Governo al lavoro per proteggere beni culturali da calamità: dal Mic 374 milioni

Il governo lavora alla protezione del patrimonio italiano, nel “Paese più esposto in Europa ai rischi naturali” e che allo stesso tempo è il più ricco di beni culturali. Nello Musumeci e Alessandro Giuli incontrano gli esperti del settore per capire come imparare a convivere con emergenze che sono sempre più frequenti in un territorio fragile come il nostro e proteggere il suo immenso tesoro artistico.

Al momento, il ministero della Cultura ha finanziato circa 425 interventi per 374 milioni di euro per far fronte agli effetti degli eventi sismici. Per il ricovero delle opere d’arte nelle aree colpite da calamità poi è prevista la realizzazione di cinque depositi per la conservazione del patrimonio mobile: “Ci siamo accorti che la maggiore parte delle perdite avviene non tanto in seguito al sisma o all’evento calamitoso, ma subito dopo, a causa della mancanza di protezione, di vigilanza, di cura delle opere“, spiega Giuli. Questi depositi, detti ‘Recovery art’, sono previsti in punti distinti del Paese, per coprire la maggior parte del territorio e intervenire rapidamente con le misure di trasporto e conservazione. La spesa complessiva per la realizzazione è di 150 milioni di euro.

Negli ultimi anni è emersa un’attenzione collettiva per gli incendi boschivi, “la minaccia delle minacce nelle stagioni calde“, osserva il ministro della Cultura. Azioni di prevenzione e protezione non sono sempre sufficienti: per questo motivo il Mic ha predisposto delle procedure specifiche, che prevedono una struttura organizzativa straordinaria da attivare in situazione di emergenza che pongono a rischio beni di interesse culturale. “Si tratta di un’unità di crisi, una rete di sicurezza e di coordinamento a livello nazionale e regionale che garantisce la sinergia operativa costante con tutti gli istituti preposti, Prefetture, Protezione Civile, Vigili del Fuoco, Forze dell’ordine e volontari“, spiega.

Ringrazia per l’attenzione al tema Guido Castelli, commissario al sisma del 2016. Per far comprendere l’entità del lavoro da fare in caso di calamità, ricorda che nel solo cratere di sua competenza sono 30.704 i beni mobili recuperati, per i quali sono stati messi a disposizione 24 depositi, e che il numero degli edifici danneggiati (chiese, palazzi, manufatti) ammonta a 5.109. È in corso la creazione di altri quattro depositi, uno per ciascuna regione del sisma 2016. “Il nostro patrimonio di bellezza, cultura e tradizioni ha un enorme valore aggiunto – commenta – che abbiamo il dovere di conservare e tramandare alle future generazioni“.

Nella ritrovata sensibilità verso la prevenzione e non solo verso l’emergenza, sottolinea Musumeci, “si evidenzia la necessità di bussare alla porta dell’Ue“. La proposta è quella di chiedere di formare un istituto internazionale che possa cooperare con gli Stati membri per un organismo atto a intervenire in caso di necessità “e anche senza necessità“, ribadisce.

Il punto è contribuire a rendere la convivenza con le calamità “vigile, serena, responsabile, consapevole“, scandisce il ministro della Protezione civile. Questo chiede alla comunità italiana: “Di toccare meno il corno rosso, toccare meno il ferro, fare meno scongiuri e lavorare per vivere bene su una terra fragile e bellissima“.

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Calo delle emissioni di gas serra in Germania: -3% nel 2024

Le emissioni di gas serra in Germania, il principale Paese industriale europeo, hanno continuato a diminuire nel 2024, ma a un ritmo più lento a causa della mancanza di investimenti sufficienti da parte dell’industria e delle famiglie in tecnologie più rispettose del clima. Dopo un calo molto forte di circa il 10% nel 2023, la curva di riduzione delle emissioni della Germania si è “attenuata bruscamente” lo scorso anno, con un calo di appena il 3%, secondo i calcoli del gruppo di esperti Agora Energiewende, un organismo di riferimento tedesco. Anche nella vicina Francia il calo dovrebbe essere meno marcato nel 2024, con un leggero aumento delle emissioni nel terzo trimestre. A livello di Ue, il calo previsto è di circa il 3,8%, dopo l’8% del 2023.
Con 18 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti in meno, la Germania sta facendo meglio del suo obiettivo per il 2024, sancito dalla legge sulla protezione del clima del Paese, spiega lo studio. Ma i risultati dei settori dei trasporti e degli edifici, gli anelli deboli della transizione energetica, rimangono insufficienti. Un altro dato deludente è che l’industria ha registrato un leggero aumento delle emissioni (del 2%) lo scorso anno, nonostante il clima economico sfavorevole.

Il forte calo nel 2023 è dovuto in particolare a una diminuzione del 12% delle emissioni del potente settore industriale tedesco, che è in crisi. Gli esperti di Agora Energiewende avevano avvertito all’epoca che questo calo non era legato a reali cambiamenti strutturali nei metodi di produzione. I nuovi risultati lo dimostrano: nel 2024 la Germania dovrebbe subire una recessione leggermente meno grave rispetto al 2023, e questo è bastato a peggiorare l’impronta di carbonio del settore industriale. Nel caso di una vera ripresa economica, in particolare nei settori a maggiore intensità energetica come quello chimico, siderurgico e cartario, è probabile che le emissioni di CO2 tornino a salire.

Non ci sono stati progressi strutturali nell’industria, negli edifici o nei trasporti. Al contrario, gli investimenti in tecnologie neutrali per il clima (…) sono addirittura diminuiti rispetto all’anno precedente”, si legge nello studio. L’incertezza economica e politica in Germania sta creando un “senso di insicurezza tra le famiglie e le imprese”, che sono riluttanti a investire. Le vendite di pompe di calore sono diminuite del 44% lo scorso anno e le nuove immatricolazioni di auto elettriche del 26%.

Nel settore abitativo, il leggero calo delle emissioni può essere attribuito solo alle condizioni climatiche miti, che hanno ridotto la necessità di riscaldamento. Tuttavia, molti indicatori sono in verde: le emissioni sono state inferiori del 48% rispetto all’anno di riferimento 1990, avvicinandosi all’obiettivo fissato dall’Unione Europea di una riduzione del 55% entro il 2030. I produttori di energia sono i migliori interpreti del 2024: da soli sono responsabili dell’80% della riduzione totale delle emissioni di gas serra, grazie alla chiusura delle centrali a carbone e alla produzione record di energie rinnovabili. Eolico, solare, biomassa, idroelettrico: le fonti rinnovabili sono passate in un anno dal 56% al 59% della produzione totale di elettricità, secondo i dati dell’ente tedesco di regolamentazione dell’energia. La quota del carbone è scesa dal 26% a meno del 23% nel 2024, il primo anno in cui il nucleare è scomparso dal mix di produzione della prima economia europea.

