Cresce innovazione aziende ma solo 20% imprese ha ricevuto sostegni pubblici

Nel triennio 2020-2022, più di un’azienda su due ha investito in attività di innovazione, con un’incidenza pari al 58,6% delle imprese industriali e dei servizi con almeno 10 addetti, come fa sapere l’Istat. Un dato che conferma la crescente propensione delle imprese italiane, anche quelle di dimensioni più contenute, a intraprendere percorsi innovativi. Tra le piccole aziende con 10-49 addetti, il 55,8% ha infatti svolto attività di innovazione, segno che anche le realtà minori non sono escluse da questa tendenza.

Il settore industriale, in particolare, si conferma il più orientato all’innovazione, con il 65,1% delle imprese impegnate in attività di aggiornamento tecnologico e sviluppo. A seguire, i servizi (56,1%) e le costruzioni (46,7%), con un quadro che riflette una crescente attenzione all’innovazione anche in ambiti tradizionalmente meno tecnologizzati. Nel triennio analizzato, poi, il 32,8% delle imprese ha introdotto almeno un nuovo prodotto. A livello dimensionale poi, cresce l’impegno in questo campo nelle imprese più grandi: il 57% ha investito in nuovi prodotti, a fronte del 30,9% delle piccole. L’industria, in particolare, si distingue per l’adozione di innovazioni nel prodotto, con settori come l’elettronica, l’industria chimica, farmaceutica, la fabbricazione di autoveicoli e macchinari che vedono una percentuale di imprese innovatrici di oltre il 50%.

Se da un lato cresce l’investimento in innovazione, dall’altro, però, emergono delle criticità legate alla carenza di risorse, sottolinea l’istituto di statistica. Circa il 25,9% delle imprese ha dichiarato di non aver intrapreso ulteriori attività innovative a causa di limitazioni finanziarie o di personale. In termini di finanziamenti pubblici, solo il 20% delle aziende innovative ha ricevuto sostegni, con una prevalenza in quella di dimensione maggiore. L’industria in senso stretto risulta essere il settore che più di altri beneficia di risorse pubbliche per l’innovazione, con un 24% delle aziende che dichiarano di aver ricevuto contributi. Tra i settori più supportati ci sono quelli ad alta intensità tecnologica come la ricerca e sviluppo, l’informatica e la pubblicità.

Un altro aspetto analizzato dall’Istat riguarda infine la sostenibilità: nel periodo 2020-20222, il 40,1% delle imprese che hanno innovato ha perseguito anche obiettivi ambientali. In particolare, il 36,1% ha ottenuto benefici ambientali positivi in fase di produzione, mentre il 28,5% ha portato a benefici in fase di consumo e utilizzo dei prodotti. Gli interventi più diffusi riguardano la riduzione del consumo di energia e delle emissioni di Co2, con un’attenzione crescente alla sostenibilità, soprattutto nelle grandi imprese, che si confermano le più attive in questo campo.

Innovazione e tecnologia protagoniste alla Borsa della Ricerca

La gestione di una serra da remoto e la conseguente riduzione delle risorse idriche ed energetiche. Una capsula per il trasporto con droni di prodotti biomedicali come sangue e organi e ancora, l’utilizzo di tecniche 3D per ricostruire i tessuti biologici e ottenere un’indagine più accurata sui tumori e risultati certi.  Sono solo alcune delle attività di ricerca presentate a oltre 100 aziende di tutti i settori, durante il XV Forum Borsa della Ricerca a Catania, organizzato dalla Fondazione Emblema, in collaborazione con la Regione Siciliana e l’Università degli Studi di Catania.

Durante i tre giorni si sono svolti più di 1200 appuntamenti per promuovere il trasferimento tecnologico e l’innovazione. L’evento rappresenta un’opportunità per le startup e Pmi siciliane di crescere e stringere collaborazioni con attori nazionali e internazionali.

“La Borsa della Ricerca – ha sottolineato Tommaso Aiello, presidente della Fondazione Emblema – è un evento unico in Italia che vuole creare un ponte diretto tra chi ha un prodotto, una soluzione di immediato utilizzo sul mercato e le imprese e gli investitori interessati a farne una produzione su larga scala.

Il rettore dell’Università di Catania, Francesco Priolo, ha sottolineato il ruolo centrale dell’Ateneo nei progetti PNRR e nell’ecosistema dell’innovazione siciliano, evidenziando l’importanza della ricerca e dello sviluppo industriale.

Secondo Edy Tamajo, assessore delle Attività Produttive della Regione Siciliana, la Borsa della Ricerca è una straordinaria occasione per il tessuto imprenditoriale siciliano.

