Pnrr, cabina regia su VII rata: trasporti net zero e reti elettriche tra 69 goal

Trasporti a emissioni zero, potenziamento delle reti di trasmissione dell’energia elettrica, istallazione di oltre 16mila colonnine stradali di ricarica per veicoli elettrici, 480 Centrali cliniche Operative Territoriali, 55mila borse di studio per studenti meritevoli meno abbienti e 7.200 borse di dottorato. Sono solo alcuni dei 69 obiettivi contenuti nella settima rata del Pnrr, che vale 18,2 miliardi.

Dentro anche le maxi-opere. Come il Tyrrhenian Link, che con Terna collegherà la Sicilia alla Sardegna e alla penisola italiana attraverso un doppio cavo sottomarino: un nuovo corridoio elettrico al centro del Mediterraneo lungo 970 chilometri che tra l’altro favorirà lo sviluppo delle fonti rinnovabili.

Salendo più a Nord, tra gli obiettivi della settima rata c’è anche il ‘Sa.Co.I.3’, progetto che prevede il rinnovo, l’ammodernamento e il potenziamento dello storico elettrodotto in corrente continua a 200 kV tra Sardegna, Corsica e Toscana (Sa.Co.I.2), attivo dal 1992 e giunto al termine della sua vita utile.

Dopo l’ok della Commissione europea al pagamento della quinta rata e l’invio della richiesta della sesta (da 8,5 miliardi), a Palazzo Chigi la cabina di regia sul Pnrr presieduta da Raffaele Fitto fa il punto su monitoraggio e verifica dello stato di attuazione dei 69 obiettivi della settima rata del Piano. Con il ministro per gli Affari europei, i ministri e i sottosegretari responsabili, l’Anci, l’Upi e la Conferenza delle Regioni. Le istituzioni devono coordinarsi sull’aggiornamento sulla piattaforma ReGiS dei dati di monitoraggio, rendicontazione e controllo delle misure previste.

Un incontro di “particolare importanza” spiega Fitto, rivendicando il primato in Europa sulla richiesta di pagamento della quinta rata e della sesta, sugli obiettivi raggiunti e l’importo complessivo ricevuto. Roma, finora, ha ricevuto l’importo maggiore, 113 miliardi e mezzo di euro a fronte dei 194 miliardi quasi e mezzo previsti, ovvero il 58,4% del totale.

Alle misure legate agli investimenti si aggiungono diverse riforme, che sono al centro di un confronto con la Commissione europea, come quelle legate alla legge sulla concorrenza, all’entrata in vigore del Testo unico delle rinnovabili, all’efficientamento energetico degli edifici che ospitano le famiglie più vulnerabili, al completamento delle misure per velocizzare i pagamenti della Pubblica Amministrazione, alla revisione della disciplina del servizio civile universale per agevolare la partecipazione dei giovani.

Il Piano, evidenzia il ministro, “nella fase più delicata” di messa a terra delle misure programmate e della verifica dei cronoprogrammi vede impegnato il governo nel progetto di “rilancio economico e sociale dell’Italia, volto a ridurre strutturalmente i divari territoriali di produttività“. Un impegno congiunto che, scandisce, “ne sono certo, consentirà all’Italia di essere all’altezza delle sfide dei prossimi anni”.

Il lavoro prosegue domani, con altre due cabine di regia tematiche, la prima per gli insediamenti abusivi in agricoltura e la seconda collegata agli studentati.

Piano Mattei, seconda cabina di regia: dossier presto in Parlamento, poi Dpcm

Il documento di sintesi è in fase di scrittura, ma una “versione consolidata” del Piano Mattei è stata analizzata nella seconda cabina di regia a Palazzo Chigi dopo le osservazioni della prima riunione.

Il dossier sarà poi trasmesso al Parlamento per la formulazione del parere delle commissioni competenti e, alla fine, ci sarà un decreto della presidente del Consiglio.
A presiedere la seconda riunione, il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che coordina attorno al tavolo i ministeri coinvolti, la conferenza delle Regioni, i rappresentanti delle diverse agenzie e società dello Stato e delle imprese a partecipazione pubblica, dell’università, della ricerca, del terzo settore e di aziende private che si occupano di cooperazione e sviluppo.

Il Piano, sul campo, è partito con due missioni della premier in Egitto (17 marzo) e in Tunisia (17 aprile), che hanno permesso la firma di intese in alcuni dei settori di intervento: agricoltura, acqua, formazione.

Fuori da Palazzo Chigi, viene esposta l’Alfa Romeo Giulietta anni ’50, appartenuta a Enrico Mattei, su iniziativa dell’Ente Stati Generali del Patrimonio Italiano, con Aci e Intergruppo Parlamentare del Patrimonio Italiano, in occasione dell’approssimarsi della ricorrenza della nascita del fondatore dell’Eni (29 aprile 1906). E’ presente la famiglia, che attende di conoscere il Piano. “Ci fa grande piacere che la famiglia sia qui, sostenga un Piano strategico italiano, mi auguro possa essere parte di un grande Piano europeo e occidentale. Che la famiglia ci incoraggi è un fatto più che positivo“, osserva Tajani, dopo essersi intrattenuto brevemente con la nipote dell’industriale.

