Il tartufo bianco minacciato dal clima: associazione cerca di salvare l’oro d’Italia

Nelle profondità di un fitto bosco in Piemonte, la caccia al tartufo bianco d’Alba è in pieno svolgimento. Eccitati, i cani scavano a zig zag nel terreno. Ma questo tesoro culinario sta diventando sempre più raro, minato dai cambiamenti climatici. “Andate a cercarlo! Dove si trova?“, Carlo Marenda, cercatore di tartufi nel tempo libero, chiama Gigi, sette mesi, e Buk, 13 anni, incroci tra lo Spinone e il Lagotto romagnolo, noti per il loro acutissimo olfatto. Sul terreno fangoso, le foglie autunnali scricchiolano sotto il peso degli stivali. Ai piedi di un pittoresco vigneto collinare, non lontano da Alba, i sentieri si snodano lungo il Rio della Fava, attraversando un terreno umido, ideale per la coltivazione di questo “oro bianco”.

Ricercato da gourmet e chef stellati di tutto il mondo, il tartufo bianco d’Alba, il più pregiato al mondo, è un fungo sotterraneo che cresce in simbiosi con alcuni alberi, attaccandosi alle loro radici. Il suo profumo intenso e raffinato, una miscela di fieno, aglio e miele, permette ai cani da caccia di individuarlo fino a un metro di profondità. Introdotto alla ricerca del tartufo all’età di cinque anni da un amico di famiglia, Carlo Marenda, 42 anni, ha fondato nel 2015 l’associazione ‘Save the truffle’, insieme a Edmondo Bonelli, ricercatore di scienze naturali. È stato un ottuagenario ‘trifulau’, Giuseppe Giamesio, detto ‘Notu’, ultimo discendente di una famiglia con una tradizione secolare nel campo del tartufo, a lasciargli in eredità i suoi cani e le sue conoscenze prima di morire nel 2014. Il messaggio del ‘maestro’ come testamento: “Se vogliamo evitare la scomparsa del tartufo, dobbiamo proteggere le foreste, smettere di inquinare i fiumi e piantare nuovi alberi da tartufo”. Dieci anni dopo, grazie alle donazioni e al sostegno di alcuni viticoltori, l’associazione ha piantato più di 700 alberi da tartufo nella regione collinare delle Langhe, tra cui pioppi, querce e tigli.

Notu mi ha trasmesso la sua passione per la ricerca del tartufo e la salvaguardia degli alberi”, confida Carlo Marenda, mentre scende dalla sua Fiat Panda 4X4 grigio metallizzato, l’auto preferita dai tartufai. In 30 anni, la superficie destinata al tartufo bianco in Italia è diminuita del 30%, lasciando gradualmente il posto ai più redditizi vigneti e noccioleti. Le colline delle Langhe forniscono grandi quantità di nocciole al gigante del cioccolato Ferrero, fondato nel 1946 ad Alba, una prospera cittadina di 30.000 abitanti. Ma la principale minaccia per il tartufo bianco, la cui raccolta è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 2021, è il cambiamento climatico. Il riscaldamento globale, la siccità, la deforestazione e gli sbalzi di temperatura sono tutti fattori che stanno minando l’habitat naturale del fungo. Per sopravvivere, i tartufi hanno bisogno di freddo e umidità. All’inizio di novembre, tuttavia, la temperatura è salita a 20 gradi.Con l’allungarsi dell’estate, la produzione è diminuita”, lamenta Carlo Marenda.

Il raccolto, che va da ottobre a fine gennaio, si sta accorciando. In attesa del freddo e della neve, “i tartufi non hanno tutto il loro sapore e non si conservano a lungo”. Anche l’effetto delle forti piogge delle ultime settimane può essere dannoso: “Se c’è poca acqua, il tartufo non cresce. Se ce n’è troppa, marcisce”. Allertato dal suo cane Buk, si accovaccia a terra e raschia delicatamente la terra con una vanga stretta per estrarre un tartufo di dimensioni piuttosto modeste. Il tartufo bianco è una specie in via di estinzione? “Per il momento no. Ma se non interveniamo, potrebbe diventarlo”, dice Mario Aprile, presidente dell’Associazione Piemontese Ricercatori Tartufi. “Il tartufo bianco non può essere coltivato, a differenza del tartufo nero. Senza alberi non ci sono tartufi. Li stiamo piantando per ricostruire la biodiversità”. Di fronte all’esplosione della domanda e alla limitatezza dell’offerta, il tartufo bianco viene venduto a caro prezzo, raggiungendo quest’anno i 4.500 euro al chilo alla fiera di Alba, che si conclude l’8 dicembre. Due tartufi ‘gemelli’ del peso complessivo di 905 grammi, un reperto di Mario Aprile, sono stati venduti domenica per 140.000 euro a un magnate finanziario di Hong Kong durante la tradizionale asta di beneficenza di Alba.

