Bonomi a Ue: Transizioni sfida immane, senza fondi sovrani mercato unico si spezza

Photo credit: Confindustria (Instagram)

 

Le imprese non possono essere lasciate da sole ad affrontare le transizioni. Il monito sale dal presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. Nell’assemblea annuale torna a ripetere che la transizione ambientale è “ineludibile“, ma “per realizzare obiettivi così ambiziosi in così poco tempo o si mettono a disposizione cifre importanti – come hanno fatto gli Stati Uniti e la Cina – o bisogna rivedere gli obiettivi“.

Oltre duemila gli invitati all’auditorium Parco della Musica di Roma, imprenditori e rappresentanti delle istituzioni, per la sua ultima assemblea: l’imprenditore ha ancora nove mesi alla guida dell’associazione. C’è il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che mancava dalla kermesse degli industriali dall’ultima assemblea di Vincenzo Boccia. Tra le poltrone anche Marina Berlusconi, alla guida di Fininvest. In platea la squadra di governo quasi al completo, guidata da Giorgia Meloni: mancano il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini (impegnato a difendersi nel processo Open Arms a Palermo), il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti (a Santiago de Compostela per l’Eurogruppo), il ministro della Protezione Civile, Nello Musumeci e la ministra del Lavoro, Elvira Calderone.

Bonomi parla di un tradimento dello “spirito dell’Unione Europea“, che prevedeva di poter affrontare queste rivoluzioni in neutralità tecnologica. L’espansione ingente del debito comune contratto a livello europeo, osserva, “non può reggere senza un’espansione del bilancio comune“. Che, nel 2023, a stento, è pari a 187 miliardi di euro.
Noi continueremo a batterci perché crescano le risorse e i progetti gestiti dall’Europa in senso cooperativo“, assicura. Ma se così non sarà, e se prevarrà il ritorno alle vie nazionali per affrontare “sfide così immani“, Bonomi ricorda le critiche avanzate al Green Deal non nascono da negazionismo climatico o da indifferenza ai suoi effetti. Il discorso è semplice: “La sostenibilità ambientale non può prescindere dalla sostenibilità economica e da quella sociale. L’Europa deve agire compatta“.

Tutte le nuove “penetranti” regolazioni, come il Fit for 55 o quelle per accrescere l’indipendenza dell’industria europea sulle materie prime (Net Zero Industrial Act e il Raw Material Act), sono state assunte dalla Commissione Ue, denuncia l’industriale, “senza una dotazione finanziaria comune; mentre, peraltro, la politica monetaria della Bce cambiava di segno e all’orizzonte appariva il rientro in vigore di un, sia pur modificato, Patto di Stabilità“. Una prospettiva allarmante: “Abbiamo tentato in tutti i modi – nei quotidiani dialoghi con le nostre omologhe associazioni tedesche e francesi, così come in BusinessEurope – di sottolineare il rischio che, senza fondi sovrani comuni europei, nei prossimi anni si spezzerà il mercato unico“, avverte. Ricorrere alle sole deroghe al divieto di aiuti di Stato per realizzare obiettivi così impegnativi, condizionandoli solo agli spazi di agibilità fiscale dei singoli Stati membri, “condannerà l’industria di molti paesi europei a perdere la gara. Ed è una minaccia serissima per l’Italia, il Paese della seconda manifattura europea“, ribadisce.
La verità, sostiene, è che le aziende italiane stanno affrontando la duplice transizione (ambientale e digitale) in condizioni “impari“, rispetto a chi può mobilitare, su scala continentale, risorse finanziarie imponenti e può contare su posizioni di monopolio in componenti fondamentali. Così, nella grande sfida internazionale alle sovvenzioni nazionali “l’Italia rischia di perdere se stessa, le sue eccellenze, il suo lavoro. Il lavoro, le imprese e l’industria italiana non lo vogliono né se lo meritano“, scandisce l’industriale. Quello che si chiede, è di potersi impegnare con “eguali opportunità, perché un mondo avanzato diviso per scalini di sovvenzioni nazionali è la negazione della nostra scelta europea e occidentale“.

Quanto all’impegno del governo per il rilancio del Paese, l’auspicio di Bonomi è che nella prossima legge di bilancio si renda strutturale il taglio delle tasse, “l’unico modo per rimettere i soldi nelle tasche dei cittadini“. Tre, suggerisce, dovrebbero essere le priorità: redditi delle famiglie con, appunto, il taglio strutturale del cuneo, spinta agli investimenti e riforme.

Anche il capo dello Stato, l’unico a intervenire pubblicamente in assemblea dopo Bonomi, stressa l’importanza del rispetto per l’ambiente e giudica controproducenti le scelte di chi non si preoccupa della salute o del Pianeta: “È anzitutto il tema della sicurezza sul lavoro che interpella, prima di ogni altra cosa, la coscienza di ciascuno. Democrazia è rispetto delle regole, a partire da quelle sul lavoro. Indipendentemente dall’ovvio rispetto delle norme, sarebbero incomprensibili imprese che – contro il loro interesse – non si curassero, nel processo produttivo, della salute dei propri dipendenti. Incomprensibili se non si curassero di eventuali danni provocati all’ambiente, in cui vivono e vivranno“, afferma nel suo, applauditissimo, discorso di saluto.

Parole “di grande valore etico“, per il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto: “Non può esistere attività economica che non contempli il rispetto delle persone e dell’ambiente“, fa eco, richiamando il nuovo articolo 41 della Costituzione.
Per il titolare del dicastero di viale Cristoforo Colombo, la ricerca di soluzioni di fronte ai problemi complessi della transizione ecologica non può subire i condizionamenti del “catastrofismo“, e neanche della “sottovalutazione“. Il Mase e il governo intero, garantisce, lavorano a creare tutte le condizioni perché l’ambiente sia “la bussola di ogni attività economica”.

