Enel punta su nucleare di quarta generazione: siglata partnership con la start-up Newcleo

Enel scommette sul nucleare di quarta generazione e firma un accordo di cooperazione con la società di tecnologie nucleari pulite ‘newcleo’. Insieme, perseguiranno l’opportunità di lavorare insieme sui progetti di tecnologia nucleare di quarta generazione di ‘newcleo’, che mirano a fornire una fonte di energia sicura e stabile, nonché ridurre significativamente gli esistenti volumi di scorie radioattive, attraverso il loro utilizzo come combustibile per reattori. In linea con l’accordo, Enel collaborerà con ‘newcleo’ su progetti legati a questa avanzata tecnologia nucleare, fornendo competenze specialistiche attraverso la condivisione di personale qualificato dell’azienda. In considerazione del supporto fornito, ‘newcleo’ si è impegnata ad assicurare ad Enel un’opzione come primo investitore nel primo impianto nucleare che ‘newcleo’ costruirà fuori dall’Italia.

L’innovazione è fondamentale per lo sviluppo di tecnologie in grado di garantire energia pulita, affidabile, accessibile e il più possibile indipendente da fattori geopolitici. Per questo motivo, continuiamo a esplorare qualsiasi area del mix energetico“, ha dichiarato Francesco Starace, amministratore delegato di Enel.Questa collaborazione con ‘newcleo’ è l’ultimo esempio dell’instancabile ricerca delle migliori aziende con cui intraprendere il nostro viaggio verso un futuro pulito e siamo impazienti di accompagnare ‘newcleo’ nel suo sfidante e promettente percorso per fornire elettricità a emissioni zero in modo sicuro, economico e sostenibile”. Sono lieto che Enel abbia scelto di collaborare con ‘newcleo’. Enel sta dimostrando grande lungimiranza nell’essere una delle prime aziende energetiche ad apprezzare e supportare la nostra strategia sostenibile e il suo impatto sul nostro futuro collettivo“, ha dichiarato Stefano Buono, CEO di ‘newcleo’.La tecnologia Fast Reactor di ‘newcleo’ è il passo necessario nell’industria nucleare per consentire il riciclaggio multiplo dell’uranio già estratto e una massiccia riduzione delle scorie nucleari. Inoltre, l’uso del piombo apre la possibilità a un funzionamento più sicuro ed economico del reattore“.

Enel ha una lunga esperienza nella tecnologia nucleare e attualmente dispone di una capacità nucleare di oltre 3,3 GW in Spagna, oltre a detenere una partecipazione di circa il 33% nella società slovacca Slovenské elektrárne che ha recentemente collegato alla rete il primo dei due generatori a turbina dell’unità 3 della centrale nucleare di Mochovce, la seconda centrale nucleare di nuova costruzione ad essere collegata alla rete europea in 15 anni. ‘Newcleo’ lavora per realizzare reattori innovativi, che riducono significativamente i volumi esistenti di scorie radioattive e di plutonio, oltre ad eliminare la necessità di estrarre uranio dal sottosuolo, con benefici di lungo termine per le comunità e l’ambiente.
Il primo passo della delivery roadmap di ‘newcleo’ sarà la progettazione e la costruzione di un Mini LFR (Lead Fast Reactor) da 30 MWe, primo nel suo genere, da realizzare in Francia entro il 2030, seguito rapidamente da un’unità commerciale da 200 MWe nel Regno Unito. Allo stesso tempo, ‘newcleo’ investirà direttamente in un impianto di manifattura di MOX (Mixed uranium/plutonium Oxide, prodotto da scorie nucleari esistenti) per alimentare i suoi reattori.

 

Eni spinge sulla fusione nucleare con il Mit: accordo per accelerare

Eni spinge sulla fusione nucleare e lo fa in collaborazione con il Mit. O meglio, con il Csf (Commonwealth Fusion Systems), spin-out del Massachusetts Institute of Technology. L’obiettivo dell’accordo è quello di accelerare l’industrializzazione dell’energia da fusione. Eni ha investito per la prima volta in Cfs nel 2018 e ne è azionista strategico. Questo accordo rafforza la partnership tra le due società, unendo l’esperienza ingegneristica e di project management di Eni ad una serie di progetti a supporto di CFS, e lo sviluppo e distribuzione dell’energia da fusione su scala industriale.

