Tajani lancia Piano di contrasto ai dazi: nuovi mercati senza abbandonare dialogo con Usa

Una strategia per l’export italiano che compensi gli eventuali contraccolpi generati dai dazi annunciati a partire dal 2 aprile da Donald Trump, ma senza abbandonare il dialogo con gli Stati Uniti.  Il governo italiano punta ai mercati extra-UE ad alto potenziale, con un Piano d’azione presentato oggi a Villa Madama dal ministro degli Esteri Antonio Tajani.

L’obiettivo è arrivare a 700 miliardi di export entro fine legislatura, partendo dai 623,5 miliardi attuali, puntando su mercati emergenti come Arabia Saudita, Turchia, Emirati Arabi Uniti, Mercosur (specialmente Messico e Brasile), Balcani occidentali, Africa e Paesi Asean (su tutti Thailandia, Indonesia e Vietnam).

Il Piano, che prevede missioni economiche e business forum costruiti su dossier-paese che individuano settori e opportunità concrete, è frutto del lavoro congiunto del Maeci con le agenzie del Sistema Italia (ICE, SACE, Simest, Cassa Depositi e Prestiti). I mercati emergenti, in fondo, già oggi coprono il 49% del nostro export globale, ma si può fare ancora di più nonostante l’Italia sia considerata già oggi una potenza mondiale dell’export e vanti numeri record: sesto esportatore mondiale e Paese con la maggiore varietà merceologica, seconda economia al mondo e prima in Europa per diversificazione di beni esportati, un settore che da solo vale il 40% del nostro Pil.

Questo però non vuol dire che si debba abbandonare il dialogo con gli Stati Uniti, su cui Tajani è chiaro: “Il Piano prevede la presenza dell’Italia nei mercati in crescita, è una grande opportunità a tutela delle imprese italiane e delle loro esportazioni che rappresentano il 40% del nostro Pil”. Tuttavia “sarebbe un errore non parlare con gli Stati Uniti”, su cui rimane il grosso punto interrogativo dei dazi, minacciati ma non ancora ufficializzati. Gli Usa in fondo valgono il 10% del nostro commercio estero, il ministro vuole quindi evitare una escalation commerciale: “La guerra dei dazi non conviene a nessuno, né a noi né agli Stati Uniti”. E ancora: “L’Europa deve fare tutto ciò che è in suo potere per facilitare il colloquio con gli Usa, dividersi sarebbe esiziale per l’Occidente”. Per questo si congratula col commissario UE al Commercio, Marcos Sefcovic, per la linea della prudenza assunta negli ultimi giorni nei confronti di Washington: “Ieri ho avuto un lungo colloquio con lui, saggiamente ha deciso di rinviare di due settimane eventuali contromisure. Questo ci consente di proseguire un dialogo con gli Usa. A livello diplomatico faremo tutto ciò che è possibile”. Di contro, la Farnesina vede Oltreoceano anche la possibilità di rafforzare il nostro export: “Investire di più e importare di più dagli Usa – sostiene Tajani – può rappresentare uno scudo efficace per continuare a esportare verso un mercato che oggi vede l’Italia in posizione vantaggiosa nella bilancia commerciale”. Al tempo stesso Tajani ha annunciato anche una riforma del proprio dicastero che presenterà prossimamente nel Consiglio dei ministri: “Una struttura a due teste, una politica e una economica, dedicate alla crescita”. E dunque alle esportazioni.

Cdp lancia Piano strategico 2025-2027: 81 mld risorse per 170 mld investimenti

Cassa depositi e prestiti ‘riparte’ da 81 miliardi di risorse (+24%) per generare investimenti per 170 miliardi (+32%), anche grazie all’attrazione di capitali di terzi. Il nuovo Piano strategico 2025-2027 traccia una rotta ben precisa per il prossimo triennio, con cinque pilastri: Business, Advisory, Equity, Real Asset e Internazionale; e quattro priorità: Competitività, Coesione sociale e territoriale, Sicurezza economica e autonomia strategica e Just Transition. “Il nuovo Piano potenzierà la nostra azione come volano per lo sviluppo dell’Italia, con un significativo impatto a livello economico, sociale e ambientale”, assicura l’amministratore delegato, Dario Scannapieco.

