Carburanti, Musumeci: Taglio accise? Debiti li pagheranno i nostri figli

“Noi spesso dimentichiamo di essere in economia di guerra. Dimentichiamo che non abbiamo autonomia energetica, che la manovra delle accise portate avanti dal governo Draghi ha comportato un costo di 10 miliardi di euro e al tempo stesso la manovra di Bilancio ha destinato 21 miliardi solo al caro energia. E’ una valutazione che il governo sta facendo in queste settimane. Si tenga conto che per ogni provvedimento che si intende adottare bisogna fare ulteriore debito. Alla fine non paga il governo Meloni, non paga il premier o il ministro Musumeci, pagheranno i nostri figli per i prossimi 20-30 anni”. Così, intervistato da Gea, il ministro per la Protezione civile e le politiche del mare, Nello Musumeci, a proposito dell’ipotesi di nuovi tagli alle accise dei carburanti. “Ogni buon padre di famiglia ha il dovere di capire se sia più giusto o utile fare ora ulteriori debiti (e l’Italia ne ha fatti per 400 miliardi negli ultimi quattro anni anche a causa del Covid), o sia più giusto affrontare ora ulteriori sacrifici nella certezza che fra qualche mese la situazione complessiva si potrà normalizzare”.

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Blangiardo: “L’aumento del costo dei carburanti impatta sulle fasce deboli”

“Fare previsioni sui prezzi dei carburanti non è semplice. Il loro effetto è diretto perché chi compra diesel o benzina li paga di più, ma è anche indiretto perché agisce su altri costi”, come quello dei trasporti in generale. Lo ha detto Gian Carlo Blangiardo, presidente di Istat, a SkyTg24. L’aumento dei prezzi “è un grande problema in prospettiva se continua a crescere”, perché “accentuerebbe ancora i problemi delle famiglie”, impattando sulla crescita del Paese.
Il tema è, naturalmente, quello dell’inflazione. “Abbiamo chiuso il 2022 a livelli preoccupanti – ha detto Blangiardo – e nel 2023 se le cose non peggiorano si stima che crescerà del 5,1%”. Si tratta, ha aggiunto “di un valore di quasi tre volte più alto di quello dell’anno scorso”. E se le cose peggioreranno ancora? “Dipende da quanto andrà male – ha detto Blangiardo – e dall’entità degli aumenti, che non sono prevedibili ora. L’esperienza ci ha insegnato che gli eventi non previsti ci hanno portato a questa situazione. Possiamo aspettarci ulteriori aumenti, ma speriamo che non siano così consistenti. Ci auguriamo un rallentamento della tendenza”.
Nessun allarme, invece, sul Pil, il cui dato del 2022 è stimato a +3,9%. “È un buon risultato – ha detto il presidente dell’Istat – superiore alle attese. Sul 2023 la stima è dello 0,4%, che non ci pone in recessione, ma ha bisogno di due elementi: il controllo dei prezzi e il mantenimento degli investimenti”. Se riusciamo a mantenere questi due vincoli – ha aggiunto – lo +0,4% può essere un risultato accettabile vista la situazione. Il momento è difficile, già galleggiare sopra il livello negativo è un risultato di cui possiamo accontentarci”.
E il governo da parte sua, con la Manovra, ha previsto misure “ragionevoli, tenendo conto della situazione e delle risorse disponibili. Si è evitato – ha spiegato Blangiardo – di accentuare i problemi e si è tentato di avviare il rilancio del Paese. Mi sembra si vada nella direzione giusta, ci sono buone prospettive. È stato fatto tutto quello che si poteva fare? È stato fatto molto, compatibilmente con le risorse disponibili”.

