energia

Come i prezzi energia influenzano quelli dei beni alimentari

L’aumento dei prezzi dei beni alimentari è sotto gli occhi di tutti e ha raggiunto un nuovo massimo storico nel 2022, dopo l’invasione russa in Ucraina. Eppure l’inflazione su ciò che mettiamo in tavola era già in aumento prima della guerra in tutta l’area euro. La causa? Sicuramente la pandemia che nel 2020 ha vincolato l’offerta ma, successivamente, dal quarto trimestre del 2021, è cresciuta ancora, raggiungendo il 3,5% a gennaio 2022 e il 7,5% a maggio, il livello più elevato dall’avvio dell’unione monetaria.

L’aumento dei prezzi dell’energia – e in modo particolare del gas – ha influito pesantemente sulla componente alimentare del paniere dei consumi. Ma come sono collegati questi due elementi? Prova a chiarirlo la Bce, che nel bollettino economico, ricorda che l’equazione aumento prezzi energia = aumento beni alimentari è determinata da tre elementi.

Innanzitutto, la produzione agricola e la lavorazione dei prodotti alimentari sono settori ad alta intensità di energia. La coltivazione dei campi, ad esempio, dipende in larga misura dal carburante per i macchinari agricoli, per cui i rincari dell’energia tendono a trasmettersi rapidamente ai costi di produzione, che di conseguenza aumentano.

Inoltre, poiché il gas naturale costituisce uno degli input nella produzione di fertilizzanti, l’aumento dei suoi prezzi fa crescere quelli dei fertilizzanti stessi, incrementando i costi degli input agricoli. Infine, i maggiori costi di trasporto si ripercuotono sui prezzi dei beni alimentari, rendendo così più costosa la sostituzione delle materie prime con quelle provenienti da fonti di approvvigionamento più lontane.

Anche i prezzi delle materie prime alimentari a livello internazionale – ricorda la Bce – hanno registrato un incremento per via delle condizioni meteorologiche avverse in alcune aree“. In aggiunta, i più elevati costi del trasporto marittimo dovuti alle strozzature nelle catene di approvvigionamento mondiali hanno acuito le pressioni sui prezzi.

In questo circolo vizioso si aggiungono, poi, altri elementi fondamentali. In primo luogo, l’Ucraina ha introdotto un divieto di esportazione per alcuni prodotti alimentari, tra cui segale, orzo, grano saraceno, miglio, zucchero, sale e carne. In secondo luogo, il trasporto delle materie prime alimentari dalla Russia è divenuto più dispendioso a causa dei maggiori costi assicurativi e, inoltre, la Russia ha vietato la vendita all’estero di fertilizzanti, di cui è il maggiore esportatore mondiale, fino ad agosto 202210. Infine, l’Unione europea ha adottato ulteriori sanzioni contro la Bielorussia, imponendo un divieto totale alle importazioni di idrossido di potassio e carburanti, fra gli altri altri prodotti. Queste restrizioni al commercio internazionale di concimi, riferisce la Bce, “determineranno ulteriori aumenti dei prezzi sia a livello mondiale sia nell’area dell’euro, mentre la riduzione dell’offerta potrebbe anche incidere sui rendimenti mondiali dei raccolti nel periodo a venire“.

Po

L’Italia ha sete. Le Regioni chiedono lo stato di emergenza, Cirio: “Situazione drammatica”

Una situazione drammatica, mai così grave negli ultimi anni. È il quadro che, in piena emergenza siccità, restituiscono i presidenti delle Regioni del Nord Italia. Lo fa il governatore del Piemonte Alberto Cirio, che chiede “risorse economiche per i nostri agricoltori” e che “il Governo prenda in mano la questione sotto forma di emergenza nazionale. Per evitare che questa situazione torni a replicarsi in futuro, il Pnrr deve essere declinato in modo che gli agricoltori possano costruire piccoli invasi consortili“. E lo fa il collega della Lombardia, Attilio Fontana, che al termine della riunione tra la Conferenza delle Regioni e il capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, parla di “una situazione eccezionale, di una gravità che non si era mai verificata in questi anni“. Intanto la Protezione Civile sta lavorando sui parametri tecnici per andare incontro alle richieste di stato di emergenza.

