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Grano, Mosca: Estensione dell’accordo si complica. A Ginevra incontro con l’Onu

Il rinnovo dell’accordo sul grano si complica. Sergei Lavrov inizia a preparare il terreno per un nuovo braccio di ferro con la comunità internazionale a pochi giorni dalla scadenza del patto che ha permesso la ripresa delle esportazioni di cereali dai porti ucraini, nonostante l’offensiva di Mosca.
Se l’accordo è attuato a metà, allora la questione della sua estensione diventa piuttosto complicata“, è l’affondo del ministro degli Esteri russo, secondo il quale le clausole destinate a favorire la Federazione non sarebbero state attuate “affatto“.

La ‘Black Sea Grain Initiative’, il nome ufficiale dell’accordo, deriva da un patto siglato il 22 luglio che ha contribuito ad alleviare la crisi alimentare globale causata dall’attacco russo all’Ucraina. Vitale per le forniture alimentari globali, l’accordo è stato rinnovato a metà novembre per i quattro mesi invernali e scade il 18 marzo.

Il prossimo 13 marzo a Ginevra si tengono nuove consultazioni sull’accordo, al quale parteciperà anche la delegazione interdipartimentale russa, con i rappresentanti delle Nazioni Unite. Ieri il segretario generale, Antonio Guterres, ha lanciato un nuovo monito da Kiev: estendere l’accordo è “cruciale“, ha ricordato, invitando a “creare le condizioni per utilizzare al meglio l’infrastruttura di esportazione“. L’intesa ha permesso di sbloccare 23 milioni di tonnellate di grano dai porti ucraini. L’accordo “ha contribuito ad abbassare il costo globale del cibo e ha fornito un’assistenza cruciale alle persone che stanno pagando un prezzo pesante per questa guerra, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo“, ha precisato il capo delle Nazioni Unite.Il grano e i fertilizzanti ucraini e russi sono “essenziali per la sicurezza alimentare globale e per i prezzi dei prodotti alimentari“, in un contesto di inflazione diffusa in molti Paesi del mondo.

Martedì l’Ucraina ha invocato l’impegno della comunità internazionale per mantenere aperte le rotte marittime del Mar Nero e, al vertice del G20 di inizio marzo, il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha cercato la mediazione con la Russia nel tentativo di far andare avanti i negoziati. Mosca, da parte sua, sostiene che la parte dell’accordo che avrebbe dovuto consentirle di esportare fertilizzanti senza le sanzioni occidentali non viene pienamente rispettata. “I nostri colleghi occidentali, gli Stati Uniti e l’Unione Europea, dicono pateticamente che non ci sono sanzioni su cibo e fertilizzanti, ma questa non è una posizione onesta“, scandisce Lavrov. Di fatto, spiega, “le sanzioni vietano alle navi russe che trasportano Grano e fertilizzanti di entrare nei porti appropriati e vietano alle navi straniere di entrare nei porti russi per prendere questi carichi”. “Il prezzo dell’assicurazione per le navi – fa sapere – è quadruplicato a causa delle sanzioni“.

Un anno di guerra in Ucraina: le conseguenze fra energia e inflazione

Il primo colpo, il primo sparo, e l’inizio di un periodo fatto non solo di aggressione, morti e distruzione, ma pure di crisi delle materie prime, shock energetici, crisi alimentare mondiale, inflazione a doppia cifra, rincaro dei generi alimentari. 24 febbraio 2022-24 febbraio 2023, un anno di guerra russo-ucraina che ha ridisegnato anche l’agenda europea per la sostenibilità. Da un punto di vista a dodici stelle l’ha fatto imprimendo un’accelerazione verso la realizzazione di una vera green-economy, ma innescando all’interno della stessa Unione un dibattito tutto nuovo sul nucleare tradizionale considerato come necessità, in tempi di corsa alla ricerca di alternative al gas per decenni pompato da Gazprom. Un dibattito che non ha lasciato indifferente l’Italia, dove il cambio di governo avvenuto a settembre ha visto riproporre la questione dell’energia prodotta da atomo. La Lega di Matteo Salvini torna a insistere su questo punto.

Le sfide nella sfida. L’Unione europea che ha saputo varare nove pacchetti di sanzioni contro la Russia, in questo anno di attività militare su suolo ucraino ha dovuto cercare soprattutto di trovare un’unità non scontata. Perché sull’energia i 27 modelli economici, interconnessi ma non identici, sono andati in difficoltà. Eppure in nome dell’obiettivo di privare le casse di Mosca di risorse utili al finanziamento della guerra, la Germania ha saputo liberarsi dei gasdotti NordStream e Nordstream 2, l’Ue ha prima messo una moratoria al carbone russo, poi al petrolio, quindi trovato il meccanismo per calmierare i listini del gas naturale. Una richiesta posta sul tavolo da Mario Draghi, ai tempi in cui sedeva a palazzo Chigi, e che ha richiesto mesi prima di una realizzazione pratica e condivisa. Adesso scatterà automaticamente un ‘price cap’ di fronte a due condizioni contemporanee: quando il prezzo del la risorsa sul mercato olandese TTF supera i 180 euro per Megawattora per 3 giorni lavorativi e quando il prezzo TTF mensile è superiore di 35 euro rispetto al prezzo di riferimento del GNL sui mercati globali per gli stessi tre giorni lavorativi.