Simon Müller, direttore di Agora Energiewende Deutschland, ritiene che questo sia un buon esempio da seguire: nella produzione di energia elettrica, “le misure di protezione del clima adottate negli ultimi anni stanno mostrando sempre più il loro effetto”. In vista delle elezioni parlamentari del 23 febbraio, chiede ai candidati alla Cancelleria di “trasferire la dinamica di trasformazione dal settore elettrico a quei settori” in cui la decarbonizzazione è in ritardo. Tuttavia, il livello di spesa pubblica per sostenere la transizione climatica divide profondamente i socialdemocratici e i conservatori. Mentre il Cancelliere Olaf Scholz, in campagna elettorale per la rielezione, vuole una “offensiva di investimenti” pubblici, il suo rivale di destra e favorito dai sondaggi Friedrich Merz si oppone a miliardi di spesa aggiuntiva.

Il Comune è senza assicurazione: sindaco di Breil-sur-Roya ‘vieta’ catastrofi naturali

Se la burocrazia non fa la sua parte entrano in campo le provocazioni. Il sindaco di Breil-sur-Roya, Sébastien Olharan (LR), ha firmato un decreto che ‘vieta’ tutte le catastrofi naturali sul suo territorio, per protestare contro l’impossibilità di assicurare gli edifici del comune, che confina con l’Italia ed è stato duramente colpito dalla tempesta Alex nel 2020.

Il comune di 2.200 abitanti era assicurato da oltre 20 anni con Smacl, una compagnia che ora fa parte di Maif e che rimane una delle poche, insieme a Groupama, ancora presenti sul mercato assicurativo degli enti locali. Ma a giugno Smacl ha annunciato l’intenzione di rescindere tutti i contratti di Breil entro la fine dell’anno. E nonostante i suoi sforzi, il sindaco non ha trovato un nuovo assicuratore.

L’unica cosa che è riuscito a ottenere da Smacl all’ultimo minuto è stata una proroga di un anno della copertura assicurativa obbligatoria per la protezione funzionale e la responsabilità per danni causati a terzi, nonché la copertura per l’uso dei veicoli comunali. Per contro, i circa 70 edifici comunali (municipio, scuola, asilo nido, biblioteca, ecc.) non sono più assicurati dal 1° gennaio: in caso di sinistro, tutti i costi di riparazione saranno a carico del Comune.

Di conseguenza, “le calamità naturali sono vietate su tutto il territorio comunale”, recita il primo articolo del nuovo statuto comunale, che cita “incendi, alluvioni, frane, terremoti, smottamenti, tempeste, neve e grandine”, nonché “sommosse, terrorismo, atti vandalici, furti e danni involontari”. “Di fronte a una situazione inconcepibile e ingiusta che mette a rischio il nostro comune, il nostro patrimonio pubblico e il denaro dei contribuenti, mi sono ridotto a questa risposta assurda”, ha spiegato il sindaco, chiedendo una riforma urgente del sistema assicurativo degli enti locali.

Breil-sur-Roya non è un caso unico: secondo una consultazione condotta nel febbraio 2024 dai membri della Commissione Finanze del Senato, il 60% dei 713 enti locali framcesi che hanno risposto ha incontrato almeno un problema importante con il proprio assicuratore nel corso del 2023. Circa il 20% ha subito la risoluzione del contratto da parte dell’assicuratore, a volte con un preavviso molto breve. Quasi un terzo aveva subito una modifica del contratto, quasi sempre con un aumento dei premi. Anche un’altra missione condotta all’inizio del 2024, su richiesta del governo, dal sindaco di Vesoul Alain Chrétien (Horizons) e dall’ex presidente di Groupama Jean-Yves Dagès, ha rivelato il deterioramento delle relazioni tra le autorità locali e gli assicuratori, accentuato dai disordini del giugno 2023, che ha portato a “brutali cancellazioni” e ad “aumenti talvolta vertiginosi dei premi e delle franchigie”.

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In Italia 73.000 imprese sono più esposte ai rischi climatici, in particolare nell’oil&gas

Sono 73.000, secondo un’analisi Cerved, le imprese più esposte al rischio climatico in Italia, in particolare nell’oil&gas (sia estrazione e produzione che raffinazione e commercio), nella produzione di energia, nei settori del cemento, del ferro e acciaio, dei materiali da costruzione, nell’agricoltura. Seguono l’automotive, la chimica, il sistema moda, i trasporti e la logistica. Si tratta di aziende che già presentano debiti per 207 miliardi di euro e che per decarbonizzarsi e raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette al 2050 dovranno sostenere investimenti aggiuntivi per 226 miliardi di euro. Ben 15.000 di esse però, cioè più di 1 su 5 (21,4%), potrebbero farlo senza minare la propria sicurezza finanziaria, indebitandosi per 46 miliardi di euro.

Lo studio di Cerved, la tech-company che aiuta il Sistema Paese a proteggersi dai rischi e a crescere in maniera sostenibile, si basa sull’analisi dei dati 2023 relativi alle società di capitali, circa 750.000 aziende. Vengono considerati sia il rischio di transizione, che riguarda le possibili perdite economico-finanziarie legate al processo di aggiustamento verso un’economia a basse emissioni, sia quello ambientale, che misura il livello del potenziale impatto sull’ambiente delle attività di un determinato settore, a prescindere dalle eventuali azioni di mitigazione.

In un contesto globale segnato dal crescente rischio climatico, le aziende sono chiamate ad affrontare sfide senza precedenti – afferma Carlo Purassanta, Presidente Esecutivo di Cerved -. Per raggiungere l’obiettivo del net zero entro il 2050, e sostenere gli ingenti investimenti in tecnologie a basse emissioni, sono necessarie strategia e pianificazione. Solo un’azienda su cinque è oggi in grado di coniugare sostenibilità e competitività, mantenendo la propria stabilità finanziaria”.

