Energia, nel 2023 capacità solare europea a 260 GW. Ue: “E’ la fonte più accessibile per famiglie”

L’energia solare è la fonte energetica in più rapida crescita nell’Ue: nel 2023 la capacità di generazione ha raggiunto, secondo SolarPower Europe, una stima di 259,99 GW. A dirlo è la Direzione generale per l’Energia della Commissione europea in un approfondimento. “Il costo dell’energia solare è diminuito dell’82% tra il 2010 e il 2020, rendendola la fonte di elettricità più competitiva in molte parti dell’Ue”, ha scritto la Dg. Inoltre, “la sua distribuzione accelerata contribuisce a ridurre la dipendenza dell’Ue dai combustibili fossili importati” ed “è l’energia rinnovabile più accessibile per le famiglie e contribuisce a proteggere i consumatori dai prezzi volatili dell’energia”.

Nel maggio 2022, la Commissione europea, come parte del piano RepowerEu, ha adottato una strategia dell’Ue per l’energia solare, che identifica le barriere e le sfide rimanenti nel settore e delinea iniziative per superarle e accelerarne la realizzazioni: l’obiettivo dell’Ue è arrivare a fornire oltre 320 GW di energia solare fotovoltaica entro il 2025 e quasi 600 GW entro il 2030. Insieme al piano, la Commissione ha anche presentato una serie di iniziative sui processi di autorizzazione per i progetti di energia rinnovabile. ‘L’iniziativa europea sui tetti solari’, che contiene una proposta per introdurre gradualmente un obbligo di predisposizione solare per i nuovi edifici e, per gli edifici pubblici esistenti, un’installazione graduale, dal 2027, “laddove sia tecnicamente, economicamente e funzionalmente fattibile”.

Il ‘Partenariato di competenze su larga scala dell’Ue’, con l’obiettivo di colmare il divario di competenze nell’Ue e promuovere lo sviluppo di una forza lavoro qualificata nel settore delle energie rinnovabili. ‘L’Alleanza dell’industria solare fotovoltaica dell’Ue’, che è “un forum per le parti interessate del settore”. Infine, il 15 aprile 2024, i ministri dell’Energia di 23 Paesi dell’Ue, i rappresentanti dell’industria e la commissaria Ue Kadri Simson hanno firmato una Carta solare europea che stabilisce una serie di azioni volontarie da intraprendere per sostenere il settore fotovoltaico dell’Ue.

“Anno dopo anno, il fotovoltaico rappresenta una quota maggiore del mix energetico dell’Ue. Nel 2021, la produzione di elettricità fotovoltaica dell’Ue ha rappresentato il 5,5% della produzione lorda di elettricità dell’Ue. Nei prossimi decenni si prevede una crescita continua del settore dell’energia solare, guidata sia da installazioni su larga scala che da un aumento dell’autoconsumo basato su installazioni fotovoltaiche sui tetti”, ha sottolineato la Dg Energia. E l’energia solare “crea anche posti di lavoro direttamente: la forza lavoro del settore fotovoltaico è cresciuta del 39% a 648.100 entro la fine del 2022, rispetto ai 466 mila lavoratori del 2021”, cosa che anticipa “le precedenti previsioni di raggiungere oltre 1 milione di lavoratori nel settore solare entro il 2030 per raggiungere potenzialmente tale cifra già nel 2025, secondo l’EU Solar Jobs Report 2023 di SolarPower Europe”. Proprio in questo contesto, come parte del Net-Zero Industry Act dell’Ue, a giugno 2024 è stata lanciata l’Accademia solare europea con lo scopo di sviluppare contenuti e programmi di apprendimento insieme all’industria, per garantire competenze e forza lavoro sufficienti nella catena del valore. L’obiettivo è formare 100 mila lavoratori in 3 anni.

rinnovabili

Cina pigliatutto: la sua capacità rinnovabile è doppia rispetto a tutto il resto del mondo

La Cina sta consolidando la sua posizione di leader mondiale nel settore delle energie rinnovabili, costruendo attualmente il doppio della capacità eolica e solare rispetto al resto del mondo. Il gigante asiatico, con la sua enorme popolazione (1,4 miliardi di persone) e il suo status di Paese manifatturiero, è il maggior emettitore mondiale di gas serra, che secondo gli scienziati stanno accelerando il cambiamento climatico. La Cina si è impegnata a stabilizzare o ridurre le proprie emissioni entro il 2030 e a diventare carbon neutral entro il 2060.