Mattarella non può fare a meno di ammettere quanto le imprese abbiano sofferto negli ultimi anni, pur supportando la crescita del Paese. Le ringrazia per il coraggio e le loda per essersi fatte protagoniste di una “ripresa prodigiosa“, senza eguali nei G7. Ora però, dopo aver subito lo shock pandemico, quello energetico e del caro materie prime, così come la scarsità di microprocessori, tante realtà imprenditoriali sono state colpite dall‘alluvione.

Le avversità si manifestano su più fronti”, ammette. E solleva un interrogativo che interpella tutti: “La nostra comunità è adeguatamente resiliente? È sufficientemente desiderosa di futuro, di voler guardare avanti?“. L’appello è rivolto davvero a tutti: alle istituzioni, alle imprese e ai cittadini. La chiave è avere fiducia nel Paese e nel suo futuro. E, in questo quadro, “sapere di avere il mondo dell’impresa impegnato, con convinzione e con capacità, per il progresso dell’Italia – confessa -, è motivo di conforto e di grande apprezzamento“.

 

 

Ponte Morandi, ricordo a 5 anni dal crollo. Mattarella: Giustizia è responsabilità

Genova e l’Italia piangono le 43 vittime del crollo del Ponte Morandi, cinque anni dopo la tragedia, avvenuta alle 11.36 del 14 agosto 2018.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella sollecita giustizia: “E’ una responsabilità“, scrive, una volta “completato l’iter processuale, con l’accertamento definitivo delle circostanze, delle colpe, delle disfunzioni, delle omissioni“.
La vicenda, insiste il Capo dello Stato, “interpella la coscienza di tutto il Paese, nel rapporto con l’imponente patrimonio di infrastrutture realizzato nel dopoguerra e che ha accompagnato la modernizzazione dell’Italia“.

Rinnova il dolore anche la premier, Giorgia Meloni. Non dimentica “l’eroismo dei soccorritori” e l’impegno senza sosta dei tantissimi che, in quelle ore e in quei giorni drammatici, “diedero testimonianza di quanto gli italiani sappiano donarsi al prossimo“. La presidente del Consiglio elogia “l’orgogliosa reazione dei genovesi“: “Da questa forza, dalla collaborazione tra le Istituzioni e dalle migliori energie del sistema imprenditoriale italiano è nato quel ‘modello Genova’ che ha permesso, in tempi record, di ricucire lo strappo inferto dal crollo del Morandi con la costruzione del nuovo Ponte Genova San Giorgio“, afferma.

Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, dal palco della commemorazione promette una legge che equipari le vittime di incuria a quelle di terrorismo: “Piangiamo 43 vittime non del caso, non della sfortuna, non del cambiamento climatico, ma dell’avidità dell’uomo“, scandisce.

La commemorazione si tiene nella Radura della Memoria, sotto il nuovo viadotto San Giorgio. “Siamo sopravvissuti senza merito, perché su quel ponte poteva esserci ognuno di noi“, osserva amaramente il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti. Due le parole che chiede di tenere a mente: coraggio (“quello dimostrato dai familiari delle vittime“), e giustizia (“quella che affidiamo alle aule dei tribunali“). Con le lacrime, la polvere e il sudore dei soccorritori, ribadisce Toti “in quella tragica giornata di agosto iniziò il riscatto di un’intera regione, che ha portato alla ricostruzione di un’opera infrastrutturale diventata modello per l’Italia“. Una cosa è certa per il governatore: “Coloro che hanno avuto una perdita così profonda devono ricevere giustizia“.

Il comitato in ricordo delle vittime, però, si dice deluso: “Dagli organi democraticamente eletti e dai dipendenti pubblici interessati nella vicenda, ognuno per la sua parte, ci saremmo aspettati molto di più. Ci sono responsabilità molto diverse che si sono sedimentate negli anni e hanno portato al triste epilogo che conosciamo“, denuncia la portavoce Egle Possetti. “Dobbiamo comprendere che ogni piccola azione diventa parte di un sistema e che, sommate insieme, portano a conseguenze a volte inaspettate. Su questo – è l’invito – dobbiamo riflettere ogni giorno della nostra vita“.

Appello di Mattarella e altri 5 capi di Stato per il clima: “Non c’è tempo da perdere”

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha firmato insieme ai suoi omologhi di Croazia (Zoran Milanović), Grecia (Katerina Sakellaropoulou), Malta (George Vella), Portogallo (Marcelo Rebelo de Sousa) e Slovenia ( Nataša Pirc Musar) un appello per la “crisi climatica i cui effetti “ sono visibili soprattutto nella nostra regione, il Mediterraneo, che è gravemente colpita e a rischio immediato non soltanto di scarsità di acqua ed elettricità, ma anche di inondazioni, diffuse ondate di calore, incendi e desertificazione”. I sei capi di Stato dei Paesi del Mediterraneo e membri del Gruppo Arraiolos “si impegnano a sostenere pienamente le iniziative di azione congiunta e fanno appello all’Unione Europea, agli altri paesi del Mediterraneo e alla comunità internazionale affinché mantengano questo tema in cima alla loro agenda politica”.

