Leone riceve Mattarella: Ucraina e Gaza sul tavolo della diplomazia della pace

Ucraina e Gaza. Ma anche il “contributo della Chiesa nella vita del Paese”. Tra sorrisi e strette di mano, Sergio Mattarella e Robert Prevost hanno il loro primo colloquio a porte chiuse nello studio del Palazzo apostolico in Vaticano. Ancora una volta, tutto ruota intorno a quella pace che sembra lontanissima, in un mondo martoriato.

Il primo scambio di saluti di persona c’era stato il 18 maggio, giorno in cui Leone XIV ha presieduto la messa per l’inizio del Pontificato. Già in quella occasione, come per il primo saluto dalla loggia delle benedizioni, il pensiero di Leone era rivolto alle aree di crisi. Il capo dello Stato arriva nel cortile di San Damaso poco prima delle 9, accolto dal reggente della prefettura della casa pontificia, monsignor Leonardo Sapienza. Il cortile è allestito per l’occasione, una composizione di fiori tricolore, il lungo tappeto rosso, 16 ‘gentiluomini di Sua Santità’.

Ad accompagnare il presidente della Repubblica, una delegazione consistente. Tutta la sua famiglia, i tre figli Laura, Bernardo e Francesco con i coniugi e i cinque nipoti, oltre ai suoi consiglieri, il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani, l’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Francesco Di Nitto.

Poco meno di un’ora di colloquio a porte chiuse, poi lo scambio dei doni, in cui spicca il messaggio per la Pace di Papa Francesco, che Prevost regala al presidente: “Ho reso omaggio alla sua tomba a Santa Maria Maggiore il giorno prima del Conclave“, ricorda lui, donando al Pontefice due volumi cinquecenteschi su Sant’Agostino. Poi, l’incontro del presidente con il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, accompagnato da Mirosław Wachowski, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati (il segretario Paul Gallagher è in visita a Cuba, in occasione del 90esimo anniversario dei rapporti diplomatici bilaterali tra la Santa Sede e il Paese caraibico). “Durante i cordiali colloqui in Segreteria di Stato è stato espresso compiacimento per le buone relazioni bilaterali esistenti. Ci si è soffermati su temi di carattere internazionale, con particolare attenzione ai conflitti in corso in Ucraina e in Medio Oriente. Nel prosieguo della conversazione sono state affrontate alcune tematiche di carattere sociale, con speciale riferimento al contributo della Chiesa nella vita del Paese”, spiega il Vaticano.

Ho portato al nuovo Pontefice l’affetto dell’Italia”, racconta poco dopo il capo dello Stato ad Arezzo, visitando la sede di Rondine Cittadella della Pace. Mattarella riporta ai ragazzi una citazione di sant’Agostino già utilizzata dal Papa agostiniano in occasione del suo incontro con la stampa mondiale: “Anche all’epoca di Agostino, a Ippona, c’era chi si lamentava dei tempi difficili, brutti, cupi. La sua risposta fu: ‘I tempi siamo noi’, sottolineando – osserva il presidente – che i tempi si modellano secondo quello che noi ci mettiamo dentro”.

Ponte Stretto, Lega prepara nuova norma anti-mafia. Salvini: “Non penso Colle contrario”

Dopo l’alt del Colle al tentativo di inserire all’interno del Dl Infrastrutture una procedura speciale per i controlli anti-mafia, la Lega sfodera il piano B. E prepara per il Parlamento la proposta di Matteo Salvini per aumentare al massimo, “come già fatto con successo per la ricostruzione del Ponte di Genova, per Expo e per le Olimpiadi”, controlli e certificazioni contro le infiltrazioni per tutti gli appalti, le forniture e i servizi sulle imprese che lavoreranno al Ponte.

Penso e spero che nessuno si opponga a inserire più controlli possibili contro infiltrazioni mafiose. Non penso che il Quirinale sia contro gli organismi antimafia“, commenta il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti a margine di un sopralluogo a Genova. L’opera, ricorda Salvini, coinvolgerà più di 100.000 lavoratori e migliaia di imprese in tutta Italia con appalti, servizi, espropri: “Quindi è giusto che gli italiani, io in primis che ci metto la faccia, abbiano la certezza che ogni euro speso non finisca nelle tasche sbagliate. Non uno, ma dieci emendamenti per garantire trasparenza, legalità e verifiche certificate antimafia per quello come per altri cantieri. Spero che nessuno dica di no a maggiori controlli antimafia per il Ponte”, ribadisce. Il Colle aveva ritenuto il passaggio inserito nel Dl Infrastrutture che centralizzava i controlli antimafia in una struttura del Viminale, diretta dal prefetto Paolo Canaparo, non necessaria. “La legislazione in vigore contempla norme antimafia rigorose per le opere come il Ponte di Messina”, ha spiegato ieri l’ufficio stampa del Quirinale. La norma proposta prevedeva invece una “procedura speciale adottata finora soltanto in casi di emergenza, come i terremoti, o di eventi speciali, come le Olimpiadi – che non risulta affatto più severa delle norme ordinarie. Basti ricordare che la procedura speciale, che veniva proposta, autorizza anche a derogare ad alcune norme previste dal Codice antimafia, deroghe non consentite dalle regole ordinarie per le opere strategiche di interesse nazionale“.