E’ questo uno dei successi dell’Ue, non immediato né semplice. Ma doveroso. Perché l’aumento dei prezzi dell’energia ha trainato l’inflazione, rendendo complicata la vita di famiglie e imprese, e facendo paventare rischi di una nuova recessione per l’Eurozona. Rischi scongiurati, ma solo alla fine del 2022, quando la contrazione data per scontata non si è materializzata. Merito della sospensione delle regole europee di finanza pubblica e dell’allentamento delle regole sugli aiuti di Stato che hanno permesso di contrastare il caro-bollette. Merito anche di un accordo trovato grazie alle mediazione della Turchia che ha permesso la partenza delle navi cariche di grano ferme nel porto di Odessa.

Uno dei mantra ripetuti è quello per cui la guerra innescata il 24 febbraio di un anno fa offre l’opportunità di accelerare la transizione verde, e il passaggio ad un’economia davvero a prova di surriscaldamento del pianeta. In questo non semplice esercizio l’Italia può giocare un ruolo da protagonista. La sostituzione del gas naturale con quello liquefatto (Gnl) rimette in moto i cantieri, crea occupazione, e può permettere al Paese di diventare il terzo hub dell’Ue per capacità. Qui, la sfida nella sfida è fare presto e bene. Presto e bene è anche la condizione numero uno per l’attuazione dei piani di ripresa, divenuti centrali per la Commissione Ue e anche per l’insieme degli Stati riuniti in Consiglio. Con l’Europa a caccia di materie prime necessarie per realizzare pannelli fotovoltaici, batterie elettriche, turbine eoliche, e alla ricerca di fornitori più affidabili di energia, si ridisegna anche la cartina geopolitica, con l’Italia anche qui protagonista. Da Draghi a Meloni il governo ha iniziato a scrivere una nuova pagina di relazioni con i Paesi dell’Africa e del Medio Oriente. Fondamentali, in tempi in cui gli Stati Uniti hanno deciso di sostenere massicciamente la propria industria tecnologica pulita.

La Casa Bianca produce l’Inflation Reduction Act, piano da circa 369 miliardi di dollari per rispondere all’aumento generalizzato dei prezzi. Sovvenzioni e sgravi fiscali per rilanciare l’industria, quella al centro dell’agenda dell’Ue, che sulla scia delle conseguenze della guerra vede anche lo spettro della concorrenza del partner transatlantico, e i dubbi che non sia leale. Non si vuole lo scontro, ma l’Ue si trova comunque a dover correre e rispondere in un contesto che resta di incertezza e instabilità.

Vale anche per il piano ambientale. L’occupazione delle centrale nucleare di Zaporizhzhia , con combattimenti tutt’attorno tiene col fiato sospeso non solo l’Unione europea, per i rischi di incidenti dalle conseguenze irreparabili per natura e salute. I pacchetti di sanzioni dell’Ue includono personalità ritenute responsabili anche di questo atto. Il blocco dei Ventisette vorrebbe annunciare il decimo pacchetto di misure restrittive nelle prossime ore, per ragioni simboliche: un anno dall’inizio della guerra.

Meloni a Kiev: “Lavoriamo per conferenza ricostruzione ad aprile”

Una dichiarazione congiunta sulla pace, sull’avvicinamento dell’Ucraina all’Unione europea, sulla ricostruzione, per la quale Roma lavora a una conferenza che si terrà ad aprile. Giorgia Meloni torna da Kiev, Bucha, Irpin dopo aver toccato con mano il dolore, la devastazione, ma anche la voglia di rivalsa di un Paese che, giura, l’Italia e l’intera Europa non abbandoneranno.

Saremo con voi fino alla fine”, promette visitando i luoghi dei crimini di guerra a Bucha, al procuratore generale Andriy Kostin. Paragona lo spirito ucraino al risorgimento italiano, prima, al boom del dopoguerra poi: “Sono certa che nei prossimi anni potremo parlare di un miracolo ucraino“, è l’auspicio.

Parla accanto al presidente Volodymyr Zelensky, allontana lo spettro di divisioni interne alla maggioranza di governo per le posizioni filoputiniane espresse da Silvio Berlusconi. “Nessuno gli ha mai bombardato la casa“, fa notare Zelensky.

Rimane agli atti che c’è un aggredito e un aggressore, rimane agli atti che per paradosso è l’aggredito che cerca un negoziato di pace“, precisa Meloni e fino al negoziato assicura all’Ucraina ogni genere di supporto. Supporto politico, militare, per difendere le infrastrutture strategiche contro il “gioco sadico” di portare allo stremo la popolazione civile, supporto umanitario e finanziario. Il gruppo di lavoro ‘emergenza elettrica Ucraina‘, voluto fortemente proprio da lei, ha già inviato materiale per diversi milioni di euro. Un tentativo di sostenere il Paese in sofferenza elettrica dopo i bombardamenti. Partono per l’Ucraina trasformatori e gruppi di diversa taglia, cavi e accessori per cercare di ripristinare una fornitura di energia stabile a circa 3 milioni di persone.