I fenomeni naturali estremi – si legge – stanno distruggendo l’ecosistema e minacciando la nostra vita quotidiana, il nostro stile di vita. Non c’è più tempo da perdere, non c’è più tempo per scendere a compromessi per ragioni politiche o economiche. È imperativo agire e prendere iniziative urgenti ed efficaci. Tutti i Paesi del Mediterraneo devono coordinarsi e reagire, impegnarsi in uno sforzo collettivo per arrestare e invertire gli effetti della crisi climatica. È dovere di tutti noi agire in questa direzione e adottare politiche concrete volte a questo sforzo. Sensibilizzare l’opinione pubblica, educare e ispirare in tutti l’etica della responsabilità ambientale. Non solo per il presente, ma anche per il futuro dei nostri figli e delle generazioni che verranno”.

E sul tema del cambiamento climatico si è soffermato anche Papa Francesco durante l’incontro con i giovani dell’Università cattolica di Lisbona. “Voi siete la generazione che può vincere questa sfida – ha detto -. Avete gli strumenti scientifici e tecnologici più avanzati. Ma per favore, non cadete nella trappola di visioni parziali. Non dimenticate che abbiamo bisogno di un’ecologia integrale, di ascoltare la sofferenza del Pianeta insieme a quella dei poveri, di mettere il dramma della desertificazione in parallelo con quello dei rifugiati, il tema delle migrazioni insieme a quello della denatalità. Abbiamo bisogno di occuparci della dimensione materiale della vita all’interno di una dimensione spirituale. Non polarizzazioni, ma visioni d’insieme’‘. Secondo il Pontefice “dobbiamo riconoscere l’urgenza drammatica di prenderci cura della casa comune. Tuttavia ciò non può essere fatto senza una conversione del cuore e un cambiamento della visione antropologica dell’economia e della politica. Non ci si può accontentare di misure palliative o di ambigui compromessi. Le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. Si tratta invece di farsi carico di quello che purtroppo continua a venire rinviato: la necessità di ridefinire progresso e evoluzione. Perché in nome del progresso si è fatto strada troppo regresso”. L’auspicio di Sua Santità è che la generazione dei giovani d’oggi diventi “di maestri di umanità e compassione, di nuove opportunità per il Pianeta e per i suoi abitanti. Maestri di speranza, che difendono la vita del Pianeta minacciata in questo momento per una grave distruzione ecologica”.

Mattarella in Cile e Paraguay per rafforzare e ampliare partenariato con Sudamerica

Quella in Cile e Paraguay sarà la prima e unica visita del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in Sudamerica nel 2023. Intensa l’agenda del capo dello Stato, che da oggi, 3 luglio, a giovedì 6 luglio, accompagnato dal vice ministro agli Esteri, Edmondo Cirielli, sarà a Santiago del Cile e Punta Arenas, mentre dal 6 all’8 luglio ad Asuncion e Ciudad del Este. Tanti gli spunti che offre la doppia missione, che ha l’obiettivo di rafforzare le relazioni con un continente considerato molto vicino all’Italia ma allo stesso tempo lontano geograficamente. Cile e Paraguay sono Paesi particolari, che Mattarella non aveva ancora mai visitato negli anni del suo mandato: di media grandezza il primo, più piccolo il secondo, ma entrambi con buone potenzialità di partenariato da sviluppare. Ma è l’intero continente a offrire buone occasioni, anche grazie al rilancio di un dialogo con l’Europa, dunque, con l’Italia, che avrà uno dei momenti più rappresentativi il 17 e 18 luglio prossimi, quando a Bruxelles si terrà il Vertice Ue-Celac (Comunità degli Stati latinoamericani e caraibici), alla presenza di 30 tra capi di Stato e di governo.

La visita in Cile avrà un significato anche simbolico, visto che cade anche nel cinquantesimo anniversario del golpe compiuto dall’esercito e dalla polizia nazionale, che l’11 settembre del 1973 rovesciò il governo di Salvador Allende, democraticamente eletto, instaurando il regime autoritario del generale Augusto Pinochet, che durò fino al marzo del 1990. L’Italia, in quegli anni bui, fu di grande sostegno alle popolazioni. Oggi l’obiettivo è consolidare quella che viene definita una sorta di ‘fratellanza’. Nella Capitale Mattarella vedrà Gabriel Boric, il 37enne presidente che fa parte di una nuova generazione di politici sudamericani. Il capo dello Stato incontrerà anche i presidenti dei due rami del Congresso nazionale, quello del Senato, Juan Antonio Coloma Correa, e l’omologo della Camera dei deputati, Vlado Mirosevic Verdugo.

In agenda sono diversi anche gli appuntamenti nei musei e luoghi simbolo del Cile, come la Stazione della Compagnia italiana dei Vigili del fuoco. In programma anche una Lectio Magistralis alla Universidad de Chile. Ci sarà poi l’incontro con una delegazione della comunità italiana, che è numerosa e abbastanza integrata nel tessuto sociale. Tutte tappe che serviranno per rafforzare e rilanciare il partenariato, in particolare quello economico. Molte imprese del nostro Paese sono presenti sul territorio cileno, l’obiettivo è aumentarle, anche perché si tratta di un Paese ricco di materie prime molto importanti e attivo nella realizzazione di prodotti utilizzabili nell’ambito energetico, soprattutto per quel che riguarda le fonti rinnovabili. Dunque, potenzialità che vanno stimolate.

Altro passaggio simbolico sarà la visita in Patagonia, dove la presenza dei salesiani ha dato un grande contributo alla vita di una regione considerata estrema. E che, tra l’altro, ha dato i natali al presidente Boric.