Per questo, la forzatura di Salvini è irricevibile per le opposizioni. “Le norme antimafia sono materia seria, complessa e delicata”, mette in chiaro il capogruppo Pd in commissione ambiente della Camera, Marco Simiani. I Dem promettono battaglia nel corso dell’esame parlamentare, perché “le norme anti-mafia non si possono trattare come un fastidio da aggirare”, insiste Simiani. Che parla di “nervosismo e una preoccupante sgrammaticatura istituzionale” del Carroccio. Le poltrone e il potere “sembrano dare alla testa a Salvini, che si comporta come se fosse al di sopra di ogni critica, di ogni richiamo, di ogni equilibrio”, accusa.

“Davvero Meloni vuole far scrivere la norma antimafia sul Ponte sullo Stretto alla Lega di Salvini?”, domanda Angelo Bonelli. Il deputato di Avs accusa il vicepremier di aver “eliminato i pareri degli organismi tecnici dello Stato” come Ispra, Ingv, Autorità dei Trasporti, Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e Anac per “farsi approvare un progetto vecchio di oltre 25 anni”. Dopo aver aperto uno scontro con il Quirinale, punta il dito Bonelli, “Salvini intende far riscrivere la norma dalla Lega correggendo il decreto in Parlamento, ignorando i rilievi della Presidenza della Repubblica”. Alleanza Verdi e Sinistra chiede in Commissione l’audizione della Procura distrettuale antimafia, perché, spiega Bonelli, “dalle indagini emerse da cinque procure si confermerebbe che Don Ciotti aveva ragione nell’affermare che il Ponte rischia di unire due cosche, non due coste”.

Per la capogruppo alla Camera del Movimento 5 Stelle, Gabriella Di Girolamo, Salvini “rischia seriamente di doversi andare a nascondere”. Ormai, sostiene, il ministro “lavora solo pro domo sua: il Ponte sullo Stretto per lui è un giochino per combattere la noia. Mai una delucidazione su costi, rischi sismici, rilievi ingegneristici. Ed ora anche il tentativo criminale di aggirare i controlli anti-mafia e renderli più sbrigativi”. Tutto questo, ricorda la pentastellata, nel giorno in cui si commemorano Giovanni Falcone, sua moglie e gli agenti della scorta trucidati a Capaci, “un colpo di genio”.

Giornata Biodiversità, l’allarme di Mattarella: Urgente ripensare a rapporto uomo-natura

Ripensare urgentemente al rapporto tra uomo e natura, guardando ai giovani e alla loro coscienza ambientale. Nella Giornata mondiale della biodiversità, Sergio Mattarella lancia un monito per salvare quella “armonia millenaria tra le forme di vita del pianeta”, capaci di “adattarsi nel tempo alle sfide climatiche, geologiche e ambientali“.

Un equilibrio che oggi, deplora il presidente della Repubblica, è “seriamente minacciato” dall’impatto di attività umane “poco lungimiranti“, che hanno compromesso lo stesso ambiente in cui vive l’uomo, oltre a mettere a rischio la sopravvivenza di animali e vegetali, “generando preoccupanti effetti a catena sull’intero sistema vivente“.

Nello stesso giorno, il Capo dello Stato partecipa alla Cerimonia di piantagione di nuove essenze forestali nella tenuta presidenziale di Castelporziano, con il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, e il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri.

Il tema scelto quest’anno per celebrare la Giornata Mondiale della Biodiversità è ‘Armonia con la Natura e Sviluppo Sostenibile’ e richiama, insiste Mattarella, “l’urgenza di ripensare il rapporto umanità-natura, promuovendo modelli di crescita capaci di coniugare sviluppo economico e tutela della vita sul pianeta“.

Lo sguardo del presidente va ai giovani, alla loro preoccupazione per il futuro del pianeta, che va tenuta in considerazione: “La loro coscienza ambientale, fondata su rispetto, responsabilità e impegno quotidiano, è una risorsa essenziale per una società più consapevole, che sappia custodire e valorizzare la ricchezza della biodiversità, nell’interesse dell’umanità“, scandisce. E ricorda i passi compiuti dall’Italia per dare valore alla biodiversità, affermando con chiarezza, attraverso la riforma dell’articolo 9 della Costituzione avvenuta nel 2022, che “la Repubblica tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni’“.

Mattarella: “Momento storico decisivo, serve Ue efficace”. VdL: “Ascoltato suo ‘Nessun Dorma’”

Un’Europa più forte, coesa e protagonista in un contesto internazionale delicato e di transizione, che sappia colmare i ritardi accumulati nel passato e proiettarsi al futuro con un’azione per la pace e la prosperità. E’ l’appello lanciato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, direttamente da Bruxelles. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, risponde immediatamente alla ‘chiamata’: “Abbiamo ascoltato il suo ‘Nessun Dorma’, discuteremo su come possiamo rispondere”.

E’ ricca l’agenda degli appuntamenti della missione di Mattarella, iniziata martedì incontrando prima la Rappresentanza italiana presso l’Unione europea, poi il vice presidente esecutivo della Commissione europea, Raffaele Fitto, e il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa. Mercoledì, invece, accompagnato dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, le tappe prima in Commissione, dove si svolge il bilaterale con von der Leyen, poi al Parlamento europeo, il colloquio con la presidente, Roberta Metsola, e lo scambio con gli eurodeputati italiani.

