INFOGRAFICA INTERATTIVA Eurostat, ad aprile produzione industriale area Euro cala dello 0,1%

Secondo le prime stime di Eurostat, nell’aprile 2024, rispetto a marzo 2024, la produzione industriale destagionalizzata è diminuita dello 0,1% nell’area dell’euro ed è aumentata dello 0,5% nell’Ue . Nel marzo 2024, la produzione industriale è cresciuta dello 0,5% nell’area dell’euro ed è rimasta stabile nell’Ue. Nell’aprile 2024, rispetto all’aprile 2023, la produzione industriale è diminuita del 3,0% nell’area dell’euro e del 2,0% nell’Ue . Nell’infografica INTERATTIVA di GEA è indicato l’andamento della produzione negli ultimi anni.

INFOGRAFICA INTERATTIVA Ue, crescita economica e tutela dell’ambiente vanno di pari passo

Nell’infografica INTERATTIVA di GEA, su dati Eurostat diffusi oggi, si può vedere come crescita economica e inquinamento non debbano necessariamente essere legati. Nei tre trimestri del 2023 presi in considerazione, come si vede, il Pil dei Paesi Ue è rimasto stabile, mentre le emissioni di CO2 in atmosfera dovute ai vari settori economici sono costantemente scese.

Il World Economic Forum avverte: “Nel 2024 l’economia si indebolirà”

L’economia globale si indebolirà nel 2024 mentre il ritmo della frammentazione geoeconomica accelererà. Le politiche industriali creeranno nuovi punti caldi di crescita, ma bisogna stare attenti all’aumento delle tensioni fiscali e dalla divergenza tra le economie a reddito più alto e quelle a basso reddito. Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale generativa, questa aumenterà la produttività e l’innovazione, ma i benefici saranno più ampi per le economie ad alto reddito. Sono i punti salienti dell’ultimo Chief Economists Outlook, pubblicato in occasione dell’apertura del World Economic Forum di Davos. Nel rapporto si legge che le prospettive economiche globali rimangono modeste e piene di incertezza, mentre l’economia globale continua a far fronte ai venti contrari derivanti dalle rigide condizioni finanziarie, dalle fratture geopolitiche e dai rapidi progressi nel intelligenza artificiale generativa. Più della metà dei capi economisti (56%) prevede che l’economia globale si indebolirà quest’anno, mentre il 43% prevede condizioni invariate o più forti. Una forte maggioranza ritiene inoltre che i mercati del lavoro (77%) e le condizioni finanziarie (70%) si allenteranno nel prossimo anno. Sebbene le aspettative di un’inflazione elevata siano state ridimensionate in tutte le regioni, le prospettive di crescita regionali variano ampiamente e nessuna regione è prevista per una crescita molto forte nel 2024.

L’ultimo Chief Economists Outlook evidenzia la natura precaria dell’attuale contesto economico”, ha affermato Saadia Zahidi, amministratore delegato del World Economic Forum. “In un contesto di divergenza sempre più rapida, la resilienza dell’economia globale continuerà a essere messa alla prova nel prossimo anno. Anche se l’inflazione globale si sta attenuando, la crescita è in stallo, le condizioni finanziarie rimangono tese, le tensioni globali si stanno aggravando e le disuguaglianze stanno aumentando – evidenziando l’urgente necessità di una cooperazione globale per dare slancio a una crescita economica sostenibile e inclusiva”.

Le prospettive per l’Asia meridionale, l’Asia orientale e il Pacifico rimangono positive e sostanzialmente invariate rispetto all’ultima indagine, con una forte maggioranza (rispettivamente 93% e 86%) che prevede una crescita almeno moderata nel 2024. La Cina costituisce un’eccezione, con una maggioranza più piccola. (69%) prevede una crescita moderata poiché la debolezza dei consumi, la minore produzione industriale e le preoccupazioni del mercato immobiliare pesano sulle prospettive di una ripresa più forte. In Europa, le prospettive si sono notevolmente indebolite rispetto al sondaggio di settembre 2023, con la percentuale di intervistati che prevede una crescita debole o molto debole quasi raddoppiata, raggiungendo il 77%. Anche negli Stati Uniti, nel Medio Oriente e nel Nord Africa le prospettive sono più deboli, con circa sei intervistati su 10 che prevedono una crescita moderata o più forte quest’anno (in calo rispetto al 78% e al 79% rispettivamente). Si registra un notevole aumento delle aspettative di crescita per l’America Latina e i Caraibi, l’Africa sub-sahariana e l’Asia centrale, anche se le previsioni restano per una crescita sostanzialmente moderata.

