Salvini: Ponte sullo Stretto green ma rischia inutilità, Pnrr da rivedere

Lunedì prossimo avrò la mia prima riunione europea dei ministri dei Trasporti, partendo da Genova dove sarò sui cantieri del Terzo Valico e poi in Prefettura per la Gronda. Il Ponte sullo Stretto sarà uno dei dossier che porterò sul tavolo europeo. Perché ci saranno alcune criticità nel 2023”. Non usa perifrasi Matteo Salvini, il ministro delle Infrastrutture, nel dettare l’agenda della prima settimana di dicembre. Perché, aggiunge, il governo ha fretta e lui in particolare. Lo dice subito, all’inizio dell’intervento a ‘How we can governe Europe?‘, organizzato da Gea ed Eunews, negli spazi romani della Comunità e del Parlamento europeo. Il tono è quello solito, netto ed esplicito.

Insomma, date e obiettivi, ma anche qualche polemica. Più di una riguarda il collegamento tra Calabria e Sicilia, ovvero il Ponte sullo Stretto, che si porta appresso anche l’alta velocità nell’isola per rendere meno disagevole raggiungere Palermo da Catania. “Se fai il ponte più avveniristico, green e futuristico del mondo – e lo faremo – ma l’Alta velocità si ferma in Campania e non arriva a Reggio Calabria, avere il ponte più bello del mondo serve a poco”, sottolinea Salvini. “Bisogna avere una visione integrale, generale”, auspica ulteriormente il vicepremier. Che allarga il campo: “Ho chiesto un bilaterale alla collega francese Beaune, perché c’è la Torino-Lione: noi stiamo andando spediti, ma è fondamentale che anche dall’altra parte ci sia altrettanta determinazione e speditezza”.

L’Italia ha infrastrutture vecchie, il trasporto su gomma è vittima dei disagi autostradali, quello su rotaia non è in linea con il resto d’Europa. Ma, sostiene Salvini, il problema sta a monte: “Pensavamo che sul nuovo Codice degli appalti arrivassero 35 contributi da sindacati e imprese, ma siamo già al doppio. L’idea era di portarlo in Cdm entro l’Immacolata, però serietà impone che questi contributi io li legga, quindi se non sarà il 7 sarà il 14, ma entro la metà di dicembre lo porteremo in Consiglio dei ministri”. Sbloccare gli appalti e riuscire a spendere i (tanti) soldi a disposizione è il primo ‘must’ del ministro. Il quale non è sordo ai dati che pongono il Paese molto indietro nelle graduatorie europee: “Che l’Italia faccia la competizione con Germania e Francia ci sta… ma Madrid ci sta superando da tutti i punti di vista: in agricoltura, in produzione energetica, in velocità, innovazione. Questo ci dovrebbe far riflettere. Ma a me piacciono le sfide”. Salvini proporrà a gennaio “un tavolo sull’acqua”. Perché “ricordiamo tutti in estate l’emergenza idrica. Non possiamo dipendere dalle danze della pioggia di Giove Pluvio o dalle precipitazioni: ad oggi raccogliamo solo il 10% dell’acqua piovana – aggiunge -. Un piano acqua, invasi e dighe è fondamentale. Abbiamo cinque anni per sbloccare, prendendosi la responsabilità di scegliere”. E se poi sbaglieremo, “qualcuno pagherà”.

Salvini infine parla del Pnrr. Che così com’è stato pensato per il post pandemia non funziona più. E quindi andrà rivisitato: “Banalmente, un aggiornamento prezzi”, sentenzia. “Come qualunque azienda o negozio, che a fine anno fa un aggiornamento dei prezzi – spiega -. Se il prezzo dell’energia è del 30% più alto e il costo materie prime è del 30 percento in più, se prima rifare una scuola costava 1 milione e ora 1,5 milioni, devi rivedere tempi e prezzi”. Inoltre, “concludere le opere entro il 2026 quando siamo a fine 2022, mi sembra ‘ambizioso’. Ho capito che in Europa quando devono usare un aggettivo non tranchant, ma che comunque ti faccia capire che c’è qualche ‘problemino’, dicono che è ‘ambizioso‘”, l’ironia del ministro. Che passa e chiude con una battuta su Carlo Calenda, freschissimo di incontro con Giorgia Meloni per presentare le proposte del Terzo polo sulla Manovra: “Faremo aprire un cantiere anche a lui… Non ho seguito la vicenda, non mi appassiona, non passo le mie giornate a pensare a Renzi, Calenda e Letta. Ho un’agenda abbastanza piena. Calenda è stato votato per fare opposizione. Mi auguro che la faccia in modo costruttivo”.

montecitorio

Bozza Manovra: caro energia neutralizzato fino a marzo, poi servono altri soldi

Oltre 5,5 miliardi per il credito d’imposta – che va dal 35 al 45 per cento – per l’acquisto di energia da parte delle aziende, circa 4,5 miliardi di credito d’imposta per accaparrarsi il gas, un miliardo per abbattere gli oneri di sistema in bolletta, sempre per la bolletta quasi 900 milioni per ridurre l’Iva al 5%. E ancora 2,5 miliardi di bonus sociale per far fronte alle tariffe energetiche delle famiglie con Isee basso, 400 milioni in più a Comuni e Province per non lasciare al freddo scuole o altri edifici pubblici. L’elenco contenuto nella nuova bozza della manovra, che oggi inizia il suo iter parlamentare alla Camera in vista dell’approvazione entro fine anno, è una lista di provvedimenti tampone, quasi obbligati, contro il caro-energia.

