L’Italia ha pagato 8,6 mld a Putin da inizio guerra per gas e petrolio

Bloomberg scrive che l’economia russa rischia una forte crisi, Mosca invece fa sapere che quest’anno il Pil calerà di appena il 2,9%. La decisione di Mosca di interrompere il flusso del Nord Stream per alcuni osservatori sta a indicare che, senza export di metano, Putin vedrebbe ridurre drasticamente i propri introiti. Altri sostengono che le sanzioni stanno facendo male più all’Europa che alla Russia. Chi ha provato a fare luce sui numeri è il Center for Research on Energy and Clean Air (Crea), un think tank indipendente finlandese, secondo il quale la Russia ha guadagnato 158 miliardi di euro di entrate dalle esportazioni di combustibili fossili nei primi sei mesi di guerra (dal 24 febbraio al 24 agosto), poco meno di un miliardo al giorno. E la Ue ne ha importato il 54%, per un valore di circa 85 miliardi di euro. Più precisamente le esportazioni di combustibili fossili hanno contribuito con circa 43 miliardi al bilancio federale russo dall’inizio dell’invasione, contribuendo a finanziare la stessa guerra in Ucraina, sottolinea il Crea.

La principale importatrice di combustibili fossili è stata appunto la Ue (85,1 miliardi di euro), seguita da Cina (34,9 miliardi), Turchia (10,7), India (6,6), Giappone (2,5 miliardi), Egitto (2,3) e Corea del Sud (2 miliardi di euro). A sua volta, all’interno della Ue, la parte del leone la fa la Germania con 19 miliardi di euro pagati a Mosca per importare principalmente gas e petrolio, poi segue l’Olanda (11,1 miliardi soprattutto per il petrolio) nonostante sia la base della borsa che fa impazzire il prezzo del gas e nonostante sia seduta su decine di miliardi di metri cubi inutilizzati a Groningen, al terzo posto l’Italia che in 180 giorni ha versato nelle casse di Putin 8,6 miliardi pari a circa 50 milioni al giorno per ricevere in cambio gas via Tarvisio (sempre meno), petrolio, derivanti dal petrolio e un po’ di carbone (materia prima sulla quale è scattato l’embargo a inizio agosto). In pratica il nostro Paese durante i sei mesi che hanno sconvolto il mondo ha versato più soldi a Putin dell’India, che recentemente ha confermato di non voler applicare sanzioni verso il Cremlino e di voler intensificare gli acquisti di metano e greggio da Mosca. Fuori dal podio europeo troviamo infine la Polonia (7,4 miliardi di euro di prodotti fossili importati), Francia (5,5 miliardi), Bulgaria (5,2), Belgio (4,5) e Spagna 3,3).

Tornando sull’Italia nei due mesi che hanno preceduto il blocco all’import di carbone russo, abbiamo continuato a comprarne in compagnia di Olanda, Polonia, Germania e Spagna. Più o meno gli stessi Paesi che nelle ultime settimane si sono convertiti al carbone sudafricano che parte dal Richards Bay Coal Terminal benché la domanda fosse già cresciuta del 40% da gennaio a maggio. A proposito di carbone, ieri il prezzo del Newcastle Coal ha toccato i massimi a 463 euro a tonnellata. Ad agosto, i ricavi e i volumi delle esportazioni di combustibili fossili della Russia sono leggermente rimbalzati dal minimo raggiunto a giugno, nonostante le esportazioni russe siano diminuite del 18% rispetto al livello record raggiunto all’inizio dell’invasione (febbraio-marzo). Infatti rispetto all’inizio dell’invasione, le riduzioni delle importazioni di combustibili fossili russi sono costate al Paese 170 milioni di euro al giorno in mancate entrate in luglio e agosto. Il calo complessivo dei volumi delle esportazioni è stato determinato da un calo delle esportazioni verso la Ue, che sono diminuite del 35%.

Da notare infine un dato: dopo l’Europa il più grande importatore dalla Russia è la Cina. E la spesa maggiore di Pechino è per il petrolio, per il quale ha investito circa 25 miliardi. Il gas? Pesa molto meno dell’import di carbone: un paio di miliardi per il metano, quasi 4 per il carbone. E pure l’India è affamata di petrolio e non di gas. Per cui sorge una domanda: se il gas russo non va in Europa, a chi lo venderà Mosca?