 

 

A Italian Tech Week tecnologia e intelligenza artificiale applicati alla sostenibilità

Tecnologia, innovazione, intelligenza artificiale applicate all’ambiente e alla sostenibilità: dai trasporti all’energia, dal riciclo al miglioramento delle condizioni degli allevamenti, dalla misurazione dei parametri ambientali alla piantumazione di alberi laddove c’è stato un disastro climatico. Si parlerà anche di questo all’Italian Tech Week di Torino, da oggi, 27 settembre, e fino a venerdì 29 settembre, evento annuale di Italian Tech, il content hub di Gedi, prodotto in collaborazione con Exor Ventures e Vento, interamente dedicato all’innovazione e alla tecnologia. Un’edizione ancora più ampia e ricca di ospiti internazionali, storie di innovazione e di successo, che verranno presentate nell’hub creativo di Ogr Torino.

Più di 160 ospiti da più di 10 Paesi, oltre 80 incontri, circa 50 tra workshop e 29 masterclass, oltre alla presenza di 4 importanti premi rivolti a startup e giovani imprenditori. Tra gli ospiti più attesi: Brian Chesky, fondatore di Airbnb e, in collegamento, Sam Altman, fondatore e ceo di OpenAI. Ci saranno, inoltre: l’esperto di robotica e docente dell’Università di Osaka Hiroshi Ishiguro, Matilde Giglio, co-founder di Even, Francesca Gargaglia, co-founder e coo di Amity, Caroline Yap, Managing Director Global AI Business Google Cloud, Anthea Comellini, Ingegnere presso Thales Alenia Space e Astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea, Massimo Banzi, co-fondatore di Arduino, Mattia Barbarossa, ceo, founder e cto di Sidereus Space Dynamics, Maddalena Adorno, co-founder e ceo di Dorian Therapeutics, Marco Formento, Global Innovation & Esg Director Dolce & Gabbana, Federico Marchetti, fondatore di Yoox, Giorgio Metta, direttore scientifico dell’Istituto italiano di tecnologia, Bruce Sterling, scrittore di fantascienza.

Corposo il pacchetto di appuntamenti dedicato alla sostenibilità. A 5 anni dalla tempesta Vaia che alla fine di ottobre 2018 ha messo in ginocchio le Dolomiti, abbattendo in poche ore 42 milioni di alberi dalle sferzate di un vento inarrestabile e di una pioggia devastante, quei tronchi hanno una nuova vita: l’azienda Vaia realizza altoparlanti per telefonini a forma di cubo e pianta un nuovo albero per ogni cubo venduto. A Torino sarà presente Federico Stefani, uno dei fondatori dell’azienda. Cura del verde e politiche sociali al centro dell’attività di Lorenzo Di Ciaccio di Ridaje; progetto romano esportato in altre parti d’Italia, che assegna ai cittadini (associazioni, consorzi, aziende) la cura delle aree verdi abbandonate.

Le aree sono poi curate da homeless ai quali viene insegnato giardinaggio e fornito supporto psicologico. Il progetto prevede anche un crowdfunding, per ospitare i “neogiardinieri”. Ambra Milani, invece, Ido & Co-founder Cynomys, è specializzata nel monitoraggio ambientale e nelle analisi dei consumi in allevamento, e lavorano per rendere gli allevamenti più sostenibili. A Itw sarà presente anche Daniel Ramot, co-founder di Via che fa smart mobility e ottimizza percorsi e itinerari per ridurre il traffico e l’inquinamento, e Fabrizio Martini, co fondatore di Electra Vehicles, startup italiana che ha trovato il modo di rendere le batterie delle auto più efficienti e ha già varie sedi nel mondo e centinaia di dipendenti.

Mattarella

Mattarella: Sostenibilità, finanza, innovazione per futuro del Pianeta

Il futuro del Pianeta passa da una “governance adeguata“, che resta lo “strumento per vincere le sfide globali“. Lo dice il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nella sua Palermo, per la sedicesima edizione del Simposio Cotec Europa, dedicata al tema ‘Innovazione nella finanza sostenibile’, assieme al Re di Spagna, Felipe VI, e al presidente della Repubblica del Portogallo, Marcelo Rebelo de Sousa. Il discorso del capo dello Stato è ad ampio raggio, ma con un preciso punto di partenza: “Sostenibilità, finanza e innovazione” sono “parole chiave” che “trovano largo spazio nell’agenda internazionale e interpellano i Governi“. Per questo la riflessione sul potere trasformativo dell’innovazione tocca tutti i settori “anche quello della finanza e sul ruolo di quest’ultima nel mobilitare risorse per obiettivi di inclusione e crescita“. Mattarella guarda a quelle che definisce “trasformazioni gemelle“, la transizione digitale e quella ecologica e “al significato che assumono per una gestione responsabile dell’avvenire del pianeta e un modello di sviluppo equo“.

