Per destra e sinistra Trump non frenerà transizione eco. Ma ora Ue “se la intesti”

Il voto negli Stati Uniti è stato netto, ha vinto Donald Trump. Eppure, Oltreoceano restano i dubbi su quello che accadrà una volta che il tycoon tornerà allo Studio Ovale della Casa Bianca. In particolare che fine potrà fare la transizione ecologica, visto che il presidente eletto, in campagna elettorale, ha annunciato che uscirà di nuovo dagli accordi di Parigi sul clima, imporrà dazi anche all’Europa e, soprattutto, conferma di non credere nelle teorie sulla crisi climatica.

GEA ha chiesto a diversi responsabili di settore dei partiti italiani, di maggioranza e opposizione, se ci sono rischi che questo processo si interrompa bruscamente in America, con effetti a cascata tutti da verificare e quantificare anche in Europa. Il risultato è quasi sorprendente, perché da destra a sinistra nessuno crede che il ritorno di Trump alla guida degli Usa sarà un colpo mortale alla transizione. “Sicuramente c’è un problema serio che abbiamo difronte a noi”, risponde il deputato di Avs e portavoce nazionale di Europa Verde, Angelo Bonelli, perché la vittoria di Trump “imprimerà almeno uno stop a un Paese importante come gli Stati Uniti nella transizione ecologica globale”. Inoltre, “preoccupa molto la posizione assolutamente contro la scienza di Trump, che nega la crisi climatica e adesso, come abbiamo visto, anche sulla pandemia”. In questo quadro resta da capire “che ruolo Europa e Cina possono giocare insieme” perché i dazi imporrebbero “un cambio di scenario strategico dal punto di vista della politica estera dell’Unione europea, che a mio avviso deve cominciare a capire di dover interloquire con Pechino”.

Non sono rosee nemmeno le previsione di un’altra esponente del centrosinistra, l’eurodeputata Pd, Annalisa Corrado, ma almeno “la transizione ecologica non si ferma qui” così come “la decarbonizzazione è andata avanti malgrado il primo Trump e non si è arrestata come, invece, lui avrebbe voluto”. La responsabile Clima e Conversione ecologica della segreteria dem prevede piuttosto un “rallentamento” perché “in tanti ormai hanno capito che questa è la strada”. Semmai è “urgente e necessario che sia l’Ue a intestarsi” la Transizione: “Ne va della sicurezza e della serenità dell’Europa. Bisogna riacquistare un profilo autonomo”.

Sulla possibilità che la Cina diventi il nuovo interlocutore privilegiato, però, Corrado non si sbilancia: “Il multilateralismo dovrà trovare nuovi equilibri” e dunque “un’alleanza con chi traina il settore potrebbe essere interessante”, ma a suo parere “l’Europa non deve arretrare minimamente sulla conversione. Anzi, mi verrebbe da dire: leader cercasi, non solo dal punto di vista industriale ma anche sulla decarbonizzazione”.

Dalla Lega è Alberto Gusmeroli a rispondere alla domanda di GEA, ma il presidente della commissione Attività produttive della Camera conferma le posizioni già note: “Tutti vogliamo la transizione ecologica, ma che sia sostenibile economicamente e socialmente”.

Non vede particolari rischi nemmeno Luca Squeri, deputato e responsabile Energia di Forza Italia, che ricorda quale sia l’obiettivo finale: “L’emancipazione dal fossile”. Ragion per cui “al di là della necessità ambientale, che noi riconosciamo essere valida” la transizione “ci dà la possibilità di perseguire una indipendenza energetica, perlomeno a livello europeo, con le rinnovabili e il nucleare, che è un traguardo da raggiungere. E’ chiaro che se l’America prende una direzione addirittura contrastante – riconosce – non facilita l’obiettivo complessivo, perché in Europa rappresentiamo il 7-8% delle emissioni”. Ma l’impressione è che non creda a questa ipotesi. Così come sono tanti i dubbi a rinforzare la partnership tra Ue e Cina per contrastare l’eventuale virata Usa: “Dobbiamo interloquirci come con tutti gli altri continenti e potenze economiche e geopolitiche”, ma “quando abbiamo a che fare con un continente che sta realizzando decine di centrali a carbone non lo prenderei come esempio”.

Panetta: “Fronte comune Ue su transizioni e materie critiche. Puntare sul capitale umano”

Fronte comune in Europa per portare avanti le transizioni (verde e digitale), aumentare l’indipendenza energetica rafforzando le rinnovabili ma allo stesso tempo stringere rapporti “solidi e reciprocamente vantaggiosi” con i Paesi ricchi di materie critiche.

Nelle sue prime considerazioni finali da Governatore della Banca d’Italia e a pochi giorni dalle elezioni europee, Fabio Panetta guarda a Roma, ma soprattutto a Bruxelles, invitando a puntare molto sulla dimensione comune per non restare indietro rispetto ai grandi competitor internazionali. Innovazione e capitale umano sono le parole chiave di una relazione di ampio respiro, che non tralascia i rischi dell’Intelligenza artificiale. L’Ia, è il monito, potrebbe creare rapporti di costi-vantaggi disomogenei e avere effetti, in Italia, su due lavoratori su tre.

La visione del governatore è ottimista: nell’Unione, Roma ha tutte le carte in regola per tornare a crescere e “contare, scandisce. Cruciale è rilanciare la produttività, aprire alla concorrenza, ridurre il debito, soprattutto. Un “fardello“, lo definisce, da cui però potersi liberare. Come? “Coniugando prudenza fiscale e crescita“, suggerisce.