(Photo credits: Odd ANDERSEN / AFP)

Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo

Mosca attacca Roma: “Piano Cingolani imposto da Ue-Usa”

La Russia attacca di nuovo l’Italia. Stavolta nel mirino finisce il Piano di contenimento dei consumi di gas naturale per fronteggiare l’emergenza energetica, firmato dal ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. Per Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, “il piano del ministro dell’Ambiente per ridurre la dipendenza dagli idrocarburi russi è chiaro che viene imposto a Roma da Bruxelles (che, a sua volta, agisce su ordine di Washington), ma alla fine sarà il popolo italiano a soffrirne“, scrive in un post sul suo canale Telegram. Rincarando anche la dose: “L’inflazione ha raggiunto il livello della crisi degli anni ’80 del secolo scorso, il paniere dei consumatori è cresciuto del 10% in valore e continua a crescere“.

Il documento deve aver fatto molto rumore a Mosca, se la portavoce di Sergej Lavrov scrive che Roma è spinta “al suicidio economico per realizzare la follia delle sanzioni euro-atlantiche“. E non dimentica le punture di spillo sulle sanzioni: “Sono diventate uno strumento di concorrenza sleale per i produttori italiani” e “gli affari in Italia vengono distrutti dai ‘fratelli’ d’oltremare“, visto che “gli imprenditori americani pagano l’elettricità sette volte meno di quelli italiani“.

La risposta non si fa attendere. “Ancora un volta dalla Russia arrivano dichiarazioni strumentali a poche settimane dal voto. Ennesima prova che le autorità russe si stanno rendendo protagoniste di chiare ingerenze, con la diffusione di notizie propagandistiche“, dichiara Giuseppe Marici, portavoce del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Aggiungendo che “c’è una certezza: ad oggi le famiglie e le imprese italiane rischiano di essere strozzate economicamente dagli aumenti del gas. Questi ultimi, a loro volta, derivano dalle speculazioni russe e da una guerra che Putin continua a portare avanti causando la morte di centinaia di vittime innocenti“. Parole corroborate da quelle del responsabile della Farnesina e leader di Impegno civico, che ribadisce: “E’ chiaro che Putin sta provocando l’aumento del gas in tutta Europa, sta ricattando l’Europa ed è per questo che l’Italia deve intervenire calmierando il prezzo delle bollette“. Anche Bruxelles reagisce, definendo “ridicole” le affermazioni di Zakharova. Il portavoce-capo della Commissione europea, Eric Mamer, risponde che l’esecutivo comunitario “non spende il tempo a commentare accuse ridicole” che arrivano dalle personalità del regime di Putin.

Intanto la campagna elettorale va avanti, in vista delle elezioni politiche del 25 settembre e gli scontri si moltiplicano. Matteo Salvini conferma la sua posizione critica sulle sanzioni e chiede agli altri leader di firmare un accordo, subito, per un intervento da 30 miliardi che serva a bloccare gli aumenti delle bollette. Di questo tavolo “lo apprendo ora, ma Forza Italia c’è ed è disposta a sedersi“, risponde a stretto giro la forzista, Licia Ronzulli. Nel fronte progressista Angelo Bonelli (Verdi-Sinistra italiana) punta il dito verso Giuseppe Conte e il M5S: “E stato premier di ben due governi in cui il Movimento aveva il 32% dei consensi. E cosa ha fatto per l’ambiente? Nulla, se non provvedimenti contraddittori“. Enrico Letta, invece, chiama a raccolta i suoi candidati per gli ultimi giorni di campagna elettorale, invitando a non considerare il Pd e la coalizione già per perdenti.

Domani il Terzo polo sarà impegnato in una ‘manifestazione diffusa’ sul territorio a favore di infrastrutture e gas, denominata ‘Imby, In my back yard-Sì all’Italia dei sì’. Carlo Calenda sarà a Piombino per il rigassificatore, Matteo Renzi e Maria Stella Gelmini al termovalorizzatore di Brescia, Teresa Bellanova a Melendugno per parlare di Tap , Matteo Richetti alla Darsena Popup del porto di Ravenna, Mara Carfagna ad Acerra davanti al termovalorizzatore, Maria Elena Boschi a Roma, nel XII municipio, Mario Polese a Tempa Rossa e Raffaella Paita alla Gronda di Genova. Ultima annotazione, il governo prosegue il lavoro in vista del Cdm di questa settimana con il nuovo decreto Aiuti (probabilmente giovedì). E il premier, Mario Draghi, ha incontrato ha incontrato a Palazzo Chigi il direttore generale della Fao, Qu Dongyu, per parlare della collaborazione dell’Italia e uno scambio di vedute sulla risposta alla crisi alimentare determinata dal conflitto russo-ucraino. Perché oltre la campagna elettorale c’è ancora tanto da fare.