Perché “si tratti dell’ambiente, della salute, dell’istruzione, della lotta alla povertà, della tutela dei diritti fondamentali, il combinato di tali sfide appare immane e certamente tale da necessitare non solo la mobilitazione di risorse di matrice pubblica ma anche il coinvolgimento della società civile“. Gli effetti del cambiamento climaticosono sotto gli occhi di tutti“, dunque, alla “pressante esigenza di fornire risposte attendibili e durature” si aggiunge la “necessità di porre riparo a disuguaglianze che accrescono, in molteplici aree del globo“. Equità è un termine che ricorre spesso negli interventi pubblici del presidente della Repubblica, anche per questo motivo rileva come “pandemia e rinnovate tensioni internazionali, a partire dalla guerra scatenata dalla Federazione Russa contro l’indipendenza dell’Ucraina, hanno provocato un rallentamento delle economie, con una contrazione delle capacità di spesa in tutti i Paesi, soprattutto in quelli a più basso reddito“.

Tra l’altro, avverte, “le tensioni geopolitiche rischiano di alimentare progressive fratture nei rapporti internazionali, tali da compromettere il contesto degli accordi raggiunti in sede globale nello stesso sistema delle Nazioni Unite“. Con il rischio di “riproporre la narrativa di un mondo diviso tra un ‘club’ di Paesi agiati e arroccati nel loro egoismo, di Paesi protagonisti, come i Brics, di un impetuoso, talvolta contraddittorio, ciclo di sviluppo e, infine, di Paesi del sud abbandonati a un destino di povertà“. Una lettura respinta da Italia, Spagna e Portogallo, che non vogliono “arrendersi a una deriva di questo tipo“. Però, spiega Mattarella, “non possiamo farci guidare soltanto dalle emergenze“, quindi “l‘impegno nella realizzazione degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite richiama a un’azione ad ampio raggio, in grado di coinvolgere più attori possibili“. Ergo “La sola mobilitazione di risorse pubbliche, come è stato osservato, risulterebbe in ogni caso insufficiente” e diventa “vitale dar vita a un processo virtuoso con il coinvolgimento del settore privato in partenariati che moltiplichino le capacità di spesa“. Ma “il sistema finanziario deve applicare meccanismi e regole efficaci per indirizzare sempre più risorse private verso settori e progetti sostenibili da un punto di vista ambientale e sociale“.

Il capo dello Stato, inoltre, considera “del tutto incongruo” che i Paesi emergenti e quelli in via di sviluppo “accettino di pagare il prezzo ambientale e sociale che ha pesato sui Paesi di più remota industrializzazione nel loro percorso di crescita“. In questo scenario si inserisce il monito sulla “riforma dell’architettura finanziaria internazionale” che Mattarella considera “una prima sfida per rendere disponibili maggiori risorse per lo sviluppo, principalmente attraverso riforme mirate ad una migliore efficienza delle banche multilaterali di settore“, non dimenticando che “la diplomazia della crescita sostenibile identifica anzitutto nel capitale umano la forza trainante di un futuro fatto di sostenibilità, innovazione e inclusività“.

L’Italia “è chiamata a fare la sua parte“, ricorda ancora il presidente della Repubblica, elencando i prossimi appuntamenti multilaterali: il secondo vertice Onu sui Sistemi Alimentari di luglio, il G20 e la Cop28. Ma allo stesso tempo “occorre proseguire una riflessione condivisa sulle innovazioni che effettivamente possano sostenere un’agenda di accelerazione verso gli obiettivi delineati in sede Onu” e su questi temi “Spagna, Portogallo, Italia, con l’Unione europea, possono assolvere a un ruolo importante“, come quello di “favorire il consolidamento e l’integrazione delle finanze pubbliche dei Paesi emergenti, anche per aumentare la loro capacità di attrarre finanziamenti internazionali destinati all’ammodernamento sostenibile“. E poi l’innovazione, cogliendo “l’opportunità di finanziare la formazione, la ricerca e l’applicazione di nuove tecnologie nei Paesi partner“. Perché il domani passa anche da questi fattori.

