Decreto Agrivoltaico: 1 GW di impianti avanzati entro giugno 2026

La missione è installare almeno 1,04 GW di impianti agrivoltaici entro il 30 giugno 2026. Con questo obiettivo, previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, approva una proposta di decreto e trasmette il testo alla Commissione europea, dalla quale si dovrà attendere il via libera per l’effettiva entrata in vigore.

L’autonomia energetica si costruisce anche puntando sulla “vocazione agricola di una grande parte del nostro Paese“, spiega Pichetto. La sfida, scandisce, è “far coesistere nei campi l’eccellenza agricola con soluzioni nuove per generare energia pulita, aprendo opportunità di crescita del settore nel segno della sostenibilità e dell’attenzione all’ambiente“. Dopo il provvedimento sulle Comunità Energetiche, questo è un altro passo per “cambiare dal territorio il paradigma energetico del nostro Paese e guardare al futuro”, afferma.

L’agrivoltaico combina le colture con i pannelli fotovoltaici, installati a un’altezza tale da consentire il passaggio delle macchine agricole. La sfida è quella di generare colture ed energia nello stesso momento e senza conflitti.

Il decreto del Mase prevede, nel dettaglio, il riconoscimento di un incentivo composto da un contributo in conto capitale per, al massimo, il 40% dei costi ammissibili e una tariffa incentivante sulla quota di energia prodotta e immessa in rete. A essere sostenute saranno in particolare soluzioni costruttive “innovative”, fa sapere il ministero, prevalentemente a struttura verticale e con moduli ad alta efficienza. Il Pnrr attribuisce a questo investimento risorse pari a quasi un miliardo e cento milioni di euro e l’intera misura sarà gestita da Gse.

Gli imprenditori agricoli avranno accesso a due distinti contingenti di potenza: un primo contingente da 300 MW destinato al solo comparto agricolo per impianti di potenza fino a 1 MW e un secondo aperto invece anche alle associazioni temporanee di imprese composte da almeno un soggetto del comparto agricolo per impianti di qualsiasi potenza. Fondamentale sarà il sistema di monitoraggio: è previsto che queste installazioni garantiscano la continuità dell’attività agricola e pastorale sottostante l’impianto per tutto il periodo di vita utile degli impianti e che siano monitorati il microclima, il risparmio idrico, il recupero della fertilità del suolo, la resilienza ai cambiamenti climatici e la produttività agricola per i diversi tipi di colture.

La proposta di decreto coniuga due esigenze primarie per l’Italia, osserva il vicepresidente della commissione Ambiente della Camera, Francesco Battistoni: “Sviluppare nuova energia green da un lato e rendere, dall’altro, sempre più sostenibile la nostra agricoltura”. L’autonomia energetica è fra le priorità del governo, conferma: “Trovare soluzioni di sviluppo sostenibile che tutelino l’ambiente prevedendo anche una crescita del settore agroalimentare in chiave green e di risparmio energetico è un provvedimento di visione e di programma che guarda al futuro dell’Italia e alla salvaguardia delle economie territoriali, con un’attenzione specifica verso le produzioni agricole e verso gli allevamenti italiani che sono fra i comparti produttivi più importanti del nostro sistema Paese”, conclude.

Giornata del Mare, Meloni: “Rimettere al centro asset e farne vettore di sviluppo”

Iniziative su tutto il territorio nazionale per la Giornata nazionale del mare che si celebra l’11 aprile. A partire da Palazzo Chigi, la cui facciata viene illuminata di azzurro. “L’Italia è una nazione, allo stesso tempo, continentale e marittima. È nata nel, per e con il mare: la geografia ha plasmato la nostra civiltà e ci ha reso piattaforme naturali per la diffusione della cultura, i commerci e la logistica“, dichiara la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. “Purtroppo, però, l’Italia ha spesso dimenticato questa sua duplice identità, si è percepita come una ‘Patria senza mare’ e non è stata pienamente consapevole di quanto il mare possa essere una risorsa geostrategica, ambientale, culturale ed economica – aggiunge -. Rimettere al centro questo asset e farne un vettore di sviluppo e di ricchezza, da ogni punto di vista, è una priorità del governo“. Ecco che, secondo la premier, “da una maggiore consapevolezza e conoscenza di ciò che siamo e delle potenzialità che abbiamo può scaturire anche un rinnovato protagonismo nel presente e nel futuro“.

Secondo il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, “la centralità geografica dell’Italia nel Mediterraneo porta con sé grandi responsabilità e opportunità, sia sotto il profilo ambientale che energetico. Il ‘mare Nostrum’ abbraccia popoli e culture che possono trovare sempre più punti di incontro nella tutela marina, specialmente dopo lo storico accordo alla Cop15 sulla biodiversità di Montreal. L’Italia – conclude il ministro – è depositaria di un ‘know-how’ straordinario nella gestione delle Aree Marine Protette, che è giusto condividere rafforzando ogni giorno quella rete di tutela senza la quale ogni singolo intervento perderebbe di senso”.

