La scommessa della Germania: addio al nucleare dal 15 aprile

Nonostante la crisi energetica, la Germania mantiene la rotta per quanto riguarda l’abbandono del nucleare: sabato il Paese staccherà la spina dei suoi ultimi tre reattori, scommettendo sul successo di una transizione verde senza energia nucleare. Sulle rive del fiume Neckar, non lontano da Stoccarda, il vapore bianco che fuoriesce dalla centrale nucleare del Baden-Württemberg sarà presto un ricordo. Lo stesso vale, più a est, per il complesso bavarese di Isar 2 e per quello di Emsland (nord), all’altro capo del Paese, non lontano dal confine olandese. Mentre molti Paesi occidentali dipendono dall’energia nucleare, la più grande economia europea sta voltando pagina. Anche se il tema rimarrà controverso fino alla fine.

La Germania sta attuando la decisione di eliminare gradualmente l’energia nucleare presa nel 2002 e accelerata da Angela Merkel nel 2011, dopo il disastro di Fukushima. Fukushima ha dimostrato che “anche in un Paese ad alta tecnologia come il Giappone, i rischi associati all’energia nucleare non possono essere controllati al 100%“, giustificò all’epoca l’ex cancelliera. L’annuncio ha convinto l’opinione pubblica di un Paese in cui il potente movimento antinucleare è stato alimentato inizialmente dai timori di un conflitto da Guerra Fredda e poi da incidenti come quello di Chernobyl. L’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio 2022 avrebbe potuto rimettere tutto in discussione: privata del gas russo, il cui flusso è stato sostanzialmente interrotto da Mosca, la Germania si è trovata esposta ai peggiori scenari possibili, dal rischio di chiusura delle fabbriche a quello di rimanere senza riscaldamento in pieno inverno.

A pochi mesi dalla scadenza iniziale per la chiusura degli ultimi tre reattori, fissata al 31 dicembre, l’opinione pubblica ha iniziato a cambiare idea: “Con i prezzi elevati dell’energia e la questione scottante del cambiamento climatico, ci sono state ovviamente richieste di prorogare gli impianti“, afferma Jochen Winkler, sindaco di Neckarwestheim, dove l’omonima centrale è ai suoi ultimi giorni di vita. Il governo di Olaf Scholz, di cui fa parte il partito dei Verdi, il più ostile al nucleare, ha infine deciso di prolungare il funzionamento dei reattori per garantire l’approvvigionamento. Fino al 15 aprile.

Ci sarebbe potuta essere una nuova discussione se l’inverno fosse stato più difficile, se ci fossero state interruzioni di corrente e carenze di gas. Ma abbiamo avuto un inverno senza troppi problemi“, grazie alla massiccia importazione di gas naturale liquefatto, osserva Winkler. Per il sindaco della cittadina di 4.000 abitanti, di cui oltre 150 lavorano nell’impianto, “la ruota è già girata” e non c’era tempo per “tornare indietro“. Dal 2003 sono stati chiusi sedici reattori. Gli ultimi tre impianti hanno fornito il 6% dell’energia del Paese lo scorso anno, rispetto al 30,8% del 1997. Nel frattempo, la quota delle rinnovabili nel mix di generazione è salita al 46% entro il 2022, rispetto a meno del 25% di un decennio prima.

Tuttavia, l’attuale tasso di crescita delle rinnovabili non soddisfa né il governo né gli ambientalisti, e la Germania non raggiungerà i suoi obiettivi climatici senza una seria spinta. Questi obiettivi “sono già ambiziosi senza il phase-out del nucleare – e ogni volta che ci si priva di un’opzione tecnologica, si rendono le cose più difficili“, osserva Georg Zachmann, esperto di energia presso il think-tank Bruegel di Bruxelles. L’equazione è ancora più complessa se si considera l’obiettivo di chiudere tutte le centrali a carbone del Paese entro il 2038, molte delle quali entro il 2030. Il carbone rappresenta ancora un terzo della produzione elettrica tedesca, con un aumento dell’8% lo scorso anno per compensare l’assenza di gas russo. La Germania ha bisogno di installare “quattro o cinque turbine eoliche al giorno” nei prossimi anni per coprire il suo fabbisogno, ha avvertito Olaf Scholz. Si tratta di un’impresa ardua rispetto alle 551 unità installate nel 2022. Una serie di allentamenti normativi adottati negli ultimi mesi dovrebbe accelerare il ritmo. “Il processo di pianificazione e approvazione di un progetto eolico richiede in media quattro o cinque anni“, secondo la federazione di settore (BWE), per la quale guadagnare uno o due anni sarebbe già un “notevole progresso“.

