Un anno di guerra in Ucraina: le conseguenze fra energia e inflazione

Il primo colpo, il primo sparo, e l’inizio di un periodo fatto non solo di aggressione, morti e distruzione, ma pure di crisi delle materie prime, shock energetici, crisi alimentare mondiale, inflazione a doppia cifra, rincaro dei generi alimentari. 24 febbraio 2022-24 febbraio 2023, un anno di guerra russo-ucraina che ha ridisegnato anche l’agenda europea per la sostenibilità. Da un punto di vista a dodici stelle l’ha fatto imprimendo un’accelerazione verso la realizzazione di una vera green-economy, ma innescando all’interno della stessa Unione un dibattito tutto nuovo sul nucleare tradizionale considerato come necessità, in tempi di corsa alla ricerca di alternative al gas per decenni pompato da Gazprom. Un dibattito che non ha lasciato indifferente l’Italia, dove il cambio di governo avvenuto a settembre ha visto riproporre la questione dell’energia prodotta da atomo. La Lega di Matteo Salvini torna a insistere su questo punto.

Le sfide nella sfida. L’Unione europea che ha saputo varare nove pacchetti di sanzioni contro la Russia, in questo anno di attività militare su suolo ucraino ha dovuto cercare soprattutto di trovare un’unità non scontata. Perché sull’energia i 27 modelli economici, interconnessi ma non identici, sono andati in difficoltà. Eppure in nome dell’obiettivo di privare le casse di Mosca di risorse utili al finanziamento della guerra, la Germania ha saputo liberarsi dei gasdotti NordStream e Nordstream 2, l’Ue ha prima messo una moratoria al carbone russo, poi al petrolio, quindi trovato il meccanismo per calmierare i listini del gas naturale. Una richiesta posta sul tavolo da Mario Draghi, ai tempi in cui sedeva a palazzo Chigi, e che ha richiesto mesi prima di una realizzazione pratica e condivisa. Adesso scatterà automaticamente un ‘price cap’ di fronte a due condizioni contemporanee: quando il prezzo del la risorsa sul mercato olandese TTF supera i 180 euro per Megawattora per 3 giorni lavorativi e quando il prezzo TTF mensile è superiore di 35 euro rispetto al prezzo di riferimento del GNL sui mercati globali per gli stessi tre giorni lavorativi.

E’ questo uno dei successi dell’Ue, non immediato né semplice. Ma doveroso. Perché l’aumento dei prezzi dell’energia ha trainato l’inflazione, rendendo complicata la vita di famiglie e imprese, e facendo paventare rischi di una nuova recessione per l’Eurozona. Rischi scongiurati, ma solo alla fine del 2022, quando la contrazione data per scontata non si è materializzata. Merito della sospensione delle regole europee di finanza pubblica e dell’allentamento delle regole sugli aiuti di Stato che hanno permesso di contrastare il caro-bollette. Merito anche di un accordo trovato grazie alle mediazione della Turchia che ha permesso la partenza delle navi cariche di grano ferme nel porto di Odessa.

Uno dei mantra ripetuti è quello per cui la guerra innescata il 24 febbraio di un anno fa offre l’opportunità di accelerare la transizione verde, e il passaggio ad un’economia davvero a prova di surriscaldamento del pianeta. In questo non semplice esercizio l’Italia può giocare un ruolo da protagonista. La sostituzione del gas naturale con quello liquefatto (Gnl) rimette in moto i cantieri, crea occupazione, e può permettere al Paese di diventare il terzo hub dell’Ue per capacità. Qui, la sfida nella sfida è fare presto e bene. Presto e bene è anche la condizione numero uno per l’attuazione dei piani di ripresa, divenuti centrali per la Commissione Ue e anche per l’insieme degli Stati riuniti in Consiglio. Con l’Europa a caccia di materie prime necessarie per realizzare pannelli fotovoltaici, batterie elettriche, turbine eoliche, e alla ricerca di fornitori più affidabili di energia, si ridisegna anche la cartina geopolitica, con l’Italia anche qui protagonista. Da Draghi a Meloni il governo ha iniziato a scrivere una nuova pagina di relazioni con i Paesi dell’Africa e del Medio Oriente. Fondamentali, in tempi in cui gli Stati Uniti hanno deciso di sostenere massicciamente la propria industria tecnologica pulita.

La Casa Bianca produce l’Inflation Reduction Act, piano da circa 369 miliardi di dollari per rispondere all’aumento generalizzato dei prezzi. Sovvenzioni e sgravi fiscali per rilanciare l’industria, quella al centro dell’agenda dell’Ue, che sulla scia delle conseguenze della guerra vede anche lo spettro della concorrenza del partner transatlantico, e i dubbi che non sia leale. Non si vuole lo scontro, ma l’Ue si trova comunque a dover correre e rispondere in un contesto che resta di incertezza e instabilità.