Politiche comuni, precisa Panetta, “sono necessarie nel campo ambientale, della difesa, dell’immigrazione, della formazione e in altri ancora”, osserva il governatore, “poiché molti progetti riguardano beni pubblici comuni quali l’ambiente e la sicurezza esterna, un ammontare di investimenti insufficiente danneggerebbe tutti i paesi e tutti i cittadini dell’Unione. È pertanto necessario, nell’interesse collettivo, realizzare iniziative a livello europeo“.

Per le sole transizioni climatica e digitale e per aumentare la spesa militare al 2 per cento del Pil, la Commissione europea stima infatti un fabbisogno di investimenti pubblici e privati di oltre 800 miliardi ogni anno fino al 2030: “Perseguire un piano così vasto a livello nazionale comporterebbe duplicazioni di spesa e la rinuncia alle economie di scala“, mette in guardia Panetta.

Sugli investimenti in capitale umano, parla di “un’esigenza pressante, data la minore disponibilità, rispetto al resto dell’area dell’euro, di lavoratori con livelli di competenza elevati nel campo dell’innovazione.

Poi l’invito alla piena attuazione degli investimenti e delle riforme previste dal Pnrr che, oltre a innalzare il prodotto di oltre di 2 punti percentuali nel breve termine, “avrebbe effetti duraturi sulla crescita dovuti a incrementi di produttività stimabili tra 3 e 6 punti percentuali in un decennio”, ricorda Panetta.
E’ comunque sul fronte della tecnologia che “si giocherà la partita del futuro, per l’Italia e per il resto d’Europa. Servirà, scandisce, “valorizzare la ricerca, accompagnare il sistema produttivo nella sua trasformazione proteggendo i più svantaggiati, creare un ambiente normativo, economico e finanziario che favorisca l’assunzione di rischi imprenditoriali nei settori innovativi e che limiti il potere monopolistico di pochi grandi attori”.

Nasce ‘School of Sustainability’, un nuovo modello educativo che parte dai banchi di scuola

Photo Credit: School of Sustainability

 

La risposta educativa alla questione ambientale della scuola ha un nome e una mission specifica: School of Sustainability, la nuova iniziativa promossa da Bolton Hope Foundation e Future Education Modena che mira a trasformare l’apprendimento partendo dal tema più importante per il futuro dei giovani, l’ambiente e la sostenibilità. In un’Europa sempre più orientata alla transizione ecologica indicata dal Green Deal, School of Sustainability non si propone soltanto come modello didattico innovativo ma offre una cornice per dare alla nuova generazione di studentesse e studenti gli strumenti e le competenze per generare cambiamento.

Lo sviluppo di questa iniziativa avviene a seguito della pubblicazione del nuovo Quadro di competenze per l’educazione alla sostenibilità dell’Unione europea, il “GreenComp”, diventato il punto di riferimento per le traiettorie di lavoro in ambito educativo finalizzate a sviluppare le abilità e le attitudini più importanti per chi trascorrerà la maggior parte della vita all’interno di un mondo che si muove verso la direzione della transizione ecologica. Appropriazione dei valori legati alla sostenibilità ambientale, sviluppo del pensiero critico e sistemico, “capacità di immaginare futuri possibili” (future thinking) e capacità di azione multilivello (dal singolo alla collettività): sono queste le competenze di una educazione all’ambiente moderna ed efficace.

D’altra parte, è indubbio che le sfide ambientali di oggi richiedono competenze elevate, e quindi nuovi cittadini capaci di affrontare la complessità del contesto socio-economico contemporaneo caratterizzato da una sempre maggiore ricerca della sostenibilità all’interno dei contesti domestici, sociali e produttivi. Proprio per questo il sistema educativo deve favorire lo sviluppo di forti capacità analitiche e la propensione a cercare soluzioni: queste competenze sono al centro dell’iniziativa School of Sustainability. Future Education Modena, con il supporto di Bolton Hope Foundation, ha messo a punto un modello educativo innovativo che si poggia su 3 pilastri: il rigore scientifico e metodologico, l’intelligenza collettiva e uno scenario di riflessione basato sulle opportunità di cambiamento e sulla ricerca di soluzioni possibili.

Questo nuovo modello educativo vuole stimolare la scoperta dei principali temi ambientali e al contempo favorire la propensione all’azione da parte delle ragazze e dei ragazzi. Partendo dalla condivisione del sapere scientifico, i giovani possono appropriarsi della tematica affrontata esplorandola all’interno del contesto territoriale della propria scuola e della propria città, interagendo con esso e progettando soluzioni creative ai problemi individuati. Se il tema è la qualità dell’aria, ad esempio, l’azione degli studenti può partire dall’analisi del proprio contesto di vita, esaminando i dati disponibili, intervistando tecnici ed esperti, ragionando collettivamente e sviluppando idee per migliorare la situazione esistente.

Se invece l’argomento da affrontare è il processo di transizione energetica, l’attività può basarsi sulla valutazione dello stato di fatto all’interno dell’edificio scolastico oppure ragionando sulla scala della singola abitazione o del quartiere. Lo studio delle buone pratiche sempre più diffuse nell’ambito delle riqualificazioni energetiche degli edifici e delle comunità energetiche diventa il punto di partenza per proporre soluzioni concrete, sviluppate attraverso incontri mirati e lavori di gruppo, con un output che potrà essere messo a disposizione dei decisori pubblici e privati attivi nel contesto locale. Studentesse e studenti diventano quindi attori protagonisti del processo di transizione ecologica: è nelle sue ambizioni, un cambio di paradigma che finalmente pone al centro della transizione le generazioni più giovani, che possono passare dalla richiesta di risposte alla crisi ambientale alla proposta di soluzioni applicabili per il proprio territorio.

