Cirio

Siccità in Piemonte critica. Cirio: “Sì, è emergenza. Ma transizione sia un percorso”

Il Piemonte crede fermamente nella transizione ecologica, di cui la sfida dell’elettrico rappresenta una grande ambizione, ma va gestita con un percorso adatto per evitare di perdere posti di lavoro e occupazione. Per cui, bene lo stop alle auto a motori termici, bene alle cosiddette case green, ma l’Europa deve aiutare economicamente imprese e famiglie italiane in questo passaggio. Soprattutto in un momento di crisi climatica con il rischio di un nuova estate di secca. Il presidente piemontese Alberto Cirio spiega a GEA la sua linea, improntata su un forte senso di appartenenza al territorio ma con uno sguardo mai perso all’Europa. Tanto che, ammette, “sarei onorato di continuare a guidare questa regione se i cittadini piemontesi vorranno” nelle elezioni del 2024, “così come sarei onorato di rappresentarla per la prima volta a Bruxelles in un ruolo importante”. “Io sono qua per fare gli interessi del mio territorio, che è il Piemonte che amo”, precisa. Ma, “avere rappresentanti a Bruxelles in ruoli apicali non è facile, non è scontato e se i pianeti si allineano è un’opportunità da cogliere proprio nell’interesse del Piemonte”. Questo perché, “i problemi che ci sono sono la prova che noi dobbiamo contare di più e quindi dare più attenzioni all’Europa”.

Seppur europeista convinta, Cirio ritiene giuste le battaglie del governo Meloni contro le direttive di Bruxelles sulle auto elettriche e sull’efficientamento energetico delle case. “Noi abbiamo responsabilità di essere competitivi per il futuro”, spiega. “Torino è una città che merita investimenti non per il passato, noi che qui abbiamo inventato l’auto dobbiamo essere i primi a volere l’auto elettrica che non inquini, che rispetti l’ambienti, e questo è l’obiettivo a cui tender e su cui lavorare ma va fatto con quella che Draghi ha chiamato transizione ecologica. Il primo è stato Draghi, che l”ha chiamata transizione proprio perché il termine indica un percorso”. Bene quindi tendere verso un’auto che non inquina ma è necessario “usare il buonsenso”. Stesso discorso per le case green: studi dell’Arpa mostrano che il pericolo più grave dal riscaldamento globale “è il riscaldamento degli edifici. Ma la transizione ecologica va fatta naturalmente aiutando le famiglie a farlo, perché ora faticano a pagare una bolletta”. Per cui, l’Europa se vuole che andiamo verso la casa green “e noi ci vogliamo andare” metta anche le risorse “perché le famiglie possano senza indebitarsi riuscire a farlo”.

D’altra parte la crisi ambientale è un dato di fatto: l’allarme degli scienziati è altissimo e non va sottovalutato, ammette Cirio. “L’ambiente è la nostra casa e l’aria che respiriamo e come stiamo attenti al cibo bisogna stare attenti all’ambiente. Non ci sono deroghe non ci sono sconti per la qualità dell’aria, per la tutela della salute delle persone”. Tra tutte le emergenze dettate dal riscaldamento globale quella dell’acqua lo è più di ogni altra cosa, ricorda il governatore, “perché è legata a colture che per loro definizione sono tempo-dipendenti. In agricoltura se non si interviene adesso garantendo il necessario apporto d’acqua alle risaie si compromette tutto il raccolto che faresti nei mesi successivi”. Quindi non si può aspettare, anche perché in Piemonte si fa il 70% di riso italiano. L’emergenza siccità in agricoltura è dunque forte, “mentre nei comuni piemontesi la situazione è critica”. Sono una decina i comuni che hanno necessità di riempimento notturno, per cui per questa estate la Regione prevede di mobilitare la protezione civile “per garantire che in quei paesi, che sono i paesi di montagna, gli usi civili vengano salvaguardati”.

