L’obiettivo del G7: creare 14 corridoi marittimi verdi nel prossimo decennio

All’ultimo G7 dei Trasporti che si è svolto a giugno in Giappone – incentrato sulla sostenibilità e l’accessibilità – uno dei tempi più ‘caldi’ è stato quello dei Green Shipping Corridors, ovvero dei corridoi marittimi verdi. Meglio ancora: il processo di decarbonizzazione delle rotte merci via mare. Come è noto, in questo settore il percorso di abbattimento della Co2 è stato avviato ma procede ancora con eccessiva lentezza se è vero che in Europa il trasporto ‘via nave’ produce una quantità di gas serra (circa 140 milioni di tonnellate) non più compatibile con gli standard che si sono dati a Bruxelles. Di qui l’esigenza di identificare rotte marittime sostenibili da affrontare con navi che abbiano emissioni zero a livello di anidride carbonica, ‘collegate’ a infrastrutture e a una logistica le più sostenibili possibile. Un salto in avanti nel tempo, un balzo verso una dimensione che non a tutti è nota e non a tutti conviene. Però è facile immaginare che indietro non si torni.

L’obiettivo stabilito dal G7 giapponese è di creare almeno 14 corridoi verdi entro la metà del decennio, un piano che il viceministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, Edoardo Rixi, ha definito impegnativo ma non impossibile da realizzare. Il vero obiettivo, però, è a più lungo termine: arrivare a zero emissioni nette di gas serra da parte del traffico mercantile entro il 2050, con traguardi intermedi nel 2030 e nel 2040. E’ scontato che si renderanno necessari investimenti anche ingenti per mettere a terra questa transizione che viene ormai considerata “ineludibile” da tutti gli stakeholder.

Comunque, primi passi in questa direzione sono già stati compiuti. A marzo, ad esempio, i porti di Los Angeles, Tokyo e Yokohama hanno firmato una lettera di intenti per dare vita a un corridoio decarbonizzato. Si legge nel testo che “il ministero giapponese condividerà le competenze e le migliori pratiche per ridurre l’inquinamento legato ai porti con l’Ufficio del Governatore per lo Sviluppo Economico e le Imprese (GO-Biz), il California Air Resources Board e la California Energy Commission”.
Il primo accordo in questa direzione risale però al gennaio 2022 quando il porto di Los Angeles, il porto di Shanghai e C40 Cities hanno annunciato una partnership tra città, porti, compagnie di navigazione e una rete di proprietari di merci per creare il primo corridoio marittimo verde al mondo: il corridoio di spedizione verde Los Angeles-Shanghai

Dal G7 l’impegno per accelerare l’uscita dai combustibili fossili

I Paesi industrializzati del G7 si sono impegnati domenica ad “accelerare” la loro “uscita” dai combustibili fossili in tutti i settori, senza però fissare una nuova scadenza, e hanno deciso di puntare congiuntamente all’azzeramento dell’inquinamento da plastica entro il 2040. L’impegno ad abbandonare i combustibili fossili (petrolio, gas, carbone) non si applica però a quelli con impianti di cattura e stoccaggio della CO2, secondo il comunicato congiunto dei ministri del clima, dell’energia e dell’ambiente del G7, riuniti da sabato a Sapporo (Giappone settentrionale). Invece di un calendario preciso, i principali Paesi industrializzati (Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Canada) hanno vagamente incluso questo obiettivo nei loro sforzi per raggiungere la neutralità energetica del carbonio entro il 2050 “al più tardi“. L’anno scorso si erano già impegnati a decarbonizzare la maggior parte dei loro settori elettrici entro il 2035, obiettivo riconfermato domenica.

