Decreto Ponte pronto per Cdm. Salvini: “Progetto esecutivo entro fine luglio 2024”

Il decreto Ponte è pronto per il Consiglio dei Ministri. Matteo Salvini vuole portarlo sul tavolo già oggi. L’obiettivo è approvare il progetto esecutivo entro il 31 luglio 2024, per poi partire con i lavori. In bozza, Rfi, Anas e le Regioni Sicilia e Calabria diventano soci di minoranza con il Mef, “in misura non inferiore al 51 per cento”. Il Dicastero eserciterà i diritti dell’azionista d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al quale spettano funzioni di indirizzo, controllo, vigilanza tecnica e operativa sulla società. Per queste funzioni, il Mit avrà a disposizione una struttura tecnica di missione, che sarà responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, avendo anche funzioni amministrative di prevenzione dei tentativi di infiltrazione mafiosa.

Cinque i membri in Cda: presidente e Ad designati dal Ministero dell’economia e delle finanze d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un membro designato dalla Regione Calabria, uno dalla Regione Sicilia e uno da Rfi e Anas. Cinque anche i membri del Collegio sindacale (tre effettivi e due supplenti). Il Mit proporrà la nomina di un commissario straordinario qualora ce ne fosse bisogno, tenuto conto dell’attività di vigilanza. La concessione ha una durata di trent’anni dall’entrata in esercizio dell’opera. E’ un “grandissimo lavoro di squadra“, esulta Salvini, che rivendica di aver recuperato in pochi mesi “dieci anni di vuoto“. Il Ponte porterà, a suo avviso, “enorme quantità di inquinamento in meno, in aria e acqua, in via di quantificazione. Enorme risparmio di tempo e di soldi” e sarà l’opera “più green ed innovativa del mondo”. Di “sperpero di soldi pubblici parla Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde e deputato di Verdi e Sinistra. Da poco rientrato da Cutro, dove ha incontrato le famiglie dei migranti reduci dal naufragio del 26 febbraio e ha denunciato le gravi carenze della rete ferroviaria, Bonelli chiede alla premier di “fermare le manie di grandezza di Salvini“. Il progetto, denuncia, sarebbe “un vero e proprio salasso dei conti pubblici ai danni degli italiani, mentre a Sud abbiamo ancora vecchi treni e vecchie littorine a gasolio con un evidente stato di abbandono delle ferrovie, perdiamo oltre il 40% di acqua potabile perché abbiamo acquedotti colabrodo“. La richiesta è di sostituire il Dl Ponte con “almeno un decreto per rinforzare i treni che dal Nord portano al Sud, impedendo che il tragitto diventi una via crucis, e uno per sistemare gli acquedotti”.

Associazioni ambientaliste a Salvini: “Città 30 km/h modello di sostenibilità”

Le associazioni ambientaliste Legambiente, Fiab, Asvis, Kyoto Club, Vivinstrada, ANCMA, Salvaiciclisti, Fondazione Michele Scarponi, AMODO si schierano a favore delle Città 30 km/h  – peraltro già realizzato in diverse città europee – e chiedono un incontro al ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini attraverso una lettera congiunta inviata al dicastero. Secondo le realtà associative, il provvedimento è il più “innovativo ed efficace per contrastare l’incidentalità sulle strade urbane, in quanto coniuga una drastica riduzione delle stragi stradali, l’integrazione tra le diverse composizioni modali di trasporto, il rispetto degli impegni climatici, il miglioramento della vivibilità, oltre che una significativa fluidificazione del traffico”.

Dal testo della lettera emerge che Milano sarebbe l’ultima città in termini temporali a vedere applicato detto provvedimento, dopo Olbia, Cesena, Bergamo, Torino e Bologna. Luoghi che stanno avviando percorsi per diventare Città 30, “consapevoli che – in conformità a quanto richiesto dal Piano Nazionale Sicurezza Stradale 2030 (PNSS) – occorre trovare le risorse per pianificare interventi soprattutto strutturali e non solo di segnaletica, oltre che a monitorare i risultati”. Non dimentichiamo, aggiungono le associazioni, che “il bene vita messo ogni giorno a repentaglio sulle strade urbane può essere salvaguardato solo attraverso nuove politiche più rapide ed efficaci, in grado di cambiare le città, le strade, il sistema della mobilità, gli stili di vita e di guida, per fermare crisi climatica e strage stradale”.