Circa sette economisti su dieci prevedono che il ritmo della frammentazione geoeconomica accelererà quest’anno, con la maggioranza che ritiene che la geopolitica alimenterà la volatilità nell’economia globale (87%) e nei mercati azionari (80%), aumenterà la localizzazione (86% ), rafforzare i blocchi geoeconomici (80%) e ampliare il divario Nord-Sud (57%) nei prossimi tre anni. Mentre i governi sperimentano sempre più strumenti di politica industriale, gli esperti sono quasi unanimi nel prevedere che queste politiche rimarranno in gran parte scoordinate tra i paesi. Mentre due terzi dei principali economisti si aspettano che le politiche industriali consentano l’emergere di nuovi punti caldi di crescita economica e nuove industrie vitali, la maggioranza mette in guardia anche dall’aumento delle tensioni fiscali (79%) e dalla divergenza tra economie a reddito più alto e più basso (66%) .

I principali economisti prevedono che i benefici derivanti dall’intelligenza artificiale varieranno ampiamente tra i gruppi di reddito, con opinioni notevolmente più ottimistiche sugli effetti nelle economie ad alto reddito. Una forte maggioranza ha affermato che quest’anno l’intelligenza artificiale generativa aumenterà l’efficienza della produzione (79%) e dell’innovazione (74%) nelle economie ad alto reddito. Guardando ai prossimi cinque anni, il 94% prevede che questi benefici in termini di produttività diventeranno economicamente significativi nelle economie ad alto reddito, rispetto solo al 53% per le economie a basso reddito. Quasi tre quarti (73%) non prevedono un impatto netto positivo sull’occupazione nelle economie a basso reddito e il 47% ha affermato lo stesso per le economie ad alto reddito. Le opinioni sono un po’ più divise sulla probabilità che l’intelligenza artificiale generativa aumenti gli standard di vita e porti a un calo della fiducia, con entrambe le probabilità leggermente più probabili nei mercati ad alto reddito.

Enel, nei primi nove mesi del 2023 utile netto 5 mld (+65,2%): “Risultati solidi”

Nei primi nove mesi del 2023 il Gruppo Enel consolida la propria posizione con “risultati solidi. Il Consiglio di amministrazione, presieduto da Paolo Scaroni, approva infatti il resoconto intermedio di gestione al 30 settembre 2023, oltre al prospetto contabile riferito alla stessa data e la relazione, da cui risulta che la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della Società consente la distribuzione di un acconto sul dividendo per l’esercizio 2023 pari a 0,215 euro per azione, che verrà messo in pagamento a decorrere dal 24 gennaio 2024. Stando ai risultati, l’utile netto cresce del 65,2% arrivato a oltre 5 miliardi di euro: un aumento che riflette l’andamento positivo della gestione operativa ordinaria e la minore incidenza delle interessenze dei terzi sul risultato netto ordinario, che hanno più che compensato l’incremento degli oneri finanziari netti dovuto all’evoluzione dei tassi di interesse e all’aumento del debito medio del periodo, nonché il maggior onere fiscale da ricondurre ai migliori risultati.

L’Ebitda ordinario è 16,3 miliardi (+29,3%), mentre l’Ebitda 15,2 miliardi e l’Ebit 9,8 miliardi (+62,1%). I ricavi registrati sono 69.534 milioni di euro, in calo del 34,1%, attribuibile principalmente alla Generazione Termoelettrica e Trading per i minori volumi di energia prodotti in un regime di prezzi medi di vendita decrescenti – spiega Enel – in un contesto caratterizzato da una maggiore stabilità dei prezzi rispetto ai nove mesi del 2022, in particolare in Italia e Spagna, e per il differente perimetro di consolidamento, nonché ai Mercati Finali per le minori quantità vendute in un contesto di prezzi decrescenti e per la cessione, avvenuta nel 2022, di Celg Distribuição (Enel Goiás) in Brasile. Il decremento dei ricavi di Enel X è riferibile essenzialmente alla rilevazione, nel corso dei nove mesi del 2022, dei proventi derivanti dalla cessione parziale della partecipazione detenuta in Ufinet per 220 milioni di euro e dalla cessione di alcune partecipazioni di Enel X a Mooney Group per 67 milioni di euro, nonché ai minori ricavi registrati in Colombia e in Italia.