A Baku si apre la Cop29: occhi puntati sulla finanza climatica. E su Donald Trump

La 29esima conferenza delle Nazioni Unite sul clima si è aperta lunedì in Azerbaigian con un appello alla cooperazione globale, sei giorni dopo la rielezione di Donald Trump, in un momento in cui i Paesi in via di sviluppo chiedono centinaia di miliardi di dollari in aiuti. “È tempo di dimostrare che la cooperazione globale non è in stallo. È all’altezza del momento”, ha detto il capo delle Nazioni Unite per il clima Simon Stiell all’apertura della grande conferenza a Baku, sulle rive del Mar Caspio, senza mai menzionare il Paese il cui nome è sulla bocca di tutti qui: gli Stati Uniti.

LA FINANZA CLIMATICA. La principale posta in gioco di questa Cop, che durerà fino al 22 novembre, è stabilire l’ammontare degli aiuti climatici dei Paesi sviluppati ai Paesi in via di sviluppo, affinché questi ultimi possano svilupparsi senza carbone o petrolio e far fronte a un maggior numero di ondate di calore e inondazioni. I Paesi poveri chiedono che il nuovo impegno, attualmente pari a 116 miliardi di dollari l’anno (entro il 2022), sia di migliaia di miliardi l’anno. Ma gli occidentali considerano questo ordine di grandezza irrealistico per le loro finanze pubbliche. Il presidente della COP29 Moukhtar Babayev ha parlato di “centinaia di miliardi” nel suo discorso di apertura di lunedì, ma nessuno dei negoziatori ha svelato le proprie carte. I delegati hanno negoziato fino alle 4 di domenica notte. “La Cop29 è un momento di verità per l’Accordo di Parigi”, ha dichiarato Babayev, ministro dell’Ecologia dell’Azerbaigian ed ex dirigente della compagnia petrolifera nazionale Socar.

Secondo l’ONU, i partecipanti accreditati sono circa 51.000, un numero inferiore rispetto alla Cop28 dell’anno scorso a Dubai. Molte Ong criticano il fatto che la conferenza si tenga in un Paese che celebra il petrolio come “dono di Dio” e dove le autorità hanno arrestato e perseguito diversi attivisti ambientali.

L’INCOGNITA TRUMP. Basterà una sola firma perché Donald Trump, quando entrerà alla Casa Bianca il 20 gennaio, si unisca a Iran, Yemen e Libia per uscire dall’accordo adottato a Parigi nel 2015 dai Paesi del mondo. Questo accordo è la forza trainante che ha permesso di frenare la traiettoria del riscaldamento globale negli ultimi dieci anni a circa 3°C o meno entro il 2100, secondo i calcoli. Il testo impegna il mondo a limitare il riscaldamento globale a 2°C e a proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5°C, rispetto alla fine del XIX secolo. L’anno 2024, che sarà torrenziale per molti Paesi, sarà quasi certamente a questo livello. Se ciò continuerà a lungo termine, il limite climatico sarà considerato raggiunto.

I GRANDI ASSENTI. Gli europei giurano che raddoppieranno gli sforzi per compensare il ritiro degli Stati Uniti, ma pochi di loro saranno a Baku. Non parteciperanno il presidente francese, Emmanuel Macron, e quello brasiliano Lula, così come il cancelliere tedesco Olaf Scholz, impegnato a gestire la crisi di governo e, ovviamente, il presidente russo Vladimir Putin. Ma, soprattutto, non parteciperà la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen“impegnata – fanno sapere da Bruxelles – nella fase di transizione tra l’uscente e l’entrante esecutivo Ue”. Un’assenza, la sua, che da più parti viene vista come il tentativo di tirare il freno a mano sulle politiche climatiche e ambientali del Vecchio continente e, più in generale, sulle ambizioni del Green Deal.

LA DELEGAZIONE EUROPEA. Della delegazione Ue, invece, faranno parte il commissario per l’azione per il clima Wopke Hoekstra, la commissaria per l’Energia, Kadri Simson, (14 e 15 novembre) e quella per per l’innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù, Iliana Ivanova (12 novembre). Il primo ministro britannico Keir Starmer e lo spagnolo Pedro Sánchez, invece, dovrebbero partecipare al vertice dei leader del 12-13 novembre, così come la premier Giorgia Meloni, il cui intervento dovrebbe svolgersi mercoledì 13.

LA DELEGAZIONE ITALIANA. La delegazione italiana sarà guidata dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin e il padiglione del nostro Paese ospiterà decine di eventi organizzati dai ministeri (oltre al Mase ci sarà anche quello degli Esteri), da Ice, enti e istituzioni di ricerca, associazioni di categoria, fondazioni, ong e imprese.

 

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A Baku si apre la Cop29: finanza climatica focus della Conferenza. Assenti von der Leyen e Macron

Defezioni, ong sul piede di guerra, accuse di corruzione e, nemmeno troppo sullo sfondo, due conflitti, quello in Ucraina e quello in Medioriente. Senza dimenticare che il 2024 è già l’anno più caldo della storia e che con l’elezione di Donald Trump gli Stati Uniti potrebbero nuovamente abbandonare gli accordi internazionali sul clima. Parte sottotono, ma con un’agenda fitta, la Cop29, che si apre lunedì 11 novembre a Baku (Azerbaigian) e si chiuderà il 22.