Per questo sta sviluppando fortemente la sua capacità rinnovabile: attualmente sta costruendo altri 180 gigawatt (GW) di energia solare e 159 GW di energia eolica, secondo uno studio dell’organizzazione americana Global Energy Monitor (GEM).

Secondo il rapporto, questi 339 GW “rappresentano il 64% dell’energia solare ed eolica” che è “attualmente in costruzione” sul pianeta, quasi il doppio del resto del mondo messo insieme. La Cina è seguita da Stati Uniti (40 GW), Brasile (13 GW), Regno Unito (10 GW) e Spagna (9 GW), secondo GEM, un’organizzazione che elenca i progetti di energia fossile e rinnovabile in tutto il mondo.

I 339 GW rappresentano un terzo della nuova capacità totale di energia eolica e solare annunciata dalle autorità nazionali e per la quale è stata effettivamente avviata la costruzione, “superando di gran lunga” la media globale (7%), osserva lo studio. “Il sorprendente contrasto tra queste due percentuali illustra la natura molto proattiva della Cina per quanto riguarda i suoi impegni nella costruzione di progetti di energia rinnovabile”, sottolinea la ricerca.

Tuttavia, per soddisfare la crescente domanda di elettricità, la Cina fa ancora molto affidamento sulle centrali elettriche a carbone, un combustibile fossile altamente inquinante. Inoltre, ha difficoltà a trasportare parte dell’energia rinnovabile prodotta nelle regioni remote verso i centri economici densamente popolati dell’est. Tuttavia, secondo GEM, quest’anno la capacità combinata di energia eolica e solare in Cina dovrebbe superare quella del carbone. Secondo lo studio, questa rapida espansione delle energie rinnovabili fa sperare che le emissioni cinesi raggiungano il picco prima del previsto.

In un rapporto diverso pubblicato giovedì, il Centro per la ricerca sull’energia e l’aria pulita (Crea), un istituto di ricerca con sede in Finlandia, afferma inoltre che la Cina non ha rilasciato alcun nuovo permesso per progetti di acciaierie a carbone nella prima metà del 2024.

Secondo lo studio, che parla di un possibile “punto di svolta”, questo è il primo semestre in cui non sono state rilasciate autorizzazioni dal settembre 2020, quando la Cina ha annunciato i suoi impegni sulle emissioni per il 2030 e il 2060. “Con la domanda di acciaio in Cina che sta raggiungendo il picco”, c’è “un potenziale significativo per eliminare gradualmente la produzione a base di carbone, che rappresenta un’opportunità significativa per ridurre le emissioni nei prossimi 10 anni“, afferma il Crea.

fotovoltaico

Investimenti in energia ‘green’ doppiano i fossili: boom sul solare

Gli investimenti globali nell’energia pulita raggiungeranno quasi il doppio dell’importo destinato ai combustibili fossili nel 2024, grazie al miglioramento delle catene di approvvigionamento e alla riduzione dei costi per le tecnologie pulite. Su tutti, gli investimenti sul solare potrebbero superare quelli destinati a tutte le altre fonti ‘green’ di produzione di elettricità. E’ quanto prevede l’ultima edizione del rapporto annuale World Energy Investment della Aie, l’Agenzia internazionale per l’energia. Si prevede infatti che, nonostante l’aumento dei tassi di interesse, che frenano nuovi progetti, gli investimenti energetici totali a livello mondiale supereranno per la prima volta i 3.000 miliardi di dollari nel 2024, con circa 2.000 miliardi di dollari destinati a tecnologie pulite, tra cui energie rinnovabili, veicoli elettrici, energia nucleare, reti, stoccaggio, combustibili a basse emissioni, miglioramenti dell’efficienza e pompe di calore. Il resto, poco più di mille miliardi di dollari, sarà destinato al carbone, al gas e al petrolio. Nel 2023, gli investimenti combinati in energia rinnovabile e reti hanno superato per la prima volta l’importo speso in combustibili fossili.

Nel dettaglio, si prevede che gli investimenti “nella tecnologia solare fotovoltaica supereranno i 500 miliardi di dollari nel 2024, superando tutte le altre fonti di produzione (elettrica) messe insieme”. Secondo l’Aie, il costo dei pannelli fotovoltaici è diminuito del 30% negli ultimi due anni.

Gli investimenti nell’energia pulita stanno stabilendo nuovi record, anche in condizioni economiche difficili, evidenziando le dinamiche della nuova economia energetica globale”, ha affermato Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Aie che, tuttavia, rileva “notevoli squilibri negli investimenti”. Escludendo il colosso cinese, i 300 miliardi di dollari previsti nel 2024 nelle economie emergenti e in via di sviluppo sono ben al di sotto di “quanto è necessario per soddisfare la crescente domanda di energia in molti di questi paesi”. “Dobbiamo fare di più affinché gli investimenti vadano dove sono più necessari”, sostiene Birol.