Ue non ha fatto i conti col petrolio: l’Opec+ sale sopra il tetto al prezzo

L’Europa in piena emergenza gas non aveva fatto i conti col petrolio. L’Opec+, ovvero l’organizzazione dei Paesi esportatori di greggio allargata alla Russia, ha deciso che a ottobre ridurrà di 100mila barili al giorno la sua produzione, primo taglio da oltre un anno. Di fatto si torna ai livelli di agosto, dopo il leggero incremento produttivo deciso lo scorso mese per settembre. Una mossa, quella dei signori del petrolio, più politica che di sostanza. Infatti il messaggio diffuso dal comunicato è che una riunione d’urgenza dell’Opec potrebbe essere indetta in qualsiasi momento. Come dire: per ora ci accontentiamo di tenere i prezzi tra i 90 e i 100 dollari al barile, tuttavia se la recessione dovesse avanzare bruscamente e la domanda calare precipitosamente, siamo disposti a rivedere tutto. In che direzione però non si sa.

La decisione dell’Opec+ ha così fatto tornare sopra i 90 dollari al barile il prezzo del future del Wti texano e ben oltre i 95 quello del Brent europeo. Da notare che la Russia non voleva una riduzione della produzione, perché non intendeva far sapere soprattutto ai partner asiatici che di petrolio ce n’è più di quanto serva.

L’Arabia Saudita, vero azionista di maggioranza dell’organizzazione, non ha ancora assecondato i desiderata di Joe Biden, recatosi a Jedda a metà luglio per chiedere un incremento della produzione allo scopo di raffreddare i prezzi. C’è il tema dell’Iran, che tratta un ammorbidimento delle sanzioni, che potrebbe preoccupare la casa regnante saudita. C’è poi il tema dell’embargo deciso dall’Occidente al petrolio russo, che comincerà a dicembre. C’è il tema gas: se effettivamente la Ue precipitasse in una profonda recessione, come suggeriscono i dati sui costi alla produzione, il consumo di petrolio e carburanti rischierebbe di precipitare e con esso il prezzo del greggio. C’è, in questo senso, soprattutto il tema posto dal G7 di un tetto al prezzo del petrolio.

Abdulaziz bin Salman, ministro dell’Energia dell’Arabia Saudita ha detto a Bloomberg che l’aver deciso un mini-taglio alla produzione “è un’espressione della volontà di utilizzare tutti gli strumenti del nostro kit. La semplice modifica mostra che saremo attenti, preventivi e proattivi in termini di supporto alla stabilità e al funzionamento efficiente del mercato“. Con l’Europa in crisi, la Cina affamata di energia e l’America impegnata su più fronti, il mondo arabo intende ora aumentare il proprio peso internazionale.

(Photo credits: Mazen Mahdi / AFP)

Nucleare, Aiea a Zaporizhzhia: Obiettivo presenza permanente

La missione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) è a Zaporizhia, al Sud-Est dell’Ucraina. Nella centrale atomica che porta il nome della città, l’intenzione è quella di stabilire una presenza “permanente per prevenire un incidente nucleare.

Gli ispettori avranno accesso all’impianto occupato dai russi a partire da oggi. “Ci stiamo preparando per il vero lavoro che inizierà giovedì“, riferisce il direttore generale dell’organizzazione, Rafaelo Grossi. “Cercheremo di stabilire una presenza permanente dell’agenzia da quel momento in poi“, aggiunge, prospettando una soluzione che non era stata menzionata prima, soprattutto dai russi.

Il convoglio, composto da una ventina di auto, metà delle quali con la scritta ‘ONU’, e un’ambulanza, è arrivato in città, a circa 50 chilometri in linea d’aria dall’impianto, nel primo pomeriggio di ieri. La missione di 14 persone è stata ricevuta il giorno prima a Kiev dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky e ha lasciato la capitale mercoledì mattina presto.

“Vogliamo evitare un incidente nucleare”, conferma Grossi alla stampa, aggiungendo che gli esperti trascorreranno “alcuni giorni” sul posto e assicurando di aver ricevuto garanzie di sicurezza dalle autorità russe e ucraine.

L’Ucraina ha chiesto alle forze russe un corridoio con il cessate il fuoco sulla strada per l’impianto. “Le truppe di occupazione russe devono smettere di sparare sui corridoi utilizzati dalla delegazione dell’AIEA e non ostacolare le sue attività“, accusa su Facebook il portavoce diplomatico ucraino, Oleg Nikolenko. Secondo Yevgen Yevtushenko, capo dell’amministrazione di Nikopol, i russi, che controllano il sito e l’Energodar, sul cui territorio si trova, hanno bombardato la città per dare alla missione dell’AIEA l’impressione che fosse Kiev a colpire l’area intorno all’impianto.