Quella in Paraguay, invece, sarà la prima visita in assoluto di un presidente della Repubblica. Sebbene si tratti di un Paese ‘piccolo tra i grandi’, è riuscito a ritagliarsi grande importanza, soprattutto grazie alla diga di Itaipú, la più grande centrale idroelettrica del mondo, costruita sul fiume Paranà tra il 1975 e il 1991, anche grazie al contribuito di imprese italiane. L’opera, che Mattarella visiterà nella tappa di Ciudad del Este, viene riconosciuta come una delle ‘sette meraviglie’ ingegneristiche del ventesimo secolo: soddisfa più del 90% del fabbisogno energetico paraguaiano e oltre il 20% di quello del confinante Brasile.

Ad oggi la presenza delle aziende del nostro Paese è legata soprattutto al settore delle infrastrutture e uno degli obiettivi della visita del presidente Mattarella, anche nella visione paraguaiana, è quella di ampliare questa partecipazione, magari allargando ad altri comparti.

Potrebbe essere proprio questo uno degli argomenti che il capo dello Stato tratterà nell’incontro in programma il pomeriggio del 7 luglio con il presidente eletto, Santiago Peña, che dal prossimo 15 agosto prenderà il posto dell’uscente, Mario Abdo Benítez, che ha acconsentito a questo incontro per permettere a Mattarella e al suo successore di fare la reciproca conoscenza. Il presidente della Repubblica sarà anche al Palazzo Legislativo, dove vedrà i nuovi presidenti del Senato e della Camera dei deputati. Tra gli appuntamenti culturali, ci sono la visita al Museo del Barro e quella al Centro culturale ‘El Cabildo’. Il rientro in Italia è fissato per il 9 luglio.

Mattarella

Mattarella: Sostenibilità, finanza, innovazione per futuro del Pianeta

Il futuro del Pianeta passa da una “governance adeguata“, che resta lo “strumento per vincere le sfide globali“. Lo dice il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nella sua Palermo, per la sedicesima edizione del Simposio Cotec Europa, dedicata al tema ‘Innovazione nella finanza sostenibile’, assieme al Re di Spagna, Felipe VI, e al presidente della Repubblica del Portogallo, Marcelo Rebelo de Sousa. Il discorso del capo dello Stato è ad ampio raggio, ma con un preciso punto di partenza: “Sostenibilità, finanza e innovazione” sono “parole chiave” che “trovano largo spazio nell’agenda internazionale e interpellano i Governi“. Per questo la riflessione sul potere trasformativo dell’innovazione tocca tutti i settori “anche quello della finanza e sul ruolo di quest’ultima nel mobilitare risorse per obiettivi di inclusione e crescita“. Mattarella guarda a quelle che definisce “trasformazioni gemelle“, la transizione digitale e quella ecologica e “al significato che assumono per una gestione responsabile dell’avvenire del pianeta e un modello di sviluppo equo“.

Perché “si tratti dell’ambiente, della salute, dell’istruzione, della lotta alla povertà, della tutela dei diritti fondamentali, il combinato di tali sfide appare immane e certamente tale da necessitare non solo la mobilitazione di risorse di matrice pubblica ma anche il coinvolgimento della società civile“. Gli effetti del cambiamento climaticosono sotto gli occhi di tutti“, dunque, alla “pressante esigenza di fornire risposte attendibili e durature” si aggiunge la “necessità di porre riparo a disuguaglianze che accrescono, in molteplici aree del globo“. Equità è un termine che ricorre spesso negli interventi pubblici del presidente della Repubblica, anche per questo motivo rileva come “pandemia e rinnovate tensioni internazionali, a partire dalla guerra scatenata dalla Federazione Russa contro l’indipendenza dell’Ucraina, hanno provocato un rallentamento delle economie, con una contrazione delle capacità di spesa in tutti i Paesi, soprattutto in quelli a più basso reddito“.

Tra l’altro, avverte, “le tensioni geopolitiche rischiano di alimentare progressive fratture nei rapporti internazionali, tali da compromettere il contesto degli accordi raggiunti in sede globale nello stesso sistema delle Nazioni Unite“. Con il rischio di “riproporre la narrativa di un mondo diviso tra un ‘club’ di Paesi agiati e arroccati nel loro egoismo, di Paesi protagonisti, come i Brics, di un impetuoso, talvolta contraddittorio, ciclo di sviluppo e, infine, di Paesi del sud abbandonati a un destino di povertà“. Una lettura respinta da Italia, Spagna e Portogallo, che non vogliono “arrendersi a una deriva di questo tipo“. Però, spiega Mattarella, “non possiamo farci guidare soltanto dalle emergenze“, quindi “l‘impegno nella realizzazione degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite richiama a un’azione ad ampio raggio, in grado di coinvolgere più attori possibili“. Ergo “La sola mobilitazione di risorse pubbliche, come è stato osservato, risulterebbe in ogni caso insufficiente” e diventa “vitale dar vita a un processo virtuoso con il coinvolgimento del settore privato in partenariati che moltiplichino le capacità di spesa“. Ma “il sistema finanziario deve applicare meccanismi e regole efficaci per indirizzare sempre più risorse private verso settori e progetti sostenibili da un punto di vista ambientale e sociale“.

Il capo dello Stato, inoltre, considera “del tutto incongruo” che i Paesi emergenti e quelli in via di sviluppo “accettino di pagare il prezzo ambientale e sociale che ha pesato sui Paesi di più remota industrializzazione nel loro percorso di crescita“. In questo scenario si inserisce il monito sulla “riforma dell’architettura finanziaria internazionale” che Mattarella considera “una prima sfida per rendere disponibili maggiori risorse per lo sviluppo, principalmente attraverso riforme mirate ad una migliore efficienza delle banche multilaterali di settore“, non dimenticando che “la diplomazia della crescita sostenibile identifica anzitutto nel capitale umano la forza trainante di un futuro fatto di sostenibilità, innovazione e inclusività“.

