Pnrr, ok Commissione a pagamento V rata. Meloni: “Smentito chi puntava sul fallimento”

Due obiettivi e 400 milioni in più. Il governo italiano festeggia un “altro record” in Europa sul Pnrr, con il pagamento della quinta rata, che vale nel complesso 11 miliardi di euro.

La richiesta inviata a dicembre era per 10 miliardi e 600 milioni. Avendo raggiunto 53 e non 51 obiettivi, una parte è quindi l’anticipo della sesta rata. I due goal aggiuntivi riguardano il contrasto all’evasione fiscale e si riferiscono in modo particolare all’aumento del 40% rispetto al 2019 delle lettere di conformità inviate dall’amministrazione fiscale ai contribuenti e all’aumento del 30% rispetto al 2019 del gettito fiscale derivante da queste lettere di conformità.

Una “ottima notizia” per la premier Giorgia Meloni che, tiene a ribadire, “smentisce quanti avevano scommesso sul fallimento di questo governo, quanti speravano in cuor loro che l’Italia potesse perdere i soldi dell’Europa per ottenere magari un vantaggio elettorale“. Il lavoro di questi mesi ha pagato, rivendica, dimostrando “che stiamo facendo quello che sappiamo fare meglio”, e cioè “studiare i dossier, lavorare, portare a casa i risultati concreti”. La messa a terra del Pnrr “rimarrà una priorità assoluta dell’intero governo“, assicura Meloni, perché ogni obiettivo raggiunto è “un passo avanti per rendere la nostra nazione più forte, più moderna, più attenta ai bisogni delle famiglie e delle imprese“.

A questo punto, l’Italia è al primo posto in Europa per “obiettivi raggiunti e avanzamento finanziario”, sostiene la presidente del Consiglio. Roma, finora, ha ricevuto l’importo maggiore, 113 miliardi e mezzo di euro a fronte dei 194 miliardi quasi e mezzo previsti, ovvero il 58,4% del totale. Pochi giorni fa, inoltre, è stata inoltrata la sesta richiesta di pagamento da 8 miliardi e mezzo di euro e “anche su questo siamo i primi in Europa“, ricorda la premier, che per domani ha convocato un’altra cabina di regia per verificare lo stato d’attuazione degli obiettivi previsti per chiedere il versamento della settima rata da 18,2 miliardi di euro. Giovedì invece ci saranno due cabine di regia tematiche, una per gli insediamenti abusivi in agricoltura e la seconda collegata agli studentati.

E’ stato un iter complesso“, spiega il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, in conferenza stampa a Palazzo Chigi, che ha visto una “proficua collaborazione tra la Commissione europea e il governo italiano“. Sono stati compiuti, ricorda il ministro per gli Affari europei, “importanti progressi nell’attuazione di 14 riforme e 32 investimenti“: digitalizzazione uffici pubblici, costruzione di nuovi edifici scolastici, trasporti pubblici, telemedicina, l’ efficientamento energetico di tribunali e dei luoghi della cultura. Il via libera della Commissione europea alla quinta rata, insieme alla richiesta inviata per la sesta, “mette il nostro Paese in una condizione positiva di approccio rispetto all’avanzamento del Piano“, ribadisce, sottolineando la sua “piena soddisfazione“.

Top Jobs Ue, intesa su von der Leyen e Costa. Fitto chiede un ruolo di primo piano per l’Italia

I rumors che arrivano da Bruxelles, da quei palazzi di mattoni e vetro, sono forti e chiari. Anche se sono ancora rumors. Perché, a quanto si apprende, i sei negoziatori dell’Ue che stanno trattando i posti di vertice dell’Ue hanno trovato un accordo per sostenere Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea, il portoghese Antonio Costa al Consiglio europeo e l’estone Kaja Kallas come Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue. Domande: sarà così? Andrà davvero così? Lo scopriremo a breve.

I sei negoziatori sono il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis e il primo ministro polacco Donald Tusk (per il Partito popolare europeo), il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez e il cancelliere tedesco Olaf Scholz (per i socialisti), il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro olandese Mark Rutte. (per i liberali).

