co2

Ue sempre più insostenibile: aumentano le emissioni di Co2

L’Ue del Green Deal aumenta la sua insostenibilità. Questo almeno suggeriscono i numeri. Nel secondo trimestre del 2022 l’economia a dodici stelle nel suo complesso ha liberato in atmosfera 905 milioni di tonnellate di CO2 equivalente (CO2-eq), una quantità di gas a effetto serra superiore del 3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Attenzione, però. Eurostat, nel diffondere i numeri, sottolinea come questo incremento tra aprile-giugno 2021 e aprile-giugno 2022 sia il risultato della ‘riaccensione’ dell’economia dei Ventisette dopo lo stop dovuto alla crisi sanitaria. “L’aumento documentato è in gran parte correlato all’effetto della ripresa economica a seguito del forte calo dell’attività dovuto alla crisi Covid-19”.

Ue dunque con più CO2 prodotta, ma rispetto ad una situazione che vedeva il tessuto produttivo non produrre e, quindi, non emettere. Il dato del secondo trimestre 2022 rileva in realtà una riduzione in termini di insostenibilità. Tra gennaio e marzo l’Ue ha prodotto 1.011.276.753 tonnellate di CO2 equivalente. Tra aprile e giugno si registra dunque una riduzione di 106mila tonnellate di anidride carbonica. Se poi si considera il quarto trimestre 2021, dove l’economia Ue ha sprigionato 1.026.134.414 tonnellate del gas clima-alterante, i 905 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti tra aprile e giugno scorsi segnano un -121mila tonnellate nel raffronto.

Dunque l’Ue ha iniziato ad emettere di più, per poi iniziare una parabola discendente nel primo trimestre dell’anno in corso e confermata, ancora di più, nel secondo trimestre. Su questa tendenza di riduzione l’istituto di statistica europeo non si pronuncia, ma va considerato come a fine febbraio sia iniziata l’aggressione russa all’Ucraina, tuttora in corso. Possibile che le ricadute economiche abbiano iniziato a ‘spegnere’ nuovamente la produzione. Le recenti previsioni economiche della Commissione europea del resto confermano come la guerra abbia fermato la crescita.
Ad ogni modo tra aprile e giugno 2022 i settori economici responsabili della maggior parte delle emissioni di gas serra sono stati manifatturiero (23%), fornitura di energia elettrica e gas (19%) e famiglie (17%), seguiti da trasporti e stoccaggio (14%) e agricoltura (13%).

big data

Cybersicurezza e geostrategie, a Milano ‘Digital rights are human rights’

Confrontarsi sull’uso delle tecnologie perché questo sia affiancato da un framework di regole etiche che permettano di proteggere i diritti delle persone e costruire una società più equa e sostenibile per tutti è il tema del VII Evento Annuale di Global Thinking Foundation che si svolge il 16 novembre 2022 (ore 15.30), a Milano (Palazzo Castiglioni – corso Venezia, 47), con un’iniziativa ad hoc dal titolo ‘Digital rights are human rights: La sfida della digitalizzazione nell’innovazione d’impresa’, realizzata in collaborazione con Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza e Terziario Donna Milano.

Nel corso della giornata saranno mostrati i risultati di un anno di attività della Fondazione e saranno esposti i progetti futuri tra digitalizzazione, sicurezza informatica e imprenditorialità.