Intanto, i progetti vanno avanti. E Sparc, che punta ad essere il primo impianto pilota a confinamento magnetico al mondo a produzione netta di energia da fusione, è in costruzione e sarà operativo entro il 2025. Si prevede che Sparc, a sua volta, farà da banco di prova per lo sviluppo di Arc: la prima centrale elettrica industriale da fusione in grado di immettere elettricità in rete, che dovrebbe essere operativa nei primi anni del 2030. Proprio Arc è al centro dell’accordo siglato, con l’obiettivo di lavorare insieme per accelerare lo sviluppo industriale, una serie di progetti attualmente in fase di sviluppo che includono supporto operativo e tecnologico, esecuzione progettuale attraverso la condivisione di metodologie mutuate dall’industria energetica, nonché rapporti con gli stakeholder. Per Eni la fusione a confinamento magnetico occupa un ruolo centrale tra le tecnologie per la decarbonizzazione in quanto potrà in prospettiva consentire all’umanità di disporre di grandi quantità di energia a zero emissioni e con un processo sicuro e virtualmente illimitato, cambiando per sempre il paradigma della generazione energetica.

Vedremo realizzata la prima centrale elettrica di CFS basata sulla fusione a confinamento magnetico all’inizio del prossimo decennio, avendo poi davanti a noi quasi vent’anni per diffondere la tecnologia e raggiungere gli obiettivi di transizione energetica al 2050. Questo vorrà dire disporre a livello industriale di una tecnologia in grado di fornire grandi quantità di energia senza alcuna emissione di gas serra prodotta in modo sicuro, pulito e virtualmente inesauribile fornendo un contributo sostanziale alla transizione energetica. Per questo siamo di fronte a una potenziale svolta tecnologica epocale”, ha commentato l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi. “Da diversi anni – ha aggiunto – Eni sta ponendo la leadership tecnologica, con un approccio di neutralità e diversificazione, alla base del proprio percorso di decarbonizzazione. Consapevoli del grande valore strategico di questa tecnologia e della solidità di CFS, fin dal 2018 Eni ha investito nella società ed è stata la prima azienda energetica ad impegnarsi concretamente in questo settore. Oggi rafforziamo ulteriormente questa collaborazione con le nostre competenze ed esperienza con l’obiettivo di accelerare il più possibile il percorso di industrializzazione della fusione”.

Ansaldo-Edison-Edf rilanciano nucleare: il plauso della maggioranza. E di Cingolani

La firma della lettera d’intenti fra Ansaldo Energia, Ansaldo Nucleare, Edison ed Edf per lo sviluppo del nuovo nucleare in Europa e in Italia riaccende il dibattito politico. In particolare, a dividere gli schieramenti è la riflessione sul possibile ruolo dell’atomo nella transizione energetica in Italia. Tema, questo, sui cui il governo guidato da Giorgia Meloni, ha mostrato più volte apertura. La viceministra dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Vannia Gava, plaude all’iniziativa, definendola “interessante”. I tempi, dice, “sono maturi e non più procrastinabili per tornare a parlare di nucleare di nuova generazione anche in Italia”. “Mi pare ottimo che comincino a studiare nuove tecnologie così complesse insieme”, sottolinea, invece, a Gea l’ex ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. Dell’intesa premette di saperne “pochissimo”, ma “è certamente un settore che necessita di tanto studio, ricerca e sviluppo e di sinergie – spiega -. Quindi, ben vengano le alleanze e le masse critiche”.

“Molto soddisfatto” è Paolo Arrigoni, responsabile energia del Carroccio, secondo il quale “molte proposte” della Lega “sono state recepite dentro questa lettera d’intenti”. “Lo sostengo da sempre – dice a Gea – che la tecnologia dell’atomo avrà una seconda vita per gli obiettivi di Green deal, per contrastare cambiamenti climatici”. Insomma, se vogliamo dacarbonizzare entro il 2050 “è fondamentale l’atomo”. Per Arrigoni, poi, è necessario avere “energia programmabile, continua e stabile magari con piccoli reattori” per “agevolare l’elettrificazione della mobilità e, ad esempio, la forte domanda di pompe di calore”. Certo, il nucleare “non si può imporre dalla sera alla mattina serve informazione, cultura e dibattito nell’ottica del Green deal”.

Su questo la maggioranza di governo è compatta. Alessandro Cattaneo e Luca Squeri di Forza Italia hanno presentato una mozione sul nucleare con la quale chiedono al governo “di lavorare affinché la produzione di energia atomica di nuova generazione sia inclusa nella politica energetica europea”. Anche perché “l’obiettivo europeo di zero emissioni nel 2050 sarà difficilmente raggiungibile con il solo utilizzo di energie da fonti rinnovabili diverse dal nucleare”.

“Se esiste una emergenza climatica non possiamo fare a meno del nucleare, le rinnovabili da sole non potranno mai sostituire interamente i fossili, a meno che non vogliamo tornare nel medioevo”, sottolinea Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, che a Gea dice: “Abbiamo inventato noi il nucleare con Enrico Fermi. Il premio Nobel, Carlo Rubbia, ha sempre lavorato sulla fisica del nucleo, l’energia è fisica. Questa lettera d’intenti è un primissimo passo che arriva anche tardi, ma che ci proietta verso qualcosa di concreto per dare seguito all’enorme ricerca italiana”. In Italia però si sono votati ben due referendum nel 1987 e nel 2011, che hanno sancito il no degli elettori all’atomo. “I referendum non erano un divieto per l’eternità per fare il nucleare, se il Parlamento decide si può ripartire”, aggiunge Tabarelli.