Si parte dai dati del piano precedente, che ha portato i suoi frutti: per la prima volta gli utili sono andati oltre i 3 miliardi e gli obiettivi sono stati addirittura superati. Per i prossimi tre anni, quindi, l’asticella si alza ulteriormente. Di questi 170 miliardi di euro di investimenti da generare, oltre 70 miliardi sono destinati alle attività di Business, con circa 9 miliardi a sostegno dello sviluppo infrastrutturale e 11 miliardi per la Pa attraverso attività di finanziamento e gestione di risorse pubbliche. L’obiettivo per le imprese è 52 miliardi di volumi, facendo leva anche sulle sinergie con Simest.

Per quanto concerne l’Equity, il programma di investimenti è di 4 miliardi circa per sostenere le imprese in portafoglio e realizzare nuove operazioni in aziende strategiche e fondi. Tra il 2025 e il 2027, dunque, Cdp lancerà un nuovo programma di investimenti diretti a sostegno del rafforzamento competitivo di soggetti industriali con elevato potenziale di crescita e di aggregazione, con l’obiettivo di creare player italiani più capaci di competere a livello internazionale.

Un miliardo di euro è riservato al Real Asset, per interventi di rigenerazione urbana, sostegno al turismo e, in collaborazione con le Fondazioni bancarie, per l’ampliamento dell’offerta sul fronte dell’abitare sociale. Altro capitolo corposo è l’internazionalizzazione, 5 miliardi. In questo contesto i riflettori saranno accesi principalmente sull’Africa, per sostenere gli impegni del Piano Mattei, che Scannapieco definisce “illuminato”. Per il manager “saremmo sciocchi a non considerare la dinamica, a non curarci di questo territorio”, perché “entro il 2050 un abitante su 4 nel mondo sarà africano, con un età media di 25 anni, e la crescita del Pil nel 2024 è tra il 3,4 e il 3,7%, in crescita, con un forte fabbisogno di investimenti”.

Ci sono, poi, altri punti che Scannapieco chiarisce, durante la presentazione del Piano. A partire dalla partecipazione di Cdp alla rete ferroviaria dell’Alta Velocità, anche se tira il freno ai rumors: “L’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Italiane ha parlato di un potenziale intervento, ma non c’è un file su questo. Ciò non vuol dire che in futuro, se ci saranno condizioni, non lo valuteremo”. Chiarendo che Cassa investimenti nelle reti ferroviarie le ha fatte, ma “è cosa diversa da entrare nell’equity”.

La sostenibilità ricopre una fetta importante del nuovo Piano strategico triennale, ma con l’obiettivo di una “just transition”, ovvero “non fa prevalere l’ideologia sul pragmatismo”. Dunque, chiarisce Scannapieco, “una transizione attenta ai temi sociali, che non avvenga in maniera dannosa per la competitività e i sistemi economici, un punto anche del report di Mario Draghi”.

Piano sicurezza Campi Flegrei. Musumeci: “Prima prevenzione strutturale in Italia”

Nello Musumeci presenta a Pozzuoli la “prima massiccia operazione di prevenzione strutturale mai compiuta in Italia”. Si tratta del Piano di messa in sicurezza dei Campi Flegrei elaborato dal commissario straordinario Fulvio Soccodato, che, spiega il ministro della Protezione Civile, il governo ha scelto per “la sua nota competenza e il suo noto pragmatismo”.

Il programma è articolato, impegna quasi mezzo miliardo di euro messo a disposizione del governo e punta a mettere in sicurezza le infrastrutture pubbliche, non solo quelle viarie, ma anche le caserme, gli edifici scolastici, le infrastrutture portuali. Tra le scelte strategiche, c’è anche un capitolo sulla sostenibilità, per programmare interventi socialmente, ambientalmente ed economicamente sostenibili, di miglioramento dell’esistente, curando la cantierizzazione e contenendo il disturbo alla popolazione.