Nuovi rincari in bolletta e alla pompa: si allarga lo spread Italia-Germania

Si allarga lo spread tra Italia e resto d’Europa. Non si tratta del confronto sugli interessi che lo Stato paga sul debito pubblico, in salita come conseguenza dell’aumento dei tassi deciso dalla Bce per frenare l’inflazione, con quelli che sborsa il governo tedesco sui titoli decennali. No, la vera forbice che interessa l’economia è quella legata ai costi energetici.
In Italia a cavallo di Capodanno abbiamo avuto un aumento delle bollette del gas per il mercato tutelato, 7,3 milioni di clienti, pari al 23,3%, mentre ad esempio in Germania il governo ha pagato le bollette del metano alle famiglie tedesche. Un gesto che ha permesso all’inflazione di scendere al di sotto delle attese all’8,6%. Il caro-vita da noi invece è all’11,8%. Il 5 gennaio uscirà il dato di dicembre che tuttavia sarà superiore a quello tedesco, considerando che gli analisti stimano un leggera diminuzione a +11,6%.
La fonte dei rincari sta alla base. Alla produzione. La nostra energia elettrica deriva dal gas al 50% con una quota di rinnovabili di poco superiore al 22%, in Germania la quota di rinnovabili sfiora in questi giorni il 60% perchè il Paese più grande d’Europa ha incrementato nel 2022 gli impianti, soprattutto eolici, per essere meno dipendente dai fornitori esteri dopo aver subito la chiusura dei rifornimenti russi di gas dopo l’invasione dell’Ucraina.
Sempre in questi giorni il prezzo della luce è così pari a un terzo di quello italiano a Berlino. Il costo industriale di oggi è 171,61 euro/MWh da noi contro i 59 in Germania.

Dal primo gennaio gli automobilisti del Belpaese hanno assistito infine a un rincaro di circa 20 centesimi al litro, dopo i +12,2 centesimi di rincaro verificatosi a inizio dicembre, sui carburanti. Il governo Meloni non ha rinnovato gli sconti sulle accise, che aveva introdotto il governo Draghi il 21 marzo scorso per frenare la fiammata al distributore che aveva visto la super toccare un picco di 2,184 euro al litro. Ora, complice una debolezza del prezzo del Brent europeo, la quotazione della benzina, sopra 1,8 euro, è comunque in linea con la media del 2022 che aveva beneficiato degli sgravi. Tuttavia, proprio in virtù di questo rincaro ora il prezzo alla pompa è tornato a essere superiore di quello pagato in Germania: 1,8 contro 1,73 a Berlino.

Nel 2023 si profila comunque un ulteriore allargamento dello spread energetico. In Italia, nonostante abolizione di oneri di sistema e costi vari in bolletta, il gas rimane sui massimi. La luce costerà il 19,5% in meno fino a marzo rispetto all’ultimo trimestre 2022, però bisogna ricordare che a fine settembre la tariffa elettrica segnò un balzo del 59%. Tutt’altra musica in Germania: dopo il regalo di Natale in bolletta, nei prossimi mesi scatterà un tetto ai prezzi di gas ed elettricità: l’80% dei consumi sarà appunto limitato rispetto al prezzo di esercizio. E tale tetto (gas: 12 centesimi al chilowattora, teleriscaldamento: 9,5 centesimi; energia elettrica: 40 cents) inciderà sui prezzi al consumo se quelli correnti saranno superiori al tetto. Il price cap in bolletta non entrerà in vigore fino a marzo 2023, mentre per gennaio febbraio i clienti del gas riceveranno gli indennizzi a marzo.
Finora la forte riduzione di consumi di gas (-20% in Europa fino a novembre rispetto alla media 2016-2021), con conseguente calo della produzione industriale, ha coinvolto gran parte dell’Europa. Ora però in Europa i prezzi stanno crollando, mentre in Italia rimangono sui massimi.