Nella battaglia ambientale, che Cirio sposa in primo piano, non c’è però spazio per la violenza. “Non c’è rivendicazione di valori, di idee, di principi che giustifichi la violazione dei diritti degli altri”, commenta in riferimento all’azione di Ultima generazione a Firenze dove attivisti hanno imbrattato la facciata di Palazzo Vecchio salvo poi essere fermati dal sindaco Dario Nardella. “Per me è pari pari il palazzo di Nardella come la casa del privato. Se io vedessi chiunque che distrugge il bene di un altro proverei a intervenire. Ho apprezzato che Nardella lo abbia fatto. Ha fatto bene, è stato anche colorito nel suo eloquio, ma io forse avrei detto di peggio”. E se per il primo cittadino fiorentino ci sono parole di apprezzamento, lo stesso non si può dire per quello di Milano, Beppe Sala, che da mesi si oppone alla possibilità che Torino entri dalla finestra nel dossier olimpico per il 2026. Oggetto del contendere le gare di pattinaggio di velocità che potrebbero essere ospitata all’Oval dopo il forfait del Trentino. “Mi è piaciuta la frase del ministro Salvini: “Far pagare ai cittadini le scelte sbagliate di qualche governo del passato non è spirito olimpico”. Lo spirito olimpico è inclusione. E per quello che a chi giustamente, anche nella propria attività politica, fa dell’inclusione un suo valore, mi fa sorridere che pensi che non possa essere inclusivo il Piemonte in una città come Torino che è stata la prima capitale d’Italia”. Ma, precisa, noi “non siamo per le polemiche. Noi ringraziamo già, perché il nostro dossier è stato accolto e cercheremo nei numeri e nei fatti di dimostrare” che Torino “è la scelta migliore per gli italiani” nonostante la scelta sbagliata dell’amministrazione Appendino. “È stato un errore, credo uno dei peggiori errori che storicamente questo territorio abbia compiuto in passato è stato quello di rinunciare a Olimpiadi”. Detto questo, il Piemonte, precisa Cirio, “tifa Italia non tifiamo né Milano né Torino né Cortina, noi tifiamo Italia e le Olimpiadi che sono una grande opportunità”.

Botta e risposta Meloni-Bonelli. La premier: “Non sono Mosè, non ho prosciugato io l’Adige”

Mentre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si prepara per il Consiglio Europeo del 23 e 24 marzo, il dibattito alla Camera diventa il teatro di un botta e risposta sul tema siccità. Protagonisti, appunto, la premier e il deputato di Avs Angelo Bonelli.

Il portavoce di Europa Verde, durante il suo intervento, attacca Meloni. Portando con sé un oggetto particolare. “Signora presidente, le faccio vedere una cosa. Questi sono dei sassi. Sa dove li ho presi? Andando a piedi nel bel mezzo del fiume Adige. Quando andrò a casa li rimetterò dove li ho presi. Oggi la questione della siccità è drammatica nel nostro Paese, c’è poco da ridere”, dice il deputato rivolgendosi a Meloni e accusandola di poca serietà.

La presidente aspetta il momento della replica per ritornare sulla questione. E lo fa senza mancare di una vena ironica. “Ho trovato molto interessanti i suoi sassi dell’Adige. Però, insomma, presumo lei non voglia dire che in cinque mesi ho prosciugato l’Adige. Neanche Mosè, ok? Forse deve fare i conti con il fatto che questi problemi, come l’Adige che si prosciuga, sono figli di tutto quello che finora non è stato fatto o che è stato fatto di sbagliato. Perché io non sono Mosè, Bonelli. La ringrazio per attribuirmi poteri che non ho, ma non ce li ho. E quindi non ho prosciugato l’Adige io”.

