Pnrr, ok Commissione Ue al pagamento settima rata. Meloni: “Confermiamo primato”

Dopo l’invio, ieri, della richiesta di pagamento dell’ottava rata del Pnrr da 12,8 miliardi, oggi l’Italia incassa l’ok al pagamento della settima rata, da 18,3 miliardi dalla Commissione europea.

Con la revisione tecnica, che ha aggregato in un unico traguardo i tre obiettivi connessi alle misure su rinnovabili, batterie e alla riforma del rischio finanziario associato ai contratti di acquisto per le energie rinnovabili, gli obiettivi programmati e conseguiti sono 64, suddivisi in 31 milestone e 33 target.

Con il pagamento della settima rata, rivendica Giorgia Meloni, “l’Italia confermerà il primato europeo nell’avanzamento del Piano, con oltre 140 miliardi di euro ricevuti, corrispondenti al 72% della dotazione finanziaria complessiva e al 100% degli obiettivi programmati nelle prime sette rate, pari a 334 tra milestone e target, obiettivi tutti conseguiti nel pieno rispetto del cronoprogramma stabilito dalla Commissione”. La premier lo definisce un primato anche qualitativo: “Abbiamo dimostrato di essere capaci di utilizzare in modo virtuoso gli strumenti che l’Europa ci ha fornito e siamo diventati un modello per gli altri Stati membri”, osserva, dicendosi orgogliosa del “grande lavoro” fatto finora. Un lavoro che non è terminato, ricorda: “Deve anzi continuare con la medesima determinazione, per una Nazione sempre più moderna, produttiva e competitiva, forte e inclusiva, consapevole e pronta alle sfide globali del presente e del futuro”.

Tra gli obiettivi conseguiti figurano diverse riforme, come la legge sulla concorrenza, le misure per velocizzare i pagamenti della Pubblica Amministrazione e la revisione del servizio civile universale.

“Alla settima rata – spiega il ministro per gli Affari europei, il Pnrr e le politiche di coesione, Tommaso Fotisono legati diversi investimenti strategici“. Come il collegamento elettrico tra Sardegna, Corsica e penisola, SA CO I.3, e il collegamento elettrico sottomarino tra Sicilia, Sardegna e penisola, Tyrrhenian Link. Infrastrutture “fondamentali per implementare le reti di trasmissione dell’energia elettrica e per rafforzare l’autonomia energetica dell’Italia, con l’obiettivo di garantire energia a famiglie e imprese a condizioni migliori”, sostiene Foti.

La valutazione positiva per il pagamento di questa rata segue la presentazione della richiesta di pagamento dell’ottava rata, a “conferma dell’allineamento del Piano italiano con la roadmap europea del Pnrr, nel pieno rispetto dei suoi impegni, delle sue priorità e della sua scadenza finale ad agosto 2026”, riferisce il ministro.

Agli investimenti sulle infrastrutture energetiche si aggiungono altri interventi, come il potenziamento della flotta di autobus e di treni a emissioni zero per il trasporto regionale, dei nodi metropolitani e dei principali collegamenti nazionali, la riqualificazione di molte stazioni ferroviarie, le misure per la cybersicurezza, l’attivazione di 480 Centrali Operative Territoriali (COT) per rafforzare le prestazioni in materia di salute pubblica, gli investimenti per una migliore gestione delle risorse idriche, il conferimento di 55.000 borse di studio agli studenti meritevoli meno abbienti per l’accesso all’Università, di 7.200 borse di dottorato per la ricerca e di ulteriori 6.000 borse per dottorati innovativi, specificatamente dedicate alle imprese.

Dazi, Meloni convoca vertice a Chigi. Poi spiega: “Non è catastrofe che tutti raccontano”

Nei palazzi di Roma, il ‘Liberation day’ after è frenetico. Dopo l’annuncio dei dazi di Donald Trump ai Paesi europei, Giorgia Meloni deve correre ai ripari. La premier annulla tutti gli impegni in agenda e convoca d’urgenza i ministri competenti a studiare una strategia per proteggere il Made in Italy da effetti potenzialmente devastanti. “Penso che la scelta degli Stati Uniti sia sbagliata, non favorisce né l’economia europea né quella americana, ma non dobbiamo alimentare l’allarmismo che sto sentendo in queste ore“, spiega in serata, in un’intervista al Tg1. “Non smetteremo di esportare negli Stati Uniti“, garantisce, pur ammettendo che “ovviamente abbiamo un altro problema da risolvere, ma non è la catastrofe che alcuni stanno raccontando“. Il ruolo dell’Italia è “portare gli interessi italiani, particolarmente in Europa“, ribadisce. Perché mentre si tratta con gli americani, osserva, “ci sono molte cose che possiamo fare per rimuovere i dazi che l’Unione europea si è autoimposta“. E sostiene che “forse una revisione del Patto di stabilità a questo punto sarebbe necessaria“.