La Cina è destinata a rappresentare la quota maggiore di investimenti in energia pulita nel 2024, raggiungendo una stima di 675 miliardi di dollari. Ciò è il risultato di una forte domanda interna in tre settori in particolare: solare, batterie al litio e veicoli elettrici. Seguono l’Europa e gli Stati Uniti, con investimenti nell’energia pulita rispettivamente di 370 miliardi e 315 miliardi di dollari. Queste tre principali economie da sole rappresentano più di due terzi degli investimenti globali nell’energia pulita, sottolineando le disparità nei flussi di capitali internazionali nel settore energetico. Oltre alle sfide economiche, le reti e lo stoccaggio dell’elettricità hanno rappresentato un vincolo significativo per le transizioni verso l’energia pulita, segnala il rapporto. Ma la spesa per le reti è in aumento ed è destinata a raggiungere i 400 miliardi di dollari nel 2024, dopo essere rimasta bloccata a circa 300 miliardi di dollari all’anno tra il 2015 e il 2021. L’aumento è in gran parte dovuto a nuove iniziative politiche e finanziamenti in Europa, Stati Uniti, Cina e alcuni paesi dell’America Latina.

Gli stati e le aziende stanno accelerando gli investimenti nelle energie pulite per ridurre le emissioni di gas serra derivanti dai combustibili fossili, che riscaldano il pianeta. Secondo l’Aie, gli investimenti dovrebbero essere raddoppiati per triplicare la capacità delle energie rinnovabili entro il 2030.

Dal carbone alle rinnovabili: il magnate indiano Adani rende green la sua fortuna

Nel bel mezzo del deserto, al confine con il Pakistan, Gautam Adani sta costruendo il più grande parco di energie rinnovabili del mondo. Un investimento nel futuro per l’uomo più ricco dell’Asia, che ha costruito la sua fortuna principalmente sul carbone. Sotto un sole cocente, migliaia di operai ‘coltivano’ file di pannelli solari, preparano il terreno per le future turbine eoliche e srotolano cavi infiniti per alimentare il tutto. A Khavda, il Parco delle Energie Rinnovabili coprirà ben 726 km2, quasi la dimensione di New York. Quando sarà completato nel 2027, dovrebbe generare 30 gigawatt di energia solare ed eolica: 17 GW da parte di Adani, il resto da altre aziende. Abbastanza per dare energia a 18 milioni di persone. Il parco dovrebbe produrre addirittura un terzo in più della Diga delle Tre Gole in Cina, il più grande sito energetico del mondo. Secondo Gautam Adani, che nel 2022 è diventato per breve tempo il secondo uomo più ricco del mondo con una fortuna di 154 miliardi di dollari, l’impianto sarà “visibile anche dallo spazio“.

I critici del magnate affermano che la sua ascesa è stata in gran parte favorita dal primo ministro Narendra Modi. Un anno fa, il suo gruppo è stato accusato di “spudorata manipolazione” delle proprie azioni e di “frode contabile per diversi decenni” dalla società di investimento statunitense Hindenburg Research. Il valore dell’impero è crollato di oltre 150 miliardi di dollari, ma il gruppo ne ha recuperato la maggior parte e, da allora, l’imprenditore 61enne ha speso ingenti somme in progetti di transizione energetica. L’India è il terzo maggior emettitore di CO2 e il governo Modi si è ripetutamente espresso contro la graduale eliminazione del carbone.

Il parco per le energie rinnovabili di Khavda è il fulcro di Adani Green Energy Limited, di cui la francese TotalEnergies ha acquisito una quota del 19,7% per 2,5 miliardi di dollari nel 2021. Il porto commerciale di Mundra, il più grande dell’India e gestito da un altro ramo dell’impero Adani, produce componenti chiave per la sua futura offensiva nel settore delle energie rinnovabili, tra cui eliche di turbine eoliche lunghe 80 metri. “Stiamo creando uno dei più grandi e integrati ecosistemi di energia rinnovabile al mondo per il solare e l’eolico“, ha scritto Gautam Adani su X, dove si descrive come un “orgoglioso indiano“. L’ambizione di Nuova Delhi è di creare 500 gigawatt di capacità di energia rinnovabile entro il 2030 per soddisfare metà del suo fabbisogno. Adani, che respinge le accuse di Hindenburg, ha dichiarato che investirà circa 100 miliardi di dollari in questa transizione energetica. Tuttavia, l’India sta anche pianificando di aumentare la sua capacità di produzione di energia a carbone e non intende essere neutrale dal punto di vista delle emissioni di carbonio fino al 2070.