Bonelli, però, non ci sta. E affida a una nota la sua risposta. “La presidente Meloni nel suo intervento se la canta e se la suona: chiaramente non ho mai affermato che lei ‘ha prosciugato il fiume Adige’. Ho detto – per contro – in Aula a Montecitorio che le politiche energetiche e ambientali del suo governo sono quelle che contribuiscono ad accelerare il cambiamento climatico. Lo dicono gli scienziati dell’Ipcc, che lei evidentemente non ascolta“.

scarsità acqua

L’Onu lancia l’allarme per una crisi idrica imminente. E’ colpa dell’uso “vampiresco” dell’acqua

L’umanità “vampiresca” sta esaurendo le risorse idriche del pianeta “goccia a goccia“. E’ l’avvertimento lanciato dall’Onu in vista dell’inizio di una conferenza per cercare di soddisfare le esigenze di miliardi di persone a rischio di una “imminente” crisi idrica globale. “Il consumo eccessivo e il sovrasviluppo vampiresco, lo sfruttamento insostenibile delle risorse idriche, l’inquinamento e il riscaldamento globale incontrollato stanno esaurendo, goccia a goccia, questa fonte di vita per l’umanità“, ha avvertito il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres nella prefazione di un rapporto pubblicato poche ore prima della conferenza Onu sull’acqua, la prima del suo genere in quasi mezzo secolo. “L’umanità ha intrapreso alla cieca un percorso pericoloso“, ha affermato. E “tutti noi ne stiamo subendo le conseguenze“.

Acqua insufficiente in alcuni luoghi, troppa in altri, dove si moltiplicano le inondazioni, o acqua contaminata: se le situazioni drammatiche sono numerose in molte parti del pianeta, il rapporto UN-Water e Unesco pubblicato martedì sottolinea il “rischio imminente di una crisi idrica globale“. “Quante persone saranno colpite da questa crisi idrica globale è una questione di scenario“, ha dichiarato all’AFP l’autore principale, Richard Connor. “Se non si interviene, tra il 40 e il 50% della popolazione continuerà a non avere accesso ai servizi igienico-sanitari e circa il 20-25% all’acqua potabile“, osserva. E anche se le percentuali non cambiano, la popolazione mondiale sta crescendo e così il numero di persone colpite.

Per cercare di invertire la tendenza e sperare di garantire a tutti l’accesso all’acqua potabile o ai servizi igienici entro il 2030, obiettivi fissati nel 2015, circa 6.500 partecipanti, tra cui un centinaio di ministri e una dozzina di capi di Stato e di governo, si riuniscono fino a venerdì a New York, chiamati a proporre impegni concreti. Ma alcuni osservatori sono già preoccupati per la portata di questi impegni e per la disponibilità dei fondi necessari ad attuarli. Tuttavia, “c’è molto da fare e il tempo non è dalla nostra parte“, afferma Gilbert Houngbo, presidente di UN-Water, la piattaforma che coordina il lavoro delle Nazioni Unite, che non ha un’agenzia dedicata a questo tema. È dal 1977 che non viene organizzata una conferenza di questa portata su questo tema vitale ma a lungo trascurato.

In un mondo in cui l’utilizzo di acqua dolce è aumentato di quasi l’1% all’anno negli ultimi 40 anni, il rapporto di UN-Water mette in evidenza la scarsità d’acqua che “tende a diventare più diffusa” e a peggiorare con l’impatto del riscaldamento globale, e che presto interesserà anche le regioni attualmente risparmiate dell’Asia orientale e del Sud America. Circa il 10% della popolazione mondiale vive in un Paese in cui lo stress idrico ha raggiunto un livello elevato o critico. E secondo il rapporto degli esperti climatici delle Nazioni Unite (Ipcc) pubblicato lunedì, “circa la metà della popolazione mondiale” sta sperimentando una “grave” carenza d’acqua per almeno una parte dell’anno. Una situazione che evidenzia anche le disuguaglianze. “Ovunque tu sia, se sei abbastanza ricco, avrai l’acqua“, osserva Richard Connor. “Più si è poveri, più si è vulnerabili a queste crisi“.