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IP compra attività italiane Esso e conquista l’11,5% del mercato

La Esso diventa italiana. Ip, Italiana petroli, dopo l’acquisto dei distributori TotalErg 5 anni fa, compra anche gran parte delle attività nella penisola del marchio americano Exxon Mobil, sbarcato in Italia 131 anni fa. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, con un tweet ha commentato così la notizia: “Accolgo con favore annuncio operazione di acquisizione di Esso da parte di Ip. È rafforzamento di un operatore italiano in mercato in forte evoluzione e in un momento complesso. Governo è impegnato e sorveglia con attenzione intero settore anche in ambito europeo”. Mentre Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, sottolinea che il gruppo energetico italiano guidato da Ugo Brachetti Peretti rileva “gli asset carburanti e raffinazione di Esso, con impianto di Trecate, la logistica, e i contratti di fornitura delle stazioni Esso. Un’ottima notizia, cresce il #MadeinItaly”.

Nel dettaglio l’operazione di acquisto comprende la totalità delle attività di vendita di carburanti di Esso in Italia, il 75% della Raffineria Sarpom di Trecate (provincia di Novara), di cui IP deteneva già il resto dell’azionariato, la titolarità dei depositi di Genova, Arluno e Chivasso, quella di Engycalor Energia Calore, che controlla il deposito di bitumi di Napoli e si occupa di vendite a clienti business, e il 12,5% della società Disma, che gestisce il deposito di carburante aereo dell’Aeroporto di Malpensa. L’operazione – si legge in un comunicato di Ip – consente di rafforzare i volumi di produzione del gruppo, con una capacità di raffinazione che raddoppia (da circa 5 a quasi 10 milioni di tonnellate/anno) grazie al controllo del 100% della Raffineria di Trecate e del sistema logistico a essa collegato. E visto che la capacità di raffinazione nel nostro Paese è di circa 87 milioni di tonnellate, Ip raggiunge così l’11,5% del mercato italiano. “Siamo soddisfatti di questa acquisizione” – ha commentato Ugo Brachetti Peretti, presidente di Ip – “grazie alla quale entrano a far parte del nostro Gruppo persone, professionalità e asset produttivi di grande qualità. Abbiamo fatto un grande lavoro per portare a termine questa operazione, che ci consentirà di affrontare da protagonisti la sfida della sicurezza energetica nel settore della mobilità e che abiliterà i successivi passi che intendiamo fare nella transizione del gruppo sempre più verso la sostenibilità”.

Il perimetro dell’operazione non comprende comunque le 2200 stazioni di servizio a marchio Esso, che tra il 2012 e il 2018 erano già state cedute a terzi, mantenendo un rapporto di fornitura attraverso contratti di ‘branded wholesaler’, che con questa operazione saranno trasferiti a Ip. L’insegna Esso rimarrà dunque sulle nostre strade. E l’americana ExxonMobil resterà in Italia con le attività di lubrificanti e chimica, oltre che a gestire la partecipazione nella società Terminale GNL Adriatico S.r.l., prezioso rigassificatore al largo delle coste di Rovigo che garantisce al nostro Paese circa 26-27 milioni di metri cubi di gas al giorno.

Costituita presso l’albergo Danieli a Venezia il 16 maggio 1891 come società per azioni al portatore, che aveva come scopo il commercio del petrolio, la Esso Italiana prese all’inizio il nome di Società Italo Americana pel Petrolio (Siap). E Siap fu una delle prime affiliate straniere della Standard Oil Trust, le cui origini risalgono al 1870, quando John D. Rockefeller costituisce la Standard Oil Company (Ohio). Da essa nacque, nel 1882, la Standard Oil Co. (New Jersey), nota in Italia con il nome Esso, dalla pronuncia inglese delle sue iniziali (S – O) che nel 1972 cambia il nome in Exxon Corporation e diventa poi, nel 1999, la Exxon Mobil Corporation. Nel 1938 la denominazione della Siap cambia in Standard Società Italo pel Petrolio, nel 1946 in Standard Italo Americana Petroli, poi nel 1950 in Esso Standard Italiana e dal luglio 1972 assume quella attuale di Esso Italiana.