Secondo Ashok Malik della società di consulenza Asia Group, il Gruppo Adani è “seduto su asset molto solidi” e “riflette le ambizioni, le speranze e la strategia dell’India“. “È perfettamente sensato che una società che è coinvolta solo nel settore energetico indiano inizi a guardare alle energie pulite e rinnovabili come una via d’uscita dal carbone, anche se il carbone non sparirà del tutto“, ha dichiarato l’esperto all’AFP. Al Khavda Park, gli operai indossano elmetti e giubbotti di segnalazione e lavorano con il volto coperto per proteggersi dal sole cocente e dalla sabbia pungente. Un manager non autorizzato a parlare con i media ha comunque dichiarato che le condizioni erano “difficili“. Il sito dista circa 75 km dal villaggio più vicino e sei km dal confine militarizzato con il Pakistan. Un altro dirigente ha detto che le sottounità dell’impianto saranno in grado di funzionare autonomamente “nel caso in cui la sala di controllo centrale diventi inoperante“.

Progetti di questo tipo hanno spesso un costo ambientale elevato, ma l’ambientalista Mahendra Bhanani fa notare che il parco energetico è situato lontano dagli insediamenti umani e da siti rinomati per la loro biodiversità. “L’energia solare è meglio di molte industrie chimiche inquinanti“, afferma, chiedendo uno studio.

Raddoppiata l’installazione impianti solari in Italia: ingresso nella top 3 europea

Nel 2023 l’energia solare nell’Unione Europea ha registrato un altro record, raggiungendo 55,9 GW installati, una crescita del 40% rispetto all’anno precedente e addirittura un raddoppio del mercato in soli due anni. Un risultato che vede per il terzo anno consecutivo il settore del Vecchio Continente superare il picco precedente, mantenendo un costante trend di crescita annuale di almeno il 40%. I numeri escono dall’ultimo European Market Outlook di SolarPower Europe, l’associazione che rappresenta gli operatori fotovoltaici.

A livello di singoli Paesi, la Germania riemerge come il principale mercato solare, installando 14,1 GW e superando il record italiano stabilito nel lontano 2012. A seguire, la Spagna con 8,2 GW e, in una sorprendente ascesa, l’Italia entra nella top 3 con l’installazione di 4,8 GW. La Polonia (4,6 GW) e i Paesi Bassi (4,1 GW) chiudono la top 5, mentre la Francia esse dalle migliori cinque proprio a causa dell’eccezionale performance italiana. Nel dettaglio, ben 20 Stati membri dell’UE hanno sperimentato il loro miglior anno solare nel 2023 e 25 hanno installato più energia solare rispetto all’anno precedente. Salgono a 14 i Paesi che hanno superato la soglia di 1 GW di installazioni annuali, contrapponendosi ai 10 del 2022, spiega il report.

L’analisi di SolarPower Europe sottolinea che l’Italia è stata uno dei protagonisti di questa crescita, con un aumento significativo da 2,5 GW nel 2022 a notevoli 4,9 GW nel 2023. Questo exploit, quasi il doppio delle installazioni dell’anno precedente. Non tutto però è filato liscio. Il segmento residenziale, tradizionalmente un motore trainante del mercato grazie agli incentivi Superbonus, ha subito una flessione. Le installazioni residenziali sono scese da un picco di 200 MW a marzo a 153 MW a ottobre, anche se mantengono una significativa quota di circa il 40% nella crescita complessiva. E’ il settore C&I (commercio e industria) ad aver assunto un ruolo preponderante, contribuendo con circa il 43% della capacità installata nel 2023. Una tendenza che suggerisce una trasformazione nella dinamica di crescita del mercato solare italiano. E guardando al futuro, le prospettive prevedono un ulteriore aumento della capacità solare, passando da 29,5 GW nel 2023 a 56,7 GW nel 2027, con un tasso medio di crescita annua dell’18% nettamente superiore alla media europea.

Infatti “secondo il nostro scenario medio – sottolinea l’European Market Outlook di SolarPower Europe – il solare continuerà la sua traiettoria ascendente nel 2024, raggiungendo i 62 GW ma con un aumento annuo dell’11%. Questo tasso di crescita moderato è influenzato da una diminuzione della domanda residenziale, che era aumentata nei due anni precedenti a causa della crisi energetica. Allo stesso tempo, si prevede che i miglioramenti legislativi richiederanno 1 o 2 anni o più prima che gli impatti sugli sviluppi di impianti di pubblica utilità possano diventare evidenti. La nostra ricerca – prosegue il report – mostra che l’energia solare su tetto dominerà il mercato, anche se evolverà gradualmente nei prossimi 4 anni”.