Il capo dello Stato incontra anche il collegio dei commissari europei. E’ un “momento storico, davvero decisivo per la nostra Unione”, sottolinea il presidente, invitando a “ripercorrere la strada compiuta in questi decenni e, pur consapevoli di lacune e di ritardi, avvertire l’orgoglio della costruzione europea che tutti abbiamo contribuito a edificare”. Da questo punto fisso esorta a “riflettere sul futuro del progetto di integrazione continentale in un frangente storico così inquieto e così esposto a molteplici e anche impreviste perturbazioni dell’ordine internazionale”. Perché, è la convinzione di Mattarella, “tanto più le istituzioni comunitarie si dimostrano trasparenti ed efficienti, efficaci nel fornire risposte rapide e razionali alle esigenze e alle fondate preoccupazioni dei nostri concittadini dell’Unione, tanto più se ne rafforza l’indispensabile consenso sociale”.

Sensibilità e bisogni che riguardano temi cruciali come la prosperità economica, lo Stato di diritto, la difesa dell’ambiente, l’aspirazione di una società equa, bene istruita, coesa, ma anche la regolarizzazione dei fenomeni migratori e sistemi di welfare efficienti, ma nella fase che viviamo “acquisisce rilievo crescente la dimensione della sicurezza rispetto a possibili minacce esterne”. E qui, l’appello della prima carica dello Stato è a “colmare con urgenza i ritardi accumulati nel corso di decenni in cui gli Stati membri non hanno saputo convergere su scelte condivise per rafforzare la capacità di difesa comune”.

La Politica di sicurezza e difesa comune (Psdc), dunque, deve “non essere adeguatamente sviluppata” e ciò rappresenta “una sfida cruciale per una Unione europea che voglia affermarsi quale soggetto geopolitico capace di incidere su scala planetaria”. Ma i compiti delineati da Mattarella per l’Ue non si esauriscono qui. Innanzitutto, partendo dagli strumenti già esistenti dell’Ue, il dialogo e la cooperazione con regioni del pianeta – in particolare il vicinato meridionale e l’Africa – su cui potrebbe crescere la concorrenza di altri attori. “Ricordo gli esempi del ‘Global gateway’ o del futuro ‘Patto per il Mediterraneo’: siamo chiamati a contemperare gli impegni politici con la disponibilità di adeguate risorse finanziarie, per tenere testa alla concorrenza internazionale anche nei partenariati di cooperazione, e per dare concretezza a queste importanti iniziative in materia di energia, migrazione, sviluppo umano”, ha affermato Mattarella. Lanciando l’allarme: “Se l’Unione europea sarà assente o inefficace in questi scacchieri, altri attori prenderanno il sopravvento in queste aree del mondo”.

Poi la partita dell’allargamento, visto come strumento geopolitico di stabilità e pace. Il processo di adesione all’Unione è uno “storico e ineluttabile orizzonte geostrategico dell’Europa per il quale, come per la Difesa comune, ci troviamo oggi a pagare ritardi del passato”. Ma, pur in un processo basato “su gradualità e merito, è oggi nostra responsabilità accelerare i concreti progressi per i Paesi candidati” o “l’alternativa, di cui purtroppo già si vedono alcuni segnali, è quella di un affievolimento della spinta europeista nelle opinioni pubbliche, e quindi nei governi, di quei Paesi”.

La terza sfida per l’Ue è “compiere un vero e proprio salto di qualità per una riforma complessiva dell’Unione, in grado di trovare l’equilibrio nell’attuazione delle priorità europee e in un rafforzamento della struttura istituzionale”. Compito che, rimarca Mattarella, “spetta a questo importante ciclo istituzionale dell’Unione”.

Sullo sfondo c’è una crescita da perseguire, nonostante gli ostacoli, ad esempio la guerra commerciale scatenata dall’amministrazione Trump. Per Mattarella “in un periodo di dichiarata sfiducia da diverse parti sul valore dell’apertura dei mercati”, le intese commerciali con altri grandi mercati “come è avvenuto con il Ceta e l’accordo con il Mercosur, e come può avvenire con altre grandi aree, realizzano una rete di cooperazione globale di cui l’Unione è protagonista”. Tutto questo senza “perdere di vista i diritti e il benessere degli europei” dove l’impegno è a “lottare contro la disoccupazione, la povertà e la discriminazione, per offrire pari opportunità ai giovani e alle persone vulnerabili per una Europa sempre più equa”. Ma “per tradurre in fatti concreti” tali obiettivi “sarà indispensabile anche rivedere i metodi negoziali relativi al bilancio comune per perseguire le nuove priorità che i tempi ci impongono, potenziando al contempo il sistema finanziario dell’Unione anche attraverso il completamento del mercato unico”, ha osservato Mattarella.

Infine, l’impegno in prima linea dell’Italia per e nell’Ue. In ogni cantiere “l’Italia e il suo governo è pronta a lavorare con responsabilità e concretezza a fianco delle Istituzioni europee”, dice ai commissari. Mentre ai deputati italiani Mattarella evidenzia “la responsabilità di un momento così complicato nella dimensione internazionale” e “la proiezione europea del nostro impegno perché è il veicolo con cui possiamo contribuire nella vita internazionale a ripristinare regole di pace e convivenza”. Messaggi chiari, quelli consegnati dal presidente della Repubblica a Bruxelles: “E’ un momento storico particolare” e “l’Unione è chiamata ad essere protagonista nel definire alcune nuove regole di convivenza nel mondo, di cui vi è chiaramente bisogno, nella ricerca, come sempre ha fatto l’Unione, di stabilità, di pace, di collaborazione internazionale”. Ora spetta all’Ue rispondere.