All’interno del Piano il ministero dell’Ambienteintende contribuire significativamente allo sviluppo sostenibile e alla transizione energetica dell’Africa“, assicura durante il vertice la viceministra Vannia Gava, che sottolinea il ruolo decisivo del Fondo Italiano per il Clima, con una dotazione incrementata a 4,4 miliardi di euro e che, nella fase di individuazione degli interventi, “dovrà coinvolgere tutti i possibili stakeholders“, informa. Il tema sarà centrale anche nella ministeriale G7 Clima Ambiente Energia dei prossimi giorni a Torino, che si concluderà con l’impegno a supportare i Paesi in via di sviluppo, rafforzando i partenariati sul fronte energetico e dell’economia circolare e confermando, spiega Gava, “un approccio concreto e non predatorio che assicuri opportunità di crescita, sviluppo e stabilità sociale e politica del continente africano”.

L’importanza di un nuovo modello di partenariato è rimarcata anche da Tullio Ferrante, sottosegretario al ministero dei Trasporti: “È una svolta storica nelle relazioni con il Continente africano che consentirà di attuare progetti di investimento e sviluppo senza precedenti“, scandisce. In questa cornice, le infrastrutture rappresentano un asse che considera “trasversale” a tutti gli ambiti di intervento e rivestono un ruolo “strategico”, rivendica, per la realizzazione del Piano.
L’obiettivo di Roma è quello di contribuire alla modernizzazione delle infrastrutture in Africa mettendo a disposizione il know-how delle proprie imprese, presenti nel Continente da diversi anni e impegnate con cantieri attivi per oltre 12 miliardi di euro. L’Africa è infatti la seconda area geografica per attività all’estero delle società di ingegneria, architettura e consulenza italiane.

Centrale è anche l’alta formazione. “Dall’azione messa in campo dal MUR arriverà un potente innesto di idee“, garantisce la ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini. L’intenzione è dare stabilità ai progetti affinché producano “effetti positivi di lungo termine“. Si cercherà quindi di incardinare infrastrutture di ricerca.
Al momento, il Mur è concentrato in una “profonda azione di mappatura, mai realizzata in precedenza, del grande patrimonio esistente di legami tra Italia e Africa in termini di formazione superiore e ricerca“, fa sapere Bernini. La mappatura ha rivelato un quadro diversificato, di collaborazioni già in atto in Africa. C’è una forte presenza delle università italiane, con quasi mille (991) accordi sottoscritti con atenei africani negli ultimi 30 anni, e oltre 200 progetti di cooperazione attivati di recente (ultimi 5 anni) in oltre 30 Paesi africani.
Nella missione del 17 aprile in Tunisia, è stato firmato un Memorandum of Understanding su università, ricerca scientifica, sviluppo tecnologico e innovazione con l’omologo tunisino, Moncef Boukthir. Il 30 aprile si terrà un incontro a Roma con l’omologo del Marocco, con la firma di un MoU simile, così come quello in programma nella visita in Algeria, in negoziato. Contatti sono avviati anche con la Libia e con altri Paesi-pilota nell’Africa subsahariana. E’ di marzo il memorandum sottoscritto dal Mur con la Fondazione MedOR per l’organizzazione di un roadshow per promuovere la nuova Infrastruttura Tecnologica di Innovazione Future Farming, progetto pubblico-privato di punta nel settore dell’agricoltura del futuro, nato grazie a un cofinanziamento del Ministero dell’Università a valere sui fondi Pnrr con la Ca’ Foscari. C’è attesa per il G7 Scienza e tecnologia che si terrà a luglio a Bologna, con una sessione sull’Africa che vedrà la partecipazione di Unione Africana e Unesco.

Tra le associazioni presenti al tavolo, quelle che rappresentano il macroambito dell‘agricoltura. “E’ un passo avanti ulteriore per quanto riguarda l’entrata nei progetti concreti che potranno essere presentati per i vari settori produttivi“, sostiene il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, uscendo da Palazzo Chigi. Per l’agricoltura, osserva, “diventa un’ulteriore opportunità per mostrare un’eccellenza che può essere esportata come modello nel far crescere popoli che grazie all’agricoltura possono avere un rilancio e un futuro diverso rispetto a quello che stanno vivendo“. Ovviamente, avverte, con un “aspetto culturale e un impronta politica completamente diversa a quello che ha fatto la Cina o che sta facendo la Russia, che invece ha più una volontà di colonizzare questi territori e portar via l’unica ricchezza che può dare crescita e sviluppo a quel territorio“.
Puntare su un continente in netta e continua crescita dal punto di vista demografico, con una popolazione che nel 2050 sfiorerà i 2 miliardi di abitanti, e con un aumento del Pil che nel 2024 viaggia su una media del 5,5%, è “fondamentale per diversificare e ampliare i mercati del nostro interscambio commerciale, andando al contempo a promuovere la cooperazione allo sviluppo e l’eccellenza e l’unicità del nostro know how”, evidenzia il presidente della Copagri Tommaso Battista, che però mostra alcune preoccupazioni sugli obiettivi legati, in particolare, al principio di reciprocità, il cui mancato o parziale rispetto “potrebbe rappresentare un serio pericolo per i produttori agricoli e i consumatori”, fa notare.
E’ stato dato un impulso operativo – fa eco il presidente di Cia-Agricoltori italiani, Cristiano Fini – si lavorerà molto su formazione, sull’agritech e per cercare di portare il know-how italiano sul territorio africano per far crescere in loco la popolazione“.