La conferenza sulla ricostruzione di aprile continuerà e amplierà molto il lavoro: “C’è un know how che le imprese italiane possono offrire, lo metteremo a disposizione perché nella ricostruzione l’Italia vuole giocare un ruolo da protagonista“, afferma la premier. Si partirà dalle esigenze principali, con un “cambio di passo” sul lavoro fatto finora: “Io non concentrerei la ricostruzione sul futuro – spiega -. Un segnale molto importante è lavorare subito. L’Italia credo possa fare la differenza“. Pensa al settore dei trasporti, dell’energia, dell’agroalimentare. Ma c’è un sogno, che è anche un messaggio di speranza. Sia Roma sia Odessa sono candidate per l’Expo 2030: “Sarebbe straordinario che l’Expo tornasse in Europa, ma possiamo lavorare insieme per questa scadenza, è un segnale importante di come crediamo che le cose andranno bene domani“.

 

(Photo credit AFP)

Ue, Meloni: Inopportuno l’invito di Macron a Zelensky

“Mi è sembrato più inopportuno l’invito” di Macron “al (presidente ucraino, Volodymr) Zelensky di ieri. La nostra forza in questa vicenda è la nostra compattezza e la nostra unità. Capisco le questioni di politica interna, ma ci sono dei momenti in cui privilegiare la propria opinione pubblica interna rischia di andare a scapito della causa”. Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in arrivo al Consiglio europeo straordinario a Bruxelles, in riferimento alla visita di ieri del presidente ucraino a Parigi, dove ha incontrato il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, alla vigilia del Vertice Ue in corso a Bruxelles oggi e domani.

Ecco perché nel 2023 il prezzo del gas tornerà a essere ‘normale’

Fare previsioni economiche affidabili con una guerra in corso è un arduo esercizio. E quindi il lettore mi perdonerà se farò ragionamenti un po’ generali e tendenziali, se parlerò di sentiment piuttosto che di numeri, sfruttando impressioni e sensazioni che mi vengono dall’osservatorio privilegiato rappresentato dal grande gruppo internazionale in cui opero, attivo in tre settori: energia, siderurgia e shipping. Si tratta di tre aree di business tipicamente legate ai trend macroeconomici e ai cicli dell’economia che spesso anticipano gli andamenti più generali.

Dopo il 2021 e il 2022, che sono stati anni di rilancio delle economie mondiali post-Covid segnati da tassi di crescita particolarmente elevati un po’ ovunque, e da un gigantesco ‘effetto molla’ che ha creato non pochi problemi di squilibrio tra domanda e offerta, la situazione sta rapidamente cambiando. Quali sono i fatti che stanno condizionando l’andamento economico della fine di questo anno e che condizioneranno il 2023?

Gli impulsi inflazionistici (soprattutto inflazione da costi delle materie prime e da scarsità di tutti i componenti elettronici) registrati nel 2021 e 2022 e causati dallo squilibrio temporale tra domanda e offerta conseguente alla violenta ripresa post pandemica delle economie mondiali, hanno provocato un rialzo dei tassi di interesse in tutto il mondo.

In Europa questi impulsi inflazionistici sono stati drammatizzati dalle conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina e in particolare dalla crisi energetica provocata dalla progressiva riduzione delle forniture di gas russo al nostro continente.

Le banche centrali, americana e europea, hanno reagito alla situazione provocando appunto il rialzo dei tassi di interesse e così ci siamo trovati in una situazione che non conoscevamo da tanto tempo: inflazione a due cifre (negli Usa si è parlato di una fiammata inflattiva che ha raggiunto il 15%, in Europa siamo intorno al 10%) e un costo del denaro che improvvisamente è tornato a crescere anche perché le banche, costrette per decenni a margini di intermediazione bassissimi, ne hanno un po’ approfittato per ricostruire la redditività perduta. Al riguardo è sufficiente guardare i profitti che le banche hanno fatto negli ultimi semestri.

È chiaro che una situazione del genere, aggravata come detto in Europa dalla crisi energetica, non favorisce la crescita. In molti si attendono una forte riduzione di consumi e degli investimenti e il rallentamento sensibile dell’economia degli ultimi mesi sembra già evidenziarlo.

Al riguardo i più pessimisti tra gli economisti sono arrivati ad evocare il pericolo di stagflazione e cioè l’incubo di una presenza simultanea di recessione e alti tassi di inflazione. Io non ho questa visione catastrofista e da un po’ di tempo vado dicendo sia in sedi pubbliche che private che sono convinto che la straordinaria, per le abitudini degli ultimi venti anni, inflazione attuale sia uno strappo improvviso ma non duraturo e che sia destinata a rientrare abbastanza rapidamente.