A dimostrazione della difficoltà dei negoziati, i Paesi non si sono impegnati a fissare una data per la graduale eliminazione del carbone nel settore elettrico, anche se il Regno Unito, sostenuto dalla Francia, aveva proposto il 2030. Sul fronte ambientale, i Paesi del G7 si sono impegnati a ridurre a zero l’inquinamento aggiuntivo da plastica entro il 2040, in particolare attraverso l’economia circolare, riducendo o abbandonando la plastica monouso e non riciclabile. Germania, Francia, Ue, Regno Unito e Canada fanno già parte di una coalizione internazionale che ha assunto lo stesso impegno lo scorso anno. Ma è la prima volta che Stati Uniti, Giappone e Italia si uniscono a loro. La questione è cruciale: la quantità di rifiuti di plastica è raddoppiata a livello mondiale in vent’anni e solo il 9% di essi viene effettivamente riciclato, secondo l’OCSE. E le Nazioni Unite stimano che la quantità di plastica scaricata negli oceani sarà quasi triplicata entro il 2040.

I membri del G7 hanno dovuto dimostrare unità e determinazione dopo l’ultimo allarmante rapporto di sintesi del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), pubblicato a marzo. Secondo l’IPCC, il riscaldamento globale causato dall’attività umana raggiungerà 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali entro il 2030-2035. Ciò mette ulteriormente a rischio l’obiettivo dell’Accordo di Parigi del 2015 di limitare l’aumento della temperatura a questo livello, o almeno ben al di sotto dei 2°C.

Domenica il G7 ha anche riaffermato il suo impegno a lavorare con altri Paesi sviluppati per raccogliere 100 miliardi di dollari all’anno per i Paesi emergenti per combattere il riscaldamento globale, un impegno che risale al 2009 e che originariamente doveva essere raggiunto entro il 2020. Un vertice per migliorare l’accesso ai finanziamenti per il clima per i Paesi in via di sviluppo, una questione delicata e cruciale, è previsto per la fine di giugno a Parigi.

Dato il contesto geopolitico globale molto teso, con la guerra in Ucraina dall’anno scorso e le proposte conservatrici del Giappone sul gas naturale, le ONG ambientaliste temevano che la riunione di Sapporo si sarebbe risolta in una regressione. Il G7 ha convenuto, come l’anno scorso, che gli investimenti nel gas naturale “possono essere appropriati” per aiutare alcuni Paesi a superare l’attuale crisi energetica. Ma allo stesso tempo è stato sottolineato il primato di una transizione energetica “pulita” e la necessità di ridurre la domanda di gas. Anche l’altra proposta giapponese di far riconoscere l’ammoniaca e l’idrogeno come co-combustibili “puliti” per le centrali termoelettriche è stata circondata da garanzie. Il G7 ha insistito sul fatto che queste tecnologie devono essere sviluppate da fonti “a basse emissioni di carbonio e rinnovabili“.

Le ONG ambientaliste, tuttavia, sono rimaste deluse. “Ci sono alcune buone notizie” negli annunci del G7 “ma manca ancora l’ambizione” di affrontare le sfide, ha detto Daniel Read di Greenpeace.

A Bali vertice G7-Nato. Poi leader in visita a foresta mangrovie

La guerra entra nei confini dell’Unione europea e salta la giornata dei leader al secondo giorno di lavori del G20 a Bali, in Indonesia. Nel diluvio di missili russi sui cieli ucraini, nel villaggio polacco di Przewodov, al confine, un’esplosione fa due morti e la Polonia allerta l’esercito.

Gli appuntamenti slittano, mentre tra Kiev e Mosca le accuse rimbalzano. Con i leader del mondo riuniti a Bali, gli Stati Unici convocano una riunione urgente del G7 con la Nato. Al tavolo il presidente Joe Biden, il premier spagnolo Pedro Sanchez, la premier Giorgia Meloni, il presidente francese Emmanuel Macron, la premier il canadese Justin Trudeau, il premier giapponese Fumio Kishida, il primo ministro dei Paesi Bassi, Mark Rutte, il premier inglese Rishi Sunak. Presenti anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel.