Manovra, governo trova la quadra. Ma diminuisce sconto sui carburanti

C’è voluto tutto il tempo disponibile, fino all’ultimo minuto, ma la maggioranza sembra aver trovato la quadra sulla legge di Bilancio 2023. Dopo una lunga riunione alla Camera, alla presenza della premier, Giorgia Meloni. La cifra si aggira sui 35 miliardi circa, di cui 23 sono dedicati quasi esclusivamente al contrasto dei rincari dell’energia. Per le bollette di famiglie e imprese sono previsti aiuti per affrontare i mesi più duri della crisi, aspettando che l’Europa batta un colpo sul price cap (temporaneo) e magari inizi a mettere in cantiere una riforma del mercato dell’elettricità, oltre al disaccopiamento dal prezzo del gas. Di sicuro non sarà al Consiglio europeo di giovedì, visto che fonti di Bruxelles fanno sapere che non è in vista nessuna decisione su questi temi.

L’Italia così prova a organizzarsi da par suo. Con la proposta avanzata dal ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, di un tetto nazionale “che riguarda il sistema delle rinnovabili” di 180 euro al megawatt. “Si tratta comunque di un prezzo abbastanza remunerativo per il sistema“, ha spiegato. Sottolineando che da questa misura “ovviamente sono escluse le famiglie“. Il governo è al lavoro anche su altre iniziative che riguardano gli approvvigionamenti energetici. In particolare di metano, perché “il gas nazionale non è una soluzione per coprire” l’intero fabbisogno del Paese, che “solo di gas consuma circa 76 miliardi di metri cubi annui, finora il prelievo nazionale è stato di circa 3 miliardi di metri cubi che è una cifra minima, di conseguenza ce ne mancano 73“, dice Pichetto. Che conferma l’impegno dell’esecutivo sul rigassificatore di Piombino, sia per l’installazione sia per la rimozione “entro 3 anni“.

Del resto è “l’unica soluzione” per affrontare l’emergenza. Soprattutto quella che potrebbe verificarsi nell’inverno 2023-2024, che rappresenta “la preoccupazione maggiore, perché “dovremo ricostituire tutte le riserve e gli stoccaggi e non avremo più il gas russo“. Per quello in corso, invece, “con gli stoccaggi che abbiamo – sostiene il ministro –, con tutti i meccanismi messi a punto, con distinzioni tra gasivori e altri, con una graduatoria di interrompibilità temporanea a fronte di indennizzo, lo vedo con fiducia, si può superare“.

Anche per questi motivi a Palazzo Chigi c’è tutta l’intenzione di mettere in sicurezza le famiglie e imprese da gennaio contro i rincari. L’imperativo è non aggravare la situazione economica del Paese, evitando – fino a quando sarà possibile – il ricorso a uno scostamento di bilancio. Non sfonda, però, l’ipotesi di azzerare per un anno l’Iva su pane, pasta e latte: è “una possibilità menzionata nella riunione con i capigruppo di venerdì scorso, alla quale ho preso parte anche io, ma in linea di massima sembrerebbe accantonata“, conferma il capogruppo di FdI al Senato, Lucio Malan. Che fa un discorso di “efficacia della misura, e forse non è quella ideale da prendere“. Dunque, “meglio concentrare le risorse su altri interventi, ad esempio verso la produzione agricola nazionale“.

Un’altra novità della Manovra 2023 riguarda i carburanti. Cambiano, infatti, le accise fino al prossimo 31 dicembre. Sulla benzina saranno di 578,40 euro per mille litri anziché 478,40 euro, sul gasolio si a 467,40 euro per mille litri anziché 367,40 euro e sul Gpl saranno di 216,67 euro per mille litri invece di 182,61 euro. Una scelta che fa saltare dalla sedia le associazioni dei consumatori, ma che dal governo non vedono come un rischio per i cittadini. La strada per il 2023, comunque, è tracciata.

