Organizzazione Internazionale Vino chiede sviluppo sostenibile dei vigneti

L’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (Oiv), una sorta di ‘Onu del vino’ che riunisce gli esperti del settore, ha lanciato un appello per uno “sviluppo sostenibile” della vite domenica al termine di una riunione ministeriale in Francia. “Gli effetti del cambiamento climatico stanno amplificando” le sfide che la vite deve affrontare, hanno dichiarato 37 dei 50 membri che hanno partecipato all’incontro presso la sede dell’OIV a Digione (Francia orientale).

I firmatari incoraggiano “i serbatoi di biodiversità, come i vitigni e l’intero ecosistema che li circonda, limitando l’erosione del suolo, catturando il carbonio (…) e riducendo gli sprechi”, aggiunge la dichiarazione ministeriale, la prima nella storia dell’organizzazione, che quest’anno celebra il suo centenario.

L’Oiv si è posta gli “obiettivi” di “sostenere l’innovazione, le pratiche colturali ed enologiche ambiziose, resilienti e sostenibili (…) nonché la biodiversità, come la conservazione e l’uso della diversità nella vite, lo sfruttamento di nuove varietà di vite e la gestione efficiente dell’acqua”.

La “sostenibilità” della vite e del vino significa anche “sostenibilità economica e sociale”, ha spiegato il direttore generale dell’OIV, il neozelandese John Barker, nel corso di una conferenza stampa, sottolineando in particolare la necessità per il settore di adattarsi al calo del consumo di vino.

Fondata il 29 novembre 1924 da otto Paesi (Spagna, Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Lussemburgo, Portogallo e Tunisia), l’OIV riunisce oggi 50 Paesi, che coprono l’88% della produzione vinicola mondiale, con la notevole assenza degli Stati Uniti, usciti nel 2001 dopo il fallimento del loro candidato alla presidenza.

La Cina diventerà il 51° membro a novembre.

L’organizzazione non è politica, ma riunisce esperti tecnici e scientifici per scambiare informazioni sul settore e cercare di armonizzare gli standard a livello internazionale.

Siccità, caldo e maltempo frenano crescita vendemmia: 41 milioni di ettolitri di vino stimati

Sono 41 milioni gli ettolitri stimati per la vendemmia 2024, che segna una timida risalita del Vigneto Italia dopo la scorsa annata ultra-light. Pur registrando un +7% sui valori del 2023, segnalano le previsioni ufficiali dell’Osservatorio Assoenologi, Ismea e Unione italiana vini (Uiv) presentate a Ortigia (SR) nell’ambito dell’Expo Divinazione in occasione del G7 Agricoltura, il raccolto 2024 rimane infatti distante (-12,8%) dalla media produttiva dell’ultimo quinquennio, mancando l’obiettivo ottimale stimato dalle imprese del vino tra i 43-45 milioni di ettolitri. A contenere il potenziale produttivo, l’ormai consueto impatto di fenomeni climatici estremi, dalle piogge eccessive al Centro-Nord alla siccità nel Sud. Nel complesso un’annata contenuta nella quantità ma complessivamente di qualità buona, con diverse punte ottime. Le premesse per firmare un ottimo millesimo, nonostante le bizzarrie del tempo, ci sono tutte.

L’indagine vendemmiale, realizzata attraverso un processo di armonizzazione delle metodologie adottate da Assoenologi, Unione italiana vini (UIV) e Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA) al quale si aggiunge il contributo dell’Ufficio competente del Masaf e delle regioni, rispetto allo scorso anno fotografa una sostanziale tenuta al Nord (+0,6% la performance della macroregione), accompagnata da una ripresa importante nel Centro (+29,1%) e da un incremento contenuto nel Sud (+15,5%) che, tuttavia, non bastano a riportare la produzione sui livelli di medio-periodo. Mentre Nord e Centro si discostano dalle medie quinquennali (2019-2023) rispettivamente del 5,3% e 5,4%, la performance dei vigneti di Sud e Isole si conferma in forte flessione, a -25,7%. Nello scenario globale, la drastica contrazione della Francia (-18% sui valori 2023) riconsegna all’Italia il primato produttivo mondiale.

Per quanto concerne le tempistiche della vendemmia, la trasversalità dell’andamento climatico ha influenzato i tempi di raccolta in base alle varietà, alla tipologia, alla giacitura e alla disposizione dei terreni, fornendo uno scenario variegato. Al Sud, dove allo stress da carenza idrica si è aggiunto (da maggio) anche lo stress termico, il periodo della raccolta è stato anticipato, come al Centro e al Nord per le varietà precoci. Rientrano invece nelle medie stagionali le varietà tardive del Nord. La siccità ha influito sicuramente in maniera negativa sui volumi, ma l’andamento delle temperature ha consentito una maturità fenolica completa che rappresenta il vero valore aggiunto di questa annata enologica.