Italgas sceglie Torino: entro 2026 il nuovo polo innovazione per energia green

Un nuovo polo dell’innovazione dove verranno sviluppati studi e ricerche su metano, biometano e idrogeno verde, contribuendo attivamente al processo di decarbonizzazione e di transizione verso un futuro più sostenibile. E’ il progetto di Italgas che, grazie ad un investimento da 35 milioni di euro, vedrà la luce nella storica sede della società a Torino, in corso Regina Margherita. Il campus, presentato da Città di Torino e Italgas, darà lavoro a circa 250 persone a regime e, attraverso l’avvio di partnership e collaborazioni, dialogherà con le più importanti istituzioni accademiche e gli atenei in Italia e all’estero. Ospiterà, inoltre, il Cyber Range del gruppo, all’interno del quale saranno sviluppate e testate le caratteristiche di sicurezza informatica e resilienza degli apparati e dei sistemi digitali di nuova generazione.

Non solo ricerca, ma anche un occhio attento alla riqualificazione della città e all’ambiente. Il progetto, infatti, comporterà la riqualificazione complessiva dell’area che si estende per circa 44mila metri quadrati (di cui 14mila dedicati ai laboratori), attraverso la ristrutturazione conservativa degli edifici preesistenti e l’ammodernamento delle aree esterne. Inoltre verrà realizzato un nuovo edificio ad alta efficienza energetica che ospiterà un Hub per la ricerca e l’innovazione. Infine è prevista la creazione di spazi verdi e aree per la cittadinanza: oltre 9mila metri quadrati di percorsi pedonali e ciclabili all’interno del sito.

Il cronoprogramma dei lavori prevede due distinte fasi realizzative: entro il 2025 verranno riqualificati tutti gli edifici esistenti e le aree esterne, mentre nel 2026 sarà completato il nuovo Hub e verranno valorizzati i due gasometri, strutture di archeologia industriale dal grande valore storico e identificativo per la città. Parallelamente Italgas effettuerà interventi migliorativi delle aree pubbliche limitrofe alla sede, in particolare in corso Farini, con una nuova viabilità ciclabile e pedonale, estensione degli spazi verdi con aree gioco per i più piccoli e riqualificazione di parcheggi e aiuole.

Dopo l’importante intervento di ristrutturazione e valorizzazione architettonica degli edifici e dell’area di Largo Regio Parco, continuiamo a investire in innovazione a Torino – ha dichiarato l’Amministratore Delegato di Italgas, Paolo Gallo -. Per l’area di Corso Regina Margherita inizia una nuova fase: siamo orgogliosi di poter realizzare un progetto che proietta ulteriormente la città nel futuro energetico del Paese e allo stesso tempo contribuisce al rilancio di un’area tanto importante per il tessuto urbano. Qui sorgerà un polo dedicato all’innovazione e all’eccellenza, senza dimenticare la storia di Italgas e della città, che sarà visibile nella valorizzazione di due gasometri che svettano dall’area e che, negli anni, sono diventati elementi caratteristici del paesaggio urbano”.

Preinvel, il filtro che con l’aria abbatte micropolveri industriali

Un filtro in grado di risolvere uno dei più grossi problemi legati all’inquinamento ambientale: l’eliminazione delle micro e nano polveri da combustioni e lavorazioni industriali. La tecnologia è brevettata a livello internazionale dalla start-up Preinvel, dopo anni di studio e ricerca.

Volevamo fare qualcosa di concreto, era giusto dare un nostro contributo perché nessuno potesse più essere vittima dell’inquinamento industriale, le cui prime vittime sono, purtroppo, le fasce più deboli della popolazione“, spiegano gli sviluppatori. Un’intuizione che ha un obiettivo ambizioso, puntare a una transizione industriale pulita e scardinare il mito dell’incompatibilità tra diritto alla salute e quello al lavoro: “Nell’immaginario collettivo di ogni cittadino che vive in contesti urbani in cui è presente un sito produttivo, sono molto chiare le immagini terribili dell’inquinamento e il suo impatto devastante sull’ambiente circostante e sulla salute pubblica“, racconta il fondatore dalla start up pugliese, Angelo Di Noi.

Così, scandisce, ha trasformato una crisi in opportunità: “Le condizioni sfavorevoli e le problematiche fortemente impattanti sul contesto sociale possono trasformarsi in un incredibile motore propulsivo per trovare soluzioni innovative“.

