Pichetto: “Le e-car sono il futuro, ma ora diciamo no alla monocultura dell’elettrico”

Le e-car saranno sicuramente il futuro “tra 15-20 anni“, ma per il momento l’Italia dice “no alla monocultura dell’elettrico“. Parola di Gilberto Pichetto. Il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, ospite del panel sui cambiamenti climatici alla quinta edizione della ‘Venice Soft Power Conference‘, riprende la vecchia ‘battaglia‘ sulla neutralità tecnologica e annuncia una delle prime mosse che il governo intende portare avanti una volta che si sarà insediata la nuova Commissione Ue: “Chiederemo di iscrivere i biocarburanti nella tassonomia europea, allargando il loro uso oltre aviazione e marina“.

Il concetto base non cambia: “Per raggiungere i nostri ambiziosi obiettivi dobbiamo fare in modo che la politica climatica vada di pari passo con la nostra economia e la nostra società”, dunque anche l’Europa deve attivarsi per tenere insieme la tutela ambientale, i target climatici ma anche la sostenibilità per le tasche dei cittadini. Altrimenti “il rischio che si corre è di introdurre riforme e provvedimenti che rendano la transizione ecologica invisa all’opinione pubblica – avverte -. Che il cambiamento sia vissuto come un peso, un limite, non come un’opportunità”. Non a caso, sfruttare appieno le opportunità che arrivano dallo sviluppo della tecnologia è proprio la strada che Roma suggerisce a Bruxelles: “Non abbiamo bisogno di un’Europa proibizionista, ma di un’Europa innovativa che ponga le esigenze economiche, finanziarie e sociali dei suoi cittadini al centro del futuro approvvigionamento energetico”.

In questo senso non si può rinviare ancora la discussione su uno dei temi maggiormente divisivi nel dibattito pubblico e politico. “Sul nucleare il Parlamento si è espresso per andare avanti con ricerca e sperimentazione, ma tutte le forze politiche devono essere coscienti, e ancor di più lo devono essere i cittadini, perché ci sono stati due referendum sul tema, che senza questa tecnologia non ci sono altre forme di energia per raggiungere gli obiettivi”, sia energetici che ambientali.

Le sole fonti alternative non bastano è mantra ripetuto spesso da chi ha responsabilità di governo. Ma Pichetto coglie l’occasione per togliersi anche qualche sassolino dalle scarpe: “Il problema del consenso è fondamentale, anche se colgo qualche contraddizione in chi a Roma ci accusa di essere negazionisti e poi blocca le rinnovabili a livello locale dove governa”. Ogni riferimento al braccio di ferro con la Sardegna sulla legge per le aree idonee dove installare nuovi impianti, appare puramente voluto.

Nel discorso, molto articolato, che il ministro porta al tavolo della discussione a Venezia, c’è anche la necessità di cambiare approccio con i Paesi da cui oggi ci forniamo per gli approvvigionamenti energetici. Primo tra tutti l’Africa. L’Italia ha lanciato da tempo il Piano Mattei: “Il nostro Governo vuole invertire la rotta, puntando a un cambio di prospettiva per costruire con i nostri vicini della sponda Sud del Mediterraneo un rapporto partitario e non predatorio”, assicura Pichetto. Che allarga la riflessione: “Il Piano Mattei incarna una missione storica dell’Italia, che oggi si riprende con orgoglio il proprio spazio” nel Mediterraneo, dove “riveste un ruolo cruciale” anche come “ponte” con l’Europa.

Ma i vantaggi sono potenzialmente più ampi e importanti, per tutti. Perché “la diffusione delle rinnovabili in Nord Africa è un contributo essenziale alla transizione energetica, sia diminuendo le emissioni globali complessive sia fornendo energia pulita da esportare nell’Europa che ne ha bisogno”. La stagione politica è ripresa.

Commissione Ue, parte il toto-nomi in Italia. Ma prima va chiusa la partita dei ‘Top Jobs’

La partita europea entra già nel vivo. Chiuse le urne e completati i conteggi, il negoziato sembra avviato sulla linea di una possibile riconferma di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Ue, ma stavolta la maggioranza potrebbe allargarsi a Verdi e Ecr, quanto meno a nuclei della famiglia dei Conservatori europei. Dunque, anche la composizione della squadra di governo continentale potrebbe essere più ‘larga’ del previsto, nonostante le iniziali ritrosie dei Socialisti. Prima, però, vanno definiti i cosiddetti ‘Top Jobs‘, ovvero i ruoli di vertice: Presidenza di Commissione e Consiglio, alto rappresentante per la politica estera, per intenderci. L’Italia può dire la sua, forte del fatto che l’esecutivo – uno dei pochi nel Vecchio continente – non ha subito contraccolpi dal voto, anzi ne esce rafforzato, in particolar modo la premier, Giorgia Meloni.