In occasione della Giornata nazionale del mare, il Mase e il Centro Regionale di Attività per le Aree Specialmente Protette della Convenzione di Barcellona (Rac/Spa), nell’ambito della Convenzione di Barcellona sulla protezione del Mediterraneo, annunciano il prossimo lancio del “progetto per sviluppare e rafforzare un’efficace gestione delle Aree Specialmente Protette di Importanza Mediterranea (Aspim).  L’iniziativa, giunta alla seconda edizione, intende sviluppare e rafforzare la gestione delle Aspim, con programmi di gemellaggio tra le realtà italiane e quelle delle subregioni mediterranee: saranno condivise conoscenze, esperienze, capacità organizzative. Le Aspim italiane coinvolte in questa seconda edizione del progetto sono Miramare, Porto Cesareo e Penisola del Sinis – Isola di Mal di Ventre che saranno gemellate, rispettivamente, con Palm Island (Libano), El Hoceima (Marocco) e Zembra & Zembretta (Tunisia). L’appuntamento con il kick-off del progetto è il 27 aprile. Ad oggi, le Aspim riconosciute sono 39, appartenenti a 10 Paesi diversi: Albania, Algeria, Cipro, Francia, Italia, Libano, Marocco, Slovenia, Spagna e Tunisia. L’Italia guida la classifica del più alto numero di Aspim, che si caratterizzano per rilevanti attività di conservazione della diversità biologica, ecosistemi specifici o habitat di specie protette, particolari punti di interesse sul piano scientifico, estetico, culturale o educativo. La regìa delle attività di progetto e degli accordi bilaterali nell’ambito della Convenzione di Barcellona è gestita dalla Direzione generale Patrimonio Naturalistico e mare del Mase.

Il Governo riferirà in Parlamento sul Pnrr. Salvini smorza le polemiche, ma la Lega insiste sui fondi

Il governo riferirà in Parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr. Dopo giorni di polemiche e richiesta di “più trasparenza“, le opposizioni segnano un punto ottenendo il confronto nelle sedi istituzionali per fare il punto su uno dei dossier più importanti dell’agenda politica. Anche se per Raffaele Fittonon c’è nessuna difficoltà a farlo“, ma soprattutto “la consideriamo un’opportunità“. Il ministro, che ha proprio la delega al Piano nazionale di ripresa e resilienza, sottolinea che sarà “un’ottima occasione di confronto per approfondire e chiarire il merito delle questioni“. Sullo sfondo, però, echeggiano ancora le parole del capogruppo leghista alla Camera, Riccardo Molinari, secondo il quale andrebbe fatta una valutazione sulla rinuncia a una parte delle risorse europee, nell’ambito di una rimodulazione del Piano, da portare avanti ovviamente con l’Europa.

Parole che hanno fatto scattare l’allarme nelle forze di minoranza: dal Pd al Movimento 5 Stelle, al Terzo polo. “Pensiamo che il Pnrr sia seriamente a rischio e dobbiamo iniziare a pensare che le parole di Molinari di ieri, pur smentite da Meloni, siano la verità nascosta“, dice il presidente dei senatori dem, Francesco Boccia, non nascondendo di essere “molto preoccupati“. Ad aumentare i timori, nonostante dal governo abbiano già smentito l’ipotesi che possano essere perse risorse del Piano, è una nuova voce leghista fuori dal coro (della maggioranza), quella di Claudio Borghi. “Da economista, non solo da senatore, dico che la parte a debito del Pnrr va valutata bene rispetto ad altre forme di finanziamento“, dice ad ‘Affaritaliani.it’ il capogruppo in commissione Bilancio del Senato. Perché, a suo modo di vedere, “il rischio è quello di opere fatte di corsa e male, il tutto con l’indebitamento che rimane“. Non la pensa così il leader della Lega e vicepremier, Matteo Salvini: “Il mio obiettivo è spendere tutti i fondi, e bene, fino all’ultimo euro in cassa“, poi “se c’è qualcosa da rimodulare o ricalibrare lo faremo“. Sulle parole di Molinari, il responsabile del Mit dà un’altra chiave di lettura: “Ascoltando le preoccupazioni di alcuni sindaci, dice bisogna assumere persone”, altrimenti “questa mole di decine di miliardi difficilmente verrà spesa“.