Intanto, a Mosca, il ministero della Difesa russo ha simmetricamente accusato le forze ucraine di “provocazioni” volte a “disturbare il lavoro della missione dell’AIEA“, sostenendo che uno dei bombardamenti di artiglieria ucraini aveva “colpito” martedì “un edificio per il ritrattamento di rifiuti radioattivi” presso il complesso.

Da settimane Kiev e Mosca si accusano a vicenda di mettere in pericolo la sicurezza della centrale e di rischiare un incidente nucleare.

L’impianto, il più grande d’Europa, è occupato dall’esercito russo dall’inizio di marzo, dopo l’invasione dell’Ucraina iniziata il 24 febbraio. Kiev ha accusato Mosca di aver dispiegato centinaia di soldati in quella zona, di aver posizionato pezzi di artiglieria e di aver immagazzinato munizioni. Zaporizhia, una delle quattro centrali nucleari attive in Ucraina, ha sei reattori con una capacità di mille megawatt ciascuno. La settimana scorsa, per la prima volta nella sua storia, è stata brevemente scollegata dalla rete elettrica in seguito al danneggiamento delle linee elettriche.

Credit foto: Rafael Grossi/Twitter

Ancora bombe su Zaporizhzhia. Ispezione Aiea in settimana

L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) visiterà la centrale di Zaporizhzhia questa settimana, dopo giorni di bombardamenti intorno al sito e timori di una catastrofe nucleare. Ieri il tetto di un edificio dell’impianto, dove viene immagazzinato il carburante per i reattori, è stato colpito e danneggiato “dai bombardamenti delle truppe ucraine, accusa Vladimir Rogov, rappresentante dell’amministrazione filorussa della regione.

La missione dell’Aiea, per ispezionare l’impianto occupato dall’esercito russo sulla linea del fronte nell’Ucraina meridionale, sarà guidata dallo stesso direttore generale, Rafael Grossi, e composta da almeno una dozzina di persone. “Il giorno è arrivato, la missione dell’AIEA a Zaporizhzhia è in arrivo. Dobbiamo proteggere la sicurezza dell’Ucraina e della più grande centrale energetica d’Europa“, ha annunciato su Twitter, precisando che la missione sarebbe arrivata sul posto “nel corso della settimana“. Grossi chiede da mesi una visita al sito, avvertendo del “rischio reale di un disastro nucleare“. “La missione sarà la più difficile nella storia dell’Aiea a causa degli attacchi della Russia sul territorio“, rimprovera il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, durante una visita a Stoccolma.

Accusata da Kiev di aver cercato di ostacolare la missione dell’AIEA, la Russia dichiara di accogliere con favore l’imminente ispezione. “Aspettavamo questa missione da molto tempo. Lo riteniamo necessario“, sostiene il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, che domanda di “fare pressione sulla parte ucraina affinché smetta di mettere in pericolo il continente europeo bombardando l’impianto“. Secondo l’operatore ucraino Energoatom, le forze russe, “preparandosi all’arrivo della missione dell’AIEA, stanno facendo pressione sul personale dell’impianto per impedire che rivelino le prove dei crimini dell’occupante“.

Intanto, i Paesi del G7, “profondamente preoccupati” premono perché al personale dell’AIEA sia garantito un accesso “senza ostacoli” all’impianto. Il Presidente francese Emmanuel Macron precisa che “la sovranità ucraina su questo impianto non deve essere messa in discussione“, e aggiunge, ricevendo il Primo Ministro polacco Mateusz Morawiecki, che “la situazione intorno all’impianto è ciò che preoccupa maggiormente“. Energoatom denuncia che l’impianto “sta operando con il rischio di violare le norme di sicurezza in materia di radiazioni e incendi“. Inoltre, secondo l’operatore, “10 abitanti sono rimasti feriti” nei bombardamenti delle ultime 24 ore a Energodar, la località da cui dipende l’impianto, quattro sono dipendenti dell’impianto. La centrale di Zaporizhia, dove si trovano sei dei 15 reattori dell’Ucraina, è stata sequestrata dalle truppe russe all’inizio di marzo, poco dopo l’invasione del 24 febbraio.