Vale anche per il piano ambientale. L’occupazione delle centrale nucleare di Zaporizhzhia , con combattimenti tutt’attorno tiene col fiato sospeso non solo l’Unione europea, per i rischi di incidenti dalle conseguenze irreparabili per natura e salute. I pacchetti di sanzioni dell’Ue includono personalità ritenute responsabili anche di questo atto. Il blocco dei Ventisette vorrebbe annunciare il decimo pacchetto di misure restrittive nelle prossime ore, per ragioni simboliche: un anno dall’inizio della guerra.

Dopo le auto elettriche la Cina diventa leader anche nel gas liquefatto

La Cina è leader nella transizione elettrica, possedendo la maggior quantità di materie prime necessarie per produrre le batterie, ma sta diventando anche il Paese numero uno nei trasporti e nei contratti di gas liquefatto, quello che passa dai rigassificatori, che si propone come la soluzione al crollo delle forniture russe via gasdotto. Pechino inoltre è esportatore di diesel verso l’Europa, soprattutto dopo le pesanti sanzioni alla Russia. Le mosse dell’Europa, tra blocco all’import energetico di Mosca e accelerazione verso le auto elettriche, sembrano così individuare nell’ex celeste impero il nostro prossimo primo fornitore, con relativi pro e contro.

La Cina continua a dominare la classifica globale della catena di fornitura di batterie agli ioni di litio di BloombergNEF (BNEF), terzo anno consecutivo, sia per il 2022 che per le sue proiezioni per il 2027, grazie al continuo supporto alla domanda di veicoli elettrici e investimenti in materie prime. La Cina ospita attualmente il 75% di tutta la capacità di produzione di celle della batteria e il 90% della produzione di anodi ed elettroliti. L’aumento dei prezzi del litio ha anche portato a maggiori investimenti nelle raffinerie di carbonati e idrossidi nel Paese, rendendolo il principale raffinatore di metalli per batterie a livello globale, quanto mai necessari per la diffusione di veicoli elettrici. E sempre i dati di BNEF mostrano che è ancora la Cina ad aver attratto più fondi della transizione energetica con 546 miliardi di dollari, circa la metà del totale del 2022.

Pechino sta rapidamente diventando anche la forza dominante nel mercato del gas naturale liquefatto, con gli acquirenti cinesi che rappresentano il 40% dei recenti contratti di GNL a lungo termine tra gli attori globali, come scrive il quotidiano giapponese Nikkei. Il principale gruppo energetico cinese Sinopec Group ha raggiunto un accordo di 27 anni con QatarEnergy di proprietà statale alla fine dello scorso anno per acquistare 4 milioni di tonnellate di GNL all’anno e le importazioni dovrebbero iniziare intorno al 2026. In qualità di cliente chiave, la Cina sta anche negoziando per investire in un imponente progetto del Qatar per espandere la produzione di gas liquefatto. Una società energetica cinese del settore privato, ENN Group, ha firmato un contratto lo scorso anno con Energy Transfer, con sede in Texas, per l’acquisto di 2,7 milioni di tonnellate di GNL all’anno per 20 anni. ENN ha aumentato il suo accordo di acquisto con NextDecade, anch’esso con sede in Texas, a 2 milioni di tonnellate all’anno per 20 anni. Inoltre – sottolinea Nikkei – NextDecade ha accettato di fornire 1 milione di tonnellate di GNL all’anno a China Gas Holdings, il cui principale azionista è un veicolo di investimento controllato dalla città di Pechino. Le importazioni inizieranno negli ultimi anni ’20. Nel corso del 2021 e del 2022, la Cina ha chiuso contratti di acquisto di GNL a lungo termine per un valore di quasi 50 milioni di tonnellate all’anno, riferisce la società di ricerca europea Rystad Energy. Pechino ha triplicato la portata degli acquisti attraverso contratti a lungo termine in soli due anni, rispetto al volume annuale di circa 16 milioni di tonnellate dal 2015 al 2020.

In attesa della transizione, l’Europa intanto continua a correre col diesel. E proprio l’embargo sui prodotti russi sta spingendo Mosca a svendere il proprio gasolio soprattutto a India e Cina, i quali esportano a loro volta in Europa a prezzi più bassi.

