La polpetta (avvelenata) del ‘meat sounding’ altra grana europea

Se davvero di polpetta si tratta è sicuramente avvelenata. Perché intorno al ‘meat sounding’ si sta scatenando una battaglia tra Roma e Bruxelles. Qual è il nodo di questa vicenda che può sollevare qualche sorriso ma che in realtà cela una grana grande e grossa? Sintetizzando: si tratta di quei prodotti a base vegetale che vengono venduti con nomi che richiamano o citano espressamente prodotti a base di carne. Alzi la mano chi di noi non ha mai sentito parlare dell’hamburger vegetale, o della bistecca di soia, o delle polpette vegane, o – esagerando – della bresaola di grano? Ecco, tutti questi nomi che solleticano (in teoria) le papille gustative sono fuorilegge nel nostro Paese dall’anno scorso, in concomitanza con il ‘no’ alle carni sintetiche. Qui nasce il ‘meat sounding’, vietato peggio dei rave party, perché – lamentano – ti illudi di mangiare una chianina e invece ti trovi a ingurgitare soia.

Se da un lato il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e il senatore leghista Gianmarco Centinaio sono scesi in campo per contrastare questo presunto ‘tarocco’ alimentare a tutela dei consumatori, dall’altro le aziende che producono alimenti vegetariani sono sul piede di guerra e hanno scritto una lettera alla Ue per modificare la legge italiana e lasciare così alla polpetta la possibilità di esistere sia sotto forma di carne sia di proteine vegetali. La tanto vituperata Bruxelles, questa volta viene invocata per sanare un contrasto interno. Che succederà? In teoria dovrebbe essere l’etichettatura a fare da spartiacque tra i due prodotti anche per quelle persone che sono più svagate e magari tendono a confondersi.

E’ chiaro che di fronte alla guerra tra Israele e Hamas, alla crisi del Mar Rosso e al conflitto tra Russia e Ucraina, la vexata quaestio del ‘meat sounding’ è una briciola (il pane non rientra nella contesa…) ma i numeri fanno riflettere. Solo in Italia sono 22 milioni le persone che consumano abitualmente prodotti di natura vegetale, mentre quel 25% di italiani che ancora non ha testato le prelibatezze vegetariane/vegane ha confessato di essere intenzionata a farlo. Insomma, non proprio riscontri trascurabili. “Speriamo che usino un po’ di fantasia”, l’auspicio rivolto da centinaio a Unionfood. Una battuta che non ha fatto ridere i produttori ma che rischia di sollevare un ulteriore polverone. Nemmeno un ‘buon appetito’ ci sta bene in mezzo a tanta tensione. Insomma, a questo giro deve apparecchiare tavola Bruxelles

Agricoltura, Cia chiede un Piano Nazionale: Da tutela filiera a gestione acque

Un Piano Nazionale per l’Agricoltura e l’Alimentazione. Lo Chiede Cia-Agricoltori italiani al governo, durante l’assemblea annuale a Roma. Accrescere peso economico e forza negoziale dell’agricoltura; incentivare ruolo e presidio ambientale del settore; mettere l’agricoltura al centro dei processi di sviluppo delle aree interne; salvaguardare servizi e attività sociali vitali per i territori rurali; consolidare la crescita dell’export agroalimentare Made in Italy. Queste le cinque mosse da cui partire.

Salvare l’agricoltura per salvare il futuro”, osserva il presidente, Cristiano Fini. Perché, precisa, “senza un’agricoltura in salute, viene compromesso il diritto a un’alimentazione sana, sostenibile e accessibile a tutti“.

Credo che quest’anno, a un anno di distanza dall’ultima assemblea, possiamo vantare un risultato, non io come ministro, ma tutti: la sinergia all’interno del governo ha permesso di rimettere al centro l’agricoltura“, rivendica dal palco il ministro Francesco Lollobrigida. Tuttavia, mette in chiaro Fini, “il settore ora vive una crisi generalizzata, tra tante emergenze che acutizzano il divario tra i prezzi pagati agli agricoltori e quelli sugli scaffali dei supermercati, con aumenti che superano anche il 400% dal campo alla tavola”. Cia si candida dunque come interlocutore delle istituzioni per definire il Piano agricolo nazionale “sempre annunciato, ma mai realizzato, in grado di invertire la rotta, collocando finalmente il settore primario tra i protagonisti della filiera agroalimentare, un colosso da circa 550 miliardi di fatturato in cui l’agricoltura prende però solo l’11%”, afferma il presidente. In questo percorso “l’Italia e, soprattutto, l’Europa devono essere dalla nostra parte, abbandonando posizioni e regolamenti ideologici anche in vista delle prossime elezioni Ue. D’altronde – chiosa Fini – se non c’è agricoltura, il Made in Italy non può esistere, scompare il presidio del territorio e le aree interne muoiono. Un rischio che il Paese non può correre”.