Da una parte c’è l’esigenza di non dover razionare l’acqua per uso domestico, dall’altra quella di sostenere e risarcire gli agricoltori danneggiati dalla siccità. Senza dimenticare il funzionamento delle centrali idroelettriche, messe a grave rischio dalla mancanza di flussi. Per quanto riguarda l’agricoltura, già in mattinata il ministro Patuanelli aveva parlato della necessità di “fare un percorso di avvicinamento all’obbligo assicurativo” per il settore. E annunciato una riunione con il Mite e la Protezione civile per fare il punto sulla situazione. In ogni caso, secondo il ministro, “lo stato di emergenza e lo stato di calamità dovranno lavorare insieme” per “portare l’acqua dove serve con la Protezione civile” e per avviarne la razionalizzazionecioè per modificare le modalità degli usi domestici, agricoli e nelle centrali idroelettriche“. Lo stato di calamità, invece, “consente di superare i limiti della norma 102 per intervenire sui danni“.

Intanto, l’Autorità Distrettuale del fiume Po continua a lanciare l’allarme sul cuneo salino nel Delta del Po, che ha raggiunto i 21 km. “Il livello del fiume è così basso – spiega il segretario generale Meuccio Berselliche consente all’Adriatico in alta marea di penetrare e cambiare le caratteristiche della falda che da acqua dolce diventa salmastra“. L’acqua salmastra, afferma, “diventa inutilizzabile per le colture. C’è quindi un danno ambientale e un danno economico“. Una situazione drammatica, appunto, dove lo stato di emergenza e calamità sembrano avvicinarsi ogni giorno di più.

Cos’è il cuneo salino e perché è così dannoso per uomo e ambiente

Intere aree desertificate, acqua razionata e addirittura erogazioni interrotte nelle ore notturne, orti e giardini a secco, autobotti in movimento. L’emergenza della primavera-estate 2022 è la ‘grande sete’ che colpisce l’intero Paese e che rischia di compromettere l’agroalimentare Made in Italy con conseguenze disastrose su disponibilità dei prodotti e costi, già influenzati dal caro-energia. La situazione del Po d’altronde può essere definita allarmante: da circa 70 anni non si registrava un livello così basso dell’acqua. Senza pioggia, lo scenario rischia addirittura di peggiorare con l’ondata di calore che in alcune zone ha già portato le temperature oltre i 35 gradi per due settimane. Risultato: le falde sono sempre più basse e contaminate dal cuneo salino che rende inservibile l’acqua per potabilizzazione e per l’irrigazione.

Sul delta del Po, in particolare, la sofferenza idrica si è presentata con almeno un mese d’anticipo. Il cuneo salino consiste nella risalita alla foce di un fiume dell’acqua marina che si incunea sul fondo dell’alveo fluviale. Si tratta di un fenomeno che colpisce quasi sempre il Po in maniera più o meno pronunciata a seconda dei periodi dell’anno, ma che negli ultimi due lustri si è intensificato. Si è infatti assistito a una progressiva intrusione di acqua marina verso l’interno del corso fluviale, che ora ha superato i 15 chilometri.

La risalita è dovuta dall’intervento umano diretto (prelievi incontrollati di acqua e gestione poco accorta della risorsa), ma principalmente dai cambiamenti climatici: scarse precipitazioni, ridotti rilasci idrici montani e dai laghi, portate molto contenute dei fiumi, abbassamento dell’alveo per minore apporto di sedimenti dagli affluenti e innalzamento del livello del mare.

po

Alcune conseguenze dell’aumento di salinità dell’acqua dolce sono ovvie, altre meno. L’intrusione dell’acqua marina nei corsi d’acqua comporta infatti l’interruzione delle irrigazioni per l’agricoltura, la salinizzazione delle falde e l’inaridimento delle zone litoranee con successive micro-desertificazioni. A ciò si aggiunge la difficoltà di approvvigionamento dagli acquedotti (visto che le centrali di potabilizzazione non sono in grado di desalinizzare l’acqua) e le modifiche delle caratteristiche biologiche dei fiumi, con gravi conseguenze per flora e fauna (dalla scomparsa si zone forestali e umide fino alla sparizione di alcune specie).