L’iniziativa è rivolta principalmente alle scuole secondarie di I grado. L’approccio pratico e partecipato in modo collettivo consente inoltre di contrastare la climate change anxiety, di sviluppare un senso di responsabilità personale e collettiva verso l’ambiente e la consapevolezza del proprio ruolo per tutelare la salute della società e del pianeta. School of Sustainability coinvolge gli insegnanti in un percorso di formazione che si declina attraverso una delle 4 traiettorie tematiche offerte: per ciascuna, si propone un percorso didattico che parte dalle conoscenze scientifiche necessarie per comprendere l’argomento, fino ad arrivare all’azione progettuale finalizzata al miglioramento del contesto locale in cui le scuole si trovano a vivere. L’iniziativa favorisce così la nascita di una community nazionale di scuole per lo scambio di esperienze, il supporto reciproco e la condivisione dei risultati ottenuti dalle diverse classi.

All’interno di School of Sustainability le comunità (dei docenti e delle scuole partecipanti), diventano il luogo in cui si sviluppano analisi e si generano proposte per trasformare concretamente il rispettivo contesto di vita. I numeri: 4 Track tematiche, traiettorie strategiche relative ai principali temi della transizione ecologica, transizione energetica degli edifici, città verdi e valorizzazione degli ecosistemi urbani, pianificazione e clima locale, per riprogettare gli spazi urbani con interventi naturalistici, miglioramento della qualità dell’aria; 20 Unità Didattiche, per declinare in modo approfondito le basi scientifiche necessarie al processo di transizione; 4 Challenge, sfide progettuali legate alle track tematiche che le scuole utilizzano come traccia per generare impatto: Progetti Attivi sui territori, con una visione di sistema del contesto locale e una modalità partecipativa finalizzata a coinvolgere decisori pubblici e privati, a partire dalle Amministrazioni Pubbliche Locali; 70 classi coinvolte, 60 workshop in presenza in alcuni contesti specifici del territorio nazionale (Piemonte, Emilia-Romagna, Campania e Puglia) per stimolare la discussione nella classe e promuovere l’approccio concreto e positivo alla risoluzione dei problemi ambientali.

Coinvolte le scuole di città e comuni delle province di Bari, Bergamo, Brescia, Caserta, Cuneo, Foggia, Genova, Lecce, Modena, Napoli, Padova, Parma, Reggio Emilia, Torino, Trento; 4 incontri con esperti di settore capaci di condividere esperienze personali e progetti di rilevanza nazionale sui temi affrontati, trasmettere determinazione e passione per ispirare l’azione degli studenti e orientarli nella scelta del loro percorso formativo; 2 modelli di valutazione: dello sviluppo della professionalità dei docenti e della crescita degli studenti in termini di consapevolezza e competenze; 181 insegnanti coinvolti nel processo formativo, nelle unità didattiche complete o nei percorsi brevi, di ispirazione.

L’iniziativa si sviluppa su tutto il territorio nazionale, con libera adesione delle scuole interessate a partecipare. School of Sustainability intende affrontare la sostenibilità in modo interdisciplinare, approcciare i temi partendo dallo studio analitico delle principali questioni ambientali del nostro tempo, arrivando allo svolgimento di attività di gruppo per lo sviluppo di soluzioni per il proprio territorio. All’interno di questo percorso ci si occupa dello studio del contesto locale, dell’analisi del territorio e della specifica problematica, e si arriva allo sviluppo di progetti proposti dagli studenti stessi. Questo approccio favorisce il coinvolgimento di tutti, la condivisione, l’apprendimento e lo sviluppo di un’intelligenza collettiva che stimola un processo di crescita collettiva e individuale. L’altro aspetto determinante è lo sviluppo di competenze specifiche in ambito scientifico, attraverso l’analisi dei dati, lo studio sul campo della situazione esistente, l’adozione di un metodo di lavoro pratico e collettivo.

Sviluppo di competenze e creazione di impatto sociale sono i due obiettivi centrali di School of Sustainability. Da una parte l’iniziativa si propone di coniugare l’acquisizione di conoscenze e competenze connesse alla dimensione della sostenibilità con lo svolgimento di “compiti di realtà” che simulano le attività svolte dai tecnici del settore (adattate in ogni ordine di scuola). Dall’altra si creano sinergie all’interno dei territori favorendo il contatto e la collaborazione tra la scuola e gli enti locali, i decisori privati e la cittadinanza, a vari livelli. Per questo, alla fine del percorso non saranno solo le studentesse e gli studenti ad aver acquisito capacità e a essere cresciuti, ma anche la società stessa.

Ciafani: “Il governo rallenta la transizione, decida in che direzione andare”

Legambiente dedica il suo congresso all”Italia in cantiere‘. E non è un controsenso. “Negli anni del Covid e della crisi economica, dei disastri causati dalle guerre, ci siamo più volte interrogati su come potevamo aiutare il Paese a diventare più indipendente dal punto di vista energetico e delle materie prime e dall’altra parte su come fare in modo che l’Italia possa contribuire a ridurre le tensioni a livello internazionale, spesso causate dall’accaparramento delle risorse naturali“, spiega il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani.

‘Cantiere’ non è una parola che spaventa gli ambientalisti?

