caldo

In arrivo l’ondata di caldo più potente dell’estate

Sedici gradi oltre la media di luglio. Questa è la previsione per sabato prossimo in Francia, tra la Normandia e Parigi, uno dei Paesi europei più colpiti dall’ondata di siccità. Normalmente le massime in queste zone sono intorno ai 26°C e questo significa che si potranno toccare i 42°C anche nel nord Europa. E in Italia? I timori che la colonnina di mercurio toccherà anche da noi quelle temperature sono fondati.

Già dal 13 luglio sul nostro Paese il termometro tornerà a salire e ci abbandonerà il più ‘fresco’ Anticiclone delle Azzorre: ma il peggio arriverà all’inizio della prossima settimana. La bolla rovente della Normandia dovrebbe infatti espandersi verso Germania, regioni alpine e poi verso il nostro settentrione: anche sulla Pianura Padana si rischierebbero i 42°C all’ombra.

Le proiezioni indicano questo scenario, ma oltre i 5/6 giorni, anche in estate, la tendenza deve essere seguita e confermata: senz’altro tornerà il caldo africano, e sicuramente questa estate correrà veloce verso il podio delle più insopportabili e roventi.

Lorenzo Tedici, meteorologo del sito www.iLMeteo.it, in questo contesto di caldo estremo, vede però anche “il bicchiere mezzo pieno” e suggerisce di godere ancora del caldo gradevole di queste giornate in compagnia dell’Anticiclone delle Azzorre: anche oggi le temperature saranno sotto la media del periodo al Centro-Sud. Inoltre, sono previsti acquazzoni diffusi lungo tutta la dorsale appenninica. Un po’ di refrigerio in montagna e localmente anche sulle zone di pianura adiacenti nel pomeriggio, con qualche rovescio anche tra Alpi e Prealpi orientali.

Una buona notizia per le prossime ore, con temperature sotto media ed acquazzoni: ma da domani è necessario prepararsi per il nuovo anticiclone africano già prepotente sulla Penisola Iberica. Sono stati raggiunti in modo diffuso i 42°C nelle zone interne ad est di Lisbona e su parte della Spagna, in Andalusia ed Estremadura, con valori in rapido aumento nel corso dei prossimi giorni.

Un modello meteorologico abbastanza attendibile prevede per martedì 19 Luglio un dato incredibile sulla Pianura Padana: anomalia positiva di +20°C rispetto alla media. Sembrerà di volare da Torino in Algeria o da Milano direttamente nel Sahara senza aver bisogno di un biglietto aereo.

(Photo credits: TIZIANA FABI / AFP)

mango

In Pakistan troppo caldo e poca acqua: crolla la produzione di mango

La produzione di mango in Pakistan è crollata del 40% a causa delle alte temperature e della mancanza d’acqua. Il frutto, con le sue due dozzine di varietà, è un alimento base durante i caldi e umidi mesi estivi. Quest’anno, però, le temperature sono aumentate bruscamente a partire da marzo, molto prima del solito. Con la conseguente ondata di caldo, le coltivazioni hanno sofferto e l’acqua per l’irrigazione, da cui dipende l’agricoltura, ha iniziato a scarseggiare.

Secondo uno studio dell’ONG Germanwatch, il Pakistan è l’ottavo Paese più minacciato da eventi meteorologici estremi, dovuti al cambiamento climatico. Inondazioni, siccità e cicloni hanno ucciso migliaia di persone nel Paese negli ultimi anni, danneggiando le infrastrutture e distruggendo i mezzi di sussistenza.

Di solito raccolgo l’equivalente di 24 camion di mango. Quest’anno ne ho solo 12“, riferisce ad AFP Fazle Elahi, contando i sacchi allineati nella sua fattoria. “Ci siamo persi“. Il Pakistan è uno dei principali paesi esportatori di mango al mondo. Nelle province del Punjab e del Sindh si raccolgono ogni anno circa due milioni di tonnellate di mango.

La quantità totale prodotta quest’anno non è ancora nota, ma nella maggior parte delle aree la produzione è diminuita del 20-40%, secondo Gohram Baloch, un alto funzionario del ministero dell’Agricoltura della provincia di Sindh.