C’è poi un ultimo aspetto non incoraggiante per l’Europa, sottolineato dall’associazione europea del fotovoltaico. Mentre la produzione di celle solari e moduli ha registrato un incremento significativo nel 2023, con un aumento del 59% rispetto al 2022, si evidenzia che meno del 2% della domanda europea di energia solare potrebbe essere soddisfatto dalla produzione europea di solare fotovoltaico. Questo solleva interrogativi sulle dinamiche della produzione e sulla dipendenza dal mercato globale per soddisfare la crescente domanda di energia solare nell’Unione Europea.

Energia, svolta green: nel 2023 gli investimenti in solare superano quelli del petrolio

Gli investimenti nelle tecnologie per l’energia pulita stanno superando significativamente la spesa per i combustibili fossili poiché i problemi di accessibilità e sicurezza innescati dalla crisi energetica globale rafforzano lo slancio verso opzioni più sostenibili. E’ quanto emerge da un nuovo rapporto dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie), secondo il quale nel 2023 gli investimenti globali nell’ambito dell’energia green saranno pari a 1,7 miliardi di dollari, con il solare destinato a eclissare il petrolio per la prima volta nella storia. Complessivamente quest’anno gli investimenti energetici – in rinnovabili e non – saranno pari a circa 2,8 miliardi.

Gli investimenti nelle energie green riguarderanno rinnovabili, veicoli elettrici, nucleare, reti, stoccaggio, combustibili a basse emissioni, miglioramenti dell’efficienza e pompe di calore. Il resto, poco più di un miliardo miliardi di dollari, andrà a carbone, gas e petrolio. Secondo i dati dell’Aie, le risorse annuali dedicati all’energia pulita aumenteranno del 24% tra il 2021 e il 2023, trainati da fonti rinnovabili e veicoli elettrici, rispetto a un aumento del 15% degli investimenti in combustibili fossili nello stesso periodo. Ma oltre il 90% di questo aumento proviene dalle economie avanzate e dalla Cina, presentando, scrive l’Agenzia nel rapporto, “un serio rischio di nuove linee di demarcazione nell’energia globale se le transizioni energetiche pulite non si svilupperanno altrove”.

“L’energia pulita si sta muovendo velocemente, più velocemente di quanto molte persone credano. Ciò è evidente nelle tendenze degli investimenti, in cui le tecnologie pulite si stanno allontanando dai combustibili fossili”, spiega il direttore esecutivo dell’Aie, Fatih Birol. “Per ogni dollaro investito in combustibili fossili, circa 1,7 dollari ora vanno in energia pulita. Cinque anni fa – dice – questo rapporto era uno a uno. Un esempio lampante è l’investimento nel solare, che è destinato a superare per la prima volta la quantità di investimenti destinati alla produzione di petrolio“.

Gli investimenti in energia pulita sono stati stimolati da una serie di fattori negli ultimi anni, tra cui periodi di forte crescita economica e prezzi volatili dei combustibili fossili che hanno sollevato preoccupazioni sulla sicurezza energetica, in particolare dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Anche il rafforzamento del sostegno politico attraverso azioni importanti come l’Inflation Reduction Act degli Stati Uniti e le iniziative in Europa, Giappone, Cina e altrove hanno svolto un ruolo importante. Le maggiori carenze negli investimenti in energia pulita si registrano nelle economie emergenti e in via di sviluppo. Ci sono alcuni punti positivi, rileva Aie, come gli investimenti dinamici nel solare in India e nelle rinnovabili in Brasile e parti del Medio Oriente. Tuttavia, gli investimenti in molti paesi sono frenati da fattori quali tassi di interesse più elevati, quadri politici e schemi di mercato poco chiari, infrastrutture di rete deboli, servizi pubblici in difficoltà finanziarie e un costo elevato del capitale. “Molto di più – si legge nel rapporto – deve essere fatto dalla comunità internazionale, in particolare per guidare gli investimenti nelle economie a basso reddito, dove il settore privato è stato riluttante ad avventurarsi”.

