L’etichettatura sulle bevande alcoliche: Bruxelles in cerca di una soluzione

L’etichetta della discordia. Si è aperta a Bruxelles la partita sull’etichettatura delle bottiglie di vino – ma anche di birra e di tutti gli alcolici commercializzati – e a Bruxelles si cerca una soluzione. Con la decisione dell’Irlanda di mettere in guardia i consumatori sui rischi del consumo di alcol e con il silenzio-assenso da parte della Commissione Europea, tra gli Stati membri è in corso un confronto sugli health warning e sulle modalità più corrette (o efficaci) di fornire informazioni a chi prende in mano una bottiglia di qualsiasi sostanza alcolica.

Tutto è nato con la notifica dell’Irlanda il 21 giugno dello scorso anno alla Commissione Europea e agli altri 26 Paesi membri dell’intenzione di introdurre nuove norme e regolamenti sull’etichettatura delle bevande alcoliche sul suo territorio nazionale. La proposta di Dublino include avvertenze sanitarie obbligatorie (sia visive sia testuali) sulle etichette delle bottiglie, a proposito della pericolosità del consumo di alcol e il suo legame con i tumori mortali. Non abuso, ma consumo. Anche se, per quanto riguarda la prevenzione oncologica, “il livello più sicuro di consumo di alcol non esiste“, come rileva l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e riconosce anche la risoluzione del Parlamento Ue del 16 febbraio 2022 sulla strategia europea anti-cancro. Avvertenze come ‘Il consumo di alcol provoca malattie del fegato’ e ‘Alcol e tumori mortali sono direttamente collegati’ potrebbero essere stampate sulle etichette di bottiglie di vino, birra, liquori o superalcolici, prendendo come ispirazione quelle dei pacchetti di sigarette.

Nel periodo di sei mesi previsto dal Regolamento Ue 1169 del 2011 sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori – in cui la Commissione ha avuto anche la possibilità di consultare il Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali – sono emersi i “pareri circostanziati sfavorevoli” di nove Stati membri, tra cui Francia e Italia. A questo si è aggiunta un’interrogazione scritta al gabinetto von der Leyen da parte dell’eurodeputato francese Brice Hortefeux (Partito Popolare Europeo), in cui è stata denunciata una “chiara violazione dell’integrità del Mercato interno“. La normativa sembrerebbe violare le norme armonizzate sulle bevande alcoliche a livello europeo, in particolare quelle legate all’etichettatura nella revisione del Regolamento Ue 1308 del 2013 sull’organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, avviata nel dicembre 2021 nell’ambito della Politica agricola comune (Pac): “Gli Stati membri dovrebbero adottare misure atte a garantire che i prodotti non etichettati in conformità di tale regolamento non siano immessi sul mercato“.

Il silenzio-assenso dell’esecutivo comunitario è durato fino alla scadenza del periodo di moratoria di sei mesi previsto dalla normativa e dal 22 dicembre l’Irlanda è autorizzata da Bruxelles ad apporre etichette con health warning sulle bottiglie di alcolici. Il via libera non è ancora definitivo, perché Dublino dovrà essere autorizzata anche dall’Organizzazione mondiale del commercio (Oms) per commercializzare a livello internazionale le nuove bottiglie. Dopo le polemiche scoppiate in particolare in Italia a gennaio, un gruppo di Stati membri capeggiato da Roma sta cercando di spingere l’Irlanda a fare un passo indietro e trovare una soluzione di compromesso, che possa essere accettabile anche dai Paesi tradizionalmente esportatori di vino. Con l’appoggio di Spagna e Francia – e con l’interlocuzione di Portogallo e Grecia – l’Italia pensa a ‘un’etichetta salutista’ più simile a un bugiardino per i medicinali, con i pro e i contro dell’assunzione di alcol.

Carne sintetica, dalla produzione ai vantaggi nel consumo

Creare la carne in vitro non è più fantascienza; non solo è possibile, ma è proprio in quella direzione che il mercato alimentare si sta già muovendo. Dopo gli Stati Uniti, dove la carne sintetica ha avuto il via libera dalla Food and Drug Administration (Fda), l’ente del governo statunitense che regola i prodotti alimentari e i farmaci, anche la Commissione europea ha parlato a un possibile ok al cibo prodotto in laboratorio, a patto che rispetti gli standard nutrizionali.

La carne sintetica, detta anche coltivata, artificiale o ‘clean meat’ in inglese è il risultato di un processo di coltivazione cellulare operata in laboratorio su cellule animali staminali, ovvero cellule che possono generare una grande varietà di tessuti animali se opportunamente “condizionate”. È carne a tutti gli effetti ma non prevede l’allevamento di un intero animale e nemmeno di un processo di macellazione quindi risulta essere ‘cruelty free’, cioè ottenuta senza sofferenza animale.