A Bruxelles “l’Italia gioca in difesa“, replica Lollobrigida: “Abbiamo criticato l’Europa perché i dati non ci tornavano, non riteniamo giusto pagare coltivatori per non coltivare e pescatori per non pescare. Sacrificare il mondo produttivo in nome di ideologie è stato un errore. Se smettiamo di produrre per non inquinare, i prodotti dobbiamo prenderli da filiere lunghe“, riflette. “In 30 anni abbiamo perso il 30% delle aziende agricole per scelte sbagliate – aggiunge -. All’inizio, su diversi temi, abbiamo preso posizioni isolate, ma alla fine non siamo rimasti isolati“.

Il Piano agricolo presentato da Cia è di respiro pluriennale, da sviluppare secondo cinque assi d’intervento organizzati per obiettivi chiari e relative misure.

Quanto alla gestione delle acque, per Cia è urgente un nuovo Piano di gestione di quelle a uso irriguo, secondo una logica che preveda il trattenimento quando l’acqua è disponibile e il suo utilizzo in periodi di siccità, con una programmazione oltre il 2026 e risorse dedicate all’agricoltura per la crescita del sistema dei grandi invasi (dighe) da considerarsi integrati, e non alternativi, a quello dei piccoli invasi (laghetti). Gli agricoltori trovano anche la sponda del vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini. “Il mio obiettivo è arrivare a mezzo miliardo per intervenire sulla dispersione idrica“, da inserire in un emendamento nella legge di Bilancio, “così come nella rimodulazione del Pnrr abbiamo aggiunto un miliardo di euro. Sono convinto che riusciremo a spendere fino all’ultimo centesimo i fondi per il settore idrico”, garantisce.

L’appoggio arriva anche dall’opposizione. “L’agricoltura è sottoposta a uno stress profondo e gli agricoltori sono i primi a sapere che bisogna lottare contro il cambiamento climatico. Ma non possiamo permetterci di lasciarli soli. Occorre fare una conversione ecologica insieme agli agricoltori, che sono presidio dei territori. Un’agricoltura resiliente è più diversificata“, dice la segretaria del Pd, Elly Schlein. “Il cibo è vita e non c’è vita senza cibo di qualità”, scandisce la leader dem. Sul Piano di lavoro il Partito Democratico è pronto, assicura: “Siamo qui e siamo disponibili a lavorare con voi“.

Stop carne sintetica è legge. Lollobrigida: “Provvedimento coraggioso, siamo i primi”

Stop dalla Camera a produzione, consumo e commercio di cibi e mangimi sintetici. E’ legge il ddl proposto dai ministri dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, e della Salute, Orazio Schillaci. Dopo l’approvazione in Senato del 20 luglio, arriva l’ok di Montecitorio, con 159 Sì, 53 No e 34 astenuti. La misura vieta anche l’uso di “nomi ingannevoli” per gli alimenti derivati da proteine vegetali prodotti in laboratorio. Non si potrà quindi più chiamare bistecca un prodotto proveniente da soia o hamburger proveniente da tofu.

“Un provvedimento coraggioso, chiesto dai cittadini con milioni di firme, che pone l’Italia all’avanguardia nel mondo“, rivendica sui social Lollobrigida. “Siamo la prima nazione a vietarla – precisa – con buona pace delle multinazionali che speravano di fare profitti mostruosi mettendo a rischio il lavoro e la salute dei cittadini”.

Il ministro la definisce una delle leggi “più democratiche” mai avute nella nazione, dato il sostegno importante alla petizione. Tra i firmatari, rappresentanti istituzionali di tutti i partiti presenti in Parlamento. “Alle pressioni e agli interessi delle grandi lobbies alimentari straniere abbiamo risposto con un secco no”, gli fa eco il sottosegretario Patrizio La Pietra. Ora la legge andrà notificata all’Europa: “Riteniamo che non ci sia nulla da temere”, garantisce Lollobrigida. Punta a convincere gli altri Paesi a seguire la scelta dell’Italia, “non ci vogliamo proprio arrivare alla certificazione di queste procedure per trasformare il cibo coltivato in qualcosa di utilizzabile”, afferma.

