Ira di Trump sulla Cina per il freno all’export di terre rare: “Pronto a dazi massicci”. E annulla incontro con Xi

Il rapporto tra le due principali potenze mondiali si è bruscamente deteriorato, quando Donald Trump ha minacciato la Cina di “massicce” ritorsioni dopo la decisione di Pechino di regolamentare maggiormente le esportazioni di tecnologie legate alle terre rare. Il gigante asiatico è il primo produttore mondiale di questi materiali indispensabili per l’industria, e Washington lo accusava già di abusare di questa posizione dominante. “È stata una vera sorpresa”, ha commentato il presidente americano sul suo social network Truth Social.

I nuovi controlli annunciati giovedì riguardano l’esportazione delle tecnologie legate all’estrazione e alla produzione di questi materiali, ha indicato il ministero cinese del Commercio in un comunicato. “Avrei dovuto incontrare (il presidente cinese Xi Jinping) tra due settimane al vertice dell’APEC (Cooperazione economica Asia-Pacifico) in Corea del Sud, ma non sembra più esserci motivo” di farlo, ha scritto il leader repubblicano.

La Borsa di New York è passata in rosso dopo il messaggio del presidente americano, che interrompe un periodo di relativa distensione tra Pechino e Washington. Trump ha affermato che “sarebbe costretto a contrattaccare finanziariamente” dopo gli ultimi annunci della Cina.
Una delle opzioni prese in considerazione per rispondere è un “massiccio” aumento dei dazi doganali sulle merci cinesi che entrano negli Stati Uniti, ha aggiunto su Truth Social. “Molte altre contromisure sono seriamente allo studio”, ha detto. “Non è possibile che alla Cina sia permesso di tenere il mondo ‘in ostaggio’, ma sembra che questo sia il loro progetto da un po’ di tempo”, ha aggiunto.

Le relazioni commerciali sino-americane hanno conosciuto alti e bassi nel 2025. A settembre Trump ha avuto una conversazione definita “molto produttiva” con Xi Jinping, la terza dall’inizio dell’anno. Ha persino accennato a un viaggio in Cina il prossimo anno, nonché a una visita del suo omologo in America. Sotto l’effetto dell’offensiva protezionistica lanciata da Trump dal suo ritorno al potere il 20 gennaio, i dazi doganali tra i due paesi hanno raggiunto livelli tre volte superiori alla norma da entrambe le parti, perturbando le catene di approvvigionamento. Da allora, Washington e Pechino hanno concluso un accordo volto ad allentare le tensioni, abbassando temporaneamente i dazi doganali al 30% per i prodotti cinesi importati negli Stati Uniti e al 10% per i beni americani importati in Cina.
Questa tregua commerciale dovrebbe durare fino al 10 novembre.

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Quando a Trump all’Onu scivola la frizione di un quattro cilindri diesel

Non c’erano dubbi sul fatto che Donald Trump, il presidente degli Stati Uniti, fosse da tempo immemore assai scettico sulla tutela del Pianeta. Non era però immaginabile che all’Onu, nel corso del suo interminabile intervento all’Assemblea Generale, il tycoon picchiasse così duro su Green Deal e rinnovabili – definendole la più grande truffa del mondo, uno scherzo, una sorta di harakiri economico – e assurgesse a leader dei negazionisti perché – la sintesi del suo ragionamento – un centinaio di anni fa si temeva per il raffreddamento della Terra e adesso ci si angoscia per il riscaldamento. Balle, in buona sostanza, anzi bullshit. Così l’uscita dall’accordo Parigi diventa un atto dovuto trattandosi solo di “una bufala”.  Tutto condito da uno schiaffo all’Europa e un cazzoto alla Cina, la nazione che produce più CO2 del mondo e inquina gli Oceani fino a Los Angeles, per giungere al pizzicotto assestato alla Scozia che ha un sacco di risorse nel Mare del Nord e non le sfrutta in maniera adeguata.