Come si produce. A differenza della carne ‘classica’ che ha bisogno della mucca o del maiale, nella produzione di carne sintetica si ricreano in laboratorio esclusivamente le cellule e di conseguenza i tessuti di nostro interesse. Grazie ai recenti progressi della scienza si è in grado, tramite tecniche di ingegneria cellulare, di indirizzare le cellule verso lo sviluppo di una specifica tipologia generando artificialmente cellule muscolari, nervi e tessuti connettivi. In questa maniera da una singola cellula si possono creare milioni e milioni di cellule che andranno a comporre un vero e proprio muscolo, successivamente trasformato in carne. Le cellule vengono inizialmente isolate da un animale e sviluppate all’interno di linee cellulari che vengono poi congelate. Piccoli campioni di queste linee possono poi essere trasferiti nei bioreattori – in genere di grandi vasche d’acciaio – dove le cellule vengono alimentate con dei terreni di coltura che contengono i nutrienti di cui hanno bisogno per dividersi. Una volta che sono cresciute e si sono differenziate formando il tipo di tessuto corretto, le cellule possono essere raccolte e utilizzate in prodotti a base di carne sintetica. Coltivare le cellule con questo processo, tuttavia, è ancora estremamente costoso. Produrre della carne in laboratorio (almeno inizialmente) è molto più dispendioso che produrre carne in maniera tradizionale, considerando che si sono anche costi indiretti di gestione da includere. Prevedere i costi è particolarmente difficilmente perché i protocolli non sono ancora del tutto standardizzati e non è facile predire come la produzione massiva (detta anche scale up industriale) possa incidere sui costi fissi e variabili.

Carne vegetale. La carne sintetica non ha nulla di vegetale e, per questo motivo, non va confuso con la carne vegetale. Quest’ultima infatti, chiamata anche ‘fake meat’ (carne falsa), è un alimento composto da soli ingredienti vegetali. La sua composizione ha però l’obiettivo di replicare, nel modo più fedele possibile, il gusto, l’aspetto e le proprietà nutritive della carne originale. Tale prodotto quindi, a differenza della carne sintetica, può essere usato all’interno di una alimentazione vegetariana o vegana. Le principali tipologie di carne vegetale oggi presenti in commercio sono il seitan ed il muscolo di grano.

Sostenibilità ambientale. Il consumo mondiale di carne è previsto aumentare del 40-70% entro il 2050 ed è quindi necessario ridurre gli effetti nocivi della sua produzione. La carne ha un altissimo impatto ambientale nonché contribuisce al riscaldamento globale, alla deforestazione, al consumo di suolo, acqua ed energia. Circa un terzo delle emissioni di gas serra a livello globale è riconducibile all’industria alimentare, il 18% solo a gli allevamenti. Queste stime sono destinate ad aumentare in futuro per rispondere alla sempre più crescente domanda di cibo. La scelta di produrre carne in laboratorio può restare un’opzione valida per quattro principali ragioni: come tutte le tecnologie, inizialmente dispendiose, se vengono avviate ad uno scale up industriale i costi si abbassano. La regola è molto semplice: più Paesi e aziende iniziano a produrre una determinata cosa e più i costi per la singola unità nel tempo si abbassano. Le ricadute ambientali sarebbero positive, andando a ridurre alla lunga le spese per le politiche di lotta al cambiamento climatico. La produzione di carne in laboratorio potrebbe portare con sé interessanti prospettive di sviluppo in campo biomedico, rendendo queste tecnologie maggiormente abbordabili anche in altri settori. Infine un ulteriore vantaggio sarebbe la sicurezza alimentare che un prodotto ottenuto in condizioni standard e strettamente controllate porterebbe con sé. L’assenza di contaminanti biologici, chimici e fisici sarebbe possibile con dei limiti molto più rigidi e ben oltre gli attuali risultati ottenibili nel mercato, vista la purezza delle condizioni di produzione necessarie all’ottenimento del prodotto.

Larve insetti farina

‘Novel food’: da oggi via libera vendita larve farina minore in Ue

Prosegue la liberalizzazione da parte dell’Ue alla vendita di prodotti derivati da insetti: dopo il via libera martedì alla vendita di farina di grillo domestico (Acheta domesticus), parzialmente sgrassata, in tutti gli Stati dell’Unione Europea, oggi giovedì 26 gennaio entrerà in vigore il regolamento che autorizza la commercializzazione delle larve di Alphitobius diaperinus (verme della farina minore) congelate, in pasta, essiccate e in polvere. Sono i cosiddetti ‘novel food‘ che Bruxelles vede come una risposta all’aumento del costo delle proteine animali, del loro impatto ambientale, dell’insicurezza alimentare, della crescita della popolazione e della corrispondente, crescente domanda di proteine tra le classi medie. Inoltre, l’allevamento di insetti potrebbe contribuire anche a ridurre le emissioni di gas serra e lo spreco alimentare. Lo studio delle proteine derivate da insetti é considerato una delle aree più importanti del programma Orizzonte Europa che sostiene finanziariamente la ricerca nei Paesi Ue.

L’elenco degli insetti che potrebbero finire sulle nostre tavole sembra essere destinato ad allungarsi: ci sono ben altre otto domande in lista d’attesa. In tutti i casi elencati, le norme Ue includono requisiti specifici di etichettatura per quanto riguarda l’allergenicità poiché le proteine da insetti possono causare reazioni soprattutto nei soggetti già allergici a crostacei, acari della polvere e, in alcuni casi, ai molluschi.

Per quanto riguarda i grilli, la Commissione aveva chiesto, già l’8 luglio 2020, all’Autorità europea per la sicurezza alimentare di effettuare una valutazione in merito. Il 23 marzo 2022 l’Efsa ha adottato un parere scientifico sulla sicurezza della polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus intero quale nuovo alimento. Il provvedimento è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale comunitaria. Da martedì quindi l’utilizzo di questa polvere è consentito in vari alimenti, tra cui pane, cracker, grissini, barrette ai cereali, nei biscotti, nei prodotti secchi a base di pasta farcita e non farcita, nelle salse, nei piatti a base di leguminose e di verdure, nella pizza, nei prodotti a base di pasta, nel siero di latte in polvere, nei prodotti sostitutivi della carne, nelle minestre o anche nelle bevande tipo birra, nei prodotti a base di cioccolato, negli snack diversi dalle patatine e nei preparati a base di carne, destinati alla popolazione in generale.