E in Parlamento, così come nel Paese, non sarà facile far passare una svolta nuclearista. “La parola ‘riflessione’ nella lettera d’intenti è ripetuta più volte. Spero davvero che riflettano a fondo. Questa presunta nuova frontiera non è per niente nuova – spiega a Gea Luana Zanella, capogruppo alla Camera di Alleanza Verdi Sinistra (Avs) -, non risolve il problema delle scorie, non si sa dove dovrebbero collocarsi queste ipotetiche centrali. Il nuovo nucleare è la fusione, per la quale abbiamo davanti decenni di ricerca. Non si parla di quarta o quinta generazione, qui si parla di terza generazione plus, il vecchio metodo rivisitato, con problemi di sicurezza che permangono e accorgimenti molto costosi”. E poi “abbiamo le praterie aperte per le rinnovabili – evidenza Zanella -, non si capisce perché investire su un fronte che potrebbe essere controproducente anche economicamente. Possiamo spingere sulle rinnovabili senza rischiare buchi di bilancio”.

Rincara la dose il vice capogruppo alla Camera di Avs, Marco Grimaldi, parlando con Gea: “I cialtroni dell’atomo continuano a parlare di nucleare in un Paese che non è stato ancora in grado di individuare il sito del Deposito Nazionale per le scorie radioattive, che ci portiamo dietro (e sarà così per decenni) dal nostro passato nucleare: 27 anni di produzione e già 32 di decommissioning ed eredità di cui non si vede la fine”. Ma poi… “Investiamo nella fusione nucleare? Il sole è il più grande ‘reattore a fusione nucleare’ già disponibile per la produzione di energia rinnovabile e fornisce ogni anno 15mila volte l’energia di cui l’umanità ha bisogno. La ricerca scientifica – conclude Grimaldi – ha sviluppato le tecnologie necessarie a catturare l’energia solare e conservarla in maniera molto efficiente”.

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Intesa fra società energetiche: collaborazione per sviluppo e diffusione del nuovo nucleare

Una lettera di intenti per collaborare allo sviluppo del nuovo nucleare in Europa e favorirne la diffusione, in prospettiva anche in Italia. E’ quanto sottoscritto da Ansaldo Energia, Ansaldo Nucleare, EDF e Edison. Obiettivo dell’accordo è di valorizzare nell’immediato le competenze della filiera nucleare italiana, di cui Ansaldo Nucleare è capofila, a supporto dello sviluppo dei progetti di nuovo nucleare del Gruppo EDF, e al contempo di avviare una riflessione sul possibile ruolo del nuovo nucleare nella transizione energetica in Italia. L’intesa sarà oggetto di successivi accordi vincolanti che le parti definiranno nel rispetto dei profili regolatori applicabili.

Nella visione dei quattro firmatari, l’energia nucleare può svolgere un ruolo complementare a quello delle fonti rinnovabili, garantendo stabilità e contribuendo alla sostenibilità ambientale del sistema elettrico, alla luce degli ambiziosi target di decarbonizzazione europei e italiani che fissano al 2050 il raggiungimento della neutralità climatica. “L’energia nucleare, infatti – si legge in una nota congiunta –, è una delle fonti di generazione con le minori emissioni di CO2, che assicura un ridotto consumo di suolo rispetto alla potenza elettrica installata e consente un’ottimale programmabilità della produzione. Inoltre, gli Small Modular Reactor hanno caratteristiche di sicurezza molto elevate, richiedono investimenti contenuti e possono essere utilizzati per produrre energia elettrica e termica, rispondendo in modo versatile alle esigenze del sistema elettrico e dei territori”.

In particolare, le parti si impegnano a esaminare le potenziali cooperazioni industriali, facendo leva sulle rispettive competenze: Ansaldo, in qualità di sviluppatore di componenti e fornitore di servizi per l’industria energetica e nucleare; EDF, in qualità di primo produttore di energia nucleare al mondo, impegnato nella realizzazione di nuovi progetti nucleari basati sul proprio portafoglio di tecnologie, come gli small modular reactor (SMR) NUWARD (Ansaldo Nucleare ed EDF hanno recentemente firmato anche un primo contratto per la fornitura di studi di ingegneria per NUWARD), i reattori mid-size EPR1200 e i reattori large-size EPR; Edison, in quanto tra i principali player del settore energetico impegnato in prima linea nella transizione energetica italiana. Il Gruppo Ansaldo Energia, EDF e Edison si impegnano, inoltre, a verificare le potenzialità di sviluppo e di applicazione del nuovo nucleare in Italia, date le crescenti esigenze di sicurezza e indipendenza energetica del sistema elettrico italiano.