A volte. Ma abbiamo voluto esorcizzarla, perché per fare tutte le opere, gli impianti e le infrastrutture della transizione ecologica bisogna aprire tanti cantieri, bisogna farli realizzare e chiuderli in tempi brevi. Bisogna evitare cantieri che vanno in direzione opposta, penso alle fossili, o al Ponte sullo stretto di Messina, perché l’Italia deve andare velocemente nella direzione della decarbonizzazione. Ce lo chiede il Pianeta, ce lo chiedono le famiglie e le imprese che pagano bollette sempre più pesanti, e credo sia la risposta migliore rispetto agli eventi estremi che continuano a flagellare il nostro Paese con frequenze sempre più importanti e potenza sempre più distruttiva“.

Pensa che il governo stia dedicando la giusta attenzione alla transizione?

Sulle politiche energetiche questo governo sta andando in continuità con quello precedente, ma più in generale, sulla transizione ecologica, sta rallentando il processo. Perché non si può da una parte agire per liberarci dalla dipendenza delle fossili, sviluppando le rinnovabili, e dall’altra autorizzare nuovi impianti di rigassificazione, come quelli fissi che si vorrebbero realizzare a Gioia Tauro in Calabria o a Porto Empedocle in Sicilia. Si deve decidere in quale direzione si vuole andare. Noi vogliamo la direzione della liberazione dell’Italia dalla dittatura delle fossili. C’è purtroppo chi nel Paese crede che queste due visioni, della transizione e del vecchio modello produttivo, possano continuare a coesistere“.

Il congresso coincide con l’inizio della COP28 di Dubai. Spaventa l’assenza di Biden e Xi?

Non è benaugurante l’assenza dei presidenti degli Stati Uniti e della Cina, anche se l’accordo firmato qualche settimana fa è importante e può dare una mano al Pianeta. L’assenza di Papa Francesco invece è solo fisica, perché la sua voce ricorrerà nelle stanze della COP28 ed è un elemento che speriamo possa far ricredere i Paesi che ad oggi non vogliono un nuovo accordo per andare oltre quello di Parigi del 2015 e speriamo che si possano mettere tutte quelle tessere per fare in modo che l’accordo per la lotta alla crisi climatica si concretizzi“.

Le azioni più urgenti per una buona riuscita della conferenza delle parti?

Serve spingere sulle innovazioni e sulle rinnovabili nei paesi industrializzati, nei Paesi emergenti e bisogna aiutare i Paesi in via di sviluppo non solo a partire dall’era delle rinnovabili senza passare da gas e carbone, ma anche aiutarli per gestire quelle perdite importanti che, all’interno dei Paesi in via di sviluppo, creano disastri umani e sono la conseguenza dei disastri ecologici che vediamo in tutto il Pianeta“.

Pnrr, ok Ue a quarta rata e RePowerEu. Meloni esulta: “21 miliardi, una seconda manovra”

Era nell’aria, ma ora è ufficiale. La Commissione approva le modifiche presentate dal governo al Pnrr italiano legato alla quarta rata e, contestualmente, anche il capitolo aggiuntivo del RePowerEu. Proprio il documento strategico per l’indipendenza energetica, secondo Bruxelles, “copre in modo completo i sei pilastri dello strumento” di rilancio economico, vale a dire transizione verde, trasformazione digitale, crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, coesione sociale e territoriale, sanità e resilienza economica, sociale e istituzionale e politiche per le generazioni future.

Ci sono anche altre novità legate al RePower, perché “aumenta di dimensioni” in termini di risorse, spiega il ministro titolare del dossier, Raffaele Fitto, passando dai 2,7 miliardi di euro iniziali a 2,88 miliardi grazie all’aggiunta di “una piccola unità di calcolo di altri 100 milioni di euro”; e aumenta come contenuti: “Ora esistono sette nuove riforme che si aggiungono alle cinque già previste”. Il surplus, però, non avrà effetti immediati. “Non cambia l’importo della quarta rata” da 16,5 miliardi di euro, chiarisce l’esecutivo comunitario: “Le modifiche del totale da destinare all’Italia riguardano gli importi dalla quinta rata in poi”.

La sostanza comunque non cambia, perché tirando le somme, il governo “mette a disposizione della crescita economica italiana altri 21 miliardi di euro”, in pratica “una seconda manovra economica in gran parte destinata allo sviluppo e alla competitività del tessuto produttivo italiano”, dice la premier, Giorgia Meloni, alle associazioni datoriali, convocate a Palazzo Chigi per illustrare la legge di Bilancio 2024. “Abbiamo lavorato a una manovra consapevoli che parallelamente stavamo trattando con la Commissione europea la revisione del Pnrr”, spiega ancora la presidente del Consiglio. Lasciando intendere che la strategia dell’esecutivo è sempre stata quella di viaggiare su un doppio binario: “Abbiamo verificato le criticità e le abbiamo superate, abbiamo fatto in modo che tutti i soldi del Pnrr venissero spesi nei tempi e quindi abbiamo concentrato le risorse sulla crescita e la modernizzazione della nazione e mi pare che il risultato, sul quale in pochi scommettevano, dice che non era una scelta sbagliata”, rivendica ancora Meloni. Che ringrazia Bruxelles: “La Commissione è stata sicuramente rigida per certi versi, ma molto aperta alla possibilità che queste risorse fossero spese nel migliore dei modi”.

