Idroelettrico, aziende pronte a investire 15 mld. Ma nodo concessioni va sciolto

La sfida dell’energia passa soprattutto dallo sviluppo delle rinnovabili. In questo scenario l’idroelettrico assume un ruolo centrale, anzi, diventa “eccellenza nazionale”, come la Elettricità Futura, che elenca dati molto significativi: nel 2023 gli oltre 4.800 impianti presenti hanno prodotto più di 40 TWh di energia, che equivalgono al fabbisogno di 15 milioni di famiglie italiane, coprendo il 35% dell’energia elettrica prodotta da rinnovabili e impiegando direttamente e indirettamente circa 12mila lavoratori altamente specializzati, in forma diretta e nell’indotto.

L’Idroelettrico è un tuffo nella lungimiranza”, dice il presidente di Ef, Gianni Vittorio Armani. “Una risorsa su cui contiamo da oltre 150 anni, fondamentale per la sicurezza del sistema. Oggi copre il 35% dell’energia rinnovabile prodotta in Italia e sono 12mila le persone impiegate nel settore”, spiega. Sottolineando che si tratta di “un asset prezioso su cui le aziende del settore sono pronte a mettere in campo investimenti fino a 15 miliardi, anche per la digitalizzazione. Sono impianti che si integrano perfettamente con il territorio e la loro crescita accelera la graduale sostituzione del gas nel mix energetico”. Dunque, mette in luce ancora Armani, “il futuro dell’Idroelettrico vede più flessibilità e capacità di accumulo, e anche un ruolo sempre maggiore per contrastare il cambiamento climatico”. Dal convegno di Elettricità Futura emerge chiaramente come questa fonte sia fondamentale per la sicurezza della rete, grazie al ruolo di equilibratore del sistema elettrico, bilanciando al contempo la produzione di fonti meno programmabili. Inoltre, i bacini idroelettrici contribuiscono a una gestione ottimale dell’acqua anche in caso di siccità o piene.

Nel processo di decarbonizzazione bisogna fare leva sulla crescita delle rinnovabili – dice il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto -. Per fare questo bisogna riutilizzare nel modo più efficace gli invasi che abbiamo e ammodernare le strutture storiche”. Un tema toccato anche dal presidente della Camera, Lorenzo Fontana, nel suo intervento: “Occorre tenere conto dei potenziali elementi di criticità, come la corretta gestione dei corpi idrici, la conservazione della biodiversità e la riqualificazione degli impianti più vecchi. Sotto quest’ultimo profilo – avverte la terza carica dello Stato – pesa il fatto che più del 50% della capacità installata in Italia supera i 50 anni di vita e che quasi 11,5 gigawatt di potenza installata risalgono a prima del 1960”.

Sull’idroelettrico il governo è al lavoro per sciogliere il nodo delle concessioni, anche perché il complesso delle operazioni collegate, stima ancora Ef, può avere ricadute fino a 20 miliardi di euro. Ma “il patrimonio nazionale oggi è a rischio perché esposto a una concorrenza non ad armi pari”, sottolinea l’associazione. Se a livello europeo la chiusura della procedura di infrazione lasciato agli Stati membri la libertà di regolare il settore, nel nostro Paese le concessioni sono quasi tutte scadute o in scadenza, da rimettere a gara, mentre altrove le concessioni sono illimitate o di durata molto superiore. C’è però il vincolo del Pnrr, legato ai criteri accettati dall’Italia con il decreto Concorrenza del 2022 che servì a ottenere i soldi della terza rata. “Sostanzialmente ora si tratta di lavorare per superare questo e arrivare a modelli di rinnovo, che qualcuno chiama proroga mentre io dico ‘rinnovo contrattato’ col soggetto che ha la titolarità, in questo caso le Regioni”, chiarisce Pichetto. Indicando la strada che persegue il governo: “Mantenere in mani nazionali gli impianti”.

Terra fuochi, Vadalà commissario unico per la bonifica. Meloni: Attuiamo sentenza Cedu

L’Italia attua la sentenza della Cedu sulla Terra dei fuochi, tra Napoli e Caserta, e nomina un commissario per la bonifica, il generale Giuseppe Vadalà. “L’ennesimo segnale di attenzione ad un territorio profondamente oltraggiato che da tempo chiede risposte concrete”, rivendica la premier, Giorgia Meloni.

Le norme per affrontare la questione legata all’inquinamento ambientale dell’area sono inserite nel Dl Pubblica amministrazione. A Vadalà viene affidato il compito di coordinare la bonifica con poteri straordinari legati alle attività indicate dalla sentenza del 31 gennaio 2025 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha condannato l’Italia per non fatto abbastanza per contrastare il fenomeno. Il commissario è tenuto, entro sessanta giorni, a trasmettere alla Presidenza del Consiglio dei ministri una relazione sullo stato dell’arte e sul piano di ripristino ambientale. La stessa relazione sarà trasmessa al ministero dell’Ambiente, al ministero della Salute, alla Regione Campania, a tutti i soggetti competenti.