Si è avviata una nuova era geopolitica sullo sfondo di una crisi energetica e climatica che richiede risposte immediate e condivise. L’economia globale è sbilanciata e c’è un gran bisogno di ricostruire, abbracciando la nuova evoluzione 5.0 che si configura per l’industria come un passo avanti in termini di efficienza e produttività, poiché maggiormente focalizzata sulle persone e le interazioni collaborative tra uomo e macchina. Se le tecnologie avanzano anche l’umanità avanza con loro, facendosi aiutare a migliorare molti campi: dalla mobilità al lavoro agile, dalla sanità alla qualità della produzione sino ad un diffuso aumento della qualità di vita di tutti. Ed è nello sforzo di evolvere verso questa società inclusiva e ancor più umano-centrica che si inserisce lo sguardo di questo Evento Annuale, che ha esteso le attività formative al tessuto imprenditoriale portando temi come Fintech, GDPR sino alla cybersecurity al centro degli sforzi, per costruire una nuova piattaforma di lavoro sempre più al femminile e sempre più rispettosa dei diritti di tutti. Perché i benefici dell’intelligenza artificiale sono innegabili e garantiscono il progresso dell’umanità, ma come innovatori sociali e tecnologici abbiamo il dovere di usare questo potere per il meglio, per trasformare i servizi finanziari e sociali ed il loro costo d’accesso e per incrementare il potenziale del capitale umano nell’ambito professionale e produttivo”, ha detto Claudia Segre, presidente Global Thinking Foundation.

Dopo i keynote speech di Isabella Castiglioni, ordinaria dell’Università di Milano-Bicocca e Tiziano Treu, presidente CNEL (da remoto), interverranno, tra gli altri, Claudia Segre, Nunzia Ciardi, Vittorio Calaprice. E’ l’ultima tappa del Tour “Libere di… VIVERE” e costituisce l’VII Evento Annuale della Fondazione che rientra all’interno delle Settimane SRI del Forum per la Finanza Sostenibile. Patrocinio di Regione Lombardia, Comune di Milano, Presidenza del Consiglio, UNESCO, Commissione europea, ASviS, Fondazione Pubblicità Progresso, Inclusione Donna. Al termine proiezione docufilm contro la violenza economica di genere. Diretta streaming su Youtube sul canale della Fondazione.

Binde-Xi

Dialogo storico Biden-Xi al G20: verso ripresa colloqui su clima

Trovare aree di convergenza senza evitare gli argomenti più spinosi: è durato tre ore l’incontro tra il presidente americano Joe Biden e l’omologo cinese Xi Jinping alla vigilia del G20 di Bali, in Indonesia. Una stretta di mano storica (si è trattato infatti del primo faccia a faccia tra i due leader dall’elezione di Biden nel 2020) e una primordiale apertura sulla ripresa dei colloqui sul clima.

Dopo il mancato incontro alla Conferenza sul clima, la Cop27, in corso a Sharm el-Sheikh, Biden e Xi hanno cercato di allentare le tensioni tra Stati Uniti e Cina, i due Paesi più inquinanti del mondo. Al termine della Cop26 di Glasgow, Pechino e Washington si erano impegnate a collaborare dal punto di vista delle tecnologie innovative, quelle relative all’utilizzo di energie rinnovabili, del risparmio energetico, dei sistemi innovativi di accumulo. Sulle pratiche illegali di deforestazione, su politiche per l’istituzione di standard di riduzione delle emissioni, su politiche per la decarbonizzazione. Un dialogo interrotto sulla scia delle tensioni legate a Taiwan, soprattutto dopo la visita sull’isola della speaker della Camera, Nancy Pelosi. Ancora oggi, la questione dell’indipendenza o meno di Taiwan è stata definita “la linea rossa” delle relazioni tra Usa e Cina. Sul resto, i due leader hanno cercato di “prevenire che la competizione diventi qualcosa che anche solo si avvicini a un conflitto” tra Pechino e Washington, come ha detto Biden, che intende “mantenere aperte le linee di comunicazione” con Xi. Cina e Usa devono dunque “trovare la corretta direzione di sviluppo per le relazioni e promuovere il miglioramento delle relazioni“, ha precisato Xi.

Punto di partenza sembra essere la ripresa della cooperazione sulla lotta al cambiamento climatico, definita una delle “sfide transnazionali” su cui collaborare, insieme a riduzione del debito, sicurezza sanitaria e sicurezza alimentare globale. “E’ quello che la comunità internazionale si aspetta”, ha ricordato Biden. Usa e Cina sono le due maggiori potenze globali, i leader lo sanno e lo rivendicano. Ricordando anche la loro responsabilità a difesa dell’ambiente. Biden e Xi hanno infatti concordato che “le squadre diplomatiche delle due parti manterranno una comunicazione strategica e condurranno consultazioni regolari“, che “i team finanziari dei due Paesi condurranno un dialogo e un coordinamento sulle politiche macroeconomiche, sulle questioni economiche e commerciali e su altre questioni” e che “collaboreranno per promuovere il successo” della Cop27.