Entrando nel concreto, ci sono “12,4 miliardi di euro assegnati al sistema delle imprese, 6,3 miliardi alla transizione 5.0, 320 milioni per il supporto alle pmi per l’autoproduzione di energia e fonti rinnovabili e 2 miliardi per i contratti di filiera in agricoltura”, elenca Fitto. E ancora: “2,5 miliardi di euro per il supporto al sistema produttivo, 850 milioni di euro per il parco agrisolare e 308 milioni per il fondo tematico per il turismo”. Inoltre, “un’altra proposta molto qualificante è quella della rimodulazione, d’intesa con la struttura commissariale, di 1,2 miliardi destinati nella gestione destinati all’alluvione in Emilia-Romagna, Marche e Toscana. Esistono poi investimenti per 5,2 miliardi sul fronte delle reti delle Infrastrutture, 1,8 miliardi per la realizzazione e il rafforzamento strategico delle reti elettriche e del gas, oltre 1 miliardo agli interventi per la perdita e la riduzione idrica, oltre 1,1 miliardi per l’acquisto di nuovi treni ad emissioni ridotte, 400 milioni per l’elettrificazione delle banchine portuali e 920 milioni per la messa in sicurezza degli edifici scolastici e la realizzazione di nuove scuole”.

Nella rimodulazione ci sono anche “1,380 miliardi destinati alle famiglie a basso reddito per l’efficientamento energetico e l’edilizia abitativa”. Fitto assicura che “nei prossimi giorni definiremo gli ultimi aspetti per giungere alla definizione del pagamento della quarta rata del Pnrr entro il 31 dicembre”, stessa data entro cui il governo è convinto di poter “raggiungere i target della quinta rata” e quindi “fare la richiesta di pagamento”.

A esultare è tutta la squadra di Meloni. “Con la riprogrammazione del Pnrr sono ulteriori 12,4 i miliardi per le imprese, di cui quasi 10 miliardi sui progetti del Mimit”, dice il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che vede lievitare al 30% la quota di fondi per il suo dicastero. “Quasi 10 miliardi che si aggiungono ai 19 miliardi già assegnati e agli 8 del fondo complementare, per un totale di 37 miliardi in dotazione al Mimit – riepiloga Urso -. Risorse decisive per sostenere la competitività del sistema produttivo. Destineremo così altri 6.4 miliardi a transizione 5.0 per un totale di 13,3 miliardi per l’innovazione tecnologica tra fondi Pnrr e nazionali (6.8 miliardi) già in Bilancio nel biennio 2024/2025“.

Meloni: “Su governace Ue passi avanti, ma insufficienti. Escludere le transizioni”

Zagabria, Europa. Forse di quella con la visione che Giorgia Meloni sente più vicina alla sua. Dalla Croazia, al termine dell’incontro bilaterale con il primo ministro della Repubblica croata, Andrej Plenković, la premier torna a lanciare messaggi alle istituzioni continentali, mentre la partita del negoziato sulla nuova governance è più o meno alla metà del tempo regolamentare. Parole decisamente chiare, quelle della presidente del Consiglio: “Mi pare che dei passi avanti si facciano, ma per per quello che riguarda l’Italia sono ancora insufficienti, quindi bisogna lavorare molto di più”.

Meloni spinge sul fatto che “il ritorno ai vecchi parametri, che scatterebbero molto presto, sarebbe esiziale per la nostra economia”. Tradotto, se dal 1 gennaio del prossimo anno si ritornasse ai vincoli pre-pandemia del Patto di stabilità e crescita, il tetto del 3% del rapporto tra Deficit e Pil difficilmente verrà raggiunto. Molto probabilmente, non solo dal nostro Paese. Ma questo Meloni non può saperlo, né può dirlo. Il capo del governo italiano si ‘limita’ a ricordare che “il tema delle nuove regole della governance è fondamentale per l’agenda strategica Ue”, perché “se pensiamo di poter rafforzare la nostra competitività, il nostro ruolo strategico senza adeguare le regole alle strategie che ci diamo, rischiamo di sembrare miopi”.

La premier ribadisce un concetto già espresso molte volte: “Siamo impegnati a portare avanti delle transizioni che sono scelte strategiche per rafforzare la competitività del continente: penso alla transizione verde e alla transizione digitale, così come, all’indomani dell’aggressione russa all’Ucraina, ci siamo resi conto del fatto che anche il tema difesa necessitava di un rafforzamento”. Ergo: “E’ evidente che gli investimenti fatti su queste materie devono essere presi in considerazione nel momento in cui si discute la governance, altrimenti è come se indicassimo una strategia e contemporaneamente la facessimo pagare alle nazioni virtuose nel realizzarla. Questo sarebbe miope”.

Intanto, a proposito di transizione energetica, dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica arrivano buone notizie. Perché c’è il via libera ad uno stanziamento di 502 milioni di euro per promuovere, nel triennio 2024-2026, la ricerca e lo sviluppo di tecnologie energetiche innovative a zero emissioni di carbonio. Questo è il target che si pone il decreto firmato dal ministro, Gilberto Pichetto, che fissa le linee di attività e le modalità attuative del programma internazionale ‘Mission Innovation‘ a cui l’Italia aderisce insieme ad altri 24 Paesi. “Il nostro impegno per sostenere la transizione energetica del Paese si rafforza ulteriormente con un consistente aumento di risorse pubbliche dedicate al sostegno della ricerca e dell’innovazione di tecnologie pulite per contenere le emissioni climalteranti”, commenta il responsabile del Mase. Che poi conclude: “Andiamo avanti su questa strada con convinzione e pragmatismo per arrivare con ancora maggiore determinazione al negoziato della Cop 28 di Dubai”.

Giorda (Anfia): “Trasporti siano più green ma con target raggiungibili”

Il settore dell’industria automobilistica è uno dei più toccati dalla transizione green. E fra i protagonisti di questo cambio di passo c’è Anfia, Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica, che da tempo partecipa a Ecomondo proprio per accompagnare il cambiamento. GEA ha incontrato Gianmarco Giorda, direttore generale, per parlare delle prospettive del settore nel breve, medio e lungo periodo.

