G7, Meloni rilancia Piano Mattei, ma salta trasferta. Zelensky la attende a Cernobbio

Giorgia Meloni partecipa al G7 dei Parlamenti solo virtualmente. In queste ore turbolente per il governo, ha preferito restare a Roma. Del resto, subodorava che sarebbe stata una giornata convulsa. Non a caso, con il G7 della Cultura alle porte (19-21 settembre a Pompei), il ministro Gennaro Sangiuliano presenta le dimissioni dopo una settimana di agonia con i fari puntati sull’affaire Boccia. “Mi scuso per non essere riuscita a fare di più, raggiungendovi fisicamente“, dice la premier in apertura di intervento, senza aggiungere altro.

Se la sua agenda non subirà ulteriori modifiche, la sua presenza è prevista domattina a Cernobbio, per il Forum di Ambrosetti. Ci sarà anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha annunciato sui social la partecipazione per incontri con rappresentanti delle imprese italiane e con la presidente del Consiglio. In collegamento con Verona, Meloni ribadisce il suo appoggio incondizionato all’Ucraina, “nazione aggredita” che “difende quel sistema internazionale basato sulle regole, sulla forza del diritto, sul quale si fonda la convivenza tra le nazioni che garantisce tutti“.

E non perde l’occasione per rivendicare che, sotto la presidenza italiana, il vertice del G7 ha “segnato un cambio in basso e di prospettiva“. Pensa alle sinergie strategiche instaurate tra il piano Mattei per l’Africa dell’Italia, il Global Gateway dell’Unione Europea, la Partnership for Global Infrastructure and Investment G7 e ai nuovi strumenti finanziari creati con la Banca Africana di Sviluppo per sostenere lo sviluppo del continente africano. Lo sguardo, quindi, è sempre puntato al di là del Mediterraneo.

Questo respiro sinergico è in qualche modo lo stesso con cui l’Italia parteciperà al G20 di novembre a Rio, quando l’Italia “assicurerà la massima collaborazione possibile alla Presidenza brasiliana per fare passi avanti condivisi su molti fronti“, scandisce. La premier punterà quindi su un’azione più incisiva contro la povertà e la fame, senza trascurare gli sforzi necessari per, spiega, “affrontare il nesso clima e energia in un modo più pragmatico, meno ideologico, socialmente più giusto“, e le azioni urgenti per rendere più efficaci le istituzioni finanziarie internazionali e le Nazioni Unite.

Alla ministeriale di Verona, Meloni tocca anche un altro punto che le sta particolarmente a cuore, l’intelligenza artificiale generativa. Una delle sfide del futuro, sulla quale ha invitato a riflettere Papa Francesco durante il G7 di Borgo Egnazia. “Il Santo Padre ci ha ricordato che ogni strumento tecnologico creato dall’uomo, intelligenza artificiale generativa inclusa, deve avere un’ispirazione etica che sia, cioè, ordinata al bene di ogni essere umano“, afferma. La domanda che la politica deve porsi, sottolinea Meloni è: “che cosa vogliamo moltiplicare con l’intelligenza artificiale?“. Le strade sono due, utilizzarla per concorrere al bene comune o per “aumentare le disuguaglianze, divaricare gli equilibri globali“. Alla politica spetta rispondere alla domanda non, ribadisce, “agli algoritmi o alle macchine”.

Ucraina, Zelensky: Chiazza petrolio da 150 tonnellate verso il Mar Nero

Il più grande ecocidio mai commesso sul territorio ucraino. Così Volodomyr Zelensky definisce la distruzione della diga di Kakhovka avvenuta, ne è certo, “per mano dei russi”.

Il bacino idrico distrutto è uno dei più grandi del Paese. Contiene 18 miliardi di metri cubi d’acqua e tutte le strutture della centrale idroelettrica e della sua diga si trovavano, sottolinea il presidente ucraino, “nel territorio occupato”. La diga forniva acqua potabile a un’ampia parte dell’Ucraina – città e villaggi con centinaia di migliaia di persone. Forniva acqua agli agricoltori per la produzione agricola nel sud e nel centro dell’Ucraina.