Anche altre voci, come ad esempio l’incremento dei fondi per i cantieri (una decina di miliardi entro il 2027) e per le opere legate al Pnrr alla fine è una risposta al boom dei prezzi delle materie prime. I bonus si sprecano: legati ai carburanti per agricoltori, pescatori e trasportatori. Ce né poi uno da mezzo miliardo per aiutare i meno abbienti a fare la spesa. E pure la rivalutazione delle pensioni, al 100 per cento per chi ha un trattamento fino a 4 volte il minimo, è una risposta quasi automatica – per legge – all’incremento dell’inflazione.

La manovra dunque sfrutta al massimo il deficit, grazie anche al buon andamento del Pil degli ultimi mesi e allo scostamento di bilancio votato poche settimane fa, per cercare di garantire la tenuta del sistema economico-sociale di fronte a rincari energetici mai visti. Anche la famosa tassa sugli extra-profitti delle società energetiche, che nei piani del governo Draghi inizialmente avrebbe dovuto portare 10 miliardi nelle casse dello Stato, si ridimensiona. L’incasso previsto, forse più realistico visto il flop del precedente provvedimento, è di appena 2,5 miliardi. Diventa infatti per il 2023 un “contributo di solidarietà” che toccherà 7000 aziende, in linea con le regole Ue. Il prelievo sarà del 50% sul reddito 2022 che eccede per almeno il 10% la media dei redditi 2018-21, con il limite del 25% del patrimonio netto al primo gennaio 2022.

Gran parte dei provvedimenti tuttavia, specie quelli che riducono l’impatto sulla bolletta per famiglie e imprese, sono coperti fino al primo trimestre 2023. Dal 31 marzo bisognerà trovare altre risorse e il Pil non sarà più quello del 2022 che garantirà margini di manovra in bilancio. Il vero banco di prova del governo sarà in primavera.

Scintille Pichetto-Salvini su Ischia. Il ministro dell’Ambiente: Farei arrestare i sindaci

Botta e risposta nel governo, tra Gilberto Pichetto Fratin e Matteo Salvini sulla tragedia di Ischia. Confiscare gli edifici abusivi e valutare la demolizione di quelli pericolosi, è la linea del ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica. Che poi affonda: “Secondo me basterebbe mettere in galera il sindaco e tutti coloro che lasciano fare”.

Una frase che il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, non tollera: “Qualcuno vorrebbe arrestare i sindaci“, dice dal palco di Lombardia 2030, senza fare il nome del collega di governo. “Io invece li voglio proteggere e liberare dalla burocrazia“. Salvini era ministro dell’Interno nell’esecutivo giallo-verde che firmò il condono nel dl Genova.

Il ministro dell’Ambiente, dell’epoca, Sergio Costa, invita a leggere a fondo il decreto. Nel caso di Casamicciola, i cittadini hanno depositato istanza di condono “rispetto alle domande presentate in anni precedenti“, spiega l’attuale vicepresidente della Camera. “Nella genesi dell’articolo 25 abbiamo avuto anche delle discussioni, io pure chiesi di modificarlo nella prima parte – racconta Costa -. Ricordo che Conte mi chiamò dicendo che così com’era non si parlava più di condono“.

Dal punto di vista politico, suggerisce di “aprire uno spiraglio“: approvare in via definitiva la legge sul consumo di suolo, che ha al suo interno anche elementi di dissesto idrogeologico. Poi si potrà fare una norma più ampia, e di respiro, sulla tutela de dissesto idrogeologico, sull’urbanistica e l’edilizia.

In risposta a Salvini, arriva la precisazione del ministero dell’Ambiente: “E’ una riflessione di carattere generale e non fa riferimento ad alcun amministratore in modo particolare. Tantomeno si riferisce al commissario prefettizio che sta guidando in modo inappuntabile Casamicciola da quando è stata indicata dal Governo“. Secondo il ministro, dicono dal Mase, “una cosa è condonare piccole inosservanze, che spesso le costruzioni si portano dietro da decenni. Altro sono i grandi abusi, le costruzioni in totale assenza di piani regolatori, in sfregio al paesaggio e alla sicurezza ambientale, che spesso vengono innalzate in una notte”.