Gas, accordo Italia-Libia da 8 miliardi. Meloni: “Passaggio storico”

Tenuto nascosto per motivi di sicurezza, il viaggio in Libia di Giorgia Meloni – accompagnata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani e quello dell’interno Matteo Piantedosi – si è materializzato in un gelido sabato di fine gennaio, pochi giorni dopo la missione in Algeria. Al centro di questo viaggio il tema energetico e la volontà di accelerare i tempi per fare diventare l’Italia l’hub energetico del Mediterraneo. A tripoli, infatti, la premier ha consolidato una partnership che, in concreto, poterà all’Italia circa 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Si tratta di un’intesa che è stata sottoscritta dall’Eni e dalla Noc (National Oil Corporation), ufficializzata da un comunicato della stessa Eni: “L’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, e l’amministratore delegato della National Oil Corporation (Noc), Farhat Bengdara, hanno siglato oggi un accordo per avviare lo sviluppo delle ‘Strutture A&E’, un progetto strategico volto ad aumentare la produzione di gas per rifornire il mercato interno libico, oltre a garantire l’esportazione di volumi in Europa. L’accordo è stato firmato alla presenza del Presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, e del primo ministro del governo di unità nazionale libico, Abdul Hamid Al-Dbeibah”.

L’accordo con la Libia, oltre che in chiave hub Mediterraneo, va inquadrato nella strategia della diversificazione dei fornitori energetici e dell’indipendenza dalla Russia. Ci vorranno circa tre anni perché le estrazioni di gas dal sito a 140 chilometri da Tripoli possano diventare ‘concrete’ ma l’intesa ha durata venticinquennale e quindi a lungo spettro: interessa due pozzi di gas off shore, chiamati rispettivamente “Struttura A” e “Struttura E”, scoperti nel 1970. Era dal 2000 che Italia e Libia non sviluppavano un progetto insieme e questo legame contribuirà alla stabilizzazione del Paese che faticosamente sta cercando un equilibrio dopo la scomparsa del colonnello Gheddafi avvenuta nel 2011.

La presidente del Consiglio ha definito questo accordo “storico” e consentirà di “diversificare le fonti energetiche, lavorare sulla sostenibilità, garantire energia ai libici e maggiori flussi all’Europa”. Per Meloni “La Libia è un partner fondamentale, che può contare sull’Italia nel processo di stabilizzazione politica, per il sostegno all’economia, per le infrastrutture. Una cooperazione a 360 gradi tra due nazioni che da sempre sono amiche”.

In arrivo una nuova ondata di gelo, attese bufere di neve

Freddo in arrivo dalla zona del Volga. Dalla Russia meridionale correnti artiche scenderanno verso la Romania ed i Balcani poi gradualmente entreranno in Italia causando un calo delle temperature di almeno 5-6 gradi rispetto agli ultimi giorni. Andrea Garbinato, responsabile redazione del sito www.iLMeteo.it, conferma che il ‘colpevole’ di questa irruzione polare è ancora l’Anticiclone delle Azzorre che, pigramente, staziona sulle Isole Britanniche e favorisce l’affondo di un’altra bordata gelida di Attila. In sintesi, con lo spostamento meridiano dell’Anticiclone delle Azzorre verso Inghilterra e Danimarca, la porta orientale verso la Russia rimarrà spalancata e permetterà l’ingresso alle correnti gelide della steppa.
Nelle prossime ore inizierà ad affluire questa massa d’aria fredda e secca da Nord-Est interessando in particolare il versante adriatico dove potrebbe attivare anche il famoso effetto ASE (Adriatic Snow Effect): questa configurazione meteorologica, in italiano ‘Effetto Nevoso causato dal mare Adriatico’ vede una massa d’aria fredda e secca in discesa dalle vallate delle Alpi Dinariche acquisire calore ed umidità durante l’attraversamento del Mare Adriatico. La massa d’aria in questo modo si trasforma da ‘molto fredda e secca’ a ‘fredda ma anche umida’, capace di scaricare nevicate intense sui contrafforti appenninici e spesso anche fin sulle spiagge adriatiche.
Da questa sera con l’Ase potremo quindi incontrare nevicate fino a quote collinari in Abruzzo e Molise, poi gradualmente durante il weekend non sono escluse spruzzate di neve fin sulle spiagge. Insomma l’ennesima bordata gelida di Attila, questa volta dalla regione del Volga, causerà un ulteriore peggioramento dalle Basse Marche fino al Sud. Anche sul Nord Italia e sul medio Tirreno ritroveremo un calo significativo delle temperature ma in genere il tempo resterà asciutto ed in prevalenza soleggiato.
In sintesi, nelle prossime ore, sono attese precipitazioni su Basse Marche, Abruzzo, Molise e al Sud; la quota neve al Centro sarà intorno ai 300-400 metri mentre al Sud i fiocchi scenderanno fino ai 700 metri della Campania e i 900 metri di Calabria e Sicilia.
Venerdì la situazione sarà simile ma più fredda ed instabile con la neve che potrebbe scendere fino a bassa quota sul versante adriatico del Centro e fino a circa 600 metri al Sud.
Nel weekend avremo due giornate simili ma un po’ diverse: sabato sono previste temperature decisamente basse su tutto lo Stivale con valori circa 6-8°C inferiori alle medie del periodo, mentre da domenica è attesa una temporanea spinta da parte dell’Anticiclone con qualche schiarita e temperature massime in leggero aumento.
La tendenza però vede un’altra discesa polare da Nord per i Giorni della Merla prima di un inizio di febbraio decisamente più mite e soleggiato: ma è solo una tendenza, vedremo cosa ci dirà la ‘Merla’ dal suo camino, durante i giorni che secondo la tradizione sono i più freddi dell’anno.