Ciononostante, la posizione dell’Italia continua a essere contraria. “Per anni in Europa si è affermata la tutela dei prodotti agricoli ed enogastronomici di qualità, di cui l’Italia è leader. Prodotti legati ai territori dei diversi paesi. Adesso invece si punta sugli insetti che, seppur consumati in altri paesi del mondo, sono quanto di più lontano dalle nostre tradizioni e dalla nostra cultura alimentare. Insetti, cibo sintetico prodotto in bioreattori, attacchi ormai quotidiani contro il vino. Le tesi secondo cui questi prodotti alternativi sarebbero migliori per la salute e per l’ambiente non trovano fondamenti scientifici, ma diventano solo un pretesto per attaccare tutto il nostro sistema agroalimentare di qualità con il rischio di pesanti danni economici per le nostre filiere“, spiega il sottosegretario all’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste, Luigi D’Eramo, definendo ‘folli’ le politiche europee. Lo stesso ministro Francesco Lollobrigida aveva ribadito l’impegno del governo contro il diffondersi del cibo sintetico, in cui vede un rischio anche ‘sociale’. “Credo che i ricchi continueranno a mangiare bene (prodotti di qualità). Per chi non è abbiente, invece, si produrrà un sistema più simile a quello che c’è negli Stati Uniti con il cibo spazzatura accessibile a tutti. Il rischio è la standardizzazione del prodotto“, commenta.

 

commissione ue

Energia, in vigore norme Ue per per proteggere le infrastrutture critiche

Due direttive per proteggere le infrastrutture critiche e digitali dell’Unione europea da futuri attacchi ibridi. In attesa del confronto tra i Paesi membri Ue sulla proposta di raccomandazione della Commissione per la resilienza di gasdotti e cavi marini, sono entrati in vigore sul territorio comunitario i pezzi cruciali della legislazione comunitaria per armonizzare la prevenzione e la risposta in particolare alle “minacce informatiche, criminalità, rischi per la salute pubblica e catastrofi naturali“.

Le recenti minacce alle infrastrutture critiche dell’Ue hanno tentato di minare la nostra sicurezza collettiva“, ha sottolineato la Commissione europea, facendo riferimento al sabotaggio di fine settembre dello scorso anno dei due gasdotti Nord Stream nel Mar Baltico. A questo si aggiungono i “nuovi rischi derivanti dall’aggressione della Russia all’Ucraina” sulle infrastrutture energetiche e di sicurezza dei Ventisette, per cui Ue e Nato hanno deciso di istituire una task force congiunta e il gabinetto von der Leyen ha presentato cinque linee-guida per la loro protezione: stress test, aumento della capacità di risposta attraverso il Meccanismo di protezione civile dell’Ue, identificazione satellitare delle minacce, rafforzamento della cooperazione internazionale e implementazione della legislazione comunitaria. Proprio come dimostra l’entrata in vigore della direttiva Nis2 e della direttiva Cer, che dovranno essere recepite nel diritto nazionale dei Paesi membri entro 21 mesi.

La direttiva aggiornata Nis 2 (Network Information Systems) garantirà l’ampliamento dei settori e delle tipologie di entità critiche che rientrano nel campo di applicazione: energia, trasporti, salute e infrastrutture digitali, compresi fornitori di reti e servizi pubblici di comunicazione elettronica, servizi dei centri dati, gestione delle acque reflue e dei rifiuti, enti della pubblica amministrazione e settore sanitario. Lo scopo è definire le regole minime per un quadro normativo e stabilire i meccanismi per la cooperazione tra le autorità competenti in ogni Stato membro. Saranno rafforzati i requisiti di gestione del rischio che le aziende sono tenute a rispettare e saranno snelliti gli obblighi di segnalazione degli incidenti con disposizioni più precise sul contenuto e tempistica. Grazie alla direttiva Nis2 sarà anche istituita formalmente la rete dell’Organizzazione europea di collegamento per le crisi informatiche (Eu-CyCLONe), che sosterrà la gestione coordinata di incidenti e crisi di cybersicurezza su larga scala.

La direttiva sulla resilienza dei soggetti critici (Cer) sostituisce invece quella del 2008, per rafforzare la resilienza delle infrastrutture critiche da rischi naturali, attacchi terroristici, minacce interne e sabotaggio. Saranno coperti in totale 11 settori, dall’energia ai trasporti, dalla sanità all’acqua potabile e le acque reflue, fino a infrastrutture digitali, spazio e settore alimentare. Gli Stati membri dell’Unione dovranno adottare una strategia nazionale ed effettuare valutazioni periodiche almeno ogni quattro anni, per identificare le entità considerate critiche o vitali per la società e l’economia. A loro volta i soggetti critici dovranno identificare i rischi rilevanti che possono interrompere in modo “significativo” la fornitura di servizi essenziali, adottare misure appropriate per la sicurezza e notificare alle autorità nazionali gli incidenti che causano interruzioni. A questo si aggiunge l’identificazione degli enti “di particolare rilevanza europea“, ovvero quelli che forniscono un servizio essenziale a sei o più Stati membri: in questo caso la Commissione Ue può proporre – con l’accordo delle capitali interessate – di valutare le misure messe in atto per soddisfare gli obblighi previsti dalla direttiva Cer.