Il consiglio dei ministri si è riunito di domenica per rispondere nel più breve tempo possibile e deliberare lo stato d’emergenza. “Stiamo seguendo di ora in ora i tragici fatti di Ischia“, garantisce la premier Giorgia Meloni. Predispone la normativa d’urgenza per sospendere i termini dei versamenti, degli adempimenti tributari e contributivi per i residenti di Casamicciola e Lacco Ameno.

La beffa Ue sul price cap, il ministro Pichetto alzi la voce

Gilberto Pichetto Fratin, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, dice ‘no’ al price cap che la Commissione europea vorrebbe mettere a terra dopo sei mesi di sterile discussione. Era una battaglia di Mario Draghi e dell’ex ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, e sta diventando un punto fermo del nuovo governo. Pichetto Fratin ha rigettato una proposta che effettivamente scivola nel ridicolo e che non garantisce alcun tipo di tutela ai Paesi più soggetti ai rischi generati dalla crisi energetica. Bene: poi, però? Che l’Europa non voglia accollarsi questo genere di rogna e usi il price cap così strutturato solo come deterrente era abbastanza chiaro: sono troppo divergenti gli interessi dei 27 Stati membri per immaginare una convergenza comune. Che, a memoria, in tempi recenti si è avuta solo per la gestione ‘unitaria’ del Covid. Ma la pandemia era la pandemia, il gas è un’altra storia.

La misura del price cap non è congrua: lo hanno capito anche i sassi. Ma il ministro Pichetto Fratin può/poteva alzare di più la voce per far sentire anche la eco dell’ex premier. Ancorché ai primi passaggi nella nuova veste istituzionale, il tenutario del Mase possiede gli strumenti, pure esperienziali, per farsi ascoltare. I ripetuti viaggi a Bruxelles devono essere capitalizzati per consolidare la posizione dell’Italia e, nello specifico, dell’esecutivo appena nato. Se quello di Draghi era rispettato a prescindere, questo deve scalare inevitabilmente posizioni portandosi appresso molti pregiudizi.

La discussione è ancora aperta, nonostante i margini di manovra appaiano ristretti. Ha ragione Pichetto Fratin quando sostiene che il tetto sia esageratamente alto, che due settimane di tempo siano quasi una provocazione e che, in questo modo, si favorisca la speculazione. Ma come rimediare? La comunicazione dei processi operativi latita e tutto ciò non ne agevola la comprensione. Ci sarà davvero un fronte unito per spingere a una revisione del price cap o, come al solito, qualcuno si tirerà indietro sul più bello lasciando i soliti noti con il cerino in mano? In Europa spesso funziona così… Ecco la ragione per la quale auspichiamo da parte di Pichetto Fratin una posizione ferma, intransigente ed autorevole. Perché poi, alla resa dei conti, le bollette le pagheranno i cittadini. Che non hanno sensibilità politiche ma di portafoglio.

Gas, Pichetto ‘boccia’ proposta Ue su price cap: Insufficiente

Sin dalla campagna elettorale, l’obiettivo numero uno del centrodestra sul caro bollette era quello di fermare la speculazione. Con ‘strumenti’ europei, ma la risposta continentale non convince il governo. “La proposta della Commissione Ue sul price cap non la riteniamo sufficiente“, dice infatti il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, a margine della 39esima assemblea dell’Anci, in corso a Bergamo. Il motivo? “Rischia di stimolare la speculazione invece di arginarla”. Ecco perché annuncia che al Consiglio europeo sull’Energia “valuteremo rispetto alle modalità quali posizioni prendere, ma così com’è la proposta non è di nostra soddisfazione“, sottolinea il responsabile del dicastero di via Cristoforo Colombo. La linea è comune nell’esecutivo, visto che poche ore dopo è Adolfo Urso a ribadire che la proposta di Bruxelles è “un pannicello caldo, sono passati sei mesi, con una guerra nel cuore d’Europa, con una guerra energetica dichiarata da Mosca contro il nostro continente, e dopo sei mesi la montagna europea partorisce questo topolino?“, sentenzia il ministro delle Imprese e del Made in Italy.

Alla sua ‘prima’ da ministro davanti ai sindaci italiani, Pichetto parla di energia e nuove prospettive. Definisce “cogenti” ed “epocali” le sfide legate alla crisi che si è sviluppata in questi mesi e all’inflazione galoppante (mai così alta dagli anni Ottanta del secolo scorso). “Negli ultimi due anni il nostro Paese è cambiamo notevolmente – spiega -. I nostri borghi hanno ritrovato una centralità durante la pandemia, con nuove opportunità e meccanismi di lavoro diversi, ma anche con nuove fragilità. Ma i temi più cogenti ora sono la crisi energetica e l’inflazione“.