Si riporta così a un unico soggetto l’attuazione degli interventi di bonifica, che prima dipendevano da diversi livelli di governo, sia nazionale che territoriale. “Quadro che ha impedito, finora, di completare in tempi accettabili gli interventi di bonifica“, spiega Meloni in consiglio dei ministri. Con questa nuova figura istituzionale l’area della Terra dei Fuochi assume “ancor più rilevanza a livello nazionale“, fa eco il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto. Il commissario unico consentirà di “mettere a sistema” le azioni svolte finora, osserva, “superando le frammentazioni e le sovrapposizioni di competenze e accelerando il percorso necessario di risanamento a tutela delle famiglie, dei giovani e delle attività economiche dell’intera Regione“. Nel dettaglio, a Vadalà sarà attribuito il potere di ricognizione degli interventi di indagine ambientale, caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica effettuati e programmati, delle iniziative per garantire la salubrità dei prodotti agroalimentari, il monitoraggio ambientale e sanitario delle popolazioni nell’area. Ricade inoltre tra le attività del Commissario anche la ricognizione delle risorse stanziate e di quelle disponibili per l’attuazione degli interventi di bonifica necessari, come pure l’ individuazione e perimetrazione dei siti oggetto di contaminazione. La struttura di supporto sarà composta da venticinque persone. Un “sincero augurio di buon lavoro” al generale arriva da Jacopo Morrone, presidente della commissione parlamentare Ecomafie, in procinto di partire per Napoli e Caserta, insieme a una delegazione della commissione, Carmela Auriemma (M5s), Francesco Emilio Borrelli (Avs), Gerolamo Cangiano (Fdi) e Francesco Maria Rubano (Fi-Ppe), per una serie di sopralluoghi e audizioni sul filone d’inchiesta aperto per un quadro aggiornato degli elementi di criticità tuttora esistenti.

Bollette, Pichetto: “Su nuovo dl per ora no elementi concreti. Cambiare meccanismo Ttf”

Sulle bollette il governo continua a lavorare per trovare una soluzione che allevi il peso dei rincari da famiglie e imprese. Il nuovo provvedimento, annunciato la settimana scorsa dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, in Senato non ha ancora visto la luce e difficilmente sarà in Consiglio dei ministri domani. Anzi, per la verità potrebbe non essere pronto nemmeno per la prossima.

Il testo è il più classico dei work in progress, come spiega il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica. “Si sta lavorando, in questo momento non ci sono ancora elementi concreti”, dice Gilberto Pichetto. Sottolineando che il monitoraggio è a 360 gradi: “Stiamo osservando tutto, anche rispetto a ciò che sta accadendo sul gas: quando hai un’oscillazione di 7 euro a Megawattora ogni 3 giorni bisogna avere i fari bene accesi”, avverte.

Per l’esecutivo la situazione va comunque affrontata a livello europeo, se l’obiettivo è quello di avere risultati duraturi. “Si può agire sul gas o sulle bollette, ma visto che il gas pesa per il 70% sulle bollette, questo è uno degli elementi” su cui intervenire. Nel mirino c’è il Ttf di Amsterdam, quella che, semplificando, viene indicata come la ‘Borsa’ europea del gas. Il ragionamento di Pichetto parte dai dati dello scorso anno: “Nel 2024 il gas ha prodotto il 40% dell’energia elettrica, ma il famoso meccanismo europeo determina il prezzo sul peggior impianto e nel momento più critico. Ecco qual è il guaio: questo ‘accoppiamento’ ci è stato molto utile quando il gas era a 10, 12 o 15 euro, adesso invece ci sta tornando addosso come un boomerang”.

Dunque, il problema “non è risolvibile solo dicendo ‘ci metto i miliardi’. È tutta una questione di trattative, trovare i meccanismi rispetto al sistema elettrico che è molto interconnesso, dunque senza correre esageratamente il rischio di metterci i soldi e pagare l’energia agli altri”, mette in luce il responsabile del Mase. Che non si sbottona su una riduzione degli oneri di sistema per abbassare il costo delle bollette: “Sono comunque da pagare, ma questa è una domanda da fare a Giorgetti, non a me”.

In attesa del decreto, le opposizioni tornano ad attaccare. Matteo Renzi ripesca un vecchio post di Giorgia Meloni del 2022, quando criticò aspramente le misure del governo Draghi proprio per alleggerire il peso delle bollette. La premier, ai tempi in cui era capo dell’opposizione, scriveva: “Caro Bollette, aumento dei prezzi, famiglie e attività allo stremo. Problemi che denunciamo da mesi e sui quali il governo non è stato capace di intervenire. La guerra in Ucraina non sia la scappatoia dell’Esecutivo per fingere che i problemi nascano oggi. Hanno fallito”. Il leader di Iv commenta, fingendo volutamente che quelle parole siano attuali: “Giorgia Meloni per una volta dice la verità sul Governo. Sulle Bollette hanno fallito e non è colpa della Guerra. Viva la sincerità”.