Il piano è stato illustrato nel Centro operativo comunale della Protezione civile di Pozzuoli da Soccodato, Musumeci, alla presenza del capo dipartimento della Protezione civile, Fabio Ciciliano, del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, e dei sindaci dei Comuni della zona interessata dal fenomeno del bradisismo.

Per la prima fase sono stati stanziati 260 milioni sui 630 complessivi, per la realizzazione di 56 interventi da concludere entro 36 mesi. “Mi auguro che questo possa costituire un primo esempio, un laboratorio, per guardare anche ad altri territori, altrettanto fragili”, scandisce il ministro. Il clima tra istituzioni e territori, assicura, è di “assoluta collaborazione e reciproco rispetto”.

Si tratta di continuare a lavorare sugli obiettivi strutturati con la Regione e con i Comuni di Napoli, Pozzuoli e Bacoli. “Abbiamo coinvolto anche l’aeronautica militare, la giustizia, per le infrastrutture di loro pertinenza”, riferisce Musumeci, che si dice “ottimista”, e propone di riproporre l’incontro ogni sei mesi perché “il territorio possa essere costantemente informato dei progressi che si realizzano giorno per giorno con l’apertura dei cantieri, dove la gente deve recuperare il diritto a una convivenza vigile“.

Nel frattempo, le istituzioni presenti continueranno a lavorare per la prevenzione non strutturale che, chiede il ministro, “deve coinvolgere anche le scuole e deve andare avanti“. Per il prossimo anno sono in programma altre esercitazioni soprattutto nelle scuole, a partire dai bambini delle prime classi, perché, chiosa Musumeci, “serve una nuova consapevolezza della fragilità del territorio e quindi un approccio più consapevole, più responsabile alla cultura del rischio. Andiamo avanti animati da grande buona volontà“.

Clima, Italia invia Pniec in Ue: 131 GW rinnovabili al 2030, 11% nucleare al 2050

