Fs, numeri da record: 13,7 miliardi di ricavi, 202 milioni di utile (+5%)

Numeri da record per il Gruppo Fs Italiane. Il Consiglio di amministrazione, infatti, approvato il progetto di Relazione finanziaria annuale, che include anche il bilancio consolidato di Gruppo, al 31 dicembre scorso. La società chiude il 2022 con un Risultato Netto di esercizio positivo, pari a 202 milioni di euro (+5% sull’anno precedente), in netta ripresa rispetto agli impatti economico-finanziari dell’emergenza sanitaria generati nei due esercizi precedenti e nonostante la pesante e negativa evoluzione del conflitto in Ucraina, che continua a rappresentare un fattore di forte instabilità socio-politica ed economico-finanziaria a livello non solo europeo, con le conseguenti significative criticità sul fronte dei costi dei materiali e delle commodities.

I Ricavi operativi salgono a 13,7 miliardi di euro, con un incremento complessivo di 1,4 miliardi di euro (+12%), rispetto all’esercizio 2021, dovuto essenzialmente al significativo recupero dei volumi di domanda di servizi di trasporto ferroviari e stradali. All’incremento dei Ricavi si accompagna la crescita del Margine Operativo Lordo di 324 milioni di euro, che arriva a 2,2 miliardi di euro verso gli 1,9 miliardi di euro dell’anno precedente (+17%). Il Gruppo ha dato, infatti, prova di una grande capacità di reazione sul fronte della ripresa della performance operativa nei diversi business, anche considerando che la contribuzione dei ristori Covid-19 sull’Ebitda è stata nel 2022 di soli 172 milioni di euro rispetto ai 958 milioni di euro nel 2021. L’Ebit si attesta a un valore positivo pari a 262 milioni di euro (con l’Ebit Margin che passa da 1,6% a 1,9%), in crescita del +36% (pari a +69 milioni di euro) rispetto 2021, ovvero del +112% vs 2021 (pari a +855 milioni di euro) al netto dei ristori Covid.

Lo scorso anno, poi, è stato gestito un livello complessivo di spesa per investimenti tecnici pari a 11,3 miliardi di euro, con particolare riferimento allo sviluppo e al rinnovo dei settori infrastruttura, trasporto e logistica. La crescita rispetto al 2021, escludendo dal confronto la componente delle anticipazioni finanziarie, è pari a oltre il 9%, contribuendo così al rafforzamento del Paese (il 98% investimenti è sul territorio nazionale e oltre 9 miliardi di euro in infrastrutture ferroviarie e stradali, tra le quali si segnalano, in particolare, le opere sulla rete ferroviaria del Terzo Valico dei Giovi e Nuovo Valico del Brennero e delle Linee Brescia-Verona-Vicenza, Napoli-Bari e Torino-Lione).

E anche in ambito Pnrr sono state raggiunte, in piena coerenza con il programma tutte le scadenze previste tra le quali si evidenziano l’affidamento lavori sull’infrastruttura ferroviaria Napoli-Bari per un valore di 370 milioni di euro, l’affidamento lavori Ertms per un valore di 3,27 miliardi di euro e l’affidamento lavori Palermo-Catania per un valore di 1,21 miliardi di euro. “I positivi risultati conseguiti nel 2022 confermano il ruolo chiave del Gruppo nel dotare il Paese di un sistema infrastrutturale, di mobilità e di logistica merci efficiente e integrato, nonché nel contribuire a rendere le nostre città più sostenibili“, dichiara l’amministratore delegato, Luigi Ferraris. “I risultati conseguiti e le attività avviate costituiscono una base solida per portare a completamento gli ulteriori obiettivi legati al Pnrr, le altre opere strategiche per il Paese e favorire lo sviluppo di una nuova mobilità integrata“.

Fs, inoltre, conferma il miglioramento del trend delle emissioni climalteranti, anche a fronte di un generalizzato aumento dei consumi energetici (2,01 mln di tonnellate di Co2 equivalente contro i 2,09 mln di tonnellate del 2021). Lo scostamento positivo è riconducibile prevalentemente al rinnovo della flotta ferroviaria con mezzi a più alta efficienza energetica, al miglioramento del mix di generazione elettrico e al decremento dell’uso di combustibili provenienti da fonti fossili. Ed è significativo anche il dato del recupero dei rifiuti speciali: oltre il 95% a fronte di una produzione relativa al 2022 diminuita rispetto agli anni precedenti. Infine, dall’analisi ‘Do No Significant Harm‘ risulta che l’84,2% delle spese in conto capitale, il 60,6% dei ricavi e il 44,5% dei costi operativi sono riferibili ad attività allineate alla Tassonomia europea.

Pnrr, Fitto stoppa le polemiche: “Useremo tutte le risorse”

Il Governo è “fortemente impegnato” a mettere in campo tutte le azioni necessarie perché le risorse del Pnrr e della Politica di Coesione vengano utilizzate per “realizzare investimenti che stimolino la crescita“. Raffaele Fitto, dal palco della Luiss, prova a mettere un punto alle polemiche che scuotono la maggioranza sui tempi del Piano nazionale di ripresa e resilienza e i rischi di perdere parte dei fondi.