Sul tema interviene anche il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto. Sottolineando che del Pnrr “l’importate è non perdere neanche un euro di risorse” così come “è importante anche fare le cose“. A proposito di progetti, poi, il responsabile del Mase, a chi gli chiede cosa si possa cambiare, replica senza esitazioni: “Molto poco“. Nemmeno sul rimboschimento, che “sta andando avanti abbastanza bene, abbiamo superato il target e non ci sono problemi“. Né sull’idrogeno: “Il piano è confermato“.

Con l’Europa, semmai, il confronto è più incentrato sulla richiesta di flessibilità. Tema al centro dei due incontri avuti a Roma dal commissario Ue al Bilancio e amministrazione, Johannes Hahn, che ha visto sia Fitto, sia il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Per il responsabile del Mef “i profondi cambiamenti” come “la guerra in Ucraina, l’inflazione e i costi energetici richiedono una riflessione su una maggiore flessibilità nell’attuazione dei progetti“.

Nel frattempo che il dialogo prosegue, però, vanno risolti i problemi individuati da Bruxelles, che si è presa un mese in più per approfondire sugli obiettivi al 31 dicembre 2022 e sui progetti che riguardano lo stadio ‘Artemio Franchi’ di Firenze e il ‘Bosco dello Sport’ di Venezia. Proprio per questo il ministro degli Affari europei, ha avuto un incontro con il sottosegretario agli Interni, Emanuele Prisco, il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, e i sindaci di Firenze e Venezia, Dario Nardella e Luigi Brugnaro, nel quale sono stati toccati tutti gli aspetti tecnici. “Sono emersi elementi utili che il governo italiano, in sintonia con i sindaci interessati, trasmetterà alla Commissione europea al fine di superare tutte le criticità riscontrate“, fa sapere il governo. Che proseguirà il canale di dialogo e di lavoro con l’Ue “con spirito costruttivo“.

auto elettriche

Via libera dal Consiglio Ue: stop a motori diesel e benzina dal 2035. L’Italia si astiene

Lo stop ai motori a combustione dal 2035 diventa legge. Dopo settimane di stallo, dal Consiglio Energia europeo riunito a Bruxelles è arrivato oggi l’ultimo via libera al regolamento per ridurre le emissioni di CO2 nelle nuove autovetture, parte cruciale del pacchetto sul clima ‘Fit for 55’. E il testo è passato con l’astensione dell’Italia, della Bulgaria e della Romania. Solo la Polonia ha votato contro il provvedimento, mentre la Germania ha confermato il sì dopo aver strappato alla Commissione Ue una deroga per i carburanti sintetici, gli e-fuels.

La norma – su cui Parlamento e Consiglio europeo avevano già raggiunto un accordo a ottobre – prevede una riduzione graduale delle emissioni di CO2 dalle nuove autovetture immatricolate: devono diminuire del 55% entro il 2030 e del 100% entro il 2035. Questo significa la fine dei motori a combustione interna entro quella data. In una intesa annunciata nel fine settimana, la Commissione europea ha promesso a Berlino di creare un quadro di approvazione per i motori a combustione alimentati da carburanti sintetici, gli e-fuels. E questo ha portato la Germania a sbloccare lo stallo e dare via libera alla normativa.

L’Italia aveva chiesto la stessa apertura sui biocarburanti, ma nonostante non ci sia stata ha deciso di astenersi, anziché votare contro come aveva annunciato fino a poche ore fa.
Astensione, non voto contrario. Ai fini del raggiungimento della maggioranza qualificata (necessaria al via libera) in seno al Consiglio non cambia molto. Il cambio di passo dell’Italia è però significativo dal punto di vista politico. A spiegare le ragioni dell’astensione è il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, subito dopo il voto al Consiglio. Da un lato, l’apertura sui carburanti sintetici voluta dalla Germania per l’Italia significa “salvare” il motore endotermico dopo il 2035. “Abbiamo apprezzato il cambiamento di direzione da parte della Commissione nell’accogliere la possibilità di immatricolare anche motori endotermici dopo il 2035 e non più solo elettrici”, ha sintetizzato Pichetto.

L’altra ragione è che l’Italia pensa di poter dimostrare il principio di neutralità tecnologica “anche ai biocarburanti in una valutazione prima del 2026”, quando il regolamento ha previsto la clausola di revisione. L’Italia – ha detto Pichetto – “è produttore di biocarburanti e abbiamo ottenuto di poter aprire la discussione nel provare che i biocarburanti” possono bilanciare l’emissione con la cattura di CO2 “provenendo da vegetali”. La realtà dei fatti è che la Germania, una volta ottenuta la garanzia da parte della Commissione sui carburanti sintetici, ha lasciato l’Italia sola nell’opposizione al provvedimento con un gruppo minore di Paesi, incapaci di raggiungere la soglia per rappresentare una minoranza di blocco. A quel punto, più che dare un parere contrario ha preferito astenersi, anche se da parte della Commissione europea non c’è stata alcuna apertura sui biocarburanti come richiesto dal governo di Roma.