La Conferenza delle parti della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici chiama a raccolta 197 Paesi più l’Unione europea e punta su due pilastri paralleli, cioè l’ambizione e l’azione, con l’obiettivo di ottenere riduzioni profonde, rapide e durature delle emissioni per mantenere le temperature sotto controllo e rimanere al di sotto della soglia di 1,5°C, così come previsto dall’Accordo di Parigi. In mezzo ci sono le politiche climatiche nazionali, il tema energetico – in particolare legato ai combustibili fossili e al ‘phasing out’- e quello della finanza, che con molta probabilità sarà il nodo cruciale del vertice. E, ancora, agricoltura, salute, industria, biodiversità, oceani.

IL PROGRAMMA DELLA CONFERENZA. La cerimonia ufficiale di apertura della Cop29 si terrà l’11 novembre, mentre martedì 12 si svolgerà il Vertice dei leader mondiali sull’azione per il clima. Il giorno successivo, il 13, sarà dedicato al tema della finanza, degli investimenti e del commercio e venerdì 14 a quello dell’energia, della pace, della ripresa e della resilienza. Sabato 16, invece, saranno la scienza, la tecnologia, l’innovazione e la digitalizzazione il focus dei colloqui, a cui seguiranno, lunedì 17, i temi del capitale umano, dei bambini e giovani, della salute e dell’istruzione. Cibo, agricoltura e acqua domineranno i dialoghi di martedì 19 e, il giorno successivo, cioè mercoledì 20, il tema sarà quello dell’urbanizzazione, del turismo e dei trasporti. Infine, giovedì 21 il tema principale sarà quello della biodiversità, delle popolazioni indigene, degli oceani e zone costiere. La Conferenza si chiuderà il 22 e, almeno sulla carta, dovrà portare alla conferma degli obiettivi energetici globali concordati lo scorso anno a Dubai per abbandonare i combustibili fossili, triplicare gli investimenti nelle rinnovabili e raddoppiare le misure di efficienza energetica entro il 2030.

FINANZA CLIMATICA AL CENTRO. Ma non solo. La parola chiave sarà NCQG, cioè ‘Nuovo Obiettivo Quantificato Collettivo’ che sostituirà quello adottato nel 2009 e raggiunto nel 2022, che chiedeva ai Paesi ricchi di fornire 100 miliardi di dollari all’anno per aiutare i Paesi in via di sviluppo a limitare le emissioni di gas serra e ad adattarsi ai cambiamenti climatici. Questa cifra comprende finanziamenti pubblici bilaterali e multilaterali, crediti all’esportazione e finanziamenti privati. In sostanza, quindi, si tratterà di mettere sul piatto più risorse, molte più risorse e i negoziati si concentreranno sullo sblocco dei trilioni di dollari necessari ai Paesi in via di sviluppo per affrontare la crisi climatica. Quanto uscirà dalle tasche dei Paesi più ricchi sarà il vero banco di prova della Cop.

I GRANDI ASSENTI. Nonostante la posta in gioco sia altissima, a pochi giorni dall’apertura le annunciate defezioni stanno già facendo sentire il loro peso. Non saranno a Baku il presidente francese, Emmanuel Macron, e quello brasiliano Lula, così come il cancelliere tedesco Olaf Scholz, impegnato a gestire la crisi di governo e, ovviamente, il presidente russo Vladimir Putin. Ma, soprattutto, non parteciperà la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, “impegnata – fanno sapere da Bruxelles – nella fase di transizione tra l’uscente e l’entrante esecutivo Ue”. Un’assenza, la sua, che da più parti viene vista come il tentativo di tirare il freno a mano sulle politiche climatiche e ambientali del Vecchio continente e, più in generale, sulle ambizioni del Green Deal.

LA DELEGAZIONE EUROPEA. Della delegazione Ue, invece, faranno parte il commissario per l’azione per il clima Wopke Hoekstra, la commissaria per l’Energia, Kadri Simson, (14 e 15 novembre) e quella per per l’innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù, Iliana Ivanova (12 novembre). Il primo ministro britannico Keir Starmer e lo spagnolo Pedro Sánchez, invece, dovrebbero partecipare al vertice dei leader del 12-13 novembre, così come la premier Giorgia Meloni, il cui intervento dovrebbe svolgersi mercoledì 13.

LA DELEGAZIONE ITALIANA. La delegazione italiana sarà guidata dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin e il padiglione del nostro Paese ospiterà decine di eventi organizzati dai ministeri (oltre al Mase ci sarà anche quello degli Esteri), da Ice, enti e istituzioni di ricerca, associazioni di categoria, fondazioni, ong e imprese.

Caldo record

Clima, 2024 è già l’anno più caldo si sempre: sarà superato limite +1,5°

Il 2024 sarà quasi certamente l’anno più caldo mai registrato e il primo in cui la temperatura media globale aumenterà di 1,5°C rispetto al periodo preindustriale. Lo rivela il servizio europeo Copernicus

A due mesi dalla fine “è ormai quasi certo che il 2024 sarà l’anno più caldo mai registrato e il primo con più di 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali”, secondo il database Copernicus ERA5, spiega Samantha Burgess, vicedirettrice del Servizio per il cambiamento climatico (C3S) di Copernicus, secondo il quale è addirittura “probabile” che il riscaldamento abbia superato gli 1,55°C durante l’anno solare. “Questo dato segna una nuova pietra miliare nei record di temperatura globale e dovrebbe servire da stimolo per una maggiore ambizione alla prossima conferenza sui cambiamenti climatici, la COP29”, sottolinea Burgess.