Tale convinzione nasce dal fatto che nei sistemi capitalistici e di mercato quando c’è uno squilibrio tra domanda e offerta come quello che si è creato nel periodo post-Covid (quello che abbiamo definito ‘effetto molla’) abbastanza rapidamente e automaticamente l’offerta, trainata dai prezzi alti provocati dalla scarsità si adegua alla domanda. Nel mondo delle materie prime e in genere di tutte le commodity avviene anzi che l’offerta oltre che adeguarsi alla domanda la sorpassa creando situazioni di eccesso che costituiscono potenti fattori deflattivi. È quella che si chiama over capacity, eccesso di capacità installata, che affligge molti settori dall’acciaio all’alluminio alle stive delle navi, settori ciclicamente colpiti da crisi e caduta di prezzi provocati dall’eccesso di offerta.

A mio giudizio succederà così anche per il gas che dopo essere stato scarso a causa della crisi russa tornerà ad essere abbondante e a basso prezzo perché tutti i Paesi che lo producono trascinati dai prezzi alti attuali stanno investendo per aumentare le quantità prodotte e vendute; basta guardare ciò che succede in Algeria, Egitto, Israele, Qatar, Norvegia e Usa.

Questa mia impressione, su un rientro relativamente rapido dell’inflazione, è confermata negli ultimi giorni dai dati che provengono da diversi paesi: Germania, Spagna, Stati Uniti d’America. In particolare negli Usa i prezzi al consumo a novembre sono aumentati meno delle aspettative più rosee degli analisti. Ci aspettava una crescita del 7,7% che era stata quella del mese di ottobre e invece il dato è del 7,1%, il minimo da un anno. È sempre troppo ma si consideri che a giugno era del 9,1%.

È calato di molto il prezzo della benzina, uno dei beni di consumo ai quali gli americani sono più attenti, che è passato da una media dei tre mesi precedenti novembre di 5 dollari al gallone ai 3,25 dollari a gallone del mese di novembre. Questa caduta dei prezzi al consumo comporterà una seria riflessione della Fed, la Banca Centrale Usa, a proposito della necessità di continuare o meno la stretta monetaria e il rialzo dei tassi con il rischio di provocare una recessione economica che invece si potrebbe evitare.

L’altro elemento che mi induce a un cauto ottimismo sono i dati italiani e il sentimento che riscontro parlando con gli industriali dei diversi settori.

La cosa quasi stupefacente è che nonostante la grave crisi energetica che ha fatto temere l’avvio di una recessione da noi e in Europa, l’Italia crescerà nel 2022 quasi del 4% (l’Istat prevede il 3,9%). Per la prima volta da una quarantina d’anni il nostro Paese crescerà quanto la Cina e molto di più di Francia e Germania. Si tenga presente che l’Italia era cresciuta più di tutti anche nel 2021 (6,7%). Molti analisti sostengono che, in questo contesto, l’obiettivo di una crescita intorno allo 0,5% nel 2023, malgrado il rallentamento in corso, non sia così impossibile come ci hanno detto i pessimisti.

Al di là dei numeri parlando con i colleghi industriali di molti settori sento aspettative non catastrofiche anche perché nella media gli impianti stanno ancora girando intorno all’80% della loro capacità massima. Ciò significa che la domanda c’è, gli ordini ci sono e l’industria continua a produrre ed esportare anche aiutata da un dollaro forte che, se ci aumenta il costo delle materie prime comprate all’estero, normalmente pagate in dollari, dall’altra parte favorisce di molto le esportazioni italiane ed europee nel gigantesco mercato degli Usa.

Le imprese italiane hanno guadagnato mediamente molto negli ultimi due anni e oggi grazie a ciò sono le meno indebitate del mondo avanzato. La buona patrimonializzazione consentirà all’industria italiana di continuare nei processi di investimento in innovazione tecnologica e digitalizzazione innescati e consentiti dai meccanismi di Industria 4.0 del Governo Renzi e dell’allora Ministro dello Sviluppo economico Calenda. Inoltre, se si riusciranno a spendere i soldi del Pnrr, ciò sarà un formidabile elemento di sostegno keynesiano della domanda, specie nelle settore delle infrastrutture. Le Ferrovie dello Stato con i loro svariati miliardi di investimenti previsti nei prossimi quattro anni sono la più grande stazione appaltante del Paese.

Certo permane la forte preoccupazione del costo dell’energia che colpisce sia le famiglie che le imprese. Finora gli interventi di mitigazione dei Governi Draghi prima e Meloni ora hanno ridotto l’impatto. Bisogna vedere se le finanze pubbliche riusciranno nel 2023 a reggere interventi di questo tipo, che sono molto costosi. Finora si sono spesi al riguardo più di 65 miliardi di euro e l’estensione di tali misure al primo trimestre del 2023 decisa dal governo attuale comporterà altri miliardi di spesa pubblica.