autostrade

Consiglio Energia al voto su auto inquinanti. Salvi efuels, fuori Italia con biocarburanti

Italia chiama e Bruxelles non risponde. Alla riunione dei 27 ambasciatori dell’Ue che si è tenuta questa mattina, il governo italiano ha chiesto di far rinviare ancora il voto sullo stop ai motori a combustione, diesel e benzina, dal 2035 ma senza successo. Dopo l’accordo annunciato nel fine settimana tra Commissione Ue e Germania per esentare i carburanti sintetici dal divieto, Roma ha tentato questa mattina un nuovo rinvio per prendere ancora tempo e negoziare sui biocarburanti. Ma proprio l’accordo tra Bruxelles e Berlino dovrebbe garantire il via libera all’accordo sul dossier del ‘Fit for 55’ senza grandi sorprese.

Il regolamento sulle emissioni CO2 delle nuove auto sarà dunque domani in agenda al Consiglio Energia come punto ‘A’, che tecnicamente significa che i ministri voteranno senza una discussione anche se questo non gli impedirà di prendere la parola. Caduto il veto di Berlino, la presidenza svedese alla guida dell’Ue sa che non dovrebbe esserci margine per creare una minoranza di blocco in seno al Consiglio e ha annunciato il dossier al voto domani dopo la riunione degli ambasciatori. L’accordo con la Germania chiarisce i termini del ‘considerando 11’ del regolamento per l’immatricolazione dopo il 2035 di veicoli che funzionano con i carburanti sintetici, gli efuels. La Commissione europea dovrebbe presentare ai governi una dichiarazione scritta sui prossimi passi per l’attuazione di questa parte del regolamento in cui si impegna a presentare una “proposta per l’immatricolazione dopo il 2035 dei veicoli alimentati esclusivamente con carburanti neutri”, per quanto riguarda le emissioni di CO2. Su questo ha fatto pressione la Germania per far considerare alla Commissione europea i carburanti sintetici tra i carburanti a zero emissioni, dal momento che si tratta di carburanti realizzati con elettricità rinnovabile e anidride carbonica catturata dall’atmosfera, che compensano dunque le emissioni emesse. L’accordo offre alla Germania maggiori dettagli su come l’Ue intende attuare la disposizione sugli efuels. L’Italia ha chiesto a Bruxelles la stessa apertura sui biocarburanti, che però non danno la stessa garanzia in termini di emissioni zero.

Alla riunione di questa mattina, l’Italia avrebbe chiesto più tempo per studiare l’accordo, dal momento che l’intesa con la Germania sebbene non alteri formalmente il testo normativo del nuovo regolamento, “cambierebbe le condizioni per la sua interpretazione ed attuazione”. Secondo quanto riferiscono fonti diplomatiche, l’Italia avrebbe sottolineato nel corso della riunione che una interpretazione restrittiva dei carburanti neutri in termini di CO2 (che include cioè efuels ma esclude altri carburanti rinnovabili come i biocarburanti) “non è accettabile” in quanto non in linea con il principio di neutralità tecnologica. Bruxelles ha in più occasioni chiarito di non volere e non potere (dal momento che sul dossier c’è già un accordo tra Parlamento e Consiglio) rinegoziare i termini dell’accordo ma solo chiarire la parte relativa al considerando 11. Alla conta domani al Consiglio Energia a votare contro dovrebbero rimanere l’Italia e la Polonia – a meno di cambiamenti dell’ultima ora -, mentre la Bulgaria ha deciso di astenersi. Con i soli voti contrari di Roma e Varsavia e l’astensione di Sofia l’accordo avrebbe ottenuto comunque il via libera con voto a maggioranza qualificata, che si raggiunge quando il 55 % degli Stati membri vota a favore (in pratica, 15 Paesi su 27) e quando gli Stati membri che appoggiano la proposta rappresentano almeno il 65% della popolazione totale dell’Ue. Con l’astensione o l’opposizione della Germania (che rappresenta circa il 18 per cento della popolazione europea) si era creata una minoranza di blocco in seno al Consiglio Ue, costringendo la presidenza svedese dell’Ue a rimandare finora il voto. Il problema della minoranza di blocco ora non dovrebbe esserci più.