L’Italia “è chiamata a fare la sua parte“, ricorda ancora il presidente della Repubblica, elencando i prossimi appuntamenti multilaterali: il secondo vertice Onu sui Sistemi Alimentari di luglio, il G20 e la Cop28. Ma allo stesso tempo “occorre proseguire una riflessione condivisa sulle innovazioni che effettivamente possano sostenere un’agenda di accelerazione verso gli obiettivi delineati in sede Onu” e su questi temi “Spagna, Portogallo, Italia, con l’Unione europea, possono assolvere a un ruolo importante“, come quello di “favorire il consolidamento e l’integrazione delle finanze pubbliche dei Paesi emergenti, anche per aumentare la loro capacità di attrarre finanziamenti internazionali destinati all’ammodernamento sostenibile“. E poi l’innovazione, cogliendo “l’opportunità di finanziare la formazione, la ricerca e l’applicazione di nuove tecnologie nei Paesi partner“. Perché il domani passa anche da questi fattori.

Mattarella in Emilia Romagna: “Attenzione anche a fari spenti. Ricostruzione veloce”

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L’attenzione delle istituzioni all’Emilia Romagna ferita continuerà, “anche a fari spenti, anche a riflettori appannati“. Proseguirà ininterrotta e con la stessa intensità. Sergio Mattarella sorvola le zone devastate dall’alluvione e tocca con mano, accompagnato dal presidente della Regione, Stefano Bonaccini, il dramma vissuto dalle famiglie che piangono i propri cari, che hanno perso i ricordi di una vita, dagli imprenditori che hanno visto andare in fumo il frutto del proprio lavoro. E garantisce soprattutto presenza. Non sfilate a favore di telecamera, ma cura, soprattutto nel momento della ricostruzione, che deve essere “veloce, immediata e senza pause“.

Ricostruzione che avverrà e sarà completa, assicura il governatore Bonaccini: “Resta il dolore delle famiglie delle vittime. Le vittime sono le uniche cose irrecuperabili. Il resto è recuperabile e assicuro che recupereremo tutto“. L’impegno del governo è stato già importante in fase emergenziale. Ora l’esecutivo tenta il tutto per tutto perché anche i fondi che arrivano dall’Europa possano avere la flessibilità giusta per poter essere dirottati sulla ricostruzione: “Non vogliamo un centesimo in più di quello che ci spetta, guai. Ma pretendiamo di avere fino all’ultimo centesimo di quello che ci spetta“, ribadisce Bonaccini. Che fa eco al capo dello Stato: “Quando l’acqua si ritirerà, quando il fango sarà spalato nell’ultima parte in cui è ancora presente, non dobbiamo spegnere i riflettori“.

L’impegno delle istituzioni proseguirà, dunque. Mattarella tranquillizza sindaci e cittadini: “So che ce la farete, con l’aiuto dello Stato, del Governo, ce la farete. Tutta l’Italia vi è vicina e non sarete soli in questa opera importante, che deve essere veloce“. Il rilancio del territorio della Romagna è “un’esigenza nazionale“, sottolinea il presidente della Repubblica e in questo “potete stare certi vi sarà tutto il consenso e l’appoggio costante non solo in questi giorni ma anche nel prosieguo“. Le condizioni climatiche sono, denuncia Mattarella, “sempre più preoccupanti, il nostro Paese dovrà organizzare difese preventive per questi fenomeni, più di quanto già non sia avvenuto fin qui“.

Nella giornata del capo dello Stato nelle zone colpite dalla furia del maltempo c’è anche una polemica del ministro della Protezione civile e delle politiche del mare, Nello Musumeci, che ai microfoni di Rainews24 lamenta di non essere stato coinvolto nella visita: “Sono contento che anche il presidente della Repubblica sia oggi sui luoghi alluvionati, come ha fatto tutto il governo e come ha fatto per due volte la presidente del Consiglio. Peccato che oggi non ci sia nessuno del governo a illustrare al capo dello Stato le criticità, nessuno è stato invitato. Non fa niente, l’importante è arrivare ai risultati“. Questione che il Quirinale ridimensiona: “Il presidente della Repubblica nelle visite nei territori italiani non impone la presenza di esponenti del governo. Essa, peraltro, è sempre gradita dal Presidente Mattarella. È così da sempre, dall’inizio del primo settennato”, commenta il consigliere per la stampa Giovanni Grasso. “Il Quirinale –spiega – in occasioni del genere non ha mai fatto inviti. Ma se qualcuno vuol venire è benvenuto”.

Mattarella in Norvegia spinge sulla sicurezza energetica: “Non affidarsi solo a fonti tradizionali”

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La transizione ecologica è un “auspicio”, ma soprattutto una “sfida ineludibile”. Usa queste parole il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo intervento alla sessione conclusiva del seminario ‘Greening the future’, organizzato alla Norwegian university of Science and Technology di Trondheim, seconda e ultima tappa della visita diplomatica in Norvegia. Mattarella tocca diversi temi legati alla tutela dell’ambiente che si coniuga alla necessità di garantire forniture di energia, sempre più pulita e sicura.