Questa COP, che si aprirà l’11 novembre a Baku, in Azerbaigian, sarà dedicata al delicato compito di trovare un nuovo obiettivo di finanziamento per consentire ai Paesi in via di sviluppo di ridurre le emissioni di gas serra e di adattarsi ai cambiamenti climatici. Si terrà anche all’ombra dell’imminente ritorno alla presidenza degli Stati Uniti di Donald Trump, che in passato ha definito il cambiamento climatico una “bufala”.

Secondo Copernicus, ottobre è stato il secondo mese più caldo al mondo, dopo l’ottobre 2023, con una temperatura media di 15,25 °C. Si tratta di 1,65°C in più rispetto ai livelli preindustriali del 1850-1900, prima che l’uso massiccio di combustibili fossili (carbone, petrolio, gas) provocasse un notevole riscaldamento dell’atmosfera e degli oceani. Si tratta anche del 15° mese – su un periodo di 16 – in cui la temperatura media è aumentata di oltre 1,5°C. Questa cifra simbolica corrisponde al limite più ambizioso dell’Accordo di Parigi del 2015, che mira a mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C e a continuare gli sforzi per limitarlo a 1,5°C. Tuttavia, questo storico accordo si riferisce alle tendenze climatiche a lungo termine: la temperatura media dovrà rimanere al di sopra di 1,5°C per 20-30 anni prima che il limite sia considerato superato.

Secondo gli ultimi calcoli delle Nazioni Unite, tuttavia, il mondo non è affatto sulla buona strada per invertire la rotta: le politiche attuali porterebbero a un riscaldamento “catastrofico” di 3,1°C in questo secolo. E anche con tutte le promesse di fare meglio, la temperatura media globale aumenterebbe di 2,6°C. Gli effetti letali del riscaldamento globale sono stati illustrati di recente dalle inondazioni nel sud della Spagna, che hanno ucciso più di 200 persone, la maggior parte nella regione di Valencia. Copernicus osserva che le precipitazioni sono state superiori alla media nel mese di ottobre non solo nella penisola iberica, ma anche in Francia, Italia settentrionale e Norvegia.

Gli scienziati concordano sul fatto che nella maggior parte del pianeta gli eventi di precipitazione estrema sono diventati più frequenti e più intensi a causa del cambiamento climatico.

emissioni industriali

Clima, Report Ue: “Nel 2023 emissioni -8,3% ma serve continuare il lavoro”

L’azione per il clima dell’Unione europea dà risultati incoraggianti sulle riduzioni di emissioni, ma è necessaria un’azione continua per raggiungere gli obiettivi del 2030, 2040 e 2050 perché il cambiamento climatico, l’anno scorso, ha provocato più eventi catastrofici e perdite di vite umane e mezzi di sussistenza. È quanto emerge dal Report 2024 sui progressi dell’azione climatica pubblicato oggi dalla Commissione europea. Il documento mostra che le emissioni nette di gas serra (Ghg) dell’Unione europea sono diminuite dell’8,3% nel 2023 rispetto all’anno precedente. “Si tratta del calo annuale più grande degli ultimi decenni, ad eccezione del 2020, quando il Covid-19 ha portato a tagli delle emissioni del 9,8%. Le emissioni nette di Ghg sono ora inferiori del 37% rispetto ai livelli del 1990, mentre il Pil è cresciuto del 68% nello stesso periodo, a dimostrazione del continuo disaccoppiamento tra emissioni e crescita economica. L’Ue rimane sulla buona strada per raggiungere il suo impegno di ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030“, scrive l’esecutivo Ue.

Più nel dettaglio, le emissioni degli impianti elettrici e industriali coperti dal sistema di scambio di quote di emissione (Ets) dell’Ue hanno registrato un calo record del 16,5% nel 2023. “Le emissioni del settore Ets sono ora inferiori di circa il 47,6% rispetto ai livelli del 2005 e sono sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo del 2030 del -62%. Con l’Ue Ets, le emissioni derivanti dalla produzione di elettricità e dal riscaldamento sono diminuite del 24% rispetto al 2022, trainate dalla crescita delle fonti energetiche rinnovabili, in particolare l’energia eolica e solare, e dalla transizione dal carbone. Le emissioni dell’aviazione sono aumentate del 9,5%, continuando la tendenza post-Covid. L’Ue Ets ha generato entrate pari a 43,6 miliardi di euro nel 2023 per investimenti in azioni per il clima“, puntualizza. Il report precisa che le emissioni di edifici, agricoltura, trasporti nazionali, piccola industria e rifiuti sono diminuite di circa il 2% nel 2023 e il pozzo di carbonio naturale dell’Ue è aumentato dell’8,5% nel 2023. “L’Ue è all’avanguardia nella transizione pulita, con un altro anno di forti riduzioni delle emissioni di gas serra nel 2023. L’Ue rappresenta ora il 6% delle emissioni globali“, ha commentato il commissario Ue per l’Azione climatica, Wopke Hoekstra.