Secondo i dati Aci-Istat 2021, infatti, gli incidenti stradali attualmente sono in Italia la prima causa di morte per i giovani, oltre a essere la prima causa di morte del lavoratore in itinere. Ogni giorno si contano 561 feriti e 7,9 vittime (uno ogni 3 ore), soprattutto in ambito urbano, con un costo sociale complessivo pari a 16,4 miliardi di euro, pari allo 0,9% del Pil nazionale.
“Moderare la velocità come previsto dalle Città 30 ― concludono le associazioni firmatarie della lettera ― non rappresenta un limite alla libera e celere circolazione delle persone e delle merci, in quanto attualmente com’è a tutti noto la velocità media all’interno delle città è di 29,4 km/h, scendendo fino a 7-8 km/h nelle ore di punta. L’automobile privata non è il mezzo più veloce e affidabile nei centri urbani”. E individuano nell’intermodalità tra i vari mezzi di trasporto (trasporto pubblico urbano, sharing e mobilità attiva), la possibilità di ottenere “una riduzione del tasso di motorizzazione di cui l’Italia detiene primato europeo con relativa congestione del traffico, difficoltà negli spostamenti e aumento degli agenti inquinanti, oggetto spesso di procedure di infrazione da parte dell’Europa”.

Polvere di grillo, il via libera Ue e la polemica tutta italiana

Dal 24 gennaio la polvere di grillo domestico (Acheta domesticus) si potrà trovare sugli scaffali dei supermercati italiani, francesi, tedeschi, spagnoli e di tutti i 27 Stati membri dell’Ue. Nessuna imposizione sulle tavole degli europei, la decisione della Commissione è semplicemente un’autorizzazione all’immissione nel Mercato unico della polvere parzialmente sgrassata di grillo domestico, secondo l’elenco degli alimenti commerciabili nell’Unione.

L’autorizzazione è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale dell’Ue il 4 gennaio, con la firma della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Dopo l’entrata in vigore – prevista dopo 20 giorni – la società Cricket One Co. Ltd sarà l’unica a godere dell’apertura del mercato Ue alla farina di grillo per 5 anni. Il motivo è semplice: proprio l’azienda vietnamita aveva presentato la domanda di autorizzazione a Bruxelles nel luglio 2019, per consentire l’uso della polvere animale come alimento. La richiesta è stata accompagnata da una descrizione dettagliata del processo di produzione e dei risultati delle analisi sui contaminanti, sui parametri microbiologici e sulla digeribilità delle proteine.

La questione dell’autorizzazione non è una novità, né lo è l’esito della procedura. Il 23 marzo dello scorso anno l’Autorità per la sicurezza alimentare – interpellata dalla Commissione – ha adottato un parere scientifico positivo sull’utilizzo della farina di grillo. “La polvere parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (grillo domestico) è sicura alle condizioni e ai livelli d’uso proposti”, si legge nelle conclusioni, che elencano gli utilizzi consentiti in diversi prodotti: pane e panini multicereali, cracker e grissini, barrette ai cereali, premiscele secche per prodotti da forno, biscotti, prodotti secchi a base di pasta farcita e non farcita, salse, prodotti trasformati a base di patate, piatti a base di leguminose e di verdure, pizza, prodotti a base di pasta, siero di latte in polvere, prodotti sostitutivi della carne, minestre concentrate o in polvere, snack a base di farina di granturco, bevande tipo birra, prodotti a base di cioccolato, frutta a guscio e semi oleosi, snack diversi dalle patatine e preparati a base di carne.