Sullo sfondo la guerra in Ucraina, che sembra rappresentare un punto di contatto tra Cina e Stati Uniti, su posizioni tradizionalmente lontane rispetto all’invasione russa del Paese. Biden e Xi, sottolinea una nota della Casa Bianca, “hanno reiterato il loro accordo che una guerra nucleare non dovrebbe essere mai combattuta e che non si puo’ mai vincere e hanno sottolineato la loro opposizione all’uso, o alla minaccia dell’uso, di armi nucleari in Ucraina“. La Cina e’ “estremamente preoccupata” per la situazione in Ucraina, ha detto Xi, e rimane a favore della pace e della ripresa dei colloqui tra Mosca e Kiev.

Cop27/Imago

Cop27, nessun Paese rispetta i target per la soglia di 1,5°C

Nessuno Stato ha raggiunto le prestazioni necessarie a fronteggiare la crisi climatica e a contenere l’aumento della temperatura media globale entro la soglia critica di 1,5°C. E’ quanto emerge dal Climate Change Performance Index 2023, il rapporto sulla performance climatica dei principali Paesi del Pianeta, redatto da Germanwatch, CAN e NewClimate Institute in collaborazione con Legambiente per l’Italia presentato alla Cop27, che prende in considerazione 59 nazioni più l’Unione Europea nel suo complesso, rappresentanti ben il 90% delle emissioni climalteranti del globo. L’Italia è sostanzialmente in stallo nel contrasto alla crisi climatica: il Belpaese guadagna, infatti, appena una posizione rispetto allo scorso anno – è 29esimo anziché 30esimo – rimanendo ancorato al centro della classifica. A pesare sul risultato italiano, si evidenzia nel report, sono principalmente il rallentamento nello sviluppo delle rinnovabili e una politica climatica ancora inadeguata a fronteggiare l’emergenza. Le performance analizzate nel rapporto annuale, presentato oggi alla Cop27 di Sharm el Sheikh, hanno come parametro di riferimento gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e gli impegni assunti al 2030 e vengono misurate attraverso il Climate Change Performance Index (CCPI), basato per il 40% sul trend delle emissioni, per il 20% sullo sviluppo di rinnovabili ed efficienza energetica e per il restante 20% sulla politica climatica.

Restano vuote, anche quest’anno, le prime tre posizioni della classifica. In cima alla classifica i Paesi scandinavi che continuano a guidare la corsa verso emissioni zero, nonostante la crisi energetica. Danimarca e Svezia, nello specifico, si posizionano rispettivamente al quarto e quinto posto, soprattutto grazie al loro impegno per l’abbandono delle fonti fossili e nello sviluppo delle rinnovabili. Le seguono Cile, Marocco e India che rafforzano l’azione climatica, nonostante le loro difficili situazioni economiche. In fondo alla classifica troviamo, invece, Paesi esportatori e utilizzatori di combustibili fossili come Iran, Arabia Saudita e Kazakistan. La Cina, maggiore responsabile delle emissioni globali, scivola al 51° posto perdendo ben 13 posizioni rispetto allo scorso anno: nonostante il grande sviluppo delle rinnovabili, le emissioni cinesi continuano a crescere per il forte ricorso al carbone e la scarsa efficienza energetica del sistema produttivo. Un gradino più in basso, al 52° posto, si piazzano gli Stati Uniti, secondo emettitore globale che però guadagna tre posizioni rispetto allo scorso anno: un risultato attribuibile alla nuova politica climatica ed energetica dell’Amministrazione Biden che inizia a dare i suoi primi frutti, grazie al considerevole sostegno finanziario all’azione climatica previsto dall’Inflation Reduction Act.