Pil della Germania negativo, adesso occhi puntati sulla Bce

La Germania non vuole nuovi piani per la ripresa per contrastare inflazione e aumento dei prezzi dell’energia. “NextGenerationEU è già la nostra risposta all’Inflation reduction act degli Stati Uniti”, scandisce il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, nel corso della conferenza stampa con il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni. D’altronde Berlino ha già varato un piano da 200 miliardi per sostenere famiglie e aziende tedesche vittime del caro-energia e dallo stop al flusso di gas russo. Solo a dicembre lo Stato ha pagato la bolletta a tutte le famiglie proprietarie. Inoltre da ottobre è stato aumentato il salario minimo. Ciò nonostante il Pil tedesco, nel quarto trimestre, ha perso lo 0,2%.
Prima contrazione della locomotiva d’Europa dopo il periodo Covid. “Dopo che l’economia tedesca ha resistito bene nei primi tre trimestri nonostante le condizioni difficili – scrive Destatis, l’istituto federale di statistica – la produzione economica è leggermente diminuita nel quarto trimestre del 2022. In particolare, i consumi privati, che avevano sostenuto il Pil nel corso dell’anno fino ad oggi, sono stati inferiori rispetto al trimestre precedente”. Col risultato degli ultimi tre mesi dell’anno, il 2022 si è chiuso per la Germania con un +1,8%, più o meno la metà di quello che domani mattina dovrebbe registrare l’Istat per l’Italia, diffondendo i numeri sullo stato dell’economia tricolore nell’ultimo trimestre dello scorso anno.
Il dato della Germania è stato peggiore delle attese che prevedevano una crescita piatta per il periodo ottobre, novembre e dicembre, aiutato dal crollo delle quotazioni del gas dopo il picco di fine agosto a oltre 400 euro/Mwh. Un dato che tuttavia non dovrebbe far cambiare idea alla Bce, chiamata giovedì a fornire nuove indicazioni sulla sua politica monetaria. Analisti, banche e gestori sono convinti che, scontato il rialzo del costo del denaro di 0,5%, i banchieri centrali rimarranno ‘falchi’, rimanendo aggressivi nella stretta. Anche perché la presidente Christine Lagarde, a dicembre, aveva già avvisato che per fermare la corsa dei prezzi è disposta a ridurre la domanda e quindi a sopportare una “contrazione” non forte dell’economia dell’eurozona.
Quello che però forse non ha considerato la Bce – come ha fatto capire anche il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco – è l’effetto comunicativo della sua aggressività. Come si leggeva nell’ultimo report dell’indice S&P Pmi a gennaio “l’inflazione dei costi del terziario è scivolata ai minimi in 13 mesi”. Nonostante ciò “i prezzi medi di vendita di beni e servizi sono aumentati ad un ritmo lievemente maggiore rispetto a dicembre, con tassi di inflazione in lieve salita sia per il manifatturiero che per il terziario. Se per entrambi i settori i tassi di incremento restano fuori dai picchi recenti, la forte pressione al rialzo dei prezzi di vendita rispecchia in parte il tentativo di recuperare i margini, soprattutto a fronte di costi storicamente alti di energia e altre materie prime, ma anche dei crescenti costi salariali”.
Proprio gli aumenti delle buste paga sono i nemici della Bce, poiché alimenterebbero ulteriori rialzi dei prezzi, tuttavia il trend sembra già partito. “La dinamica retributiva si è lievemente accentuata da ottobre, anche per effetto dell’incremento del salario minimo in alcuni paesi, tra cui la Germania, i Paesi Bassi e, per l’indicizzazione automatica ai prezzi, in Francia, nonché per l’operare di meccanismi di indicizzazione su tutti i salari in altri Paesi, in particolare in Belgio. E in diversi Paesi – aveva evidenziato pochi giorni fa Ignazio Visco all”Ambrosetti club, phygital meeting’ -, sembrano esservi, nell’ambito delle negoziazioni relative ai rinnovi contrattuali, richieste di aumenti particolarmente elevati, anche per recuperare le perdite di potere d’acquisto per gli aumenti dei prezzi connessi con lo shock energetico“.
E dopo il dato sul Pil tedesco prendono ancora più forza altre parole dello stesso governatore della Banca d’Italia. “Non condivido talune dichiarazioni nelle quali si sostiene che nell’area dell’euro solo una recessione, più o meno profonda, consentirà di riportare l’inflazione in linea con il nostro obiettivo di prezzi stabili. Ritengo invece del tutto possibile che, come sta avvenendo in altri Paesi e come è peraltro in linea con le nostre previsioni, la crescita dei prezzi, che già mostra segnali di discesa, possa tornare al 2 per cento senza che le nostre misure arrechino all’attività produttiva e all’occupazione danni particolarmente gravi”.