Per il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella, “è stata una delle vendemmie più impegnative che ricordi nella mia ormai lunga esperienza di enologo. Una vendemmia quella del 2024 condizionata in maniera importante da una significativa trasversalità meteorologica che ha messo alla prova i viticoltori italiani da nord a sud del Paese. In particolare, la vendemmia di quest’anno si inserisce in un quadro meteorologico estremo, caratterizzato da un’instabilità climatica che ha influito inevitabilmente sulla produzione delle uve. Le varietà più precoci, in alcune zone, sono state raccolte con rese inferiori e una qualità segnata dalle condizioni meteorologiche avverse, mentre le varietà più tardive hanno subito ritardi o anticipi nella maturazione, con un impatto significativo sul bilancio zuccherino e acidico delle uve stesse. Tuttavia, nonostante le difficoltà, ciò che emerge come un fattore determinante per la qualità finale dei vini è proprio il lavoro degli enologi. Mai come quest’anno, siamo stati chiamati a dimostrare la nostra competenza scientifica e il nostro sapere tecnico per gestire al meglio sia la conduzione della vigna sia quella della cantina. In campo, abbiamo dovuto adottare strategie precise per ottimizzare l’uso delle risorse idriche, monitorare lo stato di salute delle piante e decidere il momento esatto della vendemmia per ottenere uve al massimo del loro potenziale. In cantina, il lavoro è stato cruciale per valorizzare la materia prima, lavorando con precisione per compensare gli squilibri creati dalle condizioni meteorologiche”.

Per il presidente di ISMEA, Livio Proietti, “le stime vendemmiali di quest’anno ci restituiscono un quadro complesso ma allo stesso tempo ci consentono di mettere a fuoco alcune azioni da mettere in campo. Certamente è necessario continuare a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici con tecnologie e innovazioni mirate anche all’adattamento al nuovo contesto, che comunque richiederà sempre più conoscenza e preparazione tecnica di chi opera in vigna, adoperandosi per mantenere il forte appeal che per i giovani ha fin qui avuto il lavoro in vigna e in cantina. Attirare le giovani generazioni è lo scopo di percorsi di studio specifici, in grado di cogliere con adeguato anticipo le tendenze in atto e utilizzare la tecnologia al meglio valorizzando il vino per preservare ed esaltarne la cultura. In questa direzione ISMEA interviene con misure specifiche a supporto dei giovani e delle donne, come Più Impresa e Generazione Terra. C’è poi il tema dei continui cambiamenti dei modelli di consumo che va presidiato e richiede uno story telling adeguato e accattivante che tocchi anche il tema del consumo responsabile, per un vero e proprio salto di qualità del settore”.

Per il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi, “abbiamo bisogno di un vigneto Italia ‘a fisarmonica’, reso più gestibile e flessibile da strumenti di intervento in grado di tamponare il tema delle eccedenze e, per quanto possibile, di rendere meno traumatiche le annate scarse. Gli estirpi, di cui si parla in Europa, non risolvono la situazione italiana: per comprenderne gli effetti basta ricordare quanto accaduto 13 anni fa, quando, a fronte di una spesa pubblica di circa 300 milioni di euro e 30 mila ettari espiantati soprattutto in collina e in aree Doc, ci siamo ritrovati due anni dopo con una vendemmia record da 53 milioni di ettolitri. Gli espianti per Uiv rappresentano di per sé un rischio sociale, perché impattano su intere economie in aree collinari vocate – e sappiamo che il vigneto in collina significa anche gestione del territorio, prevenzione da frane e incendi -, ma i tagli finanziati di vigneto che tolgono risorse alla crescita sono peggio della grandine sotto vendemmia. Il settore vive una stagione complicata – inutile girarci attorno, anche se l’Italia sta facendo meglio dei competitor -, ma non per questo si deve pensare di distrarre i fondi strategici per incentivare gli estirpi. La stragrande maggioranza delle nostre aziende – ha concluso Frescobaldi – è sana e ha bisogno di innovarsi, promuoversi, sintonizzarsi con un mercato in forte cambiamento; per questo il tavolo Ue del Gruppo di alto livello deve concentrarsi più a sostenere chi vuole restare nel business che a incentivare chi vuole abbandonare”.

Per Gaya Ducceschi, Head of Wine & Society and Communicationdel Comité Européen des Entreprises Vins (CEEV), l’associazione che rappresenta le aziende vinicole europee nell’industria e nel commercio di vino, “il declino strutturale a lungo termine dei consumi, soprattutto nei mercati tradizionali, è al centro della crisi attuale del settore. Mentre il mercato globale degli alcolici e dei prodotti a basso o zero alcol è in crescita, il consumo di vino continua a diminuire. Il supporto dell’Ue dovrebbe concentrarsi sul miglioramento della competitività, riducendo i costi e favorendo l’accesso ai nuovi consumatori. A tal riguardo, insieme alla filiera europea del vino, stiamo per lanciare in tutta Europa VITÆVINO, una campagna a difesa del nostro settore, per proteggere il vino come parte di uno stile di vita sano ed equilibrato, mettendo in evidenza il suo ruolo culturale e socio-economico. La campagna si concentrerà nel generare un ampio supporto pubblico attraverso un impegno collettivo, incoraggiando cittadini, consumatori e la comunità globale del vino a firmare una Dichiarazione che sostiene il ruolo del vino nella società e ne difende il patrimonio culturale”.