‘Acuto’ di Mattarella all’Europa: “Nessun dorma. Stare fermi non è più un’opzione”

(Photocredit: Qurinale)

Le note della Turandot risuonano poco prima che Sergio Mattarella, assieme a Felipe VI di Spagna e Marcelo Rebelo de Sousa chiudano i lavori del XVIII Simposio Cotec Europa. Lo spunto è perfetto per il presidente della Repubblica, che prende per primo la parola e usa i versi di Giacomo Puccini per un ‘acuto’ politico all’Europa: “La romanza che abbiamo ascoltato, ‘Nessun dorma’, potrebbe applicarsi alla nostra Unione”.

A Coimbra, città fondata dai romani, che dal 1537 ospita la più antica università del Portogallo, una delle più prestigiose del Vecchio continente, il futuro dell’Ue è il tema principale del dibattito Cotec, che festeggia i vent’anni dalla sua prima edizione. Prima del capo dello Stato è Mario Draghi a prendere la parola, con una lunga analisi dell’attualità, con i dazi che segnano un “punto di rottura” tra Ue e Usa e la necessità di trovare strade alternative, puntando principalmente sulla forza che l’Europa può esprimere. Parole che si sposano perfettamente con la riflessione di Mattarella, che indica la necessità di un’Ue rinnovata, più competitiva, resiliente e presente nello internazionale: “Una sfida epocale per il nostro continente, tanto più urgente se raffrontata a recenti evoluzioni negli equilibri mondiali”. Infatti, l’appello è “urgente, direi prioritario: l’Europa agisca, perché stare fermi non è più un’opzione”.

Il presidente della Repubblica ricorda che “i rischi dell’immobilismo sono ben identificati nei rapporti Draghi e Letta” con “ipotetiche conseguenze per l’Europa, ad esempio in termini di arretramento nelle condizioni materiali di benessere diffuso o di un allontanamento irreversibile dalla frontiera tecnologica” che “ne accrescerebbero anche le vulnerabilità sui piani strategico e geopolitico, riducendone la capacità di contrastare le attuali perturbazioni così allarmanti dell’ordine internazionale”.

Sulla difesa comune europea, ad esempio: “Oggi siamo in ritardo, in rincorsa rispetto agli eventi e dobbiamo, di conseguenza, avvertirne l’urgenza”. Ragion per cui “le iniziative avviate in materia dalla Commissione europea sono un primo, fondamentale passo e testimoniano piena consapevolezza della posta in gioco”, sottolinea Mattarella. Che crede nella capacità di adattamento alle sfide globali: “Sarebbe miope guardare all’Unione come ad una costruzione nata sottovuoto”. Ci sono, però, passi da compiere. Anzi, ‘azioni’, come richiama il titolo dell’edizione Cotec 2025. Come “migliorare i nostri punti di forza, a cominciare dal Mercato unico europeo”, cosa che il rapporto Letta ha fatto con le su valide proposte per estenderne gli effetti “a settori che in passato ne sono stati esclusi: tra questi la finanza, l’energia, le telecomunicazioni – mette in luce Mattarella -. Ma anche (ed è questo un aspetto fondamentale) la ricerca, l’innovazione e l’istruzione, che nel rapporto sono parte di una ‘quinta libertà’, accanto alle quattro già esistenti: circolazione di merci, servizi, persone e capitali”.

Servono anche innovazione e cooperazione per lo sviluppo di nuove tecnologie all’Ue, perché “anche in quest’ambito l’Europa non può rischiare di restare al palo”, avverte il presidente mentre sul palco accanto a lui ci sono Re Felipe VI di Spagna e il presidente uscente della Repubblica portoghese ad ascoltarlo. Mattarella ricorda, inoltre, che “il tema delle risorse rimane centrale quando si vuole definire una strategia industriale per il rilancio della competitività”, ecco perché “quando le sfide sono di dimensione europea, tocca all’Unione fornire gli strumenti adeguati”.

Per riprendere un posto di primo piano nello scacchiere internazionale, il Vecchio continente deve necessariamente avere “una strategia che ponga al centro la sicurezza degli approvvigionamenti”, perché è emblematico – ricorda il capo dello Stato – il caso della scarsità di materie prime critiche, che oggi sono più che mai fondamentali. “Dobbiamo lavorare insieme per un’Europa più competitiva, tecnologicamente avanzata e quindi più sicura, capace di ridurre le sue dipendenze strategiche ma senza pregiudicare la tela di fondo di un ordine internazionale fondato sul libero commercio”, è il monito lanciato da Mattarella. Che usa due termini precisi: “Competitività e sicurezza, concetto quest’ultimo che assume oggi numerose dimensioni, dalla sicurezza economica alla sicurezza energetica, da quella cibernetica a quella più tradizionale, sono intimamente connesse”.

Prima di fare ritorno in Italia fa tappa al Santuario di Fatima, con Rebelo de Sousa ad accompagnarlo. All’Europa serve tutta la spinta che può per affrontare le sfide che la attendono.

Draghi avverte Ue: “Dazi punto di rottura con Usa. Costi energia sono una minaccia”

Questa volta non basterà nemmeno il “whatever it takes”. La scelta dell’amministrazione americana di imporre i dazi segna un “punto di rottura” tra Europa e Stati Uniti: ne è convinto l’ex presidente della Bce, Mario Draghi, che al XVIII Simposio Cotec Europa, fa un’analisi approfondita del momento storico che vive il Vecchio continente. Con tanti ‘ma’ a scandire le sue parole.