In base all’intesa con la Germania annunciata sabato mattina, la Commissione europea presenterà un atto delegato sul ruolo dei carburanti sintetici, e-fuels, per ridurre le emissioni di CO2. I carburanti sintetici vengono realizzati utilizzando elettricità rinnovabile e anidride carbonica catturata dall’atmosfera, dunque compensano la quantità di CO2 emessa. Dopo l’intesa con Berlino, la Commissione europea ha chiarito in una dichiarazione i termini del ‘considerando 11’ del testo del regolamento, impegnandosi a proporre “in linea con l’abilitazione legale nell’autunno del 2023, un atto delegato che specifichi come i veicoli alimentati esclusivamente con carburanti sintetici (e-fuels) contribuiranno agli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2, in relazione alla regolamentazione degli standard di emissione di CO2 per le automobili e i veicoli commerciali leggeri. Nel caso in cui i colegislatori respingano la proposta, la Commissione seguirà un altro percorso legislativo, come la revisione della normativa sulle emissioni di CO2, per attuare almeno il contenuto giuridico dell’atto delegato”, si legge. L’atto delegato riguarderà solo i sintetici, nessuna apertura sui biocarburanti.

foreste

Giornata internazionale delle foreste. Pichetto: “Preziose contro il climate change”

“La giornata internazionale delle foreste, il cui tema è quest’anno ‘foreste e salute’, ci ricorda quanto questa preziosa ricchezza di biodiversità sia importante per il benessere del pianeta e dell’uomo. Per una gestione forestale sostenibile da ogni punto di vista – ambientale, economico e sociale – occorre un approccio scientifico rigoroso e aperto, una collaborazione interistituzionale solida e dinamica e una condivisione sempre più partecipativa e diffusa con le filiere interessate e i cittadini”. Lo dichiara il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto, in occasione della Giornata internazionale delle foreste che ricorre il 21 marzo. “Le foreste sono preziose – prosegue Pichetto – per fronteggiare il dissesto idrogeologico, i cambiamenti climatici e l’inquinamento. Investire sulla conservazione e il ripristino degli ecosistemi forestali significa investire sul nostro futuro”.

Il patrimonio forestale italiano è costituito da circa 9 milioni di ettari. All’interno delle aree protette la superficie forestale è di oltre 3 milioni e 800 mila ettari, nei parchi nazionali è di oltre 250 mila ettari. A livello mondiale, occupa oltre un terzo del territorio, si legge in una nota del Mase.

E in occasione della Giornata internazionale delle foreste, la Commissione Europea ricorda come “le foreste svolgono un ruolo cruciale nella lotta al cambiamento climatico, è fondamentale sostenerne la crescita”. Nella strategia presentata nel luglio del 2021 compare l’obiettivo di piantare tre miliardi di nuovi alberi su tutto il continente entro il 2030 e per questo motivo l’esecutivo comunitario chiama tutti i cittadini all’azione, utilizzando l’applicazione Map My Tree per registrare e monitorare gli alberi piantati. “Foreste sane significano aria e acqua pulite, terreni fertili, un clima regolato. Oggi devono affrontare sfide enormi che la nostra strategia per le Foreste e la nostra legge sul ripristino della natura possono risolvere”, ricorda il commissario europeo per l’Ambiente, Virginijus Sinkevičius. “Queste non sono azioni solo per la natura, ma per il nostro futuro”.

siccità

Oggi il tavolo siccità a Palazzo Chigi. Salvini: “Decreto entro marzo, siamo in ritardo”

“Non c’è ancora una data certa” per l’arrivo del Decreto Acqua in Consiglio dei ministri, “ma di sicuro vedrà la luce entro marzo”. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, dal palco di un evento dell’Anbi a Vercelli – dedicato ai 100 anni dalla moderna bonifica – annuncia un’accelerazione delle misure messe in piedi dal governo per fare in modo di “evitare un’estate disastrosa come quella dello scorso anno” a causa della siccità.

Oggi, a Palazzo Chigi si svolgerà “una riunione della cabina di regia che si deve far carico della progettazione e dell’esecuzione dei lavori. Se ci sono opere bloccate o in ritardo serve un commissariamento ad hoc per sbloccarle e serve qualcuno che si prenda la responsabilità” di decidere “se aprire o chiudere l’acqua” quando ci sono attriti tra “Trento, operatori del Garda e agricoltori veronesi”. “Serve – ha detto Salvini – una scelta equilibrata per evitare che accada quello che è successo lo scorso anno, quando ‘mediavo’ tra Regioni e Province. La vita reale non attende i decreti, serve equilibro per mettere d’accordo gli enti locali”. “Siamo in ritardo”, ha ribadito il vicepremier e per questo “domani dobbiamo chiudere”.