GEOGRAFIA DEL VIGNETO ITALIA. Pur tenendo in considerazione le disomogeneità determinate dalle peculiarità dell’andamento climatico nei singoli areali, nel Nord Ovest si assiste alla buona ripresa del Piemonte (+10% a/a), a cui si affianca una riduzione dei volumi consistente in Lombardia (-30%), Valle d’Aosta (-20%) e, più lieve, in Liguria (-3%). Variegata la situazione nel Nord-Est dove, a una crescita moderata in Emilia-Romagna (+7%), si sommano la flessione del Trentino-Alto Adige (-12,4%) e la stabilità di Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Più omogenea la situazione al Centro, caratterizzato da recuperi in doppia cifra rispetto alla scarsa produzione 2023, con Marche a +25% e Toscana, Umbria e Lazio a +30%. Al Sud, invece, si hanno incrementi significativi soprattutto in Abruzzo e Molise (rispettivamente +85% e +100% dopo il flagello della Peronospora dello scorso anno), seguiti da Basilicata e Campania (entrambe a +30%), Puglia (+18%) e Calabria (+10%). Con il segno meno, invece, Sicilia (-16%) e Sardegna (-20%) dove è la siccità a dettare ormai le regole. Sul fronte della classifica regionale, con 11 milioni di ettolitri e una quota pari al 27% del raccolto made in Italy, il Veneto si conferma la principale regione produttiva italiana, seguita da Emilia-Romagna e Puglia, in sostanziale parimerito con circa il 17%. Seguono nella top5 Piemonte e Sicilia, tallonata dalla Toscana.

LA VENDEMMIA IN EUROPA. L’impatto del cambiamento climatico sul settore risulta evidente anche nello scenario europeo, con una produzione di vino nell’UE ancora una volta inferiore alla media. A pesare sul bilancio produttivo del Vigneto Europa, i raccolti di Francia (-18% a 39,28 milioni di ettolitri), Germania (-2% a 8,40 milioni di ettolitri) e Portogallo (-8% a 6,90 milioni di ettolitri). In ripresa la produzione spagnola, che con 39,75 milioni di ettolitri registra un aumento del 20% sui volumi 2023 e scalza la Francia dalla seconda posizione nella classifica dei produttori. Nonostante le difficili condizioni climatiche e l’aumento delle fitopatie in alcune aree, la qualità del raccolto rimane buona grazie al lavoro eccellente dei viticoltori.

ANDAMENTO CLIMATICO E VEGETATIVO. La stagione è stata caratterizzata da piogge eccessive nel Centro-Nord, soprattutto nel periodo primaverile. Se da un lato queste hanno ricostituito le risorse idriche, dall’altro hanno creato apprensione per la gestione delle fitopatie, in particolare la Peronospora. A differenza dello scorso anno i danni sono stati più localizzati e contenuti, anche grazie ad una buona programmazione dell’azione di contenimento. Tra le più colpite, le aree a coltivazione biologica. Al Sud, invece, gli sporadici violenti temporali, in particolare nelle aree centrali, non hanno compensato una carenza idrica durata mesi, che ha indotto i viticoltori ad anticipare le operazioni di una vendemmia che quest’anno si prospetta molto lunga. Per questo motivo l’andamento climatico delle prossime settimane sarà cruciale e, se le condizioni meteo permetteranno una maturazione ottimale delle uve, soprattutto per le varietà più tardive, la produzione potrebbe essere più generosa delle stime. Rimane l’incognita delle rese, che in alcune aree risultano inferiori alle attese. Come ogni anno, il risultato finale sarà legato alla capacità delle aziende di gestire in maniera efficace e tempestiva le avversità.

MERCATO E COMMERCIO CON L’ESTERO. La nuova campagna vendemmiale si inserisce in momento di forte complessità per il settore vino su scala globale. In questo contesto, caratterizzato dal cambiamento dei modelli di consumo, dalle difficoltà congiunturali e dall’impatto dei cambiamenti climatici, l’Italia sta dimostrando più anticorpi dei competitor, a partire dalla Francia. Per quanto riguarda le quotazioni, a fronte di una vendemmia 2023 con il raccolto più scarso degli ultimi decenni, l’indice Ismea dei prezzi alla produzione restituisce per la campagna 2023/24 un incremento dei listini generali intorno all’11%, maturato però con contributi totalmente differenti da parte dei singoli segmenti. Mentre sono cresciuti molto i vini da tavola (+42%, con i rossi meglio dei bianchi), le Igt hanno registrato un incremento ben più modesto (+4%), e i vini Dop hanno mostrato un segno negativo, soprattutto tra i bianchi. Risultano poi sempre più evidenti le disomogeneità all’interno delle singole Dop. Tra i capitoli fondamentali per comprendere il mercato, quello relativo alle scorte. Dai dati di Cantina Italia risulta che a fine luglio i vini in giacenza erano il 14% in meno rispetto a quelli del pari periodo precedente, a fronte però di una produzione che ha fatto mancare il 23%. Si evince come nel corso di questa campagna i trend di uscita del vino dalle cantine siano stati piuttosto lenti, spia di un mercato che fa fatica ad assorbire con regolarità il prodotto. Sul fronte della domanda, infatti, i consumi delle famiglie italiane risultano in lieve calo rispetto alla prima metà dell’anno scorso, e i segnali positivi dai mercati esteri non bastano a bilanciare le perdite interne. Secondo le elaborazioni dell’Osservatorio Uiv-Ismea su dati Istat, il primo semestre 2024 si è chiuso con risultati meno brillanti di quanto ci si aspettasse, a +2,4% sui volumi (a/a) e +3,2% in valore, complice una primavera sottotono rispetto al primo quadrimestre (ad aprile si registravano ancora crescite del 6-7%). Gli spumanti sono i veri protagonisti e tornano a fare da traino all’export nazionale con +11% in volume e +7% negli incassi. Sfusi e bag in box, invece, hanno visto scendere le consegne all’estero del 6% e 5%. Reggono i vini in bottiglia grazie soprattutto alle Igt. Tra i Paesi clienti, si sottolinea la lieve ripresa degli Usa e del Regno Unito a fronte della frenata di Canada, Francia e Svizzera.