Ricehouse

Ricehouse, la startup dell’edilizia che punta sugli scarti del riso

Provare a modificare i principi dell’edilizia, indirizzando il settore verso una concezione più improntata sull’economia circolare. La missione nobile di Ricehouse, startup italiana fondata nel 2016 da Tiziana Monterisi e Alessio Colombo, negli ultimi mesi sta incontrando anche le necessità di un comparto colpito dai rincari delle materie prime. Come lascia intendere il nome, infatti, l’azienda utilizza gli scarti della lavorazione del riso per sostituire i prodotti petrolchimici usati abitualmente nel mondo dell’edilizia, riuscendo così a ridurre notevolmente le emissioni. “La carenza della materia prima – racconta Tiziana Monterisi, ad. e cofondatrice di Ricehouse – così come gli alti costi di questa, ha spostato l’attenzione verso la ricerca di alternative. La bioedilizia inizia molto tempo fa, con le costruzioni fatte con materiali naturali perché effettivamente erano gli unici materiali accessibili. L’industria del mercato edile ha poi distrutto, o nascosto, qualsiasi logica utilizzata nel passato. Oggi, la bioedilizia ritrova un mercato forte e di valore grazie alle attenzioni verso qualità e sostenibilità, che giocano un ruolo strategico per indirizzare la domanda di materiale edile”.

L’attività di Ricehouse rende protagonisti gli agricoltori, che rappresentano un interlocutore fondamentale: “Abbiamo coinvolto gli agricoltori fin dall’inizio. Per loro, la nostra collaborazione significa risparmio immediato. In concreto, hanno un risparmio di costi e aumento delle entrate”, prosegue Monterisi, che poi apre una parentesi estremamente interessante sulle opzioni che Ricehouse può esplorare nei prossimi mesi e anni: “Il nostro obiettivo è quello di riuscire a valorizzare il più possibile tutto lo scarto risicolo a disposizione in Italia e far in modo che il nostro Paese possa essere il produttore per eccellenza di materiali naturali. Usando i sottoprodotti del riso per produrre materiali naturali per il mondo edile, potremmo compensare 1.950.000t di CO2 ogni anno, ovvero l’equivalente di piantare 81.000.000 di alberi”.

Ricehouse

Un’analisi che arriva da una società che fin dal 2016 ha saputo leggere le esigenze di un settore cruciale per il nostro Paese. L’attività di Ricehouse è nata con una lunga fase di ricerca delle giuste sinergie, con aziende che potessero sposare i valori e i processi innovativi proposti. Sviluppando una linea di prodotti per l’edilizia derivante dal riciclo degli scarti di lavorazione agricoli, si è resa portavoce di valori nobili e ha anticipato i temi che sarebbero poi stati introdotti dalle istituzioni italiane e internazionali. “Dopo tanti anni – ammette Monterisi – finalmente siamo nel centro dell’argomento. Noi continuiamo a dire quello che dicevano prima, il nostro messaggio non è cambiato. Di fatto, prima mancava il destinatario con cui rapportarsi. Oggi, invece, possiamo sederci a un tavolo di lavoro per dialogare su punti critici e progetti ambiziosi”. Uno di questi punti è indubbiamente la gestione del Superbonus: “Deve essere un percorso serio, uno strumento valido per una transizione ecologica. Per noi è un’opportunità, tanto più concreta quanto più è strutturato in maniera corretta. La vera svolta potrebbe essere data inserendo i materiali naturali come plus. Inoltre, per una valida bioarchitettura servirebbero parametri per la qualifica energetica”.

È la Giornata mondiale contro la siccità: e in Italia scatta l’allarme

In Italia la grande sete avanza. Se la situazione al Nord è talmente grave da aver portato il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, a chiedere a Roma lo stato di calamità per l’agricoltura, gli effetti della siccità iniziano a estendersi rapidamente anche al Centro. Più di un quarto del territorio nazionale (28%) è a rischio desertificazione e la siccità è “solo la punta dell’iceberg di un processo che mette a rischio la disponibilità idrica nelle campagne e nelle città“, denuncia Coldiretti.

La situazione a livello nazionale è monitorata con molta attenzione dagli osservatori permanenti sugli utilizzi idrici che sono stati istituiti con protocolli d’intesa inter-istituzionali con le amministrazioni locali competenti. Lo scenario è uno dei peggiori che si possano prevedere“, informa il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. Il ministero sta costituendo un tavolo politico istituzionale “di alto profilo alla presenza di tutte le autorità di bacino per fare un quadro d’insieme sulla scala dell’intero Paese, l’attenzione è costante“, assicura. L’obiettivo a stretto giro sarà ridurre le perdite di acqua e potenziare la collezione di acque piovane, creando un certo numero di bacini: “Basterebbe un quarto della piovosità nazionale per soddisfare il fabbisogno agricolo“, afferma il ministro.