Trump ha coccolato il carbone (pulito, eh già), ammiccato al petrolio, si è accoccolato sul gas, quello che ci vende a prezzi esorbitanti, ha confezionato una sorta di elegia delle fonti fossili. Dando nel contempo degli idioti a tutti coloro che in questi ultimi anni si sono impegnati a diminuire l’inquinamento, a pensare a soluzioni non impattanti sull’ambiente, a tutelare ciò che sta ineludibilmente degradando. Ora, se è vero che le follie di Frans Timmermans e di un certo tipo di atteggiamento ecologista sono andate paradossalmente nella direzione sbagliata, è altrettanto innegabile che il presidente degli Stati Uniti si è stabilizzato su posizioni indubbiamente estreme. E quindi non proprio condivisibili.

Più che lo stato del Pianeta a Trump interessa lo stato di salute della sua economia. Così facendo, ovvero tornando al “drill, baby drill” dell’insediamento alla Casa Bianca, gli Usa usciranno dall’impasse economico e diventeranno una specie di Eldorado, mentre l’Europa rischia il fallimento (chiaro e diretto il riferimento alla Germania) per la cocciutaggine di voler perseguire politiche ‘verdi’.

Su un tema, forse, The Donald ha ragione: per tanto che ci si impegni a Bruxelles, ci saranno sempre nazioni (India, Cina?) che anteporranno i loro interessi a qualsiasi ecopolitica di buonsenso. Vale un vecchio ragionamento di strada: basta una sgasata di un furgoncino a Nuova Delhi per vanificare gli sforzi di un’intera città della Ue. però…

…Però stavolta a Trump è scivolata la frizione (di un quattro cilindri rigorosamente diesel).

Allarme delle imprese Ue: “Difficile accedere alle terre rare cinesi”

Le aziende europee continuano ad avere difficoltà ad accedere alle terre rare prodotte in Cina, nonostante un accordo recentemente annunciato per facilitarne le esportazioni. A lanciare l’allarme è la Camera di commercio dell’Unione europea in Cina.

Pechino domina l’estrazione e la raffinazione delle terre rare, onnipresenti nelle industrie digitali, energetiche e degli armamenti, ponendosi, quindi, in una posizione di vantaggio in un contesto di tensioni commerciali e braccio di ferro con gli Stati Uniti. Da aprile la Cina richiede una licenza per l’esportazione di terre rare, decisione percepita come una misura di ritorsione nei confronti dei dazi doganali americani.

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, aveva riferito a luglio di un accordo con la Cina su un meccanismo di esportazione “migliorato” per fornire, secondo lei, una soluzione rapida a un problema di approvvigionamento. Tuttavia, la Camera di commercio dell’Unione europea in Cina riferisce in una documento pubblicato oggi che “molte aziende, in particolare le piccole e medie imprese, continuano a subire gravi perturbazioni nelle loro catene di approvvigionamento”. “Non è stata proposta alcuna soluzione sostenibile a lungo termine”, si legge nel testo. “Alcuni dei nostri membri stanno attualmente subendo perdite significative a causa di queste strozzature”, ha dichiarato ai giornalisti il presidente dell’istituzione, Jens Eskelund. “I nostri membri e noi abbiamo formulato più di 140 richieste, solo una parte delle quali ha trovato una soluzione” in questa fase, ha affermato.

La Camera di commercio dell’Ue in Cina rappresenta oltre 1.600 aziende. Nel suo rapporto formula 1.141 raccomandazioni all’attenzione dei decisori politici cinesi per ridurre gli ostacoli incontrati dagli imprenditori europei. Queste difficoltà si inseriscono in un contesto di persistenti difficoltà della seconda economia mondiale, ha affermato Eskelund. Secondo i dati pubblicati lunedì, ad agosto la produzione industriale ha registrato il tasso di crescita più basso da un anno, mentre le vendite al dettaglio, principale indicatore dei consumi, sono cresciute al ritmo più basso degli ultimi nove mesi. Il presidente della Camera di commercio ha affermato di osservare “una maggiore convergenza tra le sfide che devono affrontare le imprese cinesi e quelle straniere”. “Il nemico principale qui è lo stato dell’economia nazionale e l’equilibrio tra domanda e offerta”, ha aggiunto.