Il governo si è insediato esattamente un mese fa, ma “tante sono le azioni che abbiamo davanti, a partire dal tema del Pnrr che impegna istituzioni e corpi intermedi a tutti i livelli“, prosegue Pichetto. Che delle sfide non ne fa una questione “solo del governo e del Parlamento, ma del Paese intero”. E va considerato il fatto che “siamo condizionati da fattori esterni, è cambiato il ruolo dei sindaci, il Comune è, per il cittadino, il primo luogo di riferimento nei momenti di difficoltà – sottolinea davanti alla platea dei primi cittadini -. Ma ora mi vorrei rivolgere ai nostri figli e nipoti: per la prima volta nella storia vivranno condizioni di vita non in crescita, ma in senso opposto, rispetto alla generazione precedente. Noi dobbiamo invertire questa tendenza ed è nostro compito farlo in fretta”.

Parlando di fonti di approvvigionamento energetico il ministro fa poi notare che “se non ci fosse stato il Tap oggi non avremmo la luce accesa“. Confermando l’impegno del governo “all’abbattimento delle 55% delle emissioni entro il 2030 e l’azzeramento nel 2050 – ha chiarito -. La soluzione sta quindi nella ricerca di nuove fonti di energia alternative a quelle fossili. Bisogna quindi innalzare il ricorso al geotermico, all’eolico, all’idroelettrico. Tralascio il nucleare, le mie visioni infatti sono note. Dobbiamo abbandonare il fossile e se nel 2023 dovessi firmare un atto d’indirizzo per l’acquisto del carbone per me sarebbe una coltellata. La parte di gas deve scendere accompagnando le rinnovabili”.

Ampio anche il capitolo dedicato al Pnrr, che Pichetto paragona all’intervento Usa che aiutò l’Italia nella ricostruzione nel secondo Dopoguerra. “Il piano Marshall, attualizzato a oggi, sarebbe di 80-90 miliardi; oggi con il Pnrr abbiamo 5 volte tanto, quindi bisogna spendere bene e fare le riforme“, dice il ministro. Che in tema di transizione ecologica fa un breve accenno all’industria italiana dell’automotive. “Noi siamo il secondo Paese manifatturiero d’Europa – ha dichiarato – e questo è il più grande settore italiano, con 280mila persone coinvolte, che salgono a oltre due milioni se consideriamo l’indotto. Il cambiamento di questo settore è necessario per la sfida della transizione ecologica, ed avrà delle ripercussioni a livello locale; per questo il percorso verso il 2035 (stop alla vendita in Ue di auto nuove a diesel e benzina, ndr) deve essere governato da governo e amministratori locali“.
In tema ambientale, infine, loda il metodo italiano di gestione dei rifiuti, con “la grande sfida nazionale della differenziata, che è per noi una priorità e una vittoria – chiarisce -. Infatti, siamo tra i primi Paesi in Europa ad aver creato un filone produttivo per il riciclo, e su questo noi non faremo nemmeno un passo indietro”, garantisce Pichetto. Anzi: “Devono essere gli altri Paesi Ue a fare dei passi in avanti”

idrogeno

Pnrr, sul fronte green 12 obiettivi in 250 giorni: è corsa al tempo

Bollette, inflazione e rischio recessione incombono sul governo. Ma sullo sfondo c’è una sfida ulteriore, forse decisiva per l’Italia, che è quella dell’attuazione del Pnrr entro i tempi prefissati (2026) per accedere ai fondi europei. Il percorso è abbastanza scadenzato, con target da rispettare trimestre per trimestre. Sul fronte green, secondo l’ultimo aggiornamento del lavoro svolto dal Ministero della Transizione/Sicurezza Energetica (fermo al 31 ottobre), ci sono 6 Milestone (obiettivi) non del tutto conseguiti nel 2022 (su nove, quindi solo 3 già centrati) e ben 6 nuovi obiettivi da raggiungere entro i primi sei mesi del 2023. In tutto 12 provvedimenti da mettere a terra più o meno in 250 giorni.

Nel dettaglio, entro quest’anno restano questi target da portare a casa:
– Rafforzamento smart grid: aggiudicazione di tutti gli appalti pubblici per l’aumento della capacità di rete per la distribuzione di energia rinnovabile e l’elettrificazione dei consumi energetici. L’avviso è stato pubblicato a fine giugno 2022, le proposte sono state ricevute nei termini (con richieste che hanno superato il contingente a disposizione) e l’aggiudicazione attesa entro fine anno. Valore: 3,61 miliardi di euro.
– Interventi su resilienza climatica reti: aggiudicazione progetti per migliorare la resilienza della rete del sistema elettrico. Anche in questo caso manca solo il provvedimento entro dicembre. Valore: 500 milioni.
– Promozione teleriscaldamento efficiente: aggiudicazione di tutti gli appalti pubblici per la costruzione di nuove reti di teleriscaldamento o l’ampliamento di quelle esistenti. Tutto pronto, si attende solo il documento. Valore: 200 milioni.
– Tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano: piantumazione di alberi (almeno 1.650.000). E’ stato emanato il decreto direttoriale di finanziamento progetti delle città Metropolitane, per un totale di oltre 2 milioni di piante previste a fine anno (350 mila oltre il target di 1,65 milioni). Sono invece in corso di stipula gli accordi con le Città Metropolitane e la convenzione con i vivai regionali per supportare appunto le Città Metropolitane. Valore: 330 milioni.
– Misure per i servizi idrici integrati: Entrata in vigore della riforma volta a garantire la piena capacità gestionale per i servizi idrici integrati, nel rispetto di specifici requisiti. In questo caso bisogna emanare 2 decreti Interministeriali: uno del MIPAAF (di concerto con il MiTE) che dovrebbe essere già stato firmato, e uno del MEF (di concerto con il MiTE e MiPAAF) già pronto in attesa del parere delle Regioni che dovrebbe uscire dalla conferenza unificata del 30 novembre.
– Porti verdi: aggiudicazione di opere alle Autorità di sistema portuale. Operativamente è stata chiusa la manifestazione di interesse per l’individuazione progetti da parte di AdSP (Autorità di Sistema Portuale), la valutazione è in fase avanzata ed è in corso un confronto in materia di aiuti di Stato per la finalizzazione dell’ammissione dei progetti. Valore: 270 milioni.