Non sarà una fase facile, né veloce anche se i rumors sono indirizzati verso la soluzione dei negoziati entro il 18 luglio. In questo lasso di tempo dovranno essere scelte anche le figure dei commissari con la relativa assegnazione delle varie deleghe. Ed è qui che si fa più calda la situazione nel nostro Paese. L’Italia vorrebbe un ‘ministero’ di peso: le voci di corridoio dei palazzi della politica suggeriscono di tenere d’occhio le deleghe alla Concorrenza (sarebbe il vero obiettivo di Meloni), ma anche l’Agricoltura, il Mercato interno o addirittura l’Energia, che potrebbe chiudere il cerchio di quel Piano Mattei su cui Palazzo Chigi sta puntando molte delle sue fiches di politica estera. Difficile, ma non fantascienza, che al nostro Paese venga assegnata la Difesa, mentre potrebbe rivelarsi un boomerang accettare eventualmente la delega agli Affari interni, che in pancia porta la delicata questione dei flussi migratori, storicamente divisivo in Europa.

Una volta deciso chi farà cosa, allora si potrà passare alla fase dei nomi. Sebbene il pallottoliere stia già andando a mille dalle parti di Roma. Finora sono tre i ministri del governo Meloni che hanno pubblicamente fatto sapere di non essere disponibili: in primis Giancarlo Giorgetti, che ha ripetuto spesso (e volentieri) di preferire il campo italiano a quello europeo. Si chiama fuori dai giochi anche Adolfo Urso, che vuole completare il lavoro al Mimit: “Il Paese ha altre personalità che saranno sicuramente più adeguate del sottoscritto, io certo non posso mollare quello che faccio“. Out pure Antonio Tajani, che più chiaro non poteva essere: “Ritengo non si debba tornare dove si è lavorato per 30 anni“, aggiungendo che preferisce restare alla Farnesina.
Sul taccuino, dunque, resta Raffaele Fitto, che in questi due anni ha avuto stretti contatti con Bruxelles nel suo ruolo di ministro degli Affari Ue, della Coesione e del Pnrr. Ma nelle ultime ore sono circolate altre ipotesi, altrettanto valide, come quella di Roberto Cingolani, attuale ceo di Leonardo con un passato da ministro della Transizione ecologica nel governo di Mario Draghi. Sarebbe un ‘tecnico‘, certo, ma con esperienza istituzionale, che alle latitudini europee conta eccome come criterio per essere scelto. Ancora, della squadra dell’ex Bce potrebbe avere il phisique du role Vittorio Colao, che ha guidato una multinazionale come Vodafone e ha fatto il ministro dell’Innovazione e Transizione digitale.

I bene informati non escludono, però, colpi di scena. Come Maurizio Leo che, però, ha ‘solo‘ gli ultimi due anni da viceministro dell’Economia nel suo curriculum politico da poter spendere a Bruxelles, dove è preferibile avere personalità che abbiano ricoperto cariche di maggiore responsabilità, sebbene il Mef sia considerato un dicastero assolutamente ‘pesante‘. Nella ruota dei ‘papabili‘ restano comunque Gilberto Pichetto (Mase) e Guido Crosetto (Difesa), così come a mezza bocca è circolato il nome di Francesco Lollobrigida, attuale ministro dell’Agricoltura, forse la persona più vicina alla premier. Molto difficile che possa traslocare dal Masaf, ma in politica vige una sola regola: ‘nulla è impossibile.

Dl Aree idonee, Sardegna pronta allo scontro col governo. Mase sorpreso da Todde

Photo credit: staff Presidenza Regione Sardegna

 

Sulle aree idonee si apre una crepa tra governo e Regione Sardegna, capofila per la definizione dei criteri territoriali. Dopo l’incontro del 21 maggio scorso al ministero dell’Ambiente, tra Gilberto Pichetto e la governatrice, Alessandra Todde, la strada sembrava tutta in discesa. Invece la bozza che è finita sulla scrivania al piano nobile di viale Trento, a Cagliari, ha rotto l’equilibrio che si era creato. A certificarlo sono proprio le parole di Todde, che non usa giri di parole: “Mi sono sentita presa in giro, non personalmente ma come rappresentante della Sardegna“, perché “i presupposti su cui si poteva trovare un accordo non sono assolutamente rispondenti alla bozza che abbiamo visto“, dunque “è chiaro che adesso andremo al confronto diretto“. O per meglio dire, allo scontro.