Il Pnrr ci ha insegnato che noi corriamo sulle scadenze“, spiega il ministro per gli Affari europei, con le deleghe al Piano. Rispetto ai precedenti governi, sostiene, l’esecutivo Meloni vanta un orizzonte temporale di 5 anni. Proprio per questo motivo, osserva, “ha l’obbligo, l’interesse e la necessità di capire quello che accadrà a giugno del 2026 quando il Programma sarà terminato. Perché presumibilmente, salvo fattori esterni, questo sarà il governo della conclusione del programma”. E dunque, afferma davanti all’ateneo degli industriali, “questo esecutivo dovrà dare conto di quello che è accaduto in 5 anni“. Il Pnrr è “una grande opportunità, ma anche una grande sfida soprattutto per l’Italia che ha scelto di utilizzare tutte le risorse assegnate, sia a fondo perduto che a debito“, assicura il ministro.

Tutte, ripete, non una parte, come aveva ipotizzato il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, che aveva parlato di valutare alla “rinuncia” a una parte delle risorse europee, nell’ambito di una rimodulazione del Piano, da portare avanti con l’Europa. Non pensa sia sbagliata “l’idea di fare una ricognizione” il vice coordinatore nazionale e responsabile organizzazione di Forza Italia, Alessandro Cattaneo. Si riferisce a delle “migliorie“, che si possono fare coinvolgendo maggiormente i privati. “Certamente non dobbiamo avere l’ansia di spendere i soldi per poi, un giorno, renderci conto di non averli sfruttati nel migliore dei modi, ritrovandoci con delle opere che sono cattedrali nel deserto o totalmente inutili e anacronistiche”. E d’altra parte, riflette, in Italia, “con il complesso di regole che abbiamo, trasformare i denari in cantieri è sempre una sfida a ostacoli. Lo sapevamo che era difficile e oggi lo stiamo provando sulla nostra pelle, ma dobbiamo far correre questo progetto”.

Fra Fratelli d’Italia e Lega non c’è alcuna lite. Semplicemente abbiamo espresso lo stesso concetto in modo diverso“, ridimensiona Lucio Malan, capogruppo di FdI in Senato. “Nessuno vuole spendere i soldi del Pnrr tanto per spenderli. Servono obiettivi concreti e realizzabili. Ma sono certo che ce la faremo”, assicura. La commissione, a suo avviso, “non può non concedere una rimodulazione del programma“. Malan precisa che “lo stesso Molinari ha chiarito che bisogna anzitutto lavorare con l’obiettivo di spendere tutto e bene. E per fare questo deve pensare a una rivisitazione degli obiettivi. Avevamo questa posizione quando eravamo all’opposizione, la manteniamo oggi“.

Sullo stato di attuazione, il governo riferirà in Parlamento. Ma le polemiche e le richieste di trasparenza non si placano. “La rivalità fra Meloni e Salvini sta mettendo seriamente a rischio l’utilizzo dei fondi del Pnrr” è l’allarme del Movimento 5 Stelle, che chiede subito un tavolo con le opposizioni. “Con il Pnrr, è in gioco il futuro dell’Italia“, tuona Angelo Bonelli. Anche il co-portavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra dà la sua disponibilità a collaborare con il Governo, perché “si possa aiutare l’Italia in questa fase delicata e per fare in modo che neanche un solo euro vada perso ma lanciamo un appello alla Presidente Meloni: è necessario che il Governo venga in Parlamento per chiarire la situazione e presentare una strategia chiara, facendoci capire come stiano le cose, stabilendo le priorità per non compromettere l’interesse del Paese e la sua credibilità internazionale”.

Il Governo riferirà in Parlamento sul Pnrr. Salvini smorza le polemiche, ma la Lega insiste sui fondi

Il governo riferirà in Parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr. Dopo giorni di polemiche e richiesta di “più trasparenza“, le opposizioni segnano un punto ottenendo il confronto nelle sedi istituzionali per fare il punto su uno dei dossier più importanti dell’agenda politica. Anche se per Raffaele Fittonon c’è nessuna difficoltà a farlo“, ma soprattutto “la consideriamo un’opportunità“. Il ministro, che ha proprio la delega al Piano nazionale di ripresa e resilienza, sottolinea che sarà “un’ottima occasione di confronto per approfondire e chiarire il merito delle questioni“. Sullo sfondo, però, echeggiano ancora le parole del capogruppo leghista alla Camera, Riccardo Molinari, secondo il quale andrebbe fatta una valutazione sulla rinuncia a una parte delle risorse europee, nell’ambito di una rimodulazione del Piano, da portare avanti ovviamente con l’Europa.