I ricavi di Enel Green Power, poi, risultano in aumento rispetto all’analogo periodo del 2022, prevalentemente per l’incremento delle quantità prodotte da fonte idroelettrica e solare in Italia, Spagna e America Latina e per i proventi per 98 milioni di euro derivanti dalle cessioni parziali delle partecipazioni detenute in alcune società, prevalentemente in Australia. La diminuzione dei ricavi per Enel Grids è principalmente riconducibile alla variazione di perimetro derivante dalla cessione, nel 2022, di alcune società in America Latina. Tali effetti sono stati sostanzialmente compensati dagli adeguamenti tariffari in Italia e in America Latina.

L’indebitamento finanziario netto è a 63.312 milioni di euro (60.068 milioni di euro a fine 2022, +5,4%), riconducibile principalmente ai positivi flussi di cassa generati dalla gestione operativa, dalla cessione di alcune società ritenute non più strategiche e dall’emissione di prestiti obbligazionari non convertibili subordinati ibridi perpetui, che hanno solo parzialmente compensato il fabbisogno generato dagli investimenti del periodo e il pagamento dei dividendi, nonché lo sfavorevole andamento dei tassi di cambio. Gli investimenti risultano 8,7 miliardi di euro (-5,9%), inoltre è stato deliberato un acconto sul dividendo 2023 pari a 0,215 euro per azione, in pagamento dal 24 gennaio 2024, in crescita del 7,5% rispetto all’acconto distribuito a gennaio 2023. Il Cda, peraltro, conferma la politica di acconto sui dividendi per l’esercizio 2023, prevista dal Piano Strategico 2023-2025. E ancora, alla luce della solida performance operativa registrata nei nove mesi del 2023, la guidance relativa all’esercizio 2023, fornita ai mercati finanziari in occasione della presentazione del Piano Strategico 2023-2025, è stata rivista al rialzo.

Le vendite di energia elettrica nei nove mesi del 2023, ancora, ammontano a 228,8 TWh, con un decremento di 13,5 TWh (-5,6%, -2% circa a parità di perimetro) rispetto all’analogo periodo dell’esercizio precedente. In particolare, si rilevano: (i) maggiori quantità vendute in Argentina (+0,6 TWh), Cile (+0,5 TWh), Perù (+0,3 TWh) e Colombia (+0,1 TWh) e (ii) minori quantità vendute in Italia (-7,7 TWh), Brasile (-5,6 TWh), Spagna (-0,6 TWh) e Romania (-1,2 TWh). Le vendite di gas naturale sono pari a 6,0 miliardi di metri cubi nei nove mesi del 2023, in diminuzione di 1,5 miliardi di metri cubi (-20,0%) rispetto all’analogo periodo dell’esercizio precedente. Nei nove mesi del 2023, la potenza efficiente installata netta totale del Gruppo Enel è pari a 82,9 GW, mentre l’energia netta prodotta è pari a 158,3 TWh.

C’è speranza per le bollette: prezzo del gas torna ai livelli di fine giugno

L’intensificarsi del conflitto in Ucraina rovina la discesa del prezzo del gas al mercato di Amsterdam. Lunedì mattina il Ttf, il principale indicatore della quotazione del metano in Europa, aveva iniziato le contrattazioni confermando il calo delle ultime settimane scendendo sotto i 150 euro/MWh, un valore che non si vedeva da fine giugno. A influire sul calo del valore del gas, come sottolinea Ole Hansen su Twitter (commoditiy strategist di Saxo Bank), ci sono i “forti arrivi di Gnl, il clima autunnale mite e la distruzione della domanda. La capacità di shock della Russia si è notevolmente ridotta con flussi in calo del 78% su base annua”. In effetti le importazioni di carichi di Gnl in Europa nord-occidentale hanno raggiunto il livello più alto in questo periodo dell’anno dal 2016, secondo Bloomberg. Inoltre le temperature non dovrebbero essere fresche, nella maggior parte dell’Europa, nelle prossime due settimane, suggeriscono i modelli citati da Oilprice.com, il che allevierebbe la pressione rialzista sulla domanda di gas per riscaldamento ed elettricità. A proposito di elettricità, la leggera ripresa della produzione nucleare in Francia sta aiutando la fornitura ai Paesi vicini, frenando così una parte della domanda di gas per la corrente.