Epitaffio di Draghi per l’Europa di Ursula che ora deve cambiare

“Grazie Mario”, ha ripetuto con enfasi Ursula von der Leyen. Grazie per tutto quello che hai detto e costruito per l’Europa. Insomma, grazie di esistere. Poi, però, Mario, nella fattispecie Draghi, ex presidente della Bce, ex premier, una luce nel buio di questi tempi, ha smontato pezzo dopo pezzo tutto quello che l’Unione europea ha fatto, anzi non ha fatto, (proprio) durante la gestione passata e presente della presidente tedesca. Perché il discorso di Draghi sullo stato di salute malandatissimo del vecchio Continente è stato molto crudo e diretto, partendo dal presupposto che “a distanza di un anno, l’Europa si trova quindi in una situazione più difficile” e che “l’inazione non minaccia solo la nostra competitività ma anche la nostra sovranità”. Liofilizzando il concetto: vi avevo avvertito ma le mie parole sono cadute nel vuoto. E adesso sono grane.

In un (per niente tranquillo) martedì di metà settembre, Draghi ha messo a nudo i difetti della Ue targata Ursula: lenta, avvitata su se stessa, incapace di decidere, imbolsita dalla burocrazia e dalla smania regolamentare, non ancora del tutto convinta che il green deal come era stato pensato da Frans Timmermans debba essere profondamente rivisitato. Giusto un anno fa l’ex premier aveva presentato il suo rapporto, un’istantanea che riscosse consensi ma che in concreto non ha spostato di un millimetro il baricentro della Ue, ormai bersaglio di critiche diffuse proprio da parte dei più europeisti tra gli europeisti. Antonio Tajani, ad esempio, ministro degli Esteri ed ex presidente del Parlamento, pochi minuti prima che Draghi si prendesse la scena aveva assestato un paio di ceffoni a Bruxelles, parlando della necessità urgente di cambiare registro, del bisogno di dire basta all’unanimità del voto, dell’imperativo di arrivare a una Difesa europea. Non proprio peanuts.

Il paragone di Draghi è quello con gli Stati Uniti e la Cina. Che sono giganti ma che agiscono velocemente, mentre l’Europa sta deludendo i cittadini per “la lentezza e la sua incapacità di muoversi con la stessa rapidità”. Il punto, ancora più grave, è che i governi che compongono l’Europa non sono consapevoli – stigmatizza l’ex commissario – della gravità della situazione. Intanto che si discute e ci si accapiglia, il “modello di crescita sta svanendo”, “la vulnerabilità sta aumentando” e “non esiste un percorso chiaro per finanziare gli investimenti di cui abbiamo bisogno”.

Una pietra tombale, un epitaffio su ‘questa’ Europa, quella di von der Leyen. Che ha incassato la scarica di cazzotti senza (quasi) fare una piega e promesso un cambio di passo su energia (nucleare), Difesa e intelligenza artificiale. Ecco: conviene che, rispetto alla prima volta, ‘questa’ volta Ursula faccia sul serio, ritrovi l’Unione (U rigorosamente maiuscola) e metta a terra promesse e sogni. A Strasburgo, una settimana fa, il suo discorso è stato coniugato sempre e solo al tempo futuro, conviene che viri sul presente oppure tra un anno saranno inutili anche le scosse di Mario.

Cina impone dazi provvisori su import carne suina da Ue. Bruxelles: “Non ci risulta dumping”

La Cina ha annunciato l’imposizione di dazi antidumping provvisori sulle importazioni di carne suina dall’Unione Europea come ultimo atto delle tensioni commerciali e politiche tra le due potenze economiche. In risposta, la Commissione Europea adotterà “tutte le misure necessarie per difendere i suoi produttori e fabbricanti”, ha fatto sapere un portavoce. Le relazioni diplomatiche tra Pechino e Bruxelles sono difficili da anni, aggravate dall’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, dato che il gigante asiatico è un partner economico e diplomatico chiave di Mosca.