Arriva il Capodanno con l’anticiclone africano: picchi di 23° al Sud e sulle isole

La presenza di un grosso anticiclone di matrice sub-tropicale sta diventando anno dopo anno una costante, segno evidente dei cambiamenti climatici in atto. Le vacanze di questo periodo invernale saranno quindi ancora caratterizzate dal caldo anomalo per questa stagione. Per Lorenzo Tedici, meteorologo de ilmeteo.it, questa grossa struttura di alta pressione abbandonerà il Paese con molta fatica e subirà un temporaneo cedimento soltanto tra giovedì e venerdì, dopo di che tornerà più forte che mai.

Fino a mercoledì quindi la situazione atmosferica non subirà cambiamenti. Continuerà il cielo spesso grigio sulla Pianura Padana, con qualche schiarita in più; molte nubi (meno diffuse nel pomeriggio) anche in Toscana, Umbria e lungo le coste del Centro, mentre il sole sarà prevalente al Sud.
Tra giovedì e venerdì invece, il passaggio di una modesta perturbazione atlantica riporterà qualche pioggia dalla Liguria verso bassa Lombardia, Emilia, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Il tempo peggiorerà anche in Toscana e Umbria, ma solamente venerdì. Sempre soleggiato al Sud. Successivamente, l’anticiclone africano acquisterà sempre più forza facendoci vivere la notte di San Silvestro e il giorno di Capodanno con un tempo stabile. Il cielo sarà sereno o poco nuvoloso al Centro-Sud e con le solite nubi basse sulla Pianura Padana.
In questo contesto, le temperature tenderanno prima a rimanere stazionarie, poi nuovamente ad aumentare proprio nei giorni di passaggio al nuovo anno. Se al Nord i valori massimi toccheranno punte di 12-13°C, soprattutto a est e in Liguria, al Centro-Sud si raggiungeranno picchi di 18°C al Centro e 22-23°C al Sud e sulle Isole Maggiori.

Per concludere, l’anticiclone africano non avrà alcuna voglia di abbandonare il Paese, per cui dovremo fare i conti con la sua ingombrante presenza anche nei primi giorni del 2023. Soltanto verso l’Epifania sembrerebbe che masse di aria fredda dalla Russia possano raggiungere l’Italia entrando sia dalla porta della Bora (Alpi Giulie) sia dalla valle del Rodano (Francia sudorientale). Se questa previsione dovesse essere confermata, ci attenderebbe un periodo decisamente più freddo e dinamico.

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Gas, prezzo scende sotto i 100 euro per Megawattora. Non accadeva da giugno

Dopo sei mesi – non accadeva dal 13 giugno – il prezzo del Gas sul mercato di Amsterdam scende nuovamente al di sotto della soglia dei 100 euro per Megawattora. Alle 9.30 di mercoledì 21 dicembre ha infatti segnato un calo del 6,9%, posizionandosi a 98,4 euro/Mwh. Il riempimento degli stoccaggi per oltre il 95% e la riduzione del 23-24 per cento dei consumi a ottobre e novembre hanno permesso al prezzo del gas di raggiungere questo risultato, anche se rimane ancora fuori media a confronto con gli ultimi decenni.

Lunedì i ministri dell’energia riuniti a Bruxelles, dopo mesi di confronto, hanno finalmente raggiunto l’accordo sul price cap  che potrà essere applicato dal 15 febbraio 2023 in presenza contemporanea di due condizioni: quando il prezzo del gas sul mercato olandese TTF supera i 180 euro per Megawattora per 3 giorni lavorativi e quando il prezzo TTF mensile è superiore di 35 euro rispetto al prezzo di riferimento del GNL sui mercati globali per gli stessi tre giorni lavorativi. Il raggiungimento dell’accordo è stato accolto come “una grande vittoria italiana” dalla premier Giorgia Meloni che ha rivendicato una “battaglia che molti davano per spacciata e che invece abbiamo portato a casa”. Com’era prevedibile, l’accordo ha scatenato la rabbia di Mosca. Il Cremlino ha definito il tetto al prezzo del gas una decisione politica e non economica, spiegando che “questa misura può solo portare a una carenza di gas nella regione. Se i colleghi vogliono che l’Europa non abbia gas, in modo che venga reindirizzato su altri mercati, allora impongono limiti di tetto, quindi vediamo come si evolve la situazione. C’è molta incertezza”.