Tra i Paesi del G20, solo India (8), Regno Unito (11) e Germania (16) si posizionano nella parte alta della classifica, mentre l’Unione Europea sale di tre gradini rispetto allo scorso anno, raggiungendo il 19esimo posto grazie a nove Paesi posizionati nella parte alta della classifica, frenata però dalle pessime performance di Ungheria e Polonia che continuano a essere fanalino di coda.

decarbonizzazione

Cop27, piano d’azione per accelerare decarbonizzazione in 5 settori chiave

I governi che rappresentano oltre la metà del Pil mondiale lanciano un piano d’azione di 12 mesi per contribuire a rendere le tecnologie pulite più economiche e più accessibili ovunque. Il palco è quello della Cop27, in corso a Sharm el-Sheikh, in Egitto, ma il progetto è supportato anche dalle presidenze della Cop26 (avvenuta a Glasgow, l’anno scorso) e Cop28, che si terrà nel 2023 negli Emirati Arabi Uniti. Si tratta di un pacchetto di 25 nuove azioni da realizzare entro la COP28 per accelerare la decarbonizzazione nell’ambito di cinque innovazioni chiave in materia di energia, trasporto su strada, acciaio, idrogeno e agricoltura.

Tali azioni sono rivolte a settori che rappresentano oltre il 50% delle emissioni globali di gas serra e sono anche progettate per ridurre i costi energetici e migliorare la sicurezza alimentare, con l’aggiunta del settore delle costruzioni all’interno della Breakthrough Agenda dell’anno prossimo.

Nell’ambito della Breakthrough Agenda, i Paesi che rappresentano oltre il 50% del Pil globale hanno definito “azioni prioritarie specifiche del settore per decarbonizzare energia, trasporti e acciaio, aumentare la produzione di idrogeno a basse emissioni e accelerare il passaggio all’agricoltura sostenibile entro la COP28. Queste misure sono progettate per ridurre i costi energetici, ridurre rapidamente le emissioni e aumentare la sicurezza alimentare per miliardi di persone in tutto il mondo.

Le azioni nell’ambito di ciascuna ‘svolta’ saranno realizzate attraverso cooperazioni di paesi impegnati – dal G7, Commissione europea, India, Egitto, Marocco e altri, supportati da importanti organizzazioni e iniziative internazionali e guidati da un gruppo centrale di governi di primo piano. Questi sforzi saranno rafforzati con finanziamenti privati ​​e iniziative industriali e altri paesi saranno incoraggiati ad aderire.

Le azioni prioritarie comprendono accordi per: Sviluppare definizioni comuni per acciaio, idrogeno e batterie sostenibili a basse e ‘quasi zero’ emissioni per aiutare a dirigere miliardi di sterline in investimenti, appalti e commercio per garantire credibilità e trasparenza; Accelerare la diffusione di progetti infrastrutturali essenziali, tra cui almeno 50 impianti industriali su larga scala a zero emissioni, almeno 100 valli di idrogeno e un pacchetto di importanti progetti infrastrutturali di rete elettrica transfrontaliera; Stabilire una data obiettivo comune per eliminare gradualmente le automobili e i veicoli inquinanti, coerentemente con l’accordo di Parigi. Un sostegno significativo per le date del 2040 a livello globale e del 2035 nei principali mercati sarà annunciato da paesi, aziende e città durante il Solutions Day; Usare miliardi di sterline di appalti pubblici e privati ​​e spese per infrastrutture per stimolare la domanda globale di beni industriali ecologici; Rafforzare sistematicamente l’assistenza finanziaria e tecnologica ai paesi in via di sviluppo e ai mercati emergenti per sostenere le loro transizioni, supportata da una serie di nuove misure finanziarie, compreso il primo grande programma di transizione industriale dedicato al mondo nell’ambito dei Fondi di investimento per il clima; Guidare gli investimenti in ricerca, sviluppo e dimostrazione in agricoltura (RD&D) per generare soluzioni per affrontare le sfide dell’insicurezza alimentare, dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale.

