Mattarella: “Dall’agricoltura contributo di primaria importanza all’economia”

Quarant’anni di Made in Italy. Con l’edizione 2023 la fiera internazionale dell’ortofrutta, Macfrut, organizzata da Cesena Fiera, taglia un traguardo importante e prestigioso. Non a caso l’anteprima è stata celebrata dalla presenza, in Emilia-Romagna, del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Che ha speso parole importanti per uno degli appuntamenti più attesi del panorama globale del comparto agricolo e agroalimentare. “E’ un’occasione di grande importanza“, dice il capo dello Stato. Spiegando che tutto ciò “manifesta le potenzialità di questo straordinario settore così centrale nella nostra agricoltura, e quindi nella nostra economia, con prodotti di straordinaria eccellenza, apprezzati ovunque nel mondo, che ogni iniziativa condotta all’estero fa ulteriormente apprezzare e conoscere, come dimostra anche il livello di esportazione di questi prodotti in partenza dall’Italia“.

Sottolineando i numeri prodotti dall’export delle eccellenze italiane, Mattarella ricorda che “questo richiede naturalmente una tutela, un aiuto per l’esportazione, che comprende anche la concezione dell’apertura dei mercati“. Anche perché “l’Italia ha sempre dimostrato di saper stare da protagonista negli interscambi internazionali” e “si è sempre giovata ampiamente dell’apertura dei mercati“. Per questo “il contributo che questo settore fornisce al nostro Paese è di estrema importanza. Davvero di primaria importanza“. Non solo dal punto di vista economico. Il presidente della Repubblica, infatti, mette in luce il fatto che “l’agricoltura si colloca in una frontiera di una delle sfide più importanti che il nostro mondo deve affrontare“. Elencando “i mutamenti climatici, le difficoltà di approvvigionamento alimentare, i temi della sicurezza alimentare nel mondo, le difficoltà di approvvigionamento idrico, il mutamento dei processi produttivi. La sostenibilità, insomma“. Quindi, quelli della fiera “sono anche giorni in cui si possono scambiare esperienze e conoscenze in questa prospettiva“.

Macfrut 2023 aprirà i battenti, ufficialmente, oggi dalle 9.30. A inaugurare l’edizione numero 40 sarà il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, alla presenza di Presidente della fiera, Renzo Piraccini, assieme ai presidenti di Coldiretti, Cia-Agricoltori Italiani e Confagricoltura, Ettore Prandini, Cristiano Fini e Massimiliano Giansanti, oltre al presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, al presidente dell’agenzia Ice, Matteo Zoppas, alla sottosegretaria agli Esteri, Maria Tripodi, e all’assessore all’Agricoltura della Regione Calabria, Gian Luca Gallo. Madrina dell’evento, che vedrà la presenza di numerosi ministri da varie parti del mondo, sarà Simona Ventura.

Sempre oggi sono previsti altri due importanti appuntamenti, ai quali parteciperà Lollobrigida. Alle ore 14 sarà svelato in anteprima nazionale il Padiglione Italia dell’Expo di Doha, mentre alle 15.30 sarà presentata la candidatura di Expo 2030 Roma. “Con la sua presenza il presidente Mattarella ha evidenziato la centralità di un settore eccellenza del Made in Italy che coinvolge 300mila aziende per un valore di 15 miliardi di euro, in una cifra destinata a triplicare se si considera l’intera filiera“, dichiara Piraccini. Che conclude: “Non potevamo avere migliore anteprima“.

E’ allarme pesticidi in agricoltura. Wwf: Economia dei veleni ha contaminato la Terra

L’impiego di pesticidi a livello globale è quasi raddoppiato dal 1990 e l’Italia è il secondo maggiore mercato nell’Ue. Pesticidi che rappresentano “una economia di veleni legalizzati”. L’allarme arriva dal Wwf in occasione della Giornata mondiale della salute che si svolge il 7 aprile. Si tratta di sostanze usate in agricoltura, dice l’organizzazione, “di cui è ormai scientificamente provato che, anche a dosi minimali, possono risultare estremamente nocive per la salute umana e rappresentare quindi un vero e proprio problema di salute pubblica”. Senza dimenticare il ruolo “significativo” che hanno nel determinare “il declino della biodiversità, in particolare per gli insetti impollinatori come le api”. Fatto questo, spiega il Wwf, che “conferma la pervasività di queste sostanze in tutte le matrici ambientali, acqua, aria e suolo e i conseguenti effetti negativi sulla salute delle persone”. Tesi confermata anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che stima oltre 385 milioni di casi di avvelenamento da pesticidi e 258.000 decessi ogni anno in tutto il mondo.