La pubblicazione dell’autorizzazione in Gazzetta ufficiale dell’Ue ha creato però un’ondata di polemiche in particolare in Italia, con gli attacchi di Coldiretti, Filiera Italia e anche del vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini: “Se qualcuno in Europa ha piacere a mangiare insetti faccia pure, per i miei figli preferisco i sapori e i profumi della nostra terra e li difendo”, ha attaccato il segretario federale della Lega. “L’arrivo sulle tavole degli insetti solleva dei precisi interrogativi di carattere sanitario e salutistico ai quali è necessario dare risposte”, scrive invece Coldiretti: “Bisogna fare chiarezza sui metodi di produzione, sulla provenienza e tracciabilità, considerato che la maggior parte dei nuovi prodotti proviene da Paesi extra-Ue come Vietnam, Thailandia e Cina, da anni ai vertici delle classifiche per numero di allarmi alimentari”. Più duro il consigliere delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia: “Mangi pure gli insetti chi ha voglia di esotico, ma è un gioco in malafede promuoverli per una dieta sostenibile in alternativa alla nostra”.

Ischia, cdm giovedì. Pichetto: In un Paese civile non si muore di pioggia

Un Dl ad hoc per potenziare gli aiuti per l’Isola di Ischia in ginocchio. Sarà sul tavolo del consiglio dei ministri, pronto a riunirsi di nuovo giovedì, dopo aver varato lo stato di emergenza domenica scorsa, all’indomani della tragedia che ha fatto già otto vittime accertare, dispersi, feriti e 230 sfollati, che saranno di più nei prossimi giorni.

Il ministro per la protezione civile e il mare, Nello Musumeci, riferisce in Senato giovedì mattina. Il presidente di Palazzo Madama, Ignazio La Russa, chiede all’Aula un minuti di silenzio per le vittime. Le cita tutte, ne elenca nomi ed età, a ricordare che non sono numeri ma vite spezzate. “Non è la prima volta che questa terra meravigliosa e conosciuta in tutto il mondo per le sue bellezze naturali e l’ospitalità della propria gente viene colpita in modo così violento. Ischia è stata più volte colpita da tragedie ambientali, anche per colpa dell’abusivismo edilizio. Ma non è e non deve essere questa la sede né il momento per cercare o accertare le responsabilità“, tiene a precisare. E’ il momento del cordoglio, dunque, e della vicinanza “forte e sincera” che il Senato vuole rendere ai parenti delle vittime.

Parola d’ordine, evitare di rifare gli stessi errori di sempre. Quelli che tornano ciclici, a fare vittime dove vittime non dovrebbero esserci. “Diciamo che in un Paese civile non si dovrebbe morire di pioggia“, tuona il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin. “Se accade così – afferma -, spesso significa che, fermi restando gli effetti dei cambiamenti climatici che enfatizzano gli eventi meteo estremi, non si è operato bene a livello di governo centrale, di Regione, di enti locali“.

Torna a spiegare le parole che hanno fatto scalpore, dopo aver detto che farebbe “arrestare” i sindaci e chi ha dato l’autorizzazione ai condoni: “Mi preme chiarire, anche per evitare ulteriori inutili polemiche dinanzi ad una tragedia di tali proporzioni e gravità. Ciò che esattamente intendevo dire è che non è più tempo di passare sopra a illeciti urbanistici che possono trasformarsi in elementi di nuove tragedie“, scandisce. Ci sono abusi e abusi, insiste, “taluni gravi ed altri ancora veniali. Chi ha compiti di vigilanza sul territorio deve evitare che si creino o aggravino situazioni di rischio“.