Kiev e Mosca si accusano a vicenda di aver bombardato i dintorni del complesso sul fiume Dnieper e di aver messo in pericolo il sito. Secondo il ministero della Difesa, un drone armato ucraino è stato abbattuto sopra l’impianto e le forze ucraine hanno sparato otto proiettili contro aree residenziali di Energodar, tra cui due vicino all’impianto, ferendo alcune persone. Kiev a sua volta accusa le forze russe di aver messo in pericolo gli impianti nucleari stessi. “L’infrastruttura dell’impianto è stata danneggiata e c’è il rischio di fuoriuscita di idrogeno e di irrorazione radioattiva“, ha avvertito sabato Energoatom. Secondo Kiev, tra giovedì e venerdì l’impianto e i suoi sei reattori da mille megawatt ciascuno sono stati “totalmente scollegati” dalla rete nazionale a causa di danni alle linee elettriche, prima di essere ricollegati. In un videomessaggio alla conferenza sull’energia di Stavanger, in Norvegia, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky chiede sanzioni contro il gruppo russo Rosatom: “Non è normale che non ci siano ancora sanzioni contro Rosatom per questo ricatto nucleare alla centrale di Zaporizhia“, tuona, senza fornire ulteriori dettagli.

Dal 23 agosto, il municipio di Zaporizhzhia distribuisce compresse di iodio ai residenti nel raggio di 50 km dall’impianto, in conformità con le istruzioni del Ministero della Salute, sottolineando che lo iodio deve essere assunto solo in caso di allarme radioattivo.

Sotto la pressione internazionale, la Russia ha dovuto accettare una missione attraverso l’Ucraina e non attraverso i territori che controlla, come aveva richiesto in precedenza.

Dopo l’adozione di sanzioni economiche e personali contro i membri del regime russo, i ministri degli Esteri dell’UE, che si riuniranno a Praga oggi e domani, prenderanno in considerazione la sospensione di un accordo del 2007 che prevedeva agevolazioni per i visti di breve durata per i cittadini russi. Nel frattempo, sono proseguiti i combattimenti nella parte orientale e meridionale del Paese. Secondo le autorità locali ci sono stati bombardamenti nelle regioni di Kharkiv (nord-est), Mykolaïev (sud) e Dniepropetrovsk (centro). Il governatore di quest’ultima regione, Valentyn Reznichenko, ha annunciato sul suo account Telegram la morte di una persona nell’ultimo attentato.

Nel suo discorso, Zelensky ha affermato di voler riprendere “tutte le regioni sotto l’occupazione russa, compresa la Crimea, annessa dalla Russia nel 2014.

(Photo credits: Dimitar DILKOFF / AFP)

Reattori Francia chiusi e gas Germania ridotto: Svizzera teme inverno al buio

Pur essendo molto ricca, la Svizzera teme di rimanere senza elettricità quest’inverno se i reattori nucleari francesi resteranno chiusi e se Berlino ridurrà le esportazioni di elettricità a gas a causa della guerra in Ucraina.

In estate la Svizzera, torre d’acqua d’Europa con centinaia di centrali idroelettriche, esporta elettricità, ma in inverno è il contrario. Di solito non è un problema, ma dallo scoppio della guerra in Ucraina il gas russo non arriva più in Europa. Dato che non dispone di riserve sul proprio territorio, il Paese importa elettricità in inverno dalla Germania, che quest’anno sta affrontando una riduzione delle forniture di Mosca. “L’altro problema è che in Francia metà delle centrali nucleari sono chiuse” a causa di problemi di corrosione, ha dichiarato all’AFP Stéphane Genoud, professore di gestione dell’energia presso l’università HES-SO. Una combinazione di fattori che fa temere una carenza di elettricità.

Il lancio, all’inizio di settembre, di una potente centrale idroelettrica a pompaggio a Finhaut-Emosson, vicino al Monte Bianco nelle Alpi svizzere, a 600 metri di profondità e a 1.700 metri di altitudine, non cambierà radicalmente la situazione. In una diga di stoccaggio convenzionale, una volta svuotato il lago, la produzione si ferma. In questa centrale (chiamata Nant De Drance) non c’è nulla di tutto ciò. Situato tra due dighe a diverse altitudini, sfrutta gli episodi di sovrapproduzione sulla rete elettrica grazie all’energia eolica o solare per pompare l’acqua dal bacino inferiore a quello superiore. Quest’acqua viene rilasciata durante i periodi di elevata richiesta di elettricità. “È come un’enorme batteria. Possiamo rigenerare l’elettricità al momento giusto, durante i picchi giornalieri del mattino o della sera“, ha dichiarato all’AFP Robert Gleitz, della direzione di Alpiq, uno degli azionisti della centrale. La centrale “arriva in un momento opportuno e contribuirà ad accelerare la transizione energetica verso le energie rinnovabili, ha spiegato durante la visita all’impianto. Ma ha sottolineato che questo tipo di centrale può sostenere il mercato elettrico solo per brevi periodi, poiché non genera elettricità quando l’acqua viene restituita al bacino superiore. “Nella situazione attuale, è un utile complemento alla produzione di elettricità rinnovabile, che è ancora troppo bassa“, ha dichiarato all’AFP Nicolas Wüthrich dell’organizzazione Pro Natura. Come altre ONG, deplora il ritardo nella transizione energetica della Svizzera, anche se il Paese ha deciso di abbandonare gradualmente l’energia nucleare dopo l’incidente nucleare di Fukushima nel 2011.