Le tre istanze portate da Todde al Mase riguardavano, in primo luogo, il cosiddetto burden sharing, ovvero la quota di rinnovabili che la regione deve prendere in carico. “Abbiamo chiesto di decidere noi dove, perché abbiamo beni identitari da proteggere, territori agricoli vocati che dobbiamo difendere e anche un contesto paesaggistico che deve essere messo a fattor comune“. La seconda cosa richiesta è relativa ai parchi eolici offshore, “che potrebbero rientrare all’interno delle autorizzazioni: anche se sono acque internazionali, quindi oltre le 12 miglia, devono essere considerati 100% impattanti la Sardegna, perché incidono sulla nostra economia, sulla nostra pesca, sul turismo, su attività che sono nostre“. Nella bozza, invece, per il raggiungimento degli obiettivi di potenza l’intenzione è quella di tenere conto del “40% della potenza nominale degli impianti a fonti rinnovabili off-shore di nuova costruzione entrati in esercizio dal 1 gennaio 2021 fino al 31 dicembre dell’anno di riferimento le cui opere di connessione alla rete elettrica sono realizzate sul territorio della Regione o provincia autonoma“. Una proposta, quella dell’esecutivo, “inaccettabile” per la Sardegna.

Il terzo punto, infine, riguarda la crescita. “In questo momento abbiamo autorizzazioni che eccedono il limite di 6.2 posto fino al 2030 dal governo e dalla normativa europea e su quello abbiamo detto” all’esecutivo di “starne fuori – spiega –: noi dobbiamo decidere come vogliamo crescere dal punto di vista energetico, come organizzare il nostro territorio e organizzare la produzione di energia sulla base della nostra economia. Lo faremo con un piano energetico e con una crescita organica“.

Todde chiama in causa anche i parlamentari sardi, di ogni colore, chiedendo che antepongano le ragioni del territorio che rappresentano ai dettami di maggioranza e opposizione. L’appello, però, sembra non aver fatto breccia nel centrodestra. “A sentirmi presa in giro sono io. Come sarda, come parlamentare, come rappresentante delle istituzioni“, replica a stretto giro la vicecapogruppo di FdI al Senato, Antonella Zedda. La presidente, però, tira dritto e suoi suoi canali social scrive: “La Sardegna non si farà prendere in giro. In questo momento il nostro territorio è sotto attacco speculativo e noi riteniamo necessario difenderlo con ogni strumento possibile“.

Da fonti del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, però, trapela stupore per questo improvviso innalzamento dei toni: “Sul decreto Aree idonee le interlocuzioni sono proseguite informalmente anche nel fine settimana con spirito costruttivo. Sorprende quindi la posizione della presidente Todde“. Al Mase, comunque, “c’è fiducia che oggi, nel corso della Conferenza delle Regioni, il dialogo possa procedere in maniera serena e positiva al fine di giungere a una posizione condivisa“.

Sul piano tecnico, nella bozza presa in visione da GEA risulta tracciata “per ciascuna Regione e Provincia autonoma la traiettoria di conseguimento dell’obiettivo di potenza complessiva da traguardare al 2030“, che è di 80 GW. Così ripartito: per l’Abruzzo 2.092 MW al 2030; Basilicata 2.105; Calabria 3.173; Sardegna 6.264; Campania 3.976; Emilia-Romagna 6.330; Fvg 1.960; Lazio 4.757; Liguria 1.059; Lombardia 8.766; Marche 2.346; Molise 1.003; Piemonte 4.991; Puglia 7.387; Sicilia 10.485; Toscana 4.250; Umbria 1.756; Valle d’ Aosta 328; Veneto 5.828; la Provincia autonoma di Bolzano 515; e la Provincia autonoma di Trento 631.

Terna, ecco portale ‘Terra’: informazioni e stime in tempo reale per efficienza rete

Una base sostanziale per la programmazione territoriale efficiente e sostenibile”. Sono le parole che usa l’ad e direttrice generale di Terna, Giuseppina Di Foggia, presentando ufficialmente ‘Terra‘, il portale digitale (introdotto dall’ultimo decreto Energia), che sarà online dal prossimo 7 giugno con lo scopo di fornisce “informazioni trasparenti e accessibili sullo stato attuale e futuro degli impianti di rete e di accumulo, sulle richieste di connessione e sui vincoli ambientali, paesaggistici e culturali che ricadono sul territorio nazionale”, spiega la manager.

Acronimo di ‘Territorio, Reti, Rinnovabili e Accumuli’, il portale ha il suo cuore pulsante e operativo nel rinnovato Centro nazionale di controllo di Terna di via Palmiano, dove sono monitorati in tempo reale i flussi di energia che transitano nella rete di trasmissione nazionale e nelle interconnessioni con l’estero. Questo lavoro rientra nel percorso di transizione energetica, guidata dagli obiettivi di decarbonizzazione tracciati dal Piano nazionale integrato energia e clima, che prevedono oltre 70 GW di nuove rinnovabili. “Aggiungiamo un tassello tecnologico per la programmazione efficiente delle infrastrutture della rete elettrica, coordinate con lo sviluppo di impianti da fonti rinnovabili e sistemi di accumulo di energia”, commenta il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, presente alla presentazione del portale. “Sarà una marcia in più per sostenere la corsa a un Paese sempre più decarbonizzato e interconnesso, sia al suo interno che con l’estero”.