A Ischia, il 49% del territorio è classificato a pericolosità “elevata e molto elevata per frane nei Piani di Assetto Idrogeologico e sono oltre 13mila gli abitanti residenti nelle aree a maggiore pericolosità per frane. “E’ amaro ricordare che per la ‘messa in sicurezza della zona costiera’ e per ‘la riduzione dell’erosione e la stabilizzazione dei versanti nel comune di Casamicciola’ sono stati stanziati 12 anni fa dal Ministero dell’Ambiente complessivamente 3 milioni e 100 mila euro, ma gli interventi risultano ancora in fase di progettazione“, ricorda Pichetto. La sua è stata una “espressione infelice“, lo difende la premier Giorgia Meloni, “ma che voleva probabilmente sottolineare la necessità che le istituzioni siano chiamate a rispondere delle loro responsabilità”.

Bisogna inasprire le pene per chi non fa il proprio dovere e non riguarda solo i sindaci, “ma chi è chiamato a svolgere funzioni pubbliche, Pichetto è stato frainteso“, fa eco Musumeci. “Noi dobbiamo stare vicino ai sindaci che combattano abusivismo in zone controllate da organizzazioni criminali. Non è facile farlo con disinvoltura. Lì bisogna assicurare sostegno ai sindaci“.
Su Ischia ora “c’è da pregare e da approfondire e non da speculare come qualcuno sta facendo”, taglia corto Matteo Salvini. “Noi contiamo di stare al governo per i prossimi cinque anni – garantisce il vicepremier – e possiamo occuparci anche del dissesto idrogeologico“.

 

(Photo credit: AFP)

Stanziati 9,1 miliardi per caro bollette. Meloni: “Risposta a imprese e famiglie”

“Con il decreto energia stanziamo i primi 9,1 miliardi di euro destinati prevalentemente a dare una immediata risposta a famiglie e imprese per fronteggiare l’aumento del costo delle bollette in parte fino a fine anno ma anche inserendo nuove norme”. Così la premier Giorgia Meloni in conferenza stampa a Palazzo Chigi, all’indomani del suo quarto Consiglio dei ministri, durante quale il governo si è ancora una volta occupato della grande emergenza energia, varando il  ‘Dl Aiuti Quater’.

Poco più di nove miliardi, quindi, provenienti dall’extragettito fiscale autorizzato dal Parlamento per finanziare interventi contro il caro energia. Passa anche la modifica al Superbonus, che scende dal 110% al 90% a partire dal 1° gennaio 2023. I benefit aziendali potranno essere esentasse e nel 2022 si alza il tetto dell’esenzione fiscale dei cosiddetti ‘fringe benefit’ aziendali fino a 3mila euro.

Nel decreto, per contribuire al rafforzamento della sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale è previsto un finanziamento a copertura delle spese sostenute dal Gse. E’ stato prorogato dal 31 dicembre 2022 al 31 marzo 2023 il termine entro il quale il Gse potrà cedere a prezzi calmierati il gas naturale ed è previsto l’aumento delle quantità estratte da coltivazioni esistenti in zone di mare così come l’autorizzazione di nuove concessioni tra le 9 e le 12 miglia.

Dopo aver incontrato i sindacati, mercoledì 9 novembre, la premier incontrerà a Palazzo Chigi, oggi, venerdì 11 novembre, a partire dalle 12, gli industriali. Il mondo dell’industria poterà le sue proposte e avanzerà le sue richieste per tamponare la crisi che strozza le imprese, arginare i costi dell’energia e far recuperare potere d’acquisto delle famiglie.

Ponte sullo Stretto, scontro Legambiente-Salvini. Il ministro: “Sarà green”

Passano i governi, ma non l’eterno dibattito sul Ponte sullo Stretto. Con Giorgia Meloni al comando e Matteo Salvini titolare del dicastero per le Infrastrutture, il progetto torna a essere un’ipotesi non più remota.

E scatena le preoccupazioni degli ambientalisti.Basta a inutili retoriche sulle grandi opere. Il Paese non ha bisogno di opere faraoniche e di cattedrali nel deserto come il Ponte sullo Stretto di Messina, ma di interventi concreti a partire da una massiccia cura del ferro e dal potenziamento del trasporto via nave“, l’appello che Legambiente lancia al nuovo Esecutivo.
Il Cigno Verde chiede di rilanciare gli investimenti in collegamenti veloci e frequenti tra la Sicilia, la Calabria e il resto della Penisola, portare le Frecce nei collegamenti tra Palermo, Catania e Roma, rafforzare i collegamenti in treno da Reggio Calabria a Taranto e Bari e potenziare il trasporto via nave lungo lo Stretto.