Il problema non è solo la mancanza d’acqua, ma la contaminazione di quella eventualmente disponibile, dovuta all’assenza o alle carenze dei sistemi igienico-sanitari. Almeno due miliardi di persone bevono acqua contaminata da feci, esponendosi a colera, dissenteria, tifo e poliomielite. Per non parlare dell’inquinamento da farmaci, sostanze chimiche, pesticidi, microplastiche e nanomateriali. Secondo UN-Water, per garantire a tutti l’accesso all’acqua potabile entro il 2030, gli attuali livelli di investimento dovrebbero essere moltiplicati per almeno tre. L’inquinamento minaccia anche la natura. Secondo il rapporto, gli ecosistemi d’acqua dolce che forniscono servizi inestimabili all’umanità, tra cui la lotta al riscaldamento globale e al suo impatto, sono “tra i più minacciati al mondo“.

Abbiamo rotto il ciclo dell’acqua“, ha dichiarato all’AFP Henk Ovink, inviato speciale per l’acqua dei Paesi Bassi, che ha co-organizzato la conferenza insieme al Tagikistan. “Dobbiamo agire subito perché l’insicurezza idrica compromette la sicurezza alimentare, la salute, la sicurezza energetica, lo sviluppo urbano e i problemi sociali“, ha aggiunto. “Ora o mai più, è l’opportunità di una generazione”.

Siccità, cabina di regia e commissario fino al 31 dicembre. Meloni: “Situazione complessa”

Una cabina di regia per accelerare e coordinare la pianificazione degli interventi infrastrutturali di medio e lungo periodo e, nel breve periodo, un commissario nazionale fino al 31 dicembre 2023, con un incarico rinnovabile e con un perimetro “molto circostanziato di competenze“. Così il governo si prepara ad affrontare l’emergenza siccità che ha colpito l’Italia.

Abbiamo ereditato una situazione complessa“, spiega Giorgia Meloni davanti all’Aula del Senato. Il decreto andrà in consiglio dei ministri entro la fine di marzo, verosimilmente la prossima settimana.

Al tavolo convocato a Palazzo Chigi e presieduto dal vicepremier Matteo Salvini c’erano anche i ministri Francesco Lollobrigida (Agricoltura), Nello Musumeci (Protezione civile), Roberto Calderoli (Autonomie), la viceministra all’Ambiente Vannia Gava e i sottosegretari Alfredo Mantovano e Alessandro Morelli.

Il commissario potrà agire sulle aree territoriali a rischio elevato e potrà sbloccare interventi di breve periodo, come sfangamento e sghiaiamento degli invasi di raccolta delle acque, aumento della capacità degli invasi, gestione e utilizzo delle acque reflue, mediazione in caso di conflitti tra regioni ed enti locali in materia idrica, ricognizione del fabbisogno idrico nazionale.

Ci sarà da risolvere il problema degli acquedotti, ma anche, a monte, quello della raccolta di acqua. Quasi nove litri di pioggia su dieci che cadono lungo la Penisola non vengono raccolti. Per le carenze infrastrutturali, si trattiene solo l’11% dell’acqua piovana e nella distribuzione di quella raccolta, le perdite idriche totali sono pari al 42%, secondo l’Istat. A questo, si aggiunge il problema delle temperature in costante aumento e dell’aumento dell’intensità delle piogge, effetti dei cambiamenti climatici che “richiedono interventi strutturali“, sottolinea Coldiretti.

Il Piano Idrico Nazionale è sempre più urgente, nel rispetto delle priorità indicate dalla “sempre più disattesa legge 152“: dopo quello potabile, per l’acqua viene l’uso agricolo, cioè la produzione di cibo e poi via via tutti gli altri utilizzi, ricorda Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi). I dati disastrosi della rete idrica colabrodo sono all’attenzione delle Corti dei Conti regionali, dove il Codacons ha denunciato “tutte le omissioni da parte degli enti locali che hanno fatto poco o nulla per risolvere tale criticità“.

Il problema non si risolve “con l’ennesima cabina di regia“, denuncia il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli. Quello che serve, afferma, è “un cambio di politiche energetiche e ambientali che sono le stesse da decenni responsabili del disastro climatico“. La siccità è già un problema contingente nella penisola italiana, ricorda, dove fiumi sono diventati “corridoi di sabbia” e le riserve di acqua in Lombardia sono circa il 45% in meno rispetto alla media tra il 2006 e il 2020. “Di fronte a questo disastro, questo governo non capisce che deve cambiare politiche, e non puntare a diventare l’hub del gas europeo, ma delle rinnovabili. Invece – insiste – il governo Meloni fa la guerra al clima, alla casa green, all’auto elettrica e poi per dare una risposta alla siccità istituisce l’ennesima cabina di regia. La risposta di questo governo alla crisi idrica è l’inazione e la guerra alle politiche europee sul clima“.