Meloni scende nella hall dell’albergo e procede spedita verso la riunione dei leader, senza rilasciare dichiarazioni. Palazzo Chigi fa sapere poi di una telefonata con il premier polacco Mateusz Morawiecki per esprimergli la sua solidarietà e parla di “fortissima apprensione e preoccupazione” per quanto accaduto in Polonia. “E’ conferma della gravità e delle conseguenze della ingiustificata aggressione russa nei confronti dell‘Ucraina“, spiega lei su Twitter.

Il mondo al G20 chiede una de-escalation, mentre la Russia continua a bombardare: “E’ totalmente inconcepibile“, tuona Biden al termine della riunione. A ogni modo, “è improbabile che il missile che ha fatto due vittime in Polonia sia stato sparato dalla Russia“, lasciando intendere che è stato abbattuto nei cieli ucraini. A far luce sulla vicenda sarà un’indagine polacca, alla quale G7 e Nato offrono supporto, ritenendo la Russia “responsabile dei suoi sfacciati attacchi alla comunità ucraina“. I Paesi resteranno in stretto contatto per, spiegano in una nota congiunta, “determinare i passi successivi appropriati man mano che le indagini procedono“.

A riunione finita, i leader raggiungono la foresta delle mangrovie di Hutan, coinvolta nel programma di ripristino degli esemplari su un’area di 600mila ettari. Giorgia Meloni è l’ultima ad arrivare, dopo un bilaterale con il canadese Trudeau, in cui sul tavolo c’è l’impegno reciproco sulla transizione climatica. Nella foresta, i leader in polo e camicie bianche piantano simbolicamente un albero.

Il G7 spinge su price cap a petrolio russo via mare, serve l’unanimità Ue

Si spinge per il price cap sul petrolio russo via mare, ora serve l’unanimità tra i 27 membri dell’Unione europea. Il vertice ministeriale del G7 delle Finanze ha approvato il piano per stabilire un tetto al prezzo dei prodotti petroliferi in arrivo da Mosca e la palla passa a Bruxelles, dove dovrà essere aggiornato il sesto pacchetto di sanzioni, quello che per un mese (durante tutto il mese di maggio) era rimasto ostaggio del veto dell’Ungheria di Viktor Orbán.

Confermiamo la nostra intenzione politica comune di finalizzare e attuare un divieto globale di servizi che consentano il trasporto marittimo di greggio e prodotti petroliferi di origine russa a livello globale“, si legge nel comunicato del G7 ministeriale, che riprende l’impegno del vertice dei leader a Elmau di impedire alla Russia di trarre profitto dalla guerra di aggressione in Ucraina e di sostenere la stabilità dei mercati energetici globali. “La fornitura di tali servizi sarà consentita solo se il petrolio e i prodotti petroliferi saranno acquistati a un prezzo pari o inferiore rispetto a quello determinato dall’ampia coalizione di Paesi che aderiscono al price cap e lo attuano“, specificano i ministri di Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti.

Il price cap sul petrolio è “specificamente concepito” per ridurre le entrate del Cremlino, ma allo stesso tempo anche per “limitare l’impatto della guerra russa sui prezzi globali dell’energia“, permettendo ai fornitori di servizi del settore di operare con prodotti petroliferi russi via mare venduti solo a un prezzo pari o inferiore al tetto fissato: “Questa misura si baserebbe e amplificherebbe la portata delle sanzioni esistenti, in particolare del sesto pacchetto dell’Ue, garantendo la coerenza attraverso un solido quadro globale“. Come confermato anche dal commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, adesso bisogna “allargare il sostegno europeo e globale al price cap, contro gli extra profitti destinati alla guerra e per ridurre i prezzi dell’energia“. L’accordo del G7 “si basa e rafforza ulteriormente” il sesto pacchetto di sanzioni dell’Unione, in linea con le tempistiche concordate del 5 dicembre per il greggio e del 5 febbraio del prossimo anno per i prodotti petroliferi.

