Nel 2023 giro d’affari da 3,3 mld per industria riciclo. Pichetto: Italia modello in Ue

Nel 2023 il Consorzio nazionale imballaggi ha generato in Italia un giro d’affari da oltre 3 miliardi e 300 milioni di euro. “Il Conai è un modello europeo, lo si vede nei risultati, abbiamo già superato gli obiettivi del 2030“, osserva il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto.
Il sistema funziona, spiega il ministro, che però esorta a proseguire nell’impegno in tutte le realtà d’Italia: “La cultura della raccolta differenziata è un passaggio che si acquisisce un po’ per volta, non è così automatico. È un settore che ci permette di primeggiare a livello europeo”, afferma dal palco della presentazione del Rapporto di sostenibilità del consorzio.

Il giro d’affari del Conai è una somma di tre valori: un volume d’affari diretto di 1 miliardo e 289 milioni di euro, provenienti dal Contributo Ambientale Conai (CAC) e dai ricavi da vendita dei materiali; un impatto indiretto pari a 1 miliardo e 701 milioni di euro, legato all’attivazione delle filiere di fornitura; e un impatto indotto di 346 milioni di euro, derivante dai consumi delle famiglie dei lavoratori e delle aziende fornitrici. Un giro d’affari paragonabile al valore dell’intero settore del trasporto aereo di passeggeri in Italia. I soli ricavi da CAC sono stati pari a 718 milioni di euro: il che significa che ogni euro di contributo ambientale ha un moltiplicatore pari a 4,6 in termini di valore generato per l’economia italiana. È il dato principale che emerge dal nuovo Rapporto di sostenibilità di Conai che, come ogni anno, quantifica i benefici economici e ambientali del riciclo degli imballaggi in Italia.

Ogni euro di contributo ne genera altri quattro e mezzo per l’economia: è ormai evidente come l’uso di materia di secondo utilizzo in sostituzione di materia prima vergine abbia ripercussioni importanti sul nostro sistema economico“, precisa il presidente Conai, Ignazio Capuano. “Il nostro impegno per la sostenibilità – aggiunge – è un mandato istituzionale, ma anche la visione su un futuro in cui le risorse del pianeta vengono usate in modo più efficiente, tutelando l’ambiente. Per la prima volta, quindi, abbiamo adottato una nuova metodologia di calcolo per rendicontare il valore generato dalla corretta gestione degli imballaggi: i benefici sono di natura sia economica sia ambientale. Lo certifica un nuovo studio condotto da The European House – Ambrosetti, di cui abbiamo presentato un’anteprima a Ecomondo e che oggi includiamo integralmente nel rapporto“.

Il contributo effettivo del sistema Conai al Pil nazionale, ossia il valore aggiunto generato, è invece stato pari a 1 miliardo e 924 milioni di euro.

Infine, l’impatto occupazionale: nel 2023 il sistema ha sostenuto un totale di 23.199 posti di lavoro, tra occupazione diretta (lavoratori impiegati in modo continuativo nelle strutture e nei processi gestiti direttamente dal Consorzio), indiretta (grazie all’attivazione delle filiere collegate) e indotta (che riguarda essenzialmente i settori della gestione dei rifiuti, della manifattura industriale e dei trasporti).

11 milioni e 724.000 tonnellate è la quantità di materia vergine che, a livello nazionale, si è evitato di estrarre e utilizzare grazie al riciclo di imballaggi nel 2023. Sono pari al peso di 800 torri di Pisa. Il riciclo si conferma anche un attore importante contro l’emissione in atmosfera di CO2, per contrastare il cambiamento climatico. E il Rapporto di sostenibilità Conai mostra come nel 2023, grazie al riciclo, sia stata evitata l’emissione di più di 10 milioni di tonnellate di CO2eq. Che è pari alle emissioni generate da più di 8.000 voli intorno al mondo. Un dato che rappresenta il saldo tra la mancata produzione di gas serra grazie all’evitata produzione di materiale primario e l’emissione di gas serra per le sole operazioni di preparazione al riciclo di imballaggi già utilizzati, ossia il trasporto e il trattamento per trasformare il rifiuto d’imballaggio in nuova materia prima.

Il contributo delle imprese italiane alla corretta gestione del fine vita degli imballaggi si sostanzia anche in un risparmio di energia primaria, cioè l’energia generata da fonte fossili che sarebbe necessaria per la produzione di tutto il materiale primario risparmiato. Un dato che, proprio da quest’anno, è stato affinato introducendo nel computo i consumi di energia primaria relativi alle operazioni di preparazione al riciclo e al trasporto dei rifiuti di imballaggio. Nel 2023 si stima siano stati risparmiati 50 terawattora, che equivalgono al consumo domestico annuo di metà delle famiglie italiane.

Da anni il Rapporto è importante veicolo di un approccio documentato al tema della tutela ambientale, basato su numeri e risultati oltre che su concrete prospettive di miglioramento“, rivendica la direttrice generale, Simona Fontana. “Condividerlo rappresenta un momento di trasparenza che prova quanto il lavoro del Consorzio possa e soprattutto voglia essere misurato e misurabile, in un’ottica di condivisione sinergica fra tutti gli attori e gli stakeholder della filiera. Ma è un documento che va oltre la misurazione dei risultati e che testimonia un impegno più profondo – sostiene – : diffondere una cultura ambientale che permei il tessuto sociale resta parte essenziale dei compiti che ci sono assegnati”.

Per la viceministra all’Ambiente Vannia Gava il rapporto conferma la leadership del Conai e dei consorziati nella sostenibilità, “un’eccellenza tutta italiana che unisce tutela ambientale, crescita economica e occupazione“. Nel settore imballaggi, il Mase c’è, assicura, “con investimenti, incentivi fiscali e norme che semplificano e promuovono l’economia circolare. Il rifiuto è risorsa. La sfida è promuovere questo tipo di cultura ambientale, affidandoci alla scienza e alla tecnologia”.