E a chi solleva la questione della sicurezza alimentare, il ministro risponde senza dubbi: “Sostenerlo significa dire che non si vogliono dare alimenti di qualità a tutti. Non ci arrendiamo all’idea che ci sia un mondo nel quale una élite possa continuare a mangiar bene e miliardi di persone siano costrette a nutrirsi con prodotti alla stregua di un carburante per sopravvivere. Una società divisa in due non appartiene alla nostra cultura e la respingiamo fermamente”. 

grano

Grano, parte piano straordinario controlli. Lollobrigida: “Qualità a ogni costo”

Controlli sul grano duro importato potenziati, per monitorare la filiera, nei porti di partenza e in quelli di arrivo. E’ il piano straordinario voluto dal ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, che sul tema ha presieduto una cabina di regia con la rete degli enti responsabili dei controlli per il comparto agro-alimentare, con un confronto diretto con rappresentanti delle filiere.

Il piano parte da metà novembre. Obiettivo trasparenza: “Il Made in Italy è una garanzia di qualità e deve continuare ad esserlo. Per questo abbiamo chiesto alle nostre forze in campo un impegno straordinario, all’interno della cabina di regia, per controllare l’import e chi produce alimenti con 100% Grano italiano”, spiega il ministro.

La cabina di regia sui controlli agroalimentari, riunita per la prima volta il 13 marzo scorso, è stata creata per dotare il Paese di un sistema integrato di controllo e tutelare la produzione rispetto a eventuali concorrenze sleali a livello internazionale e al fenomeno dell’Italian sounding. Il 19 luglio sono stati presentati i risultati del primo trimestre di attività, che hanno registrato oltre 120mila controlli; in quella occasione, Lollobrigida e Adolfo Urso, ministro delle Imprese, hanno incontrato i pastai per discutere dell’equa distribuzione del valore lungo la filiera.

Secondo l‘Ismea, nel 2023 la superficie destinata al Grano duro in Italia è stata di 1,22 milioni di ettari, in sostanziale stabilità rispetto al 2022 (1,24 milioni di ettari). La produzione nazionale di frumento duro 2023 si stima intorno alle 3,8 milioni di tonnellate, dopo essere scesa a 3,7 mln nel 2022 a causa della siccità.
Puntiamo a una crescita“, fa sapere Lollobrigida, che però “tuteli il primo anello della catena, perché dobbiamo mettere in condizione l’imprenditore agricolo di produrre al giusto prezzo”.

L’Italia, al momento, importa quindi la maggior parte del prodotto. Nel primo semestre 2023 sono state importate oltre 1,2 milioni di tonnellate di grano duro (+61% rispetto allo stesso periodo del 2022). La quota di importazione (che oscilla mediamente intorno ai 2 milioni di tonnellate all’anno, un’alta percentuale di questi dal Canada) è ancora fondamentale per soddisfare il fabbisogno dell’industria. La produzione di pasta è invece di circa 3,6 milioni di tonnellate, per il 60% destinato all’export. Va detto che, a livello nazionale, il consumo pro-capite si è ridotto dell’11% negli ultimi 10 anni.

Della cabina di regia fanno parte i comandi dei carabinieri per la Tutela agroalimentare e per la Tutela forestale e parchi, la guardia di finanza, la capitaneria di porto, Agea, Agenzia delle Entrate e l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Masaf, a cui è affidato il ruolo di coordinamento operativo.

I nuovi controlli, assicura Lollobrigida, non saranno un aggravio per le imprese, ma un ulteriore “strumento di garanzia” dell’utilizzo di grano italiano, a vantaggio delle persone che acquistano e degli stessi produttori, che, ribadisce il ministro “vedono così garantito il valore della loro fatica e del loro valore nell’utilizzare una materia prima di origine nazionale”.

La necessità è anche quella di garantire equilibrio nei prezzi. Le continue fluttuazioni, dovute anche a costi di produzione in crescita e un prezzo del grano sempre inferiore, richiedono interventi che, scandisce Lollobrigida “vogliamo mettere in campo attraverso la concertazione con le rappresentanze del mondo degli agricoltori”. Per questo, l’Ismea è stato incaricato di ricostruire una catena del valore per chiarire come viene redistribuito il prezzo lungo la filiera ma anche il reddito. Si punta a un’equa distribuzione del valore aggiunto all’interno delle filiere, che è legato alla qualità che, nelle intenzioni del ministero, “deve essere preservata ad ogni costo”.