Parole che hanno fatto scattare l’allarme nelle forze di minoranza: dal Pd al Movimento 5 Stelle, al Terzo polo. “Pensiamo che il Pnrr sia seriamente a rischio e dobbiamo iniziare a pensare che le parole di Molinari di ieri, pur smentite da Meloni, siano la verità nascosta“, dice il presidente dei senatori dem, Francesco Boccia, non nascondendo di essere “molto preoccupati“. Ad aumentare i timori, nonostante dal governo abbiano già smentito l’ipotesi che possano essere perse risorse del Piano, è una nuova voce leghista fuori dal coro (della maggioranza), quella di Claudio Borghi. “Da economista, non solo da senatore, dico che la parte a debito del Pnrr va valutata bene rispetto ad altre forme di finanziamento“, dice ad ‘Affaritaliani.it’ il capogruppo in commissione Bilancio del Senato. Perché, a suo modo di vedere, “il rischio è quello di opere fatte di corsa e male, il tutto con l’indebitamento che rimane“. Non la pensa così il leader della Lega e vicepremier, Matteo Salvini: “Il mio obiettivo è spendere tutti i fondi, e bene, fino all’ultimo euro in cassa“, poi “se c’è qualcosa da rimodulare o ricalibrare lo faremo“. Sulle parole di Molinari, il responsabile del Mit dà un’altra chiave di lettura: “Ascoltando le preoccupazioni di alcuni sindaci, dice bisogna assumere persone”, altrimenti “questa mole di decine di miliardi difficilmente verrà spesa“.

Sul tema interviene anche il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto. Sottolineando che del Pnrr “l’importate è non perdere neanche un euro di risorse” così come “è importante anche fare le cose“. A proposito di progetti, poi, il responsabile del Mase, a chi gli chiede cosa si possa cambiare, replica senza esitazioni: “Molto poco“. Nemmeno sul rimboschimento, che “sta andando avanti abbastanza bene, abbiamo superato il target e non ci sono problemi“. Né sull’idrogeno: “Il piano è confermato“.

Con l’Europa, semmai, il confronto è più incentrato sulla richiesta di flessibilità. Tema al centro dei due incontri avuti a Roma dal commissario Ue al Bilancio e amministrazione, Johannes Hahn, che ha visto sia Fitto, sia il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Per il responsabile del Mef “i profondi cambiamenti” come “la guerra in Ucraina, l’inflazione e i costi energetici richiedono una riflessione su una maggiore flessibilità nell’attuazione dei progetti“.

Nel frattempo che il dialogo prosegue, però, vanno risolti i problemi individuati da Bruxelles, che si è presa un mese in più per approfondire sugli obiettivi al 31 dicembre 2022 e sui progetti che riguardano lo stadio ‘Artemio Franchi’ di Firenze e il ‘Bosco dello Sport’ di Venezia. Proprio per questo il ministro degli Affari europei, ha avuto un incontro con il sottosegretario agli Interni, Emanuele Prisco, il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, e i sindaci di Firenze e Venezia, Dario Nardella e Luigi Brugnaro, nel quale sono stati toccati tutti gli aspetti tecnici. “Sono emersi elementi utili che il governo italiano, in sintonia con i sindaci interessati, trasmetterà alla Commissione europea al fine di superare tutte le criticità riscontrate“, fa sapere il governo. Che proseguirà il canale di dialogo e di lavoro con l’Ue “con spirito costruttivo“.

Pnrr, Meloni: “Allarmismo inutile, non perderemo nessuna risorsa”

“Non siamo preoccupati dai ritardi sul Pnrr. Stiamo lavorando molto su questo anche per favorire soluzioni a problemi che oggi nascono ma non sono figli delle scelte di questo governo”. Lo ha detto la premier Giorgia Meloni, che oggi ha fatto visita a Vinitaly, il Salone internazionale dei vini e distillati, giunto alla 55edizione, che si svolge a Verona.

“NON PERDEREMO NESSUNA RISORSA”. Sul Pnrr “c’è un grande lavoro da fare e alcune cose bisogna verificarne la fattibilità, ma è oggetto di interlocuzione” con la Commissione europea “sulla base di quello che noi riteniamo debba essere necessario per spendere queste risorse al meglio”. “Non prendo in considerazione l’ipotesi di perdere le risorse – ha aggiunto – ma di farle arrivare a terra in modo efficace. Tutto il lavoro che questo richiede è un lavoro che faremo”. La Commissione europea, ha detto ancora la premier, “sta chiedendo maggiore documentazione su alcuni progetti che erano già stati inseriti nel Pnrr. Documentazione che stiamo fornendo. Mi pare che il clima di collaborazione sia un ottimo clima e quindi non mi convince la ricostruzione allarmista che leggo sul Pnrr”.

“SONO GRANDE APPASSIONATA DI VINI”. Parlando con i giornalisti, la presidente del Consiglio si è anche lasciata andare a una battuta. “Io sono una grande appassionata dei vini di tutta Italia e, diciamo – ha detto scherzando – sul consumo la mia parte la faccio, così da portare avanti le eccellenze”. “Ho assaggiato – ha aggiunto – ma devo rimanere sempre molto lucida, quindi il minimo indispensabile”.