Piano Mattei, Meloni attiva cabina di regia: Progetti pilota in 9 Paesi africani

Nove Paesi per dare avvio ai progetti pilota del Piano Mattei. Sono quelli individuati dal governo, tra i partner storici con cui il livello delle relazioni è già molto avanzato, per dare avvio al progetto che dovrà trasformare l’Italia nell’hub energetico dell’Europa e cambiare totalmente il paradigma della cooperazione con il continente africano in sei macroaree: istruzione e formazione, sanità, acqua e igiene, agricoltura, energia e infrastrutture. La premier, Giorgia Meloni, convoca nella Sala Verde di Palazzo Chigi la prima riunione della cabina di regia con tutti gli attori coinvolti, dai ministri alle grandi aziende partecipate, agli enti, agenzie e associazioni (anche del terzo settore) che sono chiamati a ‘fare sistema’, come si suol dire, per la messa a terra dei vari progetti.

La ricognizione è utile per capire se tutti hanno memorizzato la stessa rotta e sensibilizzare la ‘squadra Italia’ sull’importanza di non fallire l’appuntamento: “Il Piano Mattei è una grande sfida strategica“, ricorda la presidente del Consiglio. Si parte dal Vertice Italia-Africa di gennaio, spiega Meloni, che ha certificato “un’apertura di credito” da parte di un gran numero di leader della sponda sud del Mediterraneo nei confronti del nostro Paese. In quell’occasione fu presentata “la cornice, cioè le sei grandi aree su cui riteniamo che l’Italia possa costruire questa cooperazione, anche sulla base delle sue storiche capacità“, aggiunge la premier. Che ora, però, vuole andare a dama. “Partendo dalle relazioni già in piedi, abbiamo immaginato quali potessero essere le nazioni in cui mettere più velocemente a terra i nostri progetti. Sono nove: Algeria, Congo, Costa d’Avorio, Egitto, Etiopia, Kenya, Marocco, Mozambico e Tunisia“. Nelle ultime settimane la struttura di missione ha già svolto le prime missioni operative: “A Bruxelles, per condividere anche a livello europeo, poi è stata ad Addis Abeba e in Costa d’Avorio“, dice ancora Meloni, annunciando che “nei prossimi giorni sono previste ulteriori visite in Kenya, Marocco e Tunisia“. Mentre “in parallelo si sono svolte alcune riunioni con le principali istituzioni finanziarie internazionali, che saranno molto importanti” nello sviluppo dei progetti. Così come l’Ue, ma non solo: “Scrivere questa nuova pagina è qualcosa che non possiamo o vogliamo fare da soli. E’ fondamentale coinvolgere tanti altri a livello internazionale“.

Domenica prossima, infatti, la premier sarà in Egitto con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e altri primi ministri per “un’iniziativa simile a quella portata avanti in Tunisia, un Memorandum of understanding e in parallelo una cooperazione bilaterale che riguarda il Piano in ambito agricolo e di formazione, ma firmeremo anche delle intese su salute, Pmi e investimenti“, anticipa.

Tanta carne sul fuoco, dunque. Ma perché tutto fili liscio serve massima collaborazione. Il mondo produttivo risponde ‘presente’ alla chiamata di Palazzo Chigi. Coldiretti, ad esempio, porta al tavolo il progetto promosso con Bf, Filiera Italia e Consorzi Agrari d’Italia: oltre 40mila ettari coltivati per la crescita dell’Africa con la creazione di posti di lavoro, la fornitura di beni e servizi, lo sviluppo delle agroenergie da fonte rinnovabile e la trasmissione di conoscenza e tecnologia per la produzione locale e lo sviluppo di nuove reti di vendita con i farmers market per fornire un’alternativa concreta al fenomeno delle migrazioni, sviluppando le economie locali e potenziando la cooperazione. L’obiettivo è generare entro il prossimo biennio un indotto di migliaia di posti di lavoro che si regga su delle filiere che si sviluppano partendo dell’agricoltura.

Ance, poi, plaude alla scelta di finanziare Studi di fattibilità per opere infrastrutturali. Il contesto presentato al governo dal vicepresidente per l’internazionalizzazione, Federico Ghella, vede circa 12 miliardi di commesse in corso delle imprese associate, di cui 5 in Nord Africa e 7 in Africa Sub sahariana, che rappresentano circa il 12% delle commesse totali. Per questo i costruttori promuovono la nuova struttura di assistenza sartoriale per le imprese del settore, supportata da Farnesina e Ice, sui Bandi di gara delle banche multilaterali di sviluppo. La proposta è “rendere subito operativa la struttura con il supporto di Ance, Confindustria e Oice”. Inoltre, l’associazione lavora alla creazione di un Fondo di Investimento in equity, denominato primAfrica.

Per Confapi è fondamentale “valorizzazione del ruolo della piccola e media industria“, dice il presidente, Cristian Camisa, chiedendo più formazione in Africa, partendo dai giovani e dalle esigenze delle imprese, anche per ovviare alla carenza di personale qualificato, in problema che investe il 63% delle aziende associate. Senza dimenticare che “l’Italia deve fare un grande lavoro sulle terre rare per evitare problemi nel reperimento dei minerali utili alla produzione, nella fase di transizione ecologica“. Andando avanti, Copagri condivide obiettivi come quelli di “diversificare e ampliare i mercati del nostro interscambio commerciale, promuovere con sempre maggiore determinazione la cooperazione allo sviluppo ed esportare l’eccellenza e l’unicità del nostro know how“.