Il prossimo appuntamento è fissato per giovedì e venerdì a Bruxelles, al Consiglio europeo, dove i tre nomi saranno presentati ai Ventisette capi di Stato e di governo per la loro approvazione. In queste ore la situazione potrebbe cambiare ma non stravolgersi, anche se il ministro Raffaele Fitto ha ribadito qual è la posizione italiana. “Il prossimo vertice dei capi di Stato e di governo sarà un’occasione molto importante per discutere dei nuovi assetti istituzionali dell’Unione europea e l’Italia intende esercitare in questa discussione un ruolo di primo piano, adeguato al suo status di Paese fondatore”, ha detto il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr, dopo aver partecipato, a Lussemburgo, al Consiglio Affari generali dell’Ue. “Abbiamo discusso soprattutto della preparazione del prossimo Consiglio europeo del 27 e 28 giugno”, ha spiegato. “Quello delle nomine non è l’unico tema rilevante dell’agenda del Consiglio europeo”, ha proseguito Fitto. “Per noi è molto importante che dal vertice esca un messaggio chiaro su temi cruciali come la competitività dell’economia europea, la difesa, la migrazione e l’Agenda strategica oltre, ovviamente, ai temi di politica estera come l’Ucraina ed il Medio Oriente sui quali si sono registrati molti progressi grazie al recente Vertice del G7 presieduto dal presidente Meloni”.

Più o meno è la stessa linea tenuta ieri da Antonio Tajani. Il vicepremier e ministro degli Esteri ha parlato “come minimo” per l’Italia della vicepresidenza della Commissione e un commissario “di peso”. Tajani ha infatti rivendicato un peso importante per il nostro Paese: “Credo che l’Italia non possa non avere un vice presidente della Commissione europea e non possa non avere un commissario con un portafoglio di peso. Credo che questo sia il minimo che possiamo chiedere e pretendere”. Anche perché, è il ragionamento, l’Italia “ha il diritto di avere un riconoscimento di alto livello”, visto che è “un Paese fondatore” e ha “una manifattura” al secondo posto in Europa. Una convinzione tale che ha portato Tajani a sbilanciarsi persino sul nome: Fitto. “Sarebbe un eccellente commissario, perché ha conoscenza, esperienza”, anche se “non c’è nessuna decisione. Sarà il presidente del Consiglio a dire l’ultima parola dopo aver ascoltato la maggioranza e dopo aver valutato con il governo il da farsi”.

Coesione, al Molise 445 milioni. Meloni: “Fondamentale nesso ambiente-energia”

Quasi mezzo miliardo di euro (445 milioni) va alla Regione Molise grazie agli accordi di Sviluppo e coesione con il Governo. Quello di oggi è il 16esimo siglato dalla premier Giorgia Meloni con i presidenti – 13 Regioni e due Province autonome -, nel solco della riforma per ridurre i divari e le disparità tra i territori.

In molte zone – ricorda Meloni – buona parte dei fondi per lo sviluppo e la coesione non veniva spesa“. Sulla programmazione 2014-2020 su 126 miliardi disponibili ne erano stati spesi 47. “In una nazione come l’Italia non possiamo permetterci che miliardi e miliardi di euro fondamentali per i cittadini vengano disperse“, osserva la presidente del Consiglio.
I fondi sono destinati a 42 progetti, divisi in diverse aree di interesse, che vanno dalla ricerca sull’intelligenza artificiale al campo biomedico, dai servizi per le università a quelli a sostegno delle persone fragili, fino alla valorizzazione dell’attrattività turistica, alla tutela ambientale e alla mobilità stradale.

Tra questi, “sul nesso ambiente-energia stanziamo 60 milioni di euro, anche per impianti di energia idroelettrica“, precisa la premier. Un ambito quanto mai fondamentale, scandisce Meloni: “Nel dramma che affrontiamo, delle conseguenze del conflitto in Ucraina, si nasconde un’occasione e una di queste è il tema dell’energia. C’è in Europa un problema di approvvigionamento. Si guarda a forme di energia pulita, il Mezzogiorno d’Italia è un potenziale produttore di energia pulita. Nel Sud Italia, con i giusti investimenti possiamo costruire un futuro e un pezzo di strategia per la nazione“.