I livelli di ieri mattina sono stati quelli, appunto, di tre mesi fa, quando l’Arera – l’authority per l’energia – stabilì lultimo rialzo delle bollette del gas. La stessa Arera, a fine settembre, ipotizzava un +70% per il metano a novembre. Però se il prezzo rimanesse a questi livelli o inferiori potrebbero esserci speranze di aumenti inferiori. La struttura della bolletta del gas è cambiata: sarà mensile e le tariffe verranno stabilite ex post, nel senso che il prezzo del consumo di ottobre sarà deciso a novembre calcolato sulla base della media aritmetica delle quotazioni di ogni singolo giorno sul mercato di riferimento, che sia il Ttf o il Psv. Già, ultima questione benché non secondaria. Le nostre bollette non si baseranno più sul Ttf, ma sull’italiano Psv, che generalmente quota un 20 euro in meno rispetto al titolo olandese.

La speranza di una frenata del caro-bollette sbatte però con la guerra in Ucraina. I lavoratori russi si bloccano e Kiev comunica che dovrà rallentare se non bloccare l’export di energia elettrica. Questo annuncio ha fatto così sobbalzare il prezzo del Ttf, che poi però è tornato a scendere chiudendo a 159 euro/MWh, in rialzo di “soli” due punti percentuali nei confronti di venerdì. Dall’Ucraina passa anche il gasdotto che porta metano fino all’Italia, a quantità ridotte ma fondamentali per garantire l’equilibrio raggiunto – a colpi di acquisti a prezzi elevatissimi sul mercato spot olandese – riempendo gli stoccaggi in vista dell’inverno.

L’apertura della Germania a un fondo europeo, sul modello pandemico del Sure, apre tuttavia la strada a bollette meno pesanti in futuro. Da capire il valore dell’eurobond che sarebbe emesso per finanziare prestiti agli Stati. La trattativa fra governi pare appena cominciata.

Zdeněk Hřib

Hřib: “La mia Praga green tra alberi, trasporto verde e pannelli solari”

Non c’è tempo da perdere, e l’intera Unione europea deve agire senza esitazione”. Zdeněk Hřib avverte il senso di urgenza. Il sindaco di Praga rilancia con forza l’agenda sostenibile dell’Ue, che è anche l’agenda della sua città, oggi anche ‘capitale d’Europa’ visto che la Repubblica ceca detiene la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue. “L’aggressione russa e la conseguente perturbazione del mercato energetico mondiale hanno solo messo in evidenza la necessità di trasformare il sistema energetico dell’Ue e porre fine alla sua dipendenza dai combustibili fossili, in particolare dal gas proveniente dalla Russia, per affrontare la crisi climatica”.

Indietro non si torna, quindi. Semmai, si va avanti più spediti che mai, come sta facendo l’amministrazione comunale. Nell’intervista concessa a Gea spiega che già nel 2019 è stato adottato un piano per il clima. L’obiettivo è ridurre le emissioni di CO2 del 45% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2010 e di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Per tradurre tutto questo in pratica grande attenzione è stata messa sulla mobilità sostenibile e l’elettrificazione del settore dei trasporti pubblici attraverso veicoli elettrici, biometano o varie forme di trasporto non motorizzato. “Tutto questo è al centro della transizione di Praga verso l’economia verde, tiene a sottolineare. Ricorda in particolare “l’espansione record delle linee tranviarie”, i lavori della quarta linea della metropolitana, che sarà in funzione “entro la fine del 2022”, a cui si aggiungono “altri progetti del valore di 300 milioni di euro per i prossimi cinque anni”. E poi c’è il rinverdimento urbano. Tra il 2018 e il 2022 la città di Praga ha piantato oltre 500 mila alberi, e “stiamo pianificando di piantarne altri 500 mila entro il 2026 per raggiungere il nostro obiettivo di un milione di alberi per Praga entro otto anni”.