Il Piano nazionale Energia e Clima è stato trasmesso a Bruxelles nei tempi. Conferma gli obiettivi raggiunti nella prima proposta trasmessa a giugno 2023, superando in alcuni casi anche i target comunitari.
Si punta a installare 131 gigawatt di rinnovabili al 2030 e, per la prima volta, nel mix compare uno scenario sul nucleare: 8 gigawatt al 2050 che coprirebbero l’11% della richiesta nazionale.
Di “grande pragmatismo” parla il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, che superato “approcci velleitari del passato”. Il documento è condiviso “con i protagonisti della transizione”, spiega, pur non nascondendo i passi ancora necessari per colmare alcuni gap. Nessuna preclusione, assicura, sulle “grandi opportunità dello sviluppo di tutte le fonti “. Nel dossier infatti si traccia uno scenario per il nucleare da fissione nel medio termine (a partire dal 2035) ma anche da fusione (a ridosso del 2050), che, ribadisce il ministro, “ci fa guardare avanti a un futuro possibile”.
Per elaborare il Piano, il Mase ha lavorato con altri ministeri (l’Economia, le Infrastrutture, le Imprese, l’Università e l’Agricoltura), il supporto tecnico di Gse, di Rse per la simulazione degli scenari energetici e di Ispra per quelli emissivi, con il Politecnico di Torino e di Milano per la parte di ricerca e innovazione. Una nuova consultazione nel 2024, dopo quella già svolta nell’anno precedente, ha coinvolto 133 soggetti tra imprese, istituzioni, associazioni e singoli cittadini.
Nell’aggiornamento del Piano è stato seguito un approccio tecnologicamente neutro, che prevede una forte accelerazione su alcuni settori. Oltre alle fonti rinnovabili elettriche, si punta sulla produzione di combustibili rinnovabili come il biometano e l’idrogeno, insieme all’utilizzo di biocarburanti che già nel breve termine possono contribuire alla decarbonizzazione del parco auto esistente, diffusione di auto elettriche, riduzione della mobilità privata, cattura e stoccaggio di CO2, ristrutturazioni edilizie ed elettrificazione dei consumi finali, in particolare attraverso un crescente peso nel mix termico rinnovabile delle pompe di calore.
L’area con performance più alte è quella delle FER: dei 131 Gigawatt che dovranno essere installati al 2030, si prevede che quasi ottanta (79.2) deriveranno dal solare, 28.1 dall’eolico, 19.4 dall’idrico, 3.2 dalle bioenergie e 1 Gigawatt da fonte geotermica (quota quest’ultima che potrebbe anche aumentare al raggiungimento di un adeguato livello di maturità di alcune iniziative progettuali in via di sviluppo).
In ambito efficienza energetica, si registra una importante riduzione dei consumi di energia primaria e finale, ma per il raggiungimento degli obiettivi, innalzati in considerazione dello scenario di crescita del prodotto interno lordo, bisognerà continuare a lavorare. È traguardato invece l’obiettivo relativo ai risparmi annui cumulati nei consumi finali tramite regimi obbligatori di efficienza.
Per quanto riguarda le emissioni e gli assorbimenti di gas serra, l’Italia prevede di superare l’obiettivo del ‘FitFor55’ sugli impianti industriali vincolati dalla normativa Ets, arrivando al -66% rispetto ai livelli del 2005 (obbiettivo UE, -62%).
Anche nei settori “non-ETS” (civile, trasporti e agricoltura) si registra un miglioramento degli indicatori emissivi e per raggiungere i target europei, ad oggi considerati nel dossier “ancora troppo sfidanti”, sarà necessario profondere ulteriori energie.
Sul fronte della sicurezza energetica, si registra una netta riduzione della dipendenza da altri Paesi favorita dalle azioni di diversificazione dell’approvvigionamento e dall’avvenuta pianificazione di nuove infrastrutture e interconnessioni.
Per quanto riguarda la dimensione del Mercato interno dell’energia, si prevede di potenziare le interconnessioni elettriche e il market coupling con gli altri Stati membri e di sviluppare nuove connessioni per il trasporto di gas rinnovabili, rafforzando il ruolo dell’Italia come hub energetico europeo e corridoio di approvvigionamento delle rinnovabili dell’area mediterranea.
Inoltre, il Pniec dà priorità agli obbiettivi nazionali di Ricerca, Sviluppo e Innovazione per accelerare l’introduzione sul mercato di quelle tecnologie necessarie a centrare i target definiti dal Green Deal nonché rafforzare la competitività dell’industria nazionale.
Una sezione specifica è dedicata ai lavori della “Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile”, che ha sviluppato delle ipotesi di scenario in cui si dimostra da un punto di vista tecnico-scientifico la convenienza energetica ed economica di avere una quota di produzione nucleare, in sinergia e a supporto delle rinnovabili e delle altre forme di produzione di energia a basse emissioni. Secondo le ipotesi di scenario sviluppate, il nucleare da fissione, e nel lungo termine da fusione, potrebbero fornire al 2050 circa l’11% dell’energia elettrica totale richiesta – con una possibile proiezione verso il 22%.

Eni, Piano 2024-2027: 27 miliardi di investimenti. Descalzi: “La società sarà più forte”

Eni presenta il Piano strategico per il quadriennio 2024-2027. La novità più interessante è la previsione di spesa per gli investimenti: 27 miliardi di euro, circa 7 miliardi l’anno, in calo di oltre il 20% rispetto a quella del precedente piano, anche se non cambia il percorso di crescita, visto che la riduzione è frutto di un approccio “disciplinato nella selezione“, della “più ampia gestione del portafoglio” e del “miglioramento della qualità dei progetti“, comunica il Cane a sei zampe. “Affrontiamo le sfide poste dalla transizione energetica con la nostra strategia distintiva di crescita e creazione di valore, in grado di rispondere alle esigenze di sicurezza e competitività delle forniture energetiche, conseguendo nel contempo gli obiettivi di decarbonizzazione“, dice l’amministratore delegato, Claudio Descalzi, al Capital Markets 2024. Che spiega: “Stiamo aumentando significativamente la nostra generazione di cassa, anche attraverso la diversificazione delle fonti, la riduzione dei rischi e l’espansione in nuove aree di opportunità legate alla transizione“.