Siamo al sedicesimo Accordo per la Coesione finanziato con le risorse Fsc per il periodo 2021-2027 – ribadisce il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto -, il terzo per il Mezzogiorno e, a dimostrazione che il Governo sta lavorando alacremente anche per definire gli Accordi con le regioni del Sud, tra poche ore sigleremo il quarto con la regione Basilicata”, rivendica.
La Regione è piccola, ma “con tanta voglia di fare, i numeri lo dimostrano“, evidenzia il governatore Francesco Roberti. Questi fondi, è certo, “faranno da volano per la nostra realtà”.

Pnrr, l’Italia ha incassato 102 mld e ne aspetta altri 10 dalla V rata

Ad oggi l’Italia ha incassato 102 miliardi di euro in quattro rate del Piano nazionale di ripresa e resilienza. E’ in attesa di concludere l’iter di valutazione sulla richiesta di pagamento della quinta (presentata entro il 31 dicembre 2023) da 10,6 miliardi e ha avviato i confronti per la sesta e la settima che sono gli obiettivi posti dal governo per il 2024.  E’ il quadro tracciato dal ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, nelle comunicazioni in Senato sullo stato di attuazione del Pnrr. Un discorso ampio, pur senza entrare nei dettagli, che abbraccia diversi aspetti, anche quelli spinosi, di un tema che resta al centro dibattito politico.

Fitto si sofferma soprattutto sull’aspetto legato al definanziamento di alcune opere originariamente inserite nel Piano, ma poi uscite dal perimetro dopo la rimodulazione concordata con la Commissione europea. “Quasi 68 miliardi di euro di progetti che erano precedenti e, quindi, non avevano i requisiti” e “non essendo adeguati ai nuovi scenari, avrebbero certamente ‘bucato’ la data di giugno 2026, che è imprescindibile“. Nulla, però, è stato cancellato – sottolinea ancora l’esponente di governo -, perché “abbiamo messo in campo la strategia di individuare tali progetti e di spostarli fuori dal Piano nazionale di ripresa e resilienza” prevedendo “la copertura finanziaria di tutti gli interventi che sono stati definanziati“. Una posizione per la quale ha subito le dure critiche di una parte delle opposizioni, alle quali però replica a tono: “Non ci sono fondi rimandati indietro, la rimodulazione non lo prevede. Sono progetti opportunamente spostati dal piano, se non avessimo fatto la rimodulazione avremmo mancato gli obiettivi“. A proposito del negoziato con l’Ue, Fitto rivendica il lavoro fatto con Bruxelles, togliendosi anche qualche sassolino dalle scarpe rispetto a chi prevedeva un “fallimento“, come ha ribadito il Pd in aula, ad esempio.

Parola che, però, proprio non va giù al ministro: “Sono deluso da alcune considerazioni fatte a prescindere, come quello della senatrice Rojc. Utilizzare parole come ‘fallimento’ o ‘propaganda’, sinceramente lo trovo eccessivo. serve un approccio rispettoso“. Anche perché la visione che offre al Senato è che il Pnrr “non può essere uno strumento statico, un piano di tale portata ha bisogno di un adeguamento costante in funzione di dati oggettivi, come la crisi energetica“. Infatti, l’esponente di FdI promuove l’operato della cabina di regia (“un modello di lavoro“). Sempre parlando della rimodulazione, ricorda che “è stata aumentata la dotazione finanziaria del Pnrr nell’ambito del settore agricolo con interventi concreti pari a circa 3 miliardi” ma “non sulla spinta dei trattori in piazza che polemizzavano con il governo – ci tiene a chiarire -. La scelta risale al dicembre 2023 dà l’idea della visione e della lungimiranza” dell’esecutivo. Espressione, quest’ultima, che usa anche toccando il tema del RePowerEu, inserendo “oltre sei miliardi di euro per la transizione energetica del sistema delle imprese” e “risorse importanti sulle infrastrutture energetiche strategiche del Paese“. Senza contare il Testo unico sulle rinnovabili. “Dà coerenza agli obiettivi che mettiamo in campo sul fronti degli investimenti per l’approvvigionamento energetico del nostro Paese“, aggiunge ancora Fitto. Infine, il ministro ribadisce la propria analisi sulla recente relazione della Corte dei conti. Il responsabile degli Affari Ue ripercorre i mesi di discussione sulla precedente relazione dei magistrati contabili, puntualizzando che c’è “una omissione, perché si riferiva al primo semestre del 2023 e prendeva come dati di riferimento quelli di febbraio 2023“, mentre da quella dei giorni scorsi “emerge in modo molto chiaro un sostanziale apprezzamento“. Le opposizioni, ovviamente, sostengono il contrario di Fitto, ma alla fine la mozione di maggioranza passa e il dibattito si sposta ora alla Camera, dove domani bisserà le comunicazioni.