Hřib e la sua squadra hanno capito che gli alberi sono fondamentali anche per la qualità della vita di città. “Possono aiutare a ridurre le isole di calore in città, raffreddano notevolmente l’ambiente circostante, intrappolano la polvere, assorbono CO2 e generalmente rendono l’ambiente più adatto alla vita”. Ma lo sforzo non si esaurisce qui. La rivoluzione verde della capitale ceca passa anche attraverso altre azioni, già in cantiere. C’è l’impianto urbano di purificazione dell’acqua, “un nuovo progetto di installazione di centrali solari sui tetti delle case a schiera”, a cui si aggiungono “diversi progetti a sostegno di tetti verdi, facciate o il cosiddetto verde verticale”, tutti “in preparazione”.

Il momento di agire è ora. Certo, Praga ha già avviato il suo percorso di trasformazione, ma il semestre di presidenza è “una grande opportunità. Con gli occhi di tutti puntati sulla città, che ospita incontri, dibattiti, conferenze e anche riunioni informali di ministri e leader, la politica locale sa di avere la chance di “far sentire la propria voce su questioni così importanti” come la rivoluzione sostenibile, soprattutto in un momento in cui tentennamenti non sono ammessi.

Questa situazione non farà che accelerare il processo di rendere le nostre città più sostenibili e autosufficienti”, ribadisce una volta di più il primo cittadini riferendosi alla guerra in Ucraina e le sue ripercussioni. In questo momento, la vera sfida di Praga è però quella di spendere bene e per tempo le risorse che restano disponibili. “Nell’ambito del piano RepowerEu gli Stati membri dell’Ue hanno già a disposizione 225 miliardi di euro in prestiti nell’ambito dell’RRF e sono stati proposti finanziamenti aggiuntivi sotto forma di sovvenzioni, fondi di coesione o investimenti aggiuntivi”. Sembrano pochi, ma non lo sono. L’inflazione alle stelle e la necessità di ripensare l’utilizzo di fondi europei possono non aiutare, ma le risorse sono lì. E bisogna farne tesoro. Praga lavora anche su questo.

(Photo credits: SAM YEH / AFP)

Carlo Buttaroni

Buttaroni: “Temi ambientali al secondo posto per i cittadini. Al primo l’inflazione”

È il carrello della spesa che guida l’orientamento di voto“. Non azzarda ancora percentuali Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè, che con GEA commenta la crisi di governo in un momento di estrema fragilità sociale.

In questo contesto, i temi ambientali avranno un ruolo importante e trasversale, sostenuti da tutti i partiti, ma non prioritario per il sondaggisti: “Il tema del cambiamento climatico lo stiamo vivendo con il caldo asfissiante, è importante, la gran parte degli italiani ne è consapevole. Ma per i cittadini viene in secondo piano rispetto all’inflazione“.

L’aumento dei prezzi è determinato da fattori esogeni forti: la guerra, il costo dell’energia, le politiche energetiche, ma, insiste Buttaroni, “alla fine la messa a terra scarica tutta sul carrello. La maggioranza delle persone ha un reddito che si aggira tra i mille e i 1.100 euro, va da sé che il tema dirimente diventa questo“.

Non si può ignorare, però, che la crisi ha imposto un’accelerazione sui temi ambientali: “Tutti si sono espressi, è difficile fare una graduatoria. La campagna elettorale sarà breve e impegnativa, i partiti devono organizzarsi a costruire una proposta politica che tenga insieme tutto. Ripeto, i temi ambientali non contano quanto l’inflazione, la priorità è arrivare non alla quarta, ma alla terza settimana del mese“, è la posizione del sondaggista.

La sostenibilità è, in quest’ottica, un “impreziosimento” delle campagne, il cui focus sarà “esclusivamente di tipo economico: “In questo momento servono soluzioni sulle priorità“. Buttaroni chiede una riflessione alle forze politiche: “La gente si dice, ‘io ho bisogno di mettere a tavola un pasto. Sono disposto a mettere da parte un pasto per una migliore qualità dell’aria?’ Stiamo parlando di bisogni primari. Alla base della piramide di Maslow c’è il mangiare e il dormire. Noi siamo siamo proprio a questo punto qui, la crisi è drammatica. Mi stupisco che non si ponga l’attenzione su quello che sta per accadere“.