Draghi riconosce che i problemi dell’Europa non nascono oggi, anzi negli anni sono addirittura peggiorati e il mix tra “frammentazione politica interna e crescita lenta hanno ostacolato una risposta europea efficace” agli Stati Uniti, ma è consapevole che “l’ampio ricorso ad azioni unilaterali per risolvere le controversie commerciali e la definitiva esclusione del Wto hanno minato l’ordine multilaterale in modo difficilmente reversibile”. Non possiamo fare a meno degli Usa come partner commerciale, ma allo stesso tempo “dovremmo chiederci perché siamo finiti nelle mani dei consumatori statunitensi per trainare la nostra crescita”. La strada da seguire sarebbe quella di “aprire nuove rotte commerciali”, ma “realisticamente, non possiamo diversificare le nostre esportazioni al di fuori degli Stati Uniti nel breve periodo”.

La soluzione, quindi, è raggiungere un accordo con Washington, anche se a lungo termine Draghi ritiene “azzardato credere che i nostri scambi commerciali con gli l’America torneranno alla normalità dopo una rottura unilaterale così grave delle relazioni, o che i nuovi mercati cresceranno abbastanza rapidamente da colmare il vuoto lasciato dagli Stati Uniti”. In apparenza sembrerebbe il più classico dei ‘cul de sac’, ma l’ex premier qualche exit strategy, anzi “azioni da intraprendere”, come da titolo del Cotec 2025, le indica all’Ue. La prima è “cambiare il quadro di politica macroeconomica che abbiamo elaborato dopo la grande crisi finanziaria e la crisi del debito sovrano”, perché fu uno degli errori rinunciare “a sviluppare il mercato interno come fonte di crescita”. Ma per riuscirci servono maggiori investimenti che possano “generare un forte impulso alla domanda interna, compensando eventuali venti contrari provenienti dalla domanda più debole degli Stati Uniti”.

Altro capitolo doloroso per l’Europa è l’energia. Draghi ricorda che i piani di Mosca e Washington erano noti da tempo, ma “le nostre importazioni di gas dalla Russia hanno continuato ad aumentare anche dopo l’invasione della Crimea”. Così quando ci è stato tagliato il gas, abbiamo perso più di un anno di crescita economica, mette il dito nella piaga Draghi. Che bacchetta sulla corsa alla transizione per garantire la sicurezza energetica: richiederebbe “una trasformazione fondamentale del nostro sistema energetico che non siamo stati in grado di realizzare, ostacolati dall’intermittenza intrinseca delle rinnovabili, dall’inadeguatezza delle nostre reti e dai lunghi ritardi burocratici per i nuovi impianti”. Problemi reali su cui intervenire, perché – avverte l’ex numero uno della Banca centrale europea – “i prezzi elevati dell’energia e le carenze della rete sono, in primo luogo, una minaccia per la sopravvivenza della nostra industria” e “un onere insostenibile per le nostre famiglie”, oltre a mandare all’aria i processi di decarbonizzazione. Servirebbe, dunque, “un ampio piano di investimenti europeo” per reti e interconnettori, nonché la riforma del mercato dell’energia, ma “è scoraggiante vedere come l’Europa sia diventata ostaggio di interessi acquisiti radicati”.

Sulla difesa è altrettanto ampio il ragionamento di Draghi. A suo parere “abbiamo fatto poco per rafforzare la nostra difesa comune” ed è arrivato il momento di “ridurre la frammentazione della nostra industria” incoraggiando la formazione di partnership per creare ‘campioni’ europei. A livello politico, invece, “l’emissione di debito comune colmerebbe il ‘tassello mancante’ nei mercati dei capitali frammentati dell’Europa”. Poi, occorre puntare sulle nuove tecnologie, ma “l’Europa ha perso terreno nell’Ia e in tutte e quattro le altre tecnologie e dobbiamo lavorare su tutti questi settori se vogliamo recuperare il ritardo”. A patto di “creare un cloud strategico europeo che ci garantisca la sovranità dei dati in settori critici come la difesa e la sicurezza”. Restando in tema, infatti, Draghi suggerisce di “investire di più per potenziare la nostra infrastruttura comune di supercalcolo, la rete Euro-HPC”, ma soprattutto “sviluppare una capacità europea in materia di sicurezza informatica, poiché stiamo perdendo competitività nel 5G e siamo deboli nelle comunicazioni satellitari: esiste il rischio concreto – avverte – che finiremo per dipendere dalla tecnologia statunitense e cinese per la trasmissione sicura dei dati”. C’è anche lo Spazio nelle parole dell’ex premier, che chiede di “riformare radicalmente l’interazione tra le agenzie dell’Ue e quelle nazionali e coinvolgere molto di più il settore privato”. Così come “dobbiamo creare un cyberspazio europeo sicuro attraverso un maggiore coordinamento e investimenti nelle tecnologie digitali comuni”. Chi pensa che tutto questo sia “utopistico e impossibile”, mette in guardia Draghi, condanna l’Europa alla “irrilevanza militare”. Con tanti saluti anche a competitività e crescita.

Mattarella: “Destini ambiente-uomo mai così connessi. Recupero territorio non è imbalsamarlo”

La cura del territorio è sempre stato uno dei temi più cari al presidente della Repubblica. Lo ha ribadito anche oggi ricevendo al Quirinale una delegazione del Fai-Fondo per l’ambiente italiano, che quest’anno spegne 50 candeline dalla sua fondazione.

Sergio Mattarella ringrazia l’associazione per il ruolo che svolge in Italia nel “preservare e valorizzare tesori straordinari di arte, natura, storia, ponendoli a disposizione della nostra comunità”. Ricorda il primo bene ricevuto in affidamento, Cala Junco a Panarea, il primo grande restauro, il Monastero di Torba: “Molto tempo è passato e sono numerosi i beni, i luoghi, gli edifici, le opere d’arte, i monumenti valorizzati, in molti casi salvati” dal lavoro del Fai.