Il Movimento Cinquestelle decide di protestare con un flash-mob organizzato da deputati e senatori, con il leader, Giuseppe Conte, davanti Palazzo Chigi. “Bollette alle stelle, caro-vita, salari bassi, produzione industriale in calo consecutivo da 23 mesi. Mentre chiudono ospedali e asili nido. E Giorgia Meloni che fa? Tace, scappando da ogni responsabilità. Gli italiani aspettano risposte subito”, accusa il presidente del M5S. Azione, invece, rimprovera al governo di contraddirsi, dando parere agli ordini del giorno del partito di Carlo Calenda sulla riduzione dei costi dell’energia: “Pubblicamente dichiara di impegnarsi sul tema, mentre al Senato è stato approvato un atto di indirizzo”, dice il capogruppo alla Camera, Matteo Richetti. Nel frattempo i numeri sono negativi. Un’analisi condotta da Facile.it evidenzia che nel 2024, sulla base dei consumi dichiarati di oltre 770mila utenze, “tra luce e gas, lo scorso anno gli italiani hanno pagato, mediamente, 2.130 euro”.

Pichetto: “Con questi prezzi servirà intervento su gas. Nucleare per far fronte a domanda”

Con i prezzi del gas alle stelle e l’aumento della domanda di elettricità che richiede lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, il tema energia continua a tenere banco nel governo. La strategia è orientarsi su un mix che punti all’autoproduzione, investendo intanto sul nucleare, l’unica tecnologia che, secondo il ministro Gilberto Pichetto, potrà garantirci di far fronte alle esigenze del Paese.

Intanto, però, Mase e Mef ragionano in sinergia sui costi del gas, fa sapere Pichetto, ricordando l’energy release adottato per i grandi energivori. “E’ chiaro che se tenesse questi livelli dovremo intervenire anche sul prezzo complessivo che riguarda tutti, imprese e utenze domestiche“, avverte.

Federconsumatori ha stimato aumenti nel 2025 per 1.000 euro in più a famiglia, e secondo la Cgia di Mestre le imprese italiane dovranno sostenere spese energetiche supplementari per 13,7 miliardi.

Secondo le previsioni, la domanda “esploderà nei prossimi anni”, osserva il ministro, che citando gli analisti prospetta un raddoppio nei prossimi 20 anni. “Dobbiamo andare verso la neutralità, con emissioni zero al 2050, ma per fare questo non possiamo basarci solo sulla produzione di energie neutre odierne”, sottolinea Pichetto. Con l’idroelettrico, il geotermico, il fotovoltaico, l’eolico e l’idrogeno, infatti, non si riuscirebbe secondo il ministro ad avere la continuità necessaria. “Servirà una quota di nuovo nucleare”, insiste.

Sullo strumento da utilizzare, il titolare del dicastero di via Cristoforo Colombo non si sbilancia. Ma, gli fa eco il ministro per gli Affari europei Tommaso Foti, “se non ci muoviamo per rompere il muro del sospetto rispetto ad alcune tecnologie continueremo a essere dipendenti da Paesi terzi”.

Il copresidente del Gruppo Ecr al Parlamento europeo, Nicola Procaccini, guarda alla fusione, una fonte che “sprigiona un fascino che travolge”, scandisce, intervenendo a un convegno di Fratelli d’Italia su ambiente ed energia, organizzato in Senato. Una “grande prospettiva” anche per il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, che precisa: “Se riusciamo a essere competitivi sulla fissione bene, ma dobbiamo puntare a essere l’avanguardia planetaria della fusione, piuttosto che la retroguardia della fissione”.

Fissione o fusione, resta il nodo costi. “Non c’è energia che non sia integrata a tariffa in Italia”, spiega Pichetto. In questo momento, infatti, lo Stato interviene su tutte le fonti, dal termoelettrico all’eolico, al fotovoltaico, all’idroelettrico e al geotermico. Quando si arriverà a poter utilizzare l’atomo, “si valuterà di quanto integrare”, sostiene, parlando di parificazione nelle stesse modalità delle altre fonti, “per creare il maggior vantaggio possibile al Paese”.

Una prospettiva che non piace alle opposizioni. Pichetto “conferma che il nucleare lo pagheranno gli italiani con l’aumento del costo delle bollette”, mette in guardia il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli. “Hanno ammazzato le rinnovabili, condannando l’Italia alla dipendenza dal gas e al caro bollette – denuncia -. Il risultato? Oltre 60 miliardi di extraprofitti per le grandi società energetiche in due anni e mezzo, una rapina sociale ai danni di famiglie e imprese”.

“Forse il ministro Fratin fino a oggi ha vissuto sulla Luna”, concordano le deputate M5S Emma Pavanelli e Ilaria Fontana, per le quali “sentire da un esponente di governo che, se il prezzo del gas non scende, si dovrà intervenire significa ammettere che fino a ora non hanno fatto nulla”. Per le pentastellate, “servono proposte concrete, come quelle che il Movimento 5 Stelle ha presentato con una mozione alla Camera, invece di parlare di un nucleare che ancora non esiste e di una tecnologia che va avanti a colpi di ricerca e sperimentazione”.