L’analisi di Cerved tiene conto anche dell’andamento del rischio di credito, che sta tornando su livelli di medio periodo: i tassi di decadimento (rapporto tra le posizioni creditizie in sofferenza nel corso dell’anno e lo stock di impieghi a inizio periodo) mostrano infatti una crescita della rischiosità negli anni 2022-2024, mentre le previsioni Cerved per il biennio 2025-2026 vedono un generale assestamento che coinvolge tutti i settori produttivi, grazie alla discesa dei tassi di interesse.

Come anticipato, le imprese dei settori maggiormente impattati dalla transizione ecologica dovranno sostenere investimenti aggiuntivi per decarbonizzarsi, e raggiungere così l’obiettivo di zero emissioni nette al 2050, di 226 miliardi di euro: la quota più importante è in capo all’oil&gas (58,6 miliardi per exploration&production e 63,5 miliardi per refining&marketing, entrambi soggetti altamente sia al rischio di transizione che a quello ambientale), seguita da produzione di energia (74,7 miliardi), cemento (4), ferro e acciaio (7,3), materiali da costruzione (1,8), agricoltura e proteine animali (900 milioni), tutti ambiti più colpiti dal rischio ambientale che da quello di transizione. Chiudono la lista automotive (590 milioni), chimica (1,35 miliardi), sistema moda (350 milioni) e trasporti e logistica (13 miliardi), sottoposti a rischi inferiori, benché sempre alti, anche laddove le cifre sono consistenti.

All’interno di questo cluster di imprese sono state poi individuate quelle sicure dal punto di vista finanziario, cioè con un rapporto debiti finanziari/EBITDA inferiore o uguale a 2, per le quali è stato calcolato quanto potrebbero ancora indebitarsi senza perdere la stabilità finanziaria: sono 15.000 aziende, cioè il 21,4% del totale, che potrebbero aumentare i loro debiti per 46 miliardi di euro senza uscire dalla soglia di sicurezza. In particolare, si tratta di 5.379 aziende nel settore trasporti e logistica (6,5 miliardi di indebitamento aggiuntivo), 2.097 nell’agricoltura (1,3 miliardi), 1.911 nel sistema moda (4), 1.265 nei materiali da costruzione (2,7), 1.090 nell’oil&gas-refining&marketing (2,8), 996 nella chimica (7,3), 987 nella power generation (6), 761 nell’automotive (8,1), 528 nel ferro e acciaio (4,9), 495 nel cemento (1,6) e 15 nell’oil&gas-exploration&production (980 milioni).

Mattarella: “Pace grida sua urgenza, sconfortante fondi difesa 8 volte più di Cop29 su clima”

Il decimo messaggio di fine anno di Sergio Mattarella poggia le basi su due parole chiave: “rispetto” e “speranza”. Le stesse scelte dall’Enciclopedia Treccani nel 2024. Il presidente della Repubblica, nei quasi 17 minuti di discorso, pronunciato in piedi, nella nella Sala del Lucernario della Palazzina progettata nel 1.700 dall’architetto fiorentino, Ferdinando Fuga, riprende diversi punti già toccati nelle ultime settimane, ma anche quelli di stretta attualità.

Il tema della pace è centrale, non a caso il capo dello Stato ne parla nelle primissime battute sottolineando che “stiamo vivendo come ogni fine anno ore di attesa per un tempo nuovo che viene e che speriamo migliore”. Le guerre e l’instabilità geopolitica, infatti, rendono ancora più necessaria la ricerca della “serenità rinsaldando i nostri rapporti. Nelle nostre comunità, nelle famiglie, nelle amicizie”, tanto più “in quanto viviamo momenti difficili”. Mattarella ricorda che “nella notte di Natale si è diffusa la notizia che a Gaza una bambina di pochi giorni è morta assiderata”, così come nelle stesse ore “feroci bombardamenti russi hanno colpito le centrali di energia delle città dell’Ucraina per costringere quella popolazione civile al buio e al gelo”. Ma il pensiero va anche agli “innocenti rapiti da Hamas, e tuttora ostaggi” che “vivono un secondo inizio di anno in condizioni disumane”. Forme di barbarie – così le definisce – che “non risparmiano neppure le festività più sentite. Eppure mai come adesso la pace grida la sua urgenza”, annota.

Del resto, la pace è indicata nella Costituzione “come obiettivo irrinunziabile” ed è stata sempre perseguita dall’Italia, “anche con l’importante momento quest’anno della Presidenza del G7”.

Il presidente della Repubblica cita il caso della giornalista italiana, Cecilia Sala, detenuta in Iran, richiamando “ancora una volta il valore della libera informazione”, con i tanti giornalisti che “rischiano la vita per documentare quel che accade nelle sciagurate guerre ai confini dell’Europa, in Medio Oriente e altrove”.

Conflitti che appartengono alla realtà che viviamo, la stessa che “ci presenta contraddizioni che generano smarrimento, sgomento, talvolta senso di impotenza”, dice ancora Mattarella. Mettendo in luce un aspetto: “A livello globale aumenta in modo esponenziale la ricchezza di pochissimi mentre si espande la povertà di tanti” e “la crescita della spesa in armamenti, innescata nel mondo dall’aggressione della Russia all’Ucraina che costringe anche noi a provvedere alla nostra difesa ha toccato quest’anno la cifra record di 2.443 miliardi di dollari – sottolinea il capo dello Stato -. Otto volte di più di quanto stanziato alla recente Cop 29, a Baku, per contrastare il cambiamento climatico, esigenza, questa, vitale per l’umanità. Una sconfortante sproporzione”.

Mattarella definisce “incoraggianti” i dati sull’occupazione, sebbene “resistono aree di precarietà, salari bassi, lavoratori in cassa integrazione”; quelli su export e turismo, facendo presente, però, che questi stridono con il fenomeno dei giovani che vanno a lavorare all’estero. Richiama, poi, sulle diseguaglianza di servizi tra Nord e Sud: “Colmare queste distanze, assicurare una effettiva pienezza di diritti è il nostro compito”, afferma.

Non manca un passaggio sui cambiamenti climatici, tema su cui molto spesso interviene il capo dello Stato. “Le alluvioni non possono più essere considerate fatti straordinari – avverte -. Sono frequenti e vanno quindi prevenute con lungimiranza, rimuovendo le condizioni che provocano sciagure”.

Altro argomento molto sentito da Mattarella è quello delle morti sul lavoro, che rientrano nel “rispetto della vita”. Riporta alla mente la tragedia di Calenzano, dove hanno perso la vita 5 persone: “Non possono più bastare parole di sdegno: occorre agire, con responsabilità e severità. Gli incidenti mortali tutti si possono e si devono prevenire”.