Il regolamento sul price cap è in attesa dell’adozione formale con procedura scritta questa settimana da parte dei Ventisette stati membri. I governi dovranno indicare formalmente se sostengono, si astengono o si oppongono all’accordo (in forma scritta); in linea di principio, la procedura scritta si dovrebbe concludere domani. Nelle negoziazioni che si sono tenute al Consiglio energia, solo l’Ungheria avrebbe espresso opposizione al regolamento, che ha visto poi l’indicazione di astensione di Paesi Bassi e Austria. L’adozione formale dell’accordo non dovrebbe riservare sorprese e quindi dovrebbe chiudersi questa settimana.

Intanto, fonti di mercato hanno riferito a S&P Global Commodity Insights che il prezzo massimo del Gas a 180 euro/MWh in Europa non avrebbe un impatto sul flusso commerciale di Gnl asiatico nel breve termine, ma potrebbe restringere le forniture all’Europa nel 2023 poiché alcuni fornitori asiatici potrebbero scegliere di vendere ad altri mercati.

 

 

 

 

Meloni: “Su energia da Ue risposta insoddisfacente e inattuabile”

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni  interviene alla Camera in vista del Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre e sottolinea come l’Italia sia “da mesi  in prima fila per un tetto dinamico dei prezzi. La posta in gioco per il Paese è alta perché si definisce la possibilità di difendersi senza prevaricazioni dei singoli a discapito di chi ha scarsa possibilità di spesa e che, dunque, potrebbe essere lasciato indietro”. E non usa mezzi termini per definire la proposta della Commissione europea sul price cap: “Insoddisfacente perché inattuabile”.
Nel discorso alla Camera, la presidente del Consiglio affronta il tema dell’elettrodotto Terna-Steg. “La nostra nazione è cerniera e ponte energetico naturale tra il Mediterraneo e l’Europa – ribadisce – in virtù della sua posizione geografica. L’obiettivo strategico che questo governo vuole realizzare è far diventare l’Italia uno snodo energetico che colleghi, tramite gasdotti – che in prospettiva dovranno traportare idrogeno verde -, ed elettrodotti la sponda Sud del Mediterraneo al resto d’Europa”. Giorgia Meloni fa riferimento al recente via libera della Commissione europea allo stanziamento di 307 milioni di euro per co-finanziare la nuova interconnessione elettrica tra Italia e Tunisia: “Un’opera che sarà realizzata da Terna e dalla società tunisina Steg e costituirà un nuovo corridoio energetico tra Africa ed Europa, favorendo la sicurezza di approvvigionamento energetico e l’incremento di produzione di energia da fonti rinnovabili”. Un’azione che Giorgia Meloni definisce “un Piano Mattei per l’Africa, un modello virtuoso e di crescita tra l’Unione europea e i paesi africani”. Un Piano “che non sia predatorio ma collaborativo e che garantisca crescita, dignità e lavoro. E che garantisca il diritto a non dover emigrare”.

La premier ricorda inoltre l’impegno assunto nei confronti della Lukoil: “Questo governo ha approvato un decreto per la raffineria di Priolo, che è stata messa nella condizione di lavorare anche dopo il 15 settembre. Abbiamo difeso i livelli occupazionali, mettendo in sicurezza 10 mila lavoratori e abbiamo tutelato un nodo energetico”. Un doppio passaggio importante, sottolinea la premier, in quanto “non dobbiamo scaricare sui cittadini i costi delle sanzioni alla Russia”.


Rispetto al tema delle sanzioni, la premier sottolinea che “abbiamo ripreso i colloqui per il nono pacchetto di sanzioni europee alla Russia. Siamo impegnati con sanzioni dolorose ma efficaci”. E, aggiunge: “Abbiamo approcciato alla discussione con spirito aperto, i costi imposti alla Russia devono essere superiori a quelli europei”.
Nell’affrontare la questione, Giorgia Meloni ribadisce il pieno appoggio dell’Italia a Kiev. “Non abbiamo cambiato idea – afferma – perché le nostre convinzioni non mutano a seconda del fatto che siamo al Governo o all’opposizione. L’Europa è unita contro il conflitto russo, sosteniamo il cammino europeo dell’Ucraina e ribadiamo che il conflitto riguarda tutti”. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ribadisce con forza l’appoggio italiano ed europeo all’Ucraina parlando alla Camera in vista del Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre. Un appoggio che non è “facile propaganda” ma “concreto, anche sul piano militare; l’Italia deve continuare a fare la propria parte, con le azioni inaccettabili russe contro le infrastrutture ucraine, lo spazio di manovra per un cessate il fuoco appare assai limitato. Il Consiglio Europeo ci ha chiamati alla ricostruzione dell’Ucraina: sono stati destinati 349 miliardi di euro, temo ne serviranno molti di più. Per raggiungere questo ambizioso obiettivo, sarà necessario un coordinamento inteso, internazionale, europeo ma, come ribadito ieri nel corso del G7, che coinvolgerà anche gli Stati terzi e settore privato”.