Presentata la strategia nazionale dell’Idrogeno: tre scenari al 2050

Tre scenari per la diffusione dell’idrogeno rinnovabile e a bassa emissione carbonica, prevedendo orizzonti temporali di breve, medio e lungo termine da qui al 2050. E’ la strategia nazionale dell’Idrogeno, presentata dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica nella sede del Gse a Roma. Un tassello del mix energetico nazionale verso l’obiettivo del Net Zero: “E’ una delle soluzioni fondamentali per la decarbonizzazione“, conferma Gilberto Pichetto. Il ministro rivendica di avere un piano più realistico di quello dell’Unione europea, che prevede di raggiungere le 20 milioni di tonnellate di idrogeno già nel 2030. Una strategia, osserva Pichetto, “difficile da raggiungere“, per quanto ammette: “La tecnologia va avanti molto velocemente e la politica può solo seguirla“. Il settore può già contare su risorse complessive superiori ai 6 miliardi, ma “ha ancora bisogno di sviluppare un mercato solido e va dunque accompagnato con nuovi strumenti, insieme a una forte coesione inter-istituzionale”, afferma il ministro.

La strategia del Mase stima una “domanda nazionale” tra 6 e 12 mega tonnellate equivalenti di petrolio, con una necessità di elettrolizzatori variabile da alcuni GW fino ad alcune decine di GW a seconda delle condizioni di contesto. Per decarbonizzare i consumi servirà la combinazione di diverse fonti, tra cui l’aumento della produzione da rinnovabili, lo sviluppo della ‘Carbon Capture Storage’, di biofuel, biometano e dell’idrogeno, anche eventualmente affiancato dalla ripresa della produzione nucleare. Solo così si riuscirà a soddisfare la domanda a fronte di fonti non programmabili e intermittenti, con la capacità di trasportare grandi quantità di energia su lunghe distanze e a costi competitivi. Per trasportare l’idrogeno bisognerà comunque adattare il sistema di utilizzo, che non può essere quello del gas. “È una vera e propria rivoluzione industriale”, scandisce Pichetto.

Sono indicate come variabili che incidono sull’idrogeno la decarbonizzazione degli usi finali (trasporto pesante, settore marittimo e aereo), l’integrazione del sistema energetico, la realizzazione di una filiera forte e competitiva. Altri aspetti da considerare sono l’aumento della sicurezza negli approvvigionamenti di energia e il relativo contributo dell’idrogeno, la realizzazione dell’obiettivo “Italia hub energetico nel Mediterraneo”, su cui molto incide l’attività di cooperazione, un sistema di certificazione che assicuri di non rilocalizzare le emissioni ma di contribuire concretamente alla loro riduzione, come anche lo sviluppo di ricerca e innovazione che possano creare nuovi prodotti e componenti.

Nel medio e lungo periodo – viene spiegato nella Strategia – lo sviluppo di una produzione ‘large scale’ e di una infrastruttura dedicata permetterà di abbattere i costi di produzione”, e altrettanto “una logistica su gomma di idrogeno gassoso e liquido potrà essere di supporto nel medio periodo”. Il progetto ‘Southern Hydrogen Corridor’, di cui la dorsale italiana è parte integrante, “renderà l’Italia un hub europeo dell’idrogeno, favorendo i flussi di importazione”, precisa il Mase.

Insieme al biometano “l’idrogeno dovrà sostituire la molecola gas perché ci sono delle utenze che non sono elettrificabili“, ricorda il presidente del GSE, Paolo Arrigoni. Il consumo prioritario è appannaggio del settore dei trasporti, aereo, ferroviario, trasporto pesante su gomma, autobus e poi anche i settori hard to abate, che sono ad alta intensità energetica. Arrigoni però fa presente che, perché si possa creare domanda, il prezzo deve scendere e non poco. Si dovrebbe passare dagli attuali 13,7 euro ai 2-2,5 euro al chilo.

Il mercato sta partendo, non c’è ancora lo scale-up significativo, ovvero tutte quelle tecnologie che vengono immesse sul mercato che consentono al prezzo di scendere per economie di scala“, spiega a GEA il presidente di H2IT, Alberto Dossi. Per avere elettrolizzatori più convenienti, afferma, “dobbiamo lavorare sulla ricerca“. La speranza è però anche quella di poter avere, nel decreto tariffe, “un incentivo sull’acquisto dell’energia elettrica che consenta all’Idrogeno, che è una filiera che sta partendo, di essere competitivo rispetto a tutti i combustibili fossili che sono da più di cent’anni sul mercato“.

Quanto ai primi treni a idrogeno, non si dovrà attendere troppo: i primi Coradia Stream H, progettati da Alstom, saranno inaugurati nel 2025.

Cop29 ai supplementari. Proposti 250 mld anno da Paesi ricchi. Africa: “Inaccettabile”

All’undicesimo giorno di lavori, alla Cop29 il Nord e il Sud globale continuano a darsi battaglia. La presidenza azera partorisce una bozza di compromesso sbilanciata a favore dei Paesi sviluppati, perché invita a raggiungere l’obiettivo di 1,3 trilioni di dollari entro il 2035, ma decide di stanziare una somma di 250 miliardi all’anno. Il testo comunque non è l’ultimo: dopo la bozza, pubblicata nel primo pomeriggio, iniziano le consultazioni tra facilitatori e delegazioni verso il testo finale.

Dopo il primo documento a opzioni, questo testo fa una sintesi, ma in sostanza riflette un’ambizione minima. Resta il macro goal di raggiungere, per il contrasto ai cambiamenti climatici dei Paesi in via di sviluppo, oltre mille miliardi in dieci anni, ma l’obbligo vincolante, che parla di finanza fornita (i fondi pubblici a fondo perduto) e mobilizzata (i fondi privati e prestiti di finanza bilaterale e multilaterale) è di 250 miliardi di dollari all’anno fino al 2035.

Poco, troppo poco per il gruppo africano. Di nuovo, la bozza risulta “totalmente inaccettabile e inadatta all’attuazione dell’accordo di Parigi”, commenta a caldo il negoziatore keniota, Ali Mohamed.

Profondamente delusa anche l’Alleanza dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo, i più vulnerabili tra i vulnerabili: “Il testo chiede alle parti ‘Quanto in basso potete andare in materia di ambizione climatic?‘. È inaccettabile”, tuona l’Aosis, ribadendo che il testo “non sarà adeguato a dare piena attuazione all’Accordo di Parigi e a guidare realmente l’azione per mantenere il limite di 1,5°C”.