Lollobrigida: “Sicurezza alimentare è centrale, assicurare buon cibo a tutti”

Lo sviluppo di un Paese o di un continente, passa anche dalla sicurezza alimentare, che oggi è “centrale. Ne è convinto Francesco Lollobrigida, che dopo aver incontrato in mattinata i pescatori di Goro, insieme al viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Galeazzo Bignami, per rassicurarli sul problema del distruttivo granchio blu (“bisogna contrastare l’eccessiva presenza e indurre al consumo“), mentre l’Emilia-Romagna pressa per avere la dichiarazione dello stato di emergenza, dal palco del Meeting di Rimini tocca, poi, diversi argomenti che riguardano l’agroalimentare italiano ed europeo. “Il nostro sistema di sviluppo parte da un presupposto: il cambio di epoca nella quale viviamo – dice il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste -. Per anni abbiamo vissuto di certezze su questo Pianeta, che ci hanno fatto fare delle scelte, terminate però improvvisamente“. Vedi alla voce pandemia e guerra di aggressione russa in Ucraina. Se con il Covid “eravamo certi della libertà e a un certo punto abbiamo scoperto che si può perdere, anche senza aver commesso reati“, il conflitto ci ha fatto scoprire “che si può perdere anche la certezza di approvvigionamenti, se ci si affida a nazioni instabili come forniture rinunciando alla propria produzione, rischiando di avere un uomo solo al comando che decide di cancellare le tue fonti di approvvigionamento, il tuo modello di sviluppo, il tuo modello di civiltà e quindi anche la tua libertà di decidere“.

Dunque, ecco che torna il concetto: “La sicurezza alimentare è certezza di approvvigionamento, è ricerca della possibilità di soddisfare delle criticità legate all’aumento demografico del pianeta“. Ma, avverte Lollobrigida, la risposta “non può essere ‘dare cibo a tutti’, ma essere in grado di dare buon cibo a tutti: questa è la sfida sulla quale l’Italia può essere protagonista, ovviamente non da sola“. In questo senso le parole del presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, suonano come un vero e proprio campanello d’allarme: “I cittadini del mondo aumentano, saremo 10 miliardi da qui ai prossimi 20 anni e, secondo i dati dell’Ocse, dovremo produrre di più, soprattutto in termini di generi alimentari. Si stima un aumento del 30% della produzione agricola a livello globale“. Per centrare l’obiettivo, però, serve “la digitalizzazione dell’agricoltura“. Secondo Giansanti “è possibile produrre di più preservando le risorse naturali” mettendo “a sistema quella mole di dati che oggi gli agricoltori producono e condividendoli nel sistema generale”, oltre all’utilizzo “dei migliori strumenti che la tecnologia offre: da quelle di evoluzione assistita fino ai satelliti“. In questo modo “si potrà diminuire l’utilizzo di acqua del 20-25%, dei prodotti fitosanitari del 10%, dei fertilizzanti del 15% e delle macchine dal 4 all’8%, con un minor utilizzo anche di gasolio“.

Certo, l’export sarà fondamentale. Così come prepararsi ad affrontare le sfide geopolitiche, che condizionano anche l’economia. “Il bombardamento dei depositi dei silos del grano ucraino sta portando un aumento della capacità produttiva russa, anno su anno, del 36%, si prevede che l’anno prossimo la Russia sarà il primo esportatore di cereali a livello mondiale, con una quota di mercato del 25%“, sottolinea infatti il presidente di Confagricoltura.

L’Italia sta cercando di trovare vie alternative con il Piano Mattei, che non riguarda solo l’energia, ma anche la cooperazione agroalimentare con un continente ricco di materie prime e potenzialità. “Enrico Mattei ha piantato nel deserto una idea” di sviluppo e collaborazione con “che oggi abbiamo ripreso e proveremo a sviluppare, proprio attraverso un progetto che ha una visione strategica e non solo l’utilizzo di denaro a pioggia“, spiega il responsabile del Masaf. Chiarendo l’obiettivo: “Far crescere le nazioni in difficoltà, per garantire sicurezza alimentare, senza cambiare il modello di civiltà al quale siamo stati educati e al quale crediamo ancora“.