A RISCHIO DONNE E BAMBINI. I più a rischio sono le donne e i bambini. Le prime, infatti, hanno una percentuale di grasso corporeo più alta e sono quindi più inclini ad immagazzinare agenti inquinanti che possono bioaccumularsi nel tessuto adiposo. Nelle donne sono, inoltre, più numerosi i tessuti sensibili agli ormoni che le rendono più vulnerabili ai pesticidi, specie quelli che agiscono a livello ormonale o interferiscono con il sistema endocrino. “C’è poi un legame evidente – dice il Wwf – fra il cancro della mammella e l’esposizione ad alcune tipologie di pesticidi, che sono agenti iniziatori e promotori di tale malattia. I pesticidi sono legati anche all’endometriosi, una condizione dolorosa che può causare l’infertilità e può rappresentare un rischio significativo per la salute riproduttiva delle donne e per il feto”. Ma queste sostanze possono anche passare dalla madre al feto e ai neonati durante l’allattamento, compromettendo la salute del nascituro non solo nell’infanzia, ma anche nella vita adulta e comportando un aumento, in particolare, del rischio di tumori cerebrali e di alterazioni neurologiche e di sviluppo, che possono causare deficit cognitivi, comportamentali e di crescita.

PUNTARE SU AGRICOLTURA BIOLOGICA. L’agricoltura biologica è quindi, per il Wwf, “l’unica soluzione per proteggere la salute dall’uso dei pesticidi”, di cui se ne consumano circa 4 milioni di tonnellate nel mondo, con un mercato che ha raggiunto un valore di 84,5 miliardi di dollari nel 2019, con tasso di crescita che quest’anno raggiungerà l’11,5%, sfiorando i 130,7 miliardi di dollari. E l’Italia? Nel 2020 in Italia sono stati venduti 125 milioni di kg di sostanze chimiche per l’agricoltura, 5,2 kg/ettaro. Nel 2021 la superficie agricola coltivata senza pesticidi in Italia era ancora solo il 17,4%.

Per arrestare “la pandemia silenziosa dei pesticidi”, spiega il Wwf, “oltre a una strategia europea e al rinnovo della normativa nazionale, è indispensabile far crescere il mercato del biologico nazionale”. L’Italia è ai primi posti in Europa per export di prodotti biologici certificati mentre i consumi interni restano bassi, sebbene i dati dimostrino che il consumo di prodotti biologici in Italia sia quasi raddoppiato in 10 anni e in costante crescita, seppur lentamente. “Scegliere di acquistare prodotti bio – dice il Wwf – liberi da veleni, contribuisce non solo alla crescita dell’agricoltura biologica, ma anche alla tutela della propria salute”.

(Foto © David Bebber WWF-UK)

lollobrigida

Lollobrigida insiste su Rdc: “Non è vergognoso lavorare in agricoltura”

Non c’è nulla di vergognoso nel fare l’imprenditore agricolo“. Non c’è davvero, ma Francesco Lollobrigida è costretto a ribadirlo, dopo il polverone sollevato in apertura del Vinitaly.

Dal palco di Verona, il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste aveva ricordato ai giovani italiani che “lavorare in agricoltura non è svilente“, rivolgendosi, tra gli applausi, “a chi è sul divano, mentre prende il reddito di cittadinanza“. Parole pesantissime per una generazione che paga lo scotto della recessione, della pandemia e della crisi seguita alla guerra in Ucraina. Vero è anche che gli agricoltori hanno (disperatamente) bisogno di braccia nei campi. Ne è prova il clamoroso successo del click day del decreto flussi, il 27 marzo, in overbooking già dopo un’ora per le domande di ingresso dei lavoratori extracomunitari. Alle 10 del mattino, secondo il Viminale, le domande arrivate erano 238.335, quasi il triplo delle quote previste dal decreto, ossia 82.705.

Ora, il piano del governo è coprire una parte del grande fabbisogno di lavoro in agricoltura con una quota di giovani in cerca di un posto. “Bisogna creare ricchezza per aiutare i più deboli, ma non si può creare ricchezza per decreto o facendo debito. La ricchezza si crea col lavoro“, precisa il ministro all’indomani delle polemiche. Ringrazia i ragazzi che frequentano gli istituti agrari: “L’unica cosa indegna è che se tu puoi lavorare, dici che se non ti danno il reddito di cittadinanza vai a rubare. Non può essere che, chi invece va a lavorare, paghi con le sue tasse chi non vuole provare a lavorare”, sostiene.