L’Autorità distrettuale del fiume Po la definisce “la peggior crisi da 70 anni: “La portata del fiume sarà ancora più bassa nelle prossime settimane“, avverte il segretario Meuccio Berselli. Il delta è stato “conquistato” ormai per 30 chilometri dalla risalita del cuneo salino e lungo tutta l’asta registra una “magra” epocale.

Ai sindaci di un centinaio di Comuni piemontesi e di almeno 25 Comuni della provincia di Bergamo è stato già chiesto di emanare ordinanze per il contingentamento dell’acqua. In Lombardia i produttori idroelettrici da oggi aumentano i rilasci dell’acqua a supporto dell’agricoltura.

È una situazione complessa soprattutto nelle parti montane e pedemontane del nostro territorio, l’assenza di precipitazioni nevose in inverno e la siccità prolungata poi hanno svuotato i serbatoi idrici“, aveva spiegato il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo. Che non aveva immediatamente lanciato l’allarme sul capoluogo, ma che aveva spiegato che “ci stiamo rendendo conto di quanto sia importante questo bene prezioso e di quanto sia importante la programmazione“. E non aveva negato il rischio di stato di calamità: “È inutile affermare il contrario. Al momento la situazione è sotto controllo, noi come città metropolitana abbiamo chiesto ai colleghi sindaci di emettere ordinanze sul contingentamento. Aiuteranno, ma dobbiamo metterci in sicurezza qualora questo periodo dovesse continuare”.

L’Osservatorio Anbi sulle Risorse Idriche evidenzia in maniera massiva le conseguenze dei cambiamenti climatici sull’intera Penisola. Il secondo fiume della Toscana, l’Ombrone, è ridotto ormai a uno “stato torrentizio” dopo mesi di sofferenza. La portata è di 890 litri al secondo, quando il minimo per garantire la vita in alveo è indicato in 2mila litri al secondo. Nelle Marche, il fiume Sentino tocca già il minimo storico (-37 centimetri), registrato nell’Agosto 2021, anno considerato idricamente critico per la regione; anche Esino e Nera sono ai livelli più bassi degli ultimi cinque anni. In Umbria, i il fiume Tevere, nel suo tratto iniziale, registra il livello più basso (35 centimetri) dal 1996. Continua a restare basso nel Lazio, dove però è ancora più grave la situazione dell’Aniene, ridotto ad una portata di circa 3mila litri al secondo contro una media di oltre 8mila. Non va meglio ai laghi: in una settimana, il Maggiore si è abbassato di 20 centimetri, il Lario di oltre 30 e l’Iseo di 7. In Lombardia sono ormai completamente esaurite, con due mesi d’anticipo, le riserve di neve.

Sulla situazione e le possibili soluzioni, oggi, giornata mondiale della Siccità e della desertificazione, si tiene un convegno alla Camera con Federica Daga e il ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli.

siccità

FIUME PO

agricoltura

Dal 2021 agricoltura in crisi. Continua la ‘tempesta perfetta’

La stragrande maggioranza delle aziende agricole e agroalimentari italiane intervistate ad aprile da Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) nel primo trimestre 2022 ha incontrato serie difficoltà nella gestione d’impresa, a causa dei forti rincari dovuti all’aumento del costo dell’energia e delle materie prime (soprattutto fertilizzanti). Il dato emerge dal rapporto diffuso dall’istituto che ha per titolo ‘I costi correnti di produzione dell’agricoltura. Dinamiche di breve e lungo termine, effetti degli aumenti dei costi e prospettive per le imprese della filiera’ e che contiene anche un sondaggio su 795 aziende per il settore agricolo e 586 imprese dell’industria alimentare.