Il ragionamento parte dal fatto che sia la società norvegese sia quella italiana “hanno preso pienamente coscienza dei drammatici effetti provocati dai cambiamenti climatici, che impongono a tutti noi un radicale ripensamento dei fondamenti dei nostri sistemi di vita, di quelli economici e produttivi”. Soprattutto ora che “l’insensata aggressione della Federazione Russa all’Ucraina che ci ha anche reso pienamente consapevoli del valore strategico delle risorse energetiche”. Sul punto, Mattarella resta con un altro pensiero, molto duro ma importante: “Le gestioni delle risorse energetiche, così di come di quelle alimentari, non possono essere una forma impropria di pressione e minaccia contro l’autonomia e l’indipendenza di altri popoli”.

Raggiungere sicurezza e indipendenza, però, “non significa affidarsi esclusivamente alle fonti energetiche tradizionali, venendo meno all’impegno nella lotta ai cambiamenti climatici”, sottolinea il capo dello Stato. Che, infatti, avvisa: “Il cambio di passo deve riguardare l’innovazione, non soltanto il cambio di rotte di approvvigionamento e fornitori”. Per Mattarella “serve un nuovo paradigma, avere l’ambizione di essere nel gruppo di testa che guida il cambiamento, piuttosto che nel gruppo di coda rivolto ad amministrare un passato in esaurimento”. Dunque, “occorre accelerare nella transizione verde”.

Magari guardando a collaborazioni con Paesi già in fase avanzata sulla sperimentazione, proprio come la Norvegia. In questo senso, ad esempio, cita la crescita dell’eolico offshore (in entrambe le nazioni), che “offre rilevanti possibilità”. Mattarella coglie “la lungimiranza dell’impegno delle autorità norvegesi per promuovere lo sviluppo dell’energia eolica, l’utilizzo dell’idrogeno quale combustibile pulito e lo stoccaggio dell’anidride carbonica nel sottosuolo”, invitando a “guardare con interesse e apprezzamento” a queste pratiche.

Le rinnovabili sono un capitolo importante del discorso del capo dello Stato, perché “l’eolico nel Mare del Nord e il fotovoltaico nel bacino del Mediterraneo possono diventare, in un futuro non lontano, fonti di energia pulita del continente europeo e alimentare così una nuova rivoluzione nei processi produttivi e nei modelli di vita”. Inoltre, “grazie a una rete elettrica sempre più interconnessa” l’energia eolica e quella solare “potranno contribuire alla sicurezza di approvvigionamento e ridurre i rischi legati alla natura variabile delle fonti rinnovabili”.

Senza contare l’opportunità di “coltivare l’ambizione di diventare perni di una rete che, dalle piattaforme eoliche nel Mare del Nord si colleghi fino alle centrali solari della Sicilia e, più in là, del deserto del Sahara, che nei prossimi anni sarà collegato all’Europa grazie al progetto Elmed, il cavo elettrico che unirà la Tunisia all’Italia”. Perché “la cooperazione tra Europa e Africa è essenziale per il successo delle strategie di de-carbonizzazione, inclusa la prospettiva di produzione di idrogeno verde”. La cooperazione sarà importante anche in altri settori, come il ‘green shipping’, il trasporto marittimo verde, o anche l’interscambio culturale tra le Università e i centri di ricerca italiani e norvegesi.

Mattarella lascia Trondheim consapevole che il suo viaggio ha fatto breccia. Domani a Roma, però, lo attende un altro appuntamento importante, con il presidente ucraino, Volodimir Zelensky, che vedrà anche la premier, Giorgia Meloni, e Papa Francesco per una visita che ormai è diventata ufficiale. Zelensky poi sarà ospite di uno speciale ‘Porta a Porta’ su Rai1, in diretta dalle 18.30.

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Mattarella in Norvegia da mercoledì: energia e rinnovabili tra i temi principali sul tavolo

Energia, ma non solo. Giovedì e venerdì prossimi il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sarà in Norvegia, primo fornitore di gas dell’Unione europea, ma anche modello economico, con il fondo sovrano più grande al mondo, che è stato capace di resistere sia alle intemperie causate dall’instabilità geopolitica dovuta alla guerra scatenata dalla Russia in Ucraina, sia alla spinta dell’inflazione. Il capo dello Stato atterrerà nel pomeriggio del 10 maggio a Oslo, prima tappa di un viaggio molto intenso di appuntamenti, che proseguirà e terminerà il 12 a Trondheim. Sono diversi gli spunti di questa visita, che sarà utile a rafforzare ulteriormente i rapporti bilaterali con l’Italia. Del resto, la presenza del nostro Paese è molto forte in terra norvegese, non solo per numero di cittadini che vivono nelle varie fylke, ma anche le aziende: Eni e Saipem, per fare qualche esempio. Il Cane a sei zampe addirittura ha costituito la joint venture Vår Energi con il fondo HitecVision, attraverso la quale partecipa in 137 licenze esplorative, di cui 35 operate. E nel 2023 si è aggiudicata 12 nuove licenze esplorative, di cui 5 in qualità di operatori.

La Norvegia è un punto di riferimento per l’intero continente, dal punto di vista energetico. Quasi tutti i giacimenti lavorano a pieno ritmo e nel picco di crisi, ha permesso all’Europa di accelerare il processo di smarcamento dalla dipendenza russa. Ma non c’è solo il gas nel portafoglio scandinavo, che sta imprimendo una spinta notevole anche allo sviluppo delle rinnovabili. In questo senso, la possibilità di rafforzare la partnership può offrire nuovi occasioni di sviluppo all’Italia, soprattutto nella fase storica di transizione ecologica che dovrà portare a una drastica riduzione al 55% delle emissioni di Co2 entro il 2030, per poi puntare dritti al net zero entro il 2050. La presenza di Mattarella servirà ad alimentare un rapporto già solido di partenariato, ma che potrebbe diventare ancora più proficuo nel prossimo futuro.