PRIMO TRIMESTRE 2023
Nel primo trimestre 2023 invece l’attenzione del ministro Pichetto Fratin, del suo staff e dei suoi colleghi di governo dovrà concentrarsi soprattutto sull’idrogeno. Tre i provvedimenti da licenziare che valgono complessivamente 2,5 miliardi.
Produzione di idrogeno in aree industriali dismesse: aggiudicazione di tutti gli appalti pubblici per progetti di produzione di idrogeno in aree industriali dismesse. La manifestazione di interesse si è conclusa con l’interesse da parte Regioni e Province autonome, è stato firmato il decreto ministeriale di riparto risorse (in attesa di pubblicazione), mentre è in corso di elaborazione il decreto direttoriale con definizione degli adempimenti e dello schema di bando tipo per le Regioni e Province autonome.
Utilizzo idrogeno in settori hard-to-abate: firma dell’accordo con i titolari dei progetti selezionati per promuovere la transizione dal metano all’idrogeno verde. Anche in questo caso è stato firmato il decreto ministeriale, ma non pubblicato, ed è in via di elaborazione quello direttoriale per l’avvio della selezione dei progetti.
Semplificazione amministrativa e riduzione degli ostacoli normativi alla diffusione dell’idrogeno, cioè l’entrata in vigore delle misure legislative necessarie. Qua lo stato dell’arte è un po’ più complesso. E’ stata modificata con decreto ministeriale la norma tecnica ed è già in vigore, sono state introdotte con decreto legislativo le semplificazioni per la costruzione e l’esercizio di elettrolizzatori di dimensione inferiore a 10 MW (ovvero installati in aree industriali o standalone), è in fase di predisposizione l’atto di indirizzo a Snam per l’uso di standard condivisi per il trasporto di idrogeno, infine è in corso di finalizzazione schema di decreto attuativo in merito all’aggiornamento del sistema di garanzie di origine che comprenderà l’idrogeno.

SECONDO TRIMESTRE 2023
Decisivo per la svolta elettrica dell’automotive è uno dei Milestone da raggiungere nel secondo trimestre 2023. Si comincia infatti con lo ‘Sviluppo infrastrutture di ricarica elettrica’, o meglio: aggiudicazione di (tutti gli) appalti pubblici per la costruzione di 2 500 stazioni di ricarica rapida per veicoli elettrici in autostrada e almeno 4 000 in zone urbane. Poi, in base alle scelte governative in materia, sarà la volta di ‘Ecobonus e Sismabonus fino al 110% per l’efficienza energetica e la sicurezza degli edifici’, quindi completamento della ristrutturazione di edifici per: i) almeno 12.000.000 di metri quadri per scopi di risparmio energia; ii) almeno 1.400.000 metri quadri per scopi antisismici. Infine, in vista della prossima estate, ‘Rinaturazione dell’area Po’: Entrata in vigore della pertinente legislazione finalizzata al recupero del corridoio ecologico rappresentato dall’alveo del fiume.
Questi ultimi tre Milestone sono i più corposi degli ultimi 12 mesi: oltre 15 miliardi, dove la voce Ecobonus e Sismabonus ne vale quasi 14 anche se il governo è già intervenuto per ridurre la spesa.

Rixi: Ponte sullo Stretto è un’opera necessaria, attesa da territorio e operatori economici

Il governo Meloni vuole mordere il freno per rilanciare la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. Il vicepremier, Matteo Salvini, ha rivelato che già nella legge di Bilancio per il 2023, che dovrebbe approdare lunedì prossimo in Cdm, ci sarà il primo “atto concreto” con la riattivazione della società che aveva l’incarico di eseguire l’opera, ma da nove anni si trova in liquidazione. GEA ha parlato del progetto con il vice ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Edoardo Rixi, che sta lavorando al fianco del ministro per far decollare il dossier.