La presidenza assicura un lavoro per un obiettivo più “giusto e ambizioso”: “Continueremo a discutere con le parti”, dice ai giornalisti il ​​capo negoziatore, Ialtchine Rafiev, promettendo di apportare “gli ultimi aggiustamenti”, mentre la conferenza delle Nazioni Unite è ufficialmente entrata nei tempi supplementari.

Quanto all’Italia, continua a spingere, insieme ai principali paesi europei, perché “venga una riforma per una finanza climatica migliore, più efficiente che coinvolga anche nuovi Paesi, settore privato, enti filantropici e banche multilaterali di sviluppo“, spiega il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, in una pausa dei lavori. L’approccio di Roma è “quello di perseguire la decarbonizzazione e la crescita dei più vulnerabili”, riferisce, alla base della strategia e dei progetti del Piano Mattei per l’Africa, attraverso collaborazioni pubblico-privato e “partenariati paritari e non predatori”.

Secondo la bozza, i fondi per il clima dovranno arrivare “da un’ampia varietà di fonti, pubbliche e private, bilaterali e multilaterali, comprese le fonti alternative”, con azioni “significative e ambiziose” di mitigazione e adattamento, e di “trasparenza nell’attuazione”, quindi con il monitoraggio degli obiettivi; riconoscendo l’intenzione volontaria delle Parti di “conteggiare tutti i flussi in uscita e i finanziamenti mobilitati dalle banche multilaterali di sviluppo” e invita i Paesi in via di sviluppo ad apportare altri contributi, anche attraverso la cooperazione cooperazione Sud-Sud, per raggiungere l’obiettivo. Si riflette quindi sull’espansione della base dei donatori e sulla richiesta cinese di riconoscerla ma su base volontaria.

Nel testo sulla mitigazione, l’abbassamento delle emissioni, si riprende il linguaggio di Parigi sulla necessità di contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C come opzione prioritaria. Manca però un riferimento esplicito all’uscita dalle fonti fossili: si “riaffermano” gli esiti del Global Stocktake, senza però citarli.

I fondi per il clima andrebbero a finanziare i piani nazionali sotto l’Accordo di Parigi (gli Ndc); i Piani Nazionali di Adattamento e le Comunicazioni sull’Adattamento, “inter alia”, quindi oltre a una serie di azioni e piani non esplicitati.

La Cop prende poi “atto” del bisogno di finanza per il clima in forma di concessioni, prestiti altamente agevolati e in forma di finanza pubblica, specialmente a supporto di azioni di adattamento e per compensare perdite e danni e riconosce l’importanza di aumentare entro il 2030 la percentuale di finanza mobilitata da fonti pubbliche, ma senza imporre obiettivi specifici o scadenze.

Cop29, Pichetto: “Dal G20 nessun input, in questo momento evitiamo di parlare di cifre”

Al via a Baku, in Azerbaigian, la seconda giornata di lavori della seconda settimana della Cop29. Oggi il focus è sui temi cibo, agricoltura e acqua. La conferenza stampa della presidenza è attesa per le 13.15 locali (le 10.15 italiane).

Occhi puntati sul G20 di Rio, in Brasile, dove però i leader non hanno fatto progressi per sbloccare i negoziati sul clima di Baku, come aveva chiesto ieri la conferenza della parti. Gli sherpa non hanno nemmeno incluso nel loro comunicato l’impegno per “una giusta, ordinata ed equa transizione dai combustibili fossili nei sistemi energetici”, che era stato ottenuto nell’ultima COP a Dubai lo scorso anno.

Non è arrivato nessun input politico preciso dal G20 nell’aumentare i fondi per i paesi vulnerabili, anzi in questo momento noi evitiamo di parlare di cifre”, commenta il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto, arrivato a Baku ieri sera. Si intrattiene con i giornalisti a margine dell’evento ‘Le tecnologie di Leonardo per supportare le transizioni climatiche e proteggere territori e comunità‘, nel padiglione italiano. “Abbiamo appena finito la riunione e l’impegno che abbiamo assunto è quello di non parlare di numeri, anche perché vogliamo legare i numeri alle misurazioni e alle mitigazioni”, fa sapere.

La situazione dei negoziati, ammette, è “ancora abbastanza difficoltosa”, riferisce. Il ministro fa riferimento al dossier Cina, che non vorrebbe rientrare direttamente tra i Paesi contributori, al nodo della mitigazione, cioè l’abbassamento delle emissioni, che molti Paesi, in particolare i Paesi via di sviluppo, non vogliono tenere in considerazione. E ancora, “sembrava a buon punto la trattativa che riguardava l’articolo 6 dell’accordo di Parigi con le misurazioni, ma questa notte nelle trattative tecniche c’è stata ancora qualche difficoltà“, informa.

Per allargare la platea dei donatori, la ricetta italiana è quella di coinvolgere i fondi multilaterali.Portando dentro i fondi multilaterali naturalmente si va ad allargare la base perché sono certamente per più della metà, per circa un 60% dei paesi del G7, ma per il 40% è molto più allargato, perché riguarda anche paesi che possono essere a questo punto contributori e fruitori“, ricorda Pichetto. Sarebbe un modo per far contribuire anche la Cina, presente in modo massiccio nei fondi asiatici: “La Cina rimarrebbe in una condizione di contributore ma anche di fruitore, questo è uno degli elementi“.

Un altro modo per dare più respiro al piano di finanza climatica è per il ministro italiano quello di considerarlo decennale e non attivare meccanismi vincolanti annuali. Però, mette in guardia, “siamo al primo giorno delle ministeriali, i nostri negoziatori cominciano adesso, vedremo“.

L’Italia conferma gli impegni sui fondi definiti finora: “Abbiamo ribadito quindi la disponibilità sul fondo clima, l’impegno sul loss and damage nel momento in cui verranno definite anche le modalità“, afferma Pichetto, ribadendo di avere la piena volontà di discutere un nuovo quadro finanziario, ma “che sia essere legato a un sistema di misurazione delle ricadute”.