Simson: “Se ci saranno più rischi che benefici, Ue pronta a sospendere ex ante il price cap”

A distanza di quasi un mese dall’accordo difficile sul tetto al prezzo del gas, l’Unione europea guarda alle priorità energetiche dei prossimi mesi e si prepara a un’ampia riforma del mercato elettrico per disaccoppiare i prezzi del gas e dell’elettricità. Una riforma necessaria, ne è convinta la commissaria europea all’energia, Kadri Simson (nella foto), che in un’intervista a GEA assicura che la Commissione Ue “sta lavorando a pieno ritmo per presentare le proposte entro la fine di marzo” e presto avvierà una consultazione pubblica per avviarne le discussioni.

Gli Stati membri hanno faticato a trovare un accordo per introdurre un tetto massimo del prezzo del gas dopo mesi di discussioni. Secondo lei, l’accordo raggiunto lo scorso 19 dicembre dai ministri dell’energia è stato il miglior compromesso possibile?

“L’accordo che abbiamo raggiunto è un passo coraggioso per rispondere con unità alla crisi energetica e in cui tutti hanno dovuto scendere a compromessi. L’importante è che ora disponiamo di uno strumento per prevenire episodi di prezzi del gas eccessivi in ​​Europa che non riflettono i prezzi del mercato mondiale. I prezzi del gas elevati ed estremamente volatili sono dannosi per la nostra economia, per le nostre persone e le nostre imprese. Non potevamo semplicemente stare a guardare e aspettare. Ora abbiamo un altro importante strumento nella nostra cassetta degli attrezzi per proteggere i nostri cittadini e le nostre imprese dai picchi dei prezzi dell’energia”.

Quali saranno i vantaggi, in concreto?

“Con un tale meccanismo in atto, l’Europa sarà meglio preparata per la prossima stagione invernale e per un nuovo ciclo di riempimento dei depositi, che sarà più impegnativo di quanto non sia stato quest’anno. Penso che il modo in cui il mercato ha reagito alla nostra decisione sia un buon indicatore del fatto che abbiamo imboccato la strada giusta e che è positivo semplicemente prendere una decisione. Come tutte le misure adottate nel 2022, stiamo offrendo stabilità e certezza al mercato, e questo di per sé aiuta a ridurre al minimo la volatilità. I prezzi potrebbero risalire una volta che i nostri livelli di stoccaggio scenderanno e se il clima invernale si farà più rigido, ma credo che l’accordo raggiunto fosse necessario per evitare il ripetersi di episodi di prezzi eccessivi”.

La misura non è ancora in vigore ma è già stata criticata non solo dalla Russia ma anche da altri fornitori di gas dell’Ue, come l’Algeria. La Commissione è in contatto con i partner per fornire rassicurazioni?

“Durante l’intero processo di accordo su un meccanismo di correzione del mercato, siamo stati trasparenti con i nostri partner e ovviamente siamo stati in contatto con loro. Il meccanismo è concepito in modo da mantenere l’attrattiva dell’Europa come mercato per i fornitori. È fondamentale continuare a collaborare con partner affidabili per diversificare le nostre forniture”.

Il primo rapporto preliminare di Esma e Acer sul meccanismo di correzione del mercato è atteso entro gennaio 2023. Lei ha detto che se i rischi del meccanismo supereranno i benefici, la Commissione è pronta a sospenderne ex ante l’attivazione. Questo significa che il tetto al prezzo del gas potrebbe non essere mai implementato?

“La Commissione è sempre stata molto chiara sul fatto che questo meccanismo porta benefici ma non è privo di rischi. Per questo prevede presidi specifici per attrarre l’approvvigionamento di GNL, assicurare liquidità sui mercati finanziari ed evitare aumenti dei consumi di gas. Prima dell’entrata in vigore del meccanismo il 15 febbraio, ACER ed ESMA presenteranno un rapporto, per informare sui possibili effetti negativi. Ascolteremo gli esperti, compresa anche la Banca centrale europea. Nel caso in cui le condizioni per l’attivazione siano soddisfatte, ma i rischi superino i benefici, la Commissione è pronta a sospendere ex ante l’attivazione del meccanismo”.

Il 2023 sarà un anno importante sul fronte energetico, a breve è attesa la prima consultazione sulla riforma del mercato elettrico. Cosa dovremmo aspettarci da questa riforma, oltre al disaccoppiamento dei prezzi dell’elettricità e del gas?

“L’attuale struttura del mercato dell’energia elettrica ha prodotto un mercato efficiente e ben integrato, consentendo all’Europa di raccogliere i vantaggi economici di un mercato unico dell’energia, garantendo la sicurezza dell’approvvigionamento e sostenendo il processo di decarbonizzazione, in tempi normali. Tuttavia, durante la crisi energetica, abbiamo anche assistito alla vulnerabilità dell’attuale struttura del mercato dell’elettricità dell’UE”.

Quali sono le criticità e quando arriverà la proposta?

“Dipendiamo troppo dal gas, anche nella produzione di energia. Pertanto, nonostante la crescente quota di energie rinnovabili nel mix energetico, i consumatori non vedono ancora, in misura sufficiente, i vantaggi in termini di costi della transizione energetica. L’attuale struttura del mercato ha garantito la sicurezza dell’approvvigionamento, anche durante la crisi. Ma dobbiamo fornire prezzi prevedibili per i consumatori sulla base di tecnologie pulite e convenienti, e allo stesso tempo certezza degli investimenti e ricavi sostenibili e prevedibili per le imprese. Stiamo lavorando a pieno ritmo per presentare le nostre proposte entro la fine di marzo e presto avvieremo una consultazione pubblica per consentire a tutte le parti interessate di esprimere le proprie opinioni. Dobbiamo rendere il nostro mercato dell’elettricità pienamente adatto a un sistema energetico decarbonizzato e facilitare l’adozione di energia rinnovabile. L’obiettivo principale della riforma sarà quello di mettere a disposizione di tutti i vantaggi di una produzione di energia pulita ed economica”.