Nelle campagne, in vista della vendemmia, “c’è posto anche per studenti, pensionati o disoccupati che vogliono trovare una occasione di reddito e fare una esperienza all’aria aperta a contatto con la natura, grazie al nuovo sistema di prestazioni occasionali introdotto nell’ultima Manovra“, conferma Coldiretti. Una opportunità per anche per “percettori di Naspi, reddito di cittadinanza, ammortizzatori sociali e detenuti ammessi al lavoro all’esterno con l’unico limite determinato dalla durata della prestazione che non potrà superare, per singolo occupato, le 45 giornate di lavoro effettivo all’anno e non aver già lavorato in agricoltura“, fa sapere l’associazione.

Per fare il punto sulle necessità del settore, mercoledì 5 aprile, alle 10, è già convocato a Palazzo Piacentini, sede del ministero del Made in Italy, il Tavolo Agrindustria, con Adolfo Urso e Lollobrigida, insieme alle principali imprese del settore, alle associazioni di categoria e alle parti sociali.

Intanto, il ministro dell’Agricoltura continua a incassare destri dall’opposizione: “All’attuale Ministro dell’Agricoltura non passa nemmeno per la mente che se non si trovano stagionali, forse questo dipende da condizioni di lavoro inadeguate. Eppure dovrebbe conoscere la realtà di un settore purtroppo afflitto da caporalato e lavoro nero“, tuona il responsabile economia di Sinistra Italiana, Giovanni Paglia. “Braccia rubate all’agricoltura? Meraviglia che a pronunciare queste parole sia colui che è chiamato a promuovere e sostenere le nostre eccellenze agroalimentari“, denuncia l’ex ministra dell’Agricoltura, Teresa Bellanova. In agricoltura, sottolinea, è sempre maggiore il bisogno di “grandi professionalità, studio, formazione, passione“, che sono i fattori che fanno dell’agricoltura italiana “un’eccellenza“. Per essere competitivi con i nostri prodotti nel mondo, scandisce la presidente di Italia Viva, “abbiamo sempre più bisogno di saperi e di diritti. Non certo delle frasi sprezzanti di chi sa solo guardare al passato, dimenticando che l’agroalimentare italiano punta, da sempre, al futuro“.

Siccità, Gadda: “Bisogna smetterla di gestire questo fenomeno come emergenziale”

“Non è più possibile gestire il fenomeno della siccità in un’ottica emergenziale”. Lo ha detto l’Onorevole Maria Chiara Gadda, vicepresidente della Commissione Agricoltura, ai microfoni di GEA – Green Economy Agency. “Perché gli effetti dei cambiamenti climatici da un lato, ma soprattutto la carenza infrastrutturale che il nostro paese sconta, devono trovare nelle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza un’attuazione pratica” ha proseguito Gadda. “Servono decreti attuativi più puntuali e togliere quei colli di bottiglia che oggi nelle diverse regioni sono di ostacolo alla costruzione degli invasi e ci sono troppi enti che si occupano e preoccupano della gestione dell’acqua. Dobbiamo migliorare anche dal punto di vista organizzativo e di governance”

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Giornata della donna, con Meloni la svolta ma in agricoltura ancora poche manager

La nomina di Giorgia Meloni a presidente del Consiglio sembra aver rotto, almeno in parte, il cosiddetto tetto di cristallo in Italia. Per la prima volta nel nostro Paese a capo del governo siede una donna. Per la prima volta una donna accede a uno degli scranni più alti del potere. Intorno alla sua elezione si è creato una sorta di ‘contagio’ sulla cui scia si può assestare la vittoria di Elly Schlein a segretaria del Partito democratico. Ma, ciononostante, dati alla mano, se si guarda alle posizioni apicali il gap con gli uomini continua a essere notevole: nella pubblica amministrazione le donne rappresentano il 58,8% del totale dei 3,2 milioni di dipendenti pubblici, ma solo una su tre ha un ruolo manageriale. Una situazione riscontrabile anche in agricoltura: le donne occupate nel settore sono 823.000, ovvero il 30% del totale ma solo il 31% di queste dirige un’azienda agricola.