Tuttavia, Bruxelles evidenzia che “sono necessari ulteriori sforzi per raggiungere gli obiettivi del 2030” perché , sebbene il rapporto fornisca notizie incoraggianti sulle riduzioni delle emissioni dell’Ue, “l’anno scorso ha visto anche più eventi catastrofici e perdite di vite umane e mezzi di sussistenza, causati dal nostro clima già in cambiamento, e le emissioni globali non hanno ancora raggiunto il picco. È necessaria un’azione continua per garantire che l’Ue raggiunga i suoi obiettivi per il 2030 e si metta sulla strada giusta per raggiungere il suo futuro obiettivo per il 2040 e l’obiettivo del 2050 di emissioni nette zero“.

Per la Commissione, infine, l’Ue deve anche continuare il suo impegno internazionale, a partire dalla Cop29. “Con l’imminente partenza per la Cop29, dimostriamo ancora una volta ai nostri partner internazionali che è possibile intraprendere azioni per il clima e allo stesso tempo investire nella crescita della nostra economia. Purtroppo, il rapporto dimostra anche che il nostro lavoro deve continuare, sia in patria che all’estero, perché stiamo vedendo i danni che il cambiamento climatico sta causando ai nostri cittadini“, ha evidenziato ancora Hoekstra.

Le COP che non ti aspetti: i Paesi ospitanti aumenteranno produzione fossili del 32%

Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno organizzato la COP28 l’anno scorso, l’Azerbaigian, che ospiterà la COP29 a partire dall’11 novembre, e il Brasile, futuro ospite della COP30 l’anno prossimo, stanno pianificando di aumentare la loro produzione di combustibili fossili del 32% entro il 2035. Lo rivela un rapporto pubblicato dall’Ong Oil Change International.

Questi tre Paesi hanno annunciato a febbraio, pochi mesi dopo l’accordo della COP28 a favore di una graduale eliminazione dei combustibili fossili al fine di limitare le emissioni di gas serra responsabili del riscaldamento globale, di voler formare una “troika di presidenze della COP” con l’obiettivo di “migliorare la cooperazione e la continuità” nei negoziati globali sul clima al fine di limitare il riscaldamento a 1,5 gradi.

Mentre i Paesi del Nord, come gli Stati Uniti, rimangono i maggiori produttori di petrolio e gas e hanno la responsabilità e i mezzi per guidare la graduale eliminazione dei combustibili fossili, i Paesi della troika hanno il particolare dovere di dare l’esempio”, afferma Oil Change International in un comunicato stampa.

Questi tre Paesi si sono impegnati a includere riduzioni delle emissioni compatibili con il limite di 1,5 gradi nelle loro prossime Nationally Determined Contributions (NDC) per il 2035 e hanno esortato gli altri Paesi a fare lo stesso entro febbraio 2025. Tuttavia, secondo Oil Change International, il Brasile prevede di aumentare la propria produzione di petrolio e gas del 36% entro il 2035 rispetto al 2023, gli Emirati Arabi Uniti del 34% e l’Azerbaigian del 14%.

L’Agenzia Internazionale dell’Energia (Aie) stima che la produzione globale di combustibili fossili dovrà diminuire di quasi il 55% da qui al 2035 se vogliamo rimanere entro il limite di 1,5 gradi per il riscaldamento globale, considerato l’obiettivo più sicuro nell’ambito dell’Accordo di Parigi. Proseguendo con i loro piani di sfruttamento dei combustibili fossili, quindi, “la troika rischia di compromettere l’obiettivo di cui dovrebbe essere custode e di dare un pessimo esempio agli altri Paesi”, sottolinea Shady Khalil, uno dei responsabili di Oil Change International.

L’Ong attacca anche i Paesi del nord. Secondo uno studio precedente, Stati Uniti, Canada, Australia, Norvegia e Regno Unito potrebbero essere responsabili di circa il 50% dell’inquinamento da carbonio prodotto dai nuovi giacimenti di petrolio e gas e dai pozzi di fratturazione idraulica entro il 2050. “Senza un’azione immediata da parte di questi ricchi produttori di petrolio e gas, l’obiettivo di raggiungere una giusta ed equa eliminazione globale dei combustibili fossili sarà bloccato”, conclude l’associazione, chiedendo “la fine dell’espansione dei combustibili fossili ovunque, anche nei Paesi” della troika.

emissioni gas serra

Il Wmo avverte: “Concentrazioni record di gas serra nell’atmosfera nel 2023”

Le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera hanno raggiunto nuovi record nel 2023, il che porterà inevitabilmente a un aumento della temperatura nei prossimi anni, ha avvertito lunedì l’Onu.
I livelli dei tre principali gas serra – anidride carbonica (CO2), metano (CH4) e protossido di azoto (N2O), che contribuiscono al riscaldamento globale – sono tutti aumentati nuovamente lo scorso anno, secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) In particolare, l’agenzia meteorologica e climatica delle Nazioni Unite ha rilevato che la CO2 si sta accumulando più velocemente che mai nell’atmosfera, aumentando di oltre il 10% in due decenni. “Un altro anno. Un altro record. Questo dovrebbe far suonare un campanello d’allarme tra i responsabili delle decisioni. Siamo in netto ritardo rispetto all’obiettivo fissato nell’Accordo sul clima di Parigi del 2015”, ha dichiarato Celeste Saulo, segretaria generale del Wmo. In quell’occasione, i Paesi hanno concordato di limitare il riscaldamento globale a meno di 2°C rispetto ai livelli preindustriali, e addirittura a 1,5°C se possibile.