Il sistema di filtraggio fluidodinamico risolve in “maniera efficiente, efficace e totalmente ecocompatibile“, assicura Preinvel, il problema delle emissioni industriali inquinanti. Il team di lavoro è composto da professionisti con competenze eterogenee (ingegneri, sociologi, giuristi, economisti, comunicatori) che hanno favorito un approccio “non ortodosso” e innovativo alle tematiche legate allo sviluppo di tecnologie ecosostenibili.

L’osservazione della natura e delle sue leggi ha permesso alla tecnologia di sfruttare il più efficiente, economico ed eco-compatibile dei sistemi filtranti: l’aria. Il ragionamento seguito è semplice e rivoluzionario: se si adopera un filtro fisico per “intrappolare” le polveri, non si sta risolvendo il problema, lo si sta solo spostando su un altro livello, perché qualsiasi mezzo fisico utilizzato per questo scopo, sarà per sua stessa natura destinato a saturarsi e diventare nel tempo sempre più inefficiente. Utilizzando il principio di Bernoulli, il filtro Preinvel crea gradienti di pressione e definisce aree di alta depressione capaci di catturare in maniera definitiva tutte le micropolveri inferiori a 0.5 micron prodotte nelle lavorazioni industriali. In questo modo si annullano le emissioni nocive garantendo efficienze filtranti altissime, costanti nel tempo e assicurando costi di manutenzione vicini allo zero, data l’assenza di componenti che necessiterebbero di periodiche manutenzioni o sostituzioni per usura o saturazione.

L’invenzione ha ricevuto il primo premio dell’Apulian Sustainable Innovation Award 2021 ed è stata selezionata da Zero, l’Acceleratore di startup Cleantech della Rete Nazionale Acceleratori di Cdp, che promuove la crescita del Paese ha come Partner Eni, la holding LVenture Group e la cooperativa sociale Elis e come Sponsor la multiutility Acea, Vodafone, la multinazionale dei computer Microsoft e Maire Tecnimont, leader del comparto di impiantistica.

Giorgetti

Dal Mise 2 mld per contratti di sviluppo: “sostegni a chi riduce emissioni e consumi”

Rafforzate le linee di intervento dei contratti di sviluppo per sostenere gli investimenti delle imprese su tutto il territorio nazionale e i progetti industriali che, attraverso l’elettrificazione dei processi produttivi e l’utilizzo di idrogeno, consentano di ridurre le emissioni di CO2 e i consumi di energia.

Il Mise ha annunciato che destinerà 2 miliardi di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione, per finanziare ulteriori 101 progetti da realizzare per l’80% nel Mezzogiorno e il 20% nel Centro – Nord, come previsto dalla normativa europea. In particolare, 1,5 miliardi di euro sono dedicati alle domande dei contratti di sviluppo già presentate con la procedura ordinaria mentre 500 milioni di euro finanzieranno nuovi progetti per il rilancio industriale. A queste si aggiungono ancora le risorse stanziate dal Governo nel decreto legge ‘Aiuti bis’: 40 milioni nel 2022, 400 milioni nel 2023, 12 milioni per ciascun anno dal 2024 al 2030, con l’obiettivo di sbloccare ulteriori progetti.

I contratti di sviluppo, come dichiara il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, hanno un impatto “altamente produttivo per la nostra industria”. “Per questa ragione abbiamo investito moltissimo su questo strumento chiedendone più volte il rifinanziamento. I contratti di sviluppo – aggiunge il ministro – mettono in moto un percorso virtuoso che vede il moltiplicarsi degli investimenti privati incentivati dalle agevolazioni finanziarie con ricadute positive anche per la finanza pubblica. Ritengo che gli accordi di sviluppo, anche in futuro, rappresentino una strada fondamentale per la nostra economia e per l’innovazione dell’industria italiana che può diventare sempre più competitiva”.

A sostegno dell’economia e del tessuto produttivo del Paese, che hanno risentito dell’impatto del conflitto in Ucraina, il ministro Giorgetti ha inoltre firmato il decreto che applica ai contratti di sviluppo le disposizioni del temporary framework adottato dalla Commissione europea. Prevede un regime favorevole in materia di aiuti di Stato per i progetti di imprese che, non comportando un aumento della capacità produttiva complessiva, consentono una riduzione sostanziale delle emissioni di gas serra delle attività industriali che attualmente fanno affidamento sui combustibili fossili come fonte di energia o materia prima ovvero a una riduzione sostanziale del consumo di energia nelle attività e nei processi industriali. Saranno pertanto agevolati gli investimenti industriali che perseguono uno dei seguenti obiettivi: la riduzione di almeno il 40% delle emissioni dirette di gas a effetto serra, mediante l’elettrificazione dei processi produttivi o l’utilizzo di idrogeno rinnovabile e di idrogeno elettrolitico in sostituzione dei combustibili fossili, oppure la riduzione di almeno il 20% del consumo di energia in relazione alle attività sovvenzionate. Un successivo provvedimento ministeriale stabilirà i termini di presentazione delle domande.