Al 2020, la Svizzera aveva solo una quarantina di impianti eolici. Secondo Boris Salak, esperto dell’Istituto Federale di Ricerca per la Foresta, la Neve e il Paesaggio, sarebbero necessarie circa 750 turbine eoliche e pannelli solari su un terzo di tutti i tetti per raggiungere gli obiettivi della strategia energetica del governo per il 2050. Alla fine del 2021, anche prima della guerra in Ucraina, l’organizzazione Svizzera per l’alimentazione di emergenza aveva sottolineato che il rischio di una carenza di energia elettrica era già “elevato” nel Paese. Nei giorni scorsi, il governo ha invitato a non drammatizzare, assicurando di essere pronto a far fronte alla carenza di elettricità.

Il presidente della Commissione federale per l’energia elettrica, Werner Luginbühl, ha avvertito che ci sono da aspettarsi interruzioni di corrente di diverse ore. Gli svizzeri si affrettano a comprare generatori e pannelli solari per i balconi, mentre i partiti di sinistra invocano un’azione rapida. Alcuni, come l’economista Stéphane Garelli, si aspettano misure morbide per incoraggiare i cittadini a consumare meno elettricità. Stéphane Genoud ritiene probabile che Berna introduca misure più restrittive, come “quote per i grandi consumatori” di elettricità, come le grandi aziende, o tagli di corrente. Ma, spera, “se i francesi riusciranno a riavviare i reattori, se Putin non si metterà di mezzo e se non farà freddo, non ci saranno problemi di carenze o blackout“.

(Photo credits: Fabrice COFFRINI / AFP)

Polonia e Slovacchia inaugurano primo interconnettore del gas

Un investimento geopolitico per l’intera Unione europea. Polonia e Slovacchia hanno inaugurato il primo interconnettore del gas per collegare le reti dei due Paesi e contribuire a diversificare le rotte di approvvigionamento. L’evento inaugurale che si è tenuto a Strachocina, in Polonia, pone fine a otto anni di lavori di costruzione per mettere in piedi l’infrastruttura che renderà possibile importare 5,7 miliardi di metri cubi di gas all’anno in Polonia e 4,7 miliardi di metri cubi di gas all’anno in Slovacchia. I lavori sono stati in parte sostenuti dal programma europeo ‘Connecting Europe Facility’, con un finanziamento totale da parte di Bruxelles di oltre 100 milioni di euro.

L’infrastruttura – lunga in tutto 165 km – è parte centrale del Corridoio del Gas Nord-Sud nell’Europa Centro Orientale e Sud Orientale e consente di dar vita a una nuova rotta di trasporto del gas. Mette in connessione il terminale di gas naturale liquefatto (Gnl) di Swinoujscie, in Polonia nordoccidentale, con la stazione di compressione di Veľké Kapušany in Slovacchia, ma consente l’accesso al gas dal terminale GNL di Klaipeda (in Lituania), dall’interconnessione del gas Polonia-Lituania (GIPL), dal gasdotto del Baltico e dall’interconnessione Slovacchia-Ungheria, riducendo la dipendenza dalle importazioni di gas dalla Russia e creando nuove rotte di approvvigionamento nella regione.

L’infrastruttura è diventata un progetto di interesse comune nel 2013 e da allora la Commissione Europea ha finanziato parte dei lavori. Il nuovo interconnettore del gas tra Polonia e Slovacchia inaugurato oggi “migliorerà notevolmente la sicurezza dell’approvvigionamento dell’Ue e la resilienza del nostro sistema energetico, in linea con i nostri obiettivi REPowerEU”, ha sottolineato la commissaria europea per l’energia Kadri Simson, congratulandosi “con i gestori dei sistemi di trasmissione, Gaz-System ed Eustream, nonché i governi di Polonia e Slovacchia, per la loro efficace collaborazione e per aver completato il progetto in circostanze difficili“, come la guerra di Russia in Ucraina. L’Unione europea si è impegnata attraverso il piano REPowerEu presentato lo scorso maggio ad azzerare le importazioni di gas russo al più tardi entro il 2027, da una parte perché la Russia si è dimostrata un partner inaffidabile, dall’altra per la necessità di smettere di finanziare se pure indirettamente la guerra del Cremlino in Ucraina.

centrale Zaporizhzhia

Mosca scollega centrale Zaporizhzhia: prima volta nella storia

Per la prima volta in 40 anni di storia, la centrale nucleare di Zaporizhzhia, nel sud dell’Ucraina, è stata completamente disconnessa dalla rete elettrica nazionale. Secondo l’operatore ucraino Energoatom, la responsabilità è delle “azioni degli invasori“, che hanno di fatto fermato i due reattori dell’impianto ancora in funzione.