Energia, Cingolani: Alleanza globale come Covid. Nucleare utile

Il tetto europeo al prezzo del gas è un’ottima notizia, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Ne è consapevole il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che mette in fila tutte le varianti per uscire dalla dipendenza russa (“letale per l’economia“) e avviare una nuova strategia energetica che metta al riparo da speculazioni e oscillazioni del mercato, soprattutto quelle speculative. Perché ormai “siamo già in recessione“. Alla base di tutto, però, c’è la necessità di creare una alleanza globale” anche per l’energia, sulla falsariga di quanto avvenuto in questi anni per contrastare la pandemia: “Avevamo detto che per sviluppare un vaccino per il Covid ci volevano 8-10 anni, ma abbiamo collaborato e l’abbiamo sviluppato in 8 mesi“, è l’esempio che porta il ministro. Anche perché la guerra in Ucrainaavrà un forte impatto sulla transizione ecologica“, avverte. Ricordando che “la grande sfida” in questa fase storica è “mantenere la barra dritta, investire nelle nuove tecnologie e rivedere le regole di mercato, altrimenti arriveremo al 2030 inadatti ad accogliere le sfide della decarbonizzazione“.

Le responsabilità, però, hanno un passato lungo. “Avremmo dovuto avere una visione più chiara – sottolinea Cingolani – avremmo dovuto essere più intelligenti per gestire al meglio il mix energetico“, ecco perché “è ora di cambiare“, servono “fonti verdi programmabili ed è necessario lo sviluppo di nuove tecnologie” nell’ambito “della cattura del carbonio, della fusione nucleare, di piccoli reattori moderni“. Già, quel nucleare che fa sobbalzare dalla sedia associazioni e partiti politici, ma che nella sua accezione moderna è “una strada che va esplorata e considerata in questa fase“, secondo il ministro. “E’ un esempio di tecnologia utile, basata su materiali con radiazioni molto più basse” rispetto al passato e “gli stabilimenti possono essere costruiti off shore, funzionano, vanno bene, se vengono spenti non creano fenomeni pericolosi e dopo 30 anni vengono smantellati“, elenca. Ribadendo il concetto: “Si tratta di un sistema molto utile in una fase di transizione. Può essere una fonte importante, anche se non esclusiva” e soprattutto “offre molte opportunità“, quindi “è un bene investire in questo tipo di tecnologia“.

Perché la realtà dei fatti va guardata a 360 gradi e senza pregiudizi. Grandi alternative, al momento, non sono esplorabili, come l’energia delle onde, perché “quella derivata dal mare è troppo cara“. Anche se “buona e illimitata, non possiamo permetterci delle energie che siano così costose e difficili da produrre“, ammonisce Cingolani, che invece punta su “fonti accettabili anche in termini economici“. Per inciso, il responsabile del Mite conferma, ancora una volta, che in funzione della carenza di energia “molti Paesi stanno riprendendo le centrali a carbone“, ma all’Italia “questo non succederà“. Semmai occorre puntare su strumenti come il riciclaggio e la seconda vita dei prodotti, su cui “stiamo investendo molto“, perché “l’economia circolare è una risorsa fondamentale per la transizione energetica“.

Altro capitolo che resta cruciale è quello delle rinnovabili, su cui l’Italia mette diverse fiches nella strategia nazionale, anche se “il processo di transizione verso il sistema energetico decarbonizzato basato sulle fonti rinnovabili necessità di un rafforzamento e potenziamento Rete elettrica di trasmissione nazionale“, ammette Cingolani. Ricordando che il gestore del servizio elettrico nazionale, Terna, ha “una programmazione con investimenti per oltre 18 miliardi di euro nel decennio“. Il cerchio, infine, si chiude tornando al price cap, che una parte di maggioranza vorrebbe non solo europeo, ma anche nazionale sulla scorta di quanto fatto da Spagna e Portogallo. Modello che per il ministro “non è replicabile come formula nel nostro Paese“.