Il 22 marzo è la Giornata dell’acqua. Istat: “Perdite disseterebbero 43 milioni di italiani”

Ogni anno nel nostro Paese si perde il 42,2% dell’acqua potabile, pari a 3,4 miliardi di metri cubi, una quantità tale da soddisfare le esigenze idriche di 43 milioni di persone per un anno intero. Con differenze sostanziali tra nord e sud. In nove regioni le perdite sono superiori al 45%, con i valori più alti in Basilicata (62,1%), Abruzzo (59,8%), Sicilia (52,5%) e Sardegna (51,3%). Di contro, tutte le regioni del Nord hanno un livello di perdite inferiore a quello nazionale, ad eccezione del Veneto (43,2%); il Friuli-Venezia Giulia, con il 42,0%, è in linea con la media italiana. In Valle d’Aosta si registra il valore minimo (23,9%), seppur in aumento di circa due punti percentuali rispetto al 2018. In circa una regione su quattro le perdite sono inferiori al 35%. I dati sono stati diffusi dall’Istat in occasione della Giornata internazionale dell’acqua che si svolge il 22 marzo, ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 e prevista all’interno delle direttive dell’Agenda 21, risultato della conferenza di Rio. Il tema di quest’anno è il legame tra acqua e cambiamenti climatici. L’obiettivo della giornata è sensibilizzare le istituzioni mondiali e l’opinione pubblica sull’importanza di ridurre lo spreco di acqua e di assumere comportamenti volti a contrastare il cambiamento climatico.

Dai dati dell’Istat emerge come in almeno 20 province si perda il 55% del volume di acqua immesso in rete. Ma non solo: più della metà dei comuni italiani (57,3%) ha perdite idriche totali uguali o superiori al 35% dei volumi immessi in rete e perdite ingenti, pari ad almeno il 55%, interessano il 25,5% dei comuni. In meno di un comune su quattro (23,8%) le perdite sono inferiori al 25%.

Le perdite rappresentano uno dei principali problemi per una gestione efficiente e sostenibile dei sistemi di approvvigionamento idrico e, benché molti gestori del servizio idrico abbiano avviato iniziative per garantire una maggiore capacità di misurazione dei consumi, secondo l’Istat la quantità di acqua dispersa in rete continua a rappresentare un volume cospicuo, quantificabile in 157 litri al giorno per abitante. Stimando un consumo pro capite pari alla media nazionale, il volume di acqua disperso nel 2020 soddisferebbe le esigenze idriche di oltre 43 milioni di persone per un intero anno.

siccità

Oggi il tavolo siccità a Palazzo Chigi. Salvini: “Decreto entro marzo, siamo in ritardo”

“Non c’è ancora una data certa” per l’arrivo del Decreto Acqua in Consiglio dei ministri, “ma di sicuro vedrà la luce entro marzo”. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, dal palco di un evento dell’Anbi a Vercelli – dedicato ai 100 anni dalla moderna bonifica – annuncia un’accelerazione delle misure messe in piedi dal governo per fare in modo di “evitare un’estate disastrosa come quella dello scorso anno” a causa della siccità.

Oggi, a Palazzo Chigi si svolgerà “una riunione della cabina di regia che si deve far carico della progettazione e dell’esecuzione dei lavori. Se ci sono opere bloccate o in ritardo serve un commissariamento ad hoc per sbloccarle e serve qualcuno che si prenda la responsabilità” di decidere “se aprire o chiudere l’acqua” quando ci sono attriti tra “Trento, operatori del Garda e agricoltori veronesi”. “Serve – ha detto Salvini – una scelta equilibrata per evitare che accada quello che è successo lo scorso anno, quando ‘mediavo’ tra Regioni e Province. La vita reale non attende i decreti, serve equilibro per mettere d’accordo gli enti locali”. “Siamo in ritardo”, ha ribadito il vicepremier e per questo “domani dobbiamo chiudere”.