A Palazzo Chigi arrivano il vice Matteo Salvini, con i ministri Giancarlo Giorgetti (Economia), Adolfo Urso (Imprese), Tommaso Foti (Rapporti europei), Francesco Lollobrigida (Agricoltura). In videocollegamento da Bruxelles c’è l’altro vicepremier, Antonio Tajani, reduce da un nuovo confronto con il commissario al Commercio Maros Sefcovic.

Nell’incontro europeo, fa sapere la Farnesina, “i due hanno convenuto sulla necessità di mantenere un approccio fermo ma basato sul dialogo, volto ad evitare un’ulteriore escalation sul fronte commerciale”. Il piano prevede la diversificazione dei mercati dell’export. Solo per l’Italia, gli Stati Uniti valgono il 10%. Si guarda dunque a nuovi accordi commerciali con Paesi terzi, come i Paesi del Mercosur, l’India (dove Tajani andrà tra qualche giorno) e altre economie emergenti chiave nell’Indo-Pacifico, in Africa e nel Golfo. Ieri, il ministro degli Esteri ha annunciato anche la nomina del nuovo inviato speciale dell’Italia nell’Imec (il corridoio India-Medio Oriente-Europa) Francesco Maria Talò. Al Commissario, il ministro consegna la strategia per l’export italiano lanciata a Villa Madama qualche giorno fa per rafforzare la presenza delle imprese italiane in tutti i mercati in crescita. “Il mio disegno sarebbe quello di avere un mercato unico transatlantico, zero tariffe di qua e zero tariffe di là, quello sarebbe il modo migliore per sviluppare il commercio e rinforzare la posizione dell’Occidente“, confessa il titolare della Farnesina, che affida a Sefcovic la lista dei prodotti italiani su cui bisognerebbe intervenire per essere tutelati (“compreso il whisky e tutta la produzione vinicola”), nella trattativa che ci sarà all’interno dell’Ue in vista della decisione del Consiglio di lunedì in Lussemburgo. “Ci sono cibi – riferisce -, settori che riguardano il settore della gioielleria, le pietre preziose”. Insomma, “una lunga lista di una trentina di punti“.

Mentre il ministro degli Esteri è in riunione col commissario europeo, da Roma il leader del Carroccio però fa trasmettere una nota in cui continua a difendere la strategia di Trump e ad attaccare l’Europa: “Nelle ultime ore Matteo Salvini si è confrontato con il gruppo economico della Lega, ribadendo che se gli Stati Uniti hanno deciso di tutelare le proprie imprese, è necessario che l’Italia continui a difendere con determinazione il proprio interesse nazionale anche alla luce dei troppi limiti dell’Europa“, scrive il partito. Che nel tardo pomeriggio firma un’altra nota, più diretta ancora verso l’Ue: “Prima di pensare a guerre commerciali o contro-dazi che sarebbero un suicidio, l’Unione europea tagli burocrazia, vincoli e regole europee che soffocano le imprese italiane, azzerando il Green deal e il tutto elettrico“.