Umar Bhugio, proprietario di molti frutteti nei pressi di Mirpur Khas – conosciuta localmente come la città del mango – riferisce che quest’anno ha utilizzato meno della metà dell’acqua che usa normalmente.

Quest’anno i coltivatori di mango hanno dovuto affrontare due problemi. Uno è stato l’aumento prematuro della temperatura e il secondo la carenza d’acqua“, spiega.

Il Pakistan è uno dei primi 10 Paesi al mondo con scarsità d’acqua, una situazione aggravata dallo stato delle infrastrutture e dalla scarsa gestione delle risorse.

(Photo credits: Rizwan TABASSUM / AFP)

siccità

Petta (Enea): “Servono informazione, infrastrutture adeguate e stop sprechi”

Come si può affrontare la siccità che sta piegando non solo il settore agricolo italiano, ma mettendo in pericolo anche industria e settore civile? “Con informazione, digitalizzazione, infrastrutture adeguate e azzeramento degli sprechi“. Lo dice Luigi Petta, ingegnere e responsabile del laboratorio tecnologie per l’uso e la gestione efficiente di acqua e reflue dell’Enea con cui GEA ha parlato per avere un quadro della situazione che, pare, diventerà sistemica nel Paese.

Questo evento siccitoso – spiega Petta – è conseguenza di una carenza di precipitazioni registrata nel corso dell’anno e soprattutto nel periodo invernale. Quello che quest’anno ha inciso maggiormente è stata la mancanza di nevicate invernali e l’assenza, principalmente per il bacino padano, di uno stoccaggio in forma nevosa che avrebbe garantito una restituzione graduale di risorse idriche verso valle“. Essendo mancato tutto questo e considerata la carenza di precipitazioni, “siamo giunti a questo livello, con fiumi quasi in secca, a livelli tipici di fine agosto. Stiamo vivendo gli effetti dei cambiamenti climatici che stanno determinando sempre di più una minore regolarità delle precipitazione. Dall’assenza si piogge si passa poi a eventi estremi, come le bombe d’acqua che hanno colpito recentemente il centro Italia. Situazioni che portano ad alluvioni e a forte stress dei sistemi fognari“.

Secondo Petta il risultato netto di questa situazione è la “riduzione di fonti idriche da cui prelevare, le acque per l’agricoltura, l’industria o gli usi residenziali che principalmente vengono da corpi idrici superficiali o falde profonde. In quest’ultimo caso, il ricorso all’acqua di falda contraddistingue più le zone del Nord Italia rispetto al Meridione.

Ma come risolvere, o mettere per lo meno una toppa a questa situazione? “Innanzitutto azzerando lo spreco di acqua. L’Italia ha una rete di distribuzione inefficiente: preleviamo 100 per portare a destinazione poco meno di 60, con perdite idriche che si assestano nell’ordine del 41,2% con picchi locali anche di oltre il 60%. È un problema strutturale che arriva da decenni di mancati investimenti“. Anche se si interviene ora è chiaro che il beneficio non sarà immediato, ci sono decine di migliaia di km di rete idrica da ripristinare. “Poi – dice Petta – è inefficiente anche l’uso che facciamo dell’acqua. L’agricoltura assorbe la metà delle risorse idriche prelevate, ma non vengono applicati sistemi di razionalizzazione dell’acqua, si utilizzano ancora vecchie tecniche irrigue; ora ci sono sistemi a goccia o superficiali che portano a un deciso risparmio della risorsa idrica perché fanno arrivare l’acqua lì dove ce n’è più bisogno, senza sprechi“. Anche il settore dell’industria non brilla per risparmio idrico: “Spesso e volentieri le aziende non si curano di risparmiare – prosegue Petta – anche perché, è bene ricordare, l’acqua è un bene che costa poco e molti la maltrattano. L’ultimo ambito di uso dell’acqua è poi quello residenziale, che assorbe il 23% del totale del consumo. Qui ci sono abitudini da correggere per consumare di meno; innanzitutto si pone il problema di favorire la contabilizzazione dei consumi idrici. Molti cittadini infatti non hanno la misura del proprio consumo idrico, lo conoscono solo in generale a livello condominiale. C’è dunque una mancata consapevolezza di quanto si sta consumando e se non so dove sto sprecando, non posso fare nulla per porvi rimedio. Quindi è fondamentale fare educazione e informazione“.