La sua distruzione è, ribadisce Zelensky, “un colpo inferto dall’uomo all’ambiente, dopo il quale la natura dovrà riprendersi per decenni”. L’evacuazione delle persone dall’area allagata è in corso: quasi ottanta insediamenti sono a rischio. “Si è formata una chiazza di petrolio di almeno 150 tonnellate che è stata portata dalla corrente verso il Mar Nero. Non possiamo ancora prevedere quanta parte delle sostanze chimiche, dei fertilizzanti e dei prodotti petroliferi stoccati nelle aree alluvionate finirà nei fiumi e nel mare”, è l’allarme del presidente.

Per il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, questo è un momento che “cambia il conflitto”: “Non c’era mai stata un’aggressione così grave nei confronti di una infrastruttura, c’è una involuzione in negativo, vedremo quali saranno le conseguenze, peggiorano anche le condizioni di vita per i civili, questo è davvero inaccettabile”, tuona. “Rischiamo un peggioramento della situazione, per gli abitanti ucraini e per una escalation del conflitto. Avevamo previsto una zona franca intorno a Zaporizhzhia per evitare disastri del genere, ma – sottolinea il vicepremier -mi pare che non ci sia una volontà in questa direzione da parte dei russi”.

Meloni a Kiev: “Lavoriamo per conferenza ricostruzione ad aprile”

Una dichiarazione congiunta sulla pace, sull’avvicinamento dell’Ucraina all’Unione europea, sulla ricostruzione, per la quale Roma lavora a una conferenza che si terrà ad aprile. Giorgia Meloni torna da Kiev, Bucha, Irpin dopo aver toccato con mano il dolore, la devastazione, ma anche la voglia di rivalsa di un Paese che, giura, l’Italia e l’intera Europa non abbandoneranno.

Saremo con voi fino alla fine”, promette visitando i luoghi dei crimini di guerra a Bucha, al procuratore generale Andriy Kostin. Paragona lo spirito ucraino al risorgimento italiano, prima, al boom del dopoguerra poi: “Sono certa che nei prossimi anni potremo parlare di un miracolo ucraino“, è l’auspicio.

Parla accanto al presidente Volodymyr Zelensky, allontana lo spettro di divisioni interne alla maggioranza di governo per le posizioni filoputiniane espresse da Silvio Berlusconi. “Nessuno gli ha mai bombardato la casa“, fa notare Zelensky.

Rimane agli atti che c’è un aggredito e un aggressore, rimane agli atti che per paradosso è l’aggredito che cerca un negoziato di pace“, precisa Meloni e fino al negoziato assicura all’Ucraina ogni genere di supporto. Supporto politico, militare, per difendere le infrastrutture strategiche contro il “gioco sadico” di portare allo stremo la popolazione civile, supporto umanitario e finanziario. Il gruppo di lavoro ‘emergenza elettrica Ucraina‘, voluto fortemente proprio da lei, ha già inviato materiale per diversi milioni di euro. Un tentativo di sostenere il Paese in sofferenza elettrica dopo i bombardamenti. Partono per l’Ucraina trasformatori e gruppi di diversa taglia, cavi e accessori per cercare di ripristinare una fornitura di energia stabile a circa 3 milioni di persone.

La conferenza sulla ricostruzione di aprile continuerà e amplierà molto il lavoro: “C’è un know how che le imprese italiane possono offrire, lo metteremo a disposizione perché nella ricostruzione l’Italia vuole giocare un ruolo da protagonista“, afferma la premier. Si partirà dalle esigenze principali, con un “cambio di passo” sul lavoro fatto finora: “Io non concentrerei la ricostruzione sul futuro – spiega -. Un segnale molto importante è lavorare subito. L’Italia credo possa fare la differenza“. Pensa al settore dei trasporti, dell’energia, dell’agroalimentare. Ma c’è un sogno, che è anche un messaggio di speranza. Sia Roma sia Odessa sono candidate per l’Expo 2030: “Sarebbe straordinario che l’Expo tornasse in Europa, ma possiamo lavorare insieme per questa scadenza, è un segnale importante di come crediamo che le cose andranno bene domani“.