A riportare le intenzioni del governo dopo il vertice, però, è Urso rispondendo a un’interrogazione durante il question time al Senato. “Noi guidiamo il fronte delle riforme in Europa“, rivendica, elencando una serie di richieste del governo a Bruxelles. L’immediata sospensione delle regole del Green Deal che “hanno portato al collasso il settore delle auto“; un immediato “shock di deregulation” che liberi da lacci e lacciuoli le imprese; l’introduzione del principio del “Buy European“, speculare al Buy American; la preferenza in ogni appalto pubblico del Made in Europe; la finalizzazione di accordi di libero scambio con altre aree del mondo per mercati alternativi; una politica industriale come delineata nei documenti sulla revisione del Cbam. Questo è un pacchetto d’azione che proteggerebbe il tessuto imprenditoriale europeo senza entrare in scontro aperto con gli Stati Uniti. Perché, spiega l’inquilino di Palazzo Piacentini, “rispondere ai dazi su beni con altri dazi su beni aggrava l’impatto sull’economia europea“. Secondo la Bce i dazi americani avrebbero un impatto dello 0,3% sulla nostra crescita e le eventuali contromisure aggraverebbero l’impatto allo 0,5. Ma, avverte Urso: “Secondo altri istituti, l’effetto moltiplicatore negativo sarebbe ancora peggiore”. La prima regola, quindi, è “non farci altro male da soli innescando un’escalation di ritorsioni che scatenerebbe una devastante guerra commerciale“, spiega il ministro a Palazzo Madama. Occorre reagire “in modo intelligente, mantenendo la calma per valutare le conseguenze dirette e indirette e quindi la migliore risposta, tenendo anche conto che le misure americane differiscono in modo sostanziali: sarebbero pari al 20% per i beni europei ma ben maggiori per altri Paesi, in alcuni casi oltre il 50%”, scandisce. Nei prossimi giorni, il ministro incontrerà le associazioni di impresa per valutare con loro le possibili contromisure da prendere.

Domanda cautela anche Foti: “Dobbiamo capire se dietro questa iniziativa vi è una volontà di andare fino in fondo o di cercare, nazione per nazione, di riequilibrare una bilancia commerciale che nel caso degli Stati Uniti è pesantemente deficitaria rispetto a quanto viene esportato“, afferma. La prima risposta, ribadisce, la deve dare l’Unione europea e “certo non bisogna dare delle risposte di pancia”. In generale, per Foti, “più che scendere in una polemica serve fermezza e idee chiare su come si vuole agire, cioè la reazione deve esserci ma non deve essere una reazione di pancia, deve essere una reazione che suggerisce anche al nostro interlocutore americano che è meglio sedersi a un tavolo”.

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Pnrr, Commissione europea versa all’Italia la sesta rata da 8,7 miliardi

L’Italia è ancora in testa in Ue per importo di finanziamento del Pnrr. Oggi la Commissione europea versa la sesta rata, da 8,7 miliardi di euro, portando il finanziamento ricevuto da Roma a 122 miliardi, il 63% della dotazione complessiva del Piano italiano (194,4 miliardi di euro).
Il pagamento segue la valutazione positiva della Commissione, adottata lo scorso 26 novembre, connessa al conseguimento di 39 obiettivi, distinti in ventitré milestone e sedici target.

Un risultato positivo per la premier, Giorgia Meloni, che spiega “permetterà all’Italia di investire in molti settori strategici intensificando la produzione in attività in cui questo Governo ha creduto fin dal suo insediamento”. Il pagamento della sesta rata, riferisce la presidente del Consiglio, è “frutto di un intenso lavoro, svolto in sinergia anche con la Commissione europea, che ci spinge a proseguire in questa direzione per il benessere della nazione e dei cittadini”.

Tra gli obiettivi conseguiti con il pagamento della sesta rata ci sono investimenti strategici come il potenziamento dei collegamenti ferroviari del Mezzogiorno e del centro Italia, la realizzazione di nuove infrastrutture per il trasporto del gas (Linea Adriatica) e per l’autonomia energetica dell’Italia, il rinnovo della flotta per il Comando nazionale dei Vigili del Fuoco, i crediti d’imposta per la transizione ecologica 4.0 e l’attivazione della misura per la transizione ecologica 5.0, rispetto alla quale sono in corso modifiche normative per renderla più accessibile e vantaggiosa per le imprese, il rafforzamento della dotazione organica dei tribunali penali, civili e amministrativi, l’avvio degli interventi per nuovi impianti sportivi nei plessi scolastici e la formazione delle competenze tecniche, digitali e manageriali per efficientare le prestazioni del sistema sanitario nazionale. Agli investimenti si aggiungono riforme in favore degli anziani non autosufficienti e delle persone con disabilità, le azioni per prevenire e contrastare il lavoro sommerso, lo sfruttamento dei lavoratori e le altre forme di lavoro irregolare, oltre alla definizione di uno standard nazionale per la professione di guida turistica.

Il lavoro del governo non si ferma. Il ministro per gli Affari europei, il PNRR e le Politiche di coesione, Tommaso Foti, che ha preso il posto di Raffaele Fitto, nuovo vicepresidente esecutivo della Commissione europea, garantisce l’impegno del Governo per formalizzare, entro fine anno, anche la richiesta di pagamento della settima rata, da 18,3 miliardi di euro, “prestando la massima attenzione all’attività di monitoraggio del Piano e delle misure inserite nelle ultime tre rate, alle risultanze delle Cabine di coordinamento presso le Prefetture e ai conseguenti piani di azione, all’allineamento della piattaforma ReGiS con l’Italia reale degli investimenti in corso, al fine di individuare i necessari correttivi per la piena e puntuale attuazione del Piano nei tempi previsti”.