Nel suo messaggio il presidente della Repubblica parla dell’odioso fenomeno dei femminicidi, ricordando “l’inaccettabile sorte di Giulia Cecchettin e, come lei, di tante altre donne uccise dalla barbarie di uomini che non rispettano la libertà e la dignità femminile”. Ma dà spazio pure a quegli esempi di vita che hanno saputo “trasformare il dolore causato da un evento della vita in una missione per gli altri”, come quello Sammy Basso, che “insegnano a vivere una vita piena, oltre ogni difficoltà“.

Mattarella chiede di rifuggire da “egoismo, rassegnazione o indifferenza” e rinnova i valori del patriottismo: “Quello dei medici dei pronto soccorso, dei nostri insegnanti che si dedicano con passione alla formazione dei giovani, di chi fa impresa con responsabilità sociale e attenzione alla sicurezza. Di chi lavora con professionalità e coscienza. Di chi studia e si prepara alle responsabilità che avrà presto. Di chi si impegna nel volontariato. Degli anziani che assicurano sostegno alle loro famiglie”.

Ci sono anche sicurezza, le condizioni dei detenuti nelle carceri e lo sport nelle parole del capo dello Stato. Che invita alla speranza, osservando che “non può tradursi soltanto in attesa inoperosa. La speranza siamo noi. Il nostro impegno. La nostra libertà. Le nostre scelte”.

L’augurio agli italiani di buon 2025 arriva con il pensiero ai prossimi mesi, in cui saranno celebrati gli 80 anni dalla Liberazione. Un ricordo che deve fare da monito per il futuro, per ricomporre “l’ampia partecipazione dei cittadini al voto“. “Una ricorrenza importante“, conclude Mattarella, che “reca con sé il richiamo alla liberazione da tutto ciò che ostacola libertà, democrazia, dedizione all’Italia, dignità di ciascuno, lavoro, giustizia”.

Il Pianeta entra nel 2025, l’anno nuovo tra speranze di pace e sfide come clima e Ia

Il mondo si sveglia con i fuochi d’artificio per festeggiare il 2025, al termine di un anno segnato dall’oro olimpico, dal fragoroso ritorno di Donald Trump ma anche da nuovi sconvolgimenti in Medio Oriente e in Ucraina, che fanno sperare nella pace le popolazioni civili. Il 2024, che sarà sicuramente l’anno più caldo mai registrato, ha visto anche disastri naturali aggravati dal riscaldamento globale, dall’ondata di calore mortale durante il pellegrinaggio alla Mecca alle tragiche inondazioni nella valle di Kathmandu. A Sydney, in uno dei fusi orari più orientali del pianeta, che ha scelto per prima il 2025, molti australiani si dicono sollevati di dire addio al 2024.

Certo, in molti posti c’è un sacco di guerra e di polemiche”, ha detto a France Presse Stuart Edwards, 32 anni, impiegato nel settore assicurativo. “Sarebbe un bene per il mondo se le cose si risolvessero da sole”. Più di un milione di spettatori si sono riuniti nell’autoproclamata “capitale mondiale del Capodanno” per vedere nove tonnellate di fuochi d’artificio illuminare il cielo sopra il famoso teatro dell’opera della città e l’Harbour Bridge a mezzanotte. La popstar americana Taylor Swift ha potuto assistere al bagno di folla del 2024, prima di dare gli ultimi ritocchi al suo tour mondiale da record, “The Eras tour”. Il cucciolo di ippopotamo pigmeo Moo Deng ha conquistato i social network, mentre il giovane prodigio del calcio Lamine Yamal ha portato la Spagna in vetta a Euro 2024. I Giochi Olimpici e Paralimpici di Parigi hanno riunito tutti i continenti, un gradito intermezzo di celebrazioni segnato da una spettacolare cerimonia di apertura sulla Senna e da luoghi da cartolina.

Milioni di persone si sono recate a votare in oltre 60 Paesi. In Russia, Vladimir Putin ha vinto ancora una volta le elezioni presidenziali nonostante le accuse di brogli, mentre in Bangladesh un movimento studentesco ha rovesciato il primo ministro Sheikh Hasina nonostante una violenta repressione.

Nessun voto è stato così attentamente esaminato come quello del 5 novembre negli Stati Uniti, vinto dall’ex presidente Donald Trump, bersagliato da due tentativi di assassinio e condannato per accuse penali. Dal Messico al Medio Oriente, il ritorno di Trump alla Casa Bianca a gennaio sta già generando entusiasmo: ha promesso un’offensiva doganale contro la Cina, si è impegnato a sostenere pienamente Israele e ha detto di voler porre fine alla guerra in Ucraina in “24 ore”.

Il 2024 sarà un anno di sconvolgimenti in Medio Oriente, con la fine di oltre cinquant’anni di dominio indiviso del clan Assad sulla Siria, ma anche con il ritorno dell’esercito israeliano nel sud del Libano e con l’esplosione simultanea di bip durante un’ondata di omicidi nelle file di Hezbollah. Nella Striscia di Gaza, i civili si dicono esausti della guerra tra Israele e il movimento islamista palestinese Hamas, scatenata dall’attacco del 7 ottobre 2023, e della grave crisi umanitaria che ne è derivata. In Siria, l’avvicinarsi del nuovo anno ha suscitato speranze e aspettative, dopo il rovesciamento del presidente Bashar al-Assad da parte di una coalizione guidata dagli islamisti di Hayat Tahrir al-Sham (HTS).

In Europa orientale, l’invasione russa dell’Ucraina si avvicina al suo terzo anniversario. In difficoltà a est, Kiev dovrà fare i conti con Donald Trump, la cui elezione ha messo in dubbio il futuro degli aiuti americani.

Con i progressi dell’intelligenza artificiale (AI) e un rallentamento dell’inflazione all’orizzonte, il settore economico guarda al 2025. Per quanto riguarda le star della musica, gli Oasis, icone del BritPop, faranno il loro ritorno quest’estate, mentre i BTS, icone del K-pop, hanno promesso ai loro “Army” di fan che torneranno dopo giugno, una volta che i membri avranno completato il loro servizio militare. Gli appassionati di calcio negli Stati Uniti potranno assistere a una Coppa del Mondo per Club allargata a 32 squadre. Circa 400 milioni di indù dovrebbero partecipare al pellegrinaggio Kumbh Mela, il più grande raduno del pianeta, da gennaio a febbraio nel nord dell’India. Dopo un 2024 ancora più caldo del precedente, il 2025 dovrebbe essere uno dei tre anni più caldi mai registrati, secondo le proiezioni dell’agenzia meteorologica britannica Met Office. Nel nord del Giappone, le abbondanti nevicate hanno portato alla cancellazione di diversi voli presso l’aeroporto principale di Hokkaido, con il rischio che i passeggeri vengano respinti nella sala partenze all’inizio del nuovo anno.