Con grande irritazione degli europei, infatti, Pechino non ha mai condannato la guerra in Ucraina, nonostante la Cina si presenta ufficialmente come parte neutrale e potenziale mediatore nel conflitto. Ma gli alleati di Kiev accusano Pechino di aiutare Mosca ad aggirare le sanzioni occidentali, in particolare consentendole di acquisire i componenti tecnologici necessari per la sua produzione di armi. La controversia commerciale tra Pechino e Bruxelles è scoppiata la scorsa estate, quando l’Ue ha imposto pesanti dazi sui veicoli elettrici di fabbricazione cinese, accusando i sussidi statali cinesi di distorcere la concorrenza. La Cina ha respinto queste accuse e, in risposta, nel giugno 2024 ha avviato indagini, ampiamente considerate misure di ritorsione, contro carne di maiale, cognac e prodotti lattiero-caseari importati dall’Ue. “L’autorità inquirente ha stabilito in via preliminare che le importazioni di carne suina e derivati ​​dall’Unione Europea sono oggetto di dumping”, ha annunciato oggi il Ministero del Commercio cinese. L’industria cinese “ha subito un danno significativo”, ha aggiunto. Le autorità di Pechino hanno quindi deciso di attuare “misure antidumping provvisorie sotto forma di cauzioni” da depositare presso la dogana.

Questi dazi, che vanno dal 15,6% al 62,4%, entreranno in vigore il 10 settembre. Tuttavia, le misure annunciate rimangono “provvisorie” perché si prevede che l’indagine del Ministero del Commercio continui fino a dicembre. Per quella data si attendono i risultati definitivi. “Prendiamo atto di questa decisione della Cina. Come sempre, dovremo esaminare i dettagli in modo analitico prima di decidere i prossimi passi”, ha dichiarato Olof Gill, portavoce della Commissione europea. La Commissione, ha spiegato, ha seguito questi procedimenti “in modo completo e molto attento in tutte le fasi, in piena collaborazione con i nostri produttori esportatori dell’Ue e le autorità dei nostri Stati membri. Secondo la nostra valutazione, questa indagine si basava su accuse discutibili e prove insufficienti e quindi non era in linea con le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio per l’avvio di un’indagine”. Quindi, ora, “studieremo i dettagli, decideremo i prossimi passi, ma posso assicurarvi categoricamente che adotteremo tutte le misure necessarie per difendere i nostri produttori e la nostra industria“. La Cina è il maggiore consumatore mondiale di carne di maiale, una carne ampiamente utilizzata nella cucina locale. Ad esempio, lo scorso anno ha importato prodotti a base di carne di maiale dalla Spagna, uno dei principali produttori europei, secondo dati diffusi dalla dogana cinese. “Questa è una pessima notizia per l’industria suina nel suo complesso, e non solo per le esportazioni, perché avrà sicuramente un impatto al ribasso sui prezzi alla produzione in Europa”, ha dichiarato Thierry Meyer, vicepresidente di Inaporc, l’associazione francese dell’industria suinicola. “Non si sono mai verificate pratiche di dumping europee in Cina, perché se vengono vendute lì è perché i prezzi sono buoni. Questa indagine è nata in seguito alla questione delle tasse sulle auto elettriche“, ha aggiunto.