Fonroche Lighting

Nasce in Francia il più grande sistema di illuminazione pubblica a energia solare d’Europa

Nascerà nella zona di Agen, capoluogo del dipartimento del Lot e Garonna della regione della Nuova Aquitania, nel sud-ovest della Francia, il più grande sistema europeo di illuminazione pubblica a energia solare. Seimila lampioni fotovoltaici saranno installati entro il 2026, grazie a un accordo tra l’azienda Fonroche Lighting e l’Unione dei gruppi di acquisti pubblici (Ugap). Il polo urbano di Agen, che conta circa 19mila punti luce, investirà 11 milioni di euro per sostituire 7mila lampioni obsoleti con 6mila a energia solare. “Agen è il primo polo urbano a passare così massicciamente al fotovoltaico“, spiega Jean Dionis du Séjour, presidente della comunità che riunisce più di 100.000 abitanti in 44 comuni. “L’investimento è pesante, ma la redditività è rapida. Speriamo di risparmiare tra i 600.000 ei 750.000 euro all’anno“, aggiunge.

Il fornitore dei nuovi lampioni, Fonroche Lighting, ha sede a Roquefort, nella periferia interna di Agen. Leader mondiale nell’illuminazione stradale solare, l’azienda impiega circa 200 persone in tutto il mondo, di cui 130 a livello locale. Ha un fatturato stimato in 100 milioni di euro per il 2023, contro i 60 milioni del 2022. Di recente, si è aggiudicata contratti con il Senegal per dotare il Paese di decine di migliaia di lampioni fotovoltaici autonomi, che già illuminano alcune strade in Kuwait, una zona residenziale in Quebec e piste da sci in Svizzera.

Per l’amministratore delegato di Fonroche Lighting, Laurent Lubrano, l’energia solare è una soluzione per il futuro per le comunità che spendono “dal 40 al 60%” della loro bolletta elettrica per l’illuminazione pubblica, in un contesto di prezzi alle stelle. “Per le amministrazioni locali – dice – oggi la scelta è: ‘O spendo molti soldi, oppure spengo o riduco l’illuminazione pubblica’. Ma c’è una terza soluzione: investire nell’energia solare, che è gratis“.

Un lampione solare costa dal 20 al 30% in più rispetto a un lampione alimentato dall’energia elettrica “ma non ci sono costi aggiuntivi, nessun addebito energetico, nessun cavo, nessuna rete. Il ritorno sull’investimento è immediato, non c’è manutenzione per 10 anni“, spiega Lubrano.

Photo credits: pagina Facebook Fonroche Eclairage

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Coltivare energia solare si può: lo fa la città sudafricana Orania

In questo remoto angolo del Sudafrica, un’enclave al 100% bianca fondata alla fine dell’apartheid, non potendo coltivare grano a causa del terreno paludoso si è convertita a coltivare energia solare per sfuggire alle incessanti interruzioni di corrente che affliggono il Paese. I 2.500 abitanti di Orania, nel mezzo del deserto del Karoo a più di 600 km a sud-ovest di Johannesburg, puntano all’autosufficienza a tutti i livelli per isolarsi da un Paese che ai loro occhi è diventato decadente.

Questi discendenti di ugonotti olandesi e francesi, arrivati sulla punta dell’Africa nel XVII secolo, hanno lanciato un ambizioso progetto solare che dovrebbe consentire loro di produrre più del necessario. I lavori di questo progetto, stimati in oltre 600.000 euro, sono iniziati nel giugno 2021. Oggi l’impianto produce 841 KW all’ora. Quasi sufficiente per rifornire la città e le fattorie circostanti. La città afrikaner punta alla completa autonomia entro tre anni, mentre il Paese è sprofondato in una grave crisi energetica da quasi quindici anni, a causa dell’invecchiamento delle centrali a carbone, degli scioperi e della corruzione all’interno di Eskom, l’azienda pubblica che produce il 90% dell’elettricità sudafricana.

orania

(Photo by MARCO LONGARI / AFP)

È stata la semplice idea dell’autosufficienza a spingerci a farlo“, ha dichiarato François Joubert, ideatore del progetto. “Qui non si può contare su nessuno per i servizi di base“, dice l’ingegnere 69enne. “Siamo lontani da Johannesburg e da Città del Capo, quindi dobbiamo prendere in mano la situazione. E a noi sta bene così”.

Il sito di 8.000 ettari sul fiume Orange dove Orania è stata fondata nel 1991, dopo l’abolizione delle leggi razziali, è stato acquistato dal genero di Hendrik Verwoerd, l’ex primo ministro considerato l’architetto dell’apartheid, e da alcune famiglie afrikaner. “L’operazione solare rappresenta per noi una svolta epocale. Porta stabilità energetica alla città“, afferma il sindaco Gawie Snyman. “Il nostro sogno sarebbe addirittura quello di esportare energia elettrica”.