emissioni industriali

L’Onu lancia un sistema di allerta satellitare sulle emissioni di metano

Un sistema di rilevamento e di allerta dallo spazio per arginare le emissioni di metano è stato presentato dall’agenzia ambientale dell’Onu a Sharm-el Sheikh, in Egitto, dove è in corso la 27esima conferenza sul clima. Il programma satellitare, che si chiama ‘Methane alert and response system (Mars)’, sarà “il primo sistema globale e pubblico in grado di collegare in modo trasparente il rilevamento del metano a un processo di notifica”, spiega l’agenzia delle Nazioni Unite. Il metano è un potente gas serra, che contribuisce per almeno un quarto al riscaldamento climatico. Anche se è più potente della Co2, la sua durata nell’atmosfera è molto più breve – 12 anni contro secoli – quindi la riduzione delle sue emissioni potrebbe portare a risultati rapidi. Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change, è necessario ridurre le emissioni di almeno il 30% entro il 2030 per evitare di superare il limite di temperatura di 1,5°C. Circa la metà delle emissioni di metano sono legate all’attività umana, in particolare all’industria petrolifera e del gas e all’agricoltura.

Ma come funzionerà il sistema dell’Onu? I satelliti saranno in grado di identificare grandi perdite di questo gas e i governi e le aziende saranno avvisati immediatamente in modo da poter agire subito. Potranno inoltre beneficiare di consigli su come risolvere il problema. “La trasparenza è una parte vitale della soluzione per risolvere il problema del metano e questo nuovo sistema aiuterà i produttori a rilevare le perdite e a fermarle senza indugio se e quando si verificano”, ha spiegato Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’energia.

Le Ong si aspettano una dichiarazione congiunta dell’Unione Europea e degli Stati Uniti durante la Cop27 per lanciare un’iniziativa finalizzata a ridurre le emissioni di metano da parte dei principali Paesi importatori ed esportatori di petrolio e gas. “Tagliare il metano è l’opportunità più rapida per ridurre il riscaldamento e mantenere a portata di mano 1,5°C, e questo nuovo sistema di allerta e risposta sarà uno strumento fondamentale per aiutare tutti noi a rispettare il Global Methane Pledge”, ha affermato John Kerry, inviato Usa per il clima.

L’esercito Usa avverte: I cambiamenti climatici aumentano i rischi di conflitti

Oltre alle sofferenze che il riscaldamento globale infligge alle persone, le forze armate statunitensi considerano il cambiamento climatico un fattore che aumenta il rischio di conflitti in tutto il mondo. “L’aumento delle temperature, il cambiamento dei modelli di precipitazione e gli eventi meteorologici più frequenti, estremi e imprevedibili dovuti al cambiamento climatico stanno esacerbando i rischi per la sicurezza esistenti e creando nuove sfide”, ha scritto il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, in un rapporto sugli sforzi del Pentagono per adattarsi al riscaldamento globale.

Il cambiamento climatico, che è al centro delle discussioni della COP27, “pone maggiori esigenze alle forze armate negli Stati Uniti e in tutto il mondo – ha aggiunto – Allo stesso tempo, ciò influisce sulla prontezza dei soldati e impone costi insostenibili al Dipartimento della Difesa”. Morgan Higman, del Center for Strategic and International Studies, ha spiegato che la risposta al cambiamento climatico sta già producendo tensioni e i suoi effetti fisici “creeranno le condizioni potenziali per un conflitto in patria e tra i Paesi”. Mentre la siccità riduce le scorte di cibo e acqua, creando disparità e allontanando le persone dalle aree più colpite, gli Stati Uniti “tengono d’occhio” il potenziale di conflitto dovuto alla scarsità di risorse, afferma Gregory Pollock, responsabile del Pentagono per la resilienza ai cambiamenti climatici.

L’aumento delle migrazioni “ha il potenziale di destabilizzare molte parti del mondo”, ha spiegato, osservando anche che lo scioglimento dei ghiacciai nell’Artico apre nuove opportunità di risorse e di influenza per i Paesi della regione, una potenziale fonte di instabilità. “La nostra preoccupazione è che questo possa cambiare la sicurezza di questa parte del mondo“, ha aggiunto Pollock. “L’Artico è sempre stata una regione pacifica. Vogliamo che rimanga così”.