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Pnrr, spesa metà fondi ottenuti. Fitto: “Cifre sottodimensionate”

L”interlocuzione con l’Europa corre più veloce dell’attuazione del Pnrr. Quello appena trascorso, è stato un semestre di “intensa attività”, illustra la quarta relazione. Ci sono state le trattative per la revisione, poi, il 9 ottobre, il pagamento della terza rata, l’8 dicembre l’approvazione finale del nuovo Piano da parte del Consiglio dell’Unione europea, il 28 dicembre il pagamento della quarta rata e il 29 dicembre la presentazione formale della richiesta di pagamento della quinta rata.

Con l’approvazione della richiesta di quinta rata, l’Italia avrà conseguito 113 miliardi di euro, cioè oltre il 58% dei 194,4 miliardi di euro stanziati in sede europea. Al 31 dicembre 2023, il Paese ha incassato 101,93 miliardi di euro (il 52% del totale). Di questi fondi, però, tra il 2021 e il 2023, sono stati spesi 45,6 miliardi di euro, quindi meno della metà. In più, il dato si riferisce al Pnrr prima della revisione, che considera anche le spese (circa 2,7 miliardi di euro) relative alle misure spostate dal Piano.

Ma ci sono due fattori da tenere in considerazione. Il primo riguarda il sistema di monitoraggio Regis: ”E’ importante segnalare che il dato si riferisce alla spesa effettuata dai soggetti attuatori come riscontrabile dal sistema di monitoraggio e potrebbe, quindi, in alcuni casi risultare incompleto qualora le amministrazioni non abbiano provveduto a registrare le singole operazioni”, viene sottolineato. Il secondo riguarda la quantità di fondi spesa, che è stata incrementale nel tempo: 24,48 miliardi sono stati spesi in due anni (2021-2022), 21,17 miliardi sono stati spesi solo nel 2023. “Leggere in modo disaggregato i dati fa capire quanto lavoro ci sia dietro“, spiega il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, che osserva come la spesa comunicata, in considerazione del monitoraggio Regis sia quasi sicuramente “sottodimensionata”.

Il lavoro non è finito“, ricorda la premier, Giorgia Meloni, nella premessa alla relazione. “Abbiamo ancora molto da fare, ma i tanti obiettivi centrati finora ci rendono fieri e ci incoraggiano a dare sempre di più. Nell’interesse dell’Italia e degli italiani“, chiosa.

Ora il governo lavora al decreto legge in cui ci saranno le indicazioni per le coperture finanziarie per i progetti usciti dal piano dopo la revisione e per l’attuazione degli obiettivi oggetto di revisione. “I tempi non sono lunghi e stiamo lavorando bene, il compito è di dare risposte. Confermo quindi l’impegno del governo nel finanziare tutti i progetti“, assicura Fitto. “Con Giorgetti – tranquillizza – stiamo lavorando da sempre in modo positivo, c’è un’interlocuzione aperta perché parliamo di un decreto che non ha scadenza, ed è necessario fare bene e velocemente ma non in fretta, perché dovrà dare copertura a tutti i progetti e che dovrà affrontare la questione sulla loro attuazione“. Molte misure riguarderanno la revisione del Piano Transizione 5.0, “penso a quelle per le imprese sulla transizione energetica“, precisa il ministro.