Italia hub energetico e ponte Africa-Europa con Corridoio Sud idrogeno

Le due sponde del Mediterraneo si avvicinano. La dichiarazione congiunta di Italia, Germania, Austria sul Corridoio Meridionale dell’Idrogeno viene estesa all’Algeria e alla Tunisia.

La mega opera trasporterà idrogeno rinnovabile per oltre 3.300 chilometri dal Nord Africa all’Italia, all’Austria e alla Germania. I Paesi dichiarano l’intenzione di proseguire i lavori per lo sviluppo del ‘SouthH2 Corridor’ nel corso della prima Riunione Pentaministeriale, organizzata a Villa Madama dai ministri degli Esteri e dell’Ambiente, Antonio Tajani e Gilberto Pichetto.

L’idrogeno trasportato in Europa sarà green, se prodotto solo con energia elettrica, ma potrà essere anche blu, prodotto dal gas, “con la cattura però della CO2, che permette la decarbonizzazione pur utilizzando il gas“, precisa Pichetto. Un ulteriore passo verso la costruzione di un mix energetico in cui i fossili verranno gradualmente sostituiti dalle rinnovabili, con il fotovoltaico, l’eolico, il nuovo geotermico e, per dare continuità, “in futuro col nucleare” spiega il ministro. Il titolare del dicastero di via Cristoforo Colombo legge l’intesa come un goal politico e istituzionale, perché, sostiene, “ribadisce l’impegno nella cooperazione, volto alla realizzazione di un’opera decisiva per il futuro energetico di entrambi i Continenti“. Con l’Italia “pronta” a essere “centrale anche nel settore dell’idrogeno“, afferma.

Il SoutH2 Corridor è un modo per lavorare agli obiettivi di decarbonizzazione e indipendenza energetica “in modo concreto e pragmatico” per Tajani. Pensando al mix energetico indispensabile per l’indipendenza del Continente, il vicepremier ricorda che lo scorso 5 novembre la Farnesina ha ospitato la prima riunione del Gruppo Mondiale per l’Energia da Fusione, in partenariato con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica. Il corridoio Sud dell’Idrogeno, ribadisce, “rafforzerà ulteriormente il ruolo del nostro Paese come ‘hub’ europeo dell’energia“.

In Nord Africa l’Italia avrà anche un ruolo negli investimenti per il fotovoltaico e per la cattura del carbonio. In altri termini: potremo contribuire a costruire l’infrastruttura di trasporto, ma potremo anche costruire le centrali: “Già adesso abbiamo il prelievo del gas, investiamo lì con Eni, c’è già un coinvolgimento italiano. Il piano Mattei che prevede un’azione di collaborazione, di integrazione, di sviluppo per quei territori prevede investimenti da parte dell’Italia e prevede investimenti utili, non solo cooperazione“, chiarisce Pichetto. Il Corridoio Sud dovrà entrare in funzione entro il primo gennaio 2030, ma è “in gran parte già pronto“, assicura il ministro, che prevede la possibilità, in futuro, di collegarlo con la pipeline che raggiunge la Libia, “da 13 miliardi e mezzo di metri cubi di gas“.

Al tavolo della ministeriale, con Tajani e Pichetto, siedono il ministro algerino dell’energia, delle miniere e delle energie rinnovabili, Mohamed Arkab, il segretario del ministero federale tedesco per l’Economia e l’azione climatica, Philipp Nimmermann, il direttore generale della Direzione Clima ed Energia del ministero austriaco per la protezione del clima, Jürgen Schneider, il segretario del Consiglio Federale svizzero per l’energia, Benoît Revaz, l’ambasciatore della Tunisia a Roma, Mourad Bourehla, a nome della Ministra dell’Industria, delle Miniere e dell’Energia, Fatma Thabet Chiboub, e il direttore generale Energia della Commissione Europea, Ditte Juul Jørgensen.

L’Unione europea è presente perché il progetto è uno dei corridoi di approvvigionamento di Idrogeno inclusi nel piano REPowerEU, “la sua importanza è stata riconosciuta sia con l’inclusione tra i Progetti di Interesse Comune sia con l’etichetta di Global Gateway“, afferma Pichetto, confidando che l’opera possa ottenere finanziamenti dal Meccanismo per connettere l’Europa, CEF-Energia.