Salvini convoca per l’8 novembre un vertice a Roma con i governatori delle due regioni coinvolte, Sicilia e Calabria, per fare il punto sul progetto. “Un’opera – insiste Legambiente –, utile solo a buttare al vento altri soldi pubblici, dopo il miliardo di euro che fino ad oggi sono costati studi e consulenze, stipendi della società stretto di Messina“. Per questo l’associazione domanda al Governo di abbandonare questo “insensato progetto” e di utilizzare le risorse del Pnrr per “dare concretezza agli interventi che davvero servono al Paese“.

Tra linee ferroviarie inesistenti o abbandonate, tratte a binario unico, treni vecchi, a gasolio e a bassissima frequenza, gli spostamenti in Calabria e Sicilia oggi non sono da paese civile“, denuncia Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente.

I cittadini siciliani e calabresi hanno diritto a proposte credibili di rilancio degli spostamenti attraverso connessioni ferroviarie, navali e aeree più semplici tra le regioni, verso nord e anche con il resto del Mezzogiorno, non di aspettare altre promesse e rinviare il cambiamento di qualche decennio“, fanno eco i presidenti dell’associazione in Sicilia Calabria, Gianfranco Zanna e Anna Parretta.

Proposte e polemiche che il vicepremier non coglie, promettendo l’opera più moderna e green: “Vogliamo creare lavoro, disinquinare, sbloccare cantieri e investire in trasporto su ferro e via mare, ma anche lasciare ai nostri figli un’opera che renderà l’Italia un Paese leader al mondo come il Ponte sullo Stretto, l’opera più avveniristica ed ecologica della storia“, afferma. Secondo diversi studi tecnici, fa sapere, grazie al Ponte “si taglierebbero oltre 100mila tonnellate di emissioni di anidride carbonica annue, oltre al notevole beneficio per le acque del canale di Sicilia”.

Energia fuori controllo. Meloni: Approviamo subito decreto Aiuti

La crisi energetica è un grosso guaio, inutile nasconderlo. L’autunno si avvicina e il rischio per i partiti è di trovarsi gli italiani con bollette stratosferiche da pagare proprio nel momento in cui si aprono le urne per le elezioni politiche del 25 settembre. Ragion per cui tutti, o quasi, provano a spingere su Mario Draghi perché intervenga con un decreto d’urgenza, ma soprattutto vada a negoziare in Europa il tetto massimo al prezzo del gas, oltre al disaccoppiamento con il prezzo dell’elettricità.

Due temi non proprio semplici da portare a casa, soprattutto per chi è a capo di un esecutivo in carica per gli affari correnti. Dunque, con poteri limitati, nonostante lo stand internazionale del suo premier o l’appoggio annunciato da diverse forze della sua ex maggioranza, come Lega, Forza Italia, Pd, Impegno civico, Azione, Iv e altri ancora. I riflettori saranno puntati soprattutto su Bruxelles, dove il prossimo 9 settembre ci sarà il Consiglio straordinario dei ministri dell’Energia. Ad oggi prevedere se per quella data sarà pronto il piano di riforma Ue del mercato elettrico è un esercizio decisamente complicato, ma le speranze sono tutte accese. “Il gas russo viene usato come strumento di pressione politica, per rispondere alla realtà in cui viviamo la riforma è necessaria”, dice il sottosegretario con delega agli Affari Ue, Enzo Amendola. Riconoscendo, però, che finora “l’Acer, l’agenzia europea per l’energia, non ha prodotto grandi passi in avanti”.