Ma il problema viene da lontano. “Il 2021 – spiega Ismea – rappresenta un punto di rottura. Quella che i media definiscono la ‘tempesta perfetta’, ovvero l’allinearsi in senso sfavorevole di una molteplicità di fattori di tipo strutturale e congiunturale, endogeni ed esogeni al settore, ha obbligato ad acquisire tale consapevolezza con una specificità: una crisi talmente ad ampio raggio da interessare, concentrandoci sul settore agroalimentare, tutte le filiere e, nell’ambito delle stesse filiere, tutti gli anelli di cui sono composte; dalla produzione dei mezzi tecnici al consumatore finale, cui peraltro una quota importante del proprio reddito è stata ‘distratta’ verso il pagamento degli incrementi notevoli di spese prioritarie come le bollette e il pieno dell’auto, proprio mentre l’inflazione è andata a interessare gran parte dei beni alimentari“.

DAL CALO DEI PREZZI IN PIENA PANDEMIA, ALL’IMPENNATA DEL 2022

Se nel 2020, spiega Ismea nel suo report, come conseguenza della pandemia e del rallentamento delle attività produttive del blocco dei flussi turistici e dei viaggi aerei, si registrò un forte calo dei prezzi del petrolio e delle materie prime energetiche in generale (-32% la riduzione dell’indice rispetto all’anno precedente), che ha trascinato al ribasso anche l’indice dei prezzi dei fertilizzanti, diminuito del 10%, “nel 2021 si è assistito all’impennata dei prezzi di tutte le commodity, non solo gli energetici (+82% nel consuntivo 2021 rispetto al 2020), che hanno spinto un incremento analogo dei fertilizzanti (+81% rispetto all’anno precedente), ma anche i minerali e metalli e i metalli preziosi, con questi ultimi che avevano già registrato un aumento nel 2020 nel contesto di incertezza legato alla pandemia“. In particolare, nel 2021, il prezzo del petrolio è cresciuto del 67% rispetto al 2020, portandosi a 69 dollari al barile, ancora ben lontano dal massimo del periodo 2008-2021 di 105 dollari, raggiunto nel 2012; ma soprattutto si è registrata una vera e propria esplosione del prezzo del gas naturale quotato in Europa, con una crescita del 397%.

I FORTI RINCARI DEL PREZZO DEL GAS NATURALE

La crescita dell’indice internazionale del prezzo del gas naturale ha impattato a sua volta fortemente sul prezzo dei fertilizzanti, essendone il gas una componente produttiva; in particolare, il prezzo dell’urea è più che raddoppiato in un anno, con una quotazione di 483 dollari per tonnellata in media nel 2021, che si avvicina al valore massimo del periodo di 515 dollari, raggiunto nel 2008. Forte la crescita anche per fosfato diammonico e del triplo superfosfato o superfosfato concentrato, ma per questi due prodotti le quotazioni nel 2021 sono rimaste comunque lontane dai livelli massimi del 2008. Lo scenario per il 2022 si è poi drammaticamente aggravato con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. “La messa fuori uso dei porti sul Mar Nero, le tensioni politiche e le sanzioni comminate alla Russia hanno ulteriormente destabilizzato il mercato delle commodity agricole e degli input produttivi come petrolio, gas e fertilizzanti, nonché fenomeni speculativi che in tutte queste incertezze hanno trovato un florido terreno di coltura“, conclude Ismea nella sua analisi.

GLI AUMENTI NON SARANNO FATTI RICADERE SUI CONSUMATORI

La soluzione per contenere i rincari sarà quindi aumentare i prezzi dei prodotti finiti e far così ricadere gli aumenti sul consumatore finale? La maggior parte delle aziende intervistate non la pensa così. Il 38% delle imprese agroalimentari italiane ritiene infatti che nei mesi a venire sarà difficile aumentare i listini dei propri prodotti per recuperare gli incrementi dei costi correnti (47% per l’industria delle paste alimentari e 55% per il settore vitivinicolo). Tuttavia, il 28% delle imprese appartenenti all’industria della trasformazione dei prodotti ortofrutticoli dichiara che nei prossimi mesi i prezzi di vendita dei propri prodotti aumenteranno tra il 3-6% del valore (contro il 19% del campione). Infine, le imprese esportatrici (che rappresentano circa la metà delle imprese dell’industria alimentare intervistate), intervistate sulla maggiore o minore possibilità di riversare sui prezzi gli aumenti dei costi per i prodotti venduti all’estero, hanno dichiarato in maggioranza (55% delle esportatrici) che le vendite all’estero non hanno consentito di assorbire più facilmente l’incremento dei costi, dato che i mercati esteri sono maggiormente sensibili all’aumento dei listini, ma circa il 30% invece ha avuto maggiori possibilità di recuperare gli aumenti attraverso le vendite all’estero.