Oltre all’aumento dei rischi di conflitto, le forze armate statunitensi devono affrontare le sfide poste da uragani e inondazioni che colpiscono direttamente le basi americane, mentre l’aumento delle catastrofi naturali sta ulteriormente mobilitando l’esercito Usa per intervenire in soccorso. Tre basi statunitensi hanno subito danni per 9 miliardi di dollari a causa degli uragani e delle inondazioni che hanno colpito il Paese nel 2018 e nel 2019, e diversi siti militari chiave degli Stati Uniti in tutto il mondo “potrebbero essere colpiti da fattori legati al cambiamento climatico, come l’erosione delle coste, le inondazioni o l’aumento della frequenza di uragani o cicloni”.

Il Pentagono riconosce che i soldati dovranno anche imparare a combattere in condizioni più difficili, un fattore che potrebbe richiedere un addestramento e un equipaggiamento diversi. L’esercito americano sta “preparando forze in grado di operare nelle condizioni atmosferiche e sul terreno più difficili”, si legge nel rapporto del Dipartimento della Difesa. Sta “rivedendo e rivalutando i suoi programmi di prova e di addestramento, le attrezzature, le esercitazioni e le acquisizioni” per tenere conto del cambiamento climatico.

Joe Biden approda alla Cop27: Raggiungeremo obiettivi climatici entro 2030

La crisi climatica minaccia “la vita stessa del pianeta“. Con questo presupposto il presidente degli Stati Uniti Joe Biden è volato da Washington a Sharm el-Sheikh per intervenire alla Cop27 e invitare “tutti i Paesi a fare di più” per ridurre le emissioni di gas serra. “La crisi climatica riguarda la sicurezza umana, economica, nazionale e la vita stessa del pianeta“, ha dichiarato l’inquilino della Casa Bianca, elencando i disastri legati al clima che si sono moltiplicati negli ultimi mesi in tutto il mondo. Portando come esempio il suo colossale piano di investimenti per quasi 370 miliardi di dollari proprio nel clima, ha assicurato che gli Stati Uniti raggiungeranno l’obiettivo di ridurre le emissioni del 50%-52% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005. Anche perché, ha spiegato, la guerra in Ucraina “non fa che rafforzare l’urgenza per il mondo di uscire dalla dipendenza dai combustibili fossili“, ha aggiunto. E, in estrema sintesi, “una buona politica ambientale è una buona politica economica”.

Tutti i Paesi devono fare di più. In questo incontro, dobbiamo rinnovare e innalzare le nostre ambizioni climatiche“, ha insistito, mentre gli attuali impegni dei vari Paesi lasciano il pianeta sulla strada di un riscaldamento catastrofico di 2,8°C, secondo le Nazioni Unite. Anche per questo gli Usa sono rientrati nell’Accordo di Parigi, da cui erano usciti sotto la presidenza Trump. Fatto per il quale Biden ha voluto scusarsi con la platea della Cop27.

Ma le scuse non bastano, è il momento di agire con più alte ambizioni. Prime su tutte, quelle sull’abbattimento delle emissioni di gas serra derivanti dalla combustione di combustibili fossili, di cui gli Stati Uniti sono i maggiori produttori e consumatori al mondo, che secondo gli ultimi rapporti raggiungeranno nuovamente i massimi storici nel 2022. Anche per questo Biden ha annunciato un nuovo piano di riduzione del metano con tagli di almeno il 30 per cento al 2030, per mantenere l’aumento delle temperature entro 1,5 gradi centigradi aumentando al contempo la sicurezza energetica.