Villa Madama ha aperto le porte non solo alle istituzioni, ma anche alle imprese, con un Forum che ha messo a confronto il mondo produttivo dei paesi firmatari. “La crescente attenzione verso il SouthH2Corridor testimonia la sua solidità e il suo potenziale per rafforzare contribuire a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione“, commenta Stefano Venier Ad di Snam, che gestisce per l’italia la partita del Corridoio Sud. È un “progetto chiave“, insiste Venier, che aiuterà l’Italia a diventare un “gateway energetico per l’Europa grazie alla collaborazione con i Paesi al di qua e al di là del Mediterraneo“. Basandosi su una partnership energetica di successo avviata negli anni ’60, il progetto sfrutta in parte le risorse esistenti, un know-how tecnico e solidi legami commerciali tra aziende internazionali che collaborano da decenni: “Questi legami storici saranno fondamentali per affrontare le complessità di un’iniziativa transcontinentale – prevede l’ad – che l’Europa stessa riconosce come cruciale, avendola riconosciuta come Progetto di Interesse Comune“. Alla Tunisia in particolare guarda Enel che con Eni lavora a un progetto pilota per la produzione di Idrogeno verde proprio nel Paese nordafricano: “Il perfetto esempio dello spirito di partenariato su cui si fonda il Piano Mattei, che punta sull’integrazione Nord Africa-Europa, con l’Italia snodo centrale per i bisogni energetici europei”, scandisce Salvatore Bernabei, Direttore di Enel Green Power e Thermal Generation. Sull’idrogeno verde però Eni mette in guardia dai prezzi ancora molto elevati: “E’ un tassello di questo mosaico, un tassello che genera forti aspettative, ma che deve ancora fare i conti con la sostenibilità dei costi“, avverte Lapo Pistelli, direttore Public Affairs del cane a sei zampe, chiedendo di fare attenzione a “investire in un vettore che aiuta la decarbonizzazione a discapito della competitività delle imprese“. Per quanto, ricorda Pichetto, “la decarbonizzazione è anche un obiettivo industriale, non solo di transizione”.

A Fiumicino il più grande impianto fotovoltaico aeroportuale in Europa

Nasce, nell’aeroporto di Roma Fiumicino, il più grande impianto fotovoltaico in autoconsumo in uno scalo europeo e tra i più estesi al mondo. Si chiama Solar Farm, è posizionato lungo il lato Est della Pista 3 ed è un progetto di Aeroporti di Roma realizzato da Enel, in collaborazione con Circet. Si estende per quasi due chilometri e mezzo ed è composta da circa 55.000 pannelli in silicio monocristallino che, grazie a una potenza di 22 MWp, consentiranno allo scalo di produrre annualmente energia elettrica per più di 30 milioni di kWh. Si tratta di un primo, grande passo che porterà lo scalo ad avere a regime, nei prossimi 5 anni, una potenza installata di 60 MWp con l’installazione di altri farm sempre nel perimetro dell’attuale sedime. Una capacità sufficiente a soddisfare il fabbisogno energetico annuo di 30mila famiglie italiane, per un anno intero o – tradotto in auto elettriche – a fare il “pieno” a oltre un milione di veicoli.

L’investimento complessivo per la realizzazione del progetto ammonta a circa 50 milioni di euro, nell’ambito di un paniere di interventi per la generazione rinnovabile e la mobilità sostenibile per un impegno finanziario che supera i 200 milioni di euro. La Solar Farm, che contribuirà dunque a ridurre le emissioni di CO2 dello scalo di oltre 11.000 tonnellate ogni anno, rappresenta una delle più ambiziose iniziative nel percorso di transizione energetica e decarbonizzazione avanzate da AdR, con l’obiettivo di arrivare al Net Zero Carbon nel 2030, con vent’anni di anticipo rispetto al target di settore.

L’infrastruttura si colloca all’intero della strategia ESG delineata dalla Capogruppo Mundys i cui obiettivi sono stati certificati da SBTi (Science Based Target Initiative), in linea con lo scopo di mantenere il riscaldamento globale entro una traiettoria di 1,5°C. Oltre a ridurre l’uso delle fonti fossili per il fabbisogno energetico delle attività aeroportuali, la nuova opera permetterà anche di incrementare l’indipendenza energetica e la resilienza rispetto alla volatilità dei mercati.

Il lancio “consolida il nostro impegno nella transizione green e nella decarbonizzazione con una infrastruttura unica nel suo genere in tutto il panorama aeroportuale internazionale”, rivendica Marco Troncone, amministratore delegato di Aeroporti di Roma. L’indipendenza energetica garantita da questa nuova progettualità all’aeroporto consentirà, spiega, di “ridurre drasticamente l’impatto ambientale delle attività secondo il modello di sviluppo sostenibile che stiamo costruendo ormai da anni e che rappresenta la prima, vera precondizione per la crescita dello scalo, del territorio e del Paese”. Il settore del trasporto aereo offre “numerose possibilità di ricerca e sviluppo di soluzioni innovative per la decarbonizzazione”, riflette il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin. La Solar Farm è, precisa, “la prova di come la transizione energetica sia in grado di generare opportunità di crescita non soltanto per il sistema delle nostre imprese ma anche per i cittadini, che da oggi potranno beneficiare di un hub ancora più green e innovativo”. Il ministro parla di una tappa importante anche in vista “dell’urgente ulteriore sviluppo di capacità di una struttura votata all’efficienza energetica e alla sostenibilità ambientale e l’inaugurazione dell’impianto di oggi è un’occasione per celebrare anche la leadership italiana in questo cruciale settore”. Un ulteriore passo significativo verso “la riconciliazione del trasporto aereo con l’ambiente”, fa eco Pierluigi Di Palma, Presidente Enac e del Comitato Istituzionale della ‘Fondazione PACTA, Patto per la decarbonizzazione del trasporto aereo’. L’impianto Solar Farm dell’aeroporto di Roma Fiumicino, conferma, ricorda, “gli obiettivi di sostenibilità che abbiamo inserito nel nuovo PNA, così da traguardare l’obiettivo Net Zero Carbon Emissions già nel 2030, con venti anni di anticipo”. L’obiettivo raggiunto era ambizioso, osserva Francesca Gostinelli, Head of Enel X Global Retail: il più grande impianto fotovoltaico per la generazione di energia rinnovabile in autoconsumo, all’interno di un aeroporto europeo. Un traguardo che, scandisce, “testimonia il crescente impegno di ADR nell’efficientamento energetico e nella riduzione delle emissioni”.