Al momento della sua attivazione online, nella piattaforma saranno disponibili le informazioni sullo stato delle richieste di connessione, che ammontano a circa 6.600 tra impianti rinnovabili, sistemi di accumulo e utenti di consumo con soluzione di connessione accettata dai proponenti, e sulla localizzazione geografica di circa 40mila impianti in esercizio. La tecnologia prevede anche mappe multilayer navigabili per osservare gli interventi di sviluppo necessari, quelli pianificati e le linee elettriche esistenti, l’anagrafica degli impianti già in esercizio e lo stato di avanzamento per le nuove iniziative di connessione.

I colleghi lavorano 24 ore al giorno, 7 giorni su 7 per garantire un equilibrio continuo e costante tra la domanda di chi usa non l’energia, quindi i consumatori, le persone, ma anche alle imprese”, continua Di Foggia. Che, per far comprendere la complessità delle operazioni gestite dal Centro nazionale di controllo, spiega: “In questo sito si gestiscono flussi che corrono lungo una rete di linee elettriche ad alta e altissima tensione di 75mila km, 900 centrali, 2.500 cabine primarie, 30 interconnessioni con l’estero. Parliamo – prosegue l’ad – di oltre 50 milioni di offerte di acquisto e vendita di energia”. Il punto di partenza è l’anno 2000, quando Terna gestiva all’incirca 800 centrali di rinnovabili, mentre oggi “sono circa 1,6 milioni” e dunque “ci sono oltre 275mila controlli automatici al minuto che occorrono”, dice ancora Di Foggia.

A Terra, ma soprattutto alle sue informazioni, avranno accesso il Mase, Arera, il ministero della Cultura, le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano, ma anche gli sviluppatori di impianti di produzione, accumulo e consumo. “Lo scopo del portale è favorire una ottimizzazione della programmazione, della localizzazione di tutte le infrastrutture del sistema energetico, mettendo a disposizione degli stakeholders, delle autorità e degli enti coinvolti, tutte le informazioni che noi in Terna abbiamo, sia quelle presenti che quelle in proiezione”, continua Di Foggia. Sottolineando che le informazioni sono elaborate “pensando a un futuro short term e long term” e riguardano “gli impianti di reti, ma anche quelli di accumulo e naturalmente le richieste di connessioni” oltre ai dati “che riguardano il nostro territorio, quindi vincoli idrogeologici e ambientali”. Con un unico, grande target: “Favorire e velocizzare tutte le attività di programmazione, soprattutto per la localizzazione delle infrastrutture”.

Il governo scioglie nodo fotovoltaico a terra: Solo su terreni agricoli non produttivi

Giorni di discussioni e oltre due ore di Consiglio dei ministri ma, alla fine, sul fotovoltaico a terra il governo trova la quadra. Non si potranno installare nuovi pannelli solari sui terreni agricoli produttivi, via libera invece su quelli non produttivi. Sì invece all’agrivoltaico e all’agrisolare anche sui terreni agricoli produttivi, perché permettono di continuare a coltivare.

L’articolo 5 del dl Agricoltura “è stato di grande interesse”, osserva Lollobrigida in conferenza stampa, ma assicura: “Con il collega Pichetto c’è stata grande serenità nell’approccio a questa problematica”. La norma di riferimento che interveniva sulla questione è del 2021 ed era, spiega, “di difficile applicazione“. Dopo tre anni, non si è riusciti ad avere una definizione di aree idonee, in un “costante rimpallo tra uffici“, racconta. Con il nuovo decreto “interveniamo, ponendo fine a quella che è installazione selvaggia di fotovoltaico a terra. Ovviamente con pragmatismo, salvaguardando alcune aree“.

Lo Stato considera preziosi i terreni agricoli produttivi. Se però si vogliono piantare a terra pannelli fotovoltaici, non l’agrisolare, non l’agrivoltaico, che permette di produrre energia compatibile con la produzione agricola, stai cambiando la destinazione d’uso di quel terreno e non riteniamo che questa prassi debba continuare”, avverte Lollobrigida. Per questo, il governo ha scelto di limitare ai terreni produttivi questo divieto. Non ci saranno problemi invece per le cave, le miniere, le aree in concessione alle ferrovie dello Stato, ai concessionari aeroportuali, le aree delle autostrade, industriali, le aree sulle quali già insistono impianti per rifacimento, modifica, revisione purché non comporti un incremento della superficie già utilizzata. “Andremo a contenere le norme che salvaguardano i fondi del Pnrr, che non vogliamo mettere in discussione in alcun modo“, mette in chiaro il ministro.

Si è ritenuto di salvaguardare tutto ciò che è inerente al Pnrr, quindi le Comunità energetiche. Nulla toglie al fatto che il Pniec rimanga lo stesso, con l’obiettivo di rinnovabili sul fronte solare di circa 30 gigawatt“, garantisce il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto.