Anche sulla dieta mediterranea Lollobrigida ha idee decisamente chiare. La cucina italiana è candidata a Patrimonio Unesco perché “difendere il buon cibo, difendere la qualità è anche una questione di civiltà e di rispetto di un modello di sviluppo che mette le persone tutte sullo stesso piano e non si lascia condizionare esclusivamente dal loro potere d’acquisto“. Il ministro usa l’esempio degli Stati Uniti: “Sono un grande popolo, ma sul mangiare non possono insegnarci nulla. Da loro – continua – c’è un differente modello di educazione alimentare, mentre il nostro è interclassista. Da noi spesso i poveri mangiano meglio dei ricchi perché, cercando dal produttore l’acquisto a basso costo, comprano qualità“. La sfida del futuro passa anche (soprattutto) dal fattore alimentare.

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Lollobrigida insiste su Rdc: “Non è vergognoso lavorare in agricoltura”

Non c’è nulla di vergognoso nel fare l’imprenditore agricolo“. Non c’è davvero, ma Francesco Lollobrigida è costretto a ribadirlo, dopo il polverone sollevato in apertura del Vinitaly.

Dal palco di Verona, il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste aveva ricordato ai giovani italiani che “lavorare in agricoltura non è svilente“, rivolgendosi, tra gli applausi, “a chi è sul divano, mentre prende il reddito di cittadinanza“. Parole pesantissime per una generazione che paga lo scotto della recessione, della pandemia e della crisi seguita alla guerra in Ucraina. Vero è anche che gli agricoltori hanno (disperatamente) bisogno di braccia nei campi. Ne è prova il clamoroso successo del click day del decreto flussi, il 27 marzo, in overbooking già dopo un’ora per le domande di ingresso dei lavoratori extracomunitari. Alle 10 del mattino, secondo il Viminale, le domande arrivate erano 238.335, quasi il triplo delle quote previste dal decreto, ossia 82.705.

Ora, il piano del governo è coprire una parte del grande fabbisogno di lavoro in agricoltura con una quota di giovani in cerca di un posto. “Bisogna creare ricchezza per aiutare i più deboli, ma non si può creare ricchezza per decreto o facendo debito. La ricchezza si crea col lavoro“, precisa il ministro all’indomani delle polemiche. Ringrazia i ragazzi che frequentano gli istituti agrari: “L’unica cosa indegna è che se tu puoi lavorare, dici che se non ti danno il reddito di cittadinanza vai a rubare. Non può essere che, chi invece va a lavorare, paghi con le sue tasse chi non vuole provare a lavorare”, sostiene.

Nelle campagne, in vista della vendemmia, “c’è posto anche per studenti, pensionati o disoccupati che vogliono trovare una occasione di reddito e fare una esperienza all’aria aperta a contatto con la natura, grazie al nuovo sistema di prestazioni occasionali introdotto nell’ultima Manovra“, conferma Coldiretti. Una opportunità per anche per “percettori di Naspi, reddito di cittadinanza, ammortizzatori sociali e detenuti ammessi al lavoro all’esterno con l’unico limite determinato dalla durata della prestazione che non potrà superare, per singolo occupato, le 45 giornate di lavoro effettivo all’anno e non aver già lavorato in agricoltura“, fa sapere l’associazione.

Per fare il punto sulle necessità del settore, mercoledì 5 aprile, alle 10, è già convocato a Palazzo Piacentini, sede del ministero del Made in Italy, il Tavolo Agrindustria, con Adolfo Urso e Lollobrigida, insieme alle principali imprese del settore, alle associazioni di categoria e alle parti sociali.

Intanto, il ministro dell’Agricoltura continua a incassare destri dall’opposizione: “All’attuale Ministro dell’Agricoltura non passa nemmeno per la mente che se non si trovano stagionali, forse questo dipende da condizioni di lavoro inadeguate. Eppure dovrebbe conoscere la realtà di un settore purtroppo afflitto da caporalato e lavoro nero“, tuona il responsabile economia di Sinistra Italiana, Giovanni Paglia. “Braccia rubate all’agricoltura? Meraviglia che a pronunciare queste parole sia colui che è chiamato a promuovere e sostenere le nostre eccellenze agroalimentari“, denuncia l’ex ministra dell’Agricoltura, Teresa Bellanova. In agricoltura, sottolinea, è sempre maggiore il bisogno di “grandi professionalità, studio, formazione, passione“, che sono i fattori che fanno dell’agricoltura italiana “un’eccellenza“. Per essere competitivi con i nostri prodotti nel mondo, scandisce la presidente di Italia Viva, “abbiamo sempre più bisogno di saperi e di diritti. Non certo delle frasi sprezzanti di chi sa solo guardare al passato, dimenticando che l’agroalimentare italiano punta, da sempre, al futuro“.