Oggi il ministro interviene al dialogo ministeriale di Alto Livello sull’urgente necessità di aumentare gradualmente i finanziamenti per l’adattamento, poi, al Padiglione ucraino, partecipa all’evento di Alto Livello dedicato al punto ‘Sicurezza Ambientale’ della ‘Formula di Pace’ Ucraina. Alle 17.30 (14.30 italiane) il ministro è atteso al Padiglione Italiano per il Side Event organizzato dalla Fondazione Patto per la Decarbonizzazione del Trasporto Aereo (PACTA) sulle sfide del settore per la decarbonizzazione. Conclude la giornata l’evento di lancio del progetto ‘Giubileo e Ambiente’ sostenuto dal MASE in collaborazione in ISPRA e promosso da Earth Day Italia (Padiglione Mediterraneo, ore 18.30 – le 15.30 in Italia).

In programma per oggi un incontro bilaterale con Ugochi Daniels, vicedirettrice generale per le Operazioni dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM). Salta invece il bilaterale con Idit Silman, ministra della protezione ambientale d’Israele, che non ha potuto raggiungere Baku a causa dello spazio aereo che Ankara ha chiuso a Israele. Domani, mercoledì 20, il ministro tiene il bilaterale con Habib Abid, ministro dell’Ambiente della Tunisia, con Seyoum Mekonen, vice ministro di Stato per la Pianificazione e lo Sviluppo della Repubblica Federale Democratica d’Etiopia e con Svetlana Grinchuk, ministra della Protezione Ambientale e delle Risorse Naturali dell’Ucraina,

La Cop29 si appella al G20: “Leader diano segnale chiaro, senza non possiamo farcela”

In apertura della settimana che porterà alla chiusura dei lavori, si alza il grido d’aiuto della presidenza azera della Cop29 al G20 di Rio de Janeiro. I venti grandi “rappresentano l’85% del Pil globale e l’80% delle emissioni”, chiosa Mukhtav Babayev, ministro dell’Ecologia e delle risorse naturali, considerando il G20 “essenziale per compiere progressi su tutti i pilastri dell’Accordo di Parigi”, dalla finanza alla mitigazione e all’adattamento. “Non possiamo farcela senza di loro e il mondo aspetta di sentirli”, insiste, esortando il summit a inviare un segnale positivo dell’impegno ad affrontare la crisi climatica: “Vogliamo che forniscano mandati chiari per ottenere risultati alla COP29. Questa è la loro occasione per dimostrare la loro leadership”.
Il segretario esecutivo dell’United Nations Climate Change Conference, Simon Stiell, fa presente che i costi dell’adattamento al cambiamento climatico “salgono alle stelle per tutti, soprattutto per i Paesi in via di sviluppo” e i loro costi potrebbero salire a “340 miliardi di dollari all’anno entro il 2030, fino a raggiungere i 565 miliardi di dollari all’anno entro il 2050″.
A Rio, anche il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres invita i Paesi del G20 a dare l’esempio e a trovare “compromessi” per salvare la conferenza sul clima. Che comunque non resta ferma. Dopo l’adozione del comma 4 dell’articolo 6 dell’Accordo di Parigi, sulla finanza privata, oggi da Baku arriva anche l’adesione della conferenza al comma 8 dello stesso articolo, sugli “approcci non di mercato”, quindi sulla finanza pubblica.

Babayev però si dice preoccupato dalla lentezza dei negoziati: “Le parti non si stiano avvicinando l’una all’altra con sufficiente rapidità, è ora che si muovano più velocemente”, esorta, domandando un accordo “equo e ambizioso”.
L’obiettivo è quello di inserire nei documenti delle Nazioni Unite le modalità di finanziamento di circa 1.000 miliardi di dollari all’anno di aiuti al clima per i Paesi in via di sviluppo da qui al 2030. Denaro che sarà utilizzato per costruire centrali solari, investire nell’irrigazione e proteggere le città dalle inondazioni. Bisognerà capire se questa cifra dovrà essere solo pubblica o mobilitata, quanto sarà ampia la platea dei Paesi donatori e quali saranno le tempistiche indicate nel documento.

La cifra al 2030 è la stima del fabbisogno fatta dagli economisti Nicholas Stern e Amar Bhattacharya, su commissione dell’ONU. Secondo i testi delle Nazioni Unite, solo i Paesi sviluppati sarebbero obbligati a contribuire. Ma l’Europa spinge perché i Paesi emergenti, come la Cina, diano un segnale di disponibilità.
Il contesto internazionale non aiuta. Gli Stati Uniti di Joe Biden stanno cercando di guidare l’uscita dall’impasse, a due mesi dal ritorno al potere di Donald Trump. Domenica, il Presidente uscente ha fatto una visita simbolica in Amazzonia, chiedendo un’azione “per l’umanità”. Nonostante il momento geopolitico così complesso, da Baku il commissario europeo all’Ambiente, Wopke Hoekstra si mostra ottimista: “Credo davvero che possiamo e dobbiamo ottenere un buon risultato entro la fine di questa settimana”, scandisce, ricordando che la sfida da affrontare è “davvero politica”: “Quindi questa settimana, in questa sede, smorziamo il rumore di fondo e concentriamoci sui negoziati che ci attendono”.

Tre le richieste di fondo dell’Europa: il denaro vada ai Paesi realmente più bisognosi e più vulnerabili; aumentino le risorse private perché “la realtà è che non ci sarà mai abbastanza denaro pubblico da nessuna fonte” e i Paesi contribuiscano “in base alle loro emissioni e alla loro crescita economica”. Qui il riferimento chiaro, anche se non esplicito, è alla Cina. Quanto alla capacità di attrarre fondi privati, la ricetta è il carbon pricing: “A contribuire maggiormente è la determinazione del prezzo del carbonio e i mercati del carbonio. Per questo stiamo anche negoziando il completamento delle norme dell’Accordo di Parigi che regolano i mercati internazionali del carbonio”, fa sapere Hoekstra.