Risparmiata l’acqua, quella che resta deve poi essere utilizzata al meglio. “Bisogna quindi intervenire a livello di infrastrutture cercando di intercettare le masse d’acque, realizzando ad esempio nuovi bacini di contenimento. Poi anche la tecnologia viene in soccorso, con sistemi digitali si possono controllare tutti i processi per efficientare il processo di raccolta e distribuzione“.

Infine, l’ultimo suggerimento che viene dall’Enea, utile in campo agricolo, è quello che Petta definisce “ricorso a fonti idriche non convenzionali“, ovvero le acque reflue depurate da destinare a uso irriguo. “In questo modo – spiega – si offrirebbe all’agricoltura una risorsa costante e sarebbe una boccata d’ossigeno per tutto il sistema in periodi di crisi come questo“. In Italia però attualmente questo recupero idrico di effluenti viene effettuato solo nel 4% dei casi. “Di 100 metri cubi di di effluenti depurati, solo 4 vengono usati per questo scopo“. Esempi ci sono a Cesena, con le acque reflue recuperate e depurate (grazie alla multiservizi Hera) e destinate all’irrigazione dei campi oppure in provincia di Reggio Emilia con una sperimentazione simile del gruppo Iren.

Cingolani

Cingolani: “Completare 90% stoccaggi gas prima possibile, sarà un inverno delicato”

Crisi energetica? Un effetto di tutti gli errori commessi negli ultimi 20 anni. Il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, intervenuto all’evento di Enea ‘Azioni per la riduzione del fabbisogno nazionale di gas nel settore residenziale’, accende ancora i riflettori sulla crisi energetica. “Abbiamo deciso che era meglio non produrre gas italiano, avessimo avuto la soddisfazione di dire di aver prodotto meno gas risparmiando un danno all’ambiente, avremmo almeno potuto giustificare questa decrescita. In realtà neanche questo, il consumo di gas è rimasto invariato e la riduzione enorme di produzione nazionale l’abbiamo sostituita importandola dalla Russia“, spiega il ministro. Sottolineando la necessità di rimpiazzare i 30 miliardi di metri cubi di gas provenienti da Mosca: “Non è un’operazione che si fa in un attimo, anche se la diversificazione delle fonti è già stata fatta”, puntualizza Cingolani, ringraziando Eni “per il grande lavoro effettuato”.

L’auspicio più grande ora, spiega il titolare del Mite, è quello di “poter essere ragionevolmente indipendenti dalle forniture russe entro la seconda metà del 2024“. In ogni caso, “dobbiamo assolutamente arrivare ad avere gli stoccaggi al 90% entro gli ultimi mesi dell’anno“. Questo per non rimanere in carenza di energia il prossimo inverno. Che si preannuncia “un pochino più delicato”, dice Cingolani. Ecco perché “dobbiamo arrivare ad avere gli stoccaggi pieni il prima possibile”.

Lo scenario energetico non rimane circoscritto a stoccaggi e risparmio, ma è connesso anche all’emergenza siccità. Su questo fronte, il ministro annuncia che a breve gli italiani riceveranno una serie di messaggi, in particolare su due grandi temi: “Uno è l’acqua, perché tutti sono al corrente di quello che sta succedendo con la siccità, e l’altro è ovviamente l’energia“. I due problemi non sono affatto slegati. Infatti, la mancanza d’acqua “non consente il raffreddamento di alcune centrali termoelettriche” e “l’idroelettrico, non essendoci acqua, produce di meno. È un’azione combinata quella che dobbiamo fare – ha chiarito Cingolani – stiamo pensando di costruire una serie di comunicazioni che che danno suggerimenti di comportamento, di sobrietà nell’uso delle risorse e questo lo stiamo discutendo fra diversi ministeri: penso che sarà fondamentale lanciare questi messaggi a breve, visto che fra un po’ ci sarà la pausa estiva poi comincerà il periodo in cui consumi crescono”.