Il presidente più volte, nei suoi 10 anni di mandato, è intervenuto pubblicamente per lanciare moniti sulla cura delle aree interne, che non vanno dimenticate, ma anzi recuperate e rimesse a valor comune nella società di oggi: “Non si tratta di imbalsamare luoghi, bensì di porre a disposizione della comunità risorse che si rischia di disperdere se non più valorizzate. Vale in particolare per i piccoli centri, per le aree interne, per le isole cosiddette minori che sono state (le aree interne particolarmente) tanto depauperate di energie negli ultimi decenni”. Per questo ringrazia il Fai e allo stesso tempo rilancia un altro dei temi più cari alla sua sensibilità: “Il destino dell’uomo e il destino dell’ambiente non sono mai stati così strettamente connessi”.

Mattarella condivideva queste convinzioni con Papa Francesco, spesso, infatti, si trovavano in sintonia perfetta sulle grandi sfide del nostro tempo, come la lotta ai cambiamenti climatici e alle diseguaglianze. Non a caso il capo dello Stato ribadisce, davanti alla delegazione guidata dal presidente, Marco Magnifico Fracaro, l’importanza dell’opera del Fondo nei primi cinque decenni di attività, durante i quali “avete preso in carico parti del territorio, le avete risanate e siete riusciti a ricostruire oasi di sostenibilità, di vivibilità”. Per valorizzare questo lavoro, però, occorre anche costruire un futuro. Cosa che può avvenire solo con “generazioni che sappiano trovare alimento nella storia da cui hanno origine e sappiano trovare la capacità di alzare l’orizzonte del nostro sguardo”.

Il capo dello Stato riporta alla mente Benedetto Croce “promotore della prima legge italiana sul paesaggio, approvata nel giugno del 1922”, il quale “esprimeva la convinzione che lo stesso spirito di una comunità fosse legato ai territori e ai paesaggi, degradando i quali si rischiava di indebolire e sradicare proprio le radici storiche e culturali”. Ma anche la figlia, Elena Croce, “tra i pionieri che, cinquant’anni or sono, prendendo a modello una affermata Fondazione britannica, diedero vita a questa preziosa impresa italiana”. Dunque, “la bellezza e la cultura sono in cima alle tante preziose risorse di cui disponiamo nel nostro Paese”, mette in luce ancora una volta Mattarella. Aggiungendo che “ci deve rendere orgogliosi la circostanza che l’Italia sia il frutto di una intensa azione sviluppata sul piano del patrimonio culturale negli Stati preunitari. Azione che ha dato vita a una identità comune”. Il presidente, infine, usa una metafora per rendere ancora meglio l’idea: “Il nostro Paese è il suggestivo mosaico che conosciamo, stratificazione e testimonianza di tante storie e vicende, pazientemente composto”. Concludendo che “la cultura ha una forza immane. Ci conduce sulla strada della conoscenza, del confronto, del dialogo, della crescita. Quindi del rispetto delle identità di ciascuno, della costruzione di identità condivise e comuni”.

Dazi, Meloni: “Dialogo, ma non escludere risposta adeguata”. Mattarella: “Ue sia compatta”

Col passare delle ore la tensione è sempre più palpabile. I dazi spaventano i mercati e rendono anche la risposta politica molto complicata. Il governo italiano ha scelto la via della prudenza, ripetendo con quasi tutti i suoi ministri l’invito a mantenere aperto il dialogo, ma ora la premier comprende che è arrivato il momento di prendere posizione. “Resto convinta che si debba lavorare per scongiurare una guerra commerciale” dice Giorgia Meloni, sottolineando che questo “non esclude di immaginare risposte adeguate a proteggere le nostre produzioni”.

La presidente del Consiglio lancia anche un messaggio (indiretto) agli storici alleati Usa: “Bisogna ricordare che sono il secondo mercato di destinazione, con un export salito del 17%: l’introduzione di nuovi dazi avrebbe risvolti pesanti e penso che sarebbe un’ingiustizia per gli americani”. Il tema è al centro delle agende delle varie cancellerie europee.

Lo dimostra il fatto che sia stato discusso anche nell’incontro al Quirinale tra il capo dello Stato, Sergio Mattarella, e il presidente della Repubblica di Estonia, Alar Karis, in visita ufficiale in Italia. Mattarella definisce l’inasprimento delle tariffe sulle importazioni un “errore profondo”, ma allo stesso tempo auspica “una risposta compatta, serena, determinata” da parte dell’Europa. Che lo scenario stia cambiando rapidamente lo si capisce anche dai toni usati dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani. “Il quadro è particolarmente complesso, la sfida dei dazi mette alla prova i rapporti commerciali”, dice in aula alla Camera durante il question time. Il vicepremier domani sarà a Bruxelles, dove in programma c’è anche un incontro con il commissario Commissario Ue al commercio, Maros Sefcovic: “Dobbiamo avere un approccio pragmatico e dialogante mantenendo la schiena dritta. Se sarà necessario – spiega – dovremo avere una decisione che comporti reazioni a livello europeo” e con tempi decisamente diversi rispetto a quelli cui l’Ue ci ha abituato in questi anni: “Non si deve andare alle calende greche”, avverte Tajani. Che, assicura, discuterà di dazi con il vicepresidente Usa, JD Vance, durante la visita che farà in Italia dal 18 al 20 aprile prossimi.