Gli incendi nell’area della centrale hanno causato per due volte la disconnessione dell’ultima linea di comunicazione che collegava il sito alla rete elettrica. “Altre tre linee di comunicazione erano state precedentemente danneggiate durante gli attacchi terroristici russi“, ha spiegato Energoatom.

Dopo lo spegnimento dell’incendio, un blocco è stato rimesso in funzione e, successivamente, è stato ripristinato anche il secondo. Yevhen Balitsky, capo dell’amministrazione regionale occupata da Mosca, ha assicurato che l’alimentazione elettrica di tutte le città e distretti della regione di Zaporizhzhia è stata ripristinata in breve tempo e ha accusato le forze militari ucraine di aver causato il rogo.

Da settimane Mosca e Kiev si accusano a vicenda di diversi attentati che hanno preso di mira Zaporizhzhia, che ha sei reattori con una capacità totale di 6.000 megawatt ed è occupata da marzo dalle truppe russe. L’Ucraina accusa la Russia di utilizzare la centrale come base per gli attacchi e come magazzino di armi pesanti, aumentando così il rischio di un potenziale disastro. Il Cremlino a sua volta ha accusato ripetutamente le forze ucraine di aver bombardato la centrale.

La disconnessione ha alimentato le preoccupazioni sul fatto che Mosca stia tentando di deviare l’elettricità prodotta a Zaporizhzhia verso le zone dell’Ucraina occupate dai russi. Un’ipotesi già lanciata nei giorni scorsi dal capo di Energoatom, Petro Kotin.

Intanto si fa sempre più concreta l’ipotesi di una visita dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Aiea), alla centrale di Zaporizhzhia. Il capo dell’Aiea, Rafael Grossi, ha incontrato il presidente francese Emmanuel Macron e la ministra degli Esteri, Catherine Colonna con cui ha discusso proprio di questa eventualità. Grossi ha parlato della “urgente necessità” di avviare le ispezioni perché “quasi ogni giorno si verifica un nuovo incidente” e “non possiamo permetterci di perdere altro tempo. Sono determinato a guidare personalmente una missione dell’Aiea presso l’impianto nei prossimi giorni per aiutare a stabilizzare la situazione della sicurezza nucleare“.

La Casa Bianca, per bocca della portavoce Karine Jean-Pierre, ha invitato Mosca ad acconsentire alla creazione di una zona smilitarizzata intorno alla centrale.

(Photo credits: ED JONES / AFP)

Josep Borrell

In Ue stoccaggio gas a buon punto ma si teme nuovo stop Nord Stream

Il lavoro dell’Unione europea e dei governi per riempire le riserve di gas procede bene e a ritmi sostenuti. “Tutto ci fa pensare che inizieremo il prossimo inverno con buoni livelli di stoccaggio”, ha assicurato l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, a margine dell’annuale seminario ‘Quo Vadis Europa?’, in corso in questi giorni a Santander, in Spagna. I numeri parlano chiaro: l’Ue nel complesso ha riempito oltre il 76% della sua capacità di stoccaggio e in molti Stati membri si sta raggiungendo la quota nazionale dell’80% richiesta da Bruxelles per prepararsi allo scenario di un taglio completo alle forniture da parte di Mosca.

Anche l’Italia, con il 79,39% della capacità, è tra questi. Ma quello di una interruzione totale delle forniture russe (Mosca è il principale fornitore di gas all’Europa) è uno scenario ormai non troppo remoto e lo lascia intendere il capo della diplomazia europea. Su come andrà l’inverno molto dipenderà da come si evolveranno le cose nelle prossime settimane “e se l’Ue sarà ancora in grado di riempire le riserve”, ha osservato. Per ora stiamo ricevendo il gas” da parte della Russia, ma il gasdotto “Nord Stream 1 lavora al 20% della capacità e la Russia ha già annunciato una nuova sospensione dei flussi all’Europa per una manutenzione non programmata del gasdotto alla fine del mese. Nord Stream 1 è la principale infrastruttura per il trasporto del gas russo verso il Continente europeo, che collega i giacimenti di gas siberiani direttamente alla Germania settentrionale attraverso il Mar Baltico e a capacità massima può trasportare 55 miliardi di metri cubi di gas verso l’Europa.