La grande incognita di come mettere insieme il pranzo con la cena è quella che ha guidato l’astensionismo alle ultime elezioni. Questa volta come andrà? “Siamo molto lontani dalla geometria di un consenso stabile. Siamo stati colti tutti di sorpresa“, precisa. Due elementi cozzano sulla velocità, fa notare: “I collegi sono cambiati e la crisi è iniziata da qualche mese, la tempesta economica deve ancora esprimersi in tutta la sua violenza. Non è facile pensare a delle soluzioni ragionevoli formulate in breve tempo. Per di più, capiterà ad agosto, nel periodo meno propizio“.

Gli elettori avranno nostalgia di Mario Draghi?La maggior parte dei cittadini nei esprime apprezzamento nei confronti di Draghi, è sicuramente una persona seria, competente, che ha autorevolezza. Per noi aveva una percentuale di gradimento del 53%, tantissimo per un premier, Monti scivolò verso il basso molto velocemente“. Questo però, puntualizza, “non significa che la grande maggioranza degli italiani pensi che andare al voto sia una sciagura. Ho trovato eccessive le drammatizzazioni sulla crisi di governo, per gli italiani non accelera la crisi che già vivono nelle proprie case“.

cambiamento climatico

Il grande Rinascimento o il grande deserto? A noi la scelta, ancora per poco

Ve li ricordate quelli che davano dei catastrofisti agli scienziati? C’erano quelli che, ancora 4-5 anni fa, ironizzavano sul fatto che facesse freddo a maggio a Milano fregandosene del fatto che la media della temperatura annuale continuasse a salire. Oggi invocano aiuti per l’agricoltura italiana, stremata.

In Gran Bretagna ci sono 40 gradi. Incendi devastanti nella Penisola Iberica. Siccità mai vista e zero termico a 4800 metri in Italia. La natura ce lo sta dicendo in maniera evidente: ‘Avete di fronte l’opportunità di avviare un grande Rinascimento globale. Oppure proseguire verso il disastro. Potete ancora scegliere, ma non per molto’.

Vanno fatte scelte immediate, con ricadute in tempi stretti (entro il 2030), oltre a quelle strategiche, per sostenere il cambiamento a medio e lungo termine. No, non basta quello che i governi hanno fatto sinora: significa trascurare la portata di quello che sta accadendo. Siamo in ritardo di molti anni e quindi non basta fare scelte normali, ma sono necessarie scelte più che straordinarie. Bisogna innanzi tutto agire sulla produzione energetica (subito, non tra 20-30 anni), anche favorendo con forti incentivi le comunità energetiche di autoproduzione (soprattutto solare) tra inquilini, condomini e piccole comunità. È possibile, a portata di mano. Soddisfare il fabbisogno civile in tempi brevi per concentrarsi sulla trasformazione più complessa del sistema produttivo (che deve comunque cambiare strutturalmente).

Ci sono alternative per la produzione di energia, così come per l’urbanistica (decisiva per adattamento e riduzione dell’impatto), per l’industria, per la gestione del territorio e di tutti gli ambienti, anche per l’agricoltura (quella intensiva contribuisce in maniera consistente alle emissioni): come ha ricordato Carlin Petrini, il fondatore di Slow Food, produciamo ogni anno cibo sufficiente per 12,5 miliardi di persone e siamo meno di 8 miliardi; significa che un terzo del cibo viene gettato nell’immondizia e senza avere comunque risolto il problema della fame del mondo.

Non c’è bisogno di inventare granché. La maggior parte delle possibili soluzioni sono note, anche nel campo delle scienze economiche, per altre bisogna sostenere con forza la ricerca. E ridurre l’enorme spreco, in ogni settore.