Vino italiano protagonista all’Oiv: è un modello di successo economico e ambientale

(Photo credit: Masaf)

“L’agricoltore qui è il primo ambientalista”. Lo ha detto più volte il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida, alla conferenza internazionale sul vino organizzata in Franciacorta dal Governo italiano. “Qui si è riusciti a produrre una crescita economica senza impatto ambientale e senza consumo eccessivo del suolo. Proteggendolo dagli effetti del cambiamento climatico e del dissesto idrogeologico con regole pensate per puntare non sulla quantità, ma su una valorizzazione del territorio”.

Alla prima riunione a livello ministeriale dell’organizzazione internazionale della vigna e del vino (Oiv), che quest’anno compie 100 anni, il vino italiano non è presentato solo come un modello di successo economico, ma anche ambientale. Un modello che, nelle parole del ministro Lollobrigida, è da “mostrare al mondo”. Partecipano infatti alla conferenza trenta delegazioni da ogni continente: “L’Italia vuole essere protagonista in ogni settore”, ha detto “e mostrare al mondo come si riesca a tutelare ambiente e diritti dei lavoratori, e produrre eccellenza”.

Risultato dell’incontro: durante i lavori è stato proposto ai partecipanti internazionali un primo documento. E recepito nelle sue linee guida. “Linee guida che trattano – ha spiegato  il ministro – di ambiente, sostenibilità, promozione di un prodotto di qualità, di lavoro di rispetto dei diritti”. Il dibattito proseguirà nei prossimi mesi per arrivare a un documento finale e si concluderà il prossimo ottobre durante il 45° congresso mondiale del vino in programma a Digione, in Francia.

Il settore vitivinicolo italiano ha esportato l’anno scorso per circa 7,8 miliardi di euro. “Dati che – ha sottolineato il presidente dell’ICE Matteo Zoppasvanno al di là del volume, e rappresentano una categoria strategica e inclusiva, con una catena del valore che non si ferma alla bottiglia ma interessa tutto il territorio”.

Non solo. Come ha spiegato in videomessaggio la premier Giorgia Meloni: “Per noi il vino è sostanzialmente identità. Abbiamo rimesso al centro l’agricoltura, siamo impegnati per garantire che gli agricoltori vedano riconosciuto il giusto prezzo per quello che producono, abbiamo scelto di contrastare le contraffazioni e la concorrenza sleale, stiamo investendo con convinzione nelle giovani generazioni, nella continuità, perché è dai nostri ragazzi che passa il futuro della nostra agricoltura”. Priorità che l’Italia, membro fondatore dell’Oiv, ha deciso di portare nel documento in discussione durante i lavori della conferenza.

Proprio il tema dei giovani è stato ripreso a margine anche dal ministro Lollobrigida, che incontrerà gli studenti degli istituti agrari a Verona durante Vinitaly: “Sono istituti che rappresentano il nostro made in Italy” ha detto, “e che vanno valorizzati di più rispetto al passato. Spesso sono passati come scuole di serie B. Ma sono da Champions League”.

 

 

Bricolo: “Sarà un Vinitaly sorprendente, attesi 30mila operatori da 140 Paesi del mondo”

L‘edizione 2024 di Vinitaly sarà “sorprendente, mai vista prima anche per quella che sarà la presenza dei tanti buyer dall’estero, ma anche perché avremo la visita dei rappresentanti istituzionali di tanti Paesi del mondo e questo credo che renda ancora più internazionale l’immagine di Vinitaly”. Lo dice il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo, a margine della presentazione della Conferenza internazionale del vino ‘Wine ministerial meeting’, in programma dall’11 al 13 aprile prossimi in Franciacorta, nel Bresciano, e alla vigilia del Vinitaly di Verona.

Un’immagine che serve in questo momento, dove il vino italiano deve competere con tanti altri Paesi nei mercati del mondo – spiega -. Vino italiano che vuole crescere, vuole stare al passo, ma soprattutto vuole aprire anche nuovi mercati. Ecco, su questo stiamo dando il massimo e cerchiamo, siamo convinti di poter dare davvero un servizio migliore con l’attività che è stata fatta”.