Con questo accordo gettiamo le basi per una riflessione concreta e aperta sul ruolo del nuovo nucleare a supporto della transizione energetica italiana”, dichiara Nicola Monti, amministratore delegato di Edison. “Un’esigenza tanto più evidente a seguito degli sconvolgimenti dell’ultimo anno, che dimostrano l’importanza di scelte strategiche di lungo periodo. Il nuovo nucleare è complementare allo sviluppo delle fonti rinnovabili e può rappresentare una soluzione concreta a supporto degli obiettivi di neutralità carbonica al 2050, contribuendo all’indipendenza energetica del sistema europeo”.

Il Gruppo Ansaldo Energia dispone di un patrimonio di competenze di eccellenza che è di fondamentale importanza nel percorso di transizione energetica basato su tecnologie ad alto contenuto di know-how”, afferma Giuseppe Marino, amministratore delegato di Ansaldo Energia. “Oggi più che mai è fondamentale metterli a disposizione del mercato per vincere la sfida della decarbonizzazione”. “Il Gruppo Ansaldo Energia ha saputo mantenere vive le proprie competenze in ambito nucleare dopo la chiusura delle centrali nucleari italiane”, afferma Riccardo Casale, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare. “La nostra società è fortemente impegnata proprio in questa missione e attivamente coinvolta in numerosi progetti in diversi paesi europei, insieme a industrie e organizzazioni di ricerca italiane, a testimonianza dell’alto valore aggiunto che l’Italia può portare al rinnovato interesse per il nucleare a livello europeo”.

EDF ha l’ambizione di promuovere partnership internazionali per implementare un portafoglio di tecnologie nucleari a sostegno dell’Europa verso i suoi obiettivi di ‘net zero’”, dichiara Vakis Ramany, direttore dello sviluppo internazionale per il nuovo nucleare di EDF. “Siamo convinti dell’interesse a rafforzare la cooperazione con l’industria italiana e la firma di questo accordo con Ansaldo Energia, Ansaldo Nucleare ed Edison è un primo importante passo verso una partnership più forte e duratura. Questo ci permetterà di potenziare la catena di fornitura europea delle nostre tecnologie in un contesto in cui molti paesi europei stanno pianificando nuovi programmi nucleari”.

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L’Italia resta fuori dall’alleanza sul nucleare, ma si apre il dibattito

L’Italia non partecipa alla riunione di Stoccolma per rafforzare la cooperazione europea in materia di nucleare e non sigla l’alleanza promossa dalla Francia. Ma il governo Meloni guarda con interesse agli sviluppi della quarta generazione.

In Svezia, la viceministra dell’Ambiente Vannia Gava incontra la ministra francese dell’energia Agnes Pannier-Runacher: “L’idea di un’alleanza dei Paesi che già usano il nucleare come fonte di energia decarbonizzante è interessante. Ho confermato che l’Italia guarda con grande attenzione a questa scelta strategica, parte integrante peraltro del nostro programma elettorale“, ricorda Gava. Le “scellerate scelte” del passato, recrimina, “ci mettono in condizione di rincorrere il futuro, ma ce la faremo. Anche contro i giochetti di alcune burocrazie”. Il vicepremier Matteo Salvini, anche lui nella capitale svedese per il consiglio informale, torna a parlare del dossier, definendo un “drammatico errore” quello dell’Italia che non ha più investito nella tecnologia e ora si trova in difficoltà rispetto ad altri partner europei.

Sarebbe una scelta “intelligente e lungimirante” aderire all’alleanza proposta dalla Francia per il leader di Italia Viva, Matteo Renzi: “Il Pd della Schlein sarà contrario e ci sta“, osserva, ma chiede perché il Governo Meloni con Pichetto Fratin non abbia partecipato. “Io sono a favore del nucleare di nuova generazione, pulito, europeo“, rivendica sull’E-news. La neo-segretaria del Pd Elly Schlein è infatti fermamente contraria al nucleare: “Non è la strada da seguire – spiega nel suo programma – i tempi e i costi di industrializzazione non sono compatibili con gli obiettivi di transizione energetica e di decarbonizzazione“.

Per il Movimento 5 Stelle lo stesso dibattito è “fuori dal tempo“: “Le parole di Matteo Salvini sul nucleare sono uno schiaffo al buonsenso e all’obiettivo europeo di transizione verde e sostenibile“, tuona l’europarlamentare Laura Ferrara. “Definire ‘drammatico errore’ il mancato investimento dell’Italia sul nucleare è offensivo nei confronti della volontà espressa dagli italiani con un referendum e dimostra che le destre al governo sono ancorate al passato. Ciò che è veramente drammatico, a mio avviso, è che ancora si parli di questa fonte di energia pericolosa e che produce scorie radioattive impossibili da smaltire”.