Sono soddisfatto per l’ulteriore risultato ottenuto in favore delle aziende danneggiate dagli effetti della guerra che ora potranno contare su altre misure che agevolano programmi e innovazioni per la tutela ambientale“, sottolinea Giorgetti. “Unendo le forze e utilizzando in maniera diversa gli strumenti a disposizione siamo in grado di sostenere meglio la nostra industria in un periodo particolarmente difficile, conclude il ministro.

offshore

L’evoluzione dell’eolico offshore ha al centro droni subacquei

In una vasca all’interno di un laboratorio di Edimburgo, gli ingegneri osservano concentrati la risalita in superficie di un drone subacqueo. Presto il dispositivo sarà in grado di andare in mare per lavorare alla manutenzione dei parchi eolici, una piccola rivoluzione per un settore in rapida espansione. Per il team di scienziati che ha sviluppato il ‘veicolo subacqueo a comando remoto’ (ROV) presso l’Università scozzese Heriot-Watt, il dispositivo rivoluzionerà il settore. Sarà in grado di effettuare operazioni di ispezione e manutenzione sui parchi eolici offshore, che finora erano attività rischiose e costose che richiedevano l’impiego di sommozzatori.

Il governo britannico ha piani molto ambiziosi per sviluppare l’energia eolica e ridurre le emissioni di CO2. Il potenziale di questo tipo di energia sembra essere ulteriormente rafforzato dall’impennata dei prezzi degli idrocarburi dovuta all’invasione russa dell’Ucraina. “Dobbiamo immaginare che tra 10 o 15 anni ci saranno centinaia di parchi eolici offshore, il che significa migliaia di turbine lungo la costa britannica“, racconta all’AfpYvan Petillot, professore di robotica alla Heriot-Watt University. “E c’è anche l’idrogeno che viene sviluppato” e spesso prodotto offshore, aggiunge. “Stiamo sviluppando tecnologie a distanza” con le quali “le persone possano ispezionare e mantenere queste fattorie dalla costa, senza mettere in pericolo nessuno“, spiega.

A maggio, il drone dotato di sensori ha condotto quella che si ritiene essere la prima ispezione autonoma di un parco eolico offshore. Il velivolo è stato impiegato nell’ambito di una sperimentazione presso il parco eolico EDF di Blyth, nel nord-est dell’Inghilterra, e ciò che ha filmato ha permesso agli scienziati di studiare le condizioni delle fondamenta delle turbine e dei cavi sommersi. Inoltre, il drone ha modellato una ricostruzione 3D della parte sommersa del parco, registrando l’accumulo di microrganismi, piante e alghe sulle turbine.

Se viene rilevato un problema, il ROV può essere utilizzato anche per effettuare le riparazioni. “Il sistema effettuerà prima un’ispezione autonoma del fondale marino e della sua struttura, e costruirà un modello 3D che qualcuno da terra potrà studiare per dire quale sia il guasto“, spiega Petillot. “In generale, se c’è corrosione, forse è necessario girare una valvola, collegare un cavo, cambiare un anodo o pulire la superficie“, spiega.

Maxime Duchet, ingegnere di EDF, ha dichiarato in un comunicato dopo la prova in mare che le immagini e i modelli raccolti dal drone miglioreranno notevolmente la conduzione delle operazioni di manutenzione sul sito. Anche se sono necessari ulteriori test, in particolare per stimare il tempo necessario per ispezionare l’intero parco, “è chiaro da questi risultati iniziali che questa tecnologia può garantire operazioni più sicure e veloci e ridurre l’impronta di carbonio” della manutenzione del parco, ha detto.

Gli ingegneri, che pilotano il drone con un joystick, affermano che il dispositivo è in grado di operare autonomamente per la maggior parte del tempo. Se si blocca o si concentra troppo su un aspetto dell’ambiente che sta studiando, uno scienziato può intervenire e reindirizzarlo. Per Petillot, l’uso di un drone potrebbe consentire a un maggior numero di scienziati di lavorare alla manutenzione remota dei parchi quando non sarebbero stati pronti a lavorare in mare. La manutenzione in mare è estremamente difficile e rischiosa. È complicato trovare sommozzatori o piloti qualificati. D’altra parte, invece, dice Petillot, è più facile trovare qualcuno che controlli un sistema come se stesse giocando a un videogioco.