Auto elettrica

Ue, boom auto elettriche e pompe di calore mettono sotto pressione reti

Boom di auto elettriche e boom di acquisti di pompe di calore mettono in difficoltà le reti elettriche di mezza Europa, soprattutto in Germania, con il timore in alcune zone addirittura di black-out. A lanciare l’allarme è stato Klaus Müller, il presidente della Federal Network Agency tedesca, la Bundesnetzagentur, ovvero l’autorità delle reti: “Se continueranno ad essere installate molte nuove pompe di calore e stazioni di ricarica, si dovranno temere problemi di sovraccarico e interruzioni di corrente locali nella rete di distribuzione“, ha dichiarato domenica scorsa alla Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung. Proprio domenica – rivela il sito specializzato Euractiv – l’operatore di rete della Germania meridionale, TransnetBW, ha lanciato un appello ai cittadini affinché riducano il loro consumo energetico durante la sera per evitare un blackout.

In Germania le linee locali a bassa tensione sono particolarmente a rischio di esaurire la capacità di trasmissione, continua Euractiv, tant’è che proprio Müller dovrebbe varare un regime di razionamento dell’elettricità dal 1° gennaio 2024, che toccherà stazioni di ricarica per veicoli elettrici e pompe di calore, garantendo comunque una fornitura minima. Già adesso comunque i Paesi Ue hanno concordato sulla riduzione invernale del consumo di elettricità del 5% nelle ore di punta, per evitare collassi di rete. E qualche Stato è andato oltre: in Finlandia gli automobilisti sono stati invitati a evitare di caricare le proprie auto al mattino.
Il tema è che “la rete deve affrontare tre sfide principali: l’integrazione delle pompe di calore, la ricarica dei veicoli elettrici e la produzione sempre più decentralizzata di elettricità“, sottolinea Bram Claeys, senior associate del Regulatory Assistance Project (RAP), un think tank sull’energia pulita, come riporta ancora il sito Euractiv. Serviranno complessivamente investimenti sulla rete che Eurelectric aveva stimato in 375-425 miliardi di euro.

Gli investimenti in rinnovabili e auto elettriche dovrebbero andare di pari passo con quelli nelle reti, ma non c’è questa correlazione. La situazione è complicata perché si sta inoltre assistendo a una forte crescita di energia rinnovabile, autoprodotta e intermittente: un fenomeno che è difficilmente gestibile se rapportato al crescente consumo di corrente, che necessità invece di un equilibrio tra domanda e offerta in tempo reale. “Abbiamo visto un aumento del 10% degli investimenti nelle reti di distribuzione tra il 2020 e il 2021″, ha detto Kristian Ruby, segretario generale di Eurelectric a Euractiv. “Quello che avremmo dovuto vedere sarebbe stato un aumento del 40%“, ha sottolineato. Infatti le vendite di veicoli elettrici in Europa sono aumentate del 27% a novembre 2022 rispetto all’anno precedente. E lo stesso vale per le pompe di calore, che sono cresciute a un tasso superiore al 20%, dopo un forte 2021 con una crescita del 34%.

In Italia gli interventi pianificati nel triennio 2022-2024 da E-Distribuzione corrispondono a circa 262 milioni di euro di investimenti, che vanno ad aggiungersi al programma “di investimenti in resilienza” di quasi 672 milioni di euro, già realizzato nel quinquennio 2017-2021. Gli interventi sono mirati a contenere il rischio di disalimentazione a fronte dei principali fattori critici che possono avere impatto sulla propria rete: formazione di manicotti di ghiaccio sui conduttori aerei nei mesi invernali, effetto del vento e della caduta di piante ad alto fusto sulle linee aeree, ondate di calore durante i mesi estivi. Ieri, parlando all’evento Laripartenza 2023, Stefano Donnarumma, amministratore delegato di Terna, ha rassicurato: “La rete è e sarà in grado di accompagnare lo sviluppo dei 70GW di energie rinnovabili previsti dal piano europeo Fit for 55”.