suolo

La revisione dei regolamenti Ue sulla condivisione di sforzi e uso suoli

Oltre al sistema di scambio delle quote di emissione dell’Unione Europea (ETS), il pacchetto Fit for 55 si spinge oltre, con una proposta di revisione del regolamento sulla condivisione degli sforzi (ESR) tra Stati membri nei settori rimasti scoperti – edifici, agricoltura, rifiuti, piccola industria e trasporti – e del regolamento sulle emissioni e gli assorbimenti di gas a effetto serra derivanti dall’uso del suolo, dai cambiamenti di uso e dalla silvicoltura (LULUCF).

La condivisione degli sforzi – Il regolamento sulla condivisione degli sforzi adottato nel 2018 stabilisce obiettivi annuali vincolanti per le emissioni di gas serra dal 2020 al 2030 per ciascun Paese membro UE, per l’insieme di settori che rappresenta circa il 60% delle emissioni dell’Unione. Nella proposta di revisione della Commissione è prevista la riduzione di almeno il 40% rispetto ai livelli del 2005, con un aumento di 11 punti percentuali rispetto all’attuale obiettivo del 29%. Saranno fissate per ognuno dei Ventisette le assegnazioni annuali di emissioni (AEA), ridotte progressivamente fino al 2030, e creata una riserva volontaria aggiuntiva. A livello di bilancio, viene stimato sul milione e 750 mila euro il costo totale delle misure di sostegno per l’adattamento al quadro più esigente.

La relazione che dovrà essere votata in sessione plenaria del Parlamento Ue, a firma Jessica Polfjärd (Partito Popolare Europeo), invita la Commissione a garantire l’adeguatezza degli obiettivi nazionali, con la possibilità di fissare limiti settoriali alle emissioni. Introduce maggiore trasparenza sulle azioni degli Stati membri e collega l’azione correttiva alla revisione dei piani nazionali per l’energia e il clima, in caso di mancato rispetto degli obiettivi per due anni consecutivi. Elimina la riserva aggiuntiva e stabilisce le assegnazioni annuali di emissioni per il periodo 2023-2030, eliminando il loro adeguamento nel 2025 e chiedendo una proposta sugli obiettivi Ue per le emissioni non-CO2 coperte dall’ESR entro il 2023.

L’uso del suolo

La proposta di revisione del regolamento sulle emissioni e gli assorbimenti di gas a effetto serra derivanti dall’uso del suolo, dai cambiamenti di uso del suolo e dalla silvicoltura (LULUCF) include l’abbandono a partire dal 2026 della regola del no-debit, vale a dire che le emissioni di gas serra non possono superare gli assorbimenti all’interno dello stesso settore. Viene introdotto un rafforzamento dell’obbligo per gli Stati membri di presentare piani di mitigazione integrati per il settore terrestre e dei requisiti di monitoraggio grazie alle tecnologie digitali. A partire dal 2031 il regolamento dovrà coprire l’intero settore agricolo, incluse le emissioni non-CO2, e sarà necessario definire un valore per le azioni di mitigazione, introducendo un sistema di certificazione della rimozione del carbonio.

Secondo la proposta della Commissione, l’obiettivo è di invertire l’attuale tendenza alla diminuzione degli assorbimenti nel settore terrestre, arrivando a 310 milioni di tonnellate di CO2 equivalente rimosse entro il 2030 e alla neutralità climatica del settore agricolo e forestale entro il 2035. La relazione che sarà votata in sessione plenaria del Parlamento UE, a firma Ville Niinistö (Verdi), è allineata all’obiettivo delle 310 milioni di tonnellate di CO2 equivalente entro il 2030, ma aggiunge un nuovo sforzo aggiuntivo di 50 milioni di tonnellate di CO2 da rimuovere attraverso l’agricoltura del carbonio. Al contrario, è stata respinta l’idea di unire le emissioni di gas a effetto serra derivanti dall’uso del suolo, dai cambiamenti di uso e dalla silvicoltura con quelle agricole non-CO2 a partire dal 2031.

biotecnologie

Con BioTech l’agricoltura diventa più sostenibile

Con il progetto BioTech abbiamo dimostrato nei fatti che le nuove biotecnologie sono uno strumento potente per rendere l’agricoltura più sostenibile, limitando l’uso di fitofarmaci, migliorando il valore nutrizionale degli alimenti e assicurando la produzione agricola, anche in un contesto di cambiamento climatico”. Così Luigi Cattivelli, direttore Crea Genomica e Bioinformatica e coordinatore di BioTech, il primo progetto di ricerca pubblica dedicato alle biotecnologie sostenibili in agricoltura. In 4 anni di sperimentazione, BioTech si è focalizzato sui problemi maggiori e prioritari che deve affrontare l’agricoltura italiana, cercandone le soluzioni più adeguate in ottica sostenibile: tra questi la resistenza alle malattie più diffuse e allo stress idrico, la resa e la migliore qualità nutrizionale.