Il rapporto annuale del Wmo sui gas serra viene pubblicato in vista del COP29, il prossimo vertice delle Nazioni Unite sul clima che si terrà dall’11 al 22 novembre a Baku, in Azerbaigian.
Finché le emissioni continueranno, i gas serra continueranno ad accumularsi nell’atmosfera, aumentando le temperature, deplora il Wmo. Già nel 2023 le temperature globali sulla terraferma e in mare sono state “le più alte registrate dal 1850”, sottolinea il Wmo. E data la durata di vita della CO2 nell’atmosfera, gli attuali livelli di temperatura persisteranno per decenni, anche se le emissioni scenderanno rapidamente a zero. Nel 2023, le concentrazioni di CO2 raggiungeranno 420 parti per milione (ppm), il metano 1.934 parti per miliardo (ppb) e il protossido di azoto 336 ppb. Ciò rappresenta rispettivamente il 151%, il 265% e il 125% dei livelli del 1750 (+1 punto in un anno per i tre gas).

Queste non sono solo statistiche. Ogni parte per milione e ogni frazione di grado di aumento della temperatura ha un impatto reale sulle nostre vite e sul nostro pianeta”, ha dichiarato Saulo, citata in un comunicato stampa. Per quanto riguarda la CO2, responsabile di circa il 64% del riscaldamento globale, l’aumento di 2,3 ppm osservato nel 2023 è il 12° aumento annuale consecutivo superiore a 2 ppm, dovuto alle “emissioni di CO2 da combustibili fossili storicamente elevate negli anni 2010 e 2020”, secondo il rapporto. “La CO2 si sta accumulando nell’atmosfera più velocemente che in qualsiasi altro momento della storia umana”, avverte il Wmo. La Terra ha sperimentato una concentrazione così elevata di CO2 da 3 a 5 milioni di anni fa, quando le temperature erano da 2 a 3°C più alte e il livello del mare da 10 a 20 metri più alto di oggi, sottolinea il rapporto. Poco meno della metà delle emissioni di CO2 rimane nell’atmosfera, mentre il resto viene assorbito dagli ecosistemi oceanici e terrestri. Ma oggi “ci troviamo di fronte a un potenziale circolo vizioso”, avverte Ko Barret, vice segretario generale del Wmo. Il cambiamento climatico stesso potrebbe presto “far sì che gli ecosistemi diventino emettitori più significativi di gas serra”, afferma. Gli incendi boschivi potrebbero rilasciare più emissioni di carbonio nell’atmosfera, mentre gli oceani più caldi potrebbero assorbire meno CO2. Di conseguenza, una maggiore quantità di CO2 potrebbe rimanere nell’atmosfera e accelerare il riscaldamento globale, avverte l’autrice.

Maltempo fino al weekend, poi arriva l’Estate di San Martino in anticipo

In arrivo la tanto attesa svolta, da domenica tornerà il bel tempo quasi ovunque. Andrea Garbinato, responsabile redazione del sito www.iLMeteo.it, conferma un deciso miglioramento meteo già sabato al Sud e su parte del Centro, poi da domenica su quasi tutta l’Italia. La prossima settimana sarà in prevalenza soleggiata seppur con l’insidia di nubi basse, foschie e locali nebbie in pianura.

Nelle prossime ore, intanto, avremo diffuso maltempo con piogge sparse su tutto il Centro e al Nord-Est prima e al Nord-Ovest poi; attenzione a fenomeni persistenti su Toscana, Umbria e Lazio, ma anche a qualche rovescio intenso verso le regioni adriatiche. In sintesi, un deciso miglioramento interesserà ancora solo il Sud.

Le temperature, a quasi 2 mesi dal Natale, risultano ancora anomale ed elevate per il periodo: ancora notti tropicali con 21°C a Cagliari, Messina, Palermo e Reggio Calabria, 19°C anche al Centro Italia tra Ancona, Rimini ed Ascoli Piceno. Firenze e Roma con 18°C risultano circa 7-8°C oltre la media all’alba, così come molte altre città, non solo del Centro-Sud ma anche del Nord (Genova, Forlì, La Spezia con 18°C). E dopo le ‘notti tropicali’, anche di giorno le massime vanno ‘fuori stagione’: su tutto il Sud sono previsti valori sui 25-26°C, con picchi in Sicilia di 28°C, al 24 di ottobre. A 2 mesi esatti dal Natale, venerdì 25 ottobre, sembrerà di essere ancora in Estate, soprattutto per le temperature minime: a Bolzano sono previsti addirittura 18°C durante la notte.

Oltre al caldo anomalo dobbiamo, però, sottolineare il maltempo che colpirà ancora soprattutto il Nord-Ovest e le regioni centrali tirreniche: venerdì sono attese piogge moderate, non particolarmente abbondanti, ma i terreni sono saturi e i fiumi in piena.