Scontri durante protesta contro miniera carbone in Germania. La polizia porta via Greta Thunberg

Greta Thunberg allontanata a forza dalla polizia mentre partecipava alle proteste degli ambientlaisti a Lutzerath, in Germania. Sui media tedeschi si vedono le immagini della giovane attivista che viene portata via di peso da due agenti. L’ambientalista si era unita alle proteste all’inizio del fine settimana, insieme a altri attivisti che protestano contro l’espansione di una miniera di carbone. Durante la giornata di domenica è stata terminata l’evacuazione degli attivisti per il clima dalla zona. Secondo la polizia, al momento, “non ci sono più militanti nell’area di Lützerath”, ha detto.

Gli organizzatori del movimento hanno dichiarato che si erano radunate 35.000 persone, mentre la polizia ne ha stimate 15.000. Domenica diversi manifestanti hanno accusato la polizia di aver represso “violentemente” la loro manifestazione del giorno prima, degenerata in scontri in cui decine di poliziotti e manifestanti sono rimasti feriti. Un portavoce degli organizzatori della protesta, Indigo Drau, ha accusato la polizia di “pura violenza” durante una conferenza stampa, affermando che gli agenti hanno picchiato gli attivisti “senza ritegno”, colpendoli in particolare alla testa. Il collettivo Lützerath lebt! ha riferito sabato che decine di manifestanti sono rimasti feriti, alcuni in modo grave. Un’infermiera del gruppo, Birte Schramm, ha detto che circa 20 di loro erano in ospedale.

Domenica la polizia ha dichiarato che circa 70 agenti erano stati feriti il giorno precedente. “Siamo stati bersagliati da proiettili, con pietre, fango e fuochi d’artificio”, ha dichiarato all’Afp il portavoce della polizia Andreas Muller. Diversi veicoli della polizia sono stati danneggiati, in particolare da pietre, e un gran numero di pneumatici di veicoli della polizia sono stati forati, ha dichiarato la polizia. Sono state aperte indagini in circa 150 casi per resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamento di proprietà o disturbo dell’ordine pubblico. In totale sono state arrestate o fermate 12 persone. Molti attivisti si sono nascosti nelle case sugli alberi e sui tetti degli edifici per complicare le operazioni di evacuazione.

L’operazione di evacuazione a Lützerath è stata politicamente delicata per la coalizione del socialdemocratico Olaf Scholz, che governa con gli ecologisti, accusati dagli attivisti di aver tradito i loro impegni. Il governo ritiene che l’espansione della miniera gestita dal gigante RWE sia necessaria per la sicurezza energetica della Germania per compensare l’interruzione delle forniture di gas russo, una ragione convincente che gli oppositori contestano in nome della lotta ai combustibili fossili.

Photo credit: Twitter @HumanDilemma

La Germania ci sta: la risposta ‘all’Ira’ Usa dovrà essere comune

E insomma, ce l’eravamo detto e l’avevamo scritto. La Germania, alla fine, ci sta. Fa sempre fatica il pachiderma tedesco (possente, intelligente, ma relativamente lento nel movimenti, scarsamente pronto alle innovazioni) a capire di dover tenere in considerazione anche le posizioni di altri, perché per quanto possente sia da solo non ha la forza di concorrere contro il resto del Mondo.

E’ stato così quasi sempre negli ultimi anni, dalla lotta alla pandemia al contenimento del prezzo del gas. Ed ora, di fronte alle mosse di un gigante, ben più gigante di lei, la Germania ha reagito, per rispondere al robusto piano Usa sui sussidi (nazionali) per la tecnologia verde.

Ha aspettato un po’ Berlino, ma quando ha avuto chiaro che l’amministrazione Biden sta giocando duro, parlando direttamente alle aziende internazionali ed invitandole ad investire sotto la bandiera a stette e strisce, quando ha visto che il grande processo innovatore messo in moto in Europa ben prima che negli Usa rischiava di incepparsi, ha deciso di intervenire.

Al momento siano solo al livello di autorevoli indiscrezioni giornalistiche (non smentite però dalla fonti ufficiali), ma sembra oramai chiaro il percorso: Berlino chiederà all’Unione europea di lanciare nuovi strumenti di finanziamento comuni per rispondere al piano di Biden. Le indiscrezioni dell’agenzia Bloomberg spiegano che Scholz sosterrà l’annunciata e attesa riforma delle attuali regole sugli aiuti di stato che la Commissione europea dovrebbe proporre già a gennaio ma mettendo a disposizione altri fondi in modo che gli Stati membri con spazi di bilancio più limitati, come ad esempio l’Italia, strozzata dal debito pubblico, possano anche loro partecipare alla partita.