Sul tavolo, ha assicurato, c’è già “il primo miliardo di euro”, con cui “riusciremo a mettere a terra per gli investimenti nei prossimi mesi”, anche se “le domande che arrivano al mio ministero sul Pnrr”, ha aggiunto, “ammontano almeno” a 2 miliardi di euro, “quindi conto con Anbi, Regioni, Comuni, associazioni di agricoltori e anche con le associazioni che si occupano di ambiente, di pianificare questi investimenti”.

Il tema della burocrazia è uno dei più dirimenti, come ha ricordato dal palco di Vercelli anche il presidente di Anbi, Francesco Vincenzi. “E’ necessario sbloccare cantieri fermi da troppo tempo e salvare quello che ormai è oro, è ossigeno, cioè l’acqua piovana”, ha concordato Salvini, ricordando che “riusciamo a trattenerne soltanto il 10%” e l’obiettivo è aumentare questa percentuale.

Anche il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin – presente a Vercelli – ha ribadito la necessità di “rifare una valutazione pratica sui grandi e piccoli invasi perché il cambiamento climatico lo stiamo vivendo”. Nessun decreto o cabina di regia, ha ricordato, “può far piovere. Dobbiamo essere organizzati. Ai consorzi dico di sforzarsi nella collaborazione, ci va un raccordo tra i soggetti del servizio idrico e quelli che gestiscono l’irrigazione sul fronte agricolo. Non ci possono essere egoismi: ad esempio, se dal Lago di Garda ci sono resistenze” nel rilasciare l’acqua “allora è molto più complicato”.

Sul tavolo dell’incontro di domani a Palazzo Chigi c’è la definizione di un piano idrico straordinario nazionale, d’intesa con le Regioni e gli Enti territoriali per individuare le priorità di intervento e la loro adeguata programmazione, anche utilizzando nuove tecnologie. Per questo, dovrebbe essere individuato un Commissario straordinario con poteri esecutivi. E proprio sul piano spinge da tempo l’Anbi. “Dobbiamo stabilire le priorità del nostro Paese, non brancolare nel buio. Il piano idrico nazionale deve essere messo in campo se vogliamo essere un Paese moderno“, ha detto Vincenzi. Il piano, ha aggiunto, “ci permette di ragionare in modo trasparente tra tutti i soggetti coinvolti. Serve un passo in avanti, serve ripensare alle opere necessarie per dare risposte ai cambiamenti climatici, alla sostenibilità e alla sovranità alimentare”.

Da Europarlamento via libera a direttiva case green. Pichetto: “Continuiamo a lottare”

Il governo Meloni si prepara a sfoderare (ancora) le armi a Bruxelles. L’Europarlamento dà il via libera alla direttiva sulle case green, che ora dovrà essere negoziata attraverso il trilogo (le trattative tra il Parlamento, la Commissione e il Consiglio europeo). Al netto di possibili modifiche, la misura prevede che tutti gli edifici residenziali dei Paesi membri debbano essere classificati in classe energetica da A ad E entro il 2030, da A a D entro il 2033, per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

Un’iniziativa che porterebbe il patrimonio immobiliare italiano a una forte svalutazione, secondo il governo. “Continueremo a lottare a difesa dell’interesse nazionale”, giura il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, che giudica il testo “insoddisfacente” per il nostro Paese. Gli obiettivi ambientali di decarbonizzazione e di riqualificazione del patrimonio edilizio, assicura, non si mettono in discussione. Quello che manca è “una seria presa in considerazione del contesto italiano, diverso da quello di altri Paesi europei per questioni storiche, di conformazione geografica, oltre che di una radicata visione della casa come ‘bene rifugio’ delle famiglie”. Gli obiettivi temporali, specie per gli edifici residenziali esistenti, “sono ad oggi non raggiungibili per il nostro Paese“, taglia corto Pichetto. Nessun trattamento di favore. Il ministro chiede realismo: “Con l’attuale testo si potrebbe prefigurare la sostanziale inapplicabilità della Direttiva, facendo venire meno l’obiettivo ‘green’ e creando anche distorsioni sul mercato“.

Forte della mozione approvata in Parlamento, che impegna il governo a contrastare la direttiva della commissione, “agiremo per un risultato negoziale che riconosca le ragioni italiane”, giura. Il voto è “irricevibile e dannoso“, gli fa eco la sua vice ministra, Vannia Gava. Così come concepita, spiega, “è sbagliata nel merito e nel metodo“.