I dieci eventi climatici più costosi del 2024: guidano gli Stati Uniti

Il 2024 è stato un anno di eventi climatici estremi: da uragani da record a inondazioni devastanti, i disastri più costosi hanno causato danni per oltre 4 miliardi di dollari ciascuno. Il nuovo rapporto della ong Christian Aid, ‘Counting the Cost 2024: A year of climate breakdown’, evidenzia i disastri climatici più costosi dell’anno, illustrando come la crisi climatica stia rimodellando il nostro mondo. I costi finanziari si basano solo sulle perdite assicurate, il che significa che i costi finanziari reali sono probabilmente ancora più elevati, mentre i costi umani spesso non vengono conteggiati.

Tra gli eventi che hanno causato il danno finanziario maggiore quest’anno, gli Stati Uniti hanno subito il peso maggiore. L’uragano Milton di ottobre è stato l’evento singolo più costoso, causando 60 miliardi di dollari di danni e causando 25 vittime. L’uragano Helene, che ha colpito gli Stati Uniti, Cuba e il Messico a settembre, segue da vicino con 55 miliardi di dollari e 232 vittime. Anche escludendo gli uragani più grandi, gli Stati Uniti hanno subito perdite significative: le tempeste più piccole sono costate complessivamente 60 miliardi di dollari e hanno ucciso 88 persone.

A livello globale, nessuna regione è stata risparmiata dagli effetti paralizzanti dei disastri climatici. Le inondazioni in Cina sono costate 15,6 miliardi di dollari e hanno ucciso 315 persone. Il tifone Yagi ha devastato l’Asia sudoccidentale, mietendo oltre 800 vittime e causando una distruzione diffusa dalle Filippine alla Thailandia. Anche l’Europa ha dovuto affrontare le sue difficoltà, con tre dei dieci disastri più costosi, tra cui le inondazioni in Spagna e Germania e la tempesta Boris, che hanno causato complessivamente 13,87 miliardi di dollari di danni e causato 258 vittime.  Di seguito i 10 disastri climatici più costosi del 2024.

TEMPESTE NEGLI USA, USA: OLTRE 60 MILIARDI DI DOLLARI. Nel corso dell’anno, gli Stati Uniti sono stati colpiti da molte tempeste gravi che hanno causato danni ingenti. Queste tempeste si caratterizzano per essere associate a tuoni, fulmini, pioggia intensa, grandine, venti forti e improvvisi cambiamenti di temperatura. Negli Stati Uniti, tra gennaio e settembre, 46 di esse hanno causato 88 morti e un costo accumulato superiore ai 60 miliardi di dollari. Le tempeste hanno colpito la maggior parte del Paese, con eventi degni di nota, tra cui i tornado a maggio nelle zone centrali e meridionali del Paese e una tempesta invernale molto intensa nel Nord-Est, all’inizio del 2024. Questi due eventi hanno causato da soli quasi 13 miliardi di dollari di danni con interruzioni di corrente, incidenti automobilistici, voli cancellati e molti altri impatti.

URAGANO MILTON, USA: 60 MILIARDI DI DOLLARI. A ottobre, solo due settimane dopo l’uragano Helene, si è formato l’uragano Milton. Sebbene abbia raggiunto la categoria 5, è arrivato nella penisola della Florida come tempesta di categoria 3, scatenando tornado e gravi inondazioni non solo negli Stati Uniti, ma anche nella penisola dello Yucatan e nei Caraibi. L’uragano ha scaricato una quantità d’acqua pari a un evento pluviometrico di 1 anno su 1.0008. L’uragano Milton è ora considerato una delle tempeste più costose della storia degli Stati Uniti con un costo di 60 miliardi di dollari. La Florida è stata la principale regione colpita dall’uragano, con 25 morti.

URAGANO HELENE, USA-MESSICO-CUBA: 55 MILIARDI DI DOLLARI. Nel settembre 2024, l’uragano Helene è atterrato in Florida come una potente tempesta di categoria 4, portando piogge torrenziali, venti distruttivi e forti ondate di maltempo. Spostandosi verso nord-nord-est, ha causato piogge da record in Georgia, Carolina del Nord e del Sud, Tennessee e Virginia, oltre a distruzioni in Messico e a Cuba. L’uragano ha innescato inondazioni improvvise che hanno devastato la regione, creando un percorso di distruzione lungo oltre 600 miglia dalla Florida al Tennessee. La pioggia ha saturato i terreni e trasformato i corsi d’acqua tranquilli in fiumi distruttivi, intere città, quartieri e strade sono stati spazzati via. L’uragano ha causato almeno 232 morti – il più alto numero di vittime di uragani negli Stati Uniti continentali dall’uragano Katrina del 2005. All’indomani dell’uragano, oltre 4,7 milioni di persone sono rimaste senza corrente e migliaia non hanno avuto accesso all’acqua 23 per settimane. Il Governo federale ha fornito oltre 860 milioni di dollari di assistenza ai sopravvissuti e ha speso 137 milioni di dollari per i soccorsi. I danni stimati dell’uragano, basati sulle valutazioni assicurative, ammontano a 55 miliardi di dollari.

INONDAZIONI IN CINA, CINA: 15,6 MILIARDI DI DOLLARI. Durante i mesi di giugno e luglio, le regioni meridionali e centrali della Cina hanno subito l’impatto di piogge estreme. A giugno, nelle province di Guangdong, Guangxi e Fujian si sono verificati acquazzoni record che hanno causato inondazioni e frane. Decine di migliaia di persone hanno dovuto essere evacuate e almeno 5 sono morte. L’evento si è verificato solo due mesi dopo che il Guangdong era stato colpito in precedenza da piogge estreme simili che avevano causato quattro morti. Complessivamente, sono morte più di 300 persone in tutto il Paese. Nel 2024 in Cina sono esondati più fiumi che in qualsiasi altro anno. A luglio, anche Henan, Hunan, Hubei, Sichuan, Shaanxi, Gansu e altre province sono state colpite da precipitazioni record. Le autorità locali hanno dichiarato un “periodo di guerra” a causa delle gravi inondazioni, con il governo centrale che ha stanziato oltre 100 milioni di dollari in aiuti immediati per i disastri.