L’ultimo report pubblicato da Global Perspectives&Solutions di Citi sottolinea come la parità di genere nelle imprese non solo aumenterebbe fino al 3% il Pil mondiale ma porterebbe anche parecchie centinaia di milioni di posti di lavoro. Inoltre, un rapporto della Fao indica che se si aumentasse la conduzione femminile delle aziende del settore nei Paesi in via di sviluppo crescerebbe del 30% anche la produzione, contribuendo alla sicurezza alimentare mondiale.
Nella Giornata internazionale della donna risuona forte l’appello delle associazioni femminili di Cia-Agricoltori italiani e di Confagricoltura: “Più donne nei ruoli apicali”, ribadisce Donne in Campo, invitando tutti a sottoscrivere il ‘Manifesto delle donne per la Terra’. Una Carta dei valori, ma anche un Documento programmatico, per costruire un’alleanza “fortissima” tra le donne di tutto il mondo. Perché oggi, dopo una pandemia globale e con le sfide in atto, da quelle geopolitiche a quelle climatiche, “le donne devono essere là dove si decide”. Quanto all’agricoltura, aggiunge la presidente dell’associazione Pina Terenzi, sebbene rispetto ad altri settori mostri aspetti di minore disparità tra i generi, “tanto resta ancora da fare. In particolare, sarà cruciale accogliere l’idea di futuro che le donne dell’agricoltura veicolano nel loro prezioso lavoro quotidiano, legato strettamente a una visione multifunzionale e sostenibile del settore, che coniuga la produzione di cibo con welfare, comunità, tutela di suolo e paesaggio, salvaguardia di risorse e biodiversità, innovazione”.

Per Alessandra Oddi Baglioni, presidente di Confagricoltura Donna, mentre in Italia vi è un’abbondanza di norme per promuovere l’occupazione e l’imprenditoria femminile, si registra ancora che, concretamente, la loro efficacia è ridotta. In Italia sono più di 200mila le imprese agricole condotte da donne, numerose le under 35, che rappresentano circa un terzo del totale. In generale, nel settore primario, a Sud si concentrano quasi 22 imprese ogni 100, nel Centro-Nord invece solo 11,7. Le imprese agricole femminili hanno sopportato meglio gli effetti derivanti dalla pandemia e il 28% ha aumentato il proprio fatturato rispetto al 20% delle imprese agricole non femminili. Eppure, il ruolo della donna nel settore è spesso invisibile. Soprattutto, ricordano le associazioni, per quanto riguarda i diritti. Alle agricoltrici, come a tutte le lavoratrici autonome, viene riconosciuta solo la maternità obbligatoria (5 mesi), con un’indennità economica insufficiente a coprire le spese di una sostituzione in azienda. Ma, a loro “non vengono riconosciute né la maternità a rischio né il congedo parentale per assistere parenti disabili. Senza dimenticare che il lavoro agricolo non è considerato un’attività usurante”.

Inoltre, a livello globale, secondo la Fao, il numero delle persone che soffrono la fame potrebbe ridursi del 12-17% se le donne delle zone rurali avessero le stesse opportunità degli uomini in termini di accesso alla terra, alla tecnologia, ai servizi finanziari, alla scolarizzazione e ai mercati. Ad affermarlo è stato il ‘Rapporto sullo Stato dell’alimentazione e dell’agricoltura’ del 2011 focalizzato proprio sul ruolo delle donne nell’economia agricola. Secondo quanto riportato dall’analisi, se nei paesi in via di sviluppo ci fosse parità tra i sessi nel settore agricolo la produzione potrebbe aumentare tra il 2,5 e il 4%. Fattore che a sua volta permetterebbe a 100-150 milioni di persone di non soffrire più la fame, con una diminuzione del 12-17% rispetto ai 925 milioni di oggi (906 milioni solo nei paesi in via di sviluppo). Sempre secondo i dati Fao, aggiornati al 2022, le donne rappresentano quasi la metà della forza lavoro in agricoltura, sono le principali responsabili per la cura della casa e dei figli e svolgono spesso compiti poco produttivi, ma molto onerosi, come raccogliere l’acqua e la legna. Di conseguenza, il carico lavorativo della popolazione rurale femminile risulta spesso sproporzionato, poco riconosciuto e in gran parte non retribuito.

Le donne in agricoltura affrontano anche notevoli disparità in termini di accesso alle risorse e condizioni lavorative. Il rapporto della Fao evidenzia, ad esempio, che esse tendono a coltivare terreni più piccoli e di più bassa qualità e possedere un numero inferiore di capi di bestiame; fare minore utilizzo di input quali fertilizzanti macchinari e di servizi finanziari; avere un accesso limitato alle informazioni di mercato e alla formazione; essere impiegate in posizioni meno remunerative e più precarie; non essere adeguatamente rappresentate negli organi decisionali. Come ha concluso la Commissione sulla condizione delle donne delle Nazioni Unite “senza l’uguaglianza di genere e l’emancipazione delle donne non si possono contrastare il cambiamento climatico e i rischi di catastrofi ambientali.”