Il tetto iniziale dei prezzi sarà basato su “una serie di dati tecnici” e sarà deciso “dall’intera coalizione prima dell’attuazione in ogni giurisdizione“, precisano i sette ministri, che sottolineano con forza che la comunicazione sarà fatta in modo “pubblico, chiaro e trasparente“. Inoltre, “il prezzo, l’efficacia e l’impatto saranno monitorati attentamente e il livello dei prezzi sarà rivisto se necessario“. Secondo le previsioni del G7, l’attuazione pratica del price cap sul petrolio russo importato via maresi baserà su un modello di registrazione e attestazione che coprirà tutti i tipi di contratti pertinenti“, limitando le possibilità di aggirare il regime e riducendo al minimo l’onere amministrativo per gli operatori di mercato. Nel frattempo continuerà il confronto con Paesi e parti interessate “in vista della progettazione e dell’implementazione definitiva“.

L’obiettivo è proprio quello di creare “un’ampia coalizione per massimizzare l’efficacia” della misura: “Esortiamo tutti i Paesi che vogliono ancora importare petrolio e prodotti petroliferi russi a impegnarsi a farlo solo a prezzi pari o inferiori al massimale di prezzo“, ribadiscono i ministri del Gruppo dei Sette. Il punto di forza della misura è non solo l’ambizione di affrancarsi dal petrolio in arrivo da Mosca per chi ne ha la forza e la volontà, ma soprattutto l’essere “particolarmente vantaggiosa per i Paesi, in particolare quelli vulnerabili a basso e medio reddito, che soffrono per gli alti prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari“. È proprio in quest’ottica che saranno sviluppati anche “meccanismi di mitigazione mirati accanto alle nostre misure restrittive“, in modo da garantire che i partner più svantaggiati possano mantenere la sicurezza dell’accesso ai mercati dell’energia, “anche dalla Russia“.

G7, tre pilastri per Club del clima internazionale entro fine 2022

Un circolo per nulla esclusivo, ma aperto a tutti i Paesi del mondo. Entro la fine dell’anno” sarà istituito un “Club del clima” internazionale, “aperto e cooperativo, per spingere il percorso verso la neutralità climatica entro il 2050. È questa la volontà messa nero su bianco in un allegato specifico alle conclusioni del vertice del G7 a Schloss Elmau, in Baviera. Un Club che sostenga “l’effettiva attuazione” dell’Accordo di Parigi, considerato che al momento “né l’ambizione climatica globale né l’attuazione sono sufficienti” per raggiungerne gli obiettivi, notano “con preoccupazione” i leader del Gruppo dei Sette (Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia e Stati Uniti).

Il Club del clima internazionale si baserà su tre pilastri. Il primo riguarda la promozione delle politiche di mitigazione “per ridurre l’intensità delle emissioni delle economie partecipanti nel percorso verso la neutralità climatica“: le politiche e i risultati saranno resi “coerenti con le nostre ambizioni“, saranno rafforzati “i meccanismi di misurazione e rendicontazione delle emissioni” e contrastata la “rilocalizzazione delle emissioni di carbonio a livello internazionale“. In parallelo, il secondo pilastro pone l’obiettivo di “trasformare congiuntamente le industrie per accelerare la decarbonizzazione“, anche a partire dai target dell’Agenda per la decarbonizzazione industriale, del Patto d’azione per l’idrogeno e dell’espansione dei mercati per i prodotti industriali verdi.

Infine, la terza gamba del Club del clima internazionale è il rafforzamento dell’ambizione internazionale a “sbloccare i benefici socio-economici della cooperazione per il clima e promuovere una giusta transizione energetica“. Partnenariati e cooperazione internazionale serviranno a mobilitare il sostegno e l’assistenza ai Paesi in via di sviluppo, non solo per la decarbonizzazione dell’energia e dei settori industriali, ma anche per la trasparenza, la capacità tecnica, lo sviluppo e la diffusione del trasferimento tecnologico, “a seconda del loro livello di ambizione climatica“, si legge nell’allegato firmato dai leader del G7.