La transizione ecologica “non diventi una strage economica“, tuona il vicepremier Matteo Salvini. “A colpi di tasse e obblighi si impone agli italiani di spendere decine di miliardi di euro per mettere a norma la casa e le auto“, denuncia. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ricorda che in Italia abbiamo 8 milioni di abitazioni in classe F e G: “Imporre” la direttiva con poco preavviso rischia di “imballare il settore dell’edilizia e mettere in difficoltà milioni di famiglie“, afferma.

Gridare all’eco-patrimoniale è un “capolavoro ‘tafazziano’, l’ennesimo di questo Governo che parla del voto di Strasburgo sulle Case green come di una mega tassa europea che andrà a colpire tutti i cittadini italiani“, commenta il senatore M5S, Stefano Patuanelli, bollando le dichiarazioni dell’esecutivo come “falsità volte a coprire una verità scomoda: la totale assenza di politica industriale“. Il governo, accusa, ha “smantellato pezzo dopo pezzo la più importante misura di efficientamento energetico presente in Italia, il Superbonus 110%. Oltre alla follia dell’aver cancellato una norma espansiva elogiata dalla stessa Commissione Ue, la direttiva presenta in realtà ampi margini di discrezionalità agli stessi Stati membri, che potranno anche chiedere alla Commissione di adattare i target europei per particolari categorie di edifici residenziali, per ragioni di fattibilità tecnica ed economica“.

Il via libera di Strasburgo è un’ottima notizia anche per i Verdi. L’Europarlamento dà “la risposta migliore a un governo, quello italiano, che ha intrapreso una politica del terrore sul clima e sul risparmio energetico“, festeggia Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde. La destra, sostiene, è “nemica dell’ambiente e della modernizzazione. Se fosse per loro, saremmo ancora con i carri trainati da cavalli“. L’esponente di Avs considera la direttiva una “grande opportunità per accelerare sulla strada della transizione energetica“. Utilizzando i finanziamenti del Fondo sociale per il clima, propone Bonelli, “l’Italia elabori un piano strutturale ultra-decennale che preveda incentivi e detrazioni per le abitazioni a bassa classe energetica, con dotazioni più elevate per i redditi bassi“.

Pichetto gioca d’anticipo sugli stoccaggi sfruttando la lezione di Cingolani

Per non farci prendere in contropiede e per non dover vivere un’estate con l’angoscia di non farcela, l’Italia ha cominciato con largo anticipo le procedute di ristoccaggio del gas. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha già allertato l’Arera e le aziende di stoccaggio per accelerare le pratiche. Si parla di controflusso e si è fissato un target a 1,4 miliardi di metri cubi. Intanto, al 12 marzo, lo stoccaggio italiano è al 56,90%, lievemente sopra la media Ue (56,50%), comunque nella parte bassa della classifica europea in cui la Francia occupa l’ultimo posto con poco più del 32%.

In attesa che cominci a funzionare il rigassificatore di Piombino (la Golar Tundra è in navigazione verso il Tirreno) e distribuisca il gnl, nella speranza che il Piano Mattei pubblicizzato dalla premier Giorgia Meloni passi dallo stadio della progettualità a quello della pratica (ma non può essere una soluzione immediata), continuiamo ad abbeverarci dai soliti osti: Algeria, Azerbaijan, Norvegia, Libia e Russia. Intanto il prezzo del gas è in lenta discesa ma, immaginiamo, appena tutti i paesi riprenderanno a stoccare un rincaro ci sarà. Lieve, pontificano gli esperti.

E’ per questo che, saggiamente, il governo ha pensato bene di anticipare le operazioni e mettere al sicuro il prossimo inverno. Va detto che il Mase ha potuto contare sull’esperienza e le buone pratiche introdotte da Roberto Cingolani, ex ministro della Transizione ecologica, e dall’esecutivo di Mario Draghi. Quel ministro e quel presidente del Consiglio, costretti a fronteggiare una emergenza grave ed improvvisa, si erano industriati per fare in maniera che l’Italia non rimanesse prima al caldo (già l’effetto condizionatori) e poi al gelo, fatto salvo che questo inverno – ormai all’epilogo – è stato particolarmente clemente con le temperature e non c’è stato il temutissimo termosifone selvaggio.

Cingolani – che del governo Meloni è un consulente esterno – ha tracciato la rotta sfruttando un bagaglio di competenze (nazionali e internazionali) enorme e una credibilità totale. Se adesso tutto funziona e la crisi energetica ci ha toccato ma non travolto, il merito è soprattutto suo, perché ha saputo guardare oltre ‘l’oggi per domani’. Gli va dato pieno merito, come va sottolineato il profilo basso scelto dall’ex ministro per non creare ingorghi istituzionali ed eventuali malumori. Pichetto Fratin, che è stato viceministro dello Sviluppo economico con Giancarlo Giorgetti, ha raccolto quella grassa eredità e, intelligentemente, non si è scostato dal solco ormai tracciato e performante. Esempi: è andato a Bruxelles e ha raccolto i mesi di lavoro ai fianchi fatto da Draghi & Cingolani sul price cap, poi si è posizionato sulla ‘vexata quaestio’ delle auto a motore endotermico e adesso ha agito in contropiede per gli stoccaggi. Gioco di squadra?