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Siccità, NaanDanJain: Israele insegna, agricoltura di precisione per superare crisi

Israele è un territorio grande quanto una Regione italiana, per due terzi arido o semiarido, con il 20% di superficie arabile. Le risorse idriche sono poche, le piogge carenti, la popolazione in crescita, i mercati di importazione distanti. Eppure, il deserto è fiorito. “Per necessità”, spiega a Gea Antonio D’Alfonso, senior commercial advisor dell’azienda ‘NaanDanJain’, leader mondiale nell’irrigazione tailor-made.

“Il merito è degli investimenti in ricerca e sviluppo portati avanti da oltre 70 anni”, afferma. Negli anni Cinquanta e Sessanta il Paese ha costruito il National Water Carrier, per trasportare l’acqua dal Nord al Sud e inventato il sistema dell’irrigazione a goccia. Negli anni Ottanta ha utilizzato le acque reflue trattate per irrorare i campi. Negli anni Novanta ha messo a punto un programma ambizioso di dissalazione a osmosi inversa su larga scala. Negli anni Duemila ha lanciato una vigorosa campagna mediatica di sensibilizzazione della popolazione al problema della scarsità d’acqua.

Oggi il Paese riutilizza ben oltre il 90% delle sue acque reflue a scopi agricoli e industriali (548/563 milioni di metri cubi di acque reflue recuperate nel 2020), conta su cinque impianti di dissalazione per la produzione di acqua dolce e su altri due in costruzione, ospita oltre 250 aziende di tecnologie idriche e oltre 180 startup water-tech innovative per il trattamento delle acque reflue (42%), la gestione delle reti idriche (35%), l’irrigazione, la generazione di acqua (per dissalazione, estrazione dall’aria, recupero dell’acqua piovana), le applicazioni domestiche e il monitoraggio di qualità e sicurezza idriche.

“Le aree desertiche sono state coltivate a tutti gli effetti. Israele è davvero la culla dell’irrigazione di precisione e di qualità”, scandisce d’Alfonso. Ci è riuscita con l’esperienza e con gli investimenti: “le aziende del Paese investono in ricerca e sviluppo il 5-10-15% degli utili, una scelta lungimirante”, riporta.

Le startup hanno raccolto 159 milioni di dollari di capitale nel periodo 2018-2020, confluito principalmente nei settori del trattamento delle acque reflue e della gestione delle reti idriche. Quanto ai settori dell’agri-tech e del food-tech (oltre 400 aziende innovative) nel 2021 gli investimenti nelle startup hanno raggiunto la cifra record di 833,5 milioni di dollari. Di questi, 200 milioni sono affluiti nell’agri-tech.

L’irrigazione a goccia, sostiene l’esperto, è “assolutamente esportabile in Italia” e in parte è già stata esportata. E’ “adatta a tutti i tipi di colture”, anche a quelli per cui nel nostro Paese si utilizza moltissima acqua. “Sono stati ottenuti risultati straordinari persino sul riso, risultati pubblicati e noti”, assicura. Anche sul grano e sul mais si fanno regolarmente irrigazioni con impianti a goccia. “Oggi abbiamo sistemi a goccia che tutti gli anni si ripetono anche su colture intensive. In termini di resa e di risparmio idrico ed energetico si possono fare delle grosse economie, a parità di superficie c’è una resa più alta e un consumo minore, è consolidato”, garantisce.

Nel tempo, oltre alla goccia, sono state sviluppate altre tecniche irrigue, come la micro-irrigazione localizzata per le colture protette in serre o l’aspersione a pieno campo, tutte tecniche che richiedono un uso molto limitato di acqua. “Prima si irrigava con quantità di acqua importanti, quasi allagando, e frequenze dilatate. In Israele da oltre 10 anni si parla di ‘pulse irrigation’, si usano quantità minime di acqua e frequenze alte, evitando dispersione di energia, di prodotto, evaporazione”, afferma D’Alfonso.

Una irrigazione di precisione ha bisogno di grandi tecnologie. La spesa non è irrilevante, ma l’agricoltura 4.0 “ha un beneficio di natura economica nella logica di applicabilità oltre che nella funzione”, ricorda. Anche in Italia conviene: “Ci sono sgravi finanziari per chi investe in questo tipo di tecnologia. Tutti devono provare a utilizzare tecniche innovative”.