Nel weekend assisteremo a due situazioni meteorologiche importanti e contrapposte: persisterà il rischio alluvioni al Nord-Ovest a causa di un altro carico di pioggia atteso sia sabato sia sabato, anche in Sardegna e localmente sul Triveneto (al Centro-Sud comunque il tempo sarà perlopiù soleggiato).

Aspettiamo dunque domenica 27 ottobre che, con il ritorno all’ora solare, ci regalerà tramonti anticipati di un’ora ma ricchi di raggi solari soltanto al Centro-Sud, pioverà ancora al Nord, specie a ovest. Buone notizie invece per la prossima settimana, giorni di Halloween e Ognissanti compresi; il bel tempo infatti dovrebbe dominare su tutta l’Italia a partire da martedì con la rimonta di un campo di alta pressione. Arriva l’Estate di San Martino in anticipo.

Alta pressione in autunno-inverno significa, però, anche la possibilità di persistenza di nubi basse, foschie e nebbie in pianura e nelle valli: il sole sarà prevalente lungo le coste, in montagna e al Sud, non ci dovremo sorprendere altrove di giornate a tratti grigie e meno calde.

Torna a Modena FestiValori: il primo festival italiano dedicato alla finanza etica

Un primo piano sul mondo della finanza etica e sulla sua influenza nella società. Si rinnova l’appuntamento con FestiValori, il primo festival italiano dedicato alla finanza etica, che ritorna a Modena dal 17 al 20 ottobre. Organizzato da Valori.it e Fondazione Finanza Etica, la manifestazione giunge quest’anno alla sua terza edizione. ‘Il festival della finanza etica per leggere la quotidianità’ è il titolo che fa da filo conduttore agli incontri di questa edizione, accompagnato dal claim ‘Dipende da come usi i tuoi soldi’, un monito per ricordare che la finanza riguarda tutti, perché è proprio la finanza a occuparsi di noi. Quattro giorni di dibattiti e tavole rotonde, workshop e momenti formativi, corsi e pranzi sostenibili, dedicati alla finanza etica declinata nei diversi ambiti, dalla politica all’economia di pace, dal sociale alla sostenibilità. Gli incontri sono rivolti a un pubblico generalista, per far emergere i collegamenti esistenti con questioni quotidiane e del nostro tempo, ma ci saranno anche appuntamenti rivolti a specialisti e addetti ai lavori. Spazio poi a workshop e momenti formativi per le scuole, pensati per introdurre pubblici diversi ai concetti fondamentali della finanza. Rinnovato l’appuntamento con il contest musicale ‘Eticanto. Canzoni di questo mondo’, iniziativa – promossa da Fondazione Finanza Etica, Valori.it, GIT (Gruppo di Iniziativa Territoriale) dei soci di Banca Popolare Etica di Modena e provincia e dal Circolo ARCI Vibra – che premierà la più bella canzone su temi etici e di sostenibilità. Continua anche quest’anno Valori in tavola, il progetto, sviluppato dal Circolo della ciambella e da Slow food Modena, per stimolare i ristoranti modenesi a inserire nei loro menù piatti sostenibili.

La finanza è troppo spesso vista come qualcosa di distante dalla nostra vita, dal nostro quotidiano. Eppure, ci riguarda tutte e tutti – spiega la direttrice di FestiValori, Claudia Vagoperché opera ‘con i nostri soldi’: i nostri depositi in banca, i nostri risparmi investiti, il denaro delle nostre polizze assicurative“. E prosegue: “FestiValori vuole rendere visibile il collegamento diretto che c’è tra i nostri soldi e la finanza. Vuole rendere concreta la sua influenza sulle nostre esistenze. Svelare ogni piccolo atto finanziario del nostro quotidiano, affinché ‘finanza’ smetta di essere qualcosa che spaventa e cominci a essere qualcosa di cui ciascuno di noi si occupa ogni giorno“.

Protagonista assoluta di FestiValori è la finanza etica. Si parte con una lezione sulla finanza etica in Europa con Oltre il profitto: le banche etiche e il futuro della finanza in Europa con Andrea Baranes, ricercatore di Fondazione Finanza Etica e Costanza Torricelli, professoressa ordinaria di Metodi matematici dell’economia e delle scienze attuariali e finanziarie presso il dipartimento di economia Marco Biagi dell’Università di Modena e Reggio Emilia. In Padroni a casa vostra, lo storico e docente dell’Università di Pisa Alessandro Volpi dialogherà con il direttore di Valori.it, Andrea Barolini, per affrontare il tema dell’influenza della finanza. La connessione tra finanza e intelligenza artificiale sarà oggetto di dibattito nel panel Medioevo digitale: chi controlla l’intelligenza artificiale in un dialogo corale di esperti tra cui Claudia Biancotti, economista presso Banca d’Italia, Dario Guarascio, ricercatore e responsabile della struttura ‘Strumenti e metodologie per le competenze e le transizioni’ presso l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche, Juan Carlos De Martin, informatico e professore ordinario presso il dipartimento di Automatica e Informatica del Politecnico di Torino e Riccardo Staglianò, scrittore e giornalista, corrispondente per La Repubblica che in occasione del festival presenterà il suo ultimo libro Hanno vinto i ricchi (Einaudi, 2024). In un mix di spettacolo e laboratorio, Nudismo finanziario sarà un workshop che vedrà protagonista Espérance Hakuzwimana Ripanti, scrittrice ruandese e attivista culturale in prima linea nella lotta al razzismo. I partecipanti saranno accompagnati da Giorgia Nardelli, giornalista esperta di diritti dei consumatori e finanza personale e da Teresa Masciopinto, presidente di Fondazione Finanza Etica, a compiere piccoli esercizi di consapevolezza finanziaria.