Ricarica colonnina

Con la startup Reefilla arriva la ricarica delivery

Secondo un sondaggio realizzato da Deloitte a inizio anno, quasi sette italiani su dieci, oggi, accarezzano l’idea di acquistare un’auto elettrica, spinti da una crescente coscienza ecologica e dalla curiosità verso le nuove tecnologie green. Molti, tuttavia, finiscono ancora per desistere non solo a causa del costo dei mezzi, ma anche della difficoltà nel reperire colonnine di ricarica nel momento del bisogno. Un problema, questo, a cui si propone di dare soluzione la startup torinese Reefilla, con il suo inedito servizio di ricarica mobile predittiva in arrivo nei prossimi mesi. “Il nostro scopo primario è dare tranquillità all’utente, offrendogli una soluzione tempestiva e a domicilio”, sostiene Marco Bevilacqua, fondatore della realtà insieme a Pietro Balda e Gabriele Bergoglio. Il progetto rappresenta un’alternativa al tempo stesso flessibile e complementare alle colonnine di ricarica tradizionali e rientra nel settore della cosiddetta charge delivery, un ambito in cui nell’ultimo anno si sono affacciate già alcune prime realtà, come ad esempio E-Gap, presente nelle principali città italiane ed europee.

Trovare una stazione a cui collegare il mezzo, spostarlo una volta terminata la sessione e programmare gli spostamenti in modo da non esaurire la batteria sono tutti fattori di stress per l’automobilista”, spiega Bevilacqua. La soluzione trovata da Reefilla è l’accumulatore Fillee, in grado di garantire un’autonomia media di 120 chilometri in appena 30 minuti di ricarica. Per usufruirne direttamente sotto casa è sufficiente registrarsi alla piattaforma digitale dell’azienda, che è connessa con l’auto e ne rileva la posizione, prevedendone il fabbisogno energetico. Una volta loggato, l’utente non solo è in grado di richiedere una ricarica ‘on demand’, ma viene anche avvisato in anticipo sull’eventuale opportunità di ricevere una ricarica senza dover fare null’altro. “Abbiamo sviluppato un’organizzazione logistica su misura, che ci consente di raggiungere qualsiasi punto della città, anche nelle situazioni di parcheggio più complesse”, aggiunge Bevilacqua.

Reefilla, inoltre, si propone come una valida soluzione per chi ha difficoltà di tipo pratico in fase di ricarica. Le tradizionali colonnine prevedono, infatti, l’utilizzo di cavi voluminosi e una familiarità al digitale che non tutti possiedono. La startup, al contrario, adotta una filosofia molto simile a quella del mercato delivery, in cui all’utente viene riservata solo la fruizione del prodotto finale (in questo caso del mezzo) già pronto all’uso. “Si tratta di un’ottima possibilità anche per chi ha problemi di mobilità ridotta – prosegue Bevilacqua – in questo senso Reefilla ha anche una valenza sociale”.

Dal punto di vista tecnico, la ricarica mobile Reefilla sfrutta connettività e tecnologie già presenti a bordo di qualsiasi veicolo elettrico e non necessita di dispositivi aggiuntivi. Un fattore che non è sfuggito alle numerose società che si occupano del noleggio a breve e medio termine, che vedono già nei servizi proposti dalla startup un ulteriore optional da offrire ai propri clienti. “Il mondo business ha mostrato interesse per il progetto. Gran parte dei veicoli elettrici sul territorio italiano è a noleggio e la possibilità di effettuare la ricarica mobile può diventare un ulteriore fattore attrattivo per gli utenti, che insieme al canone per utilizzare l’auto pagheranno anche per delle cariche periodiche”.

L’azienda è pronta a lanciare il proprio servizio pilot a Milano il prossimo autunno. “Stiamo ottimizzando l’app in modo da renderla più user friendly possibile”, spiega Bevilacqua. “È proprio la dimensione urbana il nostro ambito di riferimento per il servizio di ricarica mobile. Anche per una questione logistica, funzioniamo meglio nelle città, proprio come avviene per i monopattini elettrici”. Città sì, ma non solo italiane. Dopo Milano, Reefilla è pronta a proporre il sevizio di ricarica mobile anche a Roma e Torino – dove vengono realizzati tutti i componenti utilizzati dall’azienda -, per poi guardare a metropoli europee come Berlino e Parigi.