“SU PARTECIPATE POSSIBILI RICONFERME”. La visita a Vinitaly è stata anche l’occasione per fare il punto sulle nomine delle aziende partecipate. “Si lavora nel merito, guardando al merito”, ha ribadito Meloni, e all’importanza di “aziende che sono strategiche in modo particolare in questo tempo”. Le decisioni, ha spiegato, si prenderanno “anche tenendo conto della spesa per il Pnrr. Per quello che riguarda le energetiche”, va considerato “anche il lavoro che l’Italia fa per diventare una sorta di hub di approvvigionamento. Per me la materia non può prescindere dal metterci le persone che in assoluto possono fare il lavoro migliore. C’è un clima molto consapevole da parte di tutti”. E, ha annunciato, “presumo ci saranno delle conferme”.

“AL LAVORO PER IL LICEO DEL MADE IN ITALY”. Conversando con gli studenti di un istituto agrario, Meloni ha lanciato poi la proposta di un Liceo del Made in Italy. “Per come la vedo io – ha spiegato – questo è il vero liceo. Perché non c’è niente di più profondamente legato alla nostra cultura di quello che questi ragazzi sono in grado di studiare, tramandare e portare avanti. E’ il motivo per cui ragioniamo del liceo del Made in Italy, cioè di fare anche su questi percorsi un’operazione che spieghi il legame profondo che esiste tra la nostra cultura, la nostra identità, che è la cosa più preziosa che abbiamo”.

Attilio Fontana: “Chi ha progettato il Pnrr poteva destinare più fondi alla sanità”

Attilio Fontana è stato riconfermato alla guida della Regione Lombardia nelle ultime elezioni regionali di febbraio. Il presidente ha parlato con GEA di sanità, a pochi giorni dall’evento ‘Il nuovo approccio europeo alla salute e le ricadute per il sistema italiano‘, organizzato da Withub, con la direzione editoriale di GEA ed Eunews, che si svolgerà a Roma, presso l’Europa Experience David Sassoli, il prossimo 13 aprile.

Presidente, si fa un gran parlare di sanità pubblica a rischio, tra personale introvabile e bilanci risicati. Com’è la situazione per voi governatori?

“La situazione in Lombardia per quanto riguarda il personale è come quella delle altre regioni. Purtroppo siamo tutti vittime di programmazioni sbagliate fatte negli ultimi 10 anni dai Governi nazionali. Non è stato tenuto conto del fabbisogno sanitario della popolazione, tantomeno nelle specialità più richieste. Così abbiamo carenze di medici di medicina generale – ormai in maggior parte in età pensionabile – anestesisti, ortopedici e altre figure indispensabili per far funzionare al meglio il sistema. Senza contare poi la questione degli stipendi, troppo bassi e poco appetibili, che spingono molti professionisti ad andare all’estero. So che il ministro Schillaci ha già contezza di questi problemi e che intende prendere i primi provvedimenti per la loro soluzione”.

Dopo il Covid su cosa avete investito per superare le criticità che avevate sperimentato?

“Come già avevamo iniziato a fare prima della pandemia, siamo tornati a lavorare sulla gestione dei pazienti cronici – che sono quelli che assorbono il 70 per cento delle prestazioni sanitarie – e sul recupero delle liste d’attesa. Il Covid ha dimostrato che poco c’entrava la medicina territoriale. Purtroppo nella prima ondata, anche se avessimo avuto tanti medici sul territorio, i pazienti con fame d’aria avrebbero potuto essere curati solo in ospedale”.

Nel futuro assisteremo a una sanità d’eccellenza concentrata in pochi siti e tanti presidi di pronto soccorso nel territorio? Le case di comunità potranno funzionare?

“Il progetto è avere tanti presidi sul territorio – come Case e Ospedali di Comunità – che possano evitare il sovraffollamento dei pronto soccorso, non la loro moltiplicazione. Ma perché funzionino abbiamo bisogno della collaborazione dei medici di medicina generale. Soprattutto per i problemi che esponevo, legati alla carenza di personale. Si deve far gruppo e lavorare insieme – medici di base, specialisti ospedalieri e operatori sociali – per una vera presa in carico multidisciplinare del cittadino”.

Nel Pnrr la voce sanità è una delle meno ricche. Come mai, secondo lei, il Recovery nato dopo la crisi pandemica ha puntato meno su una voce che in Italia si è dimostrata più fragile del previsto, privilegiando altri settori?

“Dovrebbe chiederlo a chi lo ha progettato. Per me i soldi investiti in sanità sono sempre troppo pochi. E’ una spesa buona…”.

Durante la pandemia le Regioni hanno mostrato pregi e difetti della regionalizzazione della sanità. Sarebbe il momento di fare un tagliando a questo sistema che vige da decenni?