Crisi idrica, Cingolani: 2 miliardi per tappare la rete colabrodo

Due miliardi del Pnrr serviranno a “tappare il colabrodo”. Copyright di Roberto Cingolani, che proprio non usa mezzi termini per definire la rete infrastrutturale idrica del nostro Paese. Intervenendo alla tappa di Aosta di ‘Italiadomani, dialoghi sul Piano nazionale di ripresa e resilienza’, il ministro della Transizione ecologica tocca diversi temi e quello della siccità resta di strettissima attualità. “Abbiamo previsto 40 nuovi invasi, perché si calcolava che un quarto della precipitazione media annuali garantirebbe tutto il fabbisogno dell’Agricoltura: si tratta solo di raccoglierla questa pioggia. Perché anche se piove di meno, comunque piove“. Il riferimento resta il lavoro svolto sul Pnrr, che Cingolani rivendica con orgoglio: “Dopo un anno sono profondamente soddisfatto, perché abbiamo pensato bene”.

Per rendere l’idea racconta che nel Piano ci sono 4,38 miliardi per fronteggiare la crisi idrica: “Queste cose sono state pensate pensate a febbraio e marzo del 2021, quando non c’era, per mettere in sicurezza un paese che ha diversi problemi”. Ma c’è anche l’energia nelle sue riflessioni: sarebbe impossibile non parlarne. Sebbene il concetto non sia proprio inedito, Cingolani usa comunque un linguaggio chiaro, per usare un eufemismo. Perché ciò che è accaduto con la guerra in Ucraina “ci ha sbattuto in faccia vent’anni di errori nella gestione energetica in questo Paese. Poi ammette: “Sono molto duro su questo: ideologismi di tutti i tipi” il suo ‘j’accuse’. Perché “abbiamo smesso di produrre il nostro gas dicendo che era ecologicamente più sostenibile, ma poi abbiamo comprato dai russi. Ci siamo bastonati da soli”.

Il governo ha avviato con solerzia l’opera di diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Per il ministro della Transizione ecologica è una cosa buona e giusta, a prescindere dalla necessità di affrancarsi da Mosca. Anche se “importiamo ogni anno 30 miliardi di gas da un solo fornitore, quando ne consumiamo 76 miliardi ogni anno, è un po’ un suicidio”. Ad ogni modo “ne abbiamo sostituiti 25 miliardi in 8 settimane” grazie ad accordi stretti “con 6 fornitori diversi, più piccoli” e “permettendoci il lusso” di rinunciare scientemente a 5 miliardi di metri cubi perché “sappiamo già che li sostituiamo con le rinnovabili che, grazie al Pnrr, abbiamo accelerato con le semplificazioni”. Per inciso “ad oggi, nei primi sei mesi di quest’anno, le richieste di nuovi allacciamenti sono oltre miliardi di watt, 9 gigawatt”.

Cingolani veicola un altro messaggio: a parte che “non ho mai fatto politica e non voglio farla”, ma “andrebbe fatto uno sforzo, ogni anno, destinando il 2% del Pil, che è in mano ai ministeri, per indirizzarlo su programmi di lungo termine. Al di là del colore politico”. Lo ha detto anche al premier, Mario Draghi, ieri, durante una riunione del Comitato interministeriale sulla Transizione ecologica. L’esempio è il Pnrr. Chissà se (e da chi) sarà ascoltato il suo suggerimento.

irrigazione

Siccità, da Consiglio dei ministri ok a stato di emergenza per 5 regioni

Un Consiglio dei ministri lampo, durato circa dieci minuti, per dare l’ok allo stato di emergenza, in relazione alla situazione di deficit idrico in atto nei territori delle Regioni e delle Province Autonome ricadenti nei bacini distrettuali del Po e delle Alpi orientali, per cinque regioni: Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Veneto. Lo stato di emergenza è volto a fronteggiare con mezzi e poteri straordinari la situazione in atto, con interventi di soccorso e assistenza alla popolazione interessata, e al ripristino della funzionalità dei servizi pubblici e delle infrastrutture di reti strategiche. Per far fronte ai primi interventi sono stati stanziati 36,5 milioni di euro a carico del Fondo per le emergenze nazionali. La ripartizione vede andare 10,9 milioni di euro alla Regione Emilia Romagna, 4,2 milioni al Friuli Venezia Giulia, 9 milioni alla Lombardia, 7,6 milioni al Piemonte e 4,8 milioni al Veneto.