Sulla riforma del mercato elettrico le posizioni degli Stati membri sono distanti quanto lo erano sul price cap. Vede il rischio di ripetere lunghe trattative anche sul disaccoppiamento tra prezzi gas ed energia elettrica?

“Stiamo lavorando duramente a una proposta volta a offrire i vantaggi della transizione verso l’energia pulita ai consumatori di tutti gli Stati membri dell’Ue. Il 2022 ha chiaramente dimostrato che la cooperazione ti porta oltre il fare le cose da soli o, peggio ancora, l’uno contro l’altro. Ho visto una notevole disponibilità al compromesso attorno al tavolo dei ministri dell’energia dell’Ue, non solo sul meccanismo di correzione del mercato, ma su tutti gli strumenti che abbiamo introdotto quest’anno per affrontare questa crisi energetica senza precedenti. Perché i ministri capiscono il motivo per cui lo stiamo facendo e quali sono le conseguenze geopolitiche. Mi aspetto che una riforma cruciale per il nostro futuro energetico, come la revisione del disegno del mercato elettrico, sarà gestita con lo stesso spirito”.

Un ruolo importante sarà svolto dalla nuova presidenza di Svezia alla guida dell’Ue dal primo gennaio…

“Sono già stata in contatto con la ministro svedese dell’Energia (Ebba Busch, ndr) che presiederà le riunioni del Consiglio Energia durante la sua presidenza, e credo che trovare un compromesso adeguato su tale questione sarà in cima alla loro lista di priorità”.

Basterà per affrontare la crisi dei prezzi? È ancora viva l’idea di una soluzione più strutturale alla crisi, come un nuovo ‘Sure’ finanziato dal nuovo debito comune, come suggerito dai commissari Paolo Gentiloni e Thierry Breton?

“Il 2022 è stato un anno straordinario per la politica energetica dell’Ue. Abbiamo agito su molti fronti per affrontare questa crisi. Non solo affrontandone i sintomi e sostenendo finanziariamente coloro che lottano per pagare le bollette, ma anche affrontandone le cause alla radice, in particolare lo squilibrio tra domanda e offerta sui mercati globali del gas. Abbiamo diversificato le nostre forniture, ridotto la domanda di energia in modo coordinato, creato uno stoccaggio comune nell’Ue e accelerato la diffusione delle energie rinnovabili. Quest’anno avremo a disposizione anche altri strumenti, come l’acquisto in comune del gas, nuove regole per la solidarietà e un meccanismo di correzione del mercato per evitare impennate del prezzo del gas. Inoltre, continueremo con l’attuazione del nostro piano REPowerEU, che ci aiuterà a riconquistare la nostra indipendenza energetica con investimenti nella sicurezza dell’approvvigionamento, nonché nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica. Potenzieremo la sua potenza di fuoco finanziaria. È in corso una valutazione delle necessità”.

Parlando di porre fine alla dipendenza dai combustibili fossili russi, l’Ue sta cercando di compensare il gas russo affidandosi a Paesi come Israele o il Qatar, che, finito al centro dello scandalo di presunta corruzione di eurodeputati e funzionari del Parlamento Ue, ha minacciato un impatto negativo sui negoziati in corso con Bruxelles. La Commissione non vede il rischio di spostare la dipendenza energetica dell’Ue verso altri partner inaffidabili?

“Per troppo tempo l’Ue è stata oltremodo dipendente dalle importazioni russe di combustibili fossili. Vediamo l’impatto dell’eccessiva dipendenza da un fornitore con i consumatori che ne pagano il prezzo. Penso che con questa crisi senza precedenti, stimolata dall’invasione russa dell’Ucraina, abbiamo imparato la lezione. Questo è il motivo per cui abbiamo rapidamente diversificato le nostre rotte di approvvigionamento, in modo che nessun fornitore possa mai più danneggiarci in questo modo. Quest’anno abbiamo notevolmente aumentato i volumi di gas in arrivo nell’Ue da Stati Uniti, Norvegia, Egitto, Azerbaigian e altri paesi. E siamo molto grati per questa collaborazione. Ma dobbiamo assicurarci di non dipendere troppo da una linea di approvvigionamento o da una rotta e, infine, eliminare gradualmente la nostra dipendenza dai combustibili fossili tutti insieme. Questo è il motivo per cui stiamo anche ponendo molta enfasi sulla promozione di soluzioni rinnovabili autoctone, che possono essere diverse in ogni stato membro, ma ci aiutano proprio là dove sono necessarie”.

Meloni-von der Leyen, faccia a faccia su energia e Pnrr

Un’ora, faccia a faccia, nell’ufficio al piano nobile di Palazzo Chigi. E’ la prima volta che Giorgia Meloni riceve nella sua nuova ‘casa’ la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, a Roma per partecipare alla presentazione del libro dedicato ai discorsi di David Sassoli, compianto presidente del Parlamento europeo, celebrato a un anno dalla scomparsa. Mentre sulla Capitale italiana scende la pioggia e soffia forte il vento, le due leader tornano a discutere a distanza di poche settimane dal colloquio avuto a Bruxelles, in occasione della prima visita all’estero da presidente del Consiglio. Presente al vertice anche ministro degli Affari Ue, Raffaele Fitto.