Di “grande sintonia” continua a parlare Lollobrigida, che si riferisce al dl come a un provvedimento “straordinariamente importante”, che guarda al mondo dell’agricoltura, della pesca, con “l’attenzione garantita ai cittadini in fase pre-elettorale e che ci ha visti programmare una serie di iniziative per rispondere alle emergenze emerse nel tempo“.

Dopo anni in cui abbiamo chiesto l’emanazione del decreto aree idonee sul fotovoltaico a terra, arriva un giusto intervento per fermare le speculazioni dei grandi fondi di investimento che in molte aree del Paese sta mettendo in difficoltà la produzione agricola”, commenta Ettore Prandini, assicurando che Coldiretti continuerà a lavorare “nell’interesse di tutti gli agricoltori e dei cittadini”.

Via libera del Senato, il dl Energia è legge. Pichetto: “Italia più forte nelle sfide climatiche”

Con il via libera del Senato alla fiducia (97 sì, 74 contrari e 2 astenuti), il decreto Energia varato dal governo lo scorso mese di dicembre diventa legge. La Camera dei deputati, infatti, settimana scorsa aveva concesso il via libera al provvedimento, che spazia dall’approvvigionamento energetico all’eolico offshore, all’alluvione, la fine del mercato tutelato dell’elettricità, il deposito unico nazionale delle scorie radioattive.

Per Gilberto Pichetto, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, “oggi l’Italia è più forte nelle sfide climatiche”. Perché “il provvedimento accompagna le imprese nel loro percorso di decarbonizzazione, sviluppando tante filiere di energia rinnovabile che possono aiutarci al raggiungimento dei nostri obiettivi delineati dal Pniec”. Soddisfatto anche il responsabile del Mimit, Adolfo Urso: “E’ un significativo, importante passo in avanti verso la transizione verde delle nostre imprese. Un provvedimento che mira al rafforzamento del nostro sistema produttivo nell’affrontare la sfida della decarbonizzazione e dello sviluppo sostenibile. Questa è la strada giusta, indicata dal governo e condivisa dal Parlamento“, sottolinea il ministro delle Imprese e del Made in Italy. Di seguito alcune delle misure principali del testo.

RINNOVABILI – Accelerare gli investimenti in autoproduzione di energia rinnovabile nei settori a forte consumo di energia. E’ questo l’obiettivo della misura, che prevede fino al 31 dicembre 2030, nel caso di più istanze concorrenti per la concessione della stessa superficie pubblica, di attribuire una preferenza ai progetti di impianti fotovoltaici o eolici che possano soddisfare il fabbisogno energetico dei soggetti iscritti nell’elenco delle imprese a forte consumo di energia elettrica (imprese elettrivore), istituito presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali. Per questo, entro il prossimo 8 febbraio, il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica dovrà definire un meccanismo per lo sviluppo di nuova capacità di generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili da parte delle imprese elettrivore, tramite: nuovi impianti fotovoltaici, eolici e idroelettrici di potenza minima pari 200 KW ciascuno; impianti fotovoltaici, eolici e idroelettrici oggetto di potenziamento ovvero di rifacimento che consentano un incremento di potenza pari ad almeno 200 kW. Inoltre, alle imprese elettrivore è concesso di chiedere al Gse un’anticipazione per un periodo limitato di 36 mesi di una quota parte dell’energia rinnovabile e delle relative garanzie di origine, mediante la stipula di contratti per differenza a due vie.

ESENZIONI VIA – Sono previste semplificazioni che esentano dallo svolgimento della Valutazione di impatto ambientale e della verifica di assoggettabilità a Via di alcuni impianti da fonti rinnovabili e di stoccaggio in aeree idonee. Nello specifico: i progetti di impianti fotovoltaici con potenza complessiva sino a 30 MW, i progetti di impianti per lo stoccaggio dell’energia elettrica da fonti rinnovabili, i progetti di rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione di impianti fotovoltaici già esistenti sino a 50 MW, i progetti di repowering di impianti eolici già esistenti sino a 50 MW e i i progetti di impianti di produzione di energia rinnovabile offshore di potenza complessiva non superiore a 50 MW che ricadano nelle aree individuate dal Piano di gestione dello spazio marittimo, già sottoposti positivamente a Via. Nella stessa misura vengono elevate, rispettivamente, da 20 a 25 MW e da 10 a 12 MW le soglie di potenza superate le quali gli impianti fotovoltaici localizzati in aree idonee o altre specifiche zone sono sottoposti a Via o verifica di assoggettabilità a Via; e da 10 a 12 MW la soglia di potenza sotto la quale gli impianti fotovoltaici sono sottoposti a Procedura abilitativa semplificata, anziché ad autorizzazione unica.