Il Club del Clima, “in quanto forum intergovernativo ad alta ambizione“, avrà una natura “inclusiva e aperta a tutti i Paesi del mondo che si impegnano ad attuare ‘pienamente’ l’Accordo di Parigi e le relative decisioni, in particolare il Patto per il Clima di Glasgow. “Invitiamo i partner, compresi i principali emettitori, i membri del G20 e altre economie emergenti e in via di sviluppo, a intensificare le discussioni e le consultazioni con noi su questo tema“, è l’invito finale dei sette ‘Grandi’ della Terra, che designeranno ciascuno il proprio ministro competente “per sviluppare termini di riferimento completi, raggiungendo partner interessati e ambiziosi“, negli ultimi sei mesi del 2022.

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Al G7 raggiunta intesa su price cap per gas e petrolio

Non solo il petrolio, come desiderava da principio Joe Biden, ma anche il gas, come auspicava (da molto prima dell’ultimo Consiglio europeo) Mario Draghi. Al G7 di Garmish, in coda a una lunedì di straordinaria intensità operativa, si è raggiunta l’intesa per mettere un tetto ai prezzi dei prodotti energetici più ‘gettonati’ del pianeta. Toccherà proprio ai ministri ‘energetici’ fare in modo che questa linea di condotta comune ai Sette Grandi passi dallo stato teorico a quello pratico.

Perché c’è “urgenza” di fare in maniera che i prezzi di gas e petrolio, segnatamente forniti dalla Russia, non siano più soggetti a manovre speculative, mettendo sotto controllo l’impennata delle bollette e, per estensione del concetto, l’inflazione. I negoziati hanno partorito l’agognato sì alle nove della sera, quando di solito ci si accomoda al tavolo per consumare la cena, superando perplessità (Germania) e ritrosie (Francia), dando in qualche modo ragione alla linea italiana che punta sul price cap almeno da un paio di mesi. Il premier, tornato dal Consiglio europeo con una mezza vittoria (avrebbe voluto una convocazione straordinaria per luglio, in realtà se ne parlerà a ottobre), questa volta può sorridere consapevole che ha ottenuto al G7 ciò che non gli è riuscito pienamente a livello europeo. “Dobbiamo continuare a lavorare su come imporre un tetto al prezzo del gas”, aveva insistito Draghi mentre le delegazioni tecniche stavano ancora pensando al modo più proficuo per raggiungere il risultato finale.

Il preludio all’accordo di poche ore dopo, quasi che il premier avesse capito che la discussione stava per incanalarsi per il verso giusto. A monte di tutto, l’obiettivo è abbastanza chiaro. Non solo sotto il profilo militare, ma anche geopolitico – e quindi energetico – Vladimir Putin non deve vincere: al G7 se ne sono fatti una ragione, passando sopra a qualsiasi dubbio. Nella conferenza stampa di oggi verrà spiegato tutto questo e, magari, altro ancora.

G7, coordinamento tra leader su sicurezza energetica e alimentare

Scendono in campo i leader. Unione Europea, Stati Uniti, G7, a cercare soluzioni coordinate alle crisi scatenate dall’invasione russa in Ucraina: alimentare ed energetica, in primis. “Siamo uniti e determinati a sostenere la produzione e l’esportazione di grano, olio e altri prodotti agricoli e promuoveremo iniziative coordinate che stimolino la sicurezza alimentare globale“. È quanto si legge nelle conclusioni del vertice dei leader G7 in Baviera, che intimano al Cremlino di cessare “senza condizioni” gli attacchi alle infrastrutture agricole e di trasporto dei cereali, oltre a “consentire il libero passaggio delle spedizioni dai porti ucraini nel Mar Nero.