Sul tavolo, ha assicurato, c’è già “il primo miliardo di euro”, con cui “riusciremo a mettere a terra per gli investimenti nei prossimi mesi”, anche se “le domande che arrivano al mio ministero sul Pnrr”, ha aggiunto, “ammontano almeno” a 2 miliardi di euro, “quindi conto con Anbi, Regioni, Comuni, associazioni di agricoltori e anche con le associazioni che si occupano di ambiente, di pianificare questi investimenti”.

Il tema della burocrazia è uno dei più dirimenti, come ha ricordato dal palco di Vercelli anche il presidente di Anbi, Francesco Vincenzi. “E’ necessario sbloccare cantieri fermi da troppo tempo e salvare quello che ormai è oro, è ossigeno, cioè l’acqua piovana”, ha concordato Salvini, ricordando che “riusciamo a trattenerne soltanto il 10%” e l’obiettivo è aumentare questa percentuale.

Anche il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin – presente a Vercelli – ha ribadito la necessità di “rifare una valutazione pratica sui grandi e piccoli invasi perché il cambiamento climatico lo stiamo vivendo”. Nessun decreto o cabina di regia, ha ricordato, “può far piovere. Dobbiamo essere organizzati. Ai consorzi dico di sforzarsi nella collaborazione, ci va un raccordo tra i soggetti del servizio idrico e quelli che gestiscono l’irrigazione sul fronte agricolo. Non ci possono essere egoismi: ad esempio, se dal Lago di Garda ci sono resistenze” nel rilasciare l’acqua “allora è molto più complicato”.

Sul tavolo dell’incontro di domani a Palazzo Chigi c’è la definizione di un piano idrico straordinario nazionale, d’intesa con le Regioni e gli Enti territoriali per individuare le priorità di intervento e la loro adeguata programmazione, anche utilizzando nuove tecnologie. Per questo, dovrebbe essere individuato un Commissario straordinario con poteri esecutivi. E proprio sul piano spinge da tempo l’Anbi. “Dobbiamo stabilire le priorità del nostro Paese, non brancolare nel buio. Il piano idrico nazionale deve essere messo in campo se vogliamo essere un Paese moderno“, ha detto Vincenzi. Il piano, ha aggiunto, “ci permette di ragionare in modo trasparente tra tutti i soggetti coinvolti. Serve un passo in avanti, serve ripensare alle opere necessarie per dare risposte ai cambiamenti climatici, alla sostenibilità e alla sovranità alimentare”.

E’ sempre più emergenza siccità: scomparsi i grandi fiumi d’Italia

L’Italia non ha più grandi fiumi: resta largamente insufficiente, infatti, la portata del Po che, pur godendo di un leggero incremento nel tratto iniziale, permane abbondantemente sotto il minimo storico mensile nel tratto lombardo-emiliano, toccando, nel rilevamento finale a Pontelagoscuro, la portata di 604,23 metri cubi/secondo, inferiore di ben il 14% rispetto ai valori minimi del periodo. A certificarlo sono l’Anbi (Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue) e l’Autorità di Bacino distrettuale del fiume Po (Adbpo). Negli ultimi 30 giorni, infatti, le sezioni principali del Po hanno registrato valori di portata media prossime o inferiori al precedente minimo nel periodo 1991-2020. Le condizioni più critiche sono state registrate proprio nella sezione di Piacenza, Cremona e di Pontelagoscuro dove si registrano condizioni idrologiche di siccità estrema. E non se la passano meglio i grandi laghi, regolati per rilasciare valori di portata prossimi o pari al minimo deflusso. Il riempimento del Lago Maggiore è al 44,9%, quello del Lago di Como al 21,2%. L’Iseo è al 17,9%, l’Idro al 43,4% e il Garda al 38,6%.