Ora si dovrà vedere nel dettaglio cosa ci sarà sul tavolo e cosa la Germania davvero accetterà, ma la strada sembra segnata: si dovrà andare verso un nuovo fondo europeo, una forma di debito condiviso e garantito dall’Unione stessa. Non si può rispondere ad un plurimiliardario piano Usa (quasi 370 miliardi) con mosse “di nicchia” o che non favoriscano una crescita complessiva della forza d’urto dell’Unione. Per farlo da una parte si dovrà dare fiducia ai partner, e dall’altro si dovrà mostrare di meritarla.

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La Germania manca il target 2022 di riduzione emissioni Co2. Crescono le rinnovabili

La Germania ‘buca’ ancora gli obiettivi di riduzione delle emissioni gas serra. A dirlo sono le stime del gruppo di esperti Agora Energiewende, che nel 2022 hanno calcolato circa 761 milioni di tonnellate di Co2, che grosso modo ricalca i risultati ottenuti nel 2021. Dunque, l’obiettivo è stato fallito. Ci sono comunque delle ‘attenuanti’ per la prima nazione industriale europea, costretta a dover aumentare il consumo di combustibili da fonti fossili per compensare le minori forniture di gas dalla Russia dopo la scelta di attaccare l’Ucraina, in seguito alla quale sono state comminate sanzioni Ue a Mosca, che poco a poco ha chiuso i propri rubinetti.

Secondo l’analisi del think tank la riduzione delle emissioni nel 2022 rispetto all’anno di riferimento, che è il 1990, è stata di quasi del 39%, dunque per la seconda volta inferiore all’obiettivo climatico del 40% raggiunto nel 2020. “Le emissioni di Co2 ristagnano a un livello elevato, nonostante il consumo di energia significativamente inferiore da parte delle famiglie e dell’industria. Questo è un segnale di allarme per quanto riguarda gli obiettivi climatici”, dichiara Simon Müller, direttore di Agora Energiewende Germania.

Secondo la valutazione dell’associazione “il consumo di energia nel Paese è diminuito del 4,7% o di 162 terawattora rispetto al 2021, in parte a causa dei massicci aumenti dei prezzi del gas naturale e dell’elettricità e del clima mite”. Anche il consumo “è sceso al di sotto del livello del 2020 e quindi al livello più basso nella Germania riunificata”. Tuttavia, “l’aumento dell’uso di carbone e petrolio ha annullato le riduzioni delle emissioni attraverso il risparmio energetico: l’obiettivo di riduzione per il 2022 di 756 milioni di tonnellate di Co2, che risulta dalla somma delle specifiche di Co2 per le aree di gestione energetica, edifici, trasporti, industria , agricoltura e gestione dei rifiuti, è stato mancato di 5 milioni di tonnellate”. E questo “nonostante il fatto che la quota di energie rinnovabili nel consumo di elettricità abbia raggiunto un nuovo massimo di 46 a causa del maltempo”.

Entrando nel dettaglio, il ‘cucchiaio di legno’ spetta a edilizia (113 milioni di tonnellate) e trasporti (139 milioni di tonnellate). L’industria ha, invece, fatto registrare una leggera riduzione di 8 milioni di tonnellate, assestandosi quindi a 173 milioni di tonnellate di Co2 a seguito delle misure di risparmio ed efficienza, nonché alle perdite di produzione. Secondo la valutazione Agora, molto bene le rinnovabili, che hanno prodotto più elettricità che mai nel 2022: 248 terawattora. Con un aumento di 22 terawattora (+10%) rispetto al 2021. L‘energia eolica resta il più grande fornitore di elettricità con 126 terawattora, ma anche l’energia da impianti solari è aumentata del 23% (60 terawattora rispetto al 2021) grazie a un anno soleggiato superiore alla media e a un aumento di 7,2 gigawatt.
Complessivamente, la capacità di energia rinnovabile alla fine del 2022 è stata di 148 gigawatt, 9,6 in più rispetto all’anno precedente.

Sostenibilità in Germania: stoviglie di porcellana nei vagoni ristorante dei treni della Deutsche Bahn

Dal primo gennaio 2023, i passeggeri della compagnia ferroviaria tedesca Deutsche Bahn potranno bere il caffè acquistato a bordo dei treni e consumare i pasti in stoviglie di porcellana o vetro, per una maggiore “sostenibilità”.
L’obiettivo, come spiega l’azienda in un comunicato, “è di ridurre i rifiuti sostituendo le stoviglie monouso in plastica o cartone”. Bicchieri, piatti e ciotole “riutilizzabili” saranno “gratuiti, senza deposito, e disponibili su richiesta per tutti gli ordini” sui treni a lunga percorrenza.