Da oggi, la Cop29 ospita i ministri dell’Ambiente, compreso Gilberto Pichetto Fratin, per l’Italia e che ribadisce l’importanza di essere presente al vertice: “La Cop29 è una delle tante tappe di un processo irreversibile in atto“, spiega a Gea il ministro, che torna sulla contingenza globale: “Usa e Ue stanno per cambiare governo, il governo tedesco è in crisi. L’uscita degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi, se ci sarà, non cambierà le politiche americane in modo importante. Anche se alla Cop non sono presenti molti dei grandi leader, ci sono tante altre occasioni per vedersi. I Paesi Opec, che sono tra i maggiori emettitori, sono quelli che hanno i piani più ambiziosi“, ammette. Pichetto si dice convinto che sia “importante continuare anche a Baku ad agire con pazienza e determinazione per raggiungere, passo dopo passo, gli obiettivi della decarbonizzazione“.

La palla, per il momento, passa al Brasile, con un assist da Parigi, dove si discute anche della proposta di tagliare la spesa pubblica internazionale dei Paesi Ocse per progetti di combustibili fossili attraverso le agenzie di credito all’esportazione. Se approvata, la proposta prevede l’eliminazione di 40 miliardi di dollari dai nuovi investimenti in combustibili fossili.

Meloni a Baku: “Al momento no alternativa a fossili”. Pichetto: “Nodo contribuzioni”

L’Italia è in prima linea per raggiungere gli obiettivi climatici fissati a Dubai, ma al momento “non c’è alternativa ai combustibili fossili”. Giorgia Meloni non lancia il cuore oltre l’ostacolo dal palco della Cop29 di Baku, in Azerbaigian, dove fa una ‘toccata e fuga’ per intervenire in presenza, prima di riprendere l’aereo per Roma.

Dalla Cop la premier rilancia la necessità di adottare un approccio pragmatico e “non ideologico” per la decarbonizzazione, sfruttando tutte le tecnologie a disposizione. Anche per questo, gli sforzi di Roma si concentrano sulla fusione nucleare, che potrà fornire in futuro energia illimitata a una popolazione mondiale in continua espansione.

I negoziati non saranno semplici, ricorda in radio il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto. Quella di Baku è destinata a essere considerala una Cop delle assenze. Non ci saranno il presidente americano uscente Joe Biden, la presidente della Commissione europea Von der Leyen, il francese Macron, il cancelliere tedesco Scholz, il presidente cinese Xi Jinping, il presidente indiano Modi e il brasiliano Lula, nonostante riceva il testimone della prossima conferenza delle parti, che si terrà proprio in Brasile.
Per Pichetto, che sarà a Baku da lunedì 18, pesa non poco “il cambio al governo negli Stati Uniti“. Uno dei temi è determinare le regole per le contribuzioni sui Paesi in via di sviluppo, che al momento, ricorda, “è su base volontaria“. Essendo un meccanismo volontaristico, osserva, non è “completamente equilibrato“, in questi dieci giorni serviranno “confronti serrati” per arrivare al documento finale.

La premier richiama tutti alla cooperazione per raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030, “a partire dai maggiori emettitori” e avendo a disposizione un “supporto finanziario adeguato”. Si lavora per raggiungere nuovi obiettivi finanziari, un compromesso efficace, ma, insiste, “c’è bisogno di responsabilità condivise, c’è bisogno di superare le divisioni, le divergenze tra i paesi emergenti e quelli già sviluppati”.

Come tutte le altre Cop, il successo dipenderà dai governatori dei singoli Paesi: “Sappiamo che potremmo non trarre dei benefici personali dagli sforzi che stiamo facendo – ammette Meloni -, ma questa non è la cosa importante”. La leader italiana torna sul tema della maternità: “Io sono una madre e come madre nulla mi dà più soddisfazione di quando lavoro per delle politiche che permetteranno a mia figlia e alla sua generazione di vivere in un mondo migliore”, scandisce. E prende in prestito le parole del filosofo statunitense William James: “L’azione è quello che fa la differenza, perché lo farà”.

Nucleare, Pichetto conferma dialogo su newco. Meloni: “Fissione ponte per fusione”

Il Gruppo Mondiale per l’Energia da Fusione si riunisce per la prima volta a Roma, alla Farnesina, su iniziativa dell’Italia e dell’Aiea. Il governo punta tutto sull’atomo, tanto che a Roma proseguono le trattative per una newco tra Enel, Ansaldo e Leonardo che si occupi di produrre mini-centrali di nuova generazione. Gilberto Pichetto lo conferma, ma non si sbilancia: “C’è una interlocuzione, ma non ancora un punto di convergenza sui soggetti che possono partecipare. Quello che possiamo dire è che il soggetto dovrebbe avere un ruolo importante nel sistema“, spiega in conferenza stampa.

Pichetto incontra la stampa con il direttore dell’Aiea, Rafael Grossi, in una pausa dei lavori del gruppo, che riunisce i più importanti rappresentanti dei settori pubblico e privato, dell’industria, del mondo accademico, degli enti di ricerca e della società civile.
Lo scopo è quello stimolare una collaborazione incentrata sulla ricerca, sullo sviluppo e sulle applicazioni dell’energia da fusione, per accelerare la transizione dell’energia da fusione dall’attuale fase di ricerca a quella dello sviluppo commerciale.

Con la ‘Piattaforma Nazionale per un Nucleare Sostenibile‘, istituita dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, si è già avviato un percorso per valutare l’opportunità di riprendere l’utilizzo dell’energia nucleare in Italia, sia a breve-medio termine tramite le nuove tecnologie da fissione nucleare, sia a medio-lungo termine con l’energia da fusione, per raggiungere gli obiettivi di de-carbonizzazione al 2050 e per accrescere la sicurezza e la sostenibilità degli approvvigionamenti di energia.