Il presidente della Repubblica, che sarà accompagnato dal vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, al suo arrivo nella capitale vedrà una qualificata rappresentanza della collettività italiana. Il giorno, dopo, invece sono in programma l’incontro i reali di Norvegia, anche se resta l’incognita sulla presenza di Re Harald V, nuovamente ricoverato in ospedale nelle ultime ore a causa di un’infezione. Ci saranno, invece, la Regina Sonja e la principessa ereditaria, Mette-Marit. A seguire, Mattarella, assieme al principe ereditario, visiterà la Fortezza Akershus e subito dopo lo Storting, il Parlamento norvegese, ricevuto dal presidente, Masud Gharahkhani. Il programma, inoltre, prevede il trasferimento al Palazzo di Rappresentanza del governo e nel pomeriggio il passaggio al Museo Nazionale. La prima giornata si concluderà con il pranzo di Stato offerto dal Re e la Regina.

Fitta di appuntamenti anche l’agenda del 12 maggio, a Trondheim, dove il capo dello Stato visiterà il Politecnico e il Laboratorio energetico. Il tema energia sarà al centro di un seminario nell’Aula magna dell’istituto, che vedrà le conclusioni affidate proprio al Principe ereditario di Norvegia e al presidente della Repubblica, nella quale potrebbero essere toccati diversi punti: dal gas all’idrogeno, allo sviluppo delle rinnovabili e dell’eolico. Mettendo in primo piano le opportunità di collaborazione tra i due Paesi, non solo a livello economico, ma anche nel campo della ricerca e in quello accademico.

Nella visita di Mattarella ci sarà spazio per discutere anche della situazione internazionale e del ruolo dell’Europa nello scacchiere geopolitico. Sulla guerra in Ucraina, infatti, la Norvegia si è sempre schierata a favore di Kiev, facendo la propria parte per aiutare sia le popolazioni sia la difesa militare del Paese. Inoltre, Oslo ha una importante tradizione diplomatica, come dimostra l’impegno nei processi di pace in Africa. Una combinazione di fattori che, uniti all’ingresso della Finlandia, e quello prossimo della Svezia, nella Nato rendono il blocco scandivano una tessera molto importante del mosaico internazionale per affrontare i grandi temi globali. Anche per questo la visita di Mattarella sarà molto importante per far proseguire il cammino di Italia e Norvegia nella stessa direzione.

Meloni e Mattarella al fianco dell’Ucraina: “Sostegno in ogni ambito e finché sarà necessario”

Per ricostruire l’Ucraina, nei prossimi 10 anni, serviranno almeno 411 miliardi di dollari. E’ la stima della Banca Mondiale, che la vicepresidente Regionale Europa e Asia centrale ricorda durante la conferenza bilaterale sulla ricostruzione del Paese ospitata da Roma. Nel Palazzo dei Congressi 700 persone, fra rappresentati del mondo imprenditoriale, delle principali istituzioni finanziarie internazionali e delle associazioni di categoria raccolgono notizie sui fabbisogno del Paese direttamente dalle autorità ucraine. Un modo per Governo, enti e imprese italiane di avanzare proposte e rispondere alle necessità di Kiev, non solo in termini di breve, ma anche di medio e lungo periodo. Per questo, l’Italia si candida a ospitare nel 2025 la Ukraine Recovery Conference.

Vengono siglati una serie di memorandum: sulla protezione dell’ambiente (“colpito gravemente a causa dell’aggressione russa”, denuncia il primo ministro di Kiev, Denys Shmyhal), ma anche sull’industria (tra le ferrovie ucraine e l’azienda Mermec), sul settore agroalimentare e per la ricostruzione delle centrali idroelettriche.

Sostegno pieno dell’Italia all’Ucraina, “in ogni ambito e finché sarà necessario“, garantisce il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che prima della conferenza riceve al Quirinale il primo ministro dell’Ucraina, Denys Shmyhal, il ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba, e una delegazione diplomatica. “L’Italia esprime il forte convincimento favorevole all’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea nel più breve tempo possibile e apprezziamo l’impegno del suo governo per il cammino di riforme intraprese per rispettare i parametri comunitari“, afferma.

Italia in prima fila, dunque, con un ruolo di primo piano “non solo dal punto di vista politico, ma anche coinvolgendo i privati, le nostre imprese, il nostro know-how“, spiega la premier Giorgia Meloni. Agli imprenditori italiani chiede di “non avere paura“, perché investire sulla ricostruzione dell’Ucraina “non è azzardato, è uno degli investimenti più oculati e lungimiranti che si possono fare“. Investire, costruire, ricostruire e “saper guardare oltre i difficili mesi che stiamo attraversando“, ribadisce la premier, significa “scommettere sulla vittoria dell’Ucraina e sull’integrazione europea di questo paese”.

Di “incontro molto concreto” parla Shmyhal, che ringrazia Roma per il sostegno a 360 gradi, in particolare per l’invio di generatori che hanno consentito al Paese di “superare l’inverno“. “Quello che sta facendo la Russia, colpendo sistematicamente le infrastrutture strategiche, vuol dire cercare di piegare la popolazione con il freddo e la fame. Noi abbiamo difeso la popolazione e l’Italia deve esserne fiera“, rivendica Meloni.