Un suggerimento sulla contromossa più utile per rispondere alle scelte dell’Amministrazione Trump arriva dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso: “Alla Commissione Ue chiediamo di cogliere le nuove opportunità sui mercati globali, piuttosto che pensare solo a reagire ai dazi con altri dazi: cosa che aggraverebbe il peso per l’Europa”. L’idea è puntare su “accordi bilaterali di libero scambio” sulla scorta di quelli sottoscritti in passato con Cile, Canada, Corea del Sud e Mercosur, verso aree “di maggiore crescita che abbiamo definito e indicato: Messico, Indo-Pacifico, India, Malesia, Indonesia, Vietnam e Giappone”. Resta sulla strada della prudenza, invece, Tommaso Foti: “Meno alziamo i toni sotto il profilo delle parole e meglio è, la reazione non deve essere di pancia ma di ragione”, ammonisce il ministro per gli Affari europei, il Pnrr e le Politiche di coesione.

Nel governo c’è anche chi, come Francesco Lollobrigida, scommette che l’Italia non ne uscirà ridimensionata sui mercati. Di sicuro non quello agroalimentare: “L’apprensione di questi giorni non ci deve far dimenticare i record raggiunti in questi anni. L’Italia è una superpotenza in questo settore e saprà vincere qualunque sfida”, rasserena il ministro dell’Agricoltura. Anche se Coldiretti chiede di “fare prevalere il buonsenso ed evitare a tutti i costi un’escalation della guerra commerciale che avrebbe effetti disastrosi sulle economie europee e statunitense – avverte il presidente, Ettore Prandini – , dove i primi ad essere penalizzati sarebbero i cittadini e gli agricoltori di entrambe le sponde dell’Atlantico”. Mentre Confagricoltura chiede all’Europa una risposta “unita e allineata con la medesima strategia” per proteggere un export da circa 70 miliardi di euro. E la Cia-Agricoltori italiani teme che dazi al 25% “ridurrebbe fortemente la competitività delle eccellenze del Made in Italy”. Un danno che Uninimpresa stima complessivamente in 2 miliardi circa. In questo quadro si inserisce pure lo scontro politico. Perché le opposizioni accusano il governo di troppo immobilismo. Il Pd si schiera sulle posizioni di Mattarella: “I dazi americani sono un errore profondo – sostiene la vicepresidente dem, Chiara Gribaudo -. Trovo inquietanti gli effetti che ricadranno sulla nostra economia, ma è altrettanto inquietante il sovranismo di chi appoggia l’amministrazione Trump, lasciando l’Italia e l’Europa in questa situazione”. Per la Cinquestelle Chiara Appendino “Meloni minimizza”, quindi “è complice del disastro che sta facendo non tutelando le nostre imprese”. Dura anche Avs, che lancia la campagna ‘Trump tax’. Per Iv, invece, le differenti posizioni nella maggioranza di governo lasciano l’Italia “appesa”, mentre Azione non boccia la scelta della premier di dialogare con Washington, purché in accordo con l’Ue.

Mattarella scuote l’Ue: Si aggiorni, servono decisioni veloci. Dazi inaccettabili

Difesa, debito, dazi. Le questioni su cui decidere in Europa sono tante e tutte scottanti. L’esperienza dell’Unione è stata “straordinariamente di successo“, ma non mancano lacune da colmare, come quella dei processi decisionali ancora troppo macchinosi. Dal palco di ‘Agricoltura è‘, Sergio Mattarella risponde ad alcuni studenti e l’ancia l’appello a Bruxelles: “Servono risposte veloci e tempestive. L’Europa ha bisogno di aggiornarsi”.

La preoccupazione del Capo dello Stato è soprattutto per i dazi, perché per un Paese come l’Italia la cooperazione di mercati aperti “corrisponde a due esigenze vitali“: pace e interessi concreti di un Paese esportatore. Su questo non ha dubbi: “I dazi creano ostacoli ai mercati, ostacoli alla libertà di commercio, alterano i mercati, penalizzano prodotti di qualità“. Questa è una cosa “inaccettabile” per il nostro Paese, denuncia, ma “dovrebbe esserlo per tutti i paesi del mondo”. Quando si parla di guerre commerciali, osserva Mattarella, spesso si mette l’accento sull’aggettivo commerciale, ma si dovrebbe metterlo sulla parola ‘guerre’: “Anche queste sono guerre di contrapposizione, che inducono poi a contrapposizioni sempre più dure e pericolose”, mette in guardia. Il presidente confida però che l’Unione europea abbia la forza per interloquire “con calma, ma anche determinazione, per contrastare una scelta così immotivata come i dazi. L’Europa è un soggetto forte”, scandisce, suggerendo di restare “sereni, senza alimentare un accesso di preoccupazione”.

“Ogni mossa per la de-escalation è davvero tanto necessaria“, chiosa il commissario europeo all’Agricoltura, Christophe Hansen, che domani sarà a Roma invitato al villaggio del Masaf. Chiede di tornare al tavolo delle trattative, piuttosto che annunciare semplicemente nuove misure.

Distendere i toni è anche la posizione del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida: “Non vogliamo che la situazione si aggravi”, spiega, leggendo nelle parole di Mattarella “la necessità di un atteggiamento fermo e ragionevole nel tentativo di garantire entrambe le economie”.