C’è anche il ringraziamento al Masafper questa grande opportunità. I rappresentanti dei Paesi produttori di vino di tutto il mondo saranno a Vinitaly per un confronto anche con noi”, continua Bricolo. “Avremo la possibilità di far degustare a tutte queste autorità, ai rappresentanti delle istituzioni dei vari Paesi, agli ambasciatori, ai ministri dell’Agricoltura, le eccellenze dei vini italiani con il nostro ‘OperaWine’ che aprirà proprio lo stesso giorno dove le 131 cantine selezionate dalla rivista ‘Wine Spectator’ presenteranno i loro prodotti. Dunque, un momento di confronto importante ma anche una grande opportunità per presentare l’eccellenza del Made in Italy, dei vini italiani a una così grande platea internazionale”.

Inoltre, “non è una novità, ma sicuramente abbiamo aumentato e implementato anche quest’anno l’incoming dei buyers, che poi è la cosa più importante per i nostri espositori: avere l’opportunità di incontrarne quanti più è possibile”, prosegue Bricolo. “Ci aspettiamo 30mila operatori da 140 Paesi diversi del mondo, davvero una grande fiera internazionale che riesce ad arrivare in tutti i continenti e riesce a portare tutto l’interesse del mondo del vino proprio a Verona. Possiamo dire – conclude – che se tutte le strade portano a Roma, in questo caso, nei giorni della nostra manifestazione, tutte le strade del vino portano a Verona e al Vinitaly”.

Federvini, 20,5 mld il valore aggiunto. Pallini: “Ma serve sostegno istituzioni”

Un impero da oltre 2.300 imprese (38mila, considerando anche quelle agricole di trasformazione), 21,5 miliardi di euro di fatturato diretto, 10 miliardi di euro di export. Le filiere di vini, spiriti e aceti rappresentate da Federvini continuano a crescere nonostante il momento non sia dei migliori. E investono – tanto – sulla sostenibilità, sia sociale che ambientale. La foto la scatta l’ultimo rapporto Nomisma presentato dalla federazione alla Camera dei deputati.

Questo studio mette in luce la dimensione straordinaria raggiunta, nel complesso, dalle filiere che rappresentiamo, che assumono un rilievo strategico per il sistema economico italiano con un valore aggiunto superiore ai venti miliardi di euro all’anno e un export che movimenta dieci miliardi di euro“, rivendica la presidente, Micaela Pallini.

Comparti che, scandisce, sono “meritevoli della massima considerazione e del più attento supporto istituzionale“, soprattutto oggi che, precisa, “sono molto esposte a incertezze di natura geopolitica, normativa, commerciale, inflattiva. La difesa di questo patrimonio del Made in Italy, con la sua storia, cultura e reputazione, è una responsabilità tanto degli imprenditori, con le loro organizzazioni di rappresentanza, quanto delle istituzioni”, afferma.

Secondo lo studio di Nomisma, oltre il 90% delle imprese dei tre comparti, negli ultimi tre anni, ha investito, oltre che per l’acquisto di beni strumentali, anche a sostegno della sostenibilità ambientale (packaging sostenibili, riduzione dei consumi di acqua, produzione dell’energia rinnovabile) e sociale (attività culturali, selezione dei fornitori locali, iniziative umanitarie), della formazione del personale e della ricerca e sviluppo per nuovi prodotti. “Questo ruolo attivo verso la sostenibilità trova conferma nell’85% della popolazione italiana che ritiene come le imprese di vini, spiriti ed aceti contribuiscano positivamente allo sviluppo economico dei territori nei quali sono insediate oltre che al rafforzamento dell’immagine del Made in Italy all’estero. Una reputazione che, per 7 italiani su 10, deriva anche dal contributo positivo dato dai vigneti nella tutela del paesaggio italiano, nel salvaguardare le aree rurali prevenendo l’erosione dei suoli e nel favorire il turismo”, sottolinea Denis Pantini, Responsabile Agroalimentare e Wine Monitor di Nomisma.

Rilevanti i valori sotto il profilo occupazionale: a fronte di 81 mila lavoratori direttamente occupati dalle imprese dei tre settori, grazie ad un effetto moltiplicatore pari a 5,8, se ne attivano oltre 460mila nell’intero sistema economico nazionale che corrispondono a quasi il 2% del numero complessivo di lavoratori in Italia. Il dossier evidenzia il rilievo strategico che le “filiere Federvini” giocano per il Sistema Paese sotto il profilo economico. I tre settori generano difatti sul territorio nazionale un valore aggiunto, inclusivo anche delle componenti indirette e indotte, pari a 20,5 miliardi di euro, circa l’1,5% del Pil nazionale. Di questi, 4,9 miliardi sono riconducibili all’effetto diretto (attribuibile alle imprese dei comparti attraverso la propria attività di produzione), 9 miliardi sono imputabili all’effetto indiretto (prodotto dai diversi fornitori attivati e dalla domanda generata a loro volta dai fornitori) e 6,6 miliardi all’effetto indotto, ovvero quello generato dall’incremento di reddito percepito da tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nel processo economico.

L’ennesima prova, per il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, dell’importanza di un settore del Made in Italy in cui “si concentrano eccellenza della materia prima, tradizione della lavorazione, storia dei territori“: “Negli ultimi anni, il successo raggiunto dall’export dei prodotti del comparto è innegabile, anche se è noto che l’anno appena chiuso presenta alcune criticità, dopo i successi del 2021 per l’uscita dalla pandemia e i buoni risultati del 2022 legati alle spinte inflazionistiche“, afferma.