Lunedì il Presidente Cyril Ramaphosa ha annunciato un pacchetto di misure urgenti, invitando il settore privato, privati e imprese, a investire nell’energia solare “su ogni tetto per alimentare la rete nazionale. Il prossimo passo nella produzione solare di Orania sarà l’installazione di batterie di accumulo tra qualche anno. Ciò consentirà alla città di affrancarsi finalmente dalla rete elettrica nazionale.

(Photo credits: STEPHANE DE SAKUTIN / AFP)

nucleare

Gli italiani dicono ‘no’ a gas fossile e nucleare ‘verdi’

Gas fossile e energia nucleare sono ‘verdi’? Per la maggioranza dei cittadini italiani no. Un nuovo sondaggio del Wwf mostra che solo il 29% della popolazione pensa che l’Unione Europea dovrebbe classificare l’energia nucleare come sostenibile dal punto di vista ambientale. Per quanto riguarda il gas fossile, solo il 35% ritiene che l’Ue dovrebbe assegnare a questa fonte energetica un’etichetta verde. Plebiscitario invece il sì all’energia solare (92%) e a quella eolica (88%). In particolare, in Italia, solo il 26% degli intervistati ritiene che l’energia nucleare dovrebbe essere classificata come energia ambientalmente sostenibile, mentre il 96% dei cittadini è d’accordo che l’etichetta verde sia assegnata all’energia solare e il 91% pensa altrettanto per l’eolico. Solo il 38% degli intervistati pensa che l’Unione Europea dovrebbe ritenere il gas fossile una fonte sostenibile.

Non c’è assolutamente alcun consenso pubblico per il piano della Commissione di considerare come ’sostenibili’ il gas fossile e gli impianti nucleari. Ciò che i cittadini considerano ‘verdi’ sono l’energia solare ed eolica, non i combustibili sporchi e obsoleti”, ha dichiarato Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia, lanciando un appello agli eurodeputati, ovvero quello di ascoltare il loro elettorato e di bloccare questa proposta. L’Ue sta per approvare, infatti, l’elenco di fonti di energia ‘verdi’ come parte della sua nuova guida agli investimenti, la Tassonomia Ue. Di conseguenza, c’è il forte rischio che miliardi di euro siano dirottati dall’eolico, dal solare e da altre tecnologie verdi verso il gas fossile e l’energia nucleare, di fatto rallentando ancora la transizione e con essa la sicurezza e l’indipendenza energetica. Se gli eurodeputati non respingeranno l’Atto sulla tassonomia verde, questa diventerà legge dell’Ue.

pannello solare

Fotovoltaico, l’Italia cresce ma con un ritmo insufficiente

Il fotovoltaico prosegue la propria crescita in Italia, anche se a ritmi non sufficienti per centrare gli obiettivi fissati per il 2030 dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) e dal Piano per la Transizione Ecologica (PTE). Gli ultimi numeri, elaborati da Italia Solare in base ai dati resi disponibili da Terna, sono riferiti al 31 dicembre 2021 e mostrano come nel corso dello scorso anno sia stata superata la quota di un milione di impianti nel nostro Paese (per la precisione 1.015.239), con circa 80mila nuove installazioni. La potenza installata è stata di 936,38 MW. E’ evidente il balzo in avanti rispetto al 2020 quando ci si era fermati a 55.550 nuovi impianti per una potenza di 749,2 MW. L’aumento è di circa il 30% ma non deve trarre in inganno, in quanto il dato del 2020 risulta fortemente influenzato dagli effetti della pandemia di coronavirus, che aveva causato una leggera flessione sia in termini di nuovi impianti (55.550 nel 2020 contro i 58.190 del 2019) sia per potenza installata (749,2 MW contro 751,4).

Più che un’accelerazione, quella del 2021 è di fatto un riallinearsi ai ritmi di crescita osservati prima del Covid. C’è poi da considerare come il fotovoltaico in Italia abbia vissuto un autentico boom nel periodo 2008-2013, favorito dai meccanismi di incentivazione del Conto Energia. In un quinquennio si è passati da 34.805 a 596.355 impianti, per una potenza complessiva salita da 483 a 18.185 MW. Dopo quella fase, la crescita ha perso slancio soprattutto in termini di potenza installata, cresciuta in otto anni di circa 4.400 MW per arrivare agli attuali 22.565,52 MW. Per dare un’idea, si può stimare che il 75% delle potenza fotovoltaica oggi a disposizione in Italia è stata installata tra il 2010 e il 2013. Andamento simile anche per la produzione di energia: nel 2008 era di appena 193 GWh, per poi esplodere a 21.589 GWh nel 2013 e attestarsi nel 2021 a 25.068 GWh, che rappresentano il 7,8% dell’intero fabbisogno energetico nazionale.