RISULTATI E PROSPETTIVE

BioTech ha presentato i primi risultati al Festival del Giornalismo Alimentare di Torino. Hanno riguardato pomodori, melanzane, cereali e mele. Nell’ambito dei pomodori, sono state sviluppate piante capaci di bloccare lo sviluppo di alcune infestanti oppure con migliore resistenza alla salinità. Il progetto ha contribuito anche alla selezione di linee con elevato contenuto di vitamina D, un lavoro recentemente pubblicato sulla rivista Nature Plants. Per quanto riguarda le melanzane, sono state ottenute piante resistenti alla fusariosi o senza semi che consentono di ampliare il periodo di raccolta del frutto. In ambito cerealicolo, sono state invece messe a punto piante con semi più grandi oppure con nuovi geni di resistenza alle ruggini. Per le mele sono state studiate soluzioni contro le malattie, in particolare la ticchiolatura. Molti altri prodotti sono in fase di completamento a cominciare da vite, pero, kiwi e basilico resistenti a particolari malattie, pomodori ed agrumi arricchiti in antiossidanti, agrumi con semi più piccoli, uva da tavola senza seme.

APPROCCIO

Le biotecnologie sostenibili – spiega il Crea in una nota – sono le nuove tecniche per la mutagenesi mirata (Genome Editing) e il trasferimento di geni tra piante della stessa specie (Cisgenesi). In entrambi i casi non si verifica l’inserimento di tratti Dna provenienti da organismi distanti, per cui, in realtà, queste piante sono sostanzialmente diverse dai tradizionali Ogm. Al contrario, esse sono molto più simili a quelle ottenibili, con maggiore difficoltà, minore efficienza e tempi assai più lunghi con i metodi convenzionali“.

A livello normativo, il Crea ha evidenziato che “queste piante sono oggetto della stessa norma che regola le piante transgeniche, che non consente la loro sperimentazione in campo“. Per questo i risultati “derivano tutti da prove realizzate in laboratorio“. Ma “per passare dal laboratorio alla realtà dei campi serve una nuova normativa“.

Alberto Cirio

Cirio a Versalis: “Aiutateci a creare una vera economia circolare”

Arriva da Crescentino, al confine tra le province di Torino e Vercelli, la proposta del governatore piemontese, Alberto Cirio, a Versalis, che nelle campagne del piccolo comune ha dato vita all’unico impianto italiano di produzione di bioetanolo ‘advanced’, cioè ottenuto da biomasse lignocellulosiche che non sono in competizione con la filiera alimentare. Impianto che per Versalis “ha una straordinaria importanza dal punto di vista strategico perché è il primo esempio al mondo di applicazione industriale della tecnologia Proesa (Produzione di etanolo da biomasse) per la produzione di energia rinnovabile“, ha ricordato il presidente Marco Petracchini, durante un incontro istituzionale organizzato per illustrare il ciclo produttivo del sito. Ed è proprio al termine delle spiegazioni ‘tecniche’ che il governatore piemontese ha invitato i vertici di Versalis – società di Eni impegnata nello sviluppo della chimica green – ad allargare il concetto di economia circolare al territorio piemontese, così da portare “benefici non solo all’ambiente, ma anche a tutti i ‘pezzi’ del circolo, a partire dalle aziende“.

L’impianto di Crescentino, acquisito dal gruppo nel 2018, è stato completamente riconfigurato e dall’inizio del 2022 produce bioetanolo partendo da biomasse di legno e cellulosa che, sostanzialmente, sono scarti di altre produzioni. L’obiettivo è trattare 200mila tonnellate all’anno di masse green, per una capacità massima di di circa 25mila tonnellate all’anno di bioetanolo. Lo stabilimento, inoltre, si basa sulla circolarità: si autosostiene dal punto di vista energetico, grazie alla produzione di energia elettrica rinnovabile e vapore dalla centrale termoelettrica che viene alimentata da biomasse a filiera corta e dalla lignina coprodotta dal processo.