Vice ministro, il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina è strategico per il trasporto di persone e merci, non solo su gomma ma anche su ferro. Qual è l’obiettivo che vi ponete anche sull’alta velocità al Sud: è la volta buona?
“Il Pnrr destina alla ‘cura del ferro’ ingenti risorse per il potenziamento delle infrastrutture, anche per un’ulteriore decarbonizzazione dei trasporti, e per migliorare i collegamenti longitudinali e trasversali tra i territori del Paese non sempre agevoli per caratteristiche morfologiche. Penso agli attraversamenti appenninici, alle dorsali in direzione della costa, ma anche e soprattutto all’insularità con riguardo al collegamento tra le sponde calabresi e siciliane. A ciò si aggiungono le risorse di Rfi per il miglioramento dell’infrastruttura in termini di velocizzazione e digitalizzazione. Il Ponte sullo Stretto costituisce un tratto fondamentale dello ‘scheletro’ rappresentato dal corridoio scandinavo-mediterraneo della rete Ten-T che, nella sua percorrenza ferroviaria, salda due linee fondamentali: la progettata alta velocità Salerno–Reggio Calabria e l’alta capacità della linea Palermo-Messina-Catania. Al completamento oltre il 2026 dell’alta velocità Salerno-Reggio Calabria, la percorrenza Roma-Reggio Calabria sarà di 4 ore con un guadagno di almeno 1 ora e mezza rispetto alle corse giornaliere (peraltro ridotte) dei treni più veloci. L’alta capacità Palermo-Catania permetterà un collegamento in sole 2 ore con un guadagno di un’ora rispetto ai tempi ferroviari attuali, e quindi con perfetta sostituibilità, pure temporale, con l’omologa tratta stradale. In questo momento favorevole tra opportunità del Pnrr e impegno di Rfi, l’anello di congiunzione ideale sarebbe proprio il Ponte sullo Stretto. E’ un’opera necessaria, attesa dal territorio e dagli operatori economici”.

Proprio oggi il governatore Occhiuto ha definito il Ponte lo strumento per fare del Mezzogiorno “l’hub dell’Europa sul Mediterraneo”, anche sull’energia. E’ d’accordo?
“La penisola nella sua interezza è un hub che dall’Europa continentale si protende verso il Mediterraneo. In tale quadro il Mezzogiorno d’Italia, per prossimità, è parte maggiormente vocata a rivestire una centralità che va rivalutata. Il Ponte è uno strumento che favorisce la coesione. Il Mezzogiorno ha tutte le carte in regola per contribuire al rilancio del Paese. Ricordo che quel fascio di traffico mercantile marittimo, il più voluminoso di Europa, sviluppato sin dal porto di Amburgo per poi raggiungere Suez via Gibilterra, lambisce la Sardegna e soprattutto la Sicilia. Inoltre, molte misure finanziarie e agevolative sono state storicamente ideate per soddisfare una vocazione che finalmente trova attuazione nel potenziamento infrastrutturale progettato grazie alle risorse del Pnrr, dei fondi Fsc e suscettibile di attrarre quindi investitori in base alle opportunità offerte dalle Zes. L’Italia meridionale è pure protagonista nella riscrittura della geo-politica indotta dal conflitto russo-ucraino. Sono state potenziate e lo saranno ulteriormente, dal versante Sud, le forniture di gas con l’Algeria e si spera di implementarle con la Libia. E’ inoltre oggetto di potenziamento la fornitura dall’Azerbaigian attraverso la Tap sulla direttrice di sud-est”.

Quali segnali state ricevendo dall’Europa per il co-finanziamento del progetto?
“Le notizie acquisite da Pat Cox, attuale coordinatore del corridoio scandinavo-mediterraneo Ten-T, nel corso del suo intervento lo scorso ottobre in Commissione trasporti Ue, confermano che si potrebbe ottenere un co-finanziamento comunitario al 50 per cento qualora diventasse una priorità del Governo italiano. Questo nonostante il fatto che non sia presente a oggi negli allegati di quelli prioritari oggetto di finanziamento. Insomma un’ottima notizia per i territori interessati dall’opera, che godrebbero dell’opportunità della creazione di oltre 100mila posti di lavoro a partire dalla cantierizzazione”.

Governo, oggi Dl in cdm. Meloni: “Tessuto produttivo in sicurezza”

L’energia è la priorità. È un mantra ormai per Giorgia Meloni, al lavoro da due settimane in una corsa contro il tempo per chiudere la legge di bilancio nei tempi. La maggior parte delle risorse andranno a tamponare la crisi e già domani, nel pomeriggio, è previsto il Consiglio dei ministri con il ‘decreto decreto Aiuti Quater’, in cui sarà confermata la proroga del credito di imposta per le imprese e del taglio delle accise.

In due settimane abbiamo trovato 30 miliardi per calmierare e coprire il costo delle bollette“, rivendica Meloni, parlando in assemblea con i gruppi parlamentari di Fdi. La partita, però, avverte, “si giocherà soprattutto a livello europeo: abbiamo messo in sicurezza il nostro tessuto produttivo e già domani il decreto sarà portato in Cdm, ma fermare la speculazione è fondamentale e stiamo conducendo questa battaglia“.