“Direi che il tagliando fatto durante la pandemia ha evidenziato proprio l’importanza del ruolo delle Regioni. E’ stato grazie a noi se sono state scritte le linee guida che hanno consentito pian piano la ripresa delle attività e sempre grazie alle Regioni se la campagna vaccinale è stata un successo“.

L’autonomia differenziata può aiutare a superare i problemi di bilancio e di reperimento personale?

“Assolutamente sì. Noi oggi riceviamo le risorse dal fondo sanitario nazionale che sono alloccate in cosiddetti ‘silos’ blindati che non ci consentono di destinarle negli ambiti che hanno più necessità. Così capita, per esempio, che abbiamo fondi sulla voce ‘infrastrutture’ in cui non abbiamo bisogno di investire, mentre ci mancano in quella relativa al ‘personale’. Ecco, con l’Autonomia, a parità di risorse ricevute, potremo essere liberi di investire dove abbiamo bisogno“.

Meloni a colazione da Mattarella: sul tavolo il Pnrr e il codice appalti

I tempi di attuazione del Pnrr, il nuovo codice degli appalti, la politica internazionale, la gestione dei migranti. I temi sono tanti e il colloquio tra Sergio Mattarella e Giorgia Meloni, programmato da giorni, si allunga più del previsto. Alla premier salta la chiusura della campagna elettorale di Massimiliano Fedriga a Udine, in Friuli Venezia Giulia. Dovrà parteciparvi in video-collegamento, mentre sul palco si alternano il leader del Carroccio, Matteo Salvini, e il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani. Al Colle la colazione di lavoro tra la presidente del Consiglio e il Capo dello Stato, a quanto filtra, è lunga, ma si svolge in un clima di “cordialità e collaborazione“.

Più tardi, negli ‘Appunti di Giorgia’, la rubrica che tiene sui social per aggiornare i cittadini sulle attività del governo, la premier chiarisce alcuni punti sui quali, lamenta, ha sentito dire “molte cose false, che non corrispondono alla verità“. Probabilmente per mettere un punto alle polemiche sulle maglie molto larghe che lascerebbe il provvedimento in termini di legalità, trasparenza e tutela dei lavoratori, Meloni chiarisce: “La finalità è banale, fare le opere, bene, in modo accettabile combattendo le ruberie ma senza bloccare all’infinito quello che c’è da fare“. Quanto alla soglia per gli affidamenti diretti a 150mila euro, “è stata portata dal governo Conte e confermata da Draghi, e noi ci siamo limitati a renderla stabile“, ricorda. A chi la accusa di aver introdotto un condono tributario penale con la norma che proroga i termini per regolarizzare la propria posizione a chi ha un contenzioso aperto con il fisco, “è un altro passo verso la tregua fiscale“, spiega. E poi mette in chiaro: “Noi di condoni non ne facciamo, vorrei dire che questo è banalmente falso“.

Non fa cenno della spada di Damocle che pende a Bruxelles sulla testa di Roma, una proroga per i tempi del Pnrr, anche se il capo dello Stato solo qualche giorno fa ha invitato tutti a “mettersi alla stanga” sul Piano. La premier non fa riferimento neanche al sostanziale fallimento della battaglia sui biocarburanti. Ma rivendica una vittoria portata a casa all’inizio di mandato, il price cap al gas: “La diminuzione del costo dell’energia sta favorendo la produzione, incoraggia le aziende ad assumere”, scandisce. “E’ stata sicuramente un’iniziativa giusta la decisione di mettere un tetto al prezzo del gas. I prezzi dell’energia sono scesi del 53,5%“. Nell’ultimo cdm, sottolinea, “abbiamo confermato riduzione dell’Iva e l’azzeramento degli oneri di sistema e prorogato il bonus per le famiglie che ne hanno bisogno. Continuiamo ad accompagnare il Paese“.

Pnrr: è tempo di concentrarsi sul fare, non sui ritardi

A Bruxelles chi deve verificare tutto sommato è soddisfatto. Certo, non tutto ciò che riguarda lo sviluppo e l’attuazione del Pnrr (parliamo, ricordiamo, di quasi 200 miliardi di finanziamenti) è perfettamente in linea, ma non lo è non solo per l’Italia. Le condizioni dell’economia europea e mondiale sono cambiate negli ultimi tre anni, l’inflazione galoppante mette i bastoni tra le ruote, la guerra della Russia in Ucraina ha creato nuove urgenze, e dunque è chiaro per tutti, anche per la Commissione europea, che aggiustamenti saranno probabilmente necessari.

E’ però necessario mostrare buona volontà e capacità di spesa e realizzazione. I ‘no’ preventivi preoccupano chi osserva, anche perché l’Italia non ha un ruolino di marcia storico di quelli immacolati, di soldi europei ne abbiamo sprecati tanti, di cantieri avviati e mai chiusi è piena la Penisola. Il timore che si ripetano storie già viste è legittimo.