Anfia è presente ad Ecomondo da molti anni. Quale è l’importanza per voi di una fiera come questa?
“Abbiamo una lunga partnership con Ecomondo, sono oltre 10 anni. Organizziamo all’interno anche una piccola fiera nella fiera che si chiama Sal.Ve, che sta per salone biennale del veicolo per l’ecologia, e qui portiamo sostanzialmente tre comparti che sono rappresentati in Anfia: le aziende che producono spazzatrici, quelle dei compattatori e quelle dei veicoli per lo spurgo pozzi. Tre piccoli settori di nicchia che però in Italia sono importanti, dove ci sono sono molte tecnologie e un know how che viene in qualche modo riconosciuto da tutto il mondo perché sono aziende che esportano in Asia, negli Stati Uniti e in Sud America. Usiamo anche questa piattaforma fieristica per organizzare convegni su temi più orizzontali. Per esempio abbiamo partecipato come Anfia a una tavola rotonda sul trasporto merci green”.

Su questo tema è stata elaborata anche una proposta…
“Abbiamo presentato una proposta importante. Direi quasi storica. Abbiamo messo insieme l’associazione dei costruttori, di chi distribuisce i veicoli pesanti e anche delle aziende e delle associazioni che rappresentano i trasportatori, e abbiamo presentato un documento unitario che poi verrà dettagliato nei prossimi giorni. E’ un documento che ha l’obiettivo di presentare al Governo una proposta per mettere in campo degli strumenti per rivitalizzare, per rendere più competitivo questo settore, a partire, ad esempio, da un piano di incentivi per il rinnovo dei mezzi che noi immaginiamo dal 2023 al 2026 con una dotazione importante di 700 milioni di euro suddivisi per i quattro anni. L’obiettivo è ringiovanire un parco che in Italia è vecchissimo cercando di mettere su strada dei veicoli che siano meno inquinanti e che abbiano anche delle dotazioni di sicurezza più aggiornate. Vogliamo lavorare insieme al Governo, speriamo nei prossimi giorni di iniziare questo percorso per introdurre un piano di lavoro strutturato anche per questo settore nei prossimi anni”.

Con il Governo avete già collaborato recentemente, firmando un protocollo insieme al Mimit.
“Noi come Anfia rappresentiamo molti comparti, anche uno importante che è quello della componentistica auto. L’accordo che abbiamo siglato con il Mimit un paio di settimane fa, col ministro Urso, ha un triplice obiettivo. Il primo è cercare di aumentare la produzione di veicoli in Italia per arrivare a superare il milione, purtroppo negli ultimi anni c’è stato un calo significativo dei volumi di produzione. Il secondo obiettivo è mantenere in Italia un’attività centrale di innovazione, di ricerca e di sviluppo da parte di chi costruisce i veicoli, Stellantis in primis. Il terzo obiettivo è, in questi processi, coinvolgere il più possibile anche la nostra componentistica, perché, nonostante abbiamo perso quote a livello di volumi prodotti, la nostra componentistica continua a essere la seconda per importanza in Europa dopo quella tedesca. Questo significa che, al di là del cliente nazionale, le aziende hanno saputo negli anni trovare anche dei clienti all’estero, non solo in Europa, ma anche in Giappone, Corea e Stati Uniti. Per cui l’obiettivo dell’accordo è creare proprio un piano di politica industriale nei prossimi anni che possa continuare a mantenere competitiva a componentistica italiana alla luce delle grandi sfide che la transizione imporrà”.

Parlava di Stellantis, voi vi siete anche proposti come trait d’union con il Governo.
“Noi siamo un po’ il cuscinetto tra il Governo e Stellantis, abbiamo un rapporto positivo con entrambi. Nei prossimi giorni dovrebbero anche siglare un accordo Stellantis col Mimit. Poi quello che si dovrà fare è subito convocare un tavolo operativo di lavoro anche con le Regioni italiane che hanno stabilimenti Stellantis e poi con i sindacati per implementare tutta una serie di strumenti industriali per far sì che gli obiettivi siano raggiunti. Noi ci mettiamo a disposizione facendo uno studio che tra le varie cose analizzerà anche i gap di competitività che ci sono in Italia rispetto ad altri Paesi in modo che su questi gap il Governo poi possa incidere con degli strumenti ad hoc e in qualche modo essere più attrattivo rispetto a Stellantis, che dovrà aumentare la produzione nei prossimi anni qui, e magari anche attirare nuovi investimenti produttivi nei prossimi anni”.

A livello europeo ci sono molte novità per il settore dell’auto, a partire dallo stop ai motori endotermici al 2035. Quale è la vostra posizione?
“Noi siamo a favore della neutralità tecnologica, per cui sosteniamo che gli obiettivi di decarbonizzazione debbano essere ottenuti portando avanti più tecnologie. In questo momento l’elettrico, ovviamente è l’unica tecnologia scelta dal legislatore europeo, e nei prossimi anni sarà dominante per cui è giusto che si investa in quella direzione. Però, secondo noi, è anche importante sia sui veicoli leggeri sia su quelli pesanti mantenere aperte anche delle altre opzioni”.

E la proposta di standard Euro7?
“Siamo riusciti, con l’aiuto anche dell’associazione europea e un po’ di tutti, a modificare la prima proposta che era abbastanza irricevibile nei contenuti. Speriamo che in termini di date, di target e di una serie di altri elementi questa prima proposta della Commissione venga rivista e adottata in maniera che gli obiettivi siano importanti, ma raggiungibili anche da un punto di vista economico-finanziario per non mettere in ginocchio un pezzo dell’industria”.