A Roma, però, Gilberto Pichetto Fratin inizia a pensarci, almeno per i rifiuti radioattivi che già si producono. Riceve una delegazione di amministratori della provincia di Alessandria per un confronto sulla Carta Nazionale delle Aree Idonee a ospitare il Deposito nazionale unico. I rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, attualmente sono stoccati in depositi temporanei. Al deposito unico confluiranno anche i rifiuti attualmente stoccati temporaneamente e non gestiti da Sogin, che provengono da fonte non energetica (quelli derivanti dalla ricerca, dall’industria e dalla medicina nucleare, che continuano a essere prodotti anche in Italia). Alle amministrazioni, preoccupate che il deposito ricada in aree già critiche dal punto di vista ambientale, il ministro spiega che in questa fase è in corso un confronto con Sogin: “Questo passaggio terrà in considerazione ogni osservazione avanzata dai territori, oltre a quelle formulate dall’Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione“, assicura il ministero. Dopo la pubblicazione della Cnai, potranno essere prese in considerazione eventuali autocandidature. La scelta della localizzazione del deposito, si spiega, verrà presa “sulla base di rigorosi criteri tecnici“.

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Nucleare, Pichetto favorevole ma Italia non partecipa a incontro. Salvini: E’ dovere

Oggi, a Stoccolma, a margine dei lavori del Consiglio informale dell’energia (al quale partecipa la viceministra dell’Ambiente Vannia Gava), si terrà un incontro promosso dalla Francia per costruire un’Alleanza europea sul nucleare. Ma in Italia scoppia la polemica.

Investire sul nucleare pulito e sicuro di ultima generazione è un dovere sociale, economico e ambientale. Avanti futuro!”, tuona il vicepremier e Ministro dei Trasporti Matteo Salvini. Lo fa nel giorno in cui Enrico Letta consegna a Elly Schlein le redini del Partito Democratico al Nazareno e il nucleare è un argomento sul quale il nuovo Pd è su posizioni diametralmente opposte.

La battuta però sembra anche una stoccata a Gilberto Pichetto Fratin. Perché la ministra francese per la transizione energetica, Agnes Pannier-Runacher, aveva citato l’Italia nella lista di 12 paesi che parteciperanno all’incontro, tra quelli cioè che intendono utilizzare l’energia nucleare per aggiungere la neutralità carbonica.

L’Italia però non vi prenderà parte. Il ministero lo precisa nel corso della giornata in una nota: “Non è prevista la presenza di nessun rappresentante italiano a incontri che avranno per oggetto la tematica del nucleare“. La posizione favorevole al nucleare di Pichetto Fratin è in realtà nota. Qualche giorno fa, la stessa Pannier-Runacher aveva anticipato l’incontro al ministro italiano. “Beati voi, potete contare sul nucleare“, a quanto filtra, la battuta con la quale Pichetto ha accolto la notizia.

Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica è già impegnato a capire come possa il Paese accedere a un nucleare di quarta generazione. Ma sono due i referendum in cui gli italiani hanno detto no a questa tecnologia. Prima di prendere parte a un incontro del genere, bisognerebbe coinvolgere l’intero governo, il Parlamento, i costituzionalisti e, non ultimo, il popolo.

Il Giappone scaricherà nell’Oceano oltre un milione di tonnellate di acqua contaminata di Fukushima

Il governo giapponese ha riconfermato l’intenzione di iniziare a scaricare nell’Oceano Pacifico l’acqua contaminata proveniente dalla centrale nucleare di Fukushima Daiichi, progetto controverso a livello locale e criticato anche dai Paesi vicini. Il piano ha già ricevuto l’ok dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), che lo supervisiona, e dall’autorità di regolamentazione nucleare giapponese. L’operazione, che dovrebbe durare diversi decenni, dovrebbe iniziare “questa primavera o estate” dopo un “rapporto completo” dell’AIEA e il completamento e la verifica dei preparativi in loco, spiega il portavoce del governo Hirokazu Matsuno. “L’intero governo farà il massimo sforzo per garantire la sicurezza del processo e adottare misure preventive contro le false voci”, assicura.

I pescatori locali temono che l’operazione abbia un impatto negativo sulla reputazione del loro pescato e il progetto è stato criticato anche da Paesi vicini, come la Cina e la Corea del Sud, oltre che da organizzazioni ambientaliste, come Greenpeace. Più di un milione di tonnellate di acqua contaminata da trizio sono attualmente ammassate in oltre mille serbatoi della centrale nucleare (foto AFP) e la capacità di stoccaggio sta raggiungendo la saturazione. Il trizio è un radionuclide che non può essere trattato con le tecnologie attualmente disponibili. Tuttavia, la sua diluizione in mare è già praticata in Giappone e all’estero da impianti nucleari attivi.