auto e furgoni

Voto su stop ai motori termici slitta a venerdì. L’Italia si schiera contro

La presidenza svedese dell’Ue ha rinviato alla riunione di venerdì il voto degli ambasciatori sul regolamento sulle emissioni di CO2 di auto e furgoni, che prevede anche lo stop alla vendita di motori a combustione, diesel e benzina, entro il 2035. Il voto sull’accordo raggiunto con il Parlamento europeo in ottobre era il primo punto all’ordine del giorno alla riunione degli ambasciatori in programma mercoledì a Bruxelles. In sede di Coreper, il voto sarà a maggioranza qualificata, che si raggiunge quando il 55% degli Stati membri vota a favore (in pratica ciò equivale a 15 paesi su 27) e quando gli Stati membri che appoggiano la proposta rappresentano almeno il 65% della popolazione totale dell’Ue.

Il governo italiano a ottobre ha votato a favore dell’accordo, ma martedì ha chiarito l’intenzione di votare contro alla riunione degli ambasciatori Ue. Ma anche in caso del cambiamento di posizione da parte dell’Italia, è inverosimile che sposti l’equilibrio dei voti in sede di voto. Pur condividendo gli obiettivi di decarbonizzazione, l’Italia sostiene che i target ambientali vadano perseguiti attraverso “una transizione economicamente sostenibile e socialmente equa”, pianificata e guidata con grande attenzione, per evitare ripercussioni negative per il paese sia sotto l’aspetto occupazionale che produttivo. L’Italia ritiene inoltre – questa la posizione che verrà espressa – che la scelta dell’elettrico non debba rappresentare, nella fase di transizione, l’unica via per arrivare a zero emissioni. Il successo delle auto elettriche dipenderà molto da come diventeranno accessibili a prezzi concorrenziali, è il ragionamento. Secondo il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica una razionale scelta di neutralità tecnologica a fronte di obiettivi ambientali condivisi deve consentire agli Stati membri di avvalersi di tutte le soluzioni per decarbonizzare il settore dei trasporti, tenendo conto delle diverse realtà nazionali, e con una più graduale pianificazione dei tempi. “L’utilizzo di carburanti rinnovabili, compatibili con i motori termici – afferma il ministro Pichetto contribuirà ad una riduzione delle emissioni senza richiedere inattuabili sacrifici economici ai cittadini”. In una dichiarazione inviata alla presidenza svedese dell’Ue e agli altri Stati membri per motivare la decisione del voto contrario, l’Italia precisa che “l’elettrificazione richiede cambiamenti significativi nell’intero settore automobilistico che devono essere pianificati e guidati con la dovuta attenzione, al fine di evitare effetti economici, industriali e sociali indesiderati. Le Auto con motore termico sono di proprietà di cittadini a basso reddito e rimarranno in circolazione oltre il 2035″. E, siccome non prevedealcun incentivo per l’uso di carburanti rinnovabili, il regolamento proposto non è in linea con il principio di neutralità tecnologica. Pertanto, l’Italia non può sostenerlo“.

Nella dichiarazione italiana sono poi ricordate alcune condizioni prioritarie che devono essere assicurate per permettere il raggiungimento di un obiettivo di riduzione delle emissioni del 100%, tra cui: lo sviluppo di una catena di valore dei motori e delle batterie elettriche nell’Unione; un approvvigionamento sostenibile e diversificato delle materie prime necessarie; adeguate infrastrutture di ricarica e rifornimento; un miglioramento della rete elettrica, in modo che possa far fronte all’aumento della domanda; un adeguamento dell’intero settore automobilistico, anche attraverso la fornitura delle competenze necessarie; l’accettazione da parte del mercato dei nuovi veicoli, che dovrebbero essere disponibili a un prezzo accessibile, in particolare per le famiglie e i consumatori più vulnerabili. Sono quindi elencate una serie di iniziative che dal punto di vista italiano dovrebbero essere adottate dalla Commissione europea: sostenere con tutti i mezzi disponibili, legislativi e finanziari, la transizione del settore automobilistico, in particolare delle PMI; monitorare e riferire in modo tempestivo ed esaustivo sui progressi verso una mobilità stradale a zero emissioni, considerando tutti i fattori che contribuiscono a una transizione equa ed efficiente dal punto di vista dei costi, compresa una valutazione delle possibili carenze di finanziamento; garantire, sulla base di tale monitoraggio, una revisione rigorosa e credibile degli obiettivi nel 2026; dare seguito alla disposizione che prevede l’immatricolazione, dopo il 2035, di veicoli alimentati esclusivamente con carburanti a zero emissioni di CO2; presentare una proposta per includere nel Regolamento meccanismi di contabilizzazione dei benefici, in termini di riduzione delle emissioni di CO2, dei carburanti rinnovabili.