Governo lavora su dossier energia. Meloni ad Abu Dhabi, Pichetto sigla intesa con Arabia

Con lo stop delle forniture di gas russo da Gazprom e i prezzi alle stelle, il governo lavora sul dossier energia, con lo sguardo rivolto ancora più a Est. Gilberto Pichetto firma a Riad un memorandum quinquennale con l’Arabia Saudita per rafforzare la cooperazione su transizione e sicurezza degli approvvigionamenti, prima di accompagnare Giorgia Meloni ad Abu Dhabi, dove domani e il 16 gennaio parteciperà al World Future Energy Summit.

E’ la terza visita della premier negli Emirati Arabi Uniti dall’inizio del mandato, dopo la bilaterale di marzo 2023 e la partecipazione alla COP28 di Dubai a dicembre 2023. Nel frattempo, le relazioni tra Italia ed Emirati sono cresciute. L’energia è un tassello cruciale della cooperazione, con un approccio alla transizione che più volte la premier ha definito “pragmatico“, ispirato al principio di neutralità tecnologica. Al summit della Sustainability Week Meloni interverrà al segmento di alto livello concentrandosi, secondo quanto filtra da fonti diplomatiche, sulla strategicità delle interconnessioni per la transizione energetica ribadendo che “l’obiettivo dell’Italia è diventare lo snodo per i flussi energetici tra l’Europa e l’Africa“. Un traguardo a cui il Governo sta lavorando da più fronti, con l’attuazione del Piano Mattei e di diversi progetti infrastrutturali, come l’elettrodotto sottomarino Elmed tra Italia e Tunisia. A margine del suo intervento, il Presidente del Consiglio assisterà alla firma di un’intesa quadro per lo sviluppo di una nuova infrastruttura di produzione e distribuzione di energia verde. Con Meloni e Pichetto, sarà ad Abu Dhabi anche il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida.

La premier incontrerà ancora anche il presidente, Mohamed bin Zayed, per discutere di come sviluppare ulteriormente gli investimenti reciproci nei settori più innovativi e ad alto valore aggiunto. In agenda ci sono anche i nodi internazionali, dall’Ucraina al Medio Oriente. Meloni e bin Zayed approfondiranno le possibilità di rafforzare la cooperazione italo-emiratina nel quadro del Piano Mattei e del Processo di Roma su migrazioni e sviluppo. Gli EAU sono stati i primi a contribuire al fondo fiduciario multi-donatore creato dall’Italia presso la Banca Africana di Sviluppo.

Il memorandum firmato da Pichetto in Arabia Saudita si concentra invece sulle energie rinnovabili, la riduzione delle emissioni di metano, le interconnessioni elettriche, l’idrogeno rinnovabile e a basse emissioni, i suoi derivati di natura rinnovabile e low-carbon come l’ammoniaca, i sistemi di cattura, stoccaggio e utilizzo della CO2.  Per il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica l’Italia “consolida il suo ruolo di hub energetico e ponte tra Europa e Africa, con partenariati reciprocamente vantaggiosi basati sul ruolo strategico delle energie rinnovabili e dell’idrogeno”. L’Italia punta a essere un punto di ingresso dell’idrogeno e derivati nel mercato europeo “molto più vicino, competitivo e strategico di altre alternative sul Mare del Nord”, spiega Pichetto, annunciando un “immediato e concreto” seguito operativo del MoU con la decisione di indicare un rappresentante permanente del Ministero dell’Ambiente presso l’International Energy Forum (IEF). Un’intesa che, assicura, è “un punto di partenza e non di arrivo“, uno strumento quadro da utilizzare per rafforzare i rapporti tra i nostri Paesi e, attraverso l’Italia, tra l’Arabia Saudita e l’Europa.