Negli ultimi giorni da più parti si è parlato dei dissalatori come strumento per affrontare il problema della siccità, ma come ricorda Francesco Vincenzi di Anbi, “possono essere una soluzione per emergenze localizzate, non certo risolutivi per un fattore esteso quale la siccità penalizzante l’agricoltura e l’ambiente in un territorio come quello italiano”. E’ pensabile risolvere il problema, dissalando l’acqua del mare? “I costi metterebbero fuori mercato il made in Italy agroalimentare – aggiunge Massimo Gargano, direttore generale di AnbiInsieme all’efficientamento della rete idraulica e all’ottimizzazione dell’utilizzo irriguo, non è più logico creare le condizioni per trattenere e trasferire le acque di pioggia, migliorando al contempo l’ambiente attraverso una rete di laghetti multifunzionali ad iniziare dal riutilizzo delle migliaia di cave abbandonate?”.

Mattarella in Kenya: “Affrontare cambiamenti climatici, non c’è un secondo tempo”

Clima e siccità. Sono due dei temi al centro della visita del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in Kenya. E il capo dello Stato lo sottolinea nella conferenza stampa congiunta a Nairobi con l’omologo William Ruto. Secondo Mattarella “la siccità in questa regione è l’allarmante sintomo delle gravi conseguenze del cambiamento climatico che si avverte ovunque”, anche in Europa. Con ricadute pesantissime anche su altri fronti: “La siccità crea una crisi alimentare che spinge ulteriormente i fenomeni migratori. Vi sono zone in cui non è più possibile la sopravvivenza alimentare a causa della siccità. E questo spinge ulteriormente comprensibilmente i flussi migratori. E’ un tema centrale quello del mutamento climatico”.

Per questo il capo dello Stato esorta “la comunità internazionale a procedere con comportamenti che attenuino e contrastino con efficacia il cambiamento climatico, è la base per lo sviluppo e il benessere per le future generazioni“, con la speranza che la Cop28 a Dubaiabbia a vedere un impegno concreto e crescente per realizzare condizione di comune impegno contro il cambiamento climatico“.

E, se “l’Italia avverte da tempo l’esigenza di un impegno serio, concreto e efficace di contrasto all’inquinamento atmosferico” e ha preso una posizione chiara, visto che “nel Pnrr vi sono a questo riguardo strumenti che saranno utili, e questo è nel programma del governo di impegnarsi nella lotta al cambiamento climatico”, ha però anche di che dispiacersi. “Ci duole – chiosa Mattarella – che alcuni Paesi non si rendano conto che non si può rinviare questo tema a un secondo tempo che non c’è, bisogna affrontarlo adesso con molta determinazione“.

Siccità, Gadda: “Bisogna smetterla di gestire questo fenomeno come emergenziale”

“Non è più possibile gestire il fenomeno della siccità in un’ottica emergenziale”. Lo ha detto l’Onorevole Maria Chiara Gadda, vicepresidente della Commissione Agricoltura, ai microfoni di GEA – Green Economy Agency. “Perché gli effetti dei cambiamenti climatici da un lato, ma soprattutto la carenza infrastrutturale che il nostro paese sconta, devono trovare nelle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza un’attuazione pratica” ha proseguito Gadda. “Servono decreti attuativi più puntuali e togliere quei colli di bottiglia che oggi nelle diverse regioni sono di ostacolo alla costruzione degli invasi e ci sono troppi enti che si occupano e preoccupano della gestione dell’acqua. Dobbiamo migliorare anche dal punto di vista organizzativo e di governance”

Gas, Meloni punta a Israele. Netanyahu: “Esportazioni in Ue attraverso l’Italia”

Vincere insieme la sfida energetica. Dopo aver incontrato la comunità ebraica, al suo secondo giorno a Roma il premier israeliano Benjamin Netanyahu vede Giorgia Meloni e partecipa al Forum per le imprese organizzato dal ministro Adolfo Urso. Ne viene fuori un consolidamento della storica cooperazione bilaterale, che ha radici “profonde e solide“, ricorda Urso, ed è quasi coetanea alla Costituzione italiana e allo stato di Israele.