 

(Photo credit AFP)

Volodymyr Zelensky

Il presidente ucraino Zelensky al G20: “Estendere a tempo indeterminato l’accordo sul grano”

L’accordo sul grano esteso a tempo indeterminato e per altri due porti ucraini, oltre a Odessa. E’ l’appello di Volodymyr Zelensky, in videocollegamento con il G20. Lui, però, si rivolge al ‘G19’, escludendo la Russia dai grandi della Terra, riuniti a Bali, in Indonesia. Il presidente ucraino al vertice detta anche le sue proposte di soluzione alla guerra. Un decalogo, che va dalle garanzie di sicurezza nucleare, alimentare ed energetica al rilascio di tutti i prigionieri, passando per il ritiro delle truppe russe. “Pretese” che Mosca, nelle parole del ministro degli Esteri Sergey Lavrov, considera “irrealistiche e inadeguate“: “Tutti i problemi nella risoluzione della questione ucraina li crea Kiev, che rifiuta categoricamente qualsiasi negoziato“, denuncia nel suo intervento, in rappresentanza della Russia.

Il più grande raduno di leader mondiali dall’inizio della pandemia si apre infatti senza Vladimir Putin. Di ritorno da Kherson, città dell’Ucraina meridionale appena riconquistata dall’esercito, Zelensky è tra i primi a intervenire, davanti alla platea del primo panel, su sicurezza energetica e alimentare. Il suo piano per portare la pace e “salvare migliaia di vite” è “non fidarsi della Russia”, né tollerare “alcuna scusa per il ricatto nucleare” di fronte alle “folli minacce” di Mosca. Quindi, propone di estendere sine die l’accordo che consente le esportazioni di grano ucraino. Il negoziato, stipulato a luglio sotto l’egida della Turchia, che ha permesso la consegna di oltre 10 milioni di tonnellate di grano, scade venerdì e Mosca ha lasciato dubbi sulle sue intenzioni, sollevando timori per nuove carestie.

L’invasione dell’Ucraina non è all’ordine del giorno ufficiale del G20, ma domina l’incontro, perché preoccupa e acuisce le divisioni tra l’Occidente che sostiene Kiev e altri Paesi, guidati dalla Cina, che si rifiutano di condannare Mosca. L’accordo è al centro anche del bilaterale tra il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e il turco Recep Tayyip Erdogan: “Biden – spiega la Casa Bianca – ha espresso il suo apprezzamento a Erdogan per gli sforzi compiuti per rinnovare l’Iniziativa per il grano del Mar Nero, che entrambi hanno concordato essere stata fondamentale per migliorare la sicurezza alimentare globale in mezzo alla guerra della Russia e che l’Iniziativa deve continuare“.

Ospitando l’evento, il presidente indonesiano Joko Widodo chiede nel suo discorso di apertura la “fine della guerra“: “Non dobbiamo dividere il mondo in campi diversi. Non dobbiamo permettere che il mondo cada in una nuova guerra fredda”. L’Indonesia, che ospita il vertice, aveva messo in guardia dall’aspettarsi il tradizionale comunicato congiunto, ogni virgola del quale viene intensamente negoziata per evitare di turbare qualcuno. Ma lunedì sera è stato raggiunto un accordo tra i negoziatori su un testo comune. Secondo una fonte occidentale, il documento descriverà l’invasione dell’Ucraina come una “guerra“, usando quindi un termine respinto da Mosca che parla di “operazione speciale” per “denazificare” l’Ucraina. Ma darà anche a ciascun Paese un certo margine di manovra nella sua posizione.