Proprio la fissione di quarta generazione può fare da ponte “dall’idrocarburo alla futura fusione“, prospetta Giorgia Meloni, in un messaggio inviato al tavolo e letto dal sottosegretario Alfredo Mantovano. La premier non partecipa in presenza, bloccata da un’influenza, ma ribadisce l’importanza della tecnologia per il governo: “L’Italia – rivendica – resta il più nucleare tra i Paesi non nucleari“. Si colloca all’ottavo posto in Europa per numero di addetti, circa 40.000, “è un punto di riferimento della catena di approvvigionamento internazionale, dispone di un’expertise tecnologica di altissimo livello, il sistema universitario forma un numero importante di ingegneri, di fisici nucleari apprezzati a livello internazionale, le realtà d’eccellenza si distinguono per ambiziosi progetti di ricerca e di sviluppo“, spiega la presidente del Consiglio. Se lo scopo è quello di portare avanti una transizione energetica “sostenibile e non ideologica“, per farlo, garantisce Meloni, saranno usate “tutte le tecnologie, quelle già in uso, quelle che stiamo sperimentando, quelle che dobbiamo ancora scoprire“.

I tempi per la fusione dipenderanno da quanto ingenti saranno gli investimenti, ma Grossi azzarda prospettive molto ottimistiche: “Siamo in un momento in cui il processo passa dalla fase di pura ricerca alla dimostrazione e poi alla commercializzazione. Credo 5-10 anni, ma si vedrà, all’orizzonte si intravede un risultato possibile e a portata di mano“, afferma.

Al momento, gli investimenti di Stato si concentrano tramite Enea su Euratom e Iter. “Siamo sull’ordine dei centinaia di milioni, non oltre“, fa sapere Pichetto. Si cercherà di coinvolgere massicciamente i privati e la speranza è che gli incentivi non serviranno, “che la competitività porti a una condizione tale per cui non sarà necessario intervenire con integrazioni pubbliche sul sistema“, spiega.

Il tema energetico è diventato fondamentale per l’intera Europa. L’iniziativa voluta dall’Italia avviene in un “momento critico“, osserva la commissaria europea per l’Energia, Kadri Simson, riferendosi alle alluvioni che hanno colpito la Spagna, “segnali di qualcosa che non va nel pianeta, di una crisi climatica in corso“, risultato “dell’uso scriteriato dei fossili“. Al tempo stesso però, ammette, “il mondo ha bisogno di sempre più energia”. E’ necessario quindi che questa sia “sicura e pulita“, come quella “rivoluzionaria” che potrà offrire la fusione.

La Commissione per il momento ha inserito il nucleare nella tassonomia delle attività economiche sostenibili, “cosa che schiude anche importanti prospettive, cioè il nucleare non è inquinante“, scandisce il padrone di casa, Antonio Tajani, aprendo i lavori dell’evento inaugurale, a livello ministeriale, del Gruppo. La lotta contro il cambiamento climatico, afferma, va fatta “con intelligenza, con scelte pragmatiche“. E la scelta del nucleare, insiste, va in questa direzione, perché “riesce a conciliare crescita, politica industriale e ambiente“, perché ribadisce il vicepremier: “Non è detto che la lotta al cambiamento climatico e la politica industriale siano due cose inconciliabili, anzi sono scelte che si possono conciliare benissimo“.

Il tema sarà protagonista della Cop29, che si apre la prossima settimana a Baku, dall’11 al 22 novembre. “L’energia nucleare svolge un ruolo fondamentale, come la capacità di essere pulita, che utilizza una quantità minima di risorse e a basse emissioni di carbonio“, chiosa il ministro dell’Energia dell’Azerbaigian Parviz Shahbazov. Le nuove sfide sono quelle di “rafforzare le norme per una corretta gestione delle scorie radioattive, il sostegno finanziario e l’aumento della fiducia del pubblico“. Il Paese, storico produttore di idrocarburi, punta a cambiare passo sulla la decarbonizzazione: “Siamo mettendo in pratica progetti su larga scala per portare le rinnovabili nel Paese al 35%. Siamo capofila nella transizione energetica nella Regione avendo creato dei corridoi energetici. La priorità – sostiene – è diventare un Paese a crescita verde“. Per questo, gli “smr possono essere un grande sostegno“.

Si apre Ecomondo: a Rimini oltre 200 appuntamenti per la transizione green e l’economia circolare

Oltre 200 appuntamenti – di cui 25 internazionali – distribuiti in quattro giornate, una superficie espositiva lorda di 166.000 mq, operatori da oltre 100 Paesi e di 72 organizzazioni, istituzioni e associazioni di settore a livello globale. Ma anche 650 buyer provenienti da 65 Paesi del Nord Africa, Europa, Nord America, America Latina, con un notevole incremento di presenze dall’Asia. L’obiettivo? Una panoramica completa e aggiornata sulle ultime innovazioni, tendenze e sfide nel campo della sostenibilità ambientale. Si apre a Rimini il 5 novembre Ecomondo 2024, l’ormai tradizionale evento di Italian Exhibition Group, che porta sulla Riviera Romagnola una 27esima edizione dal layout rinnovato e ampliato, riflettendo la crescente importanza della transizione ecologica e dell’economia circolare.

Il taglio del nastro avverrà alle 10.30 presso l’Innovation Arena, nell’area sud. Parteciperanno, oltre al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, anche Maurizio Renzo Ermeti, presidente di Italian Exhibition Group, Anna Montini, assessora alla Transizione Ecologica (Ambiente, Sviluppo Sostenibile, Pianificazione e Cura del Verde Pubblico), Blu Economy, Statistica del Comune di Rimini, Irene Priolo, presidente facente funzioni della Regione Emilia-Romagna, Fabio Fava, presidente del comitato tecnico scientifico di Ecomondo, Fabrizio Lobasso, vicedirettore generale per la Promozione del sistema Paese e direttore centrale per l’internazionalizzazione economica del Ministero Affari Esteri e Cooperazione Internazionale.

Il 5 novembre alle 11.15 il Sala Neri, si aprirà anche la 13esima edizione anche gli Stati generali della Green economy, dedicati a ‘L’economia di domani: il Green Deal all’avvio della nuova legislatura europea’. Sono promossi dal Consiglio Nazionale, composto da 66 organizzazioni di imprese della green economy in Italia, in collaborazione con il Mase, con i patrocini della Commissione europea e del Mimit. Interverranno, tra gli altri, il ministro Pichetto, Irene Priolo, Fabrizia Lapercorella (vice segretaria generale dell’Ocse), Edo Ronchi (presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile) e i deputati Chiara Braga e Mauro Rotelli. Il 6 novembre parteciperanno alla sessione di apertura del mattino (alle 10 in Sala Neri 1), il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso e, in collegamento video, il presidente della Commissione ambiente, sanità e sicurezza alimentare al Parlamento Europeo, Antonio Decaro. Nell’ambito del dialogo sul Grean Deal e sulle opportunità per le imprese europee interverranno Luca Dal Fabbro, presidente del gruppo Iren, Marco Codognola, ad di Itelyum, Nicola Lanzetta, direttore Italia di Enel, Fabrizio Palermo ad di Acea.