La quantità di acqua triziata accumulata a Fukushima è comunque impressionante. Questo perché proviene dalla pioggia, dalle acque sotterranee e dalle iniezioni d’acqua necessarie per raffreddare i nuclei di diversi reattori nucleari che si sono fusi quando lo tsunami ha colpito la centrale l’11 marzo 2011. L’operatore dell’impianto, la Tepco, sta costruendo un tubo sottomarino lungo circa un chilometro per drenare l’acqua triziata più lontano dalla costa. Secondo gli esperti, il trizio è pericoloso per l’uomo solo in dosi elevate e concentrate, situazione che è esclusa a priori nel caso di un rilascio in mare distribuito su un periodo molto lungo. L’AIEA ha inoltre già stimato che questo progetto sarà realizzato “nel pieno rispetto degli standard internazionali” e che non causerà “alcun danno all’ambiente”.

Il fisico Angelo Tartaglia: “La politica investa in rinnovabili, non in energia nucleare”

“Alla domanda ‘che cos’è l’energia?’ ho il sospetto che vi troverete in difficoltà e non perché non avete studiato abbastanza fisica, ma proprio perché il concetto è tutt’altro che banale”. Angelo Tartaglia (nella foto), professore senior di Fisica presso il dipartimento di Scienza applicata e tecnologia del Politecnico di Torino, inizia così ad accompagnare il lettore tra le pagine del suo ultimo libro “Spaccare l’atomo in quattro”, con il sottotitolo esplicativo: “Contro la favola del nucleare”, pubblicato per Edizioni Gruppo Abele.

Professor Tartaglia, quando e perché ha deciso di scrivere e pubblicare questo libro?
“Questo libro nasce dal fatto che, soprattutto negli ultimi due anni, si è ripreso a parlare di nucleare in maniera operativa in ambienti industriali e politici come la soluzione per rispondere alla necessità di avere molta energia; gli ignoranti credono che sia possibile avere centrali nucleari che in un biennio riescano a rispondere al fabbisogno energetico europeo, mentre le persone più attente parlano di prospettiva, auspicando che nell’arco di una quindicina d’anni ci si possa dotare di nucleare per ottenere energia pulita e sicura. Queste ultime sono caratteristiche che non appartengono all’energia nucleare perché, per definizione, la centrale a fissione produce scorie”.

Quando si parla di energia pulita, il pensiero corre alle energie rinnovabili. Nel suo libro, lei affronta il tema del fotovoltaico. Secondo lei, perché in Italia questa alternativa green non è ancora così diffusa?
“Si tratta di un problema di politica energetica. Non ci sono impedimenti fisici per estendere il fotovoltaico, bensì di natura politica-economica. Ammetto che ci possano essere dei problemi tecnici – la rete di distribuzione nasce e si sviluppa per grandi centrali a partire dalle quali si trasporta energia per poi arrivare agli utenti finali, mentre la logica dei fotovoltaici e dell’eolico segue la produzione diffusa attraverso una quantità di punti di produzione più piccoli interconnessi tra loro – però potrebbero risolversi con delle ristrutturazioni e delle politiche di investimento. Il Pnrr, per esempio, destina 2 miliardi e 200 milioni ai Comuni al di sotto dei 5 mila abitanti per creare comunità energetiche, ma i bandi non sono ancora stati emessi e la realizzazione deve essere ultimata entro il 2026. Se il 2% del territorio nazionale italiano fosse coperto di pannelli fotovoltaici, si avrebbe una produzione annua sufficiente a soddisfare l’intero fabbisogno energetico nazionale”.

Anche il fatto che l’emergenza climatica non sia in realtà vissuta come tale è da imputare a scelte politiche?
“Sì, esatto. Il clima, in tutte le sue sfaccettature, non è al centro delle agende politiche. In questi ultimi mesi, inoltre, la guerra ha posto in secondo piano vari aspetti. Sopra tutto c’è ovviamente il bilancio drammatico di morti e feriti, di danni a strutture e via discorrendo; c’è, però, anche un bilancio energetico che sarebbe opportuno tracciare: un dato su tutti riguarda l’emissione di CO2, che non ha alcun accenno a limitare il tasso di crescita ma che anzi peggiora a seguito delle esplosioni. Non dobbiamo inoltre dimenticare che la produzione delle bombe termonucleari, le cosiddette ‘bombe sporche’ è attiva ed esse continuano a essere accumulate. Sono armi a potenza limitata, distruggono meno rispetto alle bombe tradizionali, ma rilasciano quantità notevoli di residui radioattivi che rendono inagibili per anni interi territori. Anche la recente notizia secondo la quale negli Usa si sia riuscito a estrarre energia da un reattore fusione nucleare ha sullo sfondo l’aspetto militare: certo, ci avviciniamo a energia illimitata e pulita, però l’utilizzo del laser su un granello di materiale serve a mettersi nelle condizioni di capire la dinamica dell’esplosione per fini militari, evitando esperimenti sia sotto terra sia in atmosfera”.