Su un’altra questione, quella degli aiuti insufficienti ai Paesi poveri in prima linea contro il cambiamento climatico, il Presidente degli Stati Uniti è stato invece molto cauto. Washington non ha ancora rispettato gli impegni assunti con la promessa dei Paesi ricchi di fornire 100 miliardi di dollari all’anno di finanziamenti ai Paesi più poveri per combattere le emissioni e adattarsi al cambiamento climatico. Biden ha ribadito la sua promessa di 11,4 miliardi di dollari, ma una futura maggioranza repubblicana al Congresso potrebbe bloccarla, anche se il partito presidenziale ha evitato la prevista debacle nelle elezioni di metà mandato di questa settimana. Come “acconto”, ha promesso 150 milioni per progetti di adattamento in Africa, ma si è astenuto dal menzionare le ‘perdite e i danni’ già subiti dai Paesi in prima linea, spesso tra i più poveri, uno dei temi al centro di questa Cop.

A X Factor Francesca Michielin conferma l’impegno di Sky Zero

Dopo settimane di attesa la questione climatica entra nei live di ‘X Factor’. In molti se lo aspettavano. Un po’ perché da sempre il gruppo e il programma nello specifico si occupano del tema, un po’ perché siamo nel pieno dei giorni della Cop27, un po’ perché la presentatrice del talent, Francesca Michielin, è da tempo il volto prediletto da Sky per parlare dell’emergenza. E così, nel terzo live, è proprio la cantante-conduttrice a presentare Sky Zero: l’impegno del gruppo per la tutela ambientale. Il Gruppo Sky diventerà net zero carbon entro il 2030 tagliando le emissioni di carbonio prodotte dalle persone che usano Sky, dai suoi fornitori in tutti i territori in cui opera e da tutte le sue attività.

Ognuno può e deve fare la differenza”, dice Michielin mostrando un video in cui si spiega che “la nostra Terra non può più aspettare” e confermando che da tempo in Sky è stato eliminata la plastica monouso. L’impegno del Gruppo è iniziato nel 2020, con l’annuncio di voler diventae net zero carbon entro il 2030, tagliando le emissioni di carbonio prodotte dalle persone che usano Sky, dai suoi fornitori in tutti i territori in cui opera e da tutte le sue attività. In particolare l’azienda si impegnerà a rendere più efficienti da un punto di vista energetico tutti i propri prodotti tecnologici presenti nelle case dei clienti, a sviluppare gli studi televisivi e cinematografici più sostenibili al mondo e a piantare alberi, mangrovie e alghe marine affinché assorbano il carbonio. Successivamente Sky richiederà la certificazione dei propri obiettivi al STBi (Science-Based Target Initiative) e pubblicherà il proprio impatto ambientale.

Il sindaco di Varsavia avverte: Guerra ed energia mettono a rischio la Cop27

“Il contesto internazionale piuttosto teso attorno al quale si sta svolgendo la Cop27 potrebbe essere un ostacolo al raggiungimento di grandi traguardi , ma non dobbiamo scendere a compromessi sulla nostra ambizione”. Rafal Trzaskowski, sindaco di Varsavia, riconosce come l’agenda politica verde possa essere rimodellata a causa di uno scenario generale radicalmente cambiato. Già così, ammette nell’intervista rilasciata a GEA, “c’è il rischio che l’attuale crisi energetica globale ostacoli l’attuazione del patto per il clima di Glasgow, che è l’insieme delle azioni concordate alla COP26 lo scorso anno”. Se è così, appare molto difficile ottenere un nuovo, migliore, accordo, il messaggio che arriva dal membro della commissione Ambiente del Comitato europeo delle regioni.

GUERRA E CRISI ENERGETICA. Trzaskowski farà parte della delegazione del Comitato a Sharm-el-Sheik, dove promette di farsi sentire.Useremo la nostra voce”, per richiamare l’attenzione di comuni e regioni, ma soprattutto per tenere alta l’attenzione. La governance climatica globale e negoziati internazionali che ne derivano “sono piuttosto fragili” poiché legati da una parte a “dinamiche complesse” e dall’altra a “una varietà di fattori” di relazioni internazionali e geopolitica. “La guerra in Ucraina , la crisi energetica e l’elevata inflazione non hanno altro che esacerbato tale fragilità”, e questi rinnovati fattori “potrebbero sicuramente rendere la COP27 più impegnativa di qualsiasi altra recente Cop”, ammette Trzaskowski.