Ecco Gea edu: con Fondazione Art. 49 la transizione ecologica arriva in classe

Approfondire insieme alle nuove generazioni le tematiche relative allo sviluppo sostenibile, alla transizione ecologica e ai nuovi ‘green job’ con uno sguardo generale rivolto all’Europa. È l’obiettivo che si pone Gea EDU-Idee per il futuro, il progetto didattico promosso dalla Fondazione Articolo 49, emanazione di WITHUB S.p.A, e destinato alle scuole secondarie di II grado.  Oltre duemila studenti, tra 82 classi e 27 istituti superiori, a cui si ricorda il dovere civico a concorrere alla politica nazionale sancito dalla Costituzione, e da qui, partire attraverso “un progetto educativo per i ragazzi sulla transizione ecologica, che può sembrare tematica scontata ma non lo è”, sottolinea Andrea Poli, presidente di Fondazione Articolo49 e amministratore delegato del gruppo Withub. “E’ un progetto ambizioso”, ma che serve più che mai. Soprattutto nell’anno del 75esimo anniversario dell’entrata in vigore della Costituzione. “L’Articolo 49 disegna un dovere civico di tutti noi, non solo un diritto: chiama tutti noi a concorrere, determinare la politica nazionale – continua Poli – L’anno prossimo ci saranno le europee, per cui sarebbe imperdonabile non concorrere, col diritto di voto, non solo alla politica nazionale ma alla politica mondiale. Se il sistema democratico sarà pieno sarà concreto”.

Il progetto educativo Gea EDU, presentato in occasione dell’evento di WITHUB: ‘L’evoluzione dell’agroalimentare italiano ed europeo’ e patrocinato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ed in collaborazione con il Parlamento Europeo, è partito il 6 febbraio e si inserisce nel sistema dell’Agenda Onu 2030 che ingloba 17 obiettivi per uno Sviluppo Sostenibile. Gli studenti verranno invitati a riflettere sui ‘goal’ 11 (città e comunità sostenibili), 12 (produzione e consumo responsabili), 13 (lotta contro il cambiamento climatico), lavorando sulle azioni e i comportamenti sostenibili di ogni singolo individuo. I ragazzi si faranno promotori di idee innovative per migliorare la vita di tutti i giorni per loro stessi e per la loro comunità. Una giuria di esperti selezionerà i tre migliori progetti; le tre classi vincitrici saranno premiate il 25 maggio a Roma presso Europa Experience, lo spazio multimediale dedicato all’UE e intitolato a David Sassoli.

L’iniziativa trova il plauso del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, che ha partecipato alla presentazione dell’iniziativa con un videomessaggio. “La preparazione richiesta ai tecnici del settore è sempre più raffinata”. Questo perché “il settore agroalimentare ha ormai un orientamento di sistema e non più di settore, con tutela del territorio”. Non solo. “il processo sempre più automatizza e difesa biodiversità caratterizza sempre più il settore del futuro”. Ecco perché “si sta intervenendo con il Piano per la ripresa, che vuole un’istruzione sempre più connessa alle esigenze emergenti, orientate alle transizioni verde e digitale“. Ma per fare bene “serve la formazione dei giovani per rispondere alla transizione in atto”, e in tal senso “occorre rafforzare i partenariati formazione-lavoro”. Un obiettivo chiaro del governo.

Anche Federacciai ha aderito al progetto, insieme ad altri soggetti come Coreve, Nestlè, In’s Mercato.  “Abbiamo aderito con convinzione e determinazione a questo progetto perché siamo consapevoli di un divario comunicato e informativo che affligge le imprese siderurgiche italiane”, spiega il presidente Antonio Gozzi . Il problema di fondo è il problema di spiegare le cose. “Imprenditori concentrati su ciò che devono fare e comunicano poco e male”.Risultato, pochi sanno che “la siderurgia italiana non usa il carbone ma l’elettricità”. Questo fa sì che la siderurgia italiana, la cui produzione deriva per oltre l’80 per cento da forno elettrico, abbia “un primato mondiale a cui teniamo e che cercheremo di mantenere”. Gozzi lo sottolinea con forza: “Non esiste nessun altro Paese industriale al mondo importante con questi numeri. Quando il mondo parla di decarbonizzare le produzioni d’acciaio, che è un processo green, questo in Italia è già stato fatto”. Avere un progetto come Gea-Edu aiuta dunque a raccontare l’Europa e l’Italia nelle sue politiche.

Il Pnrr e la missione ‘Rivoluzione verde e transizione ecologica’

Il 30 aprile 2021 il governo italiano ha presentato alla Commissione europea il Pnrr, ovvero il Piano nazionale di ripresa e resilienza per proiettare il Paese fuori dalle sacche della pandemia e attuare una vera e propria strategia di rilancio. Il Piano ha alcuni obiettivi dichiarati e importanti per il futuro dell’Italia che dovranno essere completati – salvo eventuali revisioni sulle tempistiche, già annunciate dal Governo Meloni – entro il 2026.

LO STANZIAMENTO COMPLESSIVO. L’Unione europea ha stanziato complessivamente 672,5 miliardi, 191,5 dei quali sono stati assegnati all’Italia: 122,6 miliardi sotto forma di prestiti e 68,9 a fondo perduto, da ‘spendere’ attraverso 63 riforme e 134 investimenti. A questa cifra vanno sommati i fondi stanziati dal React-EU e dal Pnc (Piano nazionale investimenti complementari) per un totale di 235 miliardi.