Lei dedica un intero capitolo del libro alle fake news sul nucleare. Come può un cittadino districarsi in questo mare magnum di luoghi comuni?
“Informandosi, prima di tutto. Per farlo, però, occorre che i divulgatori non si addentrino in discorsi troppo tecnici, che i non addetti ai lavori faticano a comprendere. I concetti di energia infinita e pulita, possono essere spiegati con un linguaggio comprensibile. Devono, inoltre, essere al centro di momenti di confronto di merito tra esperti e politici che non dovrebbero solo prestare ascolto a professionisti di parte, ma aprirsi al dialogo e al confronto, ascoltando una pluralità di esperti”.

Serve il nucleare per uscire dalla crisi e continuare a decarbonizzare

La grave crisi energetica provocata in Europa dall’invasione dell’Ucraina da parte russa e dalla conseguente ‘guerra del gas’, che ha privato il nostro continente dell’approvvigionamento energetico più a buon mercato, mostra con grande evidenza l’incapacità, i conflitti di interesse e lo stato di confusione dell’Europa rispetto a una situazione così complessa. In particolare mostra tutti i suoi limiti l’approccio estremista e tutto ideologico alla transizione energetica e alla lotta contro il climate change: ‘rinnovabili, rinnovabili, rinnovabili’ il motto declinato per anni dalla Commissione Europea senza una visione olistica capace di tener conto anche dell’economia e del destino dei sistemi industriali del continente.

Un approccio simile prevede che quando le Istituzioni Comunitarie parlano di processi di decarbonizzazione intendono e regolano soltanto le politiche a favore delle energie rinnovabili, demandando ai Paesi membri le politiche relative alle altre tecnologie di decarbonizzazione con ciò stesso ritenendole meno importanti. Da più parti ci si pone la domanda se sia giusto che le famiglie e l’economia europea, che sono responsabili di meno del 10% delle emissioni di CO2 nel mondo, e la sua industria, che di tali emissioni è responsabile per meno della metà di quel 10%, siano messe in ginocchio da una visione estremista e unilaterale come quella che si è citata.

In realtà appare sempre più chiaro che il tema della decarbonizzazione è inscindibilmente connesso a quello dell’approvvigionamento energetico, e che un argomento così delicato non può consentire estremismi ideologici pena una gravissima crisi dei sistemi industriali del continente. Le imprese devono poter accedere all’energia a prezzi accessibili perché se ciò non sarà possibile vi saranno o chiusure dolorosissime o un altrettanto doloroso esodo di industrie chiave verso Paesi nei quali l’energia è affidabile e a buon mercato. Ciò significa che bisogna essere capaci a tenere in equilibrio tre esigenze ugualmente fondamentali: ambiente e lotta al climate change attraverso processi di decarbonizzazione; economicità degli approvvigionamenti energetici per garantire la competitività dei sistemi industriali; sicurezza di questi approvvigionamenti.

Le energie rinnovabili (fotovoltaico ed eolico in particolare) non possono bastare perché sono intermittenti, non programmabili, e coprono solo una parte temporalmente contenuta dei fabbisogni energetici di un Paese o di un continente. Banalizzando, coprono solo le ore in cui c’è il sole e soffia il vento, che grosso modo (anche sommate come se non ci fossero sovrapposizioni tra le ore di sole e quelle in cui soffia il vento, il che non è) non arrivano ad un terzo delle ore in cui c’è bisogno di energia.

Faccio sempre l’esempio di un grande impianto energivoro come un’acciaieria a forno elettrico. Le ore annuali di esercizio sono circa 8000, le energie rinnovabili in Italia ne coprono a mala pena 2000-2500. E per le altre 5500-6000 ore? È evidente che l’industria energivora di base (siderurgia, chimica, carta, cemento, ceramica, vetro ecc.) per coprire queste ore non coperte dalle rinnovabili ha bisogno di energia di base, base load, decarbonizzata. Energia stabile, continua, possibilmente a costi contenuti.

Ci sono solo due tecnologie che soddisfano questa esigenza: le centrali a gas con l’applicazione delle tecnologie CCUS (Carbon Capture Utilization and Storage) e il nucleare. Le batterie e gli accumuli non sono capaci di far funzionare grandi impianti energivori come i forni elettrici. Entrambe queste tecnologie, CCUS e nucleare, sono state per anni scartate e messe all’indice dall’estremismo ideologico ambientalista che ha influenzato non poco moltissime nazioni europee, Germaniae Italia in testa, e la Commissione europea.

È parso chiaro a tutti, sulla base dei dati forniti al convegno, che se si vuole uscire dall’emergenza innescata dalla più grave crisi energetica mai vista, che in Europa ha il suo epicentro, e contemporaneamente si vuole proseguire sulla strada della decarbonizzazione non si può fare a meno del nucleare.

Perché il nucleare? Per quattro motivi come ha sostenuto con forza Umberto Minopoli, presidente dell’Associazione Italiana Nucleare.