Questa volta i soldi sono davvero tanti, non bastano ovviamente a “rivoltare il paese come un calzino”, ma son un bell’aiuto, in particolare per l’Italia, di gran lunga il maggior beneficiario del Piano di ripresa europeo, per scrollarsi di dosso le debolezze del passato ed affrontare da protagonista la transizione. Perché il tema non è, qui, affermare la “sovranità decisionale” del nostro Paese, ma è quello di dargli le gambe per partecipare alla corsa verso la transizione irrobustendo la propria economia, e di conseguenza anche la situazione sociale, l’occupazione, la formazione, il problema demografico e così via.

Ci si deve dunque concentrare, questo è il messaggio che viene dai partner dell’Unione europea, sull’ammodernare il Paese, sul creare le condizioni perché sia competitivo, perché non perda la corsa con gli altri grandi Paesi industriali restando arretrata tecnologicamente e dunque debole economicamente.

La ‘transizione‘ non è solo una meritevole lotta per la difesa del clima, è oramai una condizione fondamentale della crescita economia. Chi resta indietro ora lo sarà sempre più nei prossimi anni, perché altri produrranno a costi più bassi, produrranno merci che avranno più mercato, occuperanno gli spazi che saranno lasciati liberi da chi non avrà le gambe per partecipare alla corsa,

Dunque iniziamo a realizzare i progetti, dimostriamo la capacità di farlo, e poi, se sarà obiettivamente necessario cambiare qualcosa, come prevedono le stesse regole del programma Next Generation Eu, lo si cambierà. Ma la base non può essere lo scontro politico (o polemico), non può essere dare l’immagine di voler mettere le mani avanti scaricando colpe e ritardi su altri (che sia vero o meno, non è questo il punto). La base deve essere dimostrare che le cose le si vogliono fare, che ci si attrezza per farle e che le si fanno. Nell’interesse dell’Italia, non di altri, per permettere all’Italia di sedersi ai tavoli internazionali ed essere vista con rispetto, quel rispetto che poi permette di far ascoltare la propria voce.

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Governo alla ‘stanga’ su Pnrr, ma Fitto assicura: “Nessun timore”. Opposizioni attaccano

Lo aveva detto il capo dello Stato poco meno di una settimana fa: “E’ il momento per tutti di mettersi alla stanga” sul Pnrr. Parole quasi profetiche, quelle di Sergio Mattarella, su cui il governo si allinea. Perché qualche ritardo sulla tabella di marcia c’è, anche se non al punto di far scattare l’allarme rosso a Palazzo Chigi. Almeno questo è il concetto che esprime Raffaele Fitto al Parlamento europeo di Bruxelles. Il ministro alle Politiche europee, al Pnrr, alle Politiche di coesione e al Sud assicura, infatti, che i “timori del governo non ci sono, c’è consapevolezza della situazione su cui stiamo lavorando in collaborazione con la Commissione Ue”. Sul tavolo ci sono alcune questioni aperte, tra le quali gli obiettivi al 31 dicembre 2022 per ottenere la rata dei 19 miliardi, sui quali l’Italia ha concordato una proroga di un mese per permettere alla Commissione di approfondire alcune verifiche. “Non si tratta di fare polemiche, ma di prendere atto del fatto che si tratta di questioni che riguardano il precedente governo“, spiega Fitto: “Stiamo comunque lavorando per risolvere la questione”.

L’altro tema è che l’Italia sta facendo “una verifica” perché, sottolinea ancora il ministro, “se dovesse emergere che su diversi progetti c’è l’impossibilità di realizzarli – e in alcuni casi è così -, ma che non c’entrano con gli obiettivi previsti al 31 dicembre che sono generali rispetto a un programma che ha un orizzonte temporale del giugno 2026, con la Commissione Ue lavoreremo per trovare una soluzione tenendo conto che l’Italia presenterà anche il capitolo aggiuntivo dedicato agli obiettivi di indipendenza energetica del RePowerEu“. Poi ci sono i punti su cui Bruxelles contesta l’ammissibilità degli interventi: quelli relativi al ‘Bosco dello Sport’ di Venezia e allo stadio ‘Artemio Franchi’ di Firenze. Il leader di Iv, Matteo Renzi, si appella alla premier, Giorgia Meloni, e al sindaco di Firenze, Dario Nardella, affinché tolgano lo stadio dal progetto del Piano.

Il governo, d’intesa con i sindaci, con il ministero dell’Interno e con il Mef preparerà delle risposte di chiarimento auspicando che si trovi in questo mese una soluzione di confronto“, rassicura Fitto. Che nella cabina di regia sul Pnrr a Palazzo Chigi ha invitato tutti i partecipanti a effettuare “in tempi rapidi un’analisi netta e chiara di tutte le criticità relative ai progetti di competenza di ciascun ministero elaborando delle proposte d’azione concrete”. Perché l’obiettivo è arrivare ad avere una fotografia chiara e definitiva dello stato di avanzamento dei lavori avendo come target l’intero arco del Piano, che va fino al 2026.