Giorgia Meloni ricorda che “non consentiremo che Putin utilizzi la carenza di cibo come arma” e sottolinea l’impegno umanitario dell’Italia che, ad oggi, ha consegnato 66 tonnellate di beni: “Siamo fieri della solidarietà italiana all’Ucraina. Molti Paesi hanno dimostrato un grande spirito di fratellanza, primo tra tutti la Polonia; anche l’Italia però ha contribuito a questo sforzo”.
Nel discorso della premier trova spazio anche la questione del Mediterraneo, divenuta per la prima volta “centrale” e inserita in un documento della Commissione europea “grazie alla posizione dell’Italia, nel rispetto della legalità internazionale e nella consapevolezza che ci sia la necessità di affrontare il fenomeno delle migrazioni in maniera strutturale, passando dalla ridistribuzione dei migranti alla difesa dei confini. Per raggiungere questo obiettivo, occorre un quadro di collaborazione basato su flussi legali, fermando le partenze e lavorando sulla gestione europea dei rimpatri”. La Meloni ricorda i “44 mila arrivi” che sta sostenendo l’Italia, che ha “l’onere maggiore della protezione delle frontiere europee dal traffico di esseri umani”. Chiede con fermezza di non fingere “che vada tutto bene, anche perché quando si leggono notizie di scafisti che buttano persone in mare mi convinco una volta di più che tutto questo non ha nulla a che fare con il concetto di solidarietà” .
Giorgia Meloni conclude il proprio intervento definendo l’Italia fondatrice di “un processo di integrazione, colonna indispensabile per la crescita economica dell’intera Europa. Questa è l’Italia che vogliamo rappresentare”. 

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Gas, Aie allarmata su forniture Ue per 2023. Von der Leyen: “Resistito al ricatto russo”

L’Unione europea ha compiuto progressi significativi nel ridurre la dipendenza dalle forniture di gas naturale russo, ma non è ancora fuori dalla zona di pericolo. Tutti gli sfrorzi ora sono concentrati sulla preparazione del 2023 e del prossimo inverno. E’ quanto emerge dal rapporto ‘Come evitare la carenza di gas nell’Unione europea nel 2023’, presentato dal direttore esecutivo dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, Fatih Birol e dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in vista della riunione straordinaria dei ministri dell’Energia dell’Ue del 13 dicembre e della riunione del Consiglio europeo del 15 dicembre.

Il rapporto, di fatto, delinea una serie di azioni pratiche che l’Europa può intraprendere per sfruttare gli straordinari progressi già compiuti nel 2022 nel ridurre la dipendenza dalle forniture di gas russe e riempire lo stoccaggio di gas in vista di questo inverno. A seguito delle misure adottate dai governi e dalle imprese europee nel corso dell’anno in risposta alla crisi energetica, nonché alla distruzione della domanda causata da enormi picchi di prezzo, la quantità di gas nei siti di stoccaggio dell’Ue è stata ben al di sopra della media quinquennale all’inizio di dicembre, fornendo un importante cuscinetto in vista dell’inverno. Anche le azioni dei consumatori, l’aumento delle forniture di gas non russo e il clima mite hanno contribuito a compensare il calo delle consegne russe nel 2022.
Le misure già adottate dai governi dell’Ue in materia di efficienza energetica, energie rinnovabili e pompe di calore dovrebbero contribuire a ridurre le dimensioni del potenziale divario tra domanda e offerta di gas nel 2023. Anche una ripresa della produzione di energia nucleare e idroelettrica rispetto ai livelli minimi decennali nel 2022 dovrebbe contribuire a ridurre il divario che, tra domanda e offerta di gas dell’Ue, potrebbe raggiungere i 27 miliardi di metri cubi nel 2023 in uno scenario in cui le consegne di gas dalla Russia scenderanno a zero e le importazioni di Gnl dalla Cina torneranno ai livelli del 2021.
“L’Unione europea ha compiuto progressi significativi nel ridurre la dipendenza dalle forniture di gas naturale russo, ma non è ancora fuori dalla zona di pericolo”, ha commentato Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Aie. “Molte delle circostanze che hanno permesso ai paesi dell’Ue di riempire i loro siti di stoccaggio prima di questo inverno potrebbero non ripetersi nel 2023. La nuova analisi dell’Aie mostra che è vitale una maggiore spinta all’efficienza energetica, alle rinnovabili, alle pompe di calore e a semplici azioni di risparmio energetico per scongiurare il rischio di carenze e ulteriori violenti picchi di prezzo il prossimo anno”.