A valle della revisione dei Piani nazionali di tutti gli Stati membri, l’Italia si conferma il maggiore beneficiario del dispositivo di ripresa e resilienza e “si distingue per una significativa allocazione di fondi al capitolo REPowerEU per nuovi investimenti e riforme di ampia portata”, mette in luce la relazione. “Questo – viene spiegato – non solo sottolinea l’importanza attribuita dall’Italia alla transizione ecologica e alla digitalizzazione, ma evidenzia anche una gestione attenta e proattiva delle risorse a disposizione per massimizzarne l’impatto sul tessuto economico e sociale del Paese”.
Nel Rapporto della Commissione europea sulla valutazione intermedia “si riconosce che l’Italia è la prima nazione europea per numero di obiettivi e traguardi raggiunti”, ribadisce la premier, rivendicando un lavoro “incessante” per raggiungere tutti gli obiettivi programmati e “rafforzare la portata strategica del Piano”. I nuovi investimenti e le nuove riforme permetteranno all’Italia, scandisce Meloni, “di rispondere alle sfide del mutato scenario internazionale e di salvaguardare le risorse e la realizzazione delle opere già pianificate”.

La premier non perde occasione per difendere la scelta di rivedere il piano dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e le nuove esigenze energetiche del Paese: “L’Italia si è dotata a tutti gli effetti di un nuovo Piano caratterizzato dall’introduzione della missione REPowerEU, da sette ulteriori riforme mirate all’ammodernamento e alla semplificazione normativa e dal finanziamento di investimenti aggiuntivi per circa 25 miliardi di euro, volti a rafforzare la competitività del tessuto produttivo, favorendo la transizione verso energie pulite e la diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico dell’Italia e dell’Europa”.

Ex Ilva, salta tavolo governo-Mittal: No aumento capitale e Stato al 66%

Il tavolo tra governo e Arcelor Mittal sul futuro ex Ilva di Taranto salta. La delegazione dell’esecutivo (i ministri dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, degli Affari Ue e Pnrr, Raffaele Fitto, delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, del Lavoro, Elvira Calderone, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano) propone ai vertici dell’azienda un aumento di capitale sociale pari a 320 milioni di euro e un aumento della partecipazione pubblica al 66%. ArcelorMittal, però, alza il muro e si dichiara indisponibile a qualunque impegno finanziario e di investimento, anche come socio di minoranza. Palazzo Chigi incarica Invitalia di “assumere le decisioni conseguenti, attraverso il proprio team legale” e convoca i sindacati il pomeriggio di giovedì 11 gennaio.

Un esito che “conferma quello che Fim, Fiom e Uilm hanno denunciato e per cui hanno mobilitato le lavoratrici e i lavoratori“, rivendicano le parti sociali, che ribadiscono la “necessità” di un controllo pubblico, data la “mancanza di volontà” del socio privato di voler investire risorse. I sindacati giudicano l’indisponibilità di Mittal “gravissima“, soprattutto di fronte alla situazione in cui versano i lavoratori e gli stabilimenti. Un atteggiamento che, denunciano, “conferma la volontà di chiudere la storia della siderurgia nel nostro Paese“. L’attesa, dall’incontro di giovedì, avvertono i segretari Roberto Benaglia, Michele De Palma e Rocco Palombella, è che si arrivi a una soluzione che metta in sicurezza tutti i lavoratori, compreso quelli dell’indotto, e si garantisca il “controllo pubblico, la salvaguardia occupazionale, la salute e la sicurezza, il risanamento ambientale e il rilancio industriale“.

Se per il senatore di FdI, Matteo Gelmetti, il governo fa “finalmente politica industriale” e per il presidente dei senatori Dem Francesco Boccia mette in atto oggi “quello che il Pd chiedeva da tempo“, il risultato, per Angelo Bonelli di AVS, è lo “schiaffo di una multinazionale in faccia allo Stato italiano“. Nulla di imprevisto, ricorda: “Il suo modo di agire era noto nel mondo ancor prima che fosse scelta per rilevare lo stabilimento ex Ilva“. Lo Stato, è il timore, va incontro a una “esposizione economica di centinaia e centinaia di milioni di euro” che rischierà di dover versare ad Arcerol-Mittal, ed é a suo avviso “quello che la multinazionale ha sempre avuto in testa in questo contenzioso legale, che si sta delineando in tutta la sua drammaticità“.