Perché il cambiamento climatico uccide e distrugge l’economia. Lo dimostrano i fatti di questi giorni, inequivocabili. Ma allargando lo sguardo possiamo apprezzare l’intero, precipitoso evolversi dei fatti che in questi anni ci hanno (noi umani) colpiti come fortissimi schiaffi in pieno volto: incendi e caldo insopportabile in tutta Europa; siccità e carestie terribili in tutto il globo; inondazioni o trombe d’aria a ripetizione, come accaduto anche in Sicilia nel novembre 2021.

Sono fatti drammatici che mettono a rischio le vite umane e l’economia, ma anche la sicurezza globale, perché accelerano le tensioni geopolitiche per le risorse, a partire da cibo e acqua.

Sono, però, fatti che sono stati ampiamente previsti dagli scienziati delle varie discipline, dall’economia alla climatologia. Previsioni che vengono ripetute da decenni e che ovviamente non riguardano il singolo evento ma la tendenza, il quadro che va realizzandosi. Inascoltati a lungo, addirittura irrisi in alcuni casi, gli scienziati hanno anche indicato la via: li ascoltiamo, finalmente?

(Photo credits: THIBAUD MORITZ / AFP)

Quanto la finanza può far bene all’ambiente

Di maggiore sostenibilità nello stile di vita, negli investimenti, nel rapporto con il pianeta e con la società che ci circonda sentiamo tutti un gran bisogno. Ma passare dal pensiero ai fatti è difficile. EsiGenza Green è uno spazio per il confronto e l’approfondimento su un modo di pensare, di vivere che si sta affermando, ma che ancora non sentiamo totalmente nostro. Il cambiamento climatico ci spaventa, la pandemia ha messo sotto gli occhi di tutti la necessità di avere un piano sanitario ben strutturato che possa prendersi cura della nostra salute anche in casi di emergenza, ci preoccupiamo del nostro futuro e di quello delle nuove generazioni. Vorremmo tutti poter contribuire a invertire la rotta ma non sappiamo cosa fare e come farlo. Si parla tanto di “comportamenti virtuosi” ma spesso la moltiplicazione delle informazioni non aiuta a far chiarezza.

Sette italiani su dieci pensano che ancora ci sia troppa confusione sul riscaldamento globale, secondo l’Osservatorio Assogestioni-Censis sulla sostenibilità. Per molti (tre su quattro intervistati) la soluzione passa dalla finanza. Ma come? Per anni si è detto che il capitalismo sfrenato è tra le cause dei danni all’ambiente e ora è considerato una delle soluzioni? In realtà, quello stesso capitalismo può dare una mano concreta al pianeta se e solo se cambia pelle. Gli investimenti green generano sì profitto ma possono anche contribuire alla lotta al cambiamento climatico e a sostenere la transizione ecologica.

I criteri Esg sono nati a questo scopo: Environmental (ambiente), Social (sociale), e Governance sono le tre dimensioni fondamentali per verificare, misurare, controllare l’impegno in termini di sostenibilità di un’impresa o di una organizzazione. Se sono così importanti perché ancora se ne sa così poco? La stessa ricerca dell’Osservatorio Assogestioni-Censis sulla sostenibilità dice che il 64 per cento degli italiani non è informato abbastanza. Se pensiamo che le famiglie hanno sui conti correnti in banca ben 1.600 miliardi di euro in totale (con una crescita del 5 per cento dallo scorso anno) capiamo come gli investimenti che seguono i criteri Esg possono davvero fare la differenza e dare un enorme slancio alla transizione ecologica.

Il capitalismo ha il potere di plasmare la società e di agire come un potente catalizzatore per il cambiamento”, dice Larry Finck, presidente del colosso dei fondi BlackRock, nella lettera annuale agli azionisti. “Ma le imprese non possono farlo da sole – continua il magnate della finanza – e non possono eligersi a carabinieri del clima. Non sarebbe un buon risultato per la società. Abbiamo bisogno che i governi forniscano percorsi chiari e una tassonomia coerente per la politica di sostenibilità, la regolamentazione e la divulgazione nei mercati. Devono anche sostenere le comunità colpite dalla transizione, aiutare a catalizzare il capitale per i mercati emergenti e investire nell’innovazione e nella tecnologia che saranno essenziali per decarbonizzare l’economia globale”. L’ESiGenza green è il primo passo, quello successivo è l’azione. In mezzo c’è l’informazione.