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Coldiretti: Nelle campagne c’è posto per 100mila giovani

Con l’arrivo della primavera c’è posto per almeno centomila giovani per colmare la mancanza di manodopera che ha duramente colpito le campagne lo scorso anno con la perdita rilevante dei raccolti agricoli nazionali. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti presentata in occasione dell’iniziativa ‘Lavoro per i giovani, in agricoltura c’è’. Un bisogno che, secondo il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, intervenuto all’evento, si può colmare grazie alle “tante richieste per lavoratori stranieri che dobbiamo far arrivare col decreto flussi. Poi c’è una grande offerta ben pagata e in regola, da aziende sanissime, che come noi sono contro il caporalato, lo sfruttamento e la concorrenza sleale”.

Secondo Coldiretti nelle campagne servono figure specializzate come i trattoristi, i serricoltori, i potatori e tecnici dell’agricoltura 4.0 per guidare droni, leggere i dati metereologici ed utilizzare gli strumenti informatici ma anche raccoglitori per le verdure, la frutta e la vendemmia. Non vanno dimenticati poi i nuovi sbocchi occupazionali offerti dalla multifunzionalità che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, ma anche alle attività ricreative, l’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, la sistemazione di parchi, giardini, strade, l’agribenessere e la cura del paesaggio o la produzione di energie rinnovabili. Per questo è necessario e un piano integrato di formazione che coinvolga le scuole anche per recuperare le conoscenze antiche e vincere le sfida della rivoluzione digitale nelle campagne con gli investimenti in droni, gps, robot, software e internet delle cose che hanno raggiunto 1,6 miliardi con la crescita del 1500% nel giro di 5 anni.

Lo scorso anno in agricoltura – precisa la Coldiretti – hanno trovato opportunità di lavoro dipendente oltre 1 milione di persone, di cui quasi uno su tre (32%) ha meno di 35 anni, destinati peraltro ad aumentare con gli investimenti previsti dal Pnrr e dal piano per la sovranità alimentare. In questo contesto va segnalato che le difficoltà agli spostamenti dei lavoratori alle frontiere per effetto della pandemia hanno ridotto la presenza di lavoratori stranieri ed aumentato quella degli italiani che sono tornati a considerare il lavoro in agricoltura una interessante opportunità.

E’ dunque importante l’arrivo del nuovo sistema di prestazioni occasionali introdotto nella Manovra dal Governo e sostenuto da Coldiretti che porta una rilevante semplificazione burocratica per facilitare l’avvicinamento al settore agricolo. Potranno accedervi – spiega Coldiretti – pensionati, studenti, disoccupati, percettori di Naspi, reddito di cittadinanza, ammortizzatori sociali e detenuti ammessi al lavoro all’esterno.  Sarà a tutti gli effetti un rapporto di lavoro subordinato agricolo – evidenzia Coldiretti – con l’unico limite determinato dalla durata della prestazione che non potrà superare, per singolo occupato, le 45 giornate di lavoro effettivo all’anno. Il salario sarà esente da imposizione fiscale, cumulabile con qualsiasi tipologia di trattamento pensionistico. Al lavoratore saranno inoltre garantite le stesse tutele (contrattuali, previdenziali, assistenziali, ecc.) previste per gli occupati a tempo determinato.

Lollobrigida: Lotta a spreco cibo priorità governo. Post Covid italiani gettano meno

Ogni anno, in Italia, gettiamo in media 524 grammi di cibo a testa al mese, con un costo di filiera, dai campi alle tavole, che supera i 9 miliardi di euro. Tra gli alimenti più sprecati, la frutta fresca e il pane. Contrastare gli sprechi alimentari, favorendo la distribuzione degli eccessi a chi ne ha bisogno, è “uno degli obiettivi del Governo”, assicura il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. All’evento ‘Il nostro impegno quotidiano’ organizzato da ‘Grande Impero’ in occasione  della decima Giornata Nazionale di prevenzione allo spreco alimentare, il 5 febbraio.  Il ministro ‘provoca’ la grande distribuzione: “Chieda di comprare meno, ma meglio. Dobbiamo investire sulla qualità. Ci siamo assunti il compito di proteggerla – insiste – stiamo cercando di fare sistema con le altre nazioni per contrastare operazioni a grande impatto mediatico”.