Pnrr, Italia prima a chiedere quinta rata entro fine anno

I 52 obiettivi della quinta rata del Pnrr sono verificati. L’Italia, prima tra gli Stati membri, presenterà alla Commissione europea la richiesta di pagamento per i 10,5 miliardi di euro previsti. Intanto, a giorni arriveranno i 16,5 miliardi di euro della quarta rata, che faranno salire complessivamente la quota già incassata a circa 102 miliardi di euro, più della metà dell’intero Piano.

Un altro obiettivo estremamente importante“, rivendica Giorgia Meloni dopo la cabina di regia. Un “grande risultato“, ribadisce, che “testimonia ancora una volta lo straordinario lavoro portato avanti in questi mesi“. Tra gli obiettivi previsti nella quinta rata ci sono l’aggiudicazione degli appalti del settore idrico, l’elettrificazione della linea ferroviaria nel Mezzogiorno e la tratta Ferroviaria Salerno-Reggio Calabria. In tema di ambiente sono previsti interventi per il potenziamento delle condotte, della depurazione e per la realizzazione degli impianti per la valorizzazione dei rifiuti.

La Cabina di regia di oggi permetterà al Governo di dare seguito alla richiesta di pagamento entro fine anno, per, spiega il ministro degli Affari europei Raffaele Fitto, “proseguire nell’azione di sostegno alla crescita economica e per raggiungere, con i nuovi investimenti inseriti nel piano, gli obiettivi del potenziamento della competitività industriale, della transizione verso energie pulite e dell’indipendenza energetica dell’Italia”.

Le risorse e le opere programmate dal Piano, assicura Fitto, sono “salvaguardate“: andranno a implementare le riforme e ad alimentare nuovi investimenti strategici per “la crescita strutturale dell’Italia“, commenta il ministro. L’anno di lavoro sul Pnrr è stato “positivo“, osserva, e la collaborazione con la Commissione europea “costruttiva“. Il macro obiettivo è “mettere concretamente a terra i progetti, per dare una risposta tangibile, in termini di efficienza ed efficacia dell’azione governativa, alle legittime aspettative delle imprese e degli italiani“.

Sotto la guida del presidente Giorgia Meloni e del ministro Raffaele Fitto il governo – scrive sui social la ministra delle Riforme, Elisabetta Casellatiha lavorato compatto, smentendo ancora una volta i detrattori con risultati concreti“.

Pnrr, l’Italia incassa la terza rata. Meloni: La nazione torna a credere in sé

La Commissione europea eroga all’Italia la terza rata da 18,5 miliardi di euro prevista dal Pnrr. Per la premier Giorgia Meloni è la dimostrazione di un “lavoro proficuo” con la Commissione che, fa sapere, “ci porta oggi a discutere per una valutazione positiva sulla quarta rata e sulla revisione complessiva del piano, compreso il capitolo Repower Eu“.

Al termine di un percorso a ostacoli, la presidente del Consiglio si toglie qualche sassolino dalla scarpa: “E’ la dimostrazione di come l’Italia e il governo abbino affrontato la questione con estrema serietà e auspichiamo che, per il futuro, anche anche quelli che ci credevano poco imparino a credere nelle capacità che questa nazione ha, soprattutto se si lavora tutti nella stessa direzione, di raggiungere tutti i propri obiettivi“, dice in un video postato sui social.

La valutazione della Commissione sul raggiungimento dei 54 obiettivi e traguardi previsti dal Piano è dunque positiva ed è stata confermata dagli Stati membri nel Comitato Economico e Finanziario e nel successivo Comitato Rrf.

Il pagamento della terza rata è la prova dei grandi progressi fatti nell’attuazione del Pnrr“, rivendica il Ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto.