Venerdì scorso il colosso energetico russo Gazprom – che tiene in gestione il gasdotto – ha annunciato una nuova sospensione dei flussi dal 31 agosto al 2 settembre per una manutenzione non programmata dell’unico compressore rimasto in attività del gasdotto, in una mossa che rischia di aumentare la pressione sui governi europei alle prese con il riempimento degli stoccaggi nazionali di gas prima dell’inverno.

Gazprom assicura che se non dovessero riscontrarsi altri problemi, i flussi di gas saranno ripristinati a 33 milioni di metri cubi al giorno, pari a circa il 20% della capacità a cui l’impianto sta lavorando in questo momento. Nord Stream era già rimasto fermo in manutenzione dall’11 al 21 luglio, in una decisione del Cremlino considerata dall’Unione Europea strumentale come ritorsione al sostegno che Bruxelles ha fornito in questi mesi all’Ucraina. I flussi erano poi ripartiti, ma a una capacità ridotta al 20% a causa, motiva Mosca, di problemi nella riparazione di una turbina prodotta dalla società tedesca Siemens Energy. L’annuncio di una nuova interruzione da parte dei flussi a fine mese spaventa non solo l’Ue ma anche i mercati dell’energia, che negli ultimi mesi hanno osservato un aumento dei prezzi del gas e dell’elettricità.

Non potendo fare affidamento sulla Russia, “dobbiamo continuare a mettere in campo misure per risparmiare energia, ha aggiunto l’alto rappresentante Borrell. Bruxelles ha varato lo scorso 20 luglio un piano per chiedere ai governi di ridurre volontariamente la domanda di gas del 15% rispetto alla media dei consumi di gas degli ultimi cinque anni tra agosto e fine marzo del prossimo anno. Entro la fine di ottobre i governi europei, anche quello italiano, dovranno indicare a Bruxelles le misure che intendono introdurre a livello nazionale per centrare l’obiettivo.

putin

Ucraina, Putin accetta ispezione Aiea alla centrale Zaporizhzhia

Vladimir Putin ha accettato l’invio di una missione internazionale alla centrale nucleare ucraina di Zaporizhia da parte dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), affermando di temere che il bombardamento possa portare a undisastro su larga scala.

Intanto, il Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres, in visita in Ucraina, ha invitato la Russia a non interrompere la rete elettrica ucraina nell’impianto nel Sud del Paese, che il suo esercito ha occupato dall’inizio di marzo e che nelle ultime settimane è diventato il bersaglio di attacchi per i quali Mosca e Kiev si accusano a vicenda.

All’inizio della giornata, l’operatore ucraino della centrale Energoatom non ha escluso uno scenario di questo genere, sostenendo che l’esercito russo sta cercando di rifornirsi di generatori diesel che sarebbero stati attivati dopo lo spegnimento dei reattori e che aveva limitato l’accesso del personale all’impianto.

Naturalmente, l’elettricità di Zaporizhia è elettricità ucraina questo principio deve essere pienamente rispettato“, ha detto Guterres in una conferenza stampa a margine di un viaggio a Odessa, il principale porto ucraino sul Mar Nero, dopo essere stato a Leopoli, nell’ovest del Paese.

Il bombardamento sistematico del territorio della centrale nucleare di Zaporizhia crea il pericolo di un disastro su larga scala che potrebbe portare alla contaminazione radioattiva di vasti territori“, ha avvertito il presidente russo in una conversazione telefonica con il suo omologo francese, Emmanuel Macron. In questo contesto, Putin e Macron “hanno rilevato l’importanza di inviare al più presto alla centrale nucleare una missione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, che possa valutare la situazione sul posto“, ha dichiarato il Cremlino, sottolineando che “la parte russa ha confermato di essere pronta a fornire tutta l’assistenza necessaria agli ispettori dell’AIEA“.

Il capo di Stato russo ha anche accettato che questa squadra internazionale “passi attraverso l’Ucraina” e non attraverso la Russia, come aveva chiesto in precedenza, ha dichiarato la presidenza francese. Tuttavia, lo stesso giorno un diplomatico ha dichiarato all’AFP che gli occidentali erano più preoccupati di mantenere il raffreddamento ad acqua dei reattori nucleari che dell’impatto di un incendio sull’impianto, che è stato “costruito per resistere” ai peggiori impatti, “persino allo schianto di un aereo di linea“.

Il giorno prima a Leopoli, dove ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il Segretario generale dell’ONU ha affermato che “ogni potenziale danno a Zaporizhia sarebbe un suicidio” e ha sollecitato la “smilitarizzazione dell’impianto“. Venerdì scorso è stato il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, a chiedere su Twitter che i russi si “ritirino” dal sito e “restituiscano immediatamente il pieno controllo al suo legittimo proprietario, l’Ucraina“.