TIFONE YAGI, ASIA SUD OCCIDENTALE: 12,6 MILIARDI DI DOLLARI. Il più grande tifone asiatico del 2024, il super tifone Yagi (noto anche come Enteng), ha colpito diversi Paesi del Sud-Est asiatico all’inizio di settembre. Ha provocato frane distruttive, gravi inondazioni e danni infrastrutturali diffusi, in particolare nelle Filippine, nel Laos, nel Vietnam, nel Myanmar e in Tailandia. Equivalente ad un uragano di categoria 5, il tifone ha raggiunto velocità di vento di picco superiori a 200 km/h. In Vietnam, il tifone Yagi ha colpito 26 province, distruggendo migliaia di case e centri di produzione chiave. In Myanmar, è stata considerata una delle peggiori tempeste della storia recente, devastando interi villaggi e distruggendo oltre 2,3 milioni di ettari di terreno agricolo. In Laos, la tempesta ha danneggiato gravemente 77 scuole e 11 strutture sanitarie. In Thailandia, le inondazioni improvvise e lo straripamento dei fiumi principali hanno minacciato diverse regioni. Nel frattempo, nelle Filippine, ci sono state 228 segnalazioni di inondazioni che hanno colpito oltre mezzo milione di persone. In tutti i Paesi colpiti, il bilancio delle vittime ha superato gli 800, con molti dispersi. Il tifone è diventato l’evento più costoso mai registrato in Vietnam, causando più di 3,3 miliardi di dollari di danni e lasciando migliaia di famiglie gravate da debiti. Le perdite totali in tutto il Sud-Est asiatico hanno raggiunto i 12,6 miliardi di dollari.

URAGANO BERYL, USA-MESSICO-ISOLE CARAIBICHE: 6,7 MILIARDI DI DOLLARI. Settimane prima che l’uragano Beryl arrivasse, le nazioni delle isole caraibiche si stavano già preparando per i suoi impatti. Quando l’uragano ha colpito, è stato classificato come la più precoce tempesta di categoria 5 mai registrata, con venti abbastanza potenti da spazzare via interi edifici e linee elettriche. L’uragano Beryl ha lasciato un percorso di distruzione attraverso i Caraibi prima di raggiungere gli Stati Uniti, dove ha portato ulteriori ondate di tempesta e inondazioni improvvise. In totale, 70 vite sono state perse a causa della tempesta. L’uragano ha causato danni estesi, colpendo gravemente almeno il 70% degli edifici sulle isole di Carriacou e Petit Martinique. In Giamaica, l’uragano ha danneggiato in modo significativo 82 strutture sanitarie e ha colpito 160.000 persone, con 1.876 evacuate in rifugi. Il 60% della popolazione è rimasto senza elettricità per un massimo di 8 settimane. Negli Stati Uniti, circa 1,5 milioni di persone sono rimaste senza elettricità due giorni dopo l’arrivo, poiché le linee elettriche e le infrastrutture sono state pesantemente danneggiate.

TEMPESTA BORIS, EUROPA CENTRALE: 5,2 MILIARDI DI DOLLARI. Tra il 12 e il 16 settembre, la tempesta Boris ha colpito diversi Paesi dell’Europa centrale e orientale. Durante quei giorni, sono cadute enormi quantità di pioggia in Austria, Repubblica Ceca, Germania, Ungheria, Italia, Polonia, Romania e Slovacchia. Molte località hanno visto in pochi giorni la stessa quantità di pioggia che di solito vedono per tutto il mese di settembre. Le inondazioni sono state descritte come le “peggiori degli ultimi due decenni”. La tempesta ha distrutto ferrovie e strade. I vigili del fuoco hanno effettuato oltre 500 operazioni di salvataggio solo in Italia. Le inondazioni hanno ucciso almeno 26 persone.

ALLUVIONI DEL RIO GRANDE DO SUL, BRASILE: 5 MILIARDI DI DOLLARI. Tra la fine di aprile e la metà di maggio, lo Stato di Rio Grande do Sul in Brasile ha registrato precipitazioni record, tre volte superiori alla media di questo periodo dell’anno. Quasi la metà di tutti i quartieri della capitale dello Stato sono stati allagati. Il governatore dello Stato, Eduardo Leite, ha definito l’evento meteorologico estremo il “peggior disastro” nella storia dello Stato. Almeno 440 dei 496 comuni hanno riportato problemi legati alle inondazioni, colpendo più di 2 milioni di persone e sfollando circa 422.000 individui. Un totale di 183 persone sono morte a causa delle inondazioni e altre 806 sono rimaste ferite. I servizi essenziali sono stati interrotti, le infrastrutture sono state danneggiate e oltre 100.000 case sono state distrutte dalle inondazioni. Gli economisti hanno paragonato gli impatti del disastro a quelli dell’uragano Katrina del 2005. Le stime indicano che le inondazioni hanno causato danni per oltre 2 miliardi di dollari a case, aziende e infrastrutture. Il settore agricolo, una componente centrale dell’economia di Rio Grande do Sul, ha subito perdite significative, con la distruzione del bestiame e delle colture che ha provocato circa 600 milioni di dollari. Recuperare la fertilità persa del suolo costerà circa 3 miliardi di dollari. Altri sforzi di recupero e ricostruzione dovrebbero costare oltre 550 milioni di dollari, con un pesante onere finanziario per i governi locali e federali.

ALLUVIONI BAVIERA E BADEN-WURTTEMBERG, GERMANIA: 4,5 MILIARDI DI DOLLARI. Le piogge eccezionali hanno provocato inondazioni diffuse nella Germania meridionale all’inizio di giugno. Il livello dell’acqua ha superato i massimi storici, provocando uno stato di emergenza in 18 distretti bavaresi. I meteorologi hanno stimato che alcune regioni hanno ricevuto più precipitazioni in 24 ore rispetto alla loro normale media mensile. Diversi fiumi hanno rotto gli argini in Baviera e nel Baden-Wurttemberg, provocando evacuazioni a causa dei cedimenti delle dighe e dei danni alle reti di trasporto. Le inondazioni hanno causato 6 vittime. Le compagnie assicurative hanno registrato una delle perdite più significative del settore dal 2002, notando che “si sono verificati i tre mesi di maggio più piovosi mai registrati in Germania” in questo secolo. I danni totali sono stati stimati in 4,45 miliardi di dollari.