La norma sulla produzione di gas nazionale è già stata approvata, perché “è finito il tempo dei no a tutti i costi“: quello che serve all’Italia, ribadisce, “va fatto e vogliamo aiutare le aziende in difficoltà“.

Nel pomeriggio, con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e la ministra del Lavoro, Marina Calderone, incontra i sindacati e, fa sapere il segretario della Cisl Luigi Sbarra, promette una “alleanza strategica” per la sicurezza energetica, in un confronto permanente. E, assicura durante l’incontro, le parti sociali saranno ri-coinvolte prima di chiudere la legge di bilancio.

Abbiamo sempre riconosciuto l’importanza del confronto. Il nostro approccio è di totale apertura e rispetto. Dove ci porterà questo confronto dipenderà dell’approccio e dalla disponibilità di ciascuno di noi“, afferma, ricordando che il momento è il “più difficile della storia della Repubblica” e chiedendo un “supplemento di responsabilità“. “Bisogna mettere da parte i preconcetti e, nel rispetto delle diverse convinzioni, è necessario provare a ragionare tutti nella stessa direzione: la difesa dell’interesse generale”, è il monito della premier.

Brutte notizie per i più giovani, le previsioni non sono buone: “Siamo nel mezzo di una crisi internazionale sociale, usciamo da una pandemia, c’è una crisi energetica in corso, un aumento dei costi delle materie prime, una inflazione vicina al 10%, salari perlopiù inadeguati. Le pensioni di oggi sono basse, e quelle future rischiano di essere inesistenti”.

Il confronto con il governo, conferma il segretario dell’Ugl Francesco Paolo Capone, è stato “a largo raggio e senza chiusure preconcette da parte di nessuno”. Evidenzia un “cambio di passo” e la “volontà di affrontare i problemi insieme”.

Il segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri, chiede di puntare sull’estensione della tassazione degli extraprofitti per poter detassare subito le tredicesime e dare ristoro ai dipendenti e ai pensionati e, poi, detassare gli aumenti contrattuali e quelli derivanti dalla contrattazione di secondo livello e, ancora, ridurre il cuneo fiscale.

Cauto il leader della Cgil, Maurizio Landini, anche se fa eco sulla “grande disponibilità dichiarata” dal governo a strutturare un confronto con i sindacati: “Da parte nostra c’è piena disponibilità“, sostiene, ma nota che il perimetro entro il quale si intende discutere su dl aiuti e legge di bilancio è contenuto nel documento di programmazione economica, “quindi non ampissimo“. Il primo passo è fatto, si tratta di capire se il confronto reggerà: “Abbiamo rivendicato di poter discutere prima del dl definitivo e della legge di bilancio, vedremo se avverrà”.

Il governo riattiva le trivelle: via libera all’estrazione di gas italiano

Il governo sceglie di riaprire la questione delle concessioni per l’estrazione di gas dai giacimenti nazionali. Il Consiglio dei ministri dà il via libera a un emendamento dell’esecutivo al decreto Aiuti ter, attualmente al vaglio delle commissioni speciali di Camera e Senato. Gli obiettivi, spiega il ministro dell’Ambiente e la sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, sono quelli di “ampliare le fonti di approvvigionamento e calmierare l’andamento dei prezzi, almeno sul fronte del sistema imprese“.

Tra le condizioni per la stipula dei contratti a lungo termine, infatti, c’è quella che i soggetti interessati dovranno mettere a disposizione del gruppo Gse “un quantitativo di diritti sul gas corrispondente, fino al 2024, ad almeno il 75% dei volumi produttivi attesi dagli investimenti” e per gli anni successivi “ad almeno il 50% dei volumi produttivi attesi dagli investimenti medesimi“. Per quel che concerne i costi, invece, si applica “una riduzione percentuale, anche progressiva, ai prezzi giornalieri registrati al punto di scambio virtuale” e comunque variabile “nel limite di livelli minimi e massimi quantificati rispettivamente in 50 e 100 euro per MWh“. Un tetto, di fatto, che la premier, Giorgia Meloni, definisce comunque “vantaggioso.

La norma, però, prevede anche una limitazione all’area in cui poter attivare le trivelle. Secondo il testo approvato in Cdm è “consentito il rilascio di nuove concessioni di coltivazione di idrocarburi in zone di mare poste fra le 9 e le 12 miglia dalle linee di costa e dal perimetro esterno delle aree marine e costiere protette“, ma solo per i giacimenti di almeno 500 milioni di metri cubi metri cubi. Questo “per evitare il proliferare eccessivo di giacimenti“, chiarisce Pichetto.