Siccità, cabina di regia e commissario fino al 31 dicembre. Meloni: “Situazione complessa”

Una cabina di regia per accelerare e coordinare la pianificazione degli interventi infrastrutturali di medio e lungo periodo e, nel breve periodo, un commissario nazionale fino al 31 dicembre 2023, con un incarico rinnovabile e con un perimetro “molto circostanziato di competenze“. Così il governo si prepara ad affrontare l’emergenza siccità che ha colpito l’Italia.

Abbiamo ereditato una situazione complessa“, spiega Giorgia Meloni davanti all’Aula del Senato. Il decreto andrà in consiglio dei ministri entro la fine di marzo, verosimilmente la prossima settimana.

Al tavolo convocato a Palazzo Chigi e presieduto dal vicepremier Matteo Salvini c’erano anche i ministri Francesco Lollobrigida (Agricoltura), Nello Musumeci (Protezione civile), Roberto Calderoli (Autonomie), la viceministra all’Ambiente Vannia Gava e i sottosegretari Alfredo Mantovano e Alessandro Morelli.

Il commissario potrà agire sulle aree territoriali a rischio elevato e potrà sbloccare interventi di breve periodo, come sfangamento e sghiaiamento degli invasi di raccolta delle acque, aumento della capacità degli invasi, gestione e utilizzo delle acque reflue, mediazione in caso di conflitti tra regioni ed enti locali in materia idrica, ricognizione del fabbisogno idrico nazionale.

Ci sarà da risolvere il problema degli acquedotti, ma anche, a monte, quello della raccolta di acqua. Quasi nove litri di pioggia su dieci che cadono lungo la Penisola non vengono raccolti. Per le carenze infrastrutturali, si trattiene solo l’11% dell’acqua piovana e nella distribuzione di quella raccolta, le perdite idriche totali sono pari al 42%, secondo l’Istat. A questo, si aggiunge il problema delle temperature in costante aumento e dell’aumento dell’intensità delle piogge, effetti dei cambiamenti climatici che “richiedono interventi strutturali“, sottolinea Coldiretti.

Il Piano Idrico Nazionale è sempre più urgente, nel rispetto delle priorità indicate dalla “sempre più disattesa legge 152“: dopo quello potabile, per l’acqua viene l’uso agricolo, cioè la produzione di cibo e poi via via tutti gli altri utilizzi, ricorda Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi). I dati disastrosi della rete idrica colabrodo sono all’attenzione delle Corti dei Conti regionali, dove il Codacons ha denunciato “tutte le omissioni da parte degli enti locali che hanno fatto poco o nulla per risolvere tale criticità“.

Il problema non si risolve “con l’ennesima cabina di regia“, denuncia il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli. Quello che serve, afferma, è “un cambio di politiche energetiche e ambientali che sono le stesse da decenni responsabili del disastro climatico“. La siccità è già un problema contingente nella penisola italiana, ricorda, dove fiumi sono diventati “corridoi di sabbia” e le riserve di acqua in Lombardia sono circa il 45% in meno rispetto alla media tra il 2006 e il 2020. “Di fronte a questo disastro, questo governo non capisce che deve cambiare politiche, e non puntare a diventare l’hub del gas europeo, ma delle rinnovabili. Invece – insiste – il governo Meloni fa la guerra al clima, alla casa green, all’auto elettrica e poi per dare una risposta alla siccità istituisce l’ennesima cabina di regia. La risposta di questo governo alla crisi idrica è l’inazione e la guerra alle politiche europee sul clima“.

Lollobrigida: “L’Italia è per le politiche green ma no a transizioni troppo rapide”

L’Italia “ha una posizione molto chiara e logica e dire che siamo contro” le politiche green dell’Unione europea “è un’affermazione sbagliata, scorretta. Noi siamo a favore della tutela dell’ambiente e anche di una transizione ecologica che però tenga conto di un fatto che su alcune cose, come nel mondo dell’agricoltura, una transizione troppo rapida che non permette soluzioni alternative in Europa ci mette nella condizione di approvvigionarci da nazioni che non rispettano diritti dei lavoratori e diritti dell’ambiente”. Lo ha chiarito il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, in un punto stampa a Bruxelles a margine del Consiglio Agricoltura e Pesca (Agrifish), rispondendo a una domanda sulla contrarietà espressa negli ultimi mesi dall’Italia su alcune politiche promosse dalla Commissione europea, come lo stop ai motori a combustione dal 2035 o la direttiva sulla ristrutturazione energetica degli edifici. Per il ministro “questa posizione mette solo in condizione alcune nazioni o l’intero Continente europeo di desertificare alcune attività per poi approvvigionarsi magari ad Est del mondo da nazioni che questo tipo di principio non hanno alcuna intenzione di rispettarlo”