Molti i temi al centro della discussione a Ecomondo: si va dal monitoraggio dei cambiamenti climatici alla Blue Economy, dal recupero degli scarti tessili alle strategie per un’industria sostenibile, dalla finanza green alla comunicazione della transizione ecologica. In mezzo si svolgerà la quarta edizione del Forum Africa Green Growth (7 novembre), che si concentra sulle opportunità di sviluppo sostenibile nel continente africano. Con la partecipazione del Ministero degli Affari Esteri e RES4Africa, il Forum esplora le possibilità di cooperazione nei settori dell’acqua, dell’energia, dell’agroalimentare e della bioeconomia circolare. Spazio anche al Premio Lorenzo Cagnoni per l’Innovazione Green, assegnato alla tecnologia più all’avanguardia nei diversi settori espositivi​.

Nucleare, Pichetto: “A inizio 2025 in Parlamento il disegno di legge”. Il Governo valuta l’uso degli impianti esistenti per le scorie

La road map è chiara: entro fine ottobre i risultati del lavoro della Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile, poi entro la fine del 2024 una bozza di testo per la legge-delega che possa abilitare la produzione da fonte nucleare tramite le nuove tecnologie nucleari sostenibili e, nei primi mesi del 2025, il vaglio del Parlamento proprio sul testo. Nel mezzo, lo studio del quadro giuridico, avanti con la ricerca e l’ipotesi di “ammodernare le strutture esistenti, eventualmente ampliandole”, per il deposito delle scorie radioattive. Senza dimenticare la valutazione della “necessità di istituire un soggetto attuatore nazionale, in grado di mettere a sistema il lavoro sin qui sviluppato”.

DECARBONIZZAZIONE AL 2050. L’audizione presso le Commissioni riunite Ambiente e Attività produttive della Camera è l’occasione per il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, per fare il punto sul ruolo dell’energia nucleare nella transizione energetica. E su questo il titolare del Mase non ha dubbi: “sarà centrale anche in un’ottica di decarbonizzazione al 2050” in modo “sostenibile, sicuro e competitivo”, senza “preconcetti ideologici o politici” e “abilitando tutte le tecnologie, sia quelle esistenti sia quelle future”. Buone sarebbero anche “le ricadute sul Pil”, perché produrre energia nucleare in Italia consentirebbe di “aumentare l’occupazione”, e di rappresentare “un motore per il settore industriale nazionale”, capace anche di ridurre la dipendenza dalla Cina, leader nei settori “del fotovoltaico e dei sistemi di accumulo elettrochimici”. Inoltre, “non produce emissioni di CO2” e “tutela il paesaggio” perché richiede uno scarso consumo di suolo.

PICCOLI IMPIANTI MODULARI. Pichetto garantisce che non si sta ragionando per “riaprire le centrali nucleari di grandi dimensioni della prima o seconda generazione”, ma solo sui “piccoli impianti modulari, i cosiddetti Small Modular Reactor, che presentano livelli di sicurezza molto superiori alla grande maggioranza” delle strutture esistenti. Nucleare di terza o quarta generazione, dunque, da integrare – come ricorda “la letteratura scientifica” – con le rinnovabili “non programmabili (eolico e fotovoltaico)”, per arrivare a una quota tra l’11% e il 22% del totale dell’energia richiesta al 2050. “In base ai dati tecnici forniti dalla Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibiledice Pichettoè stato possibile prevedere anche una piccola quota di energia da fusione a ridosso dell’anno 2050″.

IL GRUPPO DI LAVORO.  Il lavoro da fare, però, è tanto. Entro la fine del mese la Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile presenterà i suoi risultati che “rappresenteranno una base oggettiva di dati e valutazioni tecniche, non politiche” per tracciare la strada del governo. La Piattaforma è stata istituita presso il Mase in collaborazione con Enea e Rse ed è articolata in sette gruppi di lavoro. Collaborano aziende, industrie, università, enti regolatori, istituti di ricerca e associazioni di categoria. La scelta del nucleare, ricorda Pichetto, non solo è “sostenibile”, ma anche economicamente vantaggiosa. In uno scenario al 2050, integrare il nucleare con le fonti rinnovabili consentirebbe di risparmiare almeno 17 miliardi di euro.

GLI ASPETTI GIURIDICI. Il governo sta lavorando anche sugli aspetti giuridici legati all’utilizzo di questa forma di energia, perché “è necessario un quadro legislativo e normativo chiaramente definito”. Nell’ambito della Piattaforma per il nucleare sostenibile, ha ricordato Pichetto, “sono già state definite una serie di proposte di revisione di aspetti essenzialmente autorizzativi, ma serve un riordino complessivo della normativa del settore, integrandola in un quadro unificato”. Il primo passo del gruppo di esperti, ha annunciato il ministro, è la presentazione entro la fine del 2024 una bozza di testo per la legge-delega che possa abilitare “la produzione da fonte nucleare tramite le nuove tecnologie nucleari sostenibili come gli SMR, AMR e microreattori”. Questo disegno di legge-delega “sarà quindi sottoposto al vaglio parlamentare nei primi mesi del 2025”.