Deutsche Bahn è dunque in linea con le nuove norme entrate in vigore il primo gennaio di quest’anno in Germania e che obbligano ristoranti, pub e caffè a offrire i loro prodotti da asporto in confezioni riutilizzabili; gli imballaggi monouso non saranno vietati, ma dovrà essere offerta una variante riutilizzabile senza costi aggiuntivi. Da marzo 2022, il vettore offre già “il 50% di piatti vegetariani o vegani e il 100% di prodotti biologici”, spiega nel comunicato Michael Peterson, direttore del trasporto passeggeri dell’azienda. E ricorda che “Deutsche Bahn sta accelerando la sua transizione ecologica nella ristorazione a bordo”.
Più in generale, Deutsche Bahn, la più grande consumatrice di energia della Germania, si è posta l’obiettivo di diventare carbon neutral entro il 2040. Secondo un portavoce, attualmente il 62% del traffico ferroviario gestito dalla società è alimentato da energie rinnovabili.

 

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Emergenza gas, più che i prezzi ora contano i flussi

Il prezzo del gas torna a salire e a far paura. Dopo una settimana di forti ribassi, intorno alle 18 di ieri il prezzo del future con consegna ad ottobre è salito del 15% a 248 euro/MWh alla piazza finanziaria di Amsterdam. Motivo? Gazprom ha comunicato che finché resteranno le sanzioni, la fornitura attraverso North Stream sarà interrotta. Altro che tre giorni di stop per manutenzione straordinaria. La decisione di Mosca, visto l’atteggiamento della Ue e degli Usa, è dunque a tempo indeterminato. Per cui tutti gli stanziamenti decisi in queste ore dalla Germania e dai Paesi del Nord Europa (solo Berlino ha messo sul tavolo un assegno da 65 miliardi per soccorrere famiglie e imprese) sembrano superati, non tanto dal prezzo, dato che gli Stati possono comunque fare tutto il debito che vogliono, quanto dai flussi. In altre parole: ci sarà gas a sufficienza per garantire un inverno normale all’Europa?

La Ue aveva fissato dei target di riempimento degli stoccaggi, un obiettivo facilmente raggiungibile in presenza di gas. Ma se la materia prima non c’è, come fai a coprirti dai rigori del freddo? Il Paese più penalizzato in assoluto dalle manovre decise al Cremlino è la Germania, locomotiva della Ue e colpevole – a detta dell’entourage di Putin – di aver fatto pagare 10 miliardi a Gazprom per realizzare il North Stream 2 per poi decidere dieci mesi fa di non volerlo più utilizzare. La Germania riceve metano solo attraverso i gasdotti in quanto è priva di rigassificatori. Arriveranno, probabilmente 5-6, ma nel 2023. I tedeschi come potranno mangiare il panettone se mancherà gas? Il presidente francese Emmanuel Macron, dopo un colloquio con il cancelliere Olaf Scholz, ha annunciato che darà gas alla Germania in cambio di elettricità, che manca Oltralpe poiché la gran parte delle centrali nucleari francesi sono in fase di ristrutturazione. Una buona notizia che tuttavia non esclude l’attivazione di razionamenti, come ha fatto sapere l’amministratore delegato di Uniper, grossista tedesco salvato proprio dal governo di Berlino con un assegno da 15 miliardi.

Il gas francese, oltre che dai rigassificatori, arriva dall’Algeria, quello Stato ex colonia transalpina che ha promesso più gas anche a noi. Solo che le infrastrutture di Algeri non sono all’ultimo grido. Servono interventi per incrementare massicciamente la produzione. Ecco che allora, a cascata, il dramma tedesco tocca anche noi, che comunque continuiamo a ricevere un flusso inferiore al passato ma costante dal gasdotto di Tarvisio.

Una Germania kaputt e spenta mette ovviamente paura agli investitori, che ormai si erano scordati dei problemi degli anni ’90 post unificazione. Così l’euro ormai ha preso residenza sotto la parità col dollaro, segno che l’intera economia europea – complice l’inflazione galoppante e la conseguente stretta promessa dalla Bce – si trova di fronte a una potenziale stagflazione mai sperimentata prima. Il tutto perché c’è timore che mancherà gas, facendo scattare razionamenti disordinati. Abbiamo già sperimentato cosa significa un lockdown disordinato con la pandemia…

Reattori Francia chiusi e gas Germania ridotto: Svizzera teme inverno al buio

Pur essendo molto ricca, la Svizzera teme di rimanere senza elettricità quest’inverno se i reattori nucleari francesi resteranno chiusi e se Berlino ridurrà le esportazioni di elettricità a gas a causa della guerra in Ucraina.