Il riferimento è a diverse battaglie che porta personalmente avanti in Europa, quella contro il Nutriscore, che “penalizza le eccellenze italiane“. Ma anche quella contro l’etichettatura sugli alcolici dell’Irlanda. Il documento congiunto Italia-Francia-Spagna contro l’iniziativa di Dublino che inserisce in etichetta indicazioni allarmistiche sulla salute anche per il vino, ha ottenuto l’adesione di 8 nazioni: “C’è un fronte in Europa che difende una produzione non in nome delle lobby, ma della qualità dei prodotti“, commenta Lollobrigida. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, sta attivando il confronto con la comunità scientifica per avvalorare la posizione di Roma con dati scientifici. Altra battaglia di Roma a Bruxelles è quella contro il cibo sintetico: “Quando si parla di prodotti sintetici di laboratorio il problema è non solo per i nostri imprenditori. Il pericolo che spesso sfugge – ricorda Lollobrigida – è che, con la standardizzazione a basso costo, chi ha potere d’acquisto, continuerà a mangiare bene, al contrario dei poveri che mangiano sempre peggio”. Lo spreco di cibo non è solo un problema etico, le sue conseguenze negative “hanno una forte ripercussione sul sistema economico, porta un avvilimento di tutta la filiera agro-alimentare con gravi conseguenze al Made in Italy“, ribadisce la Ceo di Grande Impero, Antonella Rizzato. Propone di lavorare su investimenti tecnologici come soluzione al problema.

Complici la crisi post covid e l’inflazione, però, qualcosa nelle abitudini degli italiani sta cambiando. Nell’ultimo anno, rileva l’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market / Campagna Spreco Zero, l’86% degli italiani si impegna a consumare tutto quello che cucina e a mangiare anche gli avanzi. Scatta l’effetto “nidificazione”: per 1 italiano su 3 (33%) diminuiscono drasticamente le colazioni, pranzi e per 4 italiani su 10 anche l’abitudine dalla cena al ristorante (42%). Diventano centrali i temi relativi alla sostenibilità alimentare (36%): il 35% del panel ha aumentato il consumo di legumi e derivati vegetali a scapito della carne e delle proteine animali, mentre il 29% ha aumentato l’acquisto di prodotti a km0. E nonostante l’aumento dei prezzi al consumo, la spesa alimentare è infatti quella che diminuisce meno (18%), dietro solo alle spese mediche (11%) e di cura alla persona (17%). E 1 italiano su 3 presta attenzione alla riduzione del consumo di carne (26%), crollano le grandi marche, in calo del 10% nell’interesse dei consumatori, salgono i brand delle catene di vendita. Stabile la soglia di acquisto online, piccolo aumento per il biologico (+ 14%), così come per gli acquisti nei negozi rionali (+14%)

Vino, ok a risoluzione contro la norma su etichettatura dell’Irlanda

Oltre i colori politici, la parola d’ordine è unanimità. Contro la norma irlandese, avallata dalla Commissione Ue, che vorrebbe etichette sulle bottiglie di vino come per i pacchetti delle sigarette, la commissione Agricoltura della Camera mostra un volto dell’Italia che mancava da mesi. Perché sulla risoluzione presentata dalla vice presidente Maria Cristina Caretta (FdI) convergono i voti di tutte le forze politiche sull’impegno al governoad adoperarsi in tutti i tavoli europei di competenza per scongiurare l’introduzione della normativa, valutando, se del caso, la sussistenza dei presupposti per promuovere un ricorso alla Corte di giustizia dell’Unione europea, anche in coordinamento con altri Paesi europei che condividono il medesimo posizionamento italiano“.

Non solo, perché i deputati chiedono che l’esecutivo si attivi “in tutti i tavoli internazionali di competenza, con riferimento all’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto) per scongiurare l’introduzione della normativa” e adotti “iniziative, anche in coordinamento con altri Paesi europei produttori ed esportatori di vino, presso le competenti sedi europee, con la finalità di scongiurare che la normativa irlandese diventi un precedente a danno delle produzioni vinicole nazionali, andando, tra le altre, oltre il perimetro tracciato dal Parlamento europeo nel voto espresso sulla risoluzione in premessa“.