L’aggressione armata russa, “caratterizzata da bombardamenti, blocchi e furti“, in questi mesi ha “gravemente impedito” a Kiev di esportare prodotti agricoli, con “forti aumenti dei prezzi e dell’insicurezza alimentare per milioni di persone“. Una situazione che il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, ha definito un “missile alimentare lanciato dalla Russia contro i più vulnerabili“, dopo il confronto con il presidente dell’Unione Africana, Macky Sall: “Sostengo personalmente il suo appello perché diventi membro del G20“, ha commentato, sottolineando la necessità di “ripetere con l’Africa ciò che abbiamo fatto con i vaccini“, ovvero “sostenere la produzione locale di fertilizzanti sostenibili per migliorare la produzione“.

Ma è l’energia a occupare il nucleo centrale delle discussioni tra i leader di Canada, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Italia, Stati Uniti (alla presenza di quelli Ue). In un incontro aperto anche ad Argentina, India, Indonesia, Senegal e Sudafrica, è stato concordato di “esplorare le opzioni per decarbonizzare il mix energetico e accelerare la transizione dalla dipendenza dai combustibili fossili”. A questo si aggiunge la “rapida espansione” delle fonti rinnovabili e l’efficienza energetica. Alla base dell’accordo globale c’è la collaborazione sulle riforme delle politiche energetiche per “accelerare la decarbonizzazione delle economie verso l’azzeramento delle emissioni“, garantendo allo stesso tempo “l’accesso universale a un’energia sostenibile e a prezzi accessibili“.

Discussioni che riguardano da vicino i Paesi Ue e l’intesa con il maggiore tra i partner, gli Stati Uniti del presidente Joe Biden. Nella dichiarazione congiunta, firmata dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, è stato messo nero su bianco che Bruxelles e Washington intensificheranno gli sforzi per “ridurre ulteriormente le entrate della Russia derivanti dall’energia nei prossimi mesi“, ma anche “la dipendenza dell’Ue dai combustibili fossili russi, diminuendo la domanda di gas naturale, cooperando sulle tecnologie di efficienza energetica e diversificando le forniture“. Una risposta coordinata che passa dalla task force Ue-Stati Uniti sulla sicurezza energetica europea (istituita il 25 marzo), per rispondere al “continuo utilizzo del gas naturale come arma politica ed economica“, che “ha esercitato pressioni sui mercati, aumentato i prezzi per i consumatori e minacciato la sicurezza energetica globale“.

Al G7 focus sull’energia: Draghi ripropone price cap gas

L’energia al centro della seconda giornata del G7 in corso a Elmau, in Germania, con il presidente del Consiglio Mario Draghi che ha ribadito ai leader l’importanza dell’attivazione di un tetto massimo al prezzo del gas. Secondo quanto si apprende, non è escluso che dal vertice possa arrivare un accordo sul price cap per il petrolio russo. L’invito a “limitare i prezzi del petrolio” esportato da Mosca è arrivato anche dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha ricordato: “Per noi è importante una presa di posizione coerente dei Paesi del G7 sulle sanzioni. Devono essere ulteriormente rafforzate”. Sul petrolio, dunque, si potrebbe arrivare a una conclusione, mentre è più difficile che venga trovata un’intesa sul tetto massimo al prezzo del gas, nonostante le richieste di Draghi.

Come annunciato, al G7 di oggi, uno dei temi affrontati sarebbe stato quello riguardante la sicurezza alimentare: “Siamo uniti e determinati a sostenere con forza l’Ucraina nella produzione e nell’esportazione di grano, olio e altri prodotti agricoli e promuoveremo iniziative coordinate che stimolino la sicurezza alimentare globale e affrontino le cause dell’evoluzione della crisi alimentare mondiale“, si legge nelle conclusioni del vertice dei leader. I Grandi hanno poi ricordato come la Russia abbia un’enorme responsabilità per le crescenti minacce alla sicurezza alimentare globale come risultato del conflitto.

(Photo credits: LUKAS BARTH / POOL / AFP)

G7

Chiuso il vertice G7: impegni misurabili su energia, clima e transizione verde

Lotta al cambiamento climatico, tutela della biodiversità e sicurezza energetica. Non cambiano gli obiettivi di breve e lungo termine del G7, ma dal vertice dei ministri del Clima, dell’energia e dell’ambiente del 25-27 maggio sono emersi obiettivi e strategie che possono essere misurabili, oltre le dichiarazioni d’intenti.