Quello del vino italiano è un “successo planetario” che vede l’Italia stabilmente ai primissimi posti tra gli esportatori mondiali nel settore, “grazie alla brillante performance delle nostre imprese sui mercati internazionali“, fa eco il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani. La promozione e la tutela delle eccellenze italiane all’estero è una “priorità” del Governo, assicura, citando la “diplomazia della crescita”, la strategia di sostegno all’internazionalizzazione delle imprese che ha lanciato dall’inizio del mandato e concepita come “fortemente innovativa, per e con le aziende“.

Il momento è particolarmente sfidante“, conferma Marco Montanaro, direttore generale di Federvini. Questo però, precisa, “non impedisce che l’export costituisca una parte davvero importante delle filiere, rappresenta un dato aggregato di circa 10 miliardi di euro in valore, ci sono ancora ampie possibilità in altri mercati di poter consolidare le posizioni delle filiere“.

Vino, è il Veneto a trainare la produzione italiana. Ma la Lombardia cresce di più

E’ il Veneto la regione italiana con la produzione vitivinicola maggiore, in continua crescita dal 2018 a oggi. I dati sulla vendemmia nazionale – che stima 44 milioni di ettolitri, in calo del 12% rispetto allo scorso anno – piazzano proprio il Veneto in cima alla classifica, con una produzione di 13,2 milioni di ettolitri, in aumento del 5% sul 2022. In termini di crescita, però, è la Lombardia a far registrare il dato più alto di tutta Italia: +15%, con una produzione di 1,2 milioni di ettolitri. Seguono Valle d’Aosta e Liguria che, seppur con una produzione minima (rispettivamente di 20mila e 42mila ettolitri) fanno registrare una crescita del 10 e del 5%.

Secondo le previsioni dell’Osservatorio Assoenologi, Ismea e Unione italiana vini, presentate al Mase, in quasi tutto il resto del Paese, il calo è a doppia cifra. Si ‘salvano’ il Piemonte (-2%) e l’Emilia Romagna (-4,5%). Secondo le stime la produzione è praticamente dimezzata in Molise (-45%).

Calo del 40% in Abruzzo, del 32,5% in Calabria, del 30% in Sicilia, Basilicata e Campania e del 25% in Puglia e nelle Marche. Sardegna, Lazio, Umbria e Toscana devono fare i conti con -20% di produzione. Calo del 10% in Friuli Venezia Giulia.

Complessivamente, il nord ha tenuto bene, confermando sostanzialmente i livelli dello scorso anno. Scendendo al centro, le flessioni sono in media di oltre il 20%, mentre al Sud e nelle Isole si sfiorano riduzioni del 30%. “Un quadro generale – cita il report dell’Osservatorio realizzato anche con il monitoraggio del ministero dell’Agricoltura e delle Regioni – in cui si è riscontrata qualche difficoltà aggiuntiva per le produzioni biologiche”.

Il sistema di etichette su alcolici è legge in Irlanda. Italia insorge: “Dà false informazioni”

Nuovo passo sulla strada dell’entrata in vigore del contestato sistema di etichettatura delle bevande alcoliche in Irlanda e nuova ondata di polemiche in Italia contro quella che viene letta come una misura che impatterà negativamente il commercio di vino nazionale nel mercato di uno dei 27 Paesi membri dell’Unione Europea. Il ministro della Salute irlandese, Stephen Donnelly, ha firmato il Regolamento 2023 sulla salute pubblica, introducendo così ufficialmente le disposizioni sull’indicazione di informazioni sanitarie sui prodotti alcolici venduti su tutto il territorio nazionale. “Questa legge è stata concepita per dare a tutti noi consumatori una migliore comprensione del contenuto alcolico e dei rischi per la salute associati al consumo di alcol“, ha commentato lo stesso ministro annunciando l’entrata in vigore delle nuove misure dal 22 maggio 2026.

Dopo un periodo di transizione di tre anni per dare alle aziende un tempo “significativo” per prepararsi al cambiamento, la legge prevederà una serie di indicazioni in materia di salute pubblica: non solo che le etichette indichino il contenuto calorico e i grammi di alcol presenti nei prodotti alcolici, ma anche i rischi di malattie epatiche, tumori mortali e per la gravidanza dovuti al consumo di alcol. “Le confezioni di altri prodotti alimentari e bevande contengono già informazioni sulla salute e avvertenze sanitarie, questa legge mette in linea anche i prodotti alcolici”, ha precisato il ministro, esortando “altri Paesi a seguire il nostro esempio“.

L’Irlanda aveva notificato il 21 giugno 2022 alla Commissione Europea e agli altri 26 Paesi membri l’intenzione di introdurre le nuove norme. La proposta di Dublino si basa sul fatto che, per quanto riguarda la prevenzione oncologica, “il livello più sicuro di consumo di alcol non esiste”, come rileva l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Nel periodo di sei mesi previsto dal Regolamento Ue 1169 del 2011 sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori sono emersi i “pareri circostanziati sfavorevoli” di nove Stati membri, tra cui Francia e Italia, ma il silenzio-assenso dell’esecutivo comunitario è durato fino alla scadenza del periodo di moratoria di sei mesi previsto dalla normativa. Il 22 dicembre è arrivato il via libera all’Irlanda ad apporre etichette con ‘health warning’ sulle bottiglie di alcolici.