  1. Perché già oggi è la prima fonte non carbonica del sistema energetico europeo. Verità nascosta da una lunga retorica falsificatrice (specie nel nostro Paese ) che ha raccontato di un presunto declino del nucleare, il quale pesa invece per il 25% della generazione elettrica del continente, con 122 centrali operative e consente di lanciare ambiziosissimi programmi di decarbonizzazione.
  1. Perché il nucleare è una fonte energetica continuativa che dà energia per tutte le 8760 ore dell’anno è ed una fonte totalmente decarbonizzata. 
  2. Perché il nucleare è l’unica fonte decarbonizzata che può riuscire a far fronte all’evoluzione dei nostri sistemi, segnati da una sempre maggiore penetrazione degli usi elettrici. E inoltre è la fonte contrassegnata dalla più bassa volatilità e dalla più alta costanza nei costi operativi e di gestione. 
  3. Infine perché il nucleare è la tecnologia non carbonica subito disponibile e caratterizzata dalla più massiccia articolazione di tipologie di impianti ad alta tecnologia e con i maggiori requisiti di sicurezza, efficienza e innovatività tra tutti gli impianti energetici. 

In particolare negli ultimi venti anni la tecnologia ha fatto passi enormi in termini di sicurezza, efficienza e economicità, arrivando a quello che si chiama ‘nucleare di terza generazione’ e si prevede di arrivare a fine del prossimo decennio a quella che viene chiamata ‘quarta generazione’

Pichetto: “Nel 2030 due terzi energia da rinnovabili, servono rigassificatori”

Il Mase prosegue sulla via della transizione energetica. L’obiettivo al 2030 resta produrre un terzo dell’energia da fonti fossili e due terzi da rinnovabili. Intanto però, i rigassificatori sono necessari per raggiungere l’indipendenza dalla Russia, Piombino sarà temporaneo, in uso per non oltre tre anni. “C’è l’impegno mio e del governo“, assicura il ministro, Gilberto Pichetto Fratin. In cambio, la città toscana riceverà compensazioni. Lo Stato si farà carico delle esigenze delle comunità che “offrono un servizio così importante al Paese“, afferma Pichetto. Si tratta di realizzare opere di riqualificazione ambientale importanti e in tempi rapidi.

Il titolare del dicastero di via Cristoforo Colombo risponde alle domande delle commissioni Ambiente e Attività produttive e fa il punto sulle sue linee programmatiche. “Il conseguimento degli obiettivi di autonomia energetica, rende indifferibile un percorso di importante sviluppo di fonti rinnovabili“, ribadisce. Il Pnrr prevede uno stanziamento di 60 miliardi di euro con l’aumento della quota di produzione di energia verde, il potenziamento delle infrastrutture di rete, la promozione dell’efficienza e della produzione e dell’utilizzo dell’idrogeno.

Ambiente e sicurezza energetica sono strettamente interconnesse, il cambio del nome del ministero non è un caso: “E’ volto a rimarcare le due grandi missioni, che sono tutt’altro che antitetiche“. Un esempio è il Piano nazionale integrato energia e clima, che ha il compito di pianificare le politiche di decarbonizzazione e di contrasto alle emissioni climalteranti. In altre parole, spiega: “E’ teso al contrasto al cambiamento climatico, ma al tempo stesso punta ad implementare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, il mercato interno dell’energia, la ricerca, l’innovazione e la competitività“.

Le trasformazioni e i cambiamenti del sistema energetico, dunque, costituiscono un elemento fondamentale per la riuscita della transizione ecologica. Quanto alle Comunità energetiche rinnovabili, annuncia, “sono in corso interlocuzioni in Europa, credo di poter dire che c’è l’assenso a trasformare il prestito in sovvenzione. Questo ci permette di superare alcuni nodi, spero a giorni o a ore di avere formale risposta da parte dell’Unione europea“.

A Bruxelles l’Italia continuerà a giocare un ruolo da protagonista, garantisce, con lo stesso approccio che l’ha portata al negoziato sul cap al prezzo del gas. “E’ stato il nostro Paese a portare un numero considerevole di altri Stati membri a chiedere una soluzione condivisa a livello europeo“, rivendica e precisa che il price cap “non è la definizione del prezzo, ma una misura anti-speculazione. Funziona come in borsa, quando viene sospeso un titolo per eccesso di ribasso o di rialzo“.

In prospettiva, nessuna preclusione sul nucleare, torna a ripetere. Anzi, incalza, “mi sembra possa rispondere in maniera efficace al raggiungimento degli obiettivi di neutralità tecnologica“. Lo stato delle competenze resta comunque in capo all’Enea e l’auspicio è che si arrivi a implementare la quarta generazione nell’arco di 10-15 anni: “Sarà un vettore tecnologico di transizione propedeutico all’approccio finale alla fusione nucleare“.