Lo scenario sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, però, apre il fronte delle polemiche interno. I Comuni respingono ogni eventuale addebito: “Se ci sono ritardi nell’attuazione dei progetti non vanno imputati ai Comuni”, avverte il segretario generale dell’Anci, Veronica Nicotra. Mentre dal Pd è l’ex sottosegretario Enzo Amendola a dire “Basta. Ogni giorno veline sul Pnrr. Non si sa nulla di quello che accade ai singoli progetti. Non c’è trasparenza. ‘Colpa di chi c’era prima, colpa della Ue’. Serve una sessione in Parlamento, il Pnrr è la missione nazionale, riguarda il futuro dell’Italia non di qualche ministro”, scrive sui social il deputato dem. Per il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, “dire che una parte dei fondi di Next Generation Eu non riusciremo a spenderli, è una cosa grave”. A suo modo di vedere, le parole di Fitto “suonano un po’ come una dichiarazione di resa“.

Anche i Verdi attaccano. “La Corte dei Conti ha lanciato l’allarme sul fatto che solo il 6% dei fondi del Pnrr sono stati spesi finora, di fronte a questa situazione molto grave la presidente Meloni dovrebbe presentarsi in aula al Parlamento e spiegare cosa intenda fare il Governo“. Duro anche il commento dei Cinquestelle, con Stefano Patuanelli:Per mesi si è parlato del presunto buco di bilancio del Superbonus, che non esiste. Ora – chiede l’ex ministro – vorremmo sapere a quanto ammonta il buco di bilancio generato da questo governo per l’incapacità di spendere i soldi del Pnrr che faticosamente abbiamo ottenuto in Europa”.
Infine i sindacati. Da Bruxelles, dove ha incontrato il commissario per l’Economia Paolo Gentiloni, il segretario generale della Cgil Maurizio Landini chiede al governo di convocare le parti sociali per “una discussione vera”, e anche per ragionare “su quelle che possono essere le modifiche da apportare, e per poter realizzare quegli obiettivi che non possono essere allungati”.

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Pannelli solari

Rovetti (UniTo): “Direttiva Case green farà impennare prezzi come con Pnrr”

“La direttiva Ue sulle Case green rischia di trasformarsi in una maxi-stangata a carico dei cittadini italiani, con la spesa per le ristrutturazioni degli edifici privati che potrebbe raggiungere quota 108 miliardi di euro”. E’ l’allarme lanciato dal Codacons che, dopo la decisione del Parlamento Europeo, ha simulato le spese cui dovranno andare incontro i proprietari di abitazioni. Gli interventi di riqualificazione energetica previsti dall’Ue riguarderanno il cappotto termico, la sostituzione degli infissi, le nuove caldaie a condensazione e i pannelli solari, spiegava l’associazione. Il cappotto termico, ad esempio, ha un costo medio compreso tra i 180 e i 400 euro al metro quadrato, mentre per gli infissi la spesa varia in media da 10 a 15mila euro. Per una nuova caldaia a condensazione, considerata una abitazione da 100 mq, la spesa va dai 3mila agli 8mila euro, il doppio se la caldaia è ibrida e con pompa di calore, analizza il Codacons . Per un impianto fotovoltaico da 3 kW la spesa da sostenere è di circa 7.500-10.500 euro, a seconda del tipo di pannelli fotovoltaici utilizzati. “Gli interventi di riqualificazione energetica previsti dall’Ue determinerebbero quindi un costo medio tra i 35mila e i 60mila euro ad abitazione, con una spesa per la collettività, considerando 1,8 milioni di edifici interessati dalla misura”, conclude l’associazione. Mario Rovetti, docente di diritto tributario all’università di Torino, da tempo mette in guardia contro il rischio speculazioni, com’è già accaduto col Superbonus, e ne ha parlato con GEA.

Professore, assisteremo a una raffica di rincari com’è successo con i materiali legati a cantieri e lavori in casa durante il 110%?
“La direttiva case green, al di là della sua bontà, dovrebbe essere governata da una nuova authority o almeno da un’autorità di controllo già esistente. In Italia abbiamo una grande risorsa come la Guardia di Finanza, formata da personale iper-specializzato, capace di controllare ed eventualmente punire chi specula. Il rischio è quello di vedere salire i prezzi in maniera ingiustificata”.

Lei dice così per l’esperienza del Superbonus?
“Certo. Le future regole non dovranno replicare il Superbonus, dove non c’era contrapposizione di interessi tra proprietario e impresa esecutrice dei lavori. Sarebbe sufficiente che eventuali bonus,
nazionali o europei che siano, vengano riconosciuti in misura inferiore al 100%, così quella parte di spesa che resta a carico del proprietario lo indurrà a cercare la migliore trattativa possibile. E i prezzi soggiaceranno alla regola della concorrenza, senza schizzare pazzamente verso l’alto.

E col Pnrr a che punto siamo?
“Stesso ritornello. I fondi che i comuni hanno per l’informatizzazione dei loro siti hanno già fatto rincarare i costi dei servizi… Sono stato assessore tempo fa in un piccolo Comune, e gli 8000 euro spesi in allora per un determinato servizio ora sono diventati 30mila. Occorrono controlli serrati”.