E l’Italia insorge: “Abbiamo già chiesto di intervenire, perché è in contrasto con le regole del Mercato interno”, ha commentato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani:Riteniamo che le informazioni contenute nel bollino rosso irlandese siano fuorvianti”. La questione aveva già sollevato a gennaio aspre polemiche in particolare in Italia, capofila di un gruppo di Stati membri che ha provato a spingere l’Irlanda a fare un passo indietro e trovare una soluzione di compromesso. “Non condividiamo assolutamente queste false informazioni che vengono date ai consumatori globali”, è l’attacco ancora più duro del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Secondo la Coldiretti “l’entrata in vigore della legge sulle etichette allarmistiche del vino in Irlanda è un precedente pericoloso che mette a rischio il record nelle esportazioni di vino Made in Italy di 7,9 miliardi realizzati lo scorso anno“. In attesa che la misura possa essere ridiscussa nel comitato barriere tecniche dell’Organizzazione mondiale del commercio (Oms) il prossimo 21 giugno, il consigliere delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamglia, ha definito quello dell’Irlanda un “comportamento inaccettabile” e un “aperto gesto di sfida“.

Pnrr, Meloni: “Allarmismo inutile, non perderemo nessuna risorsa”

“Non siamo preoccupati dai ritardi sul Pnrr. Stiamo lavorando molto su questo anche per favorire soluzioni a problemi che oggi nascono ma non sono figli delle scelte di questo governo”. Lo ha detto la premier Giorgia Meloni, che oggi ha fatto visita a Vinitaly, il Salone internazionale dei vini e distillati, giunto alla 55edizione, che si svolge a Verona.

“NON PERDEREMO NESSUNA RISORSA”. Sul Pnrr “c’è un grande lavoro da fare e alcune cose bisogna verificarne la fattibilità, ma è oggetto di interlocuzione” con la Commissione europea “sulla base di quello che noi riteniamo debba essere necessario per spendere queste risorse al meglio”. “Non prendo in considerazione l’ipotesi di perdere le risorse – ha aggiunto – ma di farle arrivare a terra in modo efficace. Tutto il lavoro che questo richiede è un lavoro che faremo”. La Commissione europea, ha detto ancora la premier, “sta chiedendo maggiore documentazione su alcuni progetti che erano già stati inseriti nel Pnrr. Documentazione che stiamo fornendo. Mi pare che il clima di collaborazione sia un ottimo clima e quindi non mi convince la ricostruzione allarmista che leggo sul Pnrr”.

“SONO GRANDE APPASSIONATA DI VINI”. Parlando con i giornalisti, la presidente del Consiglio si è anche lasciata andare a una battuta. “Io sono una grande appassionata dei vini di tutta Italia e, diciamo – ha detto scherzando – sul consumo la mia parte la faccio, così da portare avanti le eccellenze”. “Ho assaggiato – ha aggiunto – ma devo rimanere sempre molto lucida, quindi il minimo indispensabile”.

“SU PARTECIPATE POSSIBILI RICONFERME”. La visita a Vinitaly è stata anche l’occasione per fare il punto sulle nomine delle aziende partecipate. “Si lavora nel merito, guardando al merito”, ha ribadito Meloni, e all’importanza di “aziende che sono strategiche in modo particolare in questo tempo”. Le decisioni, ha spiegato, si prenderanno “anche tenendo conto della spesa per il Pnrr. Per quello che riguarda le energetiche”, va considerato “anche il lavoro che l’Italia fa per diventare una sorta di hub di approvvigionamento. Per me la materia non può prescindere dal metterci le persone che in assoluto possono fare il lavoro migliore. C’è un clima molto consapevole da parte di tutti”. E, ha annunciato, “presumo ci saranno delle conferme”.

“AL LAVORO PER IL LICEO DEL MADE IN ITALY”. Conversando con gli studenti di un istituto agrario, Meloni ha lanciato poi la proposta di un Liceo del Made in Italy. “Per come la vedo io – ha spiegato – questo è il vero liceo. Perché non c’è niente di più profondamente legato alla nostra cultura di quello che questi ragazzi sono in grado di studiare, tramandare e portare avanti. E’ il motivo per cui ragioniamo del liceo del Made in Italy, cioè di fare anche su questi percorsi un’operazione che spieghi il legame profondo che esiste tra la nostra cultura, la nostra identità, che è la cosa più preziosa che abbiamo”.