Xi-Putin-Kim alla parata della vittoria a Pechino. Trump: “Cospirate contro gli Usa”

Basta un’immagine a raccontare la storia: il presidente cinese Xi Jinping, il suo omologo russo Vladimir Putin e il leader nordcoreano Kim Jong Un insieme a Pechino per assistere alla parata che celebra la vittoria sul Giappone e la fine della Seconda guerra mondiale. Un evento che si è trasofrmato in una dimostrazione di forza militare e diplomatica da parte di un Paese “inarrestabile”. Dall’altra parte del mondo, il presidente Usa, Donald Trump ha sfoggiato il suo sarcasmo: “Auguro al presidente Xi e al meraviglioso popolo cinese una splendida giornata di festeggiamenti. Porgete i miei più cordiali saluti a Vladimir Putin e Kim Jong Un mentre cospirano contro gli Stati Uniti d’America”, ha scritto su Truth. A stretto giro è arrivata la replica del Cremlino: “Nessuno stava complottando, nessuno stava tramando nulla”, ha dichiarato Yuri Ushakov, consigliere diplomatico di Vladimir Putin, a un media statale russo.

La geopolitica mondiale ha trovato nella capitale cinese un nuovo punto fermo: l’asse Russia-Cina-Corea del Nord esiste ed è sempre più compatto. I tre leader, con Xi al centro, prima hanno camminato sul tappeto rosso in piazza Tienanmen e poi, fianco a fianco, hanno assistito alla coreografia impeccabile dei soldati che marciavano al passo sotto le bandiere e all’intera gamma di armamenti aerei, terrestri e marittimi: droni sottomarini, carri armati, armi laser, aerei ed elicotteri che disegnano il numero 80 nel cielo leggermente velato. L’esercito cinese ha presentato per la prima volta nuovi missili anti-nave e quella che dovrebbe essere l’ultima versione del suo colossale missile balistico intercontinentale DF-5, il DF-5C, in grado di trasportare diverse testate nucleari in qualsiasi punto della Terra.

Migliaia di partecipanti hanno intonato canti patriottici sull’immensa piazza decorata con bandiere rosse. Xi, in piedi nella sua auto con tetto apribile mentre percorreva il viale della Pace Eterna, ha passato in rassegna le truppe rispondendo al loro saluto militare. “La rinascita della nazione cinese è inarrestabile e la nobile causa della pace e dello sviluppo dell’umanità trionferà sicuramente”, ha detto nel suo discorso. E in un periodo di tensioni geopolitiche e di guerra commerciale, ha avvertito: “L’umanità si trova nuovamente di fronte a una scelta tra pace o guerra, dialogo o confronto”. Xi ha invitato a prevenire il ripetersi di “tragedie storiche” come quella che ha visto morire milioni di cinesi di fronte alle truppe giapponesi più di 80 anni fa. Nessun riferimento esplicito agli Stati Uniti o a temi controversi come Taiwan o i dazi doganali.

Novità assoluta la presenza del leader nordcoreano, Kim Jong Un che da quando è salito al potere alla fine del 2011 ha sempre limitato le uscite dal suo paese isolato e soggetto a pesanti sanzioni occidentali e non si era mai mostrato in un incontro di questo tipo con leader stranieri. Poco prima dell’evento celebrativo ha incassato il ringraziamento di Vladimir Putin “per la partecipazione comune alla lotta contro il neonazismo contemporaneo”. Il leader del Cremlino ha voluto ricordare i soldati nordcoreani che hanno combattuto nella regione russa di Kursk, teatro per alcuni mesi di una massiccia incursione ucraina: “Non dimenticherò mai le perdite che avete subito”. “Negli ultimi tempi, le relazioni tra i nostri paesi sono diventate particolarmente amichevoli, basate sulla fiducia tra alleati”, ha dichiarato Putin all’inizio dell’incontro con Kim. La Russia e la Corea del Nord hanno intensificato la loro cooperazione militare negli ultimi anni e lo scorso anno hanno firmato un accordo di difesa reciproca

Ottima anche l’intesa di Putin con Xi, che si è concretizzata anche in una lunga serie di accordi siglati tra Russia e Cina, in particolare sul tema dell’energia. Via libera, infatti, all’intesa per la costruzione del tanto atteso gasdotto Power of Siberia 2 verso la Cina attraverso la Mongolia e a partenariati su temi cruciali come l’intelligenza artificiale, la ricerca, l’agricoltura, l’aerospazio e le terre rare.