In estate la Svizzera, torre d’acqua d’Europa con centinaia di centrali idroelettriche, esporta elettricità, ma in inverno è il contrario. Di solito non è un problema, ma dallo scoppio della guerra in Ucraina il gas russo non arriva più in Europa. Dato che non dispone di riserve sul proprio territorio, il Paese importa elettricità in inverno dalla Germania, che quest’anno sta affrontando una riduzione delle forniture di Mosca. “L’altro problema è che in Francia metà delle centrali nucleari sono chiuse” a causa di problemi di corrosione, ha dichiarato all’AFP Stéphane Genoud, professore di gestione dell’energia presso l’università HES-SO. Una combinazione di fattori che fa temere una carenza di elettricità.

Il lancio, all’inizio di settembre, di una potente centrale idroelettrica a pompaggio a Finhaut-Emosson, vicino al Monte Bianco nelle Alpi svizzere, a 600 metri di profondità e a 1.700 metri di altitudine, non cambierà radicalmente la situazione. In una diga di stoccaggio convenzionale, una volta svuotato il lago, la produzione si ferma. In questa centrale (chiamata Nant De Drance) non c’è nulla di tutto ciò. Situato tra due dighe a diverse altitudini, sfrutta gli episodi di sovrapproduzione sulla rete elettrica grazie all’energia eolica o solare per pompare l’acqua dal bacino inferiore a quello superiore. Quest’acqua viene rilasciata durante i periodi di elevata richiesta di elettricità. “È come un’enorme batteria. Possiamo rigenerare l’elettricità al momento giusto, durante i picchi giornalieri del mattino o della sera“, ha dichiarato all’AFP Robert Gleitz, della direzione di Alpiq, uno degli azionisti della centrale. La centrale “arriva in un momento opportuno e contribuirà ad accelerare la transizione energetica verso le energie rinnovabili, ha spiegato durante la visita all’impianto. Ma ha sottolineato che questo tipo di centrale può sostenere il mercato elettrico solo per brevi periodi, poiché non genera elettricità quando l’acqua viene restituita al bacino superiore. “Nella situazione attuale, è un utile complemento alla produzione di elettricità rinnovabile, che è ancora troppo bassa“, ha dichiarato all’AFP Nicolas Wüthrich dell’organizzazione Pro Natura. Come altre ONG, deplora il ritardo nella transizione energetica della Svizzera, anche se il Paese ha deciso di abbandonare gradualmente l’energia nucleare dopo l’incidente nucleare di Fukushima nel 2011.

Al 2020, la Svizzera aveva solo una quarantina di impianti eolici. Secondo Boris Salak, esperto dell’Istituto Federale di Ricerca per la Foresta, la Neve e il Paesaggio, sarebbero necessarie circa 750 turbine eoliche e pannelli solari su un terzo di tutti i tetti per raggiungere gli obiettivi della strategia energetica del governo per il 2050. Alla fine del 2021, anche prima della guerra in Ucraina, l’organizzazione Svizzera per l’alimentazione di emergenza aveva sottolineato che il rischio di una carenza di energia elettrica era già “elevato” nel Paese. Nei giorni scorsi, il governo ha invitato a non drammatizzare, assicurando di essere pronto a far fronte alla carenza di elettricità.

Il presidente della Commissione federale per l’energia elettrica, Werner Luginbühl, ha avvertito che ci sono da aspettarsi interruzioni di corrente di diverse ore. Gli svizzeri si affrettano a comprare generatori e pannelli solari per i balconi, mentre i partiti di sinistra invocano un’azione rapida. Alcuni, come l’economista Stéphane Garelli, si aspettano misure morbide per incoraggiare i cittadini a consumare meno elettricità. Stéphane Genoud ritiene probabile che Berna introduca misure più restrittive, come “quote per i grandi consumatori” di elettricità, come le grandi aziende, o tagli di corrente. Ma, spera, “se i francesi riusciranno a riavviare i reattori, se Putin non si metterà di mezzo e se non farà freddo, non ci saranno problemi di carenze o blackout“.

(Photo credits: Fabrice COFFRINI / AFP)