Ma anche su questo sono abbastanza ottimista. I prezzi dell’energia, in un quadro complessivo di forte volatilità, stanno scendendo. Probabilmente soffriremo ancora quest’estate quando ci saranno da riempire gli stoccaggi gas ma superata quella fase l’abbondanza di gas che nel frattempo arriverà da più parti ci aiuterà molto.

Pensare positivo aiuta a vivere. I pessimisti non sono mai riusciti a fare nulla.

Meloni: “Su energia da Ue risposta insoddisfacente e inattuabile”

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni  interviene alla Camera in vista del Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre e sottolinea come l’Italia sia “da mesi  in prima fila per un tetto dinamico dei prezzi. La posta in gioco per il Paese è alta perché si definisce la possibilità di difendersi senza prevaricazioni dei singoli a discapito di chi ha scarsa possibilità di spesa e che, dunque, potrebbe essere lasciato indietro”. E non usa mezzi termini per definire la proposta della Commissione europea sul price cap: “Insoddisfacente perché inattuabile”.
Nel discorso alla Camera, la presidente del Consiglio affronta il tema dell’elettrodotto Terna-Steg. “La nostra nazione è cerniera e ponte energetico naturale tra il Mediterraneo e l’Europa – ribadisce – in virtù della sua posizione geografica. L’obiettivo strategico che questo governo vuole realizzare è far diventare l’Italia uno snodo energetico che colleghi, tramite gasdotti – che in prospettiva dovranno traportare idrogeno verde -, ed elettrodotti la sponda Sud del Mediterraneo al resto d’Europa”. Giorgia Meloni fa riferimento al recente via libera della Commissione europea allo stanziamento di 307 milioni di euro per co-finanziare la nuova interconnessione elettrica tra Italia e Tunisia: “Un’opera che sarà realizzata da Terna e dalla società tunisina Steg e costituirà un nuovo corridoio energetico tra Africa ed Europa, favorendo la sicurezza di approvvigionamento energetico e l’incremento di produzione di energia da fonti rinnovabili”. Un’azione che Giorgia Meloni definisce “un Piano Mattei per l’Africa, un modello virtuoso e di crescita tra l’Unione europea e i paesi africani”. Un Piano “che non sia predatorio ma collaborativo e che garantisca crescita, dignità e lavoro. E che garantisca il diritto a non dover emigrare”.

La premier ricorda inoltre l’impegno assunto nei confronti della Lukoil: “Questo governo ha approvato un decreto per la raffineria di Priolo, che è stata messa nella condizione di lavorare anche dopo il 15 settembre. Abbiamo difeso i livelli occupazionali, mettendo in sicurezza 10 mila lavoratori e abbiamo tutelato un nodo energetico”. Un doppio passaggio importante, sottolinea la premier, in quanto “non dobbiamo scaricare sui cittadini i costi delle sanzioni alla Russia”.


Rispetto al tema delle sanzioni, la premier sottolinea che “abbiamo ripreso i colloqui per il nono pacchetto di sanzioni europee alla Russia. Siamo impegnati con sanzioni dolorose ma efficaci”. E, aggiunge: “Abbiamo approcciato alla discussione con spirito aperto, i costi imposti alla Russia devono essere superiori a quelli europei”.
Nell’affrontare la questione, Giorgia Meloni ribadisce il pieno appoggio dell’Italia a Kiev. “Non abbiamo cambiato idea – afferma – perché le nostre convinzioni non mutano a seconda del fatto che siamo al Governo o all’opposizione. L’Europa è unita contro il conflitto russo, sosteniamo il cammino europeo dell’Ucraina e ribadiamo che il conflitto riguarda tutti”. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ribadisce con forza l’appoggio italiano ed europeo all’Ucraina parlando alla Camera in vista del Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre. Un appoggio che non è “facile propaganda” ma “concreto, anche sul piano militare; l’Italia deve continuare a fare la propria parte, con le azioni inaccettabili russe contro le infrastrutture ucraine, lo spazio di manovra per un cessate il fuoco appare assai limitato. Il Consiglio Europeo ci ha chiamati alla ricostruzione dell’Ucraina: sono stati destinati 349 miliardi di euro, temo ne serviranno molti di più. Per raggiungere questo ambizioso obiettivo, sarà necessario un coordinamento inteso, internazionale, europeo ma, come ribadito ieri nel corso del G7, che coinvolgerà anche gli Stati terzi e settore privato”.