Mentre Cna vede nel Piano Mattei “una preziosa opportunità per sviluppare nuovi canali commerciali a sostegno dei settori del Made in Italy“. Il prossimo appuntamento con la cabina di regia sarà ad aprile. Per quella data Meloni si augura di poter presentare agli attori coinvolti “una struttura consolidata del testo” del piano, dopo aver presentato una prima nota di sintesi. Perché il tempo stringe e la partita sul campo deve finalmente cominciare.

grano

Grano, parte piano straordinario controlli. Lollobrigida: “Qualità a ogni costo”

Controlli sul grano duro importato potenziati, per monitorare la filiera, nei porti di partenza e in quelli di arrivo. E’ il piano straordinario voluto dal ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, che sul tema ha presieduto una cabina di regia con la rete degli enti responsabili dei controlli per il comparto agro-alimentare, con un confronto diretto con rappresentanti delle filiere.

Il piano parte da metà novembre. Obiettivo trasparenza: “Il Made in Italy è una garanzia di qualità e deve continuare ad esserlo. Per questo abbiamo chiesto alle nostre forze in campo un impegno straordinario, all’interno della cabina di regia, per controllare l’import e chi produce alimenti con 100% Grano italiano”, spiega il ministro.

La cabina di regia sui controlli agroalimentari, riunita per la prima volta il 13 marzo scorso, è stata creata per dotare il Paese di un sistema integrato di controllo e tutelare la produzione rispetto a eventuali concorrenze sleali a livello internazionale e al fenomeno dell’Italian sounding. Il 19 luglio sono stati presentati i risultati del primo trimestre di attività, che hanno registrato oltre 120mila controlli; in quella occasione, Lollobrigida e Adolfo Urso, ministro delle Imprese, hanno incontrato i pastai per discutere dell’equa distribuzione del valore lungo la filiera.

Secondo l‘Ismea, nel 2023 la superficie destinata al Grano duro in Italia è stata di 1,22 milioni di ettari, in sostanziale stabilità rispetto al 2022 (1,24 milioni di ettari). La produzione nazionale di frumento duro 2023 si stima intorno alle 3,8 milioni di tonnellate, dopo essere scesa a 3,7 mln nel 2022 a causa della siccità.
Puntiamo a una crescita“, fa sapere Lollobrigida, che però “tuteli il primo anello della catena, perché dobbiamo mettere in condizione l’imprenditore agricolo di produrre al giusto prezzo”.

L’Italia, al momento, importa quindi la maggior parte del prodotto. Nel primo semestre 2023 sono state importate oltre 1,2 milioni di tonnellate di grano duro (+61% rispetto allo stesso periodo del 2022). La quota di importazione (che oscilla mediamente intorno ai 2 milioni di tonnellate all’anno, un’alta percentuale di questi dal Canada) è ancora fondamentale per soddisfare il fabbisogno dell’industria. La produzione di pasta è invece di circa 3,6 milioni di tonnellate, per il 60% destinato all’export. Va detto che, a livello nazionale, il consumo pro-capite si è ridotto dell’11% negli ultimi 10 anni.

Della cabina di regia fanno parte i comandi dei carabinieri per la Tutela agroalimentare e per la Tutela forestale e parchi, la guardia di finanza, la capitaneria di porto, Agea, Agenzia delle Entrate e l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Masaf, a cui è affidato il ruolo di coordinamento operativo.

I nuovi controlli, assicura Lollobrigida, non saranno un aggravio per le imprese, ma un ulteriore “strumento di garanzia” dell’utilizzo di grano italiano, a vantaggio delle persone che acquistano e degli stessi produttori, che, ribadisce il ministro “vedono così garantito il valore della loro fatica e del loro valore nell’utilizzare una materia prima di origine nazionale”.

La necessità è anche quella di garantire equilibrio nei prezzi. Le continue fluttuazioni, dovute anche a costi di produzione in crescita e un prezzo del grano sempre inferiore, richiedono interventi che, scandisce Lollobrigida “vogliamo mettere in campo attraverso la concertazione con le rappresentanze del mondo degli agricoltori”. Per questo, l’Ismea è stato incaricato di ricostruire una catena del valore per chiarire come viene redistribuito il prezzo lungo la filiera ma anche il reddito. Si punta a un’equa distribuzione del valore aggiunto all’interno delle filiere, che è legato alla qualità che, nelle intenzioni del ministero, “deve essere preservata ad ogni costo”.

Meloni accelera sul Pnrr: doppia cabina di regia su terza, quarta e quinta rata

Ora che il negoziato con l’Europa sembra essersi avviato sul crinale meno impervio, il governo deve necessariamente accelerare sul Pnrr. Il 25 e 26 settembre prossimi, infatti, sono in programma a Palazzo Chigi due cabine di regia sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, cui prenderà parte anche la premier, Giorgia Meloni, oltre al ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione, Raffaele Fitto. La prima con i ministri e i rappresentanti di Regioni, Province e Comuniper discutere dello stato di avanzamento delle riforme e degli investimenti previsti dal Piano”, la seconda il giorno dopo divisa in tavoli con imprese, sindacati e associazioni di categoria.

Lunedì saranno sul tavolo punti cruciali, come l’aggiornamento in merito alla procedura di pagamento della terza rata e la verifica degli obiettivi e dei traguardi connessi alla quarta e alla quinta rata. Temi che il giorno dopo saranno al centro degli incontri con le organizzazioni rappresentative del partenariato economico e sociale, durante i quali saranno prese in esame le loro proposte sulle modifiche al Piano e quelle sul capitolo aggiuntivo del RePowerEu.