Coldiretti: Caos cinghiali. Scontro Lollobrigida-Verdi su abbattimenti

Gli animali selvatici nelle città e nelle campagne stanno diventando un problema difficile da gestire. L’allarme arriva da Coldiretti che, dati Asaps alla mano, denuncia quasi un incidente ogni due giorni in Italia e più di 200 fra morti e feriti sulle strade in un anno, oltre a “danni alle coltivazioni e rischi sanitari per gli allevamenti”.

La questione cinghiali, ricorda Francesco Lollobrigida, è stata affrontata già nella legge di stabilità come primo intervento del governo: “Ci basiamo su dati scientifici – spiega –. Il proliferare eccessivo di alcune specie mette in discussione il loro crescere sani ma anche altre specie animali. In questo caso, la crescita senza controllo di ungulati sta mettendo in discussione il nostro sistema produttivo. La prima cosa che abbiamo fatto è stata ragionare di una pianificazione, il nostro governo non si gira dall’altra parte“.

Secondo Coldiretti, la situazione è peggiorata con la siccità che fa seccare i raccolti e asciuga i torrenti, spingendo gli animali sempre più verso i centri urbani e i litorali, a caccia di cibo e di acqua. I bassi livelli dei fiumi permettono anche ai branchi di attraversarli con più facilità, aumentando le possibilità di spostarsi da un territorio all’altro. L’associazione stima una presenza 2,3 milioni di cinghiali sull’intero territorio nazionale: “La situazione è ormai insostenibile in città e campagne, con danni incalcolabili alle produzioni agricole ma – continua Coldiretti – anche all’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali in aree di pregio naturalistico con la perdita di biodiversità sia animale che vegetale senza dimenticare i rischi per gli allevamenti e il Made in Italy a tavola con la diffusione della peste africana“.

Per “tutelare la biodiversità“, AB-Agrivenatoria Biodiversitalia, Coldiretti, Federparchi e Fondazione UNA, siglano un protocollo per la qualificazione dell’attività faunistico-venatoria, con proposte di aggiornamento delle normative che regolano la caccia, per “agire in maniera coordinata sulle cause che stanno portando alla riduzione della biodiversità che caratterizza il nostro paese e alla ridotta produttività delle attività agricolo-faunistiche“.

Per gestire il sovrappopolamento dei cinghiali, il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste sostiene l’ipotesi dell’abbattimento selettivo: “Se c’è la possibilità di fare la cattura, si fa. Ma dopo bisogna decidere dove mettere gli animali e se non si sa dove metterli si deve decidere se aggiungere una tassa in più che i cittadini subiscono. Bisogna pagare per tenere l’animale vivo. L’abbattimento selettivo non è una cosa drammatica, ma significa prevedere un numero di capi in eccesso e intervenire per riportare l’ecosistema in equilibrio in quadro proattivo di sostenibilità ambientale ma anche economica“, spiega. Perché in un quadro di natura pragmatica, insiste, “non c’è una visione che può avvantaggiare all’interno dell’ecosistema lo sviluppo di una delle specie a danno di un’altra, compreso l’uomo, comprese le attività agricole dell’uomo che vengono spesso criminalizzate“. Lo stesso fenomeno è avvenuto per il lupo: “Era specie debole oggi è specie sovradimensionata sul territorio nazionale, lo dice la scienza“, afferma Lollobrigida.

La posizione del ministro mette in allarme l’Alleanza Verdi Sinistra: “Si sta candidando a vincere il premio come ministro dell’Agricoltura nemico della biodiversità“, tuona Eleonora Evi, co-portavoce di Europa Verde. “Dopo la scelta scellerata di una politica predatoria nei confronti dei cinghiali, che notoriamente più sono eliminati più si riproducono – aggiunge – oggi difende gli abbattimenti selettivi al convegno Custodi della biodiversità che si tiene a Roma, sotto gli auspici dalla Coldiretti che insieme, tra gli altri, alla Fondazione UNA (armieri), vorrebbe gestire gli ecosistemi in un’ottica privatistica e venatoria“. Le parole usate sul lupo, denuncia, “sono una follia perché scatenano il fenomeno del bracconaggio: il ministro venga a spiegare in parlamento”.