Nessuna obiezione da parte delle opposizioni, che per una volta si fondono con la maggioranza per dire ‘no‘ a messaggi del tipo ‘nuoce gravemente alla salute‘ sulle bottiglie di uno dei prodotti d’eccellenza del Made in Italy nel mondo. “La commissione ha fatto una cosa importante, perché tutti i partiti, all’unanimità, hanno votato una decisione forte: quella di dare mandato al governo di utilizzare tutti gli strumenti per contrastare questa introduzione in etichetta dell’indicazione del rischio per la salute“, dice a GEA il presidente della commissione Agricoltura, Mirco Carloni. Sottolineando che “non è certamente il prodotto a significare il problema quanto l’abuso“, perché “l’Italia, che è il maggior produttore di vino, ha il minor numero di alcolizzati, mentre l’Irlanda, che ne è il minor produttore, ha invece il più alto numero di alcolizzati“. Per l’esponente della Lega ci sono eccome “le condizioni per adire alla Corte di giustizia” e “a livello internazionale – continua – la questione è esperibile anche dinanzi gli organi di soluzione delle controversie dell’Organizzazione mondiale del commercio“.

Carloni parte da un presupposto: “Credo che un’azione come quella di iscrivere in etichetta che il vino fa male alla salute è un atto ostile verso l’Italia, che dobbiamo bloccare in tutti i modi“. Da qui parte il ragionamento per la risoluzione votata all’unanimità dalla sua commissione. Che riceve il plauso delle associazioni di categoria, come Assobirra: “Esprimo il mio sincero plauso alla risoluzione approvata all’unanimità che supporta l’azione governativa per ripristinare una corretta applicazione del diritto dell’Ue in materia di etichettatura delle bevande alcoliche“, dichiara infatti il presidente, Alfredo Pratolongo. Che ricorda come la priorità sia quella di tutelare il comparto vinicolo e birrario. Due prodotti che sono, per dirla con le parole di Carloni, “elemento di identità culturale dell’Italia“.

Idris Elba a Davos per l’Africa e contro il cambiamento climatico

La prima volta che Idris Elba ha partecipato a un incontro del World Economic Forum di Davos è stato nel 2014, come DJ a un party con la star dell’R&B Mary J. Blige. “Nel mio pubblico c’erano persone molto interessanti, ma non era niente in confronto a oggi“, racconta a Afp l’attore britannico. Questa volta, però, Elba è tornato a Davos con la moglie, la modella Sabrina Dhowre Elba, con una missione ben diversa, che l’attore definisce “una grande responsabilità“: convincere gli imprenditori occidentali che si possono fare affari con i piccoli agricoltori locali in Africa.

Le persone stanno ascoltando, i governi si stanno impegnando, ma non abbastanza. Per questo siamo qui a bussare alle porte e a dire a quante più persone possibile che dobbiamo impegnarci due, tre, quattro, cinque volte di più, perché ce n’è bisogno“, spiega Sabrina Dhowre Elba. “Il cambiamento climatico è alle porte dell’Africa. Sta già accadendo. Le persone devono adattarsi per sopravvivere“, insiste. Gli Elba sono Ambasciatori di buona volontà delle Nazioni Unite dal 2020 e collaborano con il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (Ifad) in azioni legate alla sicurezza alimentare e al cambiamento climatico.

Credo che la prossima sfida sia quella di coinvolgere il settore privato“, afferma Idris Elba. Il presidente della Ifad, Alvaro Lario, che accompagna la coppia nella località sciistica svizzera, insiste sull’importanza di coinvolgere le imprese occidentali “non solo come sostegno o aiuto“, ma con veri e propri investimenti. “In realtà, ci sono opportunità di fare affari” nell’agricoltura, nella silvicoltura e nella pesca, che secondo lui è il secondo settore più promettente dopo la tecnologia. “Questo è il tipo di conversazione che vogliamo avere”.

L’impegno delle due celebrità a è valso loro un Crystal Award da parte del World Economic Forum, e intendono proseguire attraverso la propria fondazione (Elba Hope Foundation) creata alla fine dello scorso anno e finalizzata a sostenere iniziative legate alle stesse tematiche, ma anche rivolte alle donne e ai giovani. Lontano dai personaggi spesso spietati che ha interpretato nelle serie ‘The Wire’ o ‘Luther’, o nel film ‘Beasts of no Nation’, Idris Elba dice di essere motivato dalla “ingiustizia di avere metà del mondo che mangia e metà del mondo che non mangia. La metà del mondo che sta facendo danni enormi al nostro pianeta e l’altra metà che (…) sta morendo di fame e soffre di più per questi danni“. “Quando penso alla dialettica sul clima, e quando penso alle discussioni sul continente africano, mi sembra che ci stiamo dimenticando delle persone reali“, osserva anche la moglie. Ma i piccoli agricoltori hanno un ruolo cruciale “quando parliamo di sicurezza alimentare e anche di clima“. Perché le soluzioni basate sulla natura di cui tutti parlano, sono le persone stesse che le attuano: i conservatori del nostro pianeta.