Il calendario di appuntamenti del 26 settembre prevede dalle ore 9 alle 10 Confindustria, Ance, Confedilizia, Abi e Ania. Poi, dalle 10 alle 11 Coldiretti, Confagricoltura, Cia-Agricoltori italiani, Unsic e Copagri. Dalle 11 alle 12 saranno ricevuti, invece, i sindacati: Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Confsal, Cisal e Usb. Nel pomeriggio, dalle 15 alle 16 al tavolo siederanno Federterziario, Confetra, Confeservizi, Confprofessioni e Assoprofessioni. Dalle 16 alle 17 Confapi, Confimi, Confcommercio, Confesercenti, Federdistribuzione e Conflavoro. Infine, dalle 18 alle 18 Alleanza Cooperative, Unicoop, Confartigianato, Cna, Casartigiani, UeCoop, Forum Nazionale del Terzo Settore e Consiglio Nazionale Giovani.

Nel frattempo, il lavoro sul Piano nazionale di ripresa e resilienza va avanti. Perché all’indomani dell’approvazione delle modifiche alla quarta rata del Pnrr da parte del Consiglio Affari generali dell’Ue, a Palazzo Chigi una cabina di regia con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, assieme a Fitto, al ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, e del sottosegretario al Mef, Lucia Albano, ha fatto il punto sulla questione degli alloggi universitari. Nella riunione è stato ribadito che nei prossimi giorni saranno attivate le misure necessarie ad assicurare la rendicontazione dell’obiettivo. Inoltre, si è discusso anche delle azioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi previsti a giugno 2026, convenendo di avviare un tavolo tecnico, coordinato dalla stessa Bernini, per definire gli adempimenti necessari, che si riunirà già a partire dai prossimi giorni.

Il Piano, però, è stato anche (inevitabilmente) al centro dell’audizione del ministro Fitto davanti alla commissione parlamentare di inchiesta sulle Periferie, soprattutto dopo le polemiche per la decisione di definanziare alcune opere dal Pnrr per assegnarle ai fondi di coesione, in particolare quelli per risolvere i problemi legati al dissesto idrogeologico. “Abbiamo una serie di interventi che certamente non sono ammissibili al Pnrr. La cifra complessiva dei progetti in essere è di 67 miliardi, che sono stati inseriti nel Piano, e sono progetti precedenti – spiega l’esponente di governo -. Quando si parla di dissesto idrogeologico, sappiamo che ci sono progetti del 2010, 2012 e 2015 che hanno girato tutte le programmazioni possibili e immaginabili senza essere mai realizzati? E con quale criterio, senza alcuna previsione, dovremmo riuscire con una ‘bacchetta magica’ a realizzarli?”. Fitto sottolinea che si tratta di “interventi complessi, quindi lo sforzo che il governo sta facendo non è quello di creare problemi ai comuni, andandogli contro perché siamo cattivi: questa narrazione darebbe la patente di stupidità al governo, e grazie a Dio non lo siamo. Noi non stiamo creando problemi, li stiamo risolvendo”.

siccità

Siccità, Salvini annuncia oltre 100 milioni per interventi in 5 Regioni

Conclusa a Palazzo Chigi la prima cabina di regia sulla crisi idrica. In base a quanto riferisce una nota del Mit, il ministro dell’Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini, che ha presieduto il tavolo, ha annunciato che “più di 100 milioni sono stati messi a disposizione dal Mit e serviranno per finanziare interventi urgenti in cinque Regioni italiane maggiormente colpite dalla siccità. L’iniziativa del dicastero di Porta Pia, si legge “è la prima risposta, concreta, dopo aver verificato in tempi brevissimi i fondi disponibili e le necessità degli enti locali“. Al momento, conclude la nota “per la crisi idrica sono stati messi a disposizione fondi esclusivamente del Mit”.

Nello specifico: in Lombardia, per la realizzazione delle nuove opere di regolazione del lago d’Idro l’importo previsto a integrazione dei finaziamenti sarebbe di 33.100.000,00 milioni; per il Veneto l’integrazione dei finaziamenti per i lavori di adeguamento dello sbarramento antisale alla foce dell’Adige con bacinizzazione dal fiume per il contenimento dell’acqua dolce a monte dello stesso ammonta a 22 milioni. In Piemonte, per il Canale Regina Elena e diramatore Alto Novarese sono previsti 27,8 milioni per interventi di manutenzione straordinaria delle gallerie e di vari tratti di canale per il miglioramento della tenuta idraulica, del trasporto della risorsa idrica e del risparmio idrico, nei comuni di Varallo Pombia, Pombia, Marano Ticino, Oleggio, Bellinzago Novarese e Cameri in Provincia di Novara – 1° lotto – 2°, 3° e 4° stralcio funzionale. E ancora: in Emilia-Romagna 5 milioni per la riqualificazione e telecontrollo delle opere di derivazione dal Canale emiliano romagnolo lungo l’asta principale; 8.100.000,00 milioni per le opere di stabilizzazione e di ripristino dell’efficienza nel tratto Attenuatore (progressiva 0,098 km) – Reno (progressiva 2,715 km) del Canale Emiliano Romagnolo. Infine nel Lazio 6.030.000,00 milioni per l’interconnessione per il riutilizzo dell’impianto di depurazione a Fregene (Lazio).

Al tavolo erano presenti  il ministro per l’Agricoltura Francesco Lollobrigida, il nuovo commissario straordinario per l’emergenza idrica Nicola Dell’Acqua, designato ieri dal Consiglio dei ministri, e i sottosegretari Lucia Albano del Tesoro e Vannia Gava del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.

Venerdì mattina il primo tavolo sull’emergenza siccità

Mentre l’Emilia Romagna conta i danni delle alluvioni, il resto del Nord Italia è alle prese con la siccità e il governo cerca di mettere il Paese al riparo davanti a una estate che si preannuncia ancora più rovente di quella dello scorso anno.