Che è “realizzabile se genera ritorni adeguati e sostenibili e pone le basi per nuove e profittevoli forme di business“, avvisa il manager. Eni comunque considera “ognuno dei business legati alla transizione candidato ideale per il nostro modello satellitare, che consente di ridurre l’impegno finanziario per la crescita e di esplicitare il loro valore di mercato“. Di grande impatto anche le stime sul flusso di cassa operativo, che “ante capitale circolante nel 2024 si prevede pari a 13,5 miliardi di euro, con una media di 15 miliardi nel periodo del piano“, ma “a scenario costante, al 2027 sarà superiore di oltre 30% a quello del 2024 o del 45 percento per azione“.

Cifre simbolo di una crescita che l’azienda sottolinea essere “guidata da tutti i settori, con Plenitude ed Enilive, i principali business legati alla transizione energetica, che insieme rappresentano circa il 20% di tale aumento“. E per il futuro, Eni prevede l’Ebitda pro-forma di Enilive oltre 1,6 miliardi di euro nel 2027, con un tasso di crescita medio annuo del 20 percento, mentre quello di Plenitude punta ai 2 miliardi alla fine del ciclo previsto dal piano, più che doppiando dunque i numeri al 2023. Performance stimate in base al fatto che la capacità di bioraffinazione “è prevista a oltre 3 MPTA entro il 2026, il doppio rispetto a fine 2023, e raggiungerà oltre 5 MTPA entro il 2030, con più di 1 MTPA di opzionalità Saf al 2026, potenzialmente raddoppiabile al 2030“. E l’agribusiness di Eni “crescerà fino a rappresentare oltre il 35% del feedstock processato nelle bioraffinerie italiane” dell’azienda al 2027. Mentre, per quanto riguarda la capacità installata di energia rinnovabile “al 2023 è arrivata a 3 GW, quindi dieci volte circa il dato del 2020, e intendiamo farla crescere ulteriormente fino a 4 GW nel 2024 e più che raddoppiarlo entro il 2027”, sottolinea Descalzi. Che aggiunge: “Questa crescita è sostenuta da una pipeline molto solida, ben oltre i 20 GW, ben diversificata tra le varie tecnologie e le varie zone geografiche“. Altro tema cruciale per Eni sono le esplorazioni, grazie alle quali sono stati scoperti “oltre 16 miliardi di boe di risorse negli ultimi 15 anni, di cui 900 milioni nel 2023, al costo di circa 1,2 dollari” per barili di petrolio equivalente. Per la compagnia italiana questa tecnica “continuerà a essere un importante motore di creazione di valore, investendo oltre 1,5 miliardi nel corso del piano“.