Con questo pagamento, l’Italia riceve 85,4 miliardi di euro, corrispondenti a più del 44% del totale del Pnrr. Anche Fitto parla di una “stretta e fruttuosa collaborazione con la Commissione europea” e del risultato di un lavoro “molto impegnativo” per raggiungere obiettivi complessi relativi a riforme nei settori della concorrenza, della giustizia, dell’amministrazione pubblica e fiscale, dell’istruzione, del mercato del lavoro e del sistema sanitario. Il pagamento riguarda anche investimenti per promuovere la transizione digitale e verde e a sostenere la ricerca, l’innovazione e l’istruzione.
“Il lavoro sul Pnrr ora – assicura il ministro – continua senza sosta per ottenere la valutazione positiva sulla richiesta di pagamento della quarta rata e sulla revisione del Piano, incluso il nuovo capitolo REPowerEU”.

Domani Fitto presiederà a Palazzo Chigi una nuova cabina di regia con sei sessioni di lavoro per la rimodulazione del Piano, il monitoraggio degli obiettivi della quinta rata e la verifica sul conseguimento degli obiettivi della quarta rata, che segue la richiesta di pagamento di 16,5 miliardi, inviata lo scorso 22 settembre alla Commissione europea.

Consiglio Ue approva modifiche al Pnrr italiano. Fitto: “Frutto della collaborazione con Bruxelles”

Il Consiglio europeo ha approvato le modifiche al Pnrr italiano, che riguardano 10 obiettivi dei 27 originariamente associati alla quarta rata del Piano, tra cui gli incentivi all’efficienza energetica nell’ambito del cosiddetto Superbonus, l’aumento delle strutture per l’infanzia, lo sviluppo dell’industria spaziale e cinematografica e il trasporto sostenibile. A questi si è aggiunto un ulteriore traguardo relativo al potenziamento dell’offerta di alloggi per gli studenti universitari.

La richiesta di modifica era stata avanzata dal nostro Paese lo scorso 11 luglio, perché il piano risultava “parzialmente non più realizzabile”. La decisione del Consiglio europeo si basa sulla valutazione della Commissione secondo cui le modifiche proposte “sono giustificate e non incidono sulla pertinenza, l’efficacia, l’efficienza e la coerenza del suo piano di ripresa e resilienza”. Il costo totale stimato del Pnrr modificato rimane invariato, pari a 191,5 miliardi di euro, di cui 68,8 miliardi di euro in sovvenzioni e 122,6 miliardi di euro in prestiti.

Il via libera, spiega da Bruxelles il ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, “è un risultato positivo”, frutto di “un’intensa e proficua collaborazione” tra il Governo e la Commissione europea e “consentirà all’Italia di presentare la relativa richiesta di pagamento ed avviare la procedura per l’esborso dei 16,5 miliardi di euro previsti per la quarta rata del Pnrr”. Secondo Fitto “la decisione odierna del Consiglio dell’Unione europea è la migliore prova che l’Italia può gestire in maniera efficiente le risorse europee, per dare impulso all’attuazione del Piano e rilanciare crescita, produttività e occupazione nel nostro Paese”.

Bruxelles, però, lancia l‘allarme ritardi. Anche se l’attuazione del Pnrr italiano è in corso – spiega nell’annesso al report annuale 2023 sul Recovery and Resilience Facility – restano alcune criticità. “L’Italia ha presentato tre richieste di pagamento – spiega la Commissione – che corrispondono a 151 tappe e obiettivi del piano e che comportano un esborso complessivo di 42 miliardi di euro”, riferito alle prime due richieste di pagamento presentate. Il 30 dicembre 2022 il nostro Paese aveva presentato la terza richiesta di pagamento, la cui valutazione preliminare è stata approvata dalla Commissione il 28 luglio 2023: “Procedere rapidamente con l’attuazione del piano e la negoziazione della sua modifica è essenziale a causa della natura temporanea dell’Rrf in vigore fino al 2026”.

Il Recovery and Resilience Facility “finanzierà 191,6 miliardi di euro di investimenti in Italia nel periodo 2022-2026 (10,7% del Pil)” e il piano italiano “iniziale (e ancora attuale) consiste in 132 investimenti e 58 riforme”. L’Italia “è il maggior beneficiario in termini assoluti”, ricorda la Commissione.