Il primo tavolo sull’emergenza idrica è convocato per venerdì. “Bisogna trattenere l’acqua piovana quando cade”, sostiene il vicepremier Matteo Salvini, che presiede la cabina di regia sull’emergenza idrica. Quindi, spiega, “occorrono dighe e invasi“. Il governo, fa sapere Salvini, investe miliardi “nelle fognature per ridurre le dispersioni idriche” e venerdì mattina ci saranno le prime “proposte concrete” e i primi “interventi economici concreti”.

Lo scorso mese, il 6 aprile, il governo ha dato il via libera in consiglio dei ministri al Dl Siccità, che prevedeva una cabina di regia, un commissario straordinario, un osservatorio permanente in ogni autorità di bacino. E ancora: un fondo per gli invasi e multe molto più care per le estrazioni illecite di acqua. In cabina di regia, oltre a Salvini, ci sono i ministri Gilberto Pichetto Fratin (Mase), Raffaele Fitto (Affari europei), Francesco Lollobrigida (Agricoltura), Nello Musumeci (Protezione civile e politiche del mare), Roberto Calderoli (Affari regionali) e Giancarlo Giorgetti (Economia). Alessandro Morelli, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al coordinamento della politica economica e programmazione degli investimenti pubblici, partecipa alle riunioni come segretario.

Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, tra le più colpite dall’assenza d’acqua, ha già inviato al Mit un piano da oltre 2 miliardi euro, con un elenco di opere e interventi urgenti. “La pioggia di questi giorni non basta, ma aiuta, soprattutto in agricoltura. Il problema è che mancano le riserve idriche che d’inverno si formano grazie alla neve che quest’anno è stata molto scarsa“, osserva il governatore. Il problema è diventato frequente e richiede “nuove soluzioni e nuove opere“, afferma. Tra le opere elencate da Zaia, sei interventi in particolare sono urgenti, per un importo di oltre 400 milioni di euro. “Serviranno a mettere in sicurezza il territorio, gestire meglio la rete idrica, costruire riserve d’acqua ed evitare gli sprechi attuali dovuti a infrastrutture idrauliche vetuste”, sostiene.

Una carenza cronica di acqua, nonostante le piogge nel weekend, confermata dai coltivatori diretti. “Serve un tavolo di lavoro con chi si occupa di energia idroelettrica. Spesso vantano una priorità non prevista dalle norme“, scandisce Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti Piemonte. In queste ore, l’associazione ha chiesto alla Regione Piemonte nuovi bacini. “I danni sull’agricoltura nella Regione sono stati superiori al miliardo di euro nello scorso anno“. Al momento, c’è il fondo di solidarietà nazionale con risorse per circa duecento milioni di euro per tutta l’Italia. “Si tratta di una cifra simbolica“, ammette Moncalvo.

L’approccio di Salvini al problema non piace al co-fondatore di Europa Verde Angelo Bonelli, secondo il quale il ministro delle Infrastrutture “non sa di cosa parla“: “Abbiamo un irresponsabile alla guida del comitato, parliamo di un Ministro che pensa che il problema della Siccità sia dovuto dall’assenza di dighe. Salvini non sa nemmeno a cosa servono le dighe, ovvero a regolare il deflusso di un corso d’acqua naturale, a proteggere un tratto di costa o un porto, oppure a formare un bacino o un serbatoio al servizio di una centrale idroelettrica. Il ministro forse voleva parlare di invasi per trattenere l’acqua piovana ma pensa che costruendo più invasi scomparirà la Siccità. Drammaticamente ridicolo“, tuona. Questi eventi climatici estremi, che si abbattono sul Paese sempre più spesso, ricorda, “hanno un nome, nome che il Ministro Salvini si rifiuta di pronunciare: cambiamento climatico“. L’esponente di Avs tira ancora in ballo il Ponte sullo Stretto di Messina, bandiera del vicepremier: “Salvini dovrebbe riflettere sul fatto che, invece di destinare 15 miliardi ad un’opera inutile e dannosa è doveroso e urgente investire quelle risorse, così ingenti, per la messa in sicurezza del territorio e delle infrastrutture, approvare una legge per lo stop al consumo di suolo per consentire ai terreni di assorbire più acqua e restituirla alle falde, trasformare l’Italia in un hub delle rinnovabili e non del gas“.

Siccità

Siccità, arrivano cabina di regia, commissario e osservatori

Una cabina di regia, un commissario straordinario, un osservatorio permanente in ogni autorità di bacino. E ancora: un fondo per gli invasi e multe molto più salate per le estrazioni illecite di acqua.

Il consiglio dei ministri dà il via libera al decreto Siccità, che servirà per affrontare l’estate, prima, per evitare di ripiombare nell’emergenza poi.

C’è tanto verde, ma questo verde ha sete, come hanno sete i nostri agricoltori, i nostri figli, le nostre industrie, stiamo cercando di racimolare il racimolabile”, spiega il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Matteo Salvini.

Il Commissario potrà adottare interventi urgenti e resterà in carica fino al 31 dicembre 2023, ma potrà essere prorogato fino alla fine del 2024. Eserciterà le sue funzioni sull’intero territorio nazionale, sulla base dei dati degli osservatori distrettuali permanenti. In via d’urgenza, sarà sua la realizzazione degli interventi di cui sarà incaricato dalla Cabina di regia. Per farlo, opererà in deroga a ogni disposizione di legge diversa da quella penale (nel rispetto della Costituzione, dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea).