Per indagare il ruolo della finanza etica nella società non si può prescindere dal parlare di economia di guerra. Un tema caldo che sarà ripreso in più occasioni nel corso delle quattro giornate del festival. Con Cryptovalute e politica: da Milei a Trump, passando per El Salvador, insieme a Giovanni Paglia, deputato alla Camera, esploreremo come le criptovalute stiano influenzando le strategie politiche globali. Sarà ospite del festival Cecilia Strada, filantropa, attivista e parlamentare europea, ex presidente dell’ONG Emergency, che parteciperà all’incontro Effetto guerra sui temi della pace, delle diseguaglianze e dell’ambiente. I venti di guerra in Medio Oriente, con un focus sulla Palestina, nel panel Palestina: la finanza rasa al suolo, durante il quale si esamineranno le sfide affrontate dal sistema finanziario palestinese nell’ottica di una ripresa economica che sembra essere impossibile.

Spazio anche a momenti di confronto e di scambio sui temi che riguardano l’ambiente e stili di vita più sostenibili. Come nel panel La ricerca della sostenibilità, un’anticipazione dell’indagine ACLI su famiglie, stili di vita e sostenibilità. Il clima sarà il tema caldo al centro dell’intervista al meteorologo Luca Lombroso, nell’incontro L’arca di Noè, con Andrea Barolini. E di clima si parlerà anche nel panel Agricoltura e clima: è la stessa crisi, a cui interverranno fra gli altri Maurizio Martina, vice direttore generale della FAO e Barbara Nappini, presidente Slow Food per discutere del tema quanto mai attuale del cambiamento climatico e dell’impatto che ha e che avrà sull’agricoltura e i suoi operatori. Di sostenibilità delle filiere alimentari si parlerà anche durante il pranzo con dibattito presso il ristorante Roots, insieme a Mauro Lusetti, presidente di Conad, e Mario Cifiello, presidente di Coop Alleanza 3.0.

Anche il settore del non profit non è estraneo all’influenza del mercato e delle complesse dinamiche che possono influire sul loro operato. Si parlerà proprio di questo nel panel L’assedio del sociale. Il terzo settore tra criminalità, mercato e politica con Antonio Vesco, antropologo, ricercatore all’Università di Catania che si occupa di mafia e Stato, politica e consenso e Gianni Belloni, coordinatore dell’Osservatorio ambiente e legalità di Venezia e nel comitato scientifico del laboratorio di analisi e ricerca sulla criminalità organizzata dell’Università di Torino. Al festival anche un momento di ricognizione sui GAS, gruppi d’acquisto solidali, che quest’anno compiono 30 anni, nel panel Dal produttore al consumatore: percorsi di sostenibilità.

Inizio settimana con l’alta pressione, poi arriva una nuova perturbazione

Avvio di settimana con l’alta pressione, poi però cambia di nuovo tutto a causa dell’arrivo di una perturbazione atlantica che durerà per parecchi giorni, portando nuovamente un carico di maltempo su tante regioni. Antonio Sanò, fondatore del sito www.iLMeteo.it, comunica che dalla giornata odierna e fino a martedì 15 ottobre avremo condizioni di tempo stabile e pure piuttosto mite, con valori oltre i 24-25°C specie al Centro Sud e sulle due Isole Maggiori, grazie alla presenza di un campo di alta pressione di origine africana. Da segnalare soltanto un cielo più coperto al Nord tra oggi e domani, anche con possibili piogge modeste soprattutto sulle regioni più occidentali.

La nostra attenzione si sposta poi alla seconda parte della settimana: da mercoledì 16 quando si materializzerà una nuova svolta atmosferica. La causa va ricercata nella pulsazione di una vasta depressione (ciclone) in discesa dal Nord Atlantico, sospinta da correnti d’aria fredde ed instabili di origine polare, in grado di pilotare delle perturbazioni dapprima verso l’Europa occidentale e poi anche verso l’Italia. E’ lecito attendersi una fase decisamente più dinamica con il ritorno delle precipitazioni a partire dalle regioni del Centro-Nord. Vista la configurazione sinottica attesa a scala continentale si formerà un ciclone sui nostri mari: si tratta in sostanza di un’area di bassa pressione in grado di innescare una pericolosa fase di maltempo specie tra le giornate di giovedì e venerdì e probabilmente anche nel weekend, con piogge, temporali e nubifragi che questa volta potrebbero interessare in misura maggiore le aree tirreniche centro-meridionali e la Sicilia.

Va ricordato inoltre che questo periodo dell’anno risulta spesso piuttosto delicato a causa dei forti contrasti che si vengono a creare tra masse d’aria completamente diverse: gli ultimi caldi da una parte e gli affondi freddi in discesa dal Nord Europa dall’altra.