Ed è proprio sul tema della circolarità che si è concentrato il presidente della Regione. La Pianura Padana, ha ricordato, è una delle zone più inquinate d’Europaa causa della sua geografia, con le Alpi che ‘chiudono’ Piemonte, Lombardia e Veneto e impediscono ai venti di spazzare via l’inquinamento. In queste Regioni ci sono restrizioni maggiori da parte di Bruxelles per quanto concerne gli scarti dell’agricoltura: ad esempio, è possibile bruciare i residui della potatura soltanto in un determinato periodo dell’anno, cioè dopo aprile. Ma le potature si fanno a ottobre e novembre. E cosa se ne fanno di tutto quel materiale se non possono smaltirlo?“. La Regione, ha spiegato, sta finanziando gli agricoltori affinché “si consorzino e acquistino dei cippatori” e allora “vi chiedo“, ha detto rivolgendosi ai vertici di Versalis, “perché non affiniamo meglio questo meccanismo? Se noi li sosteniamo in questa iniziativa, perché non vi attivate affinché il prodotto della cippatura trovi una destinazione sul territorio, cioè nel vostro impianto?

È un progetto che noi abbiamo già in mente – ha risposto Sergio Lombardini, responsabile BU Biochem Versalisma ci sono, al momento, ostacoli non di natura tecnica, quanto di partnership e normativa“. Ostacoli che, però, potrebbero essere superati “consorziandoci e creando, possibilmente, questa unità di cippatura con una municipalizzata“. “La sua proposta – ha rimarcato – incontra assolutamente una nostra idea“.

Il governatore piemontese, al termine del suo intervento, ha sottolineato quanto sia importante per la politica “progettare e avere una visione. Abbiamo un problema – ha ricordato – che è l’inquinamento. E allora dobbiamo trasformarlo in una opportunità, mettendo l’agricoltura al centro di un sistema di economia circolare. Ci sono molti soldi che arrivano dall’Europa e sono a disposizione per finanziare anche iniziative come queste. Mettiamo sempre un tappeto rosso a chi vuole investire in Piemonte“.

agricoltura 4.0

Di Maio: “L’insicurezza alimentare crea instabilità”

Non c’è solo il problema del gas e dell’indipendenza dalla Russia. La guerra in Ucraina, considerata il granaio d’Europa, sta ponendo in maniera forte il tema dell‘insicurezza alimentare che coinvolge Paesi di primo piano a livello mondiale. Per uscire da questa situazione delicata, una delle vie può, anzi deve, essere l’investimento nelle tecnologie, anche se questo argomento è quasi ignorato dagli agricoltori italiani. “Solo il 6% dell’agricoltura italiana è interessata a processi d’avanguardia. L’obiettivo, per questo settore, deve essere quello di far aumentare sempre più questo numero”,  ha evidenziato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio partecipando all’evento Techagriculture meeting Italia-Israele.

Ad ascoltare Di Maio, oltre all’innovazione digitale occorre tenere presente anche il percorso verso la transizione ecologica e considerare l’influenza che le coltivazioni hanno sull’ambiente. Nonostante a livello globale l’agricoltura italiana sia una delle meno impattanti, la tecnologia potrebbe aiutare il settore a ridurre le emissioni di gas serra che mettono in pericolo il Pianeta. “Investire nella tecnologia per l’agricoltura significa utilizzare al massimo il suo potenziale e renderla sempre più sostenibile“, le parole del ministro che tendono verso una direzione ben precisa.

Nonostante ci sia ancora tanto lavoro da fare, i dati sull’espansione del comparto agrario sono incoraggianti. “Nel 2020, con un giro d’affari di 540 milioni di euro, la filiera ha registrato una crescita del 20% rispetto al 2019”, ha osservato Di Maio. Ma il percorso è appena cominciato. Per fare un esempio, “le superfici ad oggi coltivate in Italia con strumenti di agricoltura 4.0 sono nell’ordine del 3-4% del totale“, ha evidenziato Di Maio sottintendendo che si tratta di una percentuale che va alzata in maniera brusca nel più breve tempo possibile.