Secondo fonti diplomatiche, la decisione del rinvio del punto al prossimo Coreper di venerdì potrebbe essere legata al voto a maggioranza qualificata che si preannunciava incerto nella riunione di oggi. Oltre all’Italia, la Polonia aveva già annunciato il voto contrario e la Bulgaria la propria astensione. Anche la Germania – sebbene senza confermare una possibile astensione o un voto contrario – ha mostrato di avere una posizione incerta, con le dichiarazioni del ministro dei Trasporti Volker Wissing, che ha incalzato la Commissione europea a presentare una proposta per cui i motori a combustione saranno venduti dopo il 2035 se si potrà dimostrare che sono alimentati con carburanti sintetici (e-fuel).

nucleare

L’Italia resta fuori dall’alleanza sul nucleare, ma si apre il dibattito

L’Italia non partecipa alla riunione di Stoccolma per rafforzare la cooperazione europea in materia di nucleare e non sigla l’alleanza promossa dalla Francia. Ma il governo Meloni guarda con interesse agli sviluppi della quarta generazione.

In Svezia, la viceministra dell’Ambiente Vannia Gava incontra la ministra francese dell’energia Agnes Pannier-Runacher: “L’idea di un’alleanza dei Paesi che già usano il nucleare come fonte di energia decarbonizzante è interessante. Ho confermato che l’Italia guarda con grande attenzione a questa scelta strategica, parte integrante peraltro del nostro programma elettorale“, ricorda Gava. Le “scellerate scelte” del passato, recrimina, “ci mettono in condizione di rincorrere il futuro, ma ce la faremo. Anche contro i giochetti di alcune burocrazie”. Il vicepremier Matteo Salvini, anche lui nella capitale svedese per il consiglio informale, torna a parlare del dossier, definendo un “drammatico errore” quello dell’Italia che non ha più investito nella tecnologia e ora si trova in difficoltà rispetto ad altri partner europei.

Sarebbe una scelta “intelligente e lungimirante” aderire all’alleanza proposta dalla Francia per il leader di Italia Viva, Matteo Renzi: “Il Pd della Schlein sarà contrario e ci sta“, osserva, ma chiede perché il Governo Meloni con Pichetto Fratin non abbia partecipato. “Io sono a favore del nucleare di nuova generazione, pulito, europeo“, rivendica sull’E-news. La neo-segretaria del Pd Elly Schlein è infatti fermamente contraria al nucleare: “Non è la strada da seguire – spiega nel suo programma – i tempi e i costi di industrializzazione non sono compatibili con gli obiettivi di transizione energetica e di decarbonizzazione“.

Per il Movimento 5 Stelle lo stesso dibattito è “fuori dal tempo“: “Le parole di Matteo Salvini sul nucleare sono uno schiaffo al buonsenso e all’obiettivo europeo di transizione verde e sostenibile“, tuona l’europarlamentare Laura Ferrara. “Definire ‘drammatico errore’ il mancato investimento dell’Italia sul nucleare è offensivo nei confronti della volontà espressa dagli italiani con un referendum e dimostra che le destre al governo sono ancorate al passato. Ciò che è veramente drammatico, a mio avviso, è che ancora si parli di questa fonte di energia pericolosa e che produce scorie radioattive impossibili da smaltire”.

A Roma, però, Gilberto Pichetto Fratin inizia a pensarci, almeno per i rifiuti radioattivi che già si producono. Riceve una delegazione di amministratori della provincia di Alessandria per un confronto sulla Carta Nazionale delle Aree Idonee a ospitare il Deposito nazionale unico. I rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, attualmente sono stoccati in depositi temporanei. Al deposito unico confluiranno anche i rifiuti attualmente stoccati temporaneamente e non gestiti da Sogin, che provengono da fonte non energetica (quelli derivanti dalla ricerca, dall’industria e dalla medicina nucleare, che continuano a essere prodotti anche in Italia). Alle amministrazioni, preoccupate che il deposito ricada in aree già critiche dal punto di vista ambientale, il ministro spiega che in questa fase è in corso un confronto con Sogin: “Questo passaggio terrà in considerazione ogni osservazione avanzata dai territori, oltre a quelle formulate dall’Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione“, assicura il ministero. Dopo la pubblicazione della Cnai, potranno essere prese in considerazione eventuali autocandidature. La scelta della localizzazione del deposito, si spiega, verrà presa “sulla base di rigorosi criteri tecnici“.