Il faccia a faccia, spiegano da Palazzo Chigi “ha rappresentato un’ottima occasione per uno scambio di vedute in preparazione del Consiglio europeo straordinario del 9-10 febbraio dedicato in particolare all’economia e alla migrazione“. Due temi che stanno molto a cuore a Meloni, soprattutto dopo il colpo di freno tirato dalla Svezia, a cui spetta il compito di guidare il Consiglio dell’Unione europea fino al prossimo 30 giugno proprio sulla riforma del sistema di gestione dei flussi migratori. Con l’Europa ci sarà molto da discutere nei prossimi mesi, ma dall’Italia è stato ribadito un punto fermo. Ovvero, in tema di ripresa economica, la premier riafferma l’impegno del governo sul Piano nazionale di ripresa e resilienza. Nel corso dell’incontro, però, Meloni e von der Leyen si sono trovate d’accordo sulla condanna per gli atti violenti che si sono verificati in Brasile, esprimendo solidarietà alle istituzioni democratiche del Paese.

Che la visita sia andata bene lo si intuisce anche dal tono del tweet che la presidente della Commissione Ue posta subito dopo aver lasciato Palazzo Chigi. “Un piacere incontrare Giorgia Meloni a Roma oggi”, scrive infatti in perfetto italiano. Confermando che al centro del colloquio c’è stata la preparazione del prossimo Consiglio europeo, ma non solo. “Abbiamo discusso di come continuare a sostenere l’Ucraina, garantire un’energia sicura e accessibile, aumentare la competitività dell’industria europea e fare progressi sul Patto per la migrazione” e l’asilo, ha reso noto la leader dell’esecutivo comunitario.

rinnovabili

Rinnovabili, gli Stati della Ue divisi sull’ambizioso target del 45% entro il 2030

Bruxelles si appresta ad aggiornare i target di energia rinnovabile nel mix energetico dell’Unione, ma è ancora divisa sulle cifre. Il Consiglio Ue dell’energia che si è tenuto a inizio settimana a Bruxelles ha infatti finalizzato la posizione negoziale degli Stati membri sulla revisione della direttiva sulle energie rinnovabili (risalente al 2018), proposta dalla Commissione Ue nel quadro del piano ‘REPowerEu’, presentato a maggio scorso per affrancare l’Ue dai combustibili fossili russi. Per dire addio alla dipendenza dall’energia russa, il piano della Commissione Ue è strutturato anche su una proposta per accelerare l’espansione delle rinnovabili, aumentare il target e contrastare la lentezza con cui si approvano le autorizzazioni per i grandi progetti di energia pulita, con un emendamento mirato alla direttiva del 2018 per riconoscere l’energia rinnovabile come “un interesse pubblico prevalente”. Neanche un anno prima, a luglio 2021, Bruxelles aveva proposto nel quadro del suo pacchetto climatico ‘Fit for 55’ una revisione della vecchia normativa per portare l’obiettivo per il 2030 dall’attuale 32,5% di energie rinnovabili nel mix energetico dell’Ue, fino al 40%.

Alla luce della crisi energetica in atto, la Commissione stessa ha riconosciuto il target come già insufficiente per ridurre l’energia prodotta da combustibili fossili (in particolare quelli russi), e ha proposto quindi a maggio di portare l’obiettivo al 45% entro il 2030. Il mandato del Consiglio in tema di rinnovabili ha però mantenuto il 19 dicembre l’obiettivo generale di una quota di energia da fonti pulite pari al 40% del consumo finale lordo dell’Unione nel 2030 senza alzare l’ambizione. A quel punto non si è fatta attendere una dichiarazione congiunta da parte di Austria, Danimarca, Estonia, Germania, Grecia, Lussemburgo, Portogallo e Spagna che hanno chiesto un aumento dell’obiettivo dal 40 al 45% durante i negoziati che inizieranno il prossimo anno con l’Europarlamento sul piano ‘REPowerEU’. L’Eurocamera – quasi sempre l’istituzione più ambiziosa sul clima – ha sposato la linea rivista della Commissione europea ritenendo importante alzare il target per l’energia verde, una necessità accentuata dalla crisi energetica in atto e dalla necessità di ridurre i consumi di gas.

Quanto ai permessi per i progetti, il mandato del Consiglio prevede che entro 18 mesi dall’entrata in vigore della direttiva, gli Stati membri mappino le aree necessarie per i contributi nazionali verso l’obiettivo 2030 per le energie rinnovabili, mentre entro 30 mesi adottino uno o più piani per individuare le ‘aree di destinazione delle energie rinnovabili’, ovvero aree destinate alle energie rinnovabili e che riguarderanno la terraferma, il mare o le acque interne che sono individuate perché “particolarmente adatte a specifiche tecnologie di energia rinnovabile e presentano rischi minori per l’ambiente”. Ad esempio, dovrebbero essere evitate le aree protette. Nei loro piani che designano le aree di riferimento per le energie rinnovabili, gli Stati membri dovrebbero adottare anche misure di mitigazione per contrastare le potenziali conseguenze ambientali negative delle attività di sviluppo dei progetti situati in ciascuna area di riferimento. L’intero piano – puntualizza il Consiglio – sarebbe quindi soggetto a una valutazione di impatto ambientale semplificata, invece di una valutazione effettuata per ogni progetto. Quanto ai processi di rilascio delle autorizzazioni, per le aree di accesso alle rinnovabili, il Consiglio ha deciso che i processi di rilascio delle autorizzazioni non dovrebbero richiedere più di un anno per i progetti di energie rinnovabili e di due anni per i progetti di energie rinnovabili offshore. In attesa di un accordo tra colegislatori e che le modifiche alla direttiva siano applicate, la Commissione europea ha proposto lo scorso 9 novembre un regolamento di emergenza per accelerare i permessi alle rinnovabili, sui cui i ministri hanno dato il via libera al Consiglio energia.