La cabina di regia sarà un organo collegiale presieduto dalla premier Giorgia Meloni o, su sua delega, dal vicepremier Salvini e composto da lui, da Gilberto Pichetto Fratin (Ambiente), Raffaele Fitto (Affari europei), Francesco Lollobrigida (Agricoltura), Nello Musumeci (Protezione civile e politiche del mare), Roberto Calderoli (Affari regionali) e Giancarlo Giorgetti (Economia). Alessandro Morelli, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega al coordinamento della politica economica e programmazione degli investimenti pubblici, partecipa alle riunioni come segretario. La prima riunione della cabina sarà entro un mese. L’organo avrà funzioni di indirizzo, coordinamento e monitoraggio per il contrasto della crisi idrica ed entro un mese dall’entrata in vigore del decreto effettua una ricognizione delle opere e degli interventi urgenti, finanziati anche con risorse oggetto di autorizzazioni di spesa non ancora impegnate o comunque altrimenti disponibili. Cambia la disciplina degli impianti di desalinizzazione. Quelli di capacità pari o superiore a 200 litri al secondo saranno sottoposti a verifica di assoggettabilità a Via, la valutazione di impatto ambientale.

Per gli invasi, la sicurezza e la gestione, ci sarà un fondo ad hoc nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, destinato alla realizzazione delle operazioni di sghiaiamento e sfangamento delle dighe. Il commissario, d’intesa con la regione territorialmente competente, provvede alla regolazione dei volumi e delle portate derivati dagli invasi, nei limiti delle quote autorizzate dalle concessioni di derivazione e dagli atti adottati dalle autorità di vigilanza, in funzione dell’uso della risorsa.

A scopo di irrigazione, le Regioni potranno dare l’ok anche all’uso di acque reflue depurate prodotte dagli impianti di depurazione già in esercizio, fino al 31 dicembre 2023.

Presso ciascuna Autorità di bacino distrettuale è istituito un osservatorio distrettuale permanente sugli utilizzi idrici, che supporterà per il governo integrato delle risorse idriche e cura la raccolta, l’aggiornamento e la diffusione dei dati relativi alla disponibilità e all’uso della risorsa nel distretto idrografico di riferimento, compresi il riuso delle acque reflue, i trasferimenti di risorsa e i volumi eventualmente derivanti dalla desalinizzazione, i fabbisogni dei vari settori d’impiego, con riferimento alle risorse superficiali e sotterranee.

Mutui e finanziamenti sospesi per i concessionari di piccole derivazioni a scopo idroelettrico fra l’1 maggio 2023 e il 31 ottobre 2023 e senza oneri aggiuntivi. La sospensione può essere richiesta anche in relazione ai pagamenti dei canoni per contratti di locazione finanziaria su beni mobili o immobili strumentali allo svolgimento delle attività di concessionario di piccole derivazioni a scopo idroelettrico. Multe molto più salate in caso di estrazione illecita di acqua: salgono da una forbice di 4.000-40.000 euro a una di 8.000-50.000 euro. Per gli inadempimenti nell’ambito delle attività di esercizio e manutenzione delle dighe, passano da 400-2.000 euro a 2.000-10.000 euro. Entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto, verrà approvato un piano di comunicazione per sensibilizzare i cittadini sulla situazione di crisi idrica e le gravi conseguenze che potrebbe portare sul tessuto economico e sociale e informare sul corretto utilizzo della risorsa idrica.

Siccità, cabina di regia e commissario fino al 31 dicembre. Meloni: “Situazione complessa”

Una cabina di regia per accelerare e coordinare la pianificazione degli interventi infrastrutturali di medio e lungo periodo e, nel breve periodo, un commissario nazionale fino al 31 dicembre 2023, con un incarico rinnovabile e con un perimetro “molto circostanziato di competenze“. Così il governo si prepara ad affrontare l’emergenza siccità che ha colpito l’Italia.

Abbiamo ereditato una situazione complessa“, spiega Giorgia Meloni davanti all’Aula del Senato. Il decreto andrà in consiglio dei ministri entro la fine di marzo, verosimilmente la prossima settimana.

Al tavolo convocato a Palazzo Chigi e presieduto dal vicepremier Matteo Salvini c’erano anche i ministri Francesco Lollobrigida (Agricoltura), Nello Musumeci (Protezione civile), Roberto Calderoli (Autonomie), la viceministra all’Ambiente Vannia Gava e i sottosegretari Alfredo Mantovano e Alessandro Morelli.

Il commissario potrà agire sulle aree territoriali a rischio elevato e potrà sbloccare interventi di breve periodo, come sfangamento e sghiaiamento degli invasi di raccolta delle acque, aumento della capacità degli invasi, gestione e utilizzo delle acque reflue, mediazione in caso di conflitti tra regioni ed enti locali in materia idrica, ricognizione del fabbisogno idrico nazionale.

Ci sarà da risolvere il problema degli acquedotti, ma anche, a monte, quello della raccolta di acqua. Quasi nove litri di pioggia su dieci che cadono lungo la Penisola non vengono raccolti. Per le carenze infrastrutturali, si trattiene solo l’11% dell’acqua piovana e nella distribuzione di quella raccolta, le perdite idriche totali sono pari al 42%, secondo l’Istat. A questo, si aggiunge il problema delle temperature in costante aumento e dell’aumento dell’intensità delle piogge, effetti dei cambiamenti climatici che “richiedono interventi strutturali“, sottolinea Coldiretti.