Siccità, 1 marzo cabina regia: ipotesi commissario. Rischio razionamenti

L’emergenza siccità attanaglia ancora l’Italia. Pioggia, correnti fredde e neve previste per il prossimo weekend saranno ininfluenti e l’agricoltura trema. In alcune zone, è a rischio fino al 30% del raccolto.

I ministeri di Ambiente, Infrastrutture, Agricoltura, Coesione e Protezione civile lavorano senza sosta in vista dell’1 marzo, per la prima cabina di regia a Palazzo Chigi, presieduta dalla premier Giorgia Meloni. Si dovranno definire le prossime mosse per varare un piano di interventi a breve scadenza, ma anche una programmazione di medio-lungo periodo. Si valuta la nomina di un commissario che abbia tutti i poteri sulla gestione dell’acqua, una proposta che sarà discussa la prossima settimana in Consiglio dei ministri.

Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, mette in guardia dai rischi enormi per la produzione di energia idroelettrica: “Speriamo che si riescano a riempire le dighe, importiamo energia dalla Francia da fonte nucleare, ma la carenza d’acqua può portare alla chiusura degli impianti”, avverte. Si pensa già a dei razionamenti, anche se, ripete, “non è ancora stata presa nessuna decisione, ma dopo un confronto si devono tirare le somme e potrebbero essere necessari“.

La Cia-Agricoltori italiani intanto chiede di finalizzare un piano infrastrutturale di piccoli laghetti e invasi da affiancare alle azioni già previste con il Pnrr e per il riutilizzo a uso agricolo delle acque reflue depurate. Ma anche di avviare urgentemente la sperimentazione in pieno campo delle nuove tecniche di miglioramento genetico (New Breeding Techniques-Nbt) e dare al Paese una legge nazionale contro il consumo di suolo. Le aree perse, dal 2012 a oggi, avrebbero garantito l’infiltrazione di 360 milioni di metri cubi di pioggia.

Questa nuova emergenza “si poteva evitare”, conferma il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida. “Il primo provvedimento per il senso di responsabilità che tutto il governo sente di fare è una cabina di regia per trovare strumenti in un lavoro osmotico tra i ministeri, per pianificare le azioni sulle criticità che emergono e possono evitare danni in termini di dissesto idrogeologico”, spiega.

Il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, ricorda che “Recuperare anni di inerzia sul settore idrico impone decisioni coraggiose e immediate“: “La carente infrastrutturazione malgrado le risorse disponibili, sta determinando una condizione di emergenza, malgrado la siccità non sia più un fenomeno raro”.

La siccità, infatti, è praticamente strutturale in Italia: sulle Alpi la neve è diminuita del 45% rispetto al 2022 e gli invasi riescono a trattenere non più dell’11% di acqua, quando servirebbe arrivare almeno al 30%, soprattutto al Nord. Dal Piemonte all’Emilia-Romagna, con il Po a secco, la crisi idrica potrebbero arrivare a togliere fino a 8mila ettari di riso, visto l’abbandono già in atto, mentre le semine di mais, strategico per gli allevamenti, sono scese al minimo storico nazionale di 564 mila ettari, oltre il 30% solo in Veneto, e registrano un calo di 21 milioni di tonnellate a livello Ue. Ma il 2023, spiega la Cia, sarà difficile anche per gli ortaggi in pieno campo, dove si conta un 10% in meno di prodotti, legato a siccità, caldo di inizio inverno e freddo improvviso.

E’ a rischio un terzo del Made in Italy a tavola che si produce nella food valley della Pianura Padana, dove si concentra anche la metà dell’allevamento nazionale“, denuncia Coldiretti. Parliamo di alimenti base della dieta mediterranea, dal grano duro per la pasta alla salsa di pomodoro, dalla frutta alla verdura fino al mais per alimentare gli animali per la produzione dei grandi formaggi come Parmigiano reggiano e il Grana Padano e i salumi più prestigiosi come il prosciutto di Parma o il Culatello di Zibello. “Dopo questi tre anni in cui la fiera dei nostri giovani non c’è stata a causa della pandemia – lamenta il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti -, ci troviamo di fronte uno scenario radicalmente mutato. Noi imprenditori, però, pur tra innegabili difficoltà, non possiamo rimanere immobili aspettando il corso degli eventi”.