E se le Confindustrie del Nord Italia parlano di una crisi che “sta paralizzando il sistema industriale italiano con il forte rischio di deindustrializzare il Paese mettendo a repentaglio la sicurezza e la tenuta sociale nazionale”, anche dagli enti locali gli appelli al premier si moltiplicano: l’ultimo in ordine di tempo è del presidente della Regione Veneto, il leghista Luca Zaia. “Il costo dell’energia è quadruplicato: è fondamentale che ci sia un intervento dall’Europa su modello del price cap della Francia, dove si è deciso di fissare un prezzo massimo del 4%, dopodiché interviene lo Stato – dice -. Draghi, sempre lungimirante e attento, sposi subito questa causa, senza attendere oltre”. La proposta, però, non trova terreno fertile. Il dem Amendola, ad esempio, dice no: “Non sono per un ritorno allo statalismo, la vicenda francese, anche con la questione del nucleare, fa vedere che i costi sono duplicati“.

Sullo sfondo resta comunque in piedi l’ipotesi di un nuovo decreto Aiuti per mitigare gli effetti dei rincari. Anche se i fondi sono limitati, visto il poco spazio di manovra del governo dimissionario. Palazzo Chigi lavora ai conti per intervenire senza ricorrere a scostamenti di bilancio, mentre resta il vulnus dei 9 miliardi di gettito non versato dalle aziende energivore che hanno realizzato extraprofitti durante la crisi e l’isteria dei prezzi sul mercato del Ttf di Amsterdam. “Certamente dobbiamo riscuotere quei fondi, che poi lo Stato rinvestirà nel taglio delle accise sui carburanti e nel mitigare gli effetti dei rincari sulle bollette”, dice il leader di Impegno civico e ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

A proposito della tassa tanto discussa, dal M5S arriva una nuova proposta. A lanciarla è il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli: “Si può salire oltre il 25%, ma è il caso di allargare il range anche a quelle società che hanno beneficiato di situazioni di mercato favorevoli”, non necessariamente del comparto energetico. L’idea si sposa perfettamente con quella del ministro del Lavoro, il dem Andrea Orlando: “Mi sembra ragionevole intervenire per tentare un riequilibrio tra i settori di imprese in forte sofferenza e settori che hanno prodotto profitti record”.

Al di là delle intenzioni, resta comunque da capire quale sia il pensiero della coalizione che oggi i sondaggi danno in vantaggio. Sui rigassificatori Giorgia Meloni dice che “vanno fatti“, anche a Piombino se “non ci sono alternative“, perché “l’approvvigionamento energetico italiano è una priorità“. Ma nel frattempo bisogna intervenire sul presente: “Lo dico io che sono in opposizione, ci troviamo in Parlamento lunedì e proviamo ad approvare le norme che consentano ai cittadini di avere una situazione sostenibile” sulle bollette. Ma senza nuovo debito, che resta “l’ultima ratio”. Sullo sfondo resta però l’incertezza sulla posizione che assumerebbe un governo di centrodestra sul price cap. La leader di FdI porta l’esempio di Olanda e Germania: “Sono europeiste o difendono il loro interesse nazionale?”, domanda. La risposta, però, deve darla l’Europa. Non ci sono alternative.

Rumors e smentite ma impazza il toto-ministri. Cingolani tra i più ‘contesi’

Il quadro delle alleanze non è ancora definito, i programmi non sono stati depositati, ma come ogni campagna elettorale che si rispetti torna il toto-ministri. Questa volta, a dire il vero, un po’ di ‘colpe’ se le deve prendere il leader della Lega, Matteo Salvini. Perché è stato proprio lui ad accendere la miccia, invitando i suoi alleati del centrodestra a definire prima delle urne almeno un’ossatura di squadra governativa nel caso di vittoria alle urne il prossimo 25 settembre. Finora né Fratelli d’Italia, né tantomeno Forza Italia hanno risposto all’appello guardandosi bene dal fare un passo che molti analisti politici definiscono quantomeno ‘azzardato‘. Soprattutto per una formazione, quella di centrodestra, che tutti i sondaggi danno in largo vantaggio rispetto agli avversari del centrosinistra e anche del centro. Anche perché queste due ultime aree sono ancora in fase di costruzioni, con percorsi visibilmente accidentati.