ALLUVIONI A VALENCIA, SPAGNA: 4,22 MILIARDI DI DOLLARI. Il 29 ottobre, un evento meteorologico noto come ‘cut-off low’ ha portato grandi quantità di pioggia nel sud-est della Spagna. Questo tipo di eventi, che si verificano stagionalmente nella regione, sono guidati da venti orientali che trasportano aria umida dal Mar Mediterraneo. I forti acquazzoni, che in alcune località hanno portato l’equivalente di un anno di pioggia in poche ore, hanno causato estese inondazioni. La provincia di Valencia è stata la più colpita, con città devastate e un bilancio di 218 morti. Altri 8 morti sono stati segnalati nelle province di Castilla La Mancha e Andalusia.

Nel 2024 in Italia 351 eventi meteo estremi: pesa la siccità prolungata

L’Italia è sempre più sotto scacco della crisi climatica. Nel 2024, e per il terzo anno consecutivo, sono stati oltre 300 gli eventi meteo estremi che hanno colpito la Penisola, arrivando quest’anno a quota 351. Un numero in costante crescita negli ultimi dieci anni: nel 2024 ha visto un aumento degli eventi meteo estremi di quasi 6 volte, +485% rispetto al 2015 (quando ne furono registrati 60). A fare la parte da leone in questo 2024 l’aumento dei danni da siccità prolungata (+54,5% rispetto al 2023), da esondazioni fluviali (+ 24%) e da allagamenti dovuti alle piogge intense (+12%), con un’Italia divisa in due tra poca e troppa acqua. A scattare questa fotografia di fine anno è l’Osservatorio Città Clima di Legambiente, realizzato in collaborazione con il Gruppo Unipol, che mette in fila i numeri della crisi climatica in Italia nel 2024, sottolineando come la Penisola ancora una volta si sia fatta trovare impreparata anche in questi ultimi giorni di fine anno contrassegnati da piogge, mareggiate e venti forti. Male il Governo Meloni per l’inerzia dimostrata. In particolare, l’Esecutivo non ha messo in campo strategie di prevenzione e non ha stanziato le risorse economiche necessarie per attuare le azioni prioritarie del PNACC, il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, che ad oggi risulta essere una scatola purtroppo vuota. Inoltre, non è stato ancora emanato il decreto per l’insediamento dell’Osservatorio Nazionale per l’Adattamento ai Cambiamenti Climatici.

Il 2024 è stato segnato da 134 casi di allagamenti da piogge intense, 62 casi di danni da vento, 46 esondazioni fluviali che hanno causato danni, 34 eventi con danni da siccità prolungata, 30 danni da grandinate, 19 casi di frane causate da piogge intense, 9 danni alle infrastrutture, 8 da mareggiate, 2 al patrimonio storico e 1 caso di temperature record. Il Nord Italia risulta il più colpito con 198 eventi meteo estremi, seguito dal Sud 92 e dal Centro 61.  A livello regionale, quest’anno l’Emilia-Romagna con 52 eventi, è la regione più martoriata dalla crisi climatica, seguita da Lombardia (49), Sicilia (43), Veneto (41) e Piemonte (22). Tra le province svetta al primo posto Bologna con 17 eventi meteo estremi, seguita da Ravenna e Roma entrambe a quota 13, Torino con 12 e Palermo con 11. Tra le grandi città, la Capitale è quella più colpita con 8 eventi meteo estremi, seguita da Genova (7) e Milano (6). Preoccupano anche i danni che gli eventi meteo estremi stanno causando in generale sui trasporti: 22 quelli che nel 2024 hanno provocato danni e ritardi a treni e trasporto pubblico locale nella Penisola. In quota, gli effetti del riscaldamento globale sono sempre più tangibili, con impatti sui ghiacciai, sempre più sottili e in arretramento, ecosistemi e biodiversità. Nel 2024, in Piemonte, lo zero termico in quota è arrivato a 5.206 metri, sfiorando il record di 9 anni fa, quando era salito fino a 5.296 metri.

Nel 2024 l’Italia – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è stata travolta da una nuova ondata di eventi meteo estremi e ancora una volta si è fatta trovare impreparata. Il Governo Meloni, in oltre due anni di attività, non ha messo in campo nessuna strategia di prevenzione con interventi mirati, che permetterebbero di risparmiare il 75% delle risorse spese per riparare i danni post emergenza, e non ha stanziato i finanziamenti necessari per le azioni prioritarie del PNACC, fondi non previsti neanche nella legge di bilancio appena approvata. Auspichiamo che nel 2025 da parte dell’Esecutivo ci sia un’assunzione di responsabilità diversa nella lotta alla crisi climatica: servono più risorse economiche e interventi su prevenzione, mitigazione e adattamento. È urgente approvare anche una legge per fermare il consumo di suolo, problema affrontato in modo ideologico col DL Agricoltura vietando il fotovoltaico a terra, e il DPR per facilitare il riutilizzo delle acque reflue depurate sui terreni agricoli. Le vere minacce per l’agricoltura italiana sono, infatti, la crisi climatica e la cementificazione, non il Green Deal europeo”.

Tra gli eventi meteo estremi in crescita – aggiunge Andrea Minutolo responsabile scientifico di Legambiente – preoccupa il fenomeno della siccità che a più riprese ha colpito in questi anni l’Italia. Simbolo di quest’estate il lago Pergusa, in provincia di Enna, ridotto più o meno ad una pozza. L’emergenza in Sicilia è figlia della siccità del Po del 2022 e di un trend collegato alla crisi climatica in continua evoluzione che rappresenta un monito severo. Per questo è importante che il Paese definisca una strategia nazionale della gestione idrica, più attenta e circolare, con interventi concreti che favoriscano l’adattamento ai cambiamenti climatici e permettano di ridurre da subito i prelievi di acqua evitandone anche gli sprechi”.

Per quanto riguarda la siccità, le regioni più colpite sono state Sicilia (16 eventi), Sardegna (9), Basilicata (3). Sul fronte allagamenti spicca la Lombardia (con 25 eventi meteo estremi), seguita da Emilia-Romagna (22), Sicilia (15). In tema di esondazioni fluviali l’Emilia-Romagna è al primo posto (con 14 eventi), a seguire Lombardia (8), Veneto (5).