Gli occhi sono puntati sulla Cina. Xi Jinping si è avvicinato a Putin alla vigilia della guerra, formando un fronte comune contro quelli che descrivono come “disegni egemonici occidentali”. Pechino si è rifiutata di condannare l’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio e respinge le sanzioni occidentali. Nell’incontro con il leader cinese, il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto a Xi Jinping di interferire con Putin per convincerlo a tornare al “tavolo dei negoziati“. Lunedì Biden, nel suo primo incontro faccia a faccia con il leader cinese dalla sua elezione, aveva ottenuto l’accordo sul rifiuto di qualsiasi uso di armi nucleari in Ucraina. L’Occidente vorrebbe che il G20 dichiarasse esplicitamente la sua opposizione a questo rischio di escalation.

Ucraina, telefonata Draghi-Zelensky: Sbloccare porti insieme

L’Italia prova a fare da ‘ponte’ tra Russia e Ucraina per arrivare almeno a una tregua che scongiuri una crisi alimentare dalle “proporzioni gigantesche. Soprattutto per i Paesi più poveri del mondo, Africa in testa. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, dopo aver aperto un canale di mediazione con Vladimir Putin, ha completato il giro di orientamento in un colloquio telefonico con Volodymyr Zelensky. L’obiettivo è sbloccare la partenza delle navi cariche di tonnellate di grano e materie prime ferme nei porti dell’Ucraina a causa del conflitto scatenato da Mosca. Secondo quanto riferisce Palazzo Chigi, il presidente ucraino ha espresso apprezzamento per l’impegno da parte del governo del nostro Paese, concordando con il presidente del Consiglio di proseguire il confronto sulle possibili soluzioni.

Via Twitter anche Zelensky conferma di aver discusso con Draghi sulle possibili soluzioni per “prevenire la crisi alimentare“. Aggiungendo un dettaglio, che assume un’importanza cruciale, a livello geopolitico: “Dobbiamo sbloccare i porti ucraini insieme“. Inoltre, il leader del governo di Kiev sottolinea un’altra criticità al premier italiano, assolutamente non secondaria: “Ho sollevato il problema dell’approvvigionamento di carburante“. Dunque, per far salpare le navi è indispensabile che si verifichino almeno 4 condizioni: che la Russia apra corridoi per la navigazione, le acque vengano sminate, Mosca garantisca il cessate il fuoco durante le operazioni dei dragamine, che arrivi il rifornimento necessario per le imbarcazioni. Ecco perché questi primissimi passi diplomatici aprono un piccolo spiraglio di luce, ma il quadro generale non consente ancora di separare in una soluzione a stretto giro.

Oltretutto, Mosca continua a rimbalzare le accuse sui mancati approvvigionamenti. Putin, riferisce il Cremlino in una nota, “sottolinea che i tentativi di incolpare la Russia per le difficoltà nel fornire prodotti agricoli ai mercati mondiali sono infondati“. Anzi, in una telefonata con il cancelliere austriaco, Karl Nehammer, invita gli ucraini a “sminare i porti il ​​prima possibile per far passare le navi bloccate“. Sottolineando che le sue forze armate “aprono due corridoi marittimi umanitari ogni giorno dalle 8 alle 19, ora di Mosca“. Proprio nella capitale russa potrebbe andare in visita il segretario della Lega, Matteo Salvini, che applaude l’iniziativa di Draghi. Fonti del Carroccio spiegano che è “una possibilità”, anche se non c’è nulla di programmato e definitivo. Del resto, è lo stesso ex ministro dell’Interno a dirlo pubblicamente: “Per pace, vita e lavoro vale tutto“. Non sul viaggio in Russia, ma almeno sul premier è d’accordo anche l’altro Matteo, Renzi: “Ha fatto bene a cercare l’accordo di Putin e Zelensky sul grano ucraino. Vediamo se riusciremo a sbloccare almeno le navi pronte alla partenza“, scrive nella Enews il leader di Iv. Perché, avverte, “la crisi alimentare in arrivo è devastante, ogni sforzo diplomatico per ridurne gli effetti è saggio e lungimirante. Bravo Draghi“.

