ma al momento scontano limiti strutturali, con la gestione della fase di tiro e di richiamo, che non le rendono ancora competitive“.

Ma nell’Italia del 2050, a fare la differenza sarà la pianificazione congiunta fra le diverse tecnologie rinnovabili, come l’energia del vento e il fotovoltaico. “Ma anche cambiare il nostro profilo di consumo” conclude Spertino, “riprogettando alcune attività oggi realizzate a ciclo continuo, intensificandole nelle ore a maggiore disponibilità di sole o vento“.