Le sfide del neoministro Foti: per Bce rischio ritardi per due terzi dei cantieri Pnrr aperti

Tommaso Foti ha giurato da ministro nelle mani del presidente Mattarella e a lui desidero rivolgere le più sentite congratulazioni, mie personali e di tutto il Governo”, commentava questa mattina la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. “Il ministro Foti raccoglie il testimone di Raffaele Fitto, neo vicepresidente esecutivo della Commissione europea, e io sono certa che saprà lavorare con la sua stessa determinazione e la sua stessa meticolosità. Per il bene dell’Italia e degli italiani”.

Cosa erediterà Foti lo ha ricordato la Bce proprio oggi, in un documento che fa il punto sugli effetti dei piani nazionali di ripresa e resilienza nell’eurozona e ovviamente in Italia, Paese che beneficia della cifra più alta tra gli Stati che hanno ottenuto fondi Pnrr, ovvero 191,5 miliardi di euro. “Fino a giugno 2024, il Paese aveva completato 269 traguardi e obiettivi, inclusi importanti provvedimenti di riforma. Alla fine di dicembre 2023, oltre l’85% dei fondi disponibili era stato assegnato agli enti di attuazione, con circa 120 miliardi destinati alle amministrazioni pubbliche. Per quanto riguarda l’implementazione dei progetti di investimento che richiedono una procedura di gara, più della metà del finanziamento (circa 56 miliardi) è stato messo a gara. Questo importo è iniziato a crescere nel 2022 e ha accelerato nel 2023 – si legge nel report pubblicato sul blog della Banca centrale europea – quando sono stati messi a gara più di 28 miliardi, principalmente legati a contratti di valore medio (tra 1 e 5 milioni di euro) e ad alto valore (oltre 5 milioni di euro) per progetti infrastrutturali di grande portata”.

Andando un po’ più nel dettaglio, l’analisi sottolinea che “il monitoraggio del Pnrr con microdati mostra che l’Italia ha compiuto significativi progressi nell’esecuzione delle opere pubbliche. Tra il primo trimestre del 2023 e il secondo trimestre del 2024, la percentuale di gare Pnrr che hanno attivato un cantiere è aumentata da meno del 10% a più del 35%. Questa quota corrisponde a più della metà dell’importo complessivo già messo a gara, indicando che le gare più grandi sono entrate nella fase di esecuzione. La maggior parte delle gare per le quali i lavori non sono ancora iniziati (quasi i due terzi) sono comunque state aggiudicate. In termini di avanzamento dei lavori, il 18% dei progetti è stato completato. Tuttavia – evidenzia la Banca centrale europeadei cantieri aperti e in corso, circa i due terzi sono a rischio di ritardi nei tempi previsti. Esistono differenze nell’esecuzione delle opere pubbliche in tutto il paese, con il sud Italia che fatica a tenere il passo con le altre aree. Ciò è dovuto a una maggiore congestione e all’avvio di opere pubbliche relativamente più complesse”.

Guardando avanti e guardando l’intero continente, secondo la Bce le spese pubbliche e le riforme strutturali legate al Recovery and Resilience Facility (Rrf) hanno il potenziale di aumentare il prodotto interno lordo dell’area dell’euro dello 0,4-0,9% entro il 2026 e dello 0,8-1,2% entro il 2031, a seconda della produttività del capitale e del grado di assorbimento dei fondi. Tuttavia, si prevede che l’impatto delle riforme strutturali aumenterà nel tempo, mentre l’effetto delle spese pubbliche inizialmente prevalenti svanirà. Per quanto riguarda l’Italia e la Spagna, l’impatto sul Pil fino al 2026 è significativo, con stime comprese tra l’1,3% e l’1,9% per noi e tra l’1,2% e l’1,7% per Madrid. In merito invece al debito pubblico, la Bce stima che l’impatto complessivo del Rrd sull’Italia e la Spagna ridurrà il rapporto debito/PIL di circa 7-8 punti percentuali entro il 2031, assumendo una produttività del capitale media e un alto assorbimento dei fondi nei prossimi due anni.

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