“NON C’E’ TEMPO DA PERDERE”. Allo stesso tempo va tenuto il punto, e ribadito che “nessuno di questi aspetti sta sminuendo l’emergenza climatica in cui viviamo”. Il problema c’è e va affrontato. “Non c’è tempo da perdere, non possiamo permetterci il lusso di tornare sui nostri impegni nonostante le circostanze difficili”. Per l’esponente del Ppe al Comitato delle regioni, “accelerare la transizione energetica è l’unico modo per ridurre bollette energetiche e affrontare la povertà energetica nel lungo periodo”. Per l’Unione europea, scandisce, l’unica sovranità energetica possibile è un sistema energetico rinnovabile, decentralizzato e interconnesso”.

G20 E COP27 A PARI PASSO. Ben venga dunque anche il summit del G20 a Bali, visto più come un’opportunità che come motivo per non avere leader attorno al tavolo di Sharm-el-Sheik. La riunione di Bali (15-16 novembre), “svolgendosi poco prima della chiusura dei negoziati della COP27, ritengo possa essere utile per trovare compromessi politici dell’ultimo minuto tra leader in termini di impegni sul clima, finanziamento e avanzamento dell’eliminazione graduale dei sussidi ai combustibili fossili”, vale a dire “alcuni degli elementi negoziali più difficili che abbiamo sul tavolo in questo momento”. Per il sindaco di Varsavia, comunque, al di là della presenza fisica a Sharm El Sheikh o a Bali, è importante capire che le agende del G20 e della COP27 vanno di pari passo, avanzano in parallelo e cercano sinergie”. Un qualcosa da non dimenticare, visto che “la collaborazione inclusiva e multi-livello tra locale, regionale e nazionale, anche tra Paesi sviluppati ed economie emergenti di tutto il mondo, è la soluzione per affrontare l’emergenza climatica in cui viviamo”.

CRISI CLIMATICA COLPISCE ANCHE A LIVELLO LOCALE. Il Comitato europeo delle regioni linea politica e contributi li ha chiari. Innanzitutto la posizione dell’istituzione comunitaria è che “mentre ci adoperiamo per garantire l’approvvigionamento energetico e proteggere i nostri cittadini dai prezzi elevati dell’energia, non possiamo perdere di vista la crisi climatica”. Da qui la determinazione di rilanciare il ruolo degli enti locali. Perché se il cambiamento climatico avviene a livello globale, lo stesso “colpisce prima a livello locale”. Il messaggio di Trzaskowski è lo stesso che a Bruxelles ripetono da anni: “Autorità locali, che attuano le politiche climatiche, devono essere formalmente coinvolte nella progettazione di quelle stesse politiche”. Sono gli amministratori locali, ricorda, i responsabili dell’attuazione del 90 per cento delle misure di adattamento climatico, del 70 per cento delle azioni di mitigazione climatica e il coordinamento del 50 per cento degli investimenti pubblici e del 30 per cento della spesa pubblica.

IL RUOLO FONDAMENTALE DELLE REGIONI. Ora, il Comitato delle Regioni è Unione europea, ma pure Nazioni Unite. Il Comitato è “un membro attivo” del Local Governments and Municipal Authorities Constituency (Lgma), il gruppo Onu di enti locali e regionali che rappresenta la voce dei governi subnazionali di tutto il mondo. La voglia è quella di incidere “sia come membri della delegazione dell’UE che del collegio elettorale della Lgma”, rileva il sindaco di Varsavia. Il Comitato delle regioni dunque fa rete mondiale. Ecco perché sul tavolo della Cop27 ci sarà anche la richiesta di “un riconoscimento formale del ruolo fondamentale dei governi subnazionali nell’accelerare una giusta transizione climatica” nel quadro normativo della Convenzione quadro dell’Onu per i cambiamenti climatici (Unfccc). Attenzione all’ambiente e rivoluzione sostenibile partono dai territori, e i territori sono decisi a giocare la partita salva-clima.