Le Regioni finora hanno fatto un ottimo lavoro e il confronto in Conferenza va avanti, ma questa crisi idrica impone un intervento nazionale”, ha commentato subito dopo il Consiglio dei ministri la titolare del dicastero per gli Affari regionali e le Autonomie Mariastella Gelmini. “Abbiamo il dovere di affrontare la mancanza di acqua con grande realismo, evitando di alimentare nuove divisioni tra territori o tra interessi diversi. Servono soluzioni immediate, a partire dalla priorità di garantire acqua potabile a tutti i cittadini, senza dimenticare però il comparto agricolo. Abbiamo il dovere di salvaguardare i raccolti, le aziende, i sacrifici di una vita di tanti agricoltori e produttori italiani“, ha aggiunto, spiegando che “la carenza idrica di queste ultime settimane, inoltre, non ha fatto altro che esacerbare una situazione già piuttosto critica nel nostro Paese: da decenni non vengono realizzati nuovi invasi e dighe, facciamo i conti con infrastrutture obsolete o acquedotti colabrodo“. Ecco che, quindi, vanno colte le opportunità del Pnrranche per affrontare il tema della gestione dell’acqua in modo strutturale“, visto che “nel Piano sono previsti 2 miliardi e 800 milioni euro per interventi al sistema di distribuzione delle acque, per la riparazione e l’ammodernamento delle reti idriche, ma anche investimenti sui sistemi irrigui per garantire all’agroalimentare una maggiore e più costante disponibilità di acqua. Sarà fondamentale dotarsi di un sistema avanzato di monitoraggio e previsione, utile per mitigare e gestire meglio il rischio idrogeologico. Tutto questo ci permetterà di salvaguardare la risorsa idrica di cui disponiamo e di rendere il Paese più resiliente ai cambiamenti climatici, proteggendo la natura e le biodiversità”.

irrigazione

Troppa acqua per irrigazione: tecnologia in soccorso dell’agricoltura

È braccio di ferro in queste settimane tra agricoltori e Autorità di bacino per i prelievi dai fiumi del Nord, ridotti ormai ai minimi termini causa siccità, per irrigare i campi. La richiesta di acqua è costante anche per salvare il primo raccolto. Ma i sistemi di irrigazione utilizzati sono efficienti? Utilizzano bene l’acqua senza sprecarla inutilmente? Gea ne ha parlato con l’azienda ‘Scarabelli irrigazione‘ di Bologna, attiva dal 1977 nel campo dell’irrigazione in agricoltura (che genera circa il 40 % del loro fatturato), in quella ornamentale e in quella dello sport (campi da golf, calcio e tennis). “In agricoltura – spiega il responsabile dei sistemi di irrigazione in agricoltura dell’aziendai sistemi di irrigazione sono sostanzialmente tre: quello a goccia, che spreca meno di tutti, va infatti a segno il 92% dell’acqua utilizzata; poi quello pivot, che garantisce il 70-75% dell’acqua utilizzata e infine quello a pioggia tradizionale, con appena il 55-60% dell’acqua che finisce nei campi“.

Il sistema a goccia è in sostanza una rete di piccoli tubi che corre sul terreno a fianco delle piante; con questo sistema l’acqua finisce direttamente nella terra e nelle radici, sprecandone appena l’8%. I pivot sono invece quei grandi ‘castelli’ metallici con le ruote che spruzzano acqua dall’alto sprecandone circa il 25%. Infine i sistemi a pioggia sono una sorta di cannoni spara acqua che innaffiano dall’alto, ma poco precisi. A tutti infatti è capitato di vedere questi sistemi di irrigazione che sparano acqua sulla strada o getti deviati dal vento. Quelli a pioggia infatti disperdono circa il 45% dell’acqua che utilizzano.