La situazione impone comunque prudenza. Come dimostrano i tweet del presidente ucraino dopo il colloquio con il capo del governo italiano: “Ci aspettiamo ulteriore supporto per la difesa dai nostri partner“. Il premier, fa sapere Palazzo Chigi, ha assicurato il sostegno del governo italiano in coordinamento con il resto dell’Unione europea. La strada verso il dialogo e la pace, dunque, è ancora lunga.

Draghi sente Putin: “Ho chiesto lo sblocco del grano ucraino. Spiragli per la pace? Nessuno”

Il presidente del Consiglio Mario Draghi prova a fare da ‘ponte’ fra Putin e Zelensky. Un ruolo difficile, che potrebbe portare a un nulla di fatto. Ma la gravità della crisi umanitaria lo spinge comunque a fare un tentativo. In primis, per sbloccare il grano che si trova nei depositi in Ucraina. Perché “la crisi alimentare che sta avvicinandosi, in alcuni Paesi dell’Africa è purtroppo già presente, avrà proporzioni gigantesche e conseguenze umanitarie terribili”. Draghi aspetta fine giornata per fare il punto della situazione, dopo avere sentito telefonicamente Putin nel pomeriggio, durante una conferenza stampa densa di argomenti: dagli esiti del Consiglio dei ministri sull’andamento del Pnrr, passando per l’incontro con il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune, fino, appunto, al colloquio con il presidente della Federazione russa.

E se per il presidente del Consiglio il tentativo di fare da intermediario era doveroso, proprio per la “gravità della crisi umanitaria che può toccare i più poveri”, è lui per primo a sapere di non avere “alcuna certezza che vada a buon fine”. Per ora, però, c’è un cauto ottimismo, visto che da Putin “c’è stata effettivamente una disponibilità a procedere” nella verifica della possibilità di un accordo tra Mosca e Kiev per lo sblocco dei porti ucraini in cui sono bloccate le navi con i carichi di grano pronti a partire verso il resto del mondo. Anche se il presidente russo non ha mancato di sottolineare che “la crisi alimentare è colpa delle sanzioni, perché la Russia non può esportare il grano”. Il prossimo passo sarà una telefonata di Draghi al presidente ucraino Zelensky, per vedere se c’è un’analoga disponibilità a procedere con il dialogo su questo tema.

Secondo Draghi, in ogni caso, la prima iniziativa esplorabile “è vedere se si può costruire una possibile collaborazione tra Russia e Ucraina sullo sblocco dei porti sul Mar Nero, dove sono depositati questi molti milioni di quintali di grano”. Insufficiente, per Putin, perché i fabbisogni sono molti di più. Ma per l’inquilino di Palazzo Chigi sarebbe già qualcosa: “Ho risposto di sbloccare almeno questo, altrimenti il rischio è che marcisca tutto questo deposito di grano. Per Putin sono bloccati perché minati dagli ucraini per impedire alle navi russe di attaccarli. La collaborazione deve essere quella, da un lato di sminare i porti, dall’altra garantire che non vengano attacchi durante lo sminamento. Non abbiamo parlato a lungo delle garanzie, perché non è ancora detto che le cose vadano avanti”.

La telefonata è stata anche l’occasione di parlare delle forniture di gas. Su questo fronte, Putin ha confermato la determinazione da parte di Mosca “a garantire l’approvvigionamento ininterrotto di gas naturale all’Italia, ai prezzi concordati nei contratti”. Se, quindi, su grano e sicurezza energetica sembrano aprirsi dei piccoli sprazzi di positività, sul fronte della pace l’impressione di Draghi è tranchant: “Ho visto spiragli? No, nessuno”.