Meloni spinge sul price cap al gas: Ue verso “accordo pieno e positivo”

Un accordo “pieno e positivo” sul price cap al gas. Usa proprio questi due aggettivi il ministro per gli Affari europei con delega al Pnrr, Raffaele Fitto, per spiegare le sensazioni del governo italiano sul prossimo Consiglio energia, che dovrà fare un passo avanti decisivo sulla misura attesa ormai da mesi per mitigare gli effetti dei rincari. “Ci sono dettagli tecnici che potrebbero essere risolutivi“, si limita a dire per spiegare che mancano le classiche limature, su cui lavoreranno i ministri competenti e i tecnici nel prossimo fine settimana.

Del resto la premier, Giorgia Meloni, lo aveva detto chiaro e tondo nelle comunicazioni alle Camere prima del Consiglio europeo che avrebbe sollevato il tema, visto che dal Consiglio energia di inizio settimana non sono arrivate “novità sostanziali“. Anzi, in un passaggio più articolato aveva riferito che non c’era “nessuna novità apprezzabile“: giudizio che fa il paio con l’insoddisfazione della precedente proposta avanzata dalla Commissione Ue. La presidente del Consiglio ha sempre sostenuto la necessità che l’Europa si dotasse di un tetto massimo al prezzo del gas, per mettere un freno all’azione degli speculatori. E prima di volare a Bruxelles lo ha ribadito chiaro e tondo: “Credo che si tratti di un errore l’incapacità di trovare una soluzione efficace in tempi rapidi sulla vicenda energetica, perché c’è in ballo la tenuta del nostro sistema produttivo, delle nostre aziende, delle nostre famiglie. Ma c’è in ballo anche la capacità dell’Ue di agire come attore politico nel contesto internazionale“.

Ecco perché ieri al tavolo con gli altri leader Ue ha chiesto un soluzione rapida al problema del caro-energia. Da quanto è trapelato, Meloni avrebbe insistito per un meccanismo di riduzione del prezzo del gas, rilanciando impegno e dibattito sul price cap. Inoltre, avrebbe fatto notare ai partner europei come il tempo perso nel trovare un’intesa sul meccanismo di riduzione del prezzo sia in realtà in contraddizione rispetto alla discussione sulla competitività dell’industria europea nei confronti degli altri concorrenti globali, sollevando anche nel consesso continentale le critiche all’Inflation Reduction Act degli Stati Uniti.

In attesa che Bruxelles muova le sue mosse, la premier continua a tessere la tela delle relazioni internazionali. Con il primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis, ha avuto un “cordiale e fruttuoso incontro” per “confermare la stretta cooperazione tra Italia e Grecia sui temi al centro dell’agenda europea e internazionale, con particolare attenzione al Mediterraneo“. Non solo, perché Meloni rilancia sui social la foto assieme ai primi ministri di Repubblica Ceca e Polonia, Petr Fiala e Mateusz Morawiecki, scrivendo di aver “degli ultimi sviluppi riguardo l’aggressione russa all’Ucraina e della questione energetica. Lavoriamo insieme per affrontare le difficili sfide globali e costruire un futuro di pace e sicurezza“. L’idea di creare un nuovo ‘Piano Mattei’ e fare del nostro Paese l’hub di approvvigionamento energetico dell’Europa, insomma, inizia a prendere corpo.

Lega a Ue: Contro caro-energia sbloccare uso camini nel Nord Italia

Usare i camini per riscaldare le case, quale risposta al caro-bollette. Può sembrare la soluzione più semplice per chi dispone di vani per ardere legna, e probabilmente c’è chi già ci sta pensando. Peccato che gli italiani non potrebbero, e la Lega ora chiede alla Commissione europea di tornare a fare uso dello strumento di riscaldamento più tradizionale di sempre. Va chiarito che l’Europa non vieta di accendere il camino, ma l’Italia ha violato la direttiva sulla qualità dell’aria, in modo sistematico, ed è attualmente in stato di procedura d’infrazione. Bruxelles ha aperto il dossier sugli sforamenti nel 2014, e nel 2020 la Corte di giustizia ha constatato il superamento dei limiti di particolato (Pm10) intimando all’Italia di mettersi in regola. Si rischiano multe salate, che ricadono sui cittadini.

Gli europarlamenti della Lega, con interrogazione scritta, chiedono di “esentare, temporaneamente, e in via eccezionale, almeno per l’autunno e l’inverno 2022-2023”, Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna dal rispetto della direttiva del 2008 sulla qualità dell’aria, in considerazione del fatto che “l’Italia, e in particolare le regioni intorno alla pianura Padana, si trovano in eccezionali condizioni energetiche”. I sette promotori dell’iniziativa (Isabella Tovaglieri, Silvia Sardone, Alessandro Panza, Stefania Zambelli, Marco Campomenosi, Angelo Ciocca e Danilo Oscar Lancini) sottolineano che l’aumento dei costi dell’energia conseguenti all’invasione dell’Ucraina e le contingenze geopolitiche e di mercato “stanno mettendo a dura prova le famiglie europee, che dovranno affrontare un inverno rigido con prezzi dell’energia in grande aumento”. Di fronte a una tale situazione, “una delle soluzioni che molti cittadini intendono perseguire è quella di ricorrere a sistemi di riscaldamento tradizionali, quali i camini a legna”.