gazprom

Accordo Cina-Russia per la costruzione del gasdotto Power of Siberia 2

Gazprom ha annunciato di aver firmato un accordo legalmente vincolante per la costruzione del tanto atteso gasdotto Power of Siberia 2 verso la Cina attraverso la Mongolia e di voler espandere le forniture attraverso altre rotte. Lo scrive Bloomberg. L’amministratore delegato di Gazprom, Alexey Miller, è a pechino con il leader russo, Vladimir Putin, e su Telegram la società fa sapere che “si è tenuta la cerimonia di scambio dei documenti tra PJSC Gazprom e China National Petroleum Corporation (CNPC), durante la quale sono stati firmati quattro documenti, tra cui l’accordo di cooperazione strategica che amplia le aree di collaborazione tra le due società”.

“Nel corso degli anni di collaborazione – spiega Miller – insieme ai nostri partner cinesi abbiamo costruito un solido ponte energetico che unisce i nostri popoli e va a vantaggio di entrambi i paesi. Oggi è stato compiuto un passo molto importante per rafforzare e sviluppare ulteriormente la nostra partnership strategica, per aumentare le forniture affidabili di energia pulita – il gas naturale – alla Cina e soddisfare il fabbisogno di questa fonte energetica da parte dell’economia cinese in rapida crescita. Gazprom ha sempre adempiuto in modo chiaro e affidabile a tutti i suoi obblighi previsti dai contratti in vigore, e continuerà a farlo anche in futuro”.

Il 1° dicembre 2024, le forniture giornaliere attraverso Power of Siberia sono state portate al livello contrattuale massimo un mese prima del previsto. A maggio 2025, il volume complessivo delle forniture di gas alla Cina attraverso la rotta “orientale” ha superato i 100 miliardi di metri cubi. Nell’anno in corso, le forniture sono superiori del 28,3% rispetto a quelle del 2024. In alcuni commenti rilasciati alle agenzie di stampa russe da Pechino, spiega Bloomberg, Miller ha affermato che il produttore di gas potrebbe spedire fino a 50 miliardi di metri cubi all’anno attraverso il Power of Siberia 2 per 30 anni. Il prezzo del combustibile, ha spiegato l’ad, sarà inferiore a quello attualmente praticato da Gazprom ai clienti in Europa, secondo quanto riportato. “Il progetto di costruzione del Power of Siberia 2 e del gasdotto Soyuz-Vostok, il collegamento di transito attraverso la Mongolia, nonché la capacità di trasporto del gas in Cina, diventerà il progetto di gas più grande, più imponente e ad alta intensità di capitale al mondo”, ha dichiarato Miller secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa russe.

Zelensky e leader Ue attesi a Washington per incontrare Trump

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e alcuni leader europei, tra cui Giorgia Meloni, sono attesi oggi a Washington per sostenere la posizione di Kiev, invitata dal presidente americano ad accettare concessioni dopo il vertice Trump-Putin che non è riuscito a fermare i combattimenti in Ucraina.

Ieri, alla vigilia della partenza per gli Stati Uniti, Meloni ha partecipato nel pomeriggio a una nuova video-conferenza della Coalizione dei Volenterosi, che ha permesso un coordinamento in vista dell’incontro. Nel corso della discussione, comunica Palazzo Chigi, è stata ribadita l’importanza di continuare a lavorare con gli Stati Uniti per porre fine al conflitto e raggiungere una pace che assicuri la sovranità e la sicurezza dell’Ucraina, che dovrà essere coinvolta in ogni decisione relativa al suo futuro. La discussione ha inoltre confermato la necessità di mantenere la pressione collettiva sulla Russia e di solide e credibili garanzie di sicurezza.