Quindi, non si potrebbero utilizzare i sistemi a goccia per tutti i terreni e tutte le coltivazioni?
In teoria sì – continua l’esperto – non ci sono infatti coltivazioni che prediligono un sistema irriguo rispetto a un altro, quindi quello a goccia sarebbe ideale dal punto di vista del risparmio idrico. C’è da dire però che il sistema a goccia è fisso; una volta sistemato sul terreno, non si può spostare. I pivot e quelli a pioggia invece si possono spostare a piacimento. Alcuni agricoltori poi prediligono l’irrigazione dall’alto per determinate colture, penso ad esempio l’insalata, per poter bagnare anche le foglie“.

Per contribuire a evitare sprechi d’acqua anche in agricoltura viene però in aiuto la tecnologia. Scarabelli, infatti, ha studiato, tra le altre cose, due sistemi intelligenti per irrigare in modo quasi chirurgico. Il primo metodo è un sistema di sensoristica: in pratica ci sono dei sensori nei terreni che avvertono l’agricoltore sullo stato di salute del terreno e lo invitano ad irrigare determinate aree del campo. Questo sistema, però, dovrebbe essere posizionato in maniera capillare: “Il campo infatti – prosegue il dirigente – non è uniforme, cioè non è formato dappertutto dallo stesso tipo di terreno. I sensori dunque, per essere efficaci, dovrebbero essere sistemati in maniera adeguata e diffusa“.

L’altro sistema è invece ‘un occhio dall’alto’, ovvero il sistema Irreo, una startup innovativa, sul mercato da un anno e mezzo, realizzata dai soci Andrea Pomente e Luca Calacci, di cui Scarabelli è distributore in Italia. Si tratta di un monitoraggio satellitare dei campi agricoli; grazie a una app o a un sito internet, a sistemi software e hardware, l’agricoltore può monitorare lo stress delle colture dei propri campi, controllare le previsioni meteo e programmare l’irrigazione in maniera ottimale. Irreo è totalmente basato su dati satellitari e non necessita di alcun tipo di installazione, non servono sensori da predisporre e non va fatta manutenzione; basta avere a portata di mano un computer o uno smartphone. Questo sistema aumenta l’efficienza irrigua, eliminando sprechi d’acqua e riducendo gli stress idrici e in più l’agricoltore sarà in grado di analizzare lo stato di salute delle colture, il livello dell’umidità del suolo, l’evapotraspirazione e l’andamento bioclimatico sul terreno. In questo modo non servirà irrigare random il terreno, ma si procederà in maniera precisa per ottenere i migliori risultati, evitando lo spreco dell’acqua.

Dal Governo è in arrivo il decreto contro la siccità. Ok a piani emergenza Regioni

Mentre l’Italia è ancora stretta nella morsa della siccità, il Governo si prepara a dare l’ok da lunedì ai piani di emergenza delle Regioni e a “intervenire per limitare gli effetti nefasti”, per dirla con le parole della ministra per gli Affari regionali e le autonomie Mariastella Gelmini. E’ proprio lei ad annunciare che “nei prossimi giorni il Consiglio dei ministri prenderà decisioni importanti e coraggiose”. In Cdm, in effetti, potrebbe approdare il decreto per il contrasto alla siccità. E nella bozza che GEA ha visionato si parla della nomina di un Commissario straordinario per il contrasto e la prevenzione della siccità, che potrebbe, a sua volta, nominare uno o più subcommissari, coordinare gli interventi e avere potere di spesa per fronteggiare l’emergenza. Già in conferenza stampa giovedì, dopo il Consiglio dei ministri, il presidente Mario Draghi aveva confermato l’impegno del Governo che “è al lavoro con la massima urgenza per intervenire contro la terribile siccità che ha colpito il nostro Paese, in particolare l’agricoltura nel Centro-Nord”.

Le regioni attendono, ma non possono farlo a lungo. A partire dalla Lombardia, dove il governatore Attilio Fontana segna una deadline: “La situazione se non piove è preoccupante. Noi possiamo andare avanti fino al 9 per l’irrigazione, non oltre”. Questo per quanto riguarda l’agricoltura, mentre “per l’uso civico non abbiamo mai dichiarato che ci siano dei problemi. Certo, bisogna invitare la gente a usarla con più logica e non sprecarla. Perché se andiamo avanti così potrebbe succedere, ma per ora problemi per l’utilizzo potabile non ce ne sono”.