E di ritardi ha parlato anche Monica Pratesi, direttrice del Dipartimento per la produzione statistica dell’Istat, in audizione davanti alle commissioni Bilancio congiunte sullo stato di attuazione del Pnrr. “Particolarmente complessa – spiega – è la valutazione degli ostacoli o dei fattori che hanno rallentato l’adozione delle misure Pnrr da parte della pubblica amministrazione a livello centrale e territoriale. A questo proposito, nell’ambito del Censimento delle istituzioni pubbliche, la cui raccolta dati è in corso di completamento (terminerà il prossimo 20 ottobre), sono stati inseriti, d’intesa con altri stakeholders istituzionali, una serie di quesiti finalizzati a rilevare il grado di conoscenza delle opportunità offerte dal Pnrr, le competenze tecnico-giuridiche disponibili interamente o esternamente all’amministrazione pubblica per la progettazione degli interventi, nonché i principali ostacoli riscontrati nel processo di adesione e implementazione dei progetti Pnrr. Si tratta di informazioni che saranno rese disponibili nei prossimi mesi”. 

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Pnrr, luce verde dal Comitato economico alla terza rata. Fitto: “Passo importante”

Un passo in avanti importante. Così il ministro per gli Affari europei e il Pnrr, Raffaele Fitto, saluta il parere positivo che il Comitato economico finanziario del Consiglio dell’Ue ha dato oggi via libera all’erogazione della terza rata del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) italiano, pari a 18,5 miliardi di euro. “Prendiamo atto con soddisfazione del parere positivo espresso oggi dal Comitato economico e finanziario europeo sull’erogazione della terza rata. Un altro passo avanti importante”, ha scritto Fitto su X.

Un passo avanti importante, ma ancora non quello definitivo per la terza erogazione dei finanziamenti all’Italia per la ripresa economica dalla pandemia, e non solo. Lo scorso 28 luglio la Commissione europea aveva giudicato positivamente la “valutazione preliminare” della richiesta dell’Italia al pagamento della terza rata del Pnrr, in particolare sui 54 traguardi e obiettivi legati all’erogazione dei 18,5 miliardi di euro. Dopo l’ok preliminare di Palazzo Berlaymont di fine luglio, il dossier era passato dunque al vaglio del Comitato economico e finanziario, che ha avuto a disposizione quattro settimane di tempo per pronunciarsi sul parere preliminare della Commissione.

Il Comitato è un organo consultivo in seno al Consiglio Ue e promuove il coordinamento delle politiche degli Stati membri necessarie al funzionamento del mercato interno, esprimendo pareri su richiesta del Consiglio o della Commissione europea. Visto il via libera, ora la Commissione Ue potrà adottare la decisione di pagamento vero e proprio e sbloccare 18,5 miliardi di euro al Paese. Sui tempi per l’esborso tutto tace per il momento da Bruxelles, anche se è improbabile che arrivino prima della fine del mese.

Il Pnrr italiano prevede 132 investimenti e 58 riforme, che saranno sostenuti da 68,9 miliardi di euro di sovvenzioni e 122,6 miliardi di euro di prestiti da parte di Bruxelles. La prima rata da 21 miliardi di euro è stata ricevuta ad aprile 2022 e la seconda tranche, sempre da 21 miliardi, a settembre dello scorso anno. Ora il governo di Meloni, con mesi di ritardo sulla tabella di marcia e mesi di trattative con la Commissione, ha sbloccato la situazione ottenendo il via libera alla terza tranche da quasi 19 miliardi.

L’incomprensione con Bruxelles sulla terza rata riguardava l’obiettivo di costruire 7.500 nuovi alloggi per gli studenti, contestato a Bruxelles perché parte delle risorse sarebbero state usate dal governo per strutture che già sono di fatto studentati. Infine, il governo ha negoziato con Bruxelles per eliminare l’obiettivo da quelli necessari per ottenere la terza rata. L’intesa si è trovata, ma in cambio il governo italiano ha dovuto spostare circa 519mila euro previsti dalla terza rata (che è passata da 19 a 18,5 miliardi di euro) alla quarta rata che arriverà così a 16,5 miliardi di euro.

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