Sul fronte energetico, l’Italia vuole poter contare sui grandi giacimenti offshore del piccolo Stato ebraico: il Karish, poco a nord di Haifa, il Tamar, il Leviathan, che insieme hanno una riserva di gas stimata in 900 miliardi di metri cubi. In attesa del gasdotto EastMed, per esportarlo in Europa senza passare da altri Paesi, Netanyahu annuncia un condensatore, che permetta di trasformarlo in gas liquido e in modo da poter usare le navi. Il progetto di EastMed prevede circa 1.900 chilometri di tubi sottomarini da Israele alla Grecia, per collegarsi poi al tratto offshore del gasdotto Poseidon dalla Grecia a Otranto. “Il destino dell’Europa si gioca nel Mediterraneo“, osserva Urso. Nelle intenzioni, l’Italia con il Piano Mattei di Meloni diventerà l’hub del gas europeo, mentre Israele sarà uno dei fornitori non solo di gas, ma anche di idrogeno e punta di diamante per le tecnologie green. “Anche noi abbiamo delle riserve di gas che stiamo esportando e vorremmo accelerare ulteriormente le esportazioni verso l’Europa attraverso l’Italia“, spiega Netanyahu al termine dell’incontro a Palazzo Chigi con la premier, ricordando “la partecipazione dell’Eni nel nostro progetto“.

Gli ambientalisti, però, protestano: “La scelta di Meloni di includere il gas tra i temi dell’incontro testimonia l’implacabile sete di gas del nostro governo che, con buona pace degli accordi di Parigi, continua a investire sulle fonti fossili e su infrastrutture pericolose per la pace e per il clima“, denuncia Simona Abbate, campaigner Energia e Clima di Greenpeace Italia. “Il governo è sempre più nemico del cima“, fa eco il co-portavoce di Europa Verde, Angelo Bonelli. “Giorgia Meloni con oggi ammazza le politiche sul clima trasformando l’Italia per i prossimi decenni in un Paese dipendente dal gas“. Per il deputato di Avs il progetto di EastMed “minaccia il clima e rischia di scatenare nuovi conflitti“.

Ma sul tavolo c’è anche un’altra questione, per la quale Israele può essere estremamente utile a tutta l’Europa: l’emergenza siccità. Lo stato è all’avanguardia nella gestione dell’acqua, da sempre tallone d’Achille della Mezzaluna: “Può servire in questo periodo di grandi cambiamenti climatici”, scandisce Urso. Nel 2009, lo Stato ebraico ha attraversato una crisi enorme, dalla quale è uscito, in particolare, con il riciclo delle acque e con tre impianti di desalinizzazione: “Saremmo felicissimi di condividere con voi questa esperienza”, è l’offerta del premier israeliano.

Sicurezza, energia, digitalizzazione, agricoltura, innovazione, transizioni, industria. Sono tanti i settori in cui la cooperazione può essere rafforzata: “Abbiamo condiviso la necessità di un nuovo incontro intergovernativo, su una decina di argomenti, che si terrà presto, in Israele“, fa sapere Meloni.

Al Forum per le imprese, c’erano i rappresentanti di oltre 50 tra aziende ed enti italiani che hanno interessi in Israele. Si è parlato di “naturale complementarietà“: la forte vocazione manifatturiera italiana ha bisogno dell’avanguardia delle tecnologie israeliane e viceversa. Sempre più aziende italiane partecipano a gare, pubbliche e private, nell’Accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica che ha finanziato oltre 200 progetti di interesse comune. “I nostri Paesi insieme possono indicare la strada da percorrere anche perché hanno sistemi economici e produttivi complementari, particolarmente congeniali per affrontare le nuove frontiere tecnologiche”, osserva Urso. Nel 2021, l’interscambio commerciale tra Italia e Israele si è attestato a 4 miliardi di euro, con esportazioni italiane pari a 3,1 miliardi (+25,9%) e importazioni pari a 910 milioni di euro.