Per ora, appunto, le criticità riguardano il mondo dell’agroalimentare. Le stime di Coldiretti valutano danni che “hanno superato i 3 miliardi di euro. E la crisi idrica spinge immancabilmente i prezzi al carrello: +10,8% per la frutta, +11,8% per la verdura. E a poco servono le piogge che negli ultimi giorni hanno interessato alcune zone d’Italia. Anzi, tempeste e grandinate rischiano di peggiorare ancora un momento già critico, con la distruzione di colture soprattutto nel Torinese. Difficile pensare che da oggi a lunedì la situazione possa migliorare, viste le temperature da bollino rosso previste dal ministero della Salute in tutto lo Stivale. Ma il Governo, per voce di Gelmini, è chiaro: “Faremo tutto ciò che è in nostro potere per superare questa situazione emergenziale“.

ONDATA DI CALDO

Weekend di fuoco con Caronte, ma poi arriva la pioggia

La parentesi di pioggia di giovedì sera non è stata sufficiente: Caronte si rinforza e torna prepotente su tutta l’Italia riportando 38-40°C diffusi, domenica anche a Roma. Il caldo sarà opprimente, ma per la prima volta da tanto tempo, le previsioni portano un po’ di ottimismo. Dopo un weekend di fuoco le temperature caleranno e arriverà la tanto attesa pioggia.

Il giorno della svolta dovrebbe essere mercoledì 6 luglio quando il probabile cedimento di Caronte favorirà un calo termico e porterà temporali sparsi al nord, anche in Pianura Padana. L’aria più fresca ed instabile in arrivo dall’Atlantico scivolerà poi verso il centro nella giornata successiva e arriverà anche al sud dove potrebbe causare anche piogge persistenti. Il weekend tra l’8 e il 10 luglio potrebbe essere addirittura caratterizzato da maltempo diffuso al sud e su parte delle regioni del medio Adriatico.

Antonio Sanò, direttore del sito www.iLMeteo.it , conferma la ‘scaldata’ repentina con Caronte anche al nord, dopo i temporali degli ultimi giorni. Le temperature in Pianura Padana toccheranno i 38-39°C all’ombra fino a martedì, con un alto tasso di umidità. Al centro e al sud, come è successo negli ultimi giorni, il termometro sfiorerà i 45°C o addirittura li oltrepasserà.

La cappa asfissiante terrà prigioniero il Paese fino a metà della prossima settimana poi potrebbe arrivare aria più fresca e una perturbazione da nord-ovest. All’orizzonte sembra profilarsi anche la discesa di aria polare direttamente dalla Finlandia verso le regioni adriatiche.

fiume Tevere

Emergenza siccità, Draghi: “Dispersioni straordinarie, ora grande piano acqua”

La grande sete corre verso Sud. L’epicentro della siccità si è spostato dal Nord (dove la situazione resta comunque da monitorare) al Centro Italia. “Il governo è al lavoro e da lunedì siamo pronti ad approvare i piani di emergenza regionali“, assicura il premier, Mario Draghi.

Il momento è drammatico. Per “il bacino Padano si tratta della crisi idrica più grande degli ultimi 70 anni“, ricorda il presidente del Consiglio. La crisi però non è dovuta soltanto a un deficit di pioggia degli ultimi tre anni, ma anche a una serie di cause strutturali, ammette: “La cattiva manutenzione dei bacini, la cattiva manutenzione della rete“. Le dispersioni di acqua, afferma, sono “a un livello straordinario, circa il 30%. Tanto per rendere l’idea, in Israele è del 3%, in altri Paesi europei il 5, 6, 8%“. Il piano di emergenza occorrerà, ma servirà anche, e con urgenza, un piano per ovviare alle carenze infrastrutturali. Draghi parla di un ‘grande piano dell’acqua’: “C’è già nel Pnrr: sono stati stanziati 4 miliardi per questo” ma gli stanziamenti saranno aumentati e si arriverà a un “coordinamento massiccio” dei tanti enti preposti all’amministrazione dell’acqua. “Il governo non può far piovere, ma sta facendo tutto quello che può“, gli fa eco il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli.