Il Cdm, poi, ha dato anche il via libera alla Nota di aggiornamento al Def. Che libera “circa 9,5 miliardi che intendiamo iniziare a utilizzare già a partire dalla prossima settimana sul caro energia“, sottolinea Meloni. E non solo, perché “liberiamo tra i 22 e i 23 miliardi per il 2023, che intendiamo destinare in via esclusiva per affrontare il tema del caro energia, per un totale di oltre 30 miliardi“, continua la premier. Che comunque attende dall’Europaimmediate e concrete risposte su prezzo del gas“, perché i primi passi mossi sono serviti a far calare il prezzo del gas e mettere in difficoltà gli speculatori “ma non durerà senza segnali chiari e seri” dall’Ue. Nell’attesa che il Vecchio continente faccia le proprie mosse – ne ha parlato anche ieri con Ursula von der Leyen, Roberta Metsola e Charles Michel, anche sul disaccoppiamento tra il prezzo del gas e quello dell’energia elettrica -, l’Italia ad ogni modo “deve tutelarsi“.

L’obiettivo della Nadef è mitigare gli effetti del caro energia su famiglie e imprese con un approccio prudente, realistico e sostenibile“, dice il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. “Creiamo lo spazio rispetto a quello che riteniamo un intervento doveroso per famiglie e imprese“. Ma il governo è “consapevole che fare previsioni a lungo termine in questo momento, in materia economica, può essere un esercizio di pura accademia e siamo consapevoli e pronti a fronteggiare i rischi di recessione che da più parti a livello globale ed europeo vengono evocate e che potrebbero toccare anche l’economia italiana“. Per questo l’indebitamento netto per il 2023 “viene stimato del 4,5%, in aumento rispetto a quello previsto che crea spazio per fare quello riteniamo doveroso per le famiglie e imprese, per circa 23 miliardi per l’energia“, sottolinea il responsabile del Mef. La partita del governo Meloni, dunque, è iniziata.

Oggi in Cdm bollette e Nadef: si parte da un ‘tesoretto’ di 10 miliardi

Pochi soldi a disposizione, ma l’imperativo è farli fruttare. Oggi il Consiglio dei ministri sarà chiamato ad approvare la Nota di aggiornamento al Def, che contiene la pianificazione finanziaria annuale degli obiettivi che il governo si pone. Sarà il primo, importante banco di prova per Giorgia Meloni e la sua squadra, che al momento possono disporre di un ‘tesoretto’ da circa 10 miliardi di euro lasciato in eredità da Mario Draghi, al quale proveranno ad aggiungere altre risorse per varare una nuova serie di aiuti a famiglie e imprese per contrastare i rincari di gas, energia elettrica e carburanti. Il giro di ricognizione dei vari ministeri, fisiologicamente, visto che l’esecutivo è in carica da circa due settimane, non ha ancora prodotto risultati entusiasmanti, ma il margine per arrivare ad altri 5 miliardi aggiuntivi non è impossibile da raggiungere. Con molta probabilità si tratterà di prorogare gli strumenti messi in campo finora, ma comunque è un segnale in vista della prossima legge di Bilancio.

Della manovra la premier ha parlato anche ieri negli incontri avuti a Bruxelles con le massime cariche istituzionali del Vecchio continente. La costante è sempre lo scarso spazio di azione, visto che il varo dovrà avvenire entro e non oltre il 31 dicembre o l’Italia andrà in esercizio provvisorio. “Stiamo correndo contro il tempo“, sottolinea infatti Meloni nel colloquio con la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. Certo, se nel frattempo dall’Ue arrivasse un sostegno forte, magari con il via libera al price cap o al fondo comune per gli acquisti di gas, la strada sarebbe meno in salita. Ecco perché la premier assicura che “la voce dell’Italia in Europa sarà forte” aggiungendo che il governo è pronto “ad affrontare le grandi questioni, a partire dalla crisi energetica, collaborando per una soluzione tempestiva ed efficace al fine di sostenere famiglie e imprese e mettere un freno alla speculazione“.

In attesa che l’Europa faccia le proprie mosse, in Italia sono i sindacati a chiedere di dare priorità alle emergenze, come l’energia. “Abbiamo chiesto, con Cisl e Uil, un incontro con la presidente del Consiglio per discutere tutto questo e delineare un nuovo modello di sviluppo nella cui costruzione il sindacato e il mondo di lavoro siano pienamente coinvolti e non solo informati a cose fatte“, dice il segretario della Cgil, Maurizio Landini, a ‘La Stampa‘. In particolare le confederazioni si attendono un intervento sugli extra-profitti: “Non basta riscrivere la legge, bisogna alzare la soglia e ampliare la platea oltre il settore energetico. Tutto il gettito extra deve essere utilizzato per aiutare i lavoratori e le imprese che rischiano di chiudere. Subito. Anche con un contributo di solidarietà finalizzato a sostenere politiche di sviluppo e occupazione come fatto in questo in giorni in Germania“.

Le intenzioni del governo saranno più chiare dopo l’approvazione della Nadef, in cui Meloni dovrà tracciare la strada che vorrà seguire dal prossimo anno. Che inizia con una “corsa contro il tempo“.