Allo stesso tempo, il “business upstream continuerà a crescere e a generare rilevanti flussi di cassa, con il Cffo per barile previsto in aumento di oltre il 30%” da qui al 2027 e “il gas naturale avrà un maggior peso nella nostra produzione”. Così come è prevista una riduzione dei costi corporate di 1,8 miliardi. “Tutti i principali indicatori economici e finanziari denotano crescita e solidità, grazie al nostro chiaro percorso di generazione di valore che aumenta l’esposizione alle fasi positive del ciclo ed è resiliente in quelle negative”, dice ancora Descalzi. “Questo ci consente di migliorare in misura sostanziale la nostra politica di remunerazione” e dunque “incrementiamo la quota di distribuzione agli azionisti”. Il ceo prosegue: “La nostra politica di remunerazione è fortemente competitiva, implicando al prezzo corrente dell’azione un rendimento del 9%”. Negli ultimi due anni Eni ha distribuito 11 miliardi di euro agli azionisti e ora intende distribuire tra il 30%-35% del Cffo annuale, in aumento rispetto al precedente 25%-30%, sotto forma di dividendi e di buyback. Il dividendo proposto per il 2024 è 1 euro per azione (un incremento superiore al 6%) e il buyback fissato a 1,1 miliardi. Non si ferma nemmeno l’impegno contro il cambiamento climatico, perché il Cane a sei zampe conferma tutti i suoi obiettivi: “Net zero per le emissioni Upstream Scope 1 e 2 entro il 2030, quello di net zero per tutte le attività di Eni Scope 1, 2 entro il 2035” e “gli obiettivi di riduzione delle emissioni Scope 1, 2 e 3: 35 percento entro il 2030, 80% entro il 2040 e net zero entro il 2050”. Per dirla con le parole di Descalzi, “a compimento del Piano, Eni sarà una compagnia più forte dal punto di vista industriale e della redditività, con un portafoglio di business competitivi, in grado di continuare a crescere e a generare ritorni molto attrattivi”.

Renato Mazzoncini

La crisi energetica penalizza A2A, abbassati i target 2030

Piazza Affari non ha gradito l’aggiornamento del piano 2021-2030 di A2A comunicato nella notte dal gruppo. Il titolo ha iniziato le contrattazioni in Borsa con un calo di oltre il 5%, performance che poi è leggermente migliorata col passare delle ore, tuttavia con un mercato che alle 13 segnava -0,1%, la società lombarda cedeva il 2,69%. La peggiore del Ftse Mib.

Gli investitori hanno voltato le spalle al gruppo guidato dall’amministratore delegato, Renato Mazzoncini, che ha detto di aver raggiunto “in anticipo gli obiettivi prefissati, realizzando infrastrutture e impianti industriali, attraverso la crescita interna e cogliendo opportunità di acquisizioni”, ma a causa di un 2022 “caratterizzato da un quadro geopolitico ed economico complesso e da uno scenario energetico volatile, abbiamo deciso di adeguare il nostro Piano per continuare a garantire la solidità del gruppo e affrontare le nuove sfide che ci attendono“.

L’incerto contesto economico e gli impatti generati (aumento costi di approvvigionamento, incremento del valore nominale dei crediti, rateizzazione dei pagamenti dei clienti e incremento del costo del debito) hanno reso opportuno un aggiornamento dei prossimi anni del Piano – spiega un comunicato di A2A – in ottica prudenziale e con un maggior focus sulla gestione dei rischi derivanti dal mutato contesto, rimodulando gli investimenti, mantenendo invariati gli obiettivi sui 10 anni (16 miliardi di euro cumulati fra il 2021 ed il 2030 in linea con il primo Piano decennale)“.

Gli investimenti sono stati aggiornati“, ha aggiunto Mazzoncini, e scendono dai 18 miliardi annunciati a gennaio a 16. Cala anche la previsione di Ebitda, che nel 2030 dovrebbe attestarsi a 2,6 miliardi e non più a 2,9, e la stima sull’utile netto che scivola a 700 milioni per fine piano contro i 780 milioni comunicati neanche un anno fa.

I 16 miliardi di investimenti saranno così suddivisi: 5 miliardi di euro sull’economia circolare, focalizzandosi sulla chiusura del ciclo dei rifiuti, sul recupero di materia, energia e calore e sullo sviluppo delle bioenergie. E 11 sulla transizione energetica, prevalentemente focalizzati sullo sviluppo delle energie rinnovabili, flessibilità ed elettrificazione dei consumi. Tra le novità dell’aggiornamento piano da segnalare che il gruppo si lancerà sul riciclo delle batterie al litio. “Grazie a questo nuovo business – precisa una nota – A2A sarà in grado di trattare circa 10 kton di batterie ogni anno“.