La Russia ha iniziato una aggressione vera e propria sul settore energetico“, conferma il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in video collegamento. Ricorda come anche l’Unione europea abbia subito la crisi energetica, ma abbia “tenuto, rispondendo in modo degno“. Per il futuro Zelensky guarda alle energie verdi, “un sistema più resiliente” e all’aiuto dell’Italia soprattutto per le smart grid, le reti intelligenti. Ma l’Ucraina, garantisce, è utile al mondo in molti modi: “La comunità internazionale ha capito il nostro potenziale dell’agroindustria ucraino. Siamo in grado di fornire cibo a milioni di famiglie nel mondo. Senza cibo c’è il caos, questo significa più migranti, in Europa in particolare“, osserva. Ma non solo, Kiev possiede il litio, il gas, materie prime: “Possiamo sostituire le aziende russe in moltissimi settori“, assicura il presidente ucraino.

La ricostruzione “è parte fondamentale dell’azione di solidarietà e vicinanza che noi europei e italiani vogliamo dimostrare“, commenta il Ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani. Un passo importante, perché, ne è convinto, il Paese “sarà presto parte dell’Ue, quindi è giusto si cominci fin da adesso a lavorare insieme”.

La Banca Europea di Investimenti è molto attiva in Ucraina già dal 2007, spiega la vicepresidente, Gelsomina Vigliotti. Gli interventi sono stati intensificati poi dal 2014, sono state investite risorse per più di 200 progetti di rinnovamento delle infrastrutture. Il lavoro è continuato durante la guerra, a seguito dell’invasione russa. “Ci siamo concentrati su investimenti con rendimenti sociali efficaci, ci siamo mossi velocemente e non rallenteremo. E’ più di un imperativo morale“, assicura Vigliotti. Ora i finanziamenti si concentrano sugli interventi in energia, crescita, ferrovie. Aree cruciali per lo sviluppo del Paese. “La stima è che siano necessari 14 miliardi di dollari per gli interventi più urgenti“, fa sapere.

La Bei è chiamata a giocare un ruolo fondamentale” nella ricostruzione, conferma il ministro dell’Economia italiano, Giancarlo Giorgetti, che annuncia che il nostro contributo al fondo di garanzia Bei “è una garanzia di 100 milioni di euro“. Il sostegno della Banca all’economia ucraina, riflette Giorgetti, è “coerente con la futura prospettiva di adesione all’Unione“.

La ricostruzione richiede uno sforzo corale di tutti, sostiene il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Matteo Salvini: “L’Italia può e deve rappresentare un valore aggiunto“, scandisce.

La gratitudine di Kiev arriva anche dal ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba: “I contatti tra i nostri governi sono più dinamici che mai”, dice, considerando la guerra non un ostacolo per gli investimenti, perché “stiamo rendendo il nostro paese ancora vitale e attrattivo“.

Photo credit: profilo Twitter Denys Shmyhal @Denys_Shmyhal

Meloni a colazione da Mattarella: sul tavolo il Pnrr e il codice appalti

I tempi di attuazione del Pnrr, il nuovo codice degli appalti, la politica internazionale, la gestione dei migranti. I temi sono tanti e il colloquio tra Sergio Mattarella e Giorgia Meloni, programmato da giorni, si allunga più del previsto. Alla premier salta la chiusura della campagna elettorale di Massimiliano Fedriga a Udine, in Friuli Venezia Giulia. Dovrà parteciparvi in video-collegamento, mentre sul palco si alternano il leader del Carroccio, Matteo Salvini, e il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani. Al Colle la colazione di lavoro tra la presidente del Consiglio e il Capo dello Stato, a quanto filtra, è lunga, ma si svolge in un clima di “cordialità e collaborazione“.

Più tardi, negli ‘Appunti di Giorgia’, la rubrica che tiene sui social per aggiornare i cittadini sulle attività del governo, la premier chiarisce alcuni punti sui quali, lamenta, ha sentito dire “molte cose false, che non corrispondono alla verità“. Probabilmente per mettere un punto alle polemiche sulle maglie molto larghe che lascerebbe il provvedimento in termini di legalità, trasparenza e tutela dei lavoratori, Meloni chiarisce: “La finalità è banale, fare le opere, bene, in modo accettabile combattendo le ruberie ma senza bloccare all’infinito quello che c’è da fare“. Quanto alla soglia per gli affidamenti diretti a 150mila euro, “è stata portata dal governo Conte e confermata da Draghi, e noi ci siamo limitati a renderla stabile“, ricorda. A chi la accusa di aver introdotto un condono tributario penale con la norma che proroga i termini per regolarizzare la propria posizione a chi ha un contenzioso aperto con il fisco, “è un altro passo verso la tregua fiscale“, spiega. E poi mette in chiaro: “Noi di condoni non ne facciamo, vorrei dire che questo è banalmente falso“.

Non fa cenno della spada di Damocle che pende a Bruxelles sulla testa di Roma, una proroga per i tempi del Pnrr, anche se il capo dello Stato solo qualche giorno fa ha invitato tutti a “mettersi alla stanga” sul Piano. La premier non fa riferimento neanche al sostanziale fallimento della battaglia sui biocarburanti. Ma rivendica una vittoria portata a casa all’inizio di mandato, il price cap al gas: “La diminuzione del costo dell’energia sta favorendo la produzione, incoraggia le aziende ad assumere”, scandisce. “E’ stata sicuramente un’iniziativa giusta la decisione di mettere un tetto al prezzo del gas. I prezzi dell’energia sono scesi del 53,5%“. Nell’ultimo cdm, sottolinea, “abbiamo confermato riduzione dell’Iva e l’azzeramento degli oneri di sistema e prorogato il bonus per le famiglie che ne hanno bisogno. Continuiamo ad accompagnare il Paese“.