La bolletta del gas tutelato sale ancora. Pichetto: “Rivedere price cap europeo”

Il mese di dicembre 2024 segna un nuovo aumento dei prezzi del gas in Italia, con il costo di riferimento per il cliente tipo che arriva a 125,22 centesimi di euro per metro cubo, in crescita del 2,5% rispetto a novembre. L’incremento è stato determinato dall’aumento dei prezzi all’ingrosso, un fattore che incide direttamente sulla spesa per la materia prima. La conferma arriva dall’Arera, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, che ha comunicato anche il valore della materia prima per il Servizio di Tutela della Vulnerabilità gas, che per dicembre 2024 si attesta a 47,59 euro/MWh. Attualmente, circa 2,36 milioni di clienti domestici usufruiscono di questo servizio di protezione, che in due mesi – tra novembre e dicembre – hanno visto la loro tariffa aumentare di ben oltre il 20%. In particolare, secondo Arera, la spesa per la materia prima gas naturale incide per il 42,98% del totale della bolletta, pari a 53,82 centesimi di euro. La spesa per il trasporto e la gestione del contatore, che copre la distribuzione, la misura e i servizi correlati, rappresenta il 22,4%, pari a 28,03 centesimi. Gli oneri di sistema e le imposte incidevano rispettivamente per il 2,35% e il 27,36%.

A complicare ulteriormente la situazione, il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha sottolineato l’impatto dello stop al transito delle forniture di gas da parte di Gazprom attraverso l’Ucraina. Sebbene l’Italia abbia continuato a ricevere gas dalla Russia nel corso del 2024, Pichetto ha rassicurato sullo stoccaggio nazionale, che ha raggiunto l’80% della quota di dosaggio. “Abbiamo una decina di miliardi di metri cubi di disponibilità e riusciamo a far fronte al passaggio invernale“, ha dichiarato il ministro, facendo riferimento anche ai rifornimenti verso l’Austria attraverso il punto di Tarvisio.

Tuttavia, la principale preoccupazione resta l’incremento dei prezzi, legato non solo alla riduzione dei quantitativi di gas disponibili per l’Europa, ma anche ai possibili rischi di speculazione nel mercato spot. Pichetto ha suggerito che uno degli strumenti per contrastare tale fenomeno sia rappresentato dai contratti di lungo termine, che permettono una maggiore stabilità e protezione contro le fluttuazioni improvvise dei prezzi. Per quanto riguarda le soluzioni politiche, Pichetto a Radio Radicale ha sottolineato che “l’Unione europea dovrebbe, a questo punto, e lo abbiamo chiesto, rinnovare l’eventuale price cap, ma non a 180 euro come il precedente, ma a 50-60 euro – ha sottolineato il responsabile del Mase -. Questo significherebbe porre anche un freno a quelle operazioni puramente finanziari che non c’entrano niente con la materia prima, ma pesano sulle famiglie e sulle imprese“.

Intanto, l’eurodeputata Annalisa Corrado, responsabile Ambiente del Partito Democratico, in una nota sottolinea che “occorre proteggere in maniera strutturale e solida le fasce più fragili della popolazione, a partire dai consumatori cosiddetti ‘vulnerabili’, difendendoli dalle speculazioni di un mercato fuori controllo; occorre accelerare ogni azione possibile per far penetrare nelle bollette i benefici del basso costo delle rinnovabili, il modo più rapido ed efficace che abbiamo di correre ai ripari, abbassando la nostra dipendenza dal gas di qualunque provenienza, che rende elevati e instabili i costi. Torniamo a chiedere al Governo e a tutte le forze politiche di prendere in considerazione la nostra proposta di riforma dell’Acquirente Unico, che risponde in maniera strutturale a diverse delle problematiche qui illustrate, innanzitutto a immediata tutela dei consumatori vulnerabili“, conclude la nota della Corrado.

Energia, manifesto per salvare l’idroelettrico: No a gare. Pichetto: Troveremo soluzione

Il nostro Paese rischia di perdere un settore energetico strategico“: è l’appello che questa mattina associazioni di categoria, sindacati e Onlus lanciano sul comparto idroelettrico dai quotidiani italiani, con una lettera aperta contro le modifiche alla norma sulle gare delle concessioni. Un manifesto, intitolato ‘Uniti per l’idroelettrico italiano’, firmato da 27 sigle che accende i riflettori su un settore energetico strategico per il Paese.

Se nessuno Stato membro ritiene di dover mettere a gara le proprie concessioni, per analogia, a tutela di imprese e famiglie italiane, anche in Italia non può e non deve essere possibile procedere“, spiega Assoidroelettrica. Secondo l’associazione potrebbe essere “assai pericoloso indire bandi che permettano la partecipazione solo a taluni soggetti, perché queste disposizioni potrebbero essere impugnate, giungendo così a situazioni di totale incertezza“. Le associazioni chiedono investimenti per ottimizzare le centrali sul territorio nazionale, titoli concessori efficaci e impegni dei concessionari a “porre in essere adeguati interventi“.

La proposta è quella di fermare le aste con un decreto ministeriale, almeno fino a quando non arriverà il pronunciamento richiesto in merito dalla Corte Costituzionale alla Corte di Giustizia europea.