L’energia è la questione urgente, considerate le conseguenze della guerra russa in Ucraina sui mercati internazionali e sull’amento dei prezzi di petrolio, gas, carbone e minerali. “Entro la fine dell’anno” serviranno “progressi significativi” sull’efficienza energetica e sull’introduzione di tecnologie pulite, sicure e sostenibili, ma anche sulla diversificazione dell’approvvigionamento dell’Europa, si legge nella dichiarazione congiunta. Si potranno sfruttare forniture di gas naturale liquefatto (GNL) e considerare “misure efficaci” per fermare l’aumento dei prezzi, senza compromettere la politica climatica.

g7

Ecco perché le economie del G7 dovranno anche impegnare “almeno 1300 miliardi di dollari in fonti rinnovabili, triplicando gli investimenti in energia pulita e reti elettriche tra il 2021 e il 2030” ed eliminando i rallentamenti alle procedure di autorizzazione. In questo modo si favorirà la sicurezza delle forniture e la riduzione dei rischi climatici legati alla dipendenza dalle fonti fossili, oltre alla crescita economica e la “creazione di 2,6 milioni di posti di lavoro nel prossimo decennio”. Da rilevare l’impegno “entro il 2030” sulla parità di retribuzione e di genere nel settore dell’energia pulita.

Sempre sul piano delle rinnovabili, sarà necessario “un settore elettrico prevalentemente decarbonizzato entro il 2035”, con la priorità di eliminare la produzione di energia dal carbone non abbattuto e i sussidi ai combustibili fossili “entro il 2025”. Allo stesso modo, si dovrà garantire che il settore stradale sia “altamente decarbonizzato entro il 2030”. Per quanto l’idrogeno a basse o zero emissioni avrà un “ruolo centrale” nel futuro – e per questo il G7 ha lanciato l’Hydrogen Action Pact sulla cooperazione nel suo sviluppo, regolamentazione e promozione – ci si aspetta che “nel prossimo decennio” più Paesi adottino il nucleare nel proprio mix energetico, attraverso tecnologie avanzate come i reattori modulari di piccole dimensioni.

Cruciale è la questione dell’azzeramento netto delle emissioni di gas serra entro il 2050, a cui tutti i Paesi si devono allineare “con urgenza”. Contro i cambiamenti climatici sono due gli impegni da sottolineare: una “mobilitazione congiunta di 100 miliardi di dollari il prima possibile e fino al 2025” per azioni di mitigazione “significative”, e lo stop ai nuovi sostegni pubblici diretti al settore dei combustibili fossili non abbattuti “entro la fine del 2022”, fatte salve “circostanze limitate e chiaramente definite”. Sarà necessario anche “raddoppiare entro il 2025” l’erogazione di finanziamenti ai Paesi in via di sviluppo per l’adattamento agli obiettivi climatici e, per rafforzare il valore di queste iniziative sulla decarbonizzazione, si promuoverà l’istituzione di un Club del Clima internazionaleaperto e cooperativo”.

Il capitolo sulla protezione della natura sottolinea infine l’urgenza della “mobilitazione di risorse finanziarie private e pubbliche, nazionali e internazionali entro il 2025” e l’eliminazione delle sovvenzioni dannose per la biodiversità “al più tardi entro il 2030”. Dopo il successo della Roadmap di Bologna sull’economia circolare, il G7 ha adottato la Roadmap di Berlino per implementare gli strumenti sul raggiungimento degli obiettivi climatici. Inoltre, è stata fissata la data del 2030 per la conservazione e la protezione di terre, acque terrestri e oceani. Nello specifico, per la tutela degli oceani contro l’inquinamento da plastica è stato chiesto uno “strumento internazionale giuridicamente vincolante” sulla diversità marina nelle acque internazionali.