Contel (Opga): “Irlanda verso criminalizzazione vino, prodotto che ha indubbi vantaggi”

La decisione dell’Irlanda, anche se non definitiva, va nella direzione dell’assimilazione delle bevande alcoliche al tabacco. Si vuole percorrere, quindi, una strada in un certo senso di criminalizzazione di un prodotto che certamente presenta delle controindicazioni per la salute, ma che nella tradizione, in particolare Mediterranea, presenta anche degli indubbi vantaggi“. Lo ha detto il vice presidente dell’Osservatorio permanente Giovani e Alcol, Michele Contel, ai microfoni di GEA, a margine dei lavori del convegno di Withub Agrifood 2023 ‘L’evoluzione dell’agroalimentare italiano ed europeo tra sostenibilità e benessere’, organizzato da WITHUB e dalla sua Fondazione Art.49 con la Direzione Editoriale di GEA ed EUNEWS. Vantaggi, spiega, “non solo per ragioni economiche e commerciali, ma perché il consumo di bevande alcoliche moderato – anche se si dice che non esiste, ma noi sappiamo che molti sanno consumare in maniera moderata – è in qualche maniera integrabile in uno stile di vita che correla con un risultato migliore in termini di longevità, qualità della vita e anche di difesa da alcune malattie, in particolare di tipo cardiovascolare“.

 

Quindi, continua Contel, “massima attenzione nei confronti dell’abuso, massima attenzione anche da parte delle imprese rispetto al fatto che il bere non deve essere solo moderato ma deve rispettare l’età minima legale e in certe condizioni vere può essere uno svantaggio per il consumatore, ma evitiamo strategie come quelle irlandese che rischiano di essere essenzialmente coercitive“. E che “non vanno nella direzione del convincere il consumatore ad assumere degli atteggiamenti responsabili – conclude -. Da questo punto di vista dieta mediterranea, consumo moderato di bevande alcoliche e anche un certo modo di saper fare e saper vivere della tradizione italiana, sicuramente sono elementi di maggior tutela rispetto ad interventi come quello della legislazione irlandese“.

Tags:
, ,

L’etichettatura sulle bevande alcoliche: Bruxelles in cerca di una soluzione

L’etichetta della discordia. Si è aperta a Bruxelles la partita sull’etichettatura delle bottiglie di vino – ma anche di birra e di tutti gli alcolici commercializzati – e a Bruxelles si cerca una soluzione. Con la decisione dell’Irlanda di mettere in guardia i consumatori sui rischi del consumo di alcol e con il silenzio-assenso da parte della Commissione Europea, tra gli Stati membri è in corso un confronto sugli health warning e sulle modalità più corrette (o efficaci) di fornire informazioni a chi prende in mano una bottiglia di qualsiasi sostanza alcolica.

Tutto è nato con la notifica dell’Irlanda il 21 giugno dello scorso anno alla Commissione Europea e agli altri 26 Paesi membri dell’intenzione di introdurre nuove norme e regolamenti sull’etichettatura delle bevande alcoliche sul suo territorio nazionale. La proposta di Dublino include avvertenze sanitarie obbligatorie (sia visive sia testuali) sulle etichette delle bottiglie, a proposito della pericolosità del consumo di alcol e il suo legame con i tumori mortali. Non abuso, ma consumo. Anche se, per quanto riguarda la prevenzione oncologica, “il livello più sicuro di consumo di alcol non esiste“, come rileva l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e riconosce anche la risoluzione del Parlamento Ue del 16 febbraio 2022 sulla strategia europea anti-cancro. Avvertenze come ‘Il consumo di alcol provoca malattie del fegato’ e ‘Alcol e tumori mortali sono direttamente collegati’ potrebbero essere stampate sulle etichette di bottiglie di vino, birra, liquori o superalcolici, prendendo come ispirazione quelle dei pacchetti di sigarette.

Nel periodo di sei mesi previsto dal Regolamento Ue 1169 del 2011 sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori – in cui la Commissione ha avuto anche la possibilità di consultare il Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali – sono emersi i “pareri circostanziati sfavorevoli” di nove Stati membri, tra cui Francia e Italia. A questo si è aggiunta un’interrogazione scritta al gabinetto von der Leyen da parte dell’eurodeputato francese Brice Hortefeux (Partito Popolare Europeo), in cui è stata denunciata una “chiara violazione dell’integrità del Mercato interno“. La normativa sembrerebbe violare le norme armonizzate sulle bevande alcoliche a livello europeo, in particolare quelle legate all’etichettatura nella revisione del Regolamento Ue 1308 del 2013 sull’organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, avviata nel dicembre 2021 nell’ambito della Politica agricola comune (Pac): “Gli Stati membri dovrebbero adottare misure atte a garantire che i prodotti non etichettati in conformità di tale regolamento non siano immessi sul mercato“.

Il silenzio-assenso dell’esecutivo comunitario è durato fino alla scadenza del periodo di moratoria di sei mesi previsto dalla normativa e dal 22 dicembre l’Irlanda è autorizzata da Bruxelles ad apporre etichette con health warning sulle bottiglie di alcolici. Il via libera non è ancora definitivo, perché Dublino dovrà essere autorizzata anche dall’Organizzazione mondiale del commercio (Oms) per commercializzare a livello internazionale le nuove bottiglie. Dopo le polemiche scoppiate in particolare in Italia a gennaio, un gruppo di Stati membri capeggiato da Roma sta cercando di spingere l’Irlanda a fare un passo indietro e trovare una soluzione di compromesso, che possa essere accettabile anche dai Paesi tradizionalmente esportatori di vino. Con l’appoggio di Spagna e Francia – e con l’interlocuzione di Portogallo e Grecia – l’Italia pensa a ‘un’etichetta salutista’ più simile a un bugiardino per i medicinali, con i pro e i contro dell’assunzione di alcol.