Caratteristica del fotovoltaico in Italia è poi la netta prevalenza di impianti di piccola taglia (sotto i 20 kW), destinati soprattutto all’uso domestico. Rappresentano il 92% del totale degli impianti in funzione, generando però appena il 23% della potenza complessiva. Questa situazione ha in realtà sfaccettature differenti a livello geografico. In termini assoluti, per numerosità degli impianti è netto il dominio delle regioni settentrionali: Lombardia (160.586), Veneto (147.494), Emilia-Romagna (105.861) e Piemonte (70.372) occupano le prime quattro posizioni della graduatoria. In generale, circa il 55% dei sistemi fotovoltaici è presente al Nord, contro il 17% del Centro e il 28% del Sud. La situazione però muta se si considera la potenza installata: qui in cima alla classifica c’è la Puglia, con 2.943 MW, cioè il 13,1% del totale nazionale e circa il 15% della produzione di energia solare (pur possedendo appena il 5,8% degli impianti). Il maggior sviluppo delle grandi installazioni nel Meridione emerge anche dal dato della potenza media degli impianti, che vede primeggiare le regioni del Sud (dati Gse al 31 dicembre 2020): Puglia (53,4 kW), Basilicata (42,5) e Molise (39,9) occupano il podio. Dunque, un fotovoltaico più “domestico” al Nord e più “industriale” al Sud, con un intenso sviluppo dei pannelli collocati a terra che rappresentano il 74% del totale in Puglia e il 69% in Basilicata contro un media italiana del 41%.

La crescita del solare procede in Italia, che tuttavia ha perso il ruolo di leader europeo detenuto nel 2015. Secondo il rapporto del think tank sull’energia di Ember, nel 2021 la Germania è stata il maggiore produttore di energia solare dell’Ue (51 TWh), seguita da Spagna (26 TWh) e Italia (25 TWh). Il nostro paese resta sul podio per valori assoluti, ma non per quanto riguarda l’incidenza del solare sul totale del fabbisogno di energia. L’Italia, col 7,8%, è scavalcata da Cipro (9,7%), Spagna e Paesi Bassi (9,5%), Grecia e Germania (9,1%).

I numeri mostrano una stagnazione della crescita che rende complicati (se non proibitivi) da raggiungere gli obiettivi fissati per i prossimi anni. Soprattutto quelli più ambiziosi definiti nel Piano per la transizione ecologica, che mira a coprire il 72% del fabbisogno di energia tramite fonti rinnovabili entro il 2030 (rispetto al 55% previsto nel PNIEC). Tradotto in numeri assoluti si tratta di 70-75 GW di nuove energie rinnovabili a fronte dei 57,7 GW installati al 31 dicembre 2021. Nel piano, il fotovoltaico dovrebbe ricoprire un ruolo fondamentale, arrivando a toccare (assieme all’eolico) un nuovo parco installato di circa 50 GW, a fronte dei circa 33 attuali. Il Renewable Energy Report 2022, pubblicato poche settimane fa dal Politecnico di Milano evidenzia però come per centrare gli obiettivi servano 5,6 GW/anno di installazioni per il fotovoltaico, cioè un tasso di crescita ben sette volte superiore a quello attuale. E ogni settimana che passa pesa enormemente e rende sempre più utopici i target fissati: un anno fa, lo stesso calcolo parlava di 5,1 GW/anno. Serve quindi un deciso cambio di passo. Tre gli aspetti su cui agire individuati dal Renewable Energy Report 2022: normativo-regolatori (prima tra tutti la difficoltà e i tempi necessari a precorrere con successo l’iter autorizzativo); sostenibilità economica (come l’incertezza sull’andamento futuro dei prezzi); sistema elettrico nel suo complesso (come la necessità di adeguare la rete all’incremento delle rinnovabili). Una mano potrà senz’altro arrivare dai fondi del Pnrr e dall’atteso sviluppo delle comunità energetiche rinnovabili, ma anche direttamente dalle normative Ue, visto che Bruxelles ha già proposto l’obbligo di installare pannelli solari per soddisfare il fabbisogno di elettricità di tutti i nuovi edifici pubblici e commerciali superiori ai 250 mq costruiti dal 2025 (con quelli già esistenti che dovranno adeguarsi dall’anno successivo).