Se la prudenza non è mai troppa per chi fa politica, l’arte di osare e andare oltre le dichiarazioni di facciata è invece il compito degli osservatori. Soprattutto i media. I primi rumors, così, non tardano ad arrivare e riguardano Giorgia Meloni. Secondo ‘Repubblica‘, la leader di FdI, in un colloquio avuto con Mario Draghi subito dopo le dimissioni, si sarebbe informata con il premier uscente sulle caratteristiche di alcuni ministri. Addirittura chiedendo all’ex Bce consiglio su chi potrebbe essere un asset importante da mettere in campo in un nuovo esecutivo, magari a sua guida. La risposta sarebbe stata Roberto Cingolani e l’ex dg di Bankitalia, Fabio Panetta. Sarebbe, appunto. Perché fonti di Palazzo Chigi non si attardano a smentire il retroscena: “Sono fantasiose e prive di fondamento le ricostruzioni riportate da ‘La Repubblica’ in merito a presunti contatti telefonici del presidente Draghi con Giorgia Meloni, con particolare riferimento a consigli o suggerimenti su nominativi per la composizione della futura compagine di governo“.

La notizia, però, gira a ritmo frenetico. Qualcuno fa il ‘matching‘ con alcune dichiarazioni proprio di Meloni dei giorni scorsi, in cui esprimeva un giudizio tutto sommato positivo sull’azione del ministro della Transizione ecologica. Il diretto interessato non entra nella partita, né per confermare né per smentire. A suo tempo chiarì che non sarebbe stato candidato, tanto che giovedì 4 agosto, in Cdm, lo stesso Draghi ha indirizzato gli auguri di buone vacanze ai ministri non impegnati nella campagna elettorale. Cingolani compreso, che infatti ha ascoltato con un sorriso evidente il premier mentre raccontava questo aneddoto in conferenza stampa dopo la riunione del Consiglio.

Il ‘problema‘, se così vogliamo chiamarlo, è che il rumors è arrivato fino a Lampedusa, dove Salvini è stato giovedì 4 venerdì 5 agosto. In un punto stampa qualcuno la domanda gliela fa. Prima risponde che non commenta i retroscena giornalistici, poi però qualcosa la dice. “Se Cingolani fosse a disposizione ne sarei ben felice: non penso abbia tessere di partito in tasca, però fra i ministri del governo uscente, anche se non ha nulla a che fare con la Lega, mi trovo bene“. Il tema che gli fa apprezzare di più il fisico prestato (temporaneamente) alla politica è il nucleare, su cui il responsabile del Mite è tornato più volte in questi mesi, soprattutto da quando è scoppiata la crisi energetica. Cingolani ne fa una questione teorica: studiamo, recuperando un gap più che ventennale, poi si vedrà. Il segretario del Carroccio, però, vorrebbe farne un punto programmatico: “Così come non si può più rinviare la costruzione del Ponte sullo stretto di Messina, non si può più rimanere tra i pochi grandi Paesi al mondo che non producono energia col nucleare di ultima generazione“.

Un pensiero diametralmente opposto a quello di Nicola Fratoianni, alle prese con la decisione se accettare o meno l’accordo con il Pd. Mentre i Verdi sembrano ormai pronti a firmare, Sinistra italiana sta ancora riflettendo, lasciando il cuore del M5S e di Giuseppe Conte aperto a una speranza, seppur flebile, di accordo. Condividere ‘casa‘ con Carlo Calenda è un problema per Si: a dividerli sono, tra le altre cose, le idee sul rigassificatore di Piombino, sul nuovo termovalorizzatore a Roma e, appunto, il nucleare. La sostanza della fase politica, però, è molto meno articolata rispetto alla discussione su fissione o fusione: al massimo, in vista del 25 settembre, c’è ‘solo‘ il rischio che qualche leader possa restare col cerino in mano.