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Pnrr, Commissione europea versa all’Italia la sesta rata da 8,7 miliardi

L’Italia è ancora in testa in Ue per importo di finanziamento del Pnrr. Oggi la Commissione europea versa la sesta rata, da 8,7 miliardi di euro, portando il finanziamento ricevuto da Roma a 122 miliardi, il 63% della dotazione complessiva del Piano italiano (194,4 miliardi di euro).
Il pagamento segue la valutazione positiva della Commissione, adottata lo scorso 26 novembre, connessa al conseguimento di 39 obiettivi, distinti in ventitré milestone e sedici target.

Un risultato positivo per la premier, Giorgia Meloni, che spiega “permetterà all’Italia di investire in molti settori strategici intensificando la produzione in attività in cui questo Governo ha creduto fin dal suo insediamento”. Il pagamento della sesta rata, riferisce la presidente del Consiglio, è “frutto di un intenso lavoro, svolto in sinergia anche con la Commissione europea, che ci spinge a proseguire in questa direzione per il benessere della nazione e dei cittadini”.

Tra gli obiettivi conseguiti con il pagamento della sesta rata ci sono investimenti strategici come il potenziamento dei collegamenti ferroviari del Mezzogiorno e del centro Italia, la realizzazione di nuove infrastrutture per il trasporto del gas (Linea Adriatica) e per l’autonomia energetica dell’Italia, il rinnovo della flotta per il Comando nazionale dei Vigili del Fuoco, i crediti d’imposta per la transizione ecologica 4.0 e l’attivazione della misura per la transizione ecologica 5.0, rispetto alla quale sono in corso modifiche normative per renderla più accessibile e vantaggiosa per le imprese, il rafforzamento della dotazione organica dei tribunali penali, civili e amministrativi, l’avvio degli interventi per nuovi impianti sportivi nei plessi scolastici e la formazione delle competenze tecniche, digitali e manageriali per efficientare le prestazioni del sistema sanitario nazionale. Agli investimenti si aggiungono riforme in favore degli anziani non autosufficienti e delle persone con disabilità, le azioni per prevenire e contrastare il lavoro sommerso, lo sfruttamento dei lavoratori e le altre forme di lavoro irregolare, oltre alla definizione di uno standard nazionale per la professione di guida turistica.

Il lavoro del governo non si ferma. Il ministro per gli Affari europei, il PNRR e le Politiche di coesione, Tommaso Foti, che ha preso il posto di Raffaele Fitto, nuovo vicepresidente esecutivo della Commissione europea, garantisce l’impegno del Governo per formalizzare, entro fine anno, anche la richiesta di pagamento della settima rata, da 18,3 miliardi di euro, “prestando la massima attenzione all’attività di monitoraggio del Piano e delle misure inserite nelle ultime tre rate, alle risultanze delle Cabine di coordinamento presso le Prefetture e ai conseguenti piani di azione, all’allineamento della piattaforma ReGiS con l’Italia reale degli investimenti in corso, al fine di individuare i necessari correttivi per la piena e puntuale attuazione del Piano nei tempi previsti”.

Le sfide del neoministro Foti: per Bce rischio ritardi per due terzi dei cantieri Pnrr aperti

Tommaso Foti ha giurato da ministro nelle mani del presidente Mattarella e a lui desidero rivolgere le più sentite congratulazioni, mie personali e di tutto il Governo”, commentava questa mattina la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. “Il ministro Foti raccoglie il testimone di Raffaele Fitto, neo vicepresidente esecutivo della Commissione europea, e io sono certa che saprà lavorare con la sua stessa determinazione e la sua stessa meticolosità. Per il bene dell’Italia e degli italiani”.

Cosa erediterà Foti lo ha ricordato la Bce proprio oggi, in un documento che fa il punto sugli effetti dei piani nazionali di ripresa e resilienza nell’eurozona e ovviamente in Italia, Paese che beneficia della cifra più alta tra gli Stati che hanno ottenuto fondi Pnrr, ovvero 191,5 miliardi di euro. “Fino a giugno 2024, il Paese aveva completato 269 traguardi e obiettivi, inclusi importanti provvedimenti di riforma. Alla fine di dicembre 2023, oltre l’85% dei fondi disponibili era stato assegnato agli enti di attuazione, con circa 120 miliardi destinati alle amministrazioni pubbliche. Per quanto riguarda l’implementazione dei progetti di investimento che richiedono una procedura di gara, più della metà del finanziamento (circa 56 miliardi) è stato messo a gara. Questo importo è iniziato a crescere nel 2022 e ha accelerato nel 2023 – si legge nel report pubblicato sul blog della Banca centrale europea – quando sono stati messi a gara più di 28 miliardi, principalmente legati a contratti di valore medio (tra 1 e 5 milioni di euro) e ad alto valore (oltre 5 milioni di euro) per progetti infrastrutturali di grande portata”.

Andando un po’ più nel dettaglio, l’analisi sottolinea che “il monitoraggio del Pnrr con microdati mostra che l’Italia ha compiuto significativi progressi nell’esecuzione delle opere pubbliche. Tra il primo trimestre del 2023 e il secondo trimestre del 2024, la percentuale di gare Pnrr che hanno attivato un cantiere è aumentata da meno del 10% a più del 35%. Questa quota corrisponde a più della metà dell’importo complessivo già messo a gara, indicando che le gare più grandi sono entrate nella fase di esecuzione. La maggior parte delle gare per le quali i lavori non sono ancora iniziati (quasi i due terzi) sono comunque state aggiudicate. In termini di avanzamento dei lavori, il 18% dei progetti è stato completato. Tuttavia – evidenzia la Banca centrale europeadei cantieri aperti e in corso, circa i due terzi sono a rischio di ritardi nei tempi previsti. Esistono differenze nell’esecuzione delle opere pubbliche in tutto il paese, con il sud Italia che fatica a tenere il passo con le altre aree. Ciò è dovuto a una maggiore congestione e all’avvio di opere pubbliche relativamente più complesse”.

Guardando avanti e guardando l’intero continente, secondo la Bce le spese pubbliche e le riforme strutturali legate al Recovery and Resilience Facility (Rrf) hanno il potenziale di aumentare il prodotto interno lordo dell’area dell’euro dello 0,4-0,9% entro il 2026 e dello 0,8-1,2% entro il 2031, a seconda della produttività del capitale e del grado di assorbimento dei fondi. Tuttavia, si prevede che l’impatto delle riforme strutturali aumenterà nel tempo, mentre l’effetto delle spese pubbliche inizialmente prevalenti svanirà. Per quanto riguarda l’Italia e la Spagna, l’impatto sul Pil fino al 2026 è significativo, con stime comprese tra l’1,3% e l’1,9% per noi e tra l’1,2% e l’1,7% per Madrid. In merito invece al debito pubblico, la Bce stima che l’impatto complessivo del Rrd sull’Italia e la Spagna ridurrà il rapporto debito/PIL di circa 7-8 punti percentuali entro il 2031, assumendo una produttività del capitale media e un alto assorbimento dei fondi nei prossimi due anni.

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