Giorgia Meloni ricorda che “non consentiremo che Putin utilizzi la carenza di cibo come arma” e sottolinea l’impegno umanitario dell’Italia che, ad oggi, ha consegnato 66 tonnellate di beni: “Siamo fieri della solidarietà italiana all’Ucraina. Molti Paesi hanno dimostrato un grande spirito di fratellanza, primo tra tutti la Polonia; anche l’Italia però ha contribuito a questo sforzo”.
Nel discorso della premier trova spazio anche la questione del Mediterraneo, divenuta per la prima volta “centrale” e inserita in un documento della Commissione europea “grazie alla posizione dell’Italia, nel rispetto della legalità internazionale e nella consapevolezza che ci sia la necessità di affrontare il fenomeno delle migrazioni in maniera strutturale, passando dalla ridistribuzione dei migranti alla difesa dei confini. Per raggiungere questo obiettivo, occorre un quadro di collaborazione basato su flussi legali, fermando le partenze e lavorando sulla gestione europea dei rimpatri”. La Meloni ricorda i “44 mila arrivi” che sta sostenendo l’Italia, che ha “l’onere maggiore della protezione delle frontiere europee dal traffico di esseri umani”. Chiede con fermezza di non fingere “che vada tutto bene, anche perché quando si leggono notizie di scafisti che buttano persone in mare mi convinco una volta di più che tutto questo non ha nulla a che fare con il concetto di solidarietà” .
Giorgia Meloni conclude il proprio intervento definendo l’Italia fondatrice di “un processo di integrazione, colonna indispensabile per la crescita economica dell’intera Europa. Questa è l’Italia che vogliamo rappresentare”. 

centrale Zaporizhzhia

Raid su Zaporizhzhia: a rischio costante di incidente nucleare

Bombardamenti in serie, ripetute interruzioni di corrente, personale ucraino sotto pressione: la centrale elettrica di Zaporizhzhia, situata nel sud dell’Ucraina e occupata dall’esercito russo, vive sotto la costante minaccia di un disastro nucleare.
Dopo un primo timore, quando Mosca ha preso il controllo del sito il 4 marzo, la situazione è peggiorata notevolmente dall’inizio di agosto. I raid, di cui Mosca e Kiev si accusano a vicenda, si susseguono in tutta l’area della centrale, a ridosso della linea del fronte.
L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), che ha finito per lasciare esperti sul posto, ha parlato di aver sentito “una buona dozzina” di spari questo fine settimana. “Chiunque sia, la smetta con questa follia!”, ha esortato il direttore generale Rafael Grossi. “È un atto assolutamente deliberato e mirato.” Danni sono già stati registrati in varie località, anche se al momento il livello di radiazione è rimasto normale e l’alimentazione esterna non è stata influenzata. “Sebbene non ci sia stato un impatto diretto sui principali sistemi di sicurezza, il bombardamento è arrivato pericolosamente vicino. Stiamo parlando di metri, non di chilometri“, ha detto il capo dell’organismo delle Nazioni Unite. Il team di esperti dell’Aiea prevede di concludere oggi una valutazione dell’impatto dei bombardamenti degli ultimi due giorni sul sito.

Per l’amministratore delegato della società statale russa per l’energia atomica Rosatom, Alexei Likhachev, “l’impianto è esposto al rischio di un incidente nucleare” per volere degli ucraini. Allo stesso tempo, per Kiev “il bombardamento della centrale nucleare è la tattica russa per interrompere le forniture di energia agli ucraini, gli attacchi durante il fine settimana equivalgono a una campagna genocida per privare i cittadini dell’elettricità e far congelare gli ucraini fino a che muoiono“, come ha dichiarato il consigliere del Ministero della Difesa ucraino Yuriy Sak.
Le sei unità sovietiche dell’impianto, la più grande d’Europa, finora sono state risparmiate. Sono protette da “recinti di contenimento piuttosto robusti”, ha detto il consulente Tariq Rauf, ex funzionario dell’AIEA, “ma ovviamente non sono stati progettati per resistere a una guerra”.

L’altro rischio è quello di un’interruzione di corrente prolungata. Normalmente, i sistemi dell’impianto sono alimentati da quattro linee da 750 kilovolt (kV), che sono state ripetutamente danneggiate dai bombardamenti. In caso di guasto alla rete, la corrente può essere fornita da altre linee tramite una vicina centrale termica. Tuttavia, anche questa è regolarmente colpita.

nave grano

Le conseguenze della guerra: nodo del grano al G20, il tempo stringe

E’ la guerra in Ucraina il convitato di pietra del G20. Di tutte le sue ripercussioni, in ogni loro sfaccettatura, i leader si troveranno a discutere a Bali, in Indonesia, nella due giorni più attesa. Oltre alla crisi energetica, alla sicurezza e all’inflazione galoppante, torna lo spettro della carestia. Perché tra soli cinque giorni scadrà l’accordo sui corridoi sicuri per il trasporto del grano e l’Africa, provata, trema ancora. Il 19 novembre è alle porte e, per ora, la Russia continua a negare la proroga.
E’ “essenziale per la sicurezza alimentare mondiale“, ricorda il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. “L’iniziativa per i cereali del Mar Nero e gli sforzi per garantire che i prodotti alimentari e i fertilizzanti russi possano fluire verso i mercati mondiali sono indispensabili per la sicurezza alimentare globale“, avverte, chiedendo “un’azione urgente per scongiurare la fame in un numero crescente di luoghi nel mondo”.