Tutti questi fondi fanno aumentare l’inflazione?
“Sì, certamente. Pur non essendo possibile calcolare con esattezza la spesa che i proprietari dovranno affrontare, si parla di cifre del tutto incompatibili con il bilancio nazionale, ma anche con quello europeo. Sarebbe uno tsunami sui prezzi”.

Si rischia il mix inflazione-speculazione?
“Il nostro patrimonio immobiliare è vecchissimo; si stima che il 60% degli immobili esistenti sia in classe F o G, e questi saranno i primi a dover rientrare in classe E. Bisogna fare in modo che ogni progetto sull’efficientamento degli edifici sia pilotato e gestito da un’autorità con poteri di polizia e non affidato al libero mercato”.

Lei ha ipotizzato la creazione di una Agenzia delle uscite, potrebbe avere un ruolo?
“Forse non direttamente nell’affaire Case green, dove serve piuttosto un’Autorità ad hoc che tenga sotto controllo prezzi e speculazioni. Ma nel sistema, un’Agenzia delle uscite, costituita dalla rete dei comuni, servirebbe eccome. Con 2800 miliardi di debito pubblico, con la spesa per interessi che costa più della spesa per istruzione, non si può scherzare col fuoco”.

Gentiloni

Gentiloni incalza Meloni: Per l’Italia la priorità deve essere il Pnrr

Accelerare sulla transizione verde e digitale, facendo le riforme che si rendono necessarie senza stravolgere piani e strategie già concordati. La Commissione europea torna a richiamare il governo Meloni alle proprie responsabilità. “La priorità per alcuni Paesi, tra cui l’Italia, si chiama Pnrr ” , il piano per la ripresa. Poche parole, chiare e molto precise, quelle del commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni. Presenta i risultati delle previsioni economiche d’inverno, che pure premiano il Paese a fronte di una generale situazione migliorata. Non c’è recessione e al sistema Paese si riconosce mezzo punto di Pil in più per l’anno in corso. Nel 2023 la crescita tricolore sarà dello 0,8%, anziché lo 0,3% che si temeva solo pochi mesi fa, a novembre. Ma il dato nazionale, sottolinea Gentiloni, si deve “grazie agli investimenti e all’attuazione del piano per la ripresa”.

L’agenda dunque appare scontata, tanto più che nel dibattito ancora tutto in corso a livello europeo sulla riforma delle regole per gli aiuti di Stato necessaria per sostenere il clean-tech, l’industria verde, la libertà di spesa per chi, come l’Italia, ha un elevato debito pubblico, ricade nel Pnrr. “Nel quadro di incentivo degli investimenti la priorità è il Pnrr”. Consapevole delle intenzioni della maggioranza di ridiscutere con Bruxelles la strategia figlia del governo Draghi, Gentiloni ribadisce una volta di più quelle che sono le possibilità che l’attuale esecutivo ha di fronte a sé: “Non possono esserci modifiche all’ingrosso. Le modifiche al piano di ripresa devono essere fondate, motivate, mirate”.

Quanto vidimato dalla Commissione europea dunque non potrà essere stravolto. Cambiamenti sì, ma circoscritti. E’ lungo questi binari che dovrà muoversi la coalizione Fratelli d’Italia-Lega-Forza Italia. Che nel 2024 rischia di ritrovarsi nuovamente ultima per ritmi e di crescita e quest’anno vedrà un’attività economica che, per quanto migliore delle attese precedenti, “dovrebbe riprendere solo gradualmente”. Il motivo, dice il documento della Commissione Ue, si spiega con l’aumento dei prezzi al consumo, specie bollette e scontrini alla cassa. I consumi delle famiglie “continuano a essere frenati dalla perdita di potere d’acquisto”, che però si spiega anche a causa delle scelte operate dal governo in questi mesi. Nessuna critica, ma una mera constatazione.

E’ proprio il caro-prezzi generalizzato a rappresentare una zavorra per l’economia italiana. Nello Stivale l’Inflazione tocca tutti i tre settori dell’economia, primario, secondario e terziario. “Sebbene i prezzi internazionali delle materie prime energetiche siano per lo più scesi ai livelli del 2021, il loro aumento si è diffuso ai prezzi alla produzione e al dettaglio di alimenti, beni industriali e infine servizi”. Per gli esperti della Commissione Ue l’aumento dell’inflazione nella seconda metà del 2022 si ripercuoterà nel 2023 , ma si prevede che gli effetti base contribuiranno a ridurre il tasso annuo al 6,1%”. Se dal rischio di una recessione si è usciti, per ora, “grazie a una risposta politica unitaria e globale”, ragiona Gentiloni, per questo “dobbiamo mostrare la stessa determinazione e ambizione nell’affrontare le sfide che ci troviamo ad affrontare oggi”. Per l’Italia questo si traduce in una rapida ed efficiente realizzazione del piano per la ripresa.