Il rapporto Aie raccomanda di ampliare i programmi esistenti e aumentare le misure di sostegno per la ristrutturazione delle case e l’adozione di elettrodomestici e illuminazione efficienti. Suggerisce inoltre di utilizzare tecnologie più intelligenti e di incoraggiare il passaggio dal gas all’elettricità nell’industria. Per accelerare le autorizzazioni per le energie rinnovabili, il rapporto propone di aggiungere risorse amministrative e semplificare le procedure. Propone poi un maggiore sostegno finanziario per le pompe di calore e modifiche alle leggi fiscali che penalizzano l’elettrificazione. Richiede inoltre maggiori e migliori campagne per convincere i consumatori a ridurre il loro consumo energetico e descrive in dettaglio vari programmi da un’ampia gamma di paesi che possono fungere da migliori pratiche.
“La Russia ha tagliato le forniture di gas all’Europa dell’80% e sappiamo tutti che questi tagli agli oleodotti hanno aggiunto una pressione senza precedenti sui mercati energetici globali, con gravi effetti a catena sul sistema energetico europeo. Tuttavia, siamo riusciti a resistere a questo ricatto energetico. Con il nostro piano REPowerEU per ridurre di due terzi la domanda di gas russo entro la fine dell’anno, con una mobilitazione fino a 300 miliardi di euro di investimenti. Il risultato di tutto questo è che siamo al sicuro per questo inverno”, ha affermato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. “Quindi ora ci stiamo concentrando sulla preparazione del 2023 e del prossimo inverno. Per questo, l’Europa deve intensificare i propri sforzi in diversi campi, dalla portata internazionale all’acquisto congiunto di gas, all’aumento e all’accelerazione delle energie rinnovabili e alla riduzione della domanda”.

Dal lato dell’offerta, il rapporto Aie afferma che mentre le opzioni dell’Europa per importare più gas naturale sono limitate, ci sono una manciata di Paesi con capacità di esportazione di riserva che potrebbero aumentare le esportazioni catturando il gas che è attualmente bruciato. Il rapporto descrive anche le opportunità per aumentare la produzione di biogas a basse emissioni.
Insieme, queste misure offrono un percorso per evitare picchi di prezzo, chiusure di fabbriche, un maggiore utilizzo del carbone per la produzione di energia e una feroce concorrenza internazionale per i carichi di Gnl, in modi coerenti con gli obiettivi climatici dell’Ue.
“Dobbiamo rendere gli acquisti congiunti – ha sottolineato Ursula von Der Leyen – una realtà, le discussioni con gli Stati membri, i partner e le compagnie energetiche sono in corso. Possiamo lanciare la prima gara per l’aggregazione della domanda (di acquisti comuni) entro la fine di marzo ma è necessario un accordo tra gli Stati membri sul regolamento di emergenza del 18 ottobre”.  Tra le misure di emergenza contro la crisi energetica, la Commissione europea ha proposto anche l’avvio degli acquisti congiunti di gas per abbassarne i costi. I ministri Ue dell’energia hanno già trovato un accordo politico, ma hanno ‘legato’ il via libera del pacchetto di emergenza al raggiungimento di un accordo sul ‘price cap’, che ancora non è stato trovato. Nel breve termine proporrà inoltre di potenziare finanziariamente il piano REPowerEu per gli investimenti in energia pulita. Un’azione che rappresenta “una parte della nostra risposta europea all’Inflation Reduction Act (IRA) degli Stati Uniti”, ha precisato la Presidente della Commissione europea. Concludendo che “nel lungo periodo dobbiamo andare oltre e stiamo valutando la creazione di un fondo di sovranità per continuare a essere leader delle tecnologie pulite”.

 