Il Piano Idrico Nazionale è sempre più urgente, nel rispetto delle priorità indicate dalla “sempre più disattesa legge 152“: dopo quello potabile, per l’acqua viene l’uso agricolo, cioè la produzione di cibo e poi via via tutti gli altri utilizzi, ricorda Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi). I dati disastrosi della rete idrica colabrodo sono all’attenzione delle Corti dei Conti regionali, dove il Codacons ha denunciato “tutte le omissioni da parte degli enti locali che hanno fatto poco o nulla per risolvere tale criticità“.

Il problema non si risolve “con l’ennesima cabina di regia“, denuncia il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli. Quello che serve, afferma, è “un cambio di politiche energetiche e ambientali che sono le stesse da decenni responsabili del disastro climatico“. La siccità è già un problema contingente nella penisola italiana, ricorda, dove fiumi sono diventati “corridoi di sabbia” e le riserve di acqua in Lombardia sono circa il 45% in meno rispetto alla media tra il 2006 e il 2020. “Di fronte a questo disastro, questo governo non capisce che deve cambiare politiche, e non puntare a diventare l’hub del gas europeo, ma delle rinnovabili. Invece – insiste – il governo Meloni fa la guerra al clima, alla casa green, all’auto elettrica e poi per dare una risposta alla siccità istituisce l’ennesima cabina di regia. La risposta di questo governo alla crisi idrica è l’inazione e la guerra alle politiche europee sul clima“.

Siccità, 1 marzo cabina regia: ipotesi commissario. Rischio razionamenti

L’emergenza siccità attanaglia ancora l’Italia. Pioggia, correnti fredde e neve previste per il prossimo weekend saranno ininfluenti e l’agricoltura trema. In alcune zone, è a rischio fino al 30% del raccolto.

I ministeri di Ambiente, Infrastrutture, Agricoltura, Coesione e Protezione civile lavorano senza sosta in vista dell’1 marzo, per la prima cabina di regia a Palazzo Chigi, presieduta dalla premier Giorgia Meloni. Si dovranno definire le prossime mosse per varare un piano di interventi a breve scadenza, ma anche una programmazione di medio-lungo periodo. Si valuta la nomina di un commissario che abbia tutti i poteri sulla gestione dell’acqua, una proposta che sarà discussa la prossima settimana in Consiglio dei ministri.

Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, mette in guardia dai rischi enormi per la produzione di energia idroelettrica: “Speriamo che si riescano a riempire le dighe, importiamo energia dalla Francia da fonte nucleare, ma la carenza d’acqua può portare alla chiusura degli impianti”, avverte. Si pensa già a dei razionamenti, anche se, ripete, “non è ancora stata presa nessuna decisione, ma dopo un confronto si devono tirare le somme e potrebbero essere necessari“.

La Cia-Agricoltori italiani intanto chiede di finalizzare un piano infrastrutturale di piccoli laghetti e invasi da affiancare alle azioni già previste con il Pnrr e per il riutilizzo a uso agricolo delle acque reflue depurate. Ma anche di avviare urgentemente la sperimentazione in pieno campo delle nuove tecniche di miglioramento genetico (New Breeding Techniques-Nbt) e dare al Paese una legge nazionale contro il consumo di suolo. Le aree perse, dal 2012 a oggi, avrebbero garantito l’infiltrazione di 360 milioni di metri cubi di pioggia.

Questa nuova emergenza “si poteva evitare”, conferma il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida. “Il primo provvedimento per il senso di responsabilità che tutto il governo sente di fare è una cabina di regia per trovare strumenti in un lavoro osmotico tra i ministeri, per pianificare le azioni sulle criticità che emergono e possono evitare danni in termini di dissesto idrogeologico”, spiega.

Il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, ricorda che “Recuperare anni di inerzia sul settore idrico impone decisioni coraggiose e immediate“: “La carente infrastrutturazione malgrado le risorse disponibili, sta determinando una condizione di emergenza, malgrado la siccità non sia più un fenomeno raro”.

La siccità, infatti, è praticamente strutturale in Italia: sulle Alpi la neve è diminuita del 45% rispetto al 2022 e gli invasi riescono a trattenere non più dell’11% di acqua, quando servirebbe arrivare almeno al 30%, soprattutto al Nord. Dal Piemonte all’Emilia-Romagna, con il Po a secco, la crisi idrica potrebbero arrivare a togliere fino a 8mila ettari di riso, visto l’abbandono già in atto, mentre le semine di mais, strategico per gli allevamenti, sono scese al minimo storico nazionale di 564 mila ettari, oltre il 30% solo in Veneto, e registrano un calo di 21 milioni di tonnellate a livello Ue. Ma il 2023, spiega la Cia, sarà difficile anche per gli ortaggi in pieno campo, dove si conta un 10% in meno di prodotti, legato a siccità, caldo di inizio inverno e freddo improvviso.

E’ a rischio un terzo del Made in Italy a tavola che si produce nella food valley della Pianura Padana, dove si concentra anche la metà dell’allevamento nazionale“, denuncia Coldiretti. Parliamo di alimenti base della dieta mediterranea, dal grano duro per la pasta alla salsa di pomodoro, dalla frutta alla verdura fino al mais per alimentare gli animali per la produzione dei grandi formaggi come Parmigiano reggiano e il Grana Padano e i salumi più prestigiosi come il prosciutto di Parma o il Culatello di Zibello. “Dopo questi tre anni in cui la fiera dei nostri giovani non c’è stata a causa della pandemia – lamenta il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti -, ci troviamo di fronte uno scenario radicalmente mutato. Noi imprenditori, però, pur tra innegabili difficoltà, non possiamo rimanere immobili aspettando il corso degli eventi”.