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Clima, verso il G7 dell’Ambiente. Cingolani: “Alleanza per emissioni zero”

Stabilire un’alleanza globale per la protezione del clima, promuovere una transizione energetica pulita, sostenibile e inclusiva, preservare la biodiversità rafforzando le attività correlate all’efficienza delle risorse e all’economia circolare, migliorare la sostenibilità della gestione delle sostanze chimiche, proteggere i mari e tutelare la biodiversità marina. Questi i temi oggetto di discussione alla riunione dei ministri del Clima, dell’Energia e dell’Ambiente dei Paesi del G7 che si terrà il 26 e 27 maggio a Berlino.

In merito all’incontro, nel corso dell’informativa alla Camera, il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha lanciato un messaggio inequivocabile: “Innalzare le ambizioni non è sufficiente. Occorre un richiamo forte a tutti i grandi emettitori, specie quelli che sono membri del G20, a presentare nuovi obiettivi di riduzione in linea con il mantenimento della temperatura globale a 1.5 gradi centigradi e gli impegni adottati a Glasgow“, ha sottolineato il ministro.

CLUB SUL CLIMA

E, in questa direzione, un’importante proposta arriva dalla Germania. Lo ha ricordato lo stesso Cingolani, riferendosi alla costituzione di un ‘Club sul clima’ al fine di allineare le politiche e misure climatiche soprattutto nei settori industriali, accelerando il taglio delle emissioni e, al contempo, “prevenire distorsioni al mercato e il fenomeno del carbon leakage”. Tre i pilastri, ha spiegato il ministro, sui quali poggia il Climate Club: “Misurazione delle emissioni ricorrendo a strumenti quali il Carbon Border Adjustment Mechanism (Cbam); progressiva trasformazione dei settori industriali attraverso approcci comuni di decarbonizzazione delle industrie; sviluppo di partnership internazionali per la sostenibilità nel settore energetico, nelle economie emergenti e nei paesi in via di sviluppo con la progressiva diffusione delle rinnovabili“.

EMISSIONI ZERO ENTRO 2050

Cingolani, nel corso dell’informativa, ha poi ricordato che per il settore energetico “è emersa inoltre, la determinazione ad accelerare la transizione verso un futuro a zero emissioni nette entro il 2050, mantenendo al contempo la sicurezza e l’accessibilità dei sistemi energetici”, anche attraverso la “rapida espansione delle rinnovabili”.

METANO

Tutti temi sul tavolo del prossimo G7, la cui agenda sarà fitta di proposte e nodi da sciogliere. Come quello relativo alla riduzione delle emissioni di metano. “La presidenza tedesca – ha detto Cingolani – ha proposto l’impegno di sviluppare dei piani di azione nazionali volti a diminuirle”. L’obiettivo è quello di “riaffermare l’impegno definito in ambito del Global Methane Pledge adottato a Glasgow per la riduzione delle emissioni globali di metano antropogenico di almeno il 30% al di sotto dei livelli del 2020 entro il 2030”. “L’Italia ha proposto, e la membership G7 ha accolto – ha aggiunto Cingolani – di considerare anche il ruolo delle tecnologie waste-to-fuel (come il biometano) quale preziosa opportunità per mitigare le emissioni di metano“.

IDROGENO

In tema di rinnovabili, al vertice di Berlino si parlerà anche di idrogeno, “elemento chiave verso una piena decarbonizzazione delle economie”. L’idea, ha ricordato il titolare del Mite, è quella di lanciare il “G7 Hydrogen Action Pact, iniziativa volta ad accelerare e rafforzare l’azione congiunta nel campo dell’idrogeno, nonché a favorire le sinergie e la razionalizzazione delle attività svolte nelle diverse piattaforme multilaterali già esistenti”. “Promuovere lo sviluppo e la definizione di standard settoriali comuni al fine di favorire la produzione, l’uso, il commercio e il trasporto di idrogeno è obiettivo anche dell’Italia”, ha fatto sapere Cingolani.