Non c’è più diesel e tra due mesi scatta l’embargo russo

“È certamente la più grande crisi del diesel che abbia mai visto”, ha detto a Bloomberg Dario Scaffardi, ex amministratore delegato della raffineria Saras. C’è chi parla di tempesta perfetta, di scorte in esaurimento proprio a ridosso del generale inverno, di prezzi che saliranno alle stelle. Intanto trasportatori e cittadini comuni stanno notando che da mesi ormai il prezzo del gasolio al distributore è superiore a quello della benzina. La guerra in Ucraina è stata la miccia, ma la polvere da sparo era già presente sul mercato. La pandemia e i suoi lockdown avevano distrutto la domanda di diesel, costringendo le raffinerie soprattutto americane a chiudere alcuni impianti, dato che erano sempre meno redditizie. Una scelta dettata anche dalla transizione energetica, che lentamente aveva già ridotto gli investimenti. Bloomberg ricorda che dal 2020, la capacità di raffinazione degli Stati Uniti si è ridotta di oltre un milione di barili al giorno. Il boom della domanda post Covid ha così messo a nudo la scarsità di gasolio, almeno nel mondo occidentale.
Le scorte di diesel negli Stati Uniti sono precipitate al livello più basso dal 1982, quando il governo ha iniziato a comunicare i dati sul carburante. E le forniture per questo periodo dell’anno sono ai livelli più bassi di sempre. Mark Finley, ricercatore di energia presso il Baker Institute of Public Policy della Rice University, ha spiegato a Bloomberg che i prezzi elevati del gasolio potrebbero costare all’economia statunitense 100 miliardi di dollari. Secondo l’Energy Information Administration, gli Stati Uniti hanno ora solo 25 giorni di fornitura di diesel, il minimo dal 2008. E mentre le scorte sono ai minimi storici, la media mobile di quattro settimane dei distillati forniti – un indicatore della domanda – è aumentata al livello stagionale più alto dal 2007.
La sete di diesel americana sta mettendo in difficoltà anche l’Europa. Come rivela Cnbc i grandi commercianti stanno dirottando le petroliere dal Vecchio Continente agli Stati Uniti perché il prezzo del diesel statunitense è ora più alto che da noi e quindi possono realizzare un profitto maggiore.  Secondo MarineTraffic, la petroliera Thundercat, originariamente destinata ai Paesi Bassi dopo essere stata caricata in Medio Oriente con circa 650mila barili (l’equivalente di 27 milioni di galloni) di gasolio, è andata a New York. Un’altra nave cisterna, Proteus Jessica, caricata nell’area di Singapore con una fornitura di gasolio simile, si è diretta anch’essa verso la Grande Mela.
L’imminente divieto del greggio russo verso l’Europa potrebbe peggiorare la situazione.  Per non parlare dell’embargo di febbraio sui derivati del petrolio di Mosca. “La Ue deve sostituire in media 2 milioni di tonnellate di diesel importato dalla Russia”, ha affermato alla Cnbc il capo analista marittimo di Bimco (Baltic and International Maritime Council), Niels Rasmussen: “Inoltre, l’Agenzia internazionale dell’energia ha stimato che la domanda dell’Ue di prodotti raffinati aumenterà di 300mila-500mila barili al giorno durante l’inverno per soddisfare la domanda di riscaldamento”.
In tutto questo il governo italiano sta provando a risolvere il problema della raffineria di Priolo, di proprietà della russa Lukoil. Il tempo a disposizione è sempre meno. Il prezzo del diesel sale sempre di più.

Milioni di ucraini al gelo e al buio. Kiev: “Rischiamo un disastro nucleare”

Milioni di persone strette nella morsa dell’inverno, tra neve, gelo e freddo, mentre il Paese fa i conti con il buio più totale e la mancanza di acqua potabile. La ferita Ucraina – e in modo particolare la capitale Kiev e la sua regione – sta pagando un conto sempre più salato dell’aggressione russa. I missili di Mosca hanno colpito le principali infrastrutture energetiche e solo grazie a uno sforzo straordinario – anche della comunità internazionale – la situazione sta lentamente migliorando. Secondo l’aeronautica ucraina, la Russia ha lanciato circa 70 missili da crociera, 51 dei quali sono stati abbattuti, insieme a cinque kamikaze. Dieci le vittime almeno 50 i feriti nei raid che hanno provocato la sospensione dell’erogazione di acqua e la disconnessione di tre centrali nucleari, lasciando al buio e al freddo buona parte della popolazione, almeno il 70% di quella della capitale. Ma la Russia non ci sta e ha accusato la contraerea ucraina di aver causato enormi danni alle infrastrutture.

Gli ingegneri e i tecnici hanno lavorato ininterrottamente per far tornare la corrente elettrica a Kiev e, come ha riferito il sindaco Vitaliy Klitschko, il sistema idrico è stato ripristinato nel pomeriggio di giovedì anche se “ci vorrà del tempo perché funzioni a pieno regime”. A Kharkiv, invece, la seconda città del Paese al confine con la Russia, persistono “problemi di forniture di elettricità”. Proprio con le temperature che stanno precipitosamente scendendo sotto lo zero. Le tre centrali nucleari sono state ricollegate alla rete giovedì mattina e, gradualmente, dovrebbero consentire di aumentare l’approvvigionamento.

Il presidente Volodymyr Zelensky, parlando al Consiglio di sicurezza dell’Onu, ha definito gli attacchi alle infrastrutture energetiche “un crimine contro l’umanità”. Opinione condivisa anche dalla Francia, secondo cui colpire la popolazione “alle soglie dell’inverno riflette il chiaro desiderio russo di far soffrire il popolo ucraino, di privarlo di acqua, calore ed elettricità per minare la sua resilienza”.

Ma gli ultimi attacchi hanno esarcebato ancora di più il rischio di un disastro nucleare e radioattivo. A lanciare un nuovo allarme è Energoatom, l’operatore nazionale dell’energia. Gli attacchi alle infrastrutture principali del Paese, sono “azioni criminali di Putin e dei suoi complici” che “stanno spingendo l’umanità sull’orlo di una catastrofe nucleare”, quindi “non possono essere chiamate altrimenti che ricatto al mondo intero”.

 

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