(Photo credits: Instagram @reefilla)

In Arabia Saudita prima megalopoli green nel deserto: Neom

La futuristica megalopoli Neom in Arabia Saudita si estenderà per 170 chilometri e ospiterà due enormi grattacieli ricoperti di specchi. I nuovi piani li svela il principe ereditario Mohammed bin Salmane, anche se non fugano i dubbi sulla fattibilità economica e ambientale del progetto.

Chiamati ‘The Line’, i due enormi grattacieli paralleli alti 500 metri saranno il centro della città sul Mar Rosso, un progetto di punta da centinaia di miliardi di dollari di bin Salmane, sovrano de facto del regno, che sta cercando di diversificare l’economia del Paese ricco di petrolio.

Con i suoi taxi volanti e i robot domestici, Neom ha fatto molto scalpore già dall’annuncio del progetto, nel 2017, anche se architetti ed economisti restano scettici sulla fattibilità. Inizialmente è stata presentata come una “Silicon Valley” regionale, un polo biotecnologico e digitale di 26.500 chilometri quadrati. Ma, alla presentazione di ‘The Line’, il principe ha delineato una visione ancora più ambiziosa, descrivendo una città utopica senza automobili, la più vivibile “dell’intero pianeta“.

L’idea è di ripensare la vita urbana in un’area di soli 34 chilometri quadrati per affrontare “i problemi di vivibilità e dell’ambiente“, ha aggiunto. “Il progetto si è evoluto così tanto da quando è stato concepito che a volte è difficile determinarne la direzione“, commenta Robert Mogielnicki dell’Arab Gulf States Institute di Washington.

In passato, le autorità avevano previsto un milione di abitanti a Neom. Il principe ha ora fissato l’asticella a 1,2 milioni entro il 2030 e a nove milioni entro il 2045, puntando su un boom demografico che ritiene necessario per rendere l’Arabia Saudita una potenza economica in grado di competere in tutti i settori.
A livello nazionale, l’obiettivo è di raggiungere 100 milioni di persone entro il 2040, “quasi 30 milioni di sauditi e 70 milioni o più di stranieri“, rispetto ai circa 34 milioni di oggi, ha dichiarato Mohammed bin Salmane. “Questo è l’obiettivo principale della costruzione del Neom: aumentare la popolosità dell’Arabia Saudita. E dato che lo stiamo facendo da zero, perché copiare le città normali?“.

Larga solo 200 metri, ‘The Line intende rispondere all’espansione urbana incontrollata e dannosa per l’ambiente, impilando case, scuole e parchi l’uno sull’altro, secondo il modello dell'”urbanistica a gravità zero“. I residenti avranno accesso a “tutte le loro necessità quotidiane” nel raggio di cinque minuti a piedi, oltre ad altri servizi come piste da sci all’aperto e “un treno ad alta velocità che consente di raggiungere la città in 20 minuti“, spiega il comunicato di presentazione.

Anche Neom dovrebbe essere regolata da una propria legge, in fase di elaborazione, ma i funzionari sauditi hanno già detto che non hanno intenzione di abolire il divieto di bere alcolici imposto dal regno conservatore.

Altra sfida è quella di rispettare le promesse di tutela ambientale del Paese, che si è impegnato – senza convincere gli ambientalisti – a diventare carbon neutral entro il 2060. Secondo un video promozionale pubblicato lunedì, la città sarà alimentata interamente da energie rinnovabili e sarà caratterizzata da “un microclima temperato tutto l’anno con ventilazione naturale“.
Neom è ben posizionata per beneficiare dell’energia solare ed eolica e si prevede che ospiterà il più grande impianto di idrogeno verde del mondo. “Ma la fattibilità nel suo complesso non è chiara, date le dimensioni e i costi senza precedenti del progetto“, osserva Torbjorn Soltvedt della società di consulenza Verisk Maplecroft.

Il costo della “prima fase“, che durerà fino al 2030, è stimato in 1.200 miliardi di riyal sauditi (circa 319 miliardi di dollari), secondo il principe Mohammed.
Oltre alle sovvenzioni statali, si prevede che i fondi arriveranno dal settore privato e dall’Ipo di Neom prevista per il 2024.

Il finanziamento rimane una sfida potenziale, anche se l’attuale impennata dei prezzi del petrolio è più favorevole per il regno rispetto al primo periodo della pandemia da Covid-19. Inoltre, “il finanziamento è solo una parte dell’equazione“, sottolinea Robert Mogielnicki. “La domanda è più difficile da acquistare, soprattutto quando si chiede alle persone di partecipare a un esperimento su come vivere e lavorare nel futuro“.

(Photo credit: FRANCK FIFE/AFP)