L’accordo, siglato il 22 luglio a Istanbul sotto l’egida delle Nazioni Unite e della Turchia, è stato fondamentale, finora, per evitare nuovi aumenti dei prezzi e risparmiare la fame a milioni di persone. Oltre 10 milioni sono state le tonnellate di cereali e prodotti alimentari sbloccate e partite dall’Ucraina grazie ai corridoi.
Venerdì le Nazioni Unite e i funzionari di Mosca hanno discusso dello stato delle esportazioni dei fertilizzanti dalla Russia, necessari per combattere la crisi alimentare. Senza troppo successo, anche se, grazie al Programma Alimentare Mondiale, i Paesi Bassi hanno permesso una spedizione di 20mila tonnellate per il Malawi. Poco, troppo poco per le necessità del continente.

Il mondo non può permettersi di lasciare che i problemi globali di accessibilità ai fertilizzanti diventino una carenza alimentare globale“, scrive l’Onu in una nota, dopo l’incontro tra la segretaria generale per il Commercio e lo Sviluppo, Rebeca Grynspan, il capo dell’agenzia umanitaria, Martin Griffiths, e il vice ministro degli Esteri russo Sergey Vershinin. Le discussioni, assicurano le Nazioni Unite, sono state “costruttive”

Il sindaco di Varsavia avverte: Guerra ed energia mettono a rischio la Cop27

“Il contesto internazionale piuttosto teso attorno al quale si sta svolgendo la Cop27 potrebbe essere un ostacolo al raggiungimento di grandi traguardi , ma non dobbiamo scendere a compromessi sulla nostra ambizione”. Rafal Trzaskowski, sindaco di Varsavia, riconosce come l’agenda politica verde possa essere rimodellata a causa di uno scenario generale radicalmente cambiato. Già così, ammette nell’intervista rilasciata a GEA, “c’è il rischio che l’attuale crisi energetica globale ostacoli l’attuazione del patto per il clima di Glasgow, che è l’insieme delle azioni concordate alla COP26 lo scorso anno”. Se è così, appare molto difficile ottenere un nuovo, migliore, accordo, il messaggio che arriva dal membro della commissione Ambiente del Comitato europeo delle regioni.

GUERRA E CRISI ENERGETICA. Trzaskowski farà parte della delegazione del Comitato a Sharm-el-Sheik, dove promette di farsi sentire.Useremo la nostra voce”, per richiamare l’attenzione di comuni e regioni, ma soprattutto per tenere alta l’attenzione. La governance climatica globale e negoziati internazionali che ne derivano “sono piuttosto fragili” poiché legati da una parte a “dinamiche complesse” e dall’altra a “una varietà di fattori” di relazioni internazionali e geopolitica. “La guerra in Ucraina , la crisi energetica e l’elevata inflazione non hanno altro che esacerbato tale fragilità”, e questi rinnovati fattori “potrebbero sicuramente rendere la COP27 più impegnativa di qualsiasi altra recente Cop”, ammette Trzaskowski.

“NON C’E’ TEMPO DA PERDERE”. Allo stesso tempo va tenuto il punto, e ribadito che “nessuno di questi aspetti sta sminuendo l’emergenza climatica in cui viviamo”. Il problema c’è e va affrontato. “Non c’è tempo da perdere, non possiamo permetterci il lusso di tornare sui nostri impegni nonostante le circostanze difficili”. Per l’esponente del Ppe al Comitato delle regioni, “accelerare la transizione energetica è l’unico modo per ridurre bollette energetiche e affrontare la povertà energetica nel lungo periodo”. Per l’Unione europea, scandisce, l’unica sovranità energetica possibile è un sistema energetico rinnovabile, decentralizzato e interconnesso”.

G20 E COP27 A PARI PASSO. Ben venga dunque anche il summit del G20 a Bali, visto più come un’opportunità che come motivo per non avere leader attorno al tavolo di Sharm-el-Sheik. La riunione di Bali (15-16 novembre), “svolgendosi poco prima della chiusura dei negoziati della COP27, ritengo possa essere utile per trovare compromessi politici dell’ultimo minuto tra leader in termini di impegni sul clima, finanziamento e avanzamento dell’eliminazione graduale dei sussidi ai combustibili fossili”, vale a dire “alcuni degli elementi negoziali più difficili che abbiamo sul tavolo in questo momento”. Per il sindaco di Varsavia, comunque, al di là della presenza fisica a Sharm El Sheikh o a Bali, è importante capire che le agende del G20 e della COP27 vanno di pari passo, avanzano in parallelo e cercano sinergie”. Un qualcosa da non dimenticare, visto che “la collaborazione inclusiva e multi-livello tra locale, regionale e nazionale, anche tra Paesi sviluppati ed economie emergenti di tutto il mondo, è la soluzione per affrontare l’emergenza climatica in cui viviamo”.