A soffrire maggiormente, al momento, sono le Marche, dove ormai si rischia il razionamento degli approvvigionamenti, avverte l’osservatorio sulle risorse idriche dell’Anbi. Nelle zone di Ascoli Piceno e Fermo la condizione di siccità è estrema: i volumi d’acqua, trattenuti negli invasi, calano di 1 milione di metri cubi a settimana per riuscire a dissetare le campagne e tutti i fiumi hanno portate inferiori alle annate scorse.

Non va meglio in Toscana, dove il 90% del territorio è in una condizione di siccità estrema, la riduzione delle portate dei fiumi non si ferma: il Bisenzio è quasi azzerato (0,30 metri cubi al secondo contro una media di mc/sec 2,42) e l’Ombrone è trasformato in un “rigagnolo” da 500 litri al secondo, denuncia l’Anbi.

Per l’associazione, anche nel Lazio la situazione è “drammatica”. A Roma, dall’inizio dell’anno, è piovuto il 63% in meno e nella provincia si sono registrati, in pochi giorni, 496 interventi dei vigili del fuoco per spegnere gli incendi. L’Aniene è praticamente dimezzato rispetto alla portata media, il Tevere registra livelli più bassi anche del 2017, Liri e Sacco il dato più basso in anni recenti, il lago di Nemi è di oltre 1 metro più basso del 2021 e Bracciano è a -32 centimetri dal livello dello scorso anno.

Più a Sud, dalla Basilicata in una settimana sono stati prelevati oltre 11 milioni di metri cubi d’acqua dagli invasi, le cui disponibilità idriche stanno segnando un deficit di circa 37 milioni di metri cubi sull’anno scorso. Resta, invece, ancora positivo il bilancio dei principali bacini pugliesi, nonostante un prelievo settimanale superiore ai 14 milioni di metri cubi. In Campania, tutti i fiumi sono in deficit rispetto allo scorso anno, mentre in Abruzzo è la zona di Chieti a soffrire maggiormente per la mancanza d’acqua.

Al Nord invece è tornata la pioggia, che ha permesso in Valle d’Aosta di arricchire la portata della Dora Baltea e di dare sollievo alla portata del Po, che a Pontelagoscuro è risalita a 200 metri cubi al secondo, quando comunque l’allarme cuneo salino scatta già a 450 metri cubi al secondo (l’ingressione marina è ormai segnalata a 30 chilometri dalla foce). L’incremento di portata non risolve comunque il problema del gravissimo deficit idrico nel Grande Fiume, “ma scongiura, per ora, lo stop ai prelievi, che comporterebbe enormi danni all’agricoltura“.

Tornano, anche sul Piemonte, le piogge a macchia di leopardo: più abbondanti sul bacino del fiume Sesia, meno intense su quello del Tanaro.

L’Osservatorio crisi idriche dall’Autorità Distrettuale del fiume Po-Ministero della Transizione Ecologica ha stabilito una riduzione del 20% dei prelievi irrigui a livello distrettuale rispetto ai valori medi dell’ultima settimana e un aumento dei rilasci dai grandi laghi alpini (Maggiore, Como, Iseo, Idro e Garda) pari al 20% rispetto al valore di oggi. Le misure serviranno a contrastare la risalita del cuneo salino nelle acque superficiali e sotterranee riducendo, allo stesso tempo, i rischi di potenziali impatti negativi sullo stato ambientale dei corpi idrici.

Il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, garantisce che con le operazioni che messe in campo, per l’agricoltura ci sarà acqua sufficiente fino all’8-9 luglio. “Poi se non dovesse piovere fino a quella data è chiaro che si porrà un altro problema“, afferma. Per quanto riguarda l’acqua per uso civile, per ora scongiura problemi immediati: “Dobbiamo monitorare la situazione e muoverci a seconda delle condizioni climatiche. C’è bisogno che piova“.

In Piemonte il governatore Alberto Cirio ha istituito un tavolo permanente per combattere la situazione. L’iniziativa va ad aggiungersi, con funzioni di coordinamento, alle altre misure messe in campo dalla Regione: richiesta dello stato di emergenza per l’intero territorio e dello stato di calamità per l’agricoltura, rilascio di acque dai bacini utilizzati per produrre energia idroelettrica a supporto dell’irrigazione delle colture e deroga al minimo deflusso vitale dei fiumi.