Il 2024 è stato segnato anche da eventi meteo estremi che hanno avuto sempre più impatti sul trasporto nelle aree urbane. Interruzioni e sospensioni causate non solo da piogge intense, allagamenti e frane dovute a intense precipitazioni, ma anche dalle temperature record e dalle forti raffiche di vento. Tra i casi più recenti gli episodi dello scorso 24 ottobre a Roma, dove è stata chiusa per allagamento, causato dalla pioggia intensa, la stazione Cipro della Metro A; pochi giorni prima era stata sospesa la circolazione ferroviaria sulla linea Rimini–Ravenna, per il forte maltempo che ha provocato l’allagamento dei binari nella stazione di Cesenatico. Il 5 settembre scorso una nuova esondazione del Seveso a Milano ha portato a ritardi fino a 120 minuti per i treni tra le stazioni di Rogoredo e Porta Vittoria, mentre il servizio tranviario è risultato compromesso, in particolare per le linee 3, 19, 31 e la linea M2 è stata chiusa tra le fermate di Famagosta e Assago/Piazza Abbiategrasso.

Spicca poi l’ennesimo record di temperature globali registrato dal programma europeo Copernicus che indica il 2024 come l’anno più caldo da inizio registrazioni con, per la prima volta, il superamento della soglia di 1,5 °C sopra i livelli pre-industriali. Il mese di novembre 2024 è stato il secondo più caldo a livello globale, dopo il novembre 2023, con una temperatura media dell’aria superficiale di 14,1°C, +0,7°C al di sopra della media di quel mese del periodo compreso tra il 1991 e il 2020. Il novembre 2024 è stato di 1,6°C al di sopra del livello pre-industriale ed è stato il 16° mese in un periodo di 17 mesi in cui la temperatura superficiale media globale dell’aria ha superato di 1,5°C i livelli pre-industriali. Anche la temperatura superficiale media marina per il mese di novembre 2024 ha registrato livelli record, con 20,6°C, il secondo valore più alto registrato per il mese, e solo 0,13°C al di sotto del novembre 2023.

INFOGRAFICA INTERATTIVA Clima, il numero di eventi estremi in Italia dal 2015 al 2024

L’Italia è sempre più sotto scacco della crisi climatica. Nel 2024, e per il terzo anno consecutivo, sono stati oltre 300 gli eventi meteo estremi che hanno colpito la Penisola, arrivando quest’anno a quota 351. Un numero in costante crescita negli ultimi dieci anni: nel 2024 ha visto un aumento degli eventi meteo estremi di quasi 6 volte, +485% rispetto al 2015 (quando ne furono registrati 60). Nell’infografica interattiva di GEA gli eventi estremi in Italia dal 2015 ad oggi secondo quanto riferito da Legambiente.

L’Ue punta sul Natale green: albero in vaso o a nolo, cibo locale e confezioni in tessuto

Un Natale eco-compatibile è possibile. Lo afferma l’Unione europea che, nel suo sito esplicativo del Fit for 55 (Pronti al 55%), evidenzia come le festività siano “un momento di gioia e unione”, ma possano anche avere “un impatto ambientale notevole” e “negativo sul pianeta”: dalle luci ad alta intensità energetica alle pile di carta da regalo. Per questo, Bruxelles avanza delle proposte per “rendere le festività più ecologiche senza perdere nulla della magia”.

Il primo punto è quello delle decorazioni. “Scegli materiali naturali o riutilizzabili: opta per decorazioni realizzate in legno, tessuto o materiali riciclati anziché in plastica. Prendi in considerazione di crearne una tua con elementi naturali come pigne, fette di arancia essiccate e spago”, scrive il sito Fit for 55. In secondo luogo, ripensare al simbolo del Natale: l’albero. “Se ne utilizzi uno artificiale, tienilo per quanti più anni possibile per compensare il suo costo ambientale. In alternativa, un albero vivo in vaso che puoi ripiantare è una fantastica opzione sostenibile”, precisa. Terzo, l’illuminazione. “Utilizza luci natalizie a Led, che consumano fino all’80% di energia in meno rispetto alle tradizionali lampadine a incandescenza. Imposta i timer per assicurarti che siano accese solo nelle ore di punta”.

Tra i tre punti, quello sull’albero è uno dei più cari dato che, nella stessa Bruxelles, sono largamente utilizzati quelli veri a cui vengono recise le radici che, a gennaio, vengono ammassati sui marciapiedi della capitale Ue per essere raccolti e buttati. “Il dibattito sugli alberi di Natale veri e artificiali è comune, ma le prove suggeriscono che gli alberi veri possono essere una scelta più ecologica se di provenienza sostenibile”, scrive il sito Ue. “Le fattorie di alberi di Natale piantano nuovi alberi per ogni albero raccolto, contribuendo al sequestro del carbonio e sostenendo la biodiversità locale. Dopo le feste, gli alberi veri possono essere compostati o trasformati in pacciame, chiudendo il ciclo ambientale”, osserva.

Ma “per un’opzione a spreco zero, prendi in considerazione un albero di Natale in vaso, che puoi conservare e ripiantare nel tuo giardino dopo le festività”, suggerisce il sito Ue. Inoltre, “molte aziende offrono servizi di noleggio di alberi, che ti consentono di prendere in prestito un albero vivo in un vaso. Dopo Natale, l’albero viene restituito al coltivatore per continuare la sua vita”, sottolinea ancora.

Per le confezioni riciclabili e riutilizzabili, “evita la tradizionale carta da regalo con glitter o stagnola (che non possono essere riciclati)”, ma “utilizza carta kraft marrone, involucri di tessuto (ispirati ai furoshiki giapponesi) o vecchi giornali per un tocco creativo”. E poi “elimina gli sprechi: borse regalo, sciarpe o cestini riutilizzabili possono essere parte integrante del regalo” ed “incoraggiate i destinatari a passare i materiali riutilizzabili”.

Infine, rispetto ai pasti, “evitate di fare acquisti eccessivi, pianificando attentamente i vostri pasti” e “attenetevi a ricette che utilizzano ingredienti locali e di stagione per ridurre al minimo i chilometri percorsi dagli alimenti”. E, ancora, “compostate gli scarti alimentari: create un sistema di compostaggio per gli scarti alimentari” e “incoraggiate gli ospiti a portare a casa gli avanzi in contenitori riutilizzabili per ridurre i rifiuti”. Questi sono i consigli Ue per un periodo festivo “gioioso ed ecologico”.