Oltre al problema dell’approvvigionamento energetico, l’Italia sconta anche altri effetti negativi dall’azione speculativa dei mercati e dal conflitto scatenato dalla Russia in Ucraina. Come quello dell’aumento dei prezzi dei carburanti. Finora il governo è intervenuto per mitigare l’effetto dei rincari ed è pronto a farlo ancora. Anzi, “è molto probabileche Palazzo Chigi vari nuovi provvedimenti a breve sulle accise, come anticipa ai microfoni di ‘RaiNews24‘ la sottosegretaria all’Economia, Maria Cecilia Guerra: “L’aumento – spiega – fa crescere anche il gettito dell’Iva“, che “non vogliamo mettere nelle casse dello Stato“, ma utilizzarlo per “tenere calmierato” il costo dei carburanti. La partita strategica, dunque, resta apertissima.

L’Ucraina preoccupa l’Onu: Effetti devastanti su sviluppo sostenibile

Le conseguenze del conflitto in Ucraina non riguardano soltanto il forte aumento dei prezzi di cibo, carburante e fertilizzanti e una pericolosa volatilità finanziaria, ma sono strettamente collegate a un rapido disinvestimento nello sviluppo sostenibile su scala globale. L’allarme arriva arriva dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD), che nel report ‘The impact on trade and development of the war in Ukraine’ evidenzia come la guerra rischia di avere effetti devastanti sull’economia dei Paesi in via di sviluppo e di quelli meno sviluppati. Questi shock all’economia mondiale, spiega Rebeca Grynspan, segretaria generale dell’UNCTAD “minacciano i guadagni ottenuti nella ripresa dalla pandemia di Covid-19 e bloccano il percorso verso lo sviluppo sostenibile”.

CIBO E COMBUSTIBILI. In particolare, la preoccupazione maggiore riguarda il settore delle materie prime, soprattutto cibo e combustibili. L’Ucraina e la Russia sono attori fondamentali nei mercati agroalimentari globali, rappresentando il 53% del commercio mondiale di olio di girasole e semi e il 27% di quello di grano. L’attuale conflitto è particolarmente allarmante per i Paesi in via di sviluppo: 26 Stati africani importano più di un terzo del loro grano dai due Paesi in guerra; per 17 di loro, la quota è oltre la metà. “L’aumento dei prezzi di cibo e carburante influenzerà i Paesi più vulnerabili, mettendo sotto pressione le famiglie più povere che spendono la maggior parte del loro reddito per il cibo, provocando difficoltà e fame”, afferma Grynspan.

RISCHIO DISORDINI CIVILI. Secondo quanto emerge dal report, il rischio di disordini civili, carenza di cibo e recessioni indotte dall’inflazione è reale. Ciò diventa ancora più evidente a causa della fragilità dell’economia globale dovuta alla pandemia. “Gli effetti a lungo termine dell’aumento dei prezzi alimentari sono difficili da prevedere”, afferma il rapporto, “ma un’analisi UNCTAD sui dati storici fa luce su alcune possibili tendenze preoccupanti”. I cicli delle materie prime agroalimentari, ad esempio, hanno coinciso con importanti eventi politici, come le rivolte per il cibo del 2007-2008 e la Primavera araba del 2011.

PREZZI DEI TRASPORTI. Le misure restrittive sullo spazio aereo, l’incertezza degli appaltatori e le preoccupazioni per la sicurezza stanno complicando tutte le rotte commerciali che attraversano la Russia e l’Ucraina. I due Paesi sono una componente geografica chiave dell’Eurasian Land Bridge, la “nuova via della seta”. Nel 2021, 1,5 milioni di container di merci sono stati spediti tramite rotaie dalla Cina all’Europa. Se le merci attualmente trasportate in questo modo venissero aggiunte alla domanda di trasporto marittimo Asia-Europa, il traffico su una rotta già congestionata aumenterebbe dal 5% all’8%. “A causa dei maggiori costi del carburante e degli sforzi di reindirizzamento, ci si può aspettare che l’impatto della guerra in Ucraina porti a tariffe di trasporto ancora più elevate”, afferma il rapporto. Questi aumenti avrebbero un impatto significativo sulle economie e sulle famiglie del mondo intero.