L’incontro alla Casa Bianca sarà il primo in questo formato dall’inizio dell’invasione russa, nel febbraio 2022. Dovrebbe consentire di affrontare, in particolare, possibili concessioni territoriali e la fornitura di garanzie di sicurezza, per porre fine al conflitto più sanguinoso in Europa dalla seconda guerra mondiale. Secondo quanto riferisce la Casa Bianca, Trump avrà un bilaterale con Zelensky alle 13.15 ora locale (le 19.15 in Italia) e poi “saluterà” i leader europei alle 14.15 (le 20:15 italiane). L’incontro è previsto per le 15, (le 21 in Italia).

Per Trump, Zelensky potrebbe porre fine alla guerra con la Russia “quasi immediatamente”. Il presidente Usa esclude che Kiev possa riprendere il controllo della Crimea annessa da Mosca nel 2014 ed entrare nella Nato. “Il presidente ucraino Zelensky può porre fine alla guerra con la Russia quasi immediatamente se lo desidera, oppure può continuare a combattere. Ricordate come è iniziata. Non si tratta di recuperare la Crimea ceduta da Obama (12 anni fa, senza che fosse sparato un solo colpo) e non si tratta di far entrare l’Ucraina nella Nato”, scrive Trump sul suo social network Truth.

La Cina ha dichiarato di sperare in un accordo “accettabile per tutte le parti sull’Ucraina. “Ci auguriamo che tutte le parti e tutti gli attori partecipino ai colloqui di pace in modo tempestivo e raggiungano un accordo di pace equo, duraturo, vincolante e accettabile per tutte le parti il prima possibile”, spiega in conferenza stampa Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri cinese.

Usa-Cina, Amazon chiude laboratorio di ricerca su intelligenza artificiale a Shanghai

Il gigante tech americano Amazon ha chiuso il suo laboratorio di ricerca sull’intelligenza artificiale (IA) a Shanghai. Lo conferma venerdì all’Afp una fonte vicina al dossier.

L’annuncio della chiusura del laboratorio, che apparteneva alla divisione Amazon Web Services (AWS), arriva in un momento in cui l’IA occupa un posto sempre più importante nella rivalità tra Pechino e Washington. La chiusura è “dovuta all’adeguamento strategico tra Cina e Stati Uniti”, ha affermato Wang Minjie, uno scienziato del laboratorio, secondo uno screenshot di un messaggio WeChat ampiamente diffuso sui social network.

La scorsa settimana, AWS aveva già annunciato tagli di posti di lavoro in tutte le sue attività, con alcuni media che parlavano di centinaia di posti di lavoro interessati. Amazon non ha confermato direttamente la chiusura del laboratorio di Shanghai. “Abbiamo preso la difficile decisione di eliminare alcuni posti di lavoro in team specifici di AWS”, ha semplicemente commentato il portavoce Brad Glasser, precisando che “queste decisioni sono necessarie in un momento in cui continuiamo a investire, assumere e ottimizzare le nostre risorse per portare innovazione ai nostri clienti”.

Una pagina dedicata al laboratorio sul sito cinese di AWS non è tuttavia più accessibile. Secondo un archivio di questa pagina, il laboratorio era stato creato nell’autunno 2018. Una delle sue missioni era quella di “promuovere attivamente la collaborazione con la comunità di ricerca”, secondo il sito web.

Altre aziende tecnologiche statunitensi come Microsoft e IBM hanno recentemente ridotto le dimensioni delle loro divisioni di ricerca in Cina, in un contesto di rafforzamento del controllo statale sui settori considerati sensibili e di crescente concorrenza tecnologica tra Washington e Pechino.

Alleanza Ue-Cina sul clima: “Dimostriamo insieme leadership per guidare la transizione giusta”

Il verde è il colore delle relazioni tra Unione europea e Cina e le due parti mirano a guidare gli sforzi globali su clima e ambiente in nome di una transizione giusta. Al vertice a Pechino, i leader asiatici ed europei hanno rilasciato – in occasione del 50esimo anniversario dell’instaurazione delle loro relazioni e del decimo anniversario dell’adozione dell’Accordo di Parigi – una dichiarazione congiunta sulla via da seguire. Bruxelles e Pechino riconoscono che “nell’attuale situazione internazionale fluida e turbolenta, è fondamentale che tutti i Paesi, in particolare le principali economie, mantengano la continuità e la stabilità delle politiche e intensifichino gli sforzi per affrontare il cambiamento climatico”.