All’interrogazione depositata il 19 ottobre risponde Virginius Sinkevicius, il commissario per l’Ambiente. Questi ricorda che la strategia RepowerEu per l’indipendenza energetica, affronta le situazioni in cui gli Stati membri “possono prendere in considerazione un temporaneo allentamento delle norme nazionali sulle emissioni inquinanti” nell’ambito di specifici atti legislativi che disciplinano l’inquinamento alla fonte, nell’ambito dei piani di sostituzione del combustibile, “entro i limiti delle deroghe consentite dal diritto dell’Ue” . Teoricamente, dunque, si potrebbero anche accendere i camini. Il problema è la situazione dell’Italia, in piena procedura d’infrazione e con irregolarità certificate. La Commissione consente deroghe, ma l’Italia da sempre anche più che in deroga. Inoltre, continua Sinkevicius, la Commissione intende “ limitare l’impatto negativo di queste misure” di allentamento dei vin oli sulla salute e sull’ambiente, e in particolare sui suoi obiettivi generali di decarbonizzazione e disinquinamento.
Il motivo è nei numeri. L’inquinamento atmosferico causa “circa 300 mila morti premature all’anno”, oltre a “ un numero significativo ” di malattie non trasmissibili, come l’asma, i problemi cardiovascolari e il cancro ai polmoni. E’, scandisce Sinkevicius, “è la più grande minaccia ambientale per la salute ”. La situazione dei camini è dunque più intricata di quanto si possa pensare. L’Italia dovrà continuare a negoziare con la Commissione, e la parte ‘verde’ del governo Meloni dovrà farlo ancora di più se vorrà salvare la sua regione storica, la Padania.

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Trasporti, sfida Ue per l’uso su larga scala dei droni entro il 2030

Una nuova linea d’azione per sviluppare l’uso su larga scala dei droni entro il 2030. Con la Strategia europea per i droni 2.0 presentata il 29 novembre dalla commissaria per i Trasporti, Adina Vălean, il gabinetto von der Leyen ha cercato di tratteggiare la visione per un ulteriore sviluppo del mercato europeo dei velivoli senza pilota, nel quadro di sicurezza “più avanzato al mondo” sia sul piano della sicurezza sia della definizione dei requisiti tecnici: “Con l’arrivo di una nuova generazione di velivoli a propulsione elettrica in grado di operare in ambiente urbano e regionale, dobbiamo garantire che la sicurezza delle operazioni nei nostri cieli e condizioni che soddisfino esigenze commerciali, di privacy e sicurezza”.

Il punto di partenza è il pacchetto U-space dall’aprile 2021, che ha armonizzato i requisiti minimi e la fornitura di servizi attraverso i droni (e che sarà implementato nel gennaio del prossimo anno), permettendo il volo per centinaia di migliaia di ore nei cieli europei per il rilievo di infrastrutture, il monitoraggio di fuoriuscite di petrolio o il campionamento del suolo. Dal 2003 l’Unione ha investito quasi 980 milioni di euro nello sviluppo o nell’utilizzo dei droni per applicazioni innovative, finanziando 320 progetti nell’ambito dei suoi programmi di ricerca e innovazione.
Ma attraverso il sistema già in atto per gestire il traffico di velivoli senza pilota in modo sicuro saranno ora gettate le basi per un aumento delle operazioni e per un mercato che “potrebbe valere 14,5 miliardi di euro e creare 145 mila posti di lavoro entro il 2030”, ha sottolineato con forza la commissaria Vălean. Lo sforzo coinvolge però non solo Bruxelles, ma anche comuni, regioni e Paesi membri Ue, per garantire che i servizi con i droni siano in linea con le esigenze dei cittadini, anche per quanto riguarda le preoccupazioni relative a rumore, sicurezza e privacy.

Nell’ambito della nuova strategia Ue si prevede che i droni diventeranno parte della vita europea, non solo come servizi di emergenza, mappatura, ispezione e sorveglianza “nell’ambito dei quadri giuridici applicabili”, ma anche per la consegna di piccole spedizioni (campioni biologici o medicinali) e l’introduzione di mobilità aerea innovativa, inclusi i taxi aerei: “Forniranno servizi di trasporto regolari per i passeggeri, inizialmente con un pilota a bordo, ma con l’obiettivo finale di automatizzare completamente le operazioni”, specifica la Commissione Ue.

Per fare tutto questo è necessario identificare i blocchi tecnologici critici, come l’intelligenza artificiale, la robotica, i semiconduttori, i servizi spaziali e le telecomunicazioni mobili transfrontaliere, per costruire un settore competitivo e strategicamente indipendente. Ecco perché la Strategia 2.0 mira sia a individuare aree di sinergia tra droni civili e da difesa, sia ad avviare i lavori su 19 azioni-chiave operative, tecniche e finanziarie per creare un ambiente normativo e commerciale su misura per lo spazio aereo e il mercato dei droni del prossimo futuro. In questo contesto si inserisce l’adozione di norme comuni per l’aeronavigabilità e di nuovi requisiti di formazione per i piloti di velivoli remoti, il finanziamento di una piattaforma online per supportare aziende e parti interessate e la definizione di una tabella di marcia per la tecnologia dei droni: dovranno essere identificate le aree prioritarie per la ricerca e l’innovazione e i criteri per un’etichetta volontaria per la cybersicurezza.