DEPOSITO DELLE SCORIE NUCLEARE. Tasto dolente è quello del Deposito nazionale delle scorie radioattive, la cui mancata definizione è già costata all’Italia una procedura di infrazione da parte della Commissione europea. Ma il processo è lungo, perché per le 51 aree idonee per la costruzione del Deposito serve il completamento della procedura di Valutazione Ambientale Strategica. passaggi burocratici che si uniscono anche alle proteste dei territori. Ma, dice Pichetto, si tratta di una questione “cruciale “per il nostro futuro, che dobbiamo affrontare con la massima serietà e trasparenza”. Ecco perché, annuncia, “negli ultimi tempi stiamo anche valutando soluzioni alternative, con pari livello di sicurezza”, che è quella di “ammodernare le strutture esistenti, eventualmente ampliandole, sfruttando la possibilità di farlo in località potenzialmente già idonee alla gestione in sicurezza di rifiuti radioattivi, anche nell’ottica del rientro dall’estero dei rifiuti ad alta attività che lì si trovano per riprocessamento da diversi anni”. Si tratta di 100 depositi su 22 siti, distribuiti su tutto il territorio nazionale “perché in Italia di producono dai 300 ai 500 metri cubi di rifiuti medicali di bassa e media attività all’anno”. “Spesso si tratta di strutture, presenti al Sud, al Centro e al Nord, isole comprese – ricorda – con le quali il territorio convive da molti anni e che in alcuni casi necessitano semplicemente di un ammodernamento in termini strutturali e tecnologici”.

LA REPLICA DELL’OPPOSIZIONE. Per Angelo Bonelli, portavoce di Europa Verde e parlamentare di Avs, Pichetto “non ha risposto” in merito agli “impatti economici che graveranno sulla finanza pubblica” e “ha omesso di sottolineare che i reattori SMR sono ancora solo prototipi e che gli Stati Uniti hanno abbandonato il progetto Nuscale a causa dei costi eccessivi”. Sul piede di guerra anche il Movimento 5 Stelle. “La narrazione del ministro Pichetto Fratin sugli scenari del nucleare in Italia non ha alcun supporto tecnico”, attacca il deputato Enrico Cappelletti, secondo il quale effettivamente resta il nodo dei costi. “Alcune stime –dice – parlano di 50 miliardi di investimenti, e chi sarà a pagare l’ipotesi di riavviare la produzione di energia nucleare, consapevole che importanti istituti finanziari indicano questa tecnologia tra le più costose?”.

Per il Pd si tratta di “un progetto irrealizzabile, gravato da costi enormi e difficoltà tecniche insormontabili”, ma anche “di un percorso insostenibile sia dal punto di vista ambientale che economico, senza contare i tempi decisamente più lunghi rispetto a quanto finora dichiarato dal governo”, dicono i capigruppo democratici nelle commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera, Marco Simiani e Vinicio Peluffo e i deputati Christian Di Sanzo e Augusto Curti.

 

 

 

 

Energia, nel 2023 meno import, più rinnovabili e prezzi in calo

Italia meno dipendente dagli approvvigionamenti esteri e più rivolta alle rinnovabili, in un contesto di contrazione dei consumi di energia da parte delle famiglie. Lo evidenzia la Relazione Annuale sulla Situazione energetica nazionale 2024, realizzata dal Mase e presentata a Roma, nella sede del Gestore dei Servizi Energetici.

Il Rapporto, frutto di un prezioso lavoro tra le istituzioni e realtà di riferimento del settore ci restituisce l’immagine di un Paese che, nonostante le difficili congiunture internazionali, va nella direzione auspicata anche dal nostro PNIEC: quella di una maggiore sicurezza energetica e dello sviluppo di fonti rinnovabili”, spiega il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto.

Il rapporto, composto di 150 pagine, con due approfondimenti sull’impatto della classe energetica sui prezzi delle case e gli investimenti in tecnologie verdi e domanda di lavoro è stato redatto da un gruppo di lavoro composto di rappresentanti di Mase, Ministero delle Imprese e del Made in Italy, Banca d’Italia, Enea, Gse, Istat, Inapp, Eni, Snam e Terna.

Si attenua la dipendenza dell’Italia dall’estero: la quota di importazioni nette rispetto alla disponibilità lorda scende dal 79,2% del 2022 al 74,6% dello scorso anno. Forte il calo nelle importazioni di combustibili solidi (-2922 ktep, -38%), di energie rinnovabili e bioliquidi (-621 ktep, -22%) e di gas naturale (-8.823 ktep, -15%). Meno marcato il contenimento dell’import netto di petrolio e prodotti petroliferi, con (-1926 ktep, -2,5%), compensato da una crescita del 15% dell’import netto di energia elettrica. La produzione nazionale è in aumento di 1.461 ktep, (+ 4,2% rispetto al 2022), attribuibile soprattutto all’aumento dell’energia prodotta da fonti rinnovabili.

In continuità con gli anni precedenti, le fonti rinnovabili di energia nel 2023 hanno trovato ampia diffusione in tutti i settori di utilizzo: dall’elettrico, con le fonti solare ed eolica in progressiva crescita, al termico trainato principalmente dalla diffusione delle pompe di calore, ai trasporti con biocarburanti e biometano; la quota dei consumi energetici complessivi coperta da rinnovabili è stimata al 19,8%, in aumento di circa 0,7 punti percentuali rispetto al 2022.

Si riduce inoltre del 10,3% (-7 miliardi di metri cubi) la domanda del gas in Italia, giustificata dalla persistente stagnazione, che ha impatto in tutti i settori economici e produttivi, all’uso limitato del gas per la produzione di energia elettrica, al piano di contenimento nei consumi e alle condizioni climatiche particolarmente miti nel corso del 2023.

Il 2023 ha fatto registrare cali di prezzi, in particolare per imprese: diminuiscono del 25% l’energia elettrica e del 18% il gas naturale rispetto al 2022. Nel 2023 le famiglie italiane hanno consumato 49.315 Ktep di energia, il 4,3% in meno rispetto al 2022, spendendo 101,6 miliardi (-4,2% sul 2022). Il 55,8% dell’energia usata è per usi domestici e il restante 44,2% per trasporto privato. L’uso domestico (ridotto, in quantità, dell’8% rispetto al 2022) è stato soddisfatto soprattutto con gas naturale, biomasse e elettricità. Per il trasporto in conto proprio, costato alle famiglie circa 47,5 miliardi di euro (+0,5%), sono stati consumati soprattutto gasolio e benzina. Tra il 2022 e il 2023 si registra una diminuzione della spesa energetica totale pari al 4,2%, che porta ad attestarsi a prezzi correnti su circa 101,6 miliardi di euro.