In questo contesto, “riconoscono che il rafforzamento della cooperazione Cina-Ue in materia di cambiamento climatico influisce sul benessere dei popoli di entrambe le parti ed è di grande e speciale importanza per il sostegno del multilateralismo e il progresso della governance climatica globale” e sottolineano che la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) e l’Accordo di Parigi sono “la pietra angolare della cooperazione internazionale in materia di clima”. Cina e Ue evidenziano che “tutte le parti dovrebbero aderire al principio di responsabilità comuni ma differenziate e rispettive capacità” e attuare l’Unfccc e l’Accordo di Parigi “in modo completo, in buona fede ed efficace”. E mentre gli Stati Uniti d’America abbandonano il tema e l’impegno, Ue e Cina sottolineano che quella verde “è una parte importante” del loro partenariato, tanto che “il verde è il colore caratterizzante della cooperazione Cina-Ue” e “le due parti dispongono di solide basi e di un ampio spazio di cooperazione nel campo della transizione verde”. Dunque, non solo non gettano la spugna, ma Pechino e Bruxelles rilanciano e vogliono “dimostrare insieme la propria leadership per guidare una transizione globale giusta nel contesto dello sviluppo sostenibile e dell’eradicazione della povertà”.

In quest’ottica, nella dichiarazione congiunta spiegano di impegnarsi a “sostenere il ruolo centrale dell’Unfccc e dell’Accordo di Parigi e attuarne pienamente e fedelmente gli obiettivi e i principi”; a “rafforzare le azioni orientate ai risultati e trasformare i rispettivi obiettivi climatici in risultati tangibili attraverso politiche sistematiche e azioni e misure concrete” e a “collaborare con tutte le parti per sostenere il Brasile nell’organizzazione di una 30esima Conferenza delle Parti dell’Unfccc (Cop30) di successo e promuovere risultati ambiziosi, equi, equilibrati e inclusivi della conferenza”.

Pechino e Bruxelles si adopereranno per “accelerare la diffusione globale delle energie rinnovabili e facilitare l’accesso a tecnologie e prodotti verdi di qualità, in modo che siano disponibili, accessibili e vantaggiosi per tutti i Paesi, compresi i paesi in via di sviluppo” e per “rafforzare gli sforzi di adattamento e il supporto, al fine di accelerare un’azione rapida su larga scala e a tutti i livelli, da quello locale a quello globale”. Inoltre, le due parti mirano a “presentare prima della Cop30 i rispettivi Ndc (Contributi Nazionali per il 2035) che coprano tutti i settori economici e tutti i gas serra e siano in linea con l’obiettivo di temperatura a lungo termine dell’Accordo di Parigi” e a “rafforzare la cooperazione bilaterale in settori quali la transizione energetica, l’adattamento, la gestione e il controllo delle emissioni di metano, i mercati del carbonio e le tecnologie verdi e a basse emissioni di carbonio, per guidare insieme i rispettivi processi di transizione verde e a basse emissioni di carbonio”.

Insomma, per quanto la relazione commerciale dell’Unione con il colosso asiatico sia complessa e, come ha commentato il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, “non sostenibile” perché “sempre più unilaterale”, quella in materia ambientale e climatica mira a diventare punto di riferimento globale. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha definito “eccellente” la cooperazione dell’Ue con la Cina sul clima. “Abbiamo un intenso dialogo su come utilizzare al meglio i nostri sistemi di scambio di quote di emissione, ad esempio. Abbiamo un interesse comune nel promuovere l’economia circolare, per trasformare i rifiuti in un tesoro. E vorremmo anche collaborare con voi per il successo della Cop30 in Brasile. Unire le forze in questa sede manderà un messaggio forte al mondo”, ha affermato nella riunione con il premier cinese, Li Qiang.

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