Dal Business forum Italia-Svezia, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, chiede di non imitarsi a reagire alle mosse di Donald Trump, ma di “agire per realizzare una nostra politica energetica, una nostra politica industriale, una nostra politica commerciale”. Il commissario europeo al Commercio, Maros Sefcovic, è in viaggio verso Washington, dove incontrerà le controparti americane, il segretario al Commercio Howard Lutnick e il rappresentante degli Usa per il commercio Jamieson Greer. Una buona notizia per il vicepresidente della Commissione europea Raffaele Fitto, che confida nel negoziato: “La strada mi sembra quella della composizione e del dialogo”.

Campi Flegrei, torna la paura: firmato stato mobilitazione. Mattarella sente Manfredi

Torna la paura nei Campi Flegrei. Una scossa di magnitudo 4.4 getta in strada e nel panico la comunità, estenuata da due anni di sciame sismico praticamente ininterrotto. Si tratta della più forte scossa registrata in epoca strumentale nella zona, insieme a quella del 20 maggio 2024.

Undici le persone rimaste ferite, un uomo è stato sepolto dal crollo del controsoffitto a Pozzuoli, contuso ed escoriato ma salvato dai vigili del fuoco. Altre tre persone sono state ferite da schegge di vetro e per sette i ricoveri sono stati dovuti a crisi di panico. In tutto il territorio ci sono crolli non strutturali, tra cui parte del campanile della chiesa di Sant’Anna a Bagnoli. Anche una scuola, la Viviani di Pozzuoli, è interessata da ‘distaccamenti’ non strutturali, in forma precauzionale e per consentire le verifiche, tutte gli istituti della zona vengono chiusi. “Abbiamo seguito le vicende attentamente, la situazione complessiva ci lascia moderatamente tranquilli”, spiega il prefetto di Napoli, Michele Di Bari.

E’ stato uno stress test importante per il patrimonio edilizio e non ci sono stati danni strutturali. La convivenza col grande sisma è l’unica risposta“, ammette il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, che nel primo pomeriggio viene contattato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il capo dello Stato si informa sulla situazione che vive il territorio ed esprime vicinanza ai cittadini.

La premier, Giorgia Meloni, fa sapere dal mattino di monitorare costantemente l’evolversi della situazione. Si tiene in contatto con il sottosegretario Alfredo Mantovano, con il ministro per la Protezione Civile, Nello Musumeci, e con il capo del dipartimento della Protezione Civile, Fabio Ciciliano.

Il ministro per la protezione Civile ha firmato lo stato di mobilitazione nazionale chiesto dal presidente della Regione, Vincenzo De Luca. “E’ una delle zone più complesse al mondo, ve lo dico senza ipocrisia, chiedetela agli altri l’ipocrisia”, tuona Musumeci, denunciando una mancanza di attenzione delle istituzioni precedenti per una zona su cui insiste sia il rischio vulcanico che quello bradisismico. Una delle soluzioni, per il ministro, passa dalla prevenzione non strutturale, che prevede anche di istruire i ragazzi del territorio dei rischi e su come comportarsi in caso di evento. La mobilitazione nazionale permette al Dipartimento di Protezione Civile di coordinare gli interventi e le strutture operative, a supporto delle autorità regionali, garantendo assistenza alle popolazioni e interagendo direttamente con forze dell’ordine, vigili del fuoco, ambulanze.

Al momento, l’ipotesi di evacuazione dei “non è da scartare”, spiega il ministro, ma avverrà solo ascoltati i vulcanologi e sarà oggetto di esame tra i tecnici “solo qualora dovessero dirci di essere in prossimità di evoluzione accentuata”. Il piano che prevede l’evacuazione e il gemellaggio con le altre Regioni, però, è solo sulla pianificazione del rischio vulcanico. Il piano di emergenza per rischio bradisismico prevede lo spostamento persone che voglio lasciare la propria casa in aree di accoglienza.

Sappiamo che siamo nel mezzo di un complesso sciame sismiche che dura da un paio di anni, con migliaia di scosse. Per questo, lo dico alle amministrazioni, le tendopoli devono essere allestite costantemente, non dopo la scossa“, avverte Musumeci. Le aree di accoglienza sono comunque state allestite “in modo molto tempestivo”, assicura Ciciliano.
Il ministro rivendica di aver “aperto una breccia” nel “muro della rassegnazione” con le esercitazioni previste dal piano. Andrebbero fatte ogni 3-4 mesi e lo scorso anno con questo governo se ne sono organizzate tre: “Alla prima hanno partecipato 140 persone, alla seconda 200, la terza ha visto la partecipazione di 1.500 persone”, chiosa il ministro. E alle opposizioni che chiedono di riferire in Parlamento risponde di “non avere nessuna nessuna difficoltà”, ma “non abbiamo novità”: “Lo sciame sismico c’è e lo sappiamo tutti, lo riferirò con piacere”, scandisce.

Per poter convivere con il bradisismo, è indispensabile mettere in sicurezza gli edifici.Abbiamo un patrimonio edilizio discreto che può essere migliorato. Dobbiamo agire sull’edilizia pubblica, ma sono importanti anche gli interventi sull’edilizia privata”, fa appello Manfredi, ricordando che chi ha un edificio ha l’occasione di migliorarne la sicurezza sismica. “Certo che oggi il patrimonio edilizio non è quello degli anni 80, ma si può sempre migliorare”, osserva e a chi gli fa notare che ci sono ancora edifici fatiscenti risponde: “La responsabilità dell’edilizia privata è del proprietario, il proprietario se ha una catapecchia si dia da fare, ovviamente anche con l’aiuto pubblico”.