CRISI CLIMATICA COLPISCE ANCHE A LIVELLO LOCALE. Il Comitato europeo delle regioni linea politica e contributi li ha chiari. Innanzitutto la posizione dell’istituzione comunitaria è che “mentre ci adoperiamo per garantire l’approvvigionamento energetico e proteggere i nostri cittadini dai prezzi elevati dell’energia, non possiamo perdere di vista la crisi climatica”. Da qui la determinazione di rilanciare il ruolo degli enti locali. Perché se il cambiamento climatico avviene a livello globale, lo stesso “colpisce prima a livello locale”. Il messaggio di Trzaskowski è lo stesso che a Bruxelles ripetono da anni: “Autorità locali, che attuano le politiche climatiche, devono essere formalmente coinvolte nella progettazione di quelle stesse politiche”. Sono gli amministratori locali, ricorda, i responsabili dell’attuazione del 90 per cento delle misure di adattamento climatico, del 70 per cento delle azioni di mitigazione climatica e il coordinamento del 50 per cento degli investimenti pubblici e del 30 per cento della spesa pubblica.

IL RUOLO FONDAMENTALE DELLE REGIONI. Ora, il Comitato delle Regioni è Unione europea, ma pure Nazioni Unite. Il Comitato è “un membro attivo” del Local Governments and Municipal Authorities Constituency (Lgma), il gruppo Onu di enti locali e regionali che rappresenta la voce dei governi subnazionali di tutto il mondo. La voglia è quella di incidere “sia come membri della delegazione dell’UE che del collegio elettorale della Lgma”, rileva il sindaco di Varsavia. Il Comitato delle regioni dunque fa rete mondiale. Ecco perché sul tavolo della Cop27 ci sarà anche la richiesta di “un riconoscimento formale del ruolo fondamentale dei governi subnazionali nell’accelerare una giusta transizione climatica” nel quadro normativo della Convenzione quadro dell’Onu per i cambiamenti climatici (Unfccc). Attenzione all’ambiente e rivoluzione sostenibile partono dai territori, e i territori sono decisi a giocare la partita salva-clima.

Nucleare, Aiea a Zaporizhzhia: Obiettivo presenza permanente

La missione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) è a Zaporizhia, al Sud-Est dell’Ucraina. Nella centrale atomica che porta il nome della città, l’intenzione è quella di stabilire una presenza “permanente per prevenire un incidente nucleare.

Gli ispettori avranno accesso all’impianto occupato dai russi a partire da oggi. “Ci stiamo preparando per il vero lavoro che inizierà giovedì“, riferisce il direttore generale dell’organizzazione, Rafaelo Grossi. “Cercheremo di stabilire una presenza permanente dell’agenzia da quel momento in poi“, aggiunge, prospettando una soluzione che non era stata menzionata prima, soprattutto dai russi.

Il convoglio, composto da una ventina di auto, metà delle quali con la scritta ‘ONU’, e un’ambulanza, è arrivato in città, a circa 50 chilometri in linea d’aria dall’impianto, nel primo pomeriggio di ieri. La missione di 14 persone è stata ricevuta il giorno prima a Kiev dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky e ha lasciato la capitale mercoledì mattina presto.

“Vogliamo evitare un incidente nucleare”, conferma Grossi alla stampa, aggiungendo che gli esperti trascorreranno “alcuni giorni” sul posto e assicurando di aver ricevuto garanzie di sicurezza dalle autorità russe e ucraine.

L’Ucraina ha chiesto alle forze russe un corridoio con il cessate il fuoco sulla strada per l’impianto. “Le truppe di occupazione russe devono smettere di sparare sui corridoi utilizzati dalla delegazione dell’AIEA e non ostacolare le sue attività“, accusa su Facebook il portavoce diplomatico ucraino, Oleg Nikolenko. Secondo Yevgen Yevtushenko, capo dell’amministrazione di Nikopol, i russi, che controllano il sito e l’Energodar, sul cui territorio si trova, hanno bombardato la città per dare alla missione dell’AIEA l’impressione che fosse Kiev a colpire l’area intorno all’impianto.

Intanto, a Mosca, il ministero della Difesa russo ha simmetricamente accusato le forze ucraine di “provocazioni” volte a “disturbare il lavoro della missione dell’AIEA“, sostenendo che uno dei bombardamenti di artiglieria ucraini aveva “colpito” martedì “un edificio per il ritrattamento di rifiuti radioattivi” presso il complesso.

Da settimane Kiev e Mosca si accusano a vicenda di mettere in pericolo la sicurezza della centrale e di rischiare un incidente nucleare.

L’impianto, il più grande d’Europa, è occupato dall’esercito russo dall’inizio di marzo, dopo l’invasione dell’Ucraina iniziata il 24 febbraio. Kiev ha accusato Mosca di aver dispiegato centinaia di soldati in quella zona, di aver posizionato pezzi di artiglieria e di aver immagazzinato munizioni. Zaporizhia, una delle quattro centrali nucleari attive in Ucraina, ha sei reattori con una capacità di mille megawatt ciascuno. La settimana scorsa, per la prima volta nella sua storia, è stata brevemente scollegata dalla rete elettrica in seguito al danneggiamento delle linee elettriche.

Credit foto: Rafael Grossi/Twitter