Condivide le preoccupazioni Gilberto Pichetto: “L’idroelettrico rappresenta un vettore irrinunciabile per il sistema Paese nel suo percorso di transizione“, ricorda il ministro. Da due anni, garantisce, il governo è cerca “soluzioni percorribili, che non pregiudichino gli obiettivi del Pnrr, valorizzando allo stesso tempo la volontà di liberare gli investimenti sul territorio“. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica si impegna a perseguire “ogni strada” possibile, nel confronto con la nuova Commissione europea, per un sistema “più bilanciato” di quello che oggi disciplina le procedure di assegnazione delle concessioni.

È fondamentale mettere in atto ogni intervento possibile per scongiurare il rischio che l’Italia, a causa delle modalità di assegnazione delle concessioni, perda una risorsa così essenziale anche per il processo di decarbonizzazione“, afferma Riccardo Zucconi, responsabile energia di FdI che ha assunto un impegno per il comparto con l’ordine del giorno al decreto Concorrenza. Ricorda che “bisogna agire in Europa“, confidando nel lavoro che su questo fronte potranno portare avanti il vicepresidente della Commissione Raffaele Fitto e il ministro per gli Affari europei Tommaso Foti, affinché la modifica delle procedure per il rinnovo delle concessioni rispetto a quanto attualmente previsto, non venga considerata un reversal rispetto ai requisiti richiesti per accedere ai fondi del Pnrr. “Senza l’introduzione di una normativa comunitaria improntata al principio di reciprocità fra tutti gli Stati, l’attuale procedura sulle concessioni idroelettriche italiana non rispetta di fatto alcun principio di concorrenza imposto in seno alla Ue“, osserva Zucconi.

Per raggiungere gli impegni sulla decarbonizzazione, “abbiamo bisogno dell’apporto di tutte le fonti energetiche, compreso l’idroelettrico“, aggiunge Luca Squeri, responsabile Energia di FI. “Dobbiamo impedire che le concessioni finiscano nelle mani di paesi che non garantiscono uguali possibilità ai nostri investitori“, insiste.

Si dice “stupita” dalle dichiarazioni della maggioranza la senatrice di Italia Viva, Silvia Fregolent: “Nulla hanno detto o fatto in questi mesi in cui il governo ha disatteso ogni impegno“, denuncia, rivendicando una lotta di Iv contro la messa a gara dell’idroelettrico dai tempi del governo Draghi. “Continuiamo oggi – scandisce – che non è stato fatto nemmeno il dpcm sulla golden power. Se non si interviene rapidamente si rischia di svendere il nostro patrimonio energetico ed idrico, altro che sovranità italiana!”.

Il 17 e 18 dicembre gli Stati Generali delle aree protette. Pichetto: “Modernizzeremo politiche”

Ripensare alle politiche per la tutela delle aree protette con norme più aggiornate e organiche. Ma non prima di aver ascoltato tutti gli attori coinvolti e aver messo sul tavolo i nodi irrisolti. Per questo, a Roma il 17 e 18 dicembre il ministero dell’Ambiente organizza, a distanza di 10 anni, gli Stati Generali delle Aree protette italiane, in collaborazione con Federparchi-Europarc Italia. Una due giorni guidata dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, con il sottosegretario Claudio Barbaro e la partecipazione di organizzazioni ambientaliste, enti parco, enti locali, operatori turistici, mondo della ricerca e delle università, rappresentanti governativi e politici. Saranno, spiega il ministro, “un momento importante di riflessione e pianificazione per il futuro delle aree protette italiane, nell’ottica di contemperare le necessarie esigenze di tutela ambientale con quelle di uno sviluppo economico sostenibile”.

Un confronto con i principali stakeholder del settore, con l’obiettivo condiviso di “modernizzare le politiche in materia, al fine di custodire e valorizzare al meglio il nostro straordinario patrimonio naturale”.

In Italia si contano circa 1049 aree protette: 24 Parchi nazionali; 30 Aree Marine Protette (il santuario Pelagos e 2 parchi sommersi); 149 Riserve naturali statali; 149 Parchi regionali; 450 Riserve regionali; 5 Parchi geominerari. A questi vanno aggiunte altre aree protette nazionali e regionali, i siti Natura 2000, i siti Ramsar, le riserve MAB UNESCO, le zone ZSC.

L’Italia è uno dei primi Paesi al mondo per biodiversità, con un alto numero di aree protette, che, ricorda Barbaro, “non sono mai state messe a sistema: per farlo occorre ripensare alla legge 394 in maniera altrettanto sistemica”. Gli Stati Generali saranno quindi l’occasione per raccogliere suggerimenti, criticità, proposte e necessità di chi gestisce le aree protette, per poi immaginare un nuovo sistema. “In questi due anni di Governo mi sono interfacciato con diversi operatori delle aree protette e se c’è una cosa su cui siamo tutti d’accordo è che la Legge Quadro sulle Aree Protette, la 394, va emendata“, afferma Barbaro. L’obiettivo per il 2025 non è solo quello di un mero rinnovo e aggiornamento, assicura, ma di “passare da un sistema di gestione atomizzato, frammentato e diviso, a un sistema di rete”, attraverso un ddl governativo.