IL PIANO NAZIONALE COMPLEMENTARE AL PNRR. L’Italia ha approvato un Piano nazionale per gli investimenti complementari al Pnrr, con una dotazione complessiva di circa 30,6 miliardi di euro dal 2021 al 2026, destinato a finanziare specifiche azioni che integrano e completano il Piano.

LE SEI MISSIONI. Il Pnrr si articola in 16 componenti, raggruppate in 6 missioni. Ogni missione ha ricevuto un finanziamento ad hoc: Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo (40,29 miliardi), Rivoluzione verde e transizione ecologica (59,46 miliardi), Infrastrutture per una mobilità sostenibile (25,40 miliardi), Istruzione e ricerca (30,88 miliardi), Inclusione e coesione (19,85 miliardi), Salute (15,63 miliardi).

LA TRANSIZIONE ECOLOGICA. La seconda missione del Pnrr è la cosiddetta ‘Rivoluzione verde e transizione ecologica’ e, complessivamente rappresenta il 31,05% dell’importo totale del Piano. Il suo obiettivo è quello di traghettare l’economia e la società verso un territorio ‘green’, per rendere il sistema sostenibile e garantire comunque la competitività.

I FONDI PER LE COMPONENTI. La missione dedicata alla transizione ecologica si divide in quattro componenti, ciascuna delle quali ha ricevuto un preciso stanziamento di fondi nell’ambito del Pnrr, ma anche dal Fondo complementare e dal React EU. La componente più sostanziosa è la seconda, dedicata a ‘Transizione energetica e mobilità sostenibile’ con 23,78 miliardi di euro. Seguono la terza, ‘Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici’ con 15,36 miliardi di euro (a cui si aggiungono 6,56 miliardi del Fondo complementare), la quarta ‘Tutela del territorio e della risorsa idrica’ (15,05 miliardi di euro) e la prima ‘Agricoltura sostenibile ed economia circolare’ (5,27 miliardi).

QUALCHE ESEMPIO. I progetti previsti dalla Missione 2 sono tantissimi e riguardano interventi per l’agricoltura sostenibile e per migliorare la capacità di gestione dei rifiuti, programmi di investimento e ricerca per le fonti di energia rinnovabili, investimenti per lo sviluppo delle principali filiere industriali della transizione ecologica e la mobilità sostenibile. Prevede, inoltre, azioni per l’efficientamento del patrimonio immobiliare pubblico e privato, iniziative per il contrasto al dissesto idrogeologico, per salvaguardare e promuovere la biodiversità del territorio e per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento e la gestione sostenibile ed efficiente delle risorse idriche. Rientrano nella Missione 2, ad esempio, i Parchi agrisolari (1,5 miliardi di euro), lo sviluppo del biometano (1,92 miliardi di euro), il rinnovo delle flotte di bus e treni verdi (3,36 miliardi), interventi per l’efficienza energetica dei Comuni (6 miliardi), misure per la gestione del rischio di alluvione (2,49 miliardi).

Transizione ecologica, il progetto educativo GEA per rendere consapevoli gli studenti

Il progetto educativo GEA si inserisce nel sistema dell’Agenda Onu 2030 e si pone l’obiettivo di approfondire insieme alle nuove generazioni le tematiche relative allo sviluppo sostenibile, alla gestione dei rifiuti e alla riduzione degli sprechi con uno sguardo generale rivolto anche ai cambiamenti climatici di questi ultimi anni. Il percorso si articolerà su tre cicli scolastici (triennale), e permetterà agli studenti scoprire le dinamiche del mondo del lavoro e le “nuove” professioni.

Il progetto didattico GEA è promosso dalla Fondazione Articolo 49, emanazione diretta di Withub, e ne incarna l’anima sociale e di intervento. Tra gli ambiti d’azione della Fondazione vi sono infatti anche l’educazione, l’istruzione e la formazione professionale, nonché le attività culturali di interesse sociale con finalità educativa.
GEA – Green Economy Agency è l’agenzia di stampa verticale sull’economia circolare Withub; in generale il ‘sistema GEA’ supera il concetto di fornitore di informazione della tradizionale agenzia di stampa e, attraverso la Fondazione Articolo 49, realizza un progetto educativo a livello nazionale. Uno strumento per favorire la discussione, il confronto, il dibattito nelle scuole sull’educazione civica orientata ai temi della sostenibilità. Per formare i cittadini consapevoli di domani.

Grazie a un percorso didattico triennale di 40 ore all’anno, gli studenti entreranno in contatto con le tematiche legate allo sviluppo sostenibile e alle nuove professioni a esso collegate: al primo anno consumo sostenibile, al secondo anno l’economia circolare e la gestione dei rifiuti, al terzo anno innovazione e nuove professioni. Tra gli obiettivi del progetto educativo, infatti, vi è quello di rendere gli studenti consapevoli e protagonisti della transizione ecologica europea, diffondendo la cultura della partecipazione, in linea con la mission della Fondazione Articolo 49, erogatrice del progetto; oltre che trasmettere competenze e informazioni utili sulle nuove professioni del green deal.
L’insegnamento obbligatorio dell’Educazione Civica permette di creare progetti educativi esterni a tema: Costituzione, Sviluppo sostenibile, cittadinanza digitale.
Dopo aver seguito il percorso annuale, i ragazzi saranno chiamati a partecipare a un contest per diventare promotori di idee innovative per migliorare la vita di tutti i giorni, per loro stessi e la loro comunità.