ELECRICITY RELEASE – Viene riconosciuta, ai titolari dei contratti stipulati con il Gse in base alla disciplina del ‘Electricity release’, la facoltà di recesso senza penali e senza la regolazione delle differenze tra il prezzo di allocazione ed il prezzo medio di riferimento zonale maturati durante il periodo di vigenza contrattuale.

APPROVVIGIONAMENTI GAS NATURALE – Il Gestore servizi energetici viene confermato come soggetto responsabile ad avviare, su direttiva del ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, le procedure per l’approvvigionamento di lungo termine di gas naturale di produzione nazionale a prezzi ragionevoli. Viene anche confermata, seppur con alcune correzioni rispetto alla normativa esistente, l’ammissibilità in deroga al divieto delle attività upstream nell’alto Adriatico e nelle aree marine protette, delle concessioni di coltivazione di idrocarburi esistenti o nuove nel tratto di mare compreso tra il 45esimo parallelo Nord e il parallelo distante da quest’ultimo 40 chilometri a sud, a una distanza dalle linee di costa di almeno 9 miglia. Le condizioni di ammissibilità in deroga restano, invece, invariate: i giacimenti devono avere un potenziale minerario di gas con riserva certa superiore a 500 milioni di metri cubi; i titolari di concessioni esistenti o i soggetti richiedenti nuove concessioni devono aderire alle procedure per l’approvvigionamento di lungo termine, previa verifica preventiva dell’assenza di effetti di subsidenza, fermi rimanendo gli impegni che devono essere assunti in sede di manifestazione di interesse. Alle stesse condizioni, poi, è confermata anche la possibilità di coltivazione di gas naturale sulla base di nuove concessioni in zone di mare fra le 9 e le 12 miglia dalle linee di costa e dal perimetro esterno delle aree marine e costiere protette.

EOLICO OFFSHORE – E’ prevista l’individuazione, in almeno due porti del Mezzogiorno, dopo aver acquisito le manifestazioni di interesse presentate dalle Autorità di sistema portuale, delle aree demaniali marittime da destinare alla realizzazione di un Polo strategico nazionale nel settore della progettazione, produzione e assemblaggio di piattaforme galleggianti e delle infrastrutture elettriche funzionali allo sviluppo della cantieristica navale per la produzione di energia eolica in mare. Il cosiddetto eolico offshore. Il Mase potrà avvalersi del corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera per la regolamentazione dei movimenti delle unità in mare, il controllo del rispetto delle regole ambientali e la vigilanza ai fini della sicurezza della navigazione nelle aree demaniali marittime in cui sono realizzati parchi eolici galleggianti.

CONCESSIONI GEOTERMICHE – Prorogata al 31 dicembre 2026 il termine di durata delle concessioni geotermoelettriche in essere, con la precisa indicazione che la nuova gara va indetta due anni prima della scadenza, anziché tre. Il concessionario uscente può, entro il 30 giugno 2024, presentare un Piano pluriennale per la promozione degli investimenti. Inoltre, è prorogato al 31 dicembre 2027 il termine per l’entrata in esercizio degli impianti geotermoelettrici ammessi a beneficiare degli incentivi per le fonti rinnovabili elettriche.

MALTEMPO – Sono previsti contributi per la ricostruzione dei territori in Emilia-Romagna, Toscana e Marche interessati dalle alluvioni del maggio scorso. Sia per i danni subiti dai prodotti agricoli alimentari di particolare qualità, sia per la ricostruzione privata del patrimonio edilizio danneggiato. Le imprese agricole della Toscana che hanno subito danni, poi, possono accedere alle misure di indennizzo anche se non hanno sottoscritto polizze assicurative. Sempre per i territori della Toscana, per le aree di crisi industriale vengono stanziati 50 milioni di euro.

MERCATO ELETTRICO – Viene investito 1 milione di euro per svolgere campagne informative sulla fine del servizio di maggior tutela nel settore elettrico e il passaggio al mercato libero.

FONDO DI COMPENSAZIONE A REGIONI – Per incentivare le Regioni ad adottare misure per la decarbonizzazione e la promozione dello sviluppo sostenibile del territorio, l’accelerazione e la digitalizzazione degli iter autorizzativi degli impianti e delle infrastrutture di rete, viene istituito presso il Mase un fondo di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale, in cui confluisce una quota dei proventi delle aste delle quote di emissione di anidride carbonica: la dotazione è di 200 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2024 al 2032.

FONDO CLIMA – Viene rifinanziamento con 200 milioni di euro per il 2024 il Fondo italiano per il clima.

DEPOSITO RIFIUTI RADIOATTIVI – Viene modificata la disciplina per l’individuazione del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi da realizzare nell’ambito del Parco Tecnologico. In particolar modo per regolamentare un procedimento alternativo a quello attualmente previsto per l’individuazione del sito, che prevede la presentazione di autocandidature, sulla base delle quali viene predisposta una Carta nazionale delle aree autocandidate (Cnaa).

SEMPLIFICAZIONE VIA – Viene inserita la verifica di assoggettabilità a Valutazione di impatto ambientale (il cosiddetto screening di Via) degli interventi di modifica, anche sostanziale, per rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione di impianti di produzione di energia da fonti eoliche o solari. L’obiettivo della misura è accelerare i procedimenti autorizzativi degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e di conseguire il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e di indipendenza energetica.

RAEE FOTOVOLTAICI – Per ottimizzare la gestione dei Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche fotovoltaici, la norma stabilisce che il Gse svolge un’attività di monitoraggio relativa alle adesioni ai consorzi e ai sistemi collettivi, alle quantità di pannelli gestiti ovvero smaltiti; ai costi medi di adesione ai consorzi; nonché ai costi determinati dai sistemi collettivi di gestione dei RAEE riconosciuti.

EDILIZIA – Viene estesa da due anni a 30 mesi la proroga dei termini di inizio e di ultimazione dei lavori relativi ai permessi di costruire rilasciati o formatisi fino al 30 giugno 2024 (termine prorogato di sei mesi rispetto alla previsione del 31 dicembre 2023), a patto che i termini non siano già decorsi al momento della comunicazione dell’interessato di volersi avvalere della proroga e sempre che i titoli abilitativi non risultino in contrasto, al momento della comunicazione, con nuovi strumenti urbanistici approvati nonché con piani o provvedimenti di tutela dei beni culturali o del paesaggio.

SISMA 2016 – Viene facilitato l’accesso agli incentivi per la realizzazione di interventi sugli immobili danneggiati dal terremoto che ha colpito il Centro Italia nel 2016. La misura è prevista per interventi di efficientamento energetico e ricostruzione, riparazione e ripristino degli edifici pubblici, gli interventi volti ad assicurare la funzionalità dei servizi pubblici e quelli sui beni del patrimonio artistico e culturale.

PROVENTI ASTE ETS – Viene incremento di 150 milioni annui, a decorrere dal 2025, l’ammontare della parte dei proventi delle aste delle quote di emissione di gas serra destinata al Fondo per la transizione energetica nel settore industriale. Resta, però, invariata la quota di 300 milioni annui fino al 2024.

STOCCAGGIO CO2 – Per colmare alcune lacune della disciplina in materia di cattura e stoccaggio della Co2 (Carbon Capture and Storage-Ccs), e per perseguire gli obiettivi di decarbonizzazione
al 2030. In particolare vengono definiti i programmi sperimentali di stoccaggio geologico di Co2 e, in mancanza del piano aree idonee allo stoccaggio geologico di Co2 nei giacimenti di idrocarburi esauriti off-shore, il Mase può rilasciare licenze di esplorazione, autorizzazioni a svolgere programmi sperimentali di stoccaggio geologico di Co2 e autorizzazioni allo stoccaggio geologico di Co2.

RETE ELETTRICA – Entro il 7 giugno 2024, Terna, la società che gestisce la rete elettrica nazionale, dovrà realizzare un Portale digitale che consenta al Mase, al ministero della Cultura, all’Arera, alle Regioni e Provincie autonome e agli operatori interessati l’accesso a dati e informazioni sugli interventi di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale e sulle richieste di connessione. Inclusi quelli relativi alla localizzazione, degli interventi di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale (Rtn), nonché delle richieste di connessione alla medesima rete degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, dei sistemi di accumulo di energia e degli impianti di consumo; inoltre, le relazioni di monitoraggio sullo stato di avanzamento dei procedimenti di connessione alla rete elettrica di trasmissione nazionale in prospettiva del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e al 2050, predisposte da Terna. All’Arera è affidato, invece, il compito, su proposta di Terna, di disciplinare le modalità di funzionamento del Portale e la copertura dei costi.

SMART GRID – In via transitoria, fino al 31 dicembre 2026, viene applicata una semplificazione per la realizzazione delle cabine primarie e degli elettrodotti, senza limiti di estensione e fino a 30 kV, prevista nell’ambito di progetti di rafforzamento delle smart grid finanziati dal Pnrr, nonché per la realizzazione delle opere accessorie indispensabili all’attuazione di questi progetti.

TELERISCALDAMENTO E TELERAFFRESCAMENTO – Per favorire la realizzazione di nuovi sistemi di teleriscaldamento e teleraffrescamento efficiente o l’ammodernamento di quelli esistenti, sono destinate risorse pari a 96.718.200 euro per il 2023.

Cdm approva nuovo dl Energia da 27,4 miliardi. Non c’è la proroga del mercato tutelato

A pochi giorni dall’approvazione definitiva in Parlamento del decreto varato nello scorso mese di settembre, il Consiglio dei ministri vara un nuovo dl Energia. Avanti sulle rinnovabili e sulla decarbonizzazione delle aziende gasivore ed energivore. Avanti sull’approvvigionamento, con la norma che sblocca i rigassificatori di Gioia Tauro e Porto Empedocle. Non c’è la proroga del mercato tutelato, ma non è una novità: il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, lo aveva anticipato la scorsa settimana, parlando di uno spacchettamento degli utenti, in modo da tutelare i fragili.

Una scelta che fa saltare sulla sedia l’opposizione. “È davvero sconcertante l’atteggiamento di questo governo che, su un tema come il mercato tutelato, fa orecchie da mercante e gioca a scarica barile“, tuona Annalisa Corrado, responsabile Ambiente nella segreteria Pd. E annuncia una conferenza stampa sul tema al Nazareno con la segretaria Elly Schlein, Pierluigi Bersani, la capogruppo alla Camera, Chiara Braga, e Antonio Misiani. I deputati M5S in commissione Attività Produttive della Camera bollano la mancata proroga come “furia cieca verso le famiglie” e Luana Zanella, capogruppo di Avs a Montecitorio, avverte: “Famiglie e imprese si preparino al salasso voluto da una destra pericolosa e irresponsabile“.

Il titolare del dicastero di via Cristoforo Colombo rivendica però lo sforzo fatto per un decreto che definisce “molto variegato“, con una serie di misure riconducibili a “una solida e pragmatica visione energetica”. Si liberano, scandisce, “le grandi potenzialità del Paese“, per renderlo “riferimento nel Mediterraneo sulle rinnovabili“.

Il provvedimento vale 27,4 miliardi di investimenti: “Vogliamo sostenere famiglie e imprese, per renderle ancor più protagoniste di una transizione bilanciata e realistica”, spiega Pichetto.

C’è il sostegno all’eolico offshore nel Mezzogiorno, con l’individuazione di due porti del Sud per sviluppare investimenti nel settore, funzionali a ospitare piattaforme galleggianti, da individuare dopo le manifestazioni di interesse.

Si sostengono i settori produttivi impegnati nel percorso di decarbonizzazione, “fornendo ad esempio importanti risposte per migliaia di imprese a forte consumo di energia elettrica e gas“, afferma Pichetto. Al via anche un nuovo studio per valorizzare la filiera della cattura e stoccaggio di carbonio. Per accelerare sullo sviluppo delle rinnovabili verso gli obiettivi 2030, si spingono le Regioni a realizzare impianti fotovoltaici in aree idonee con un fondo per opere compensative. Il fondo, per Regioni e Province Autonome, ammonta a 350 milioni l’anno fino al 2032.

Il provvedimento adotta poi un sistema di incentivazione a installare impianti a fonti rinnovabili rivolto a circa 3.800 imprese a forte consumo di energia elettrica come quelle della chimica, del vetro e del tessile, che potranno vedersi anticipare dal GSE gli effetti della realizzazione di questi impianti, da restituire nei successivi venti anni.

Approviamo inoltre una norma per considerare di pubblica utilità, indifferibili e urgenti, le opere per la costruzione e l’esercizio di terminali di rigassificazione di gas naturale liquido on-shore, nonché le infrastrutture connesse: una norma importante per impianti come Porto Empedocle e Gioia Tauro“, precisa. Avanti anche sul geotermoelettrico e sul bioetanolo, sul teleriscaldamento.

Un portale digitale raccoglierà dati e informazioni sullo sviluppo della rete elettrica nazionale. Gli enti territoriali potranno infine autocandidarsi a ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. “Un passo necessario – insiste il ministro – per accelerare i tempi di individuazione di un’area di cui il Paese ha forte bisogno”.

Pnrr, Mase: Da Corte dei Conti via libera agrivoltaico e smart grid

Via libera della Corte dei Conti a due linee strategiche del Pnrr gestite dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica: l’agrivoltaico e lo sviluppo delle smart-grids. La magistratura contabile “ha riconosciuto pienamente la correttezza e la puntualità” dell’operato del Mase sui due diversi investimenti, rivendica il ministero. Gli investimenti mirano in un caso a migliorare la resilienza delle reti elettriche e, nell’altro, a incrementare la sostenibilità, la transizione green e l’efficienza energetica del comparto agricolo italiano.
Un “segnale importante per il ministro Gilberto Pichetto, che ricorda anche l’“ottimo risultato” raggiunto con l’Europa nel negoziato sulla terza e quarta rata del Piano. Ieri la cabina di regia convocata dal ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, ha trovato l’accordo con la Commissione per sbloccare la terza rata, spostando l’obiettivo sui posti letto per studenti universitari alla quarta rata senza modificare l’importo dei 35 miliardi delle due rate, che l’Italia potrà riscuotere per intero.
Il nostro dovere è spendere le risorse per raggiungere gli obiettivi“, si giustifica Pichetto. “Lo stiamo facendo con grande impegno, rispettando la tabella di marcia su tutti gli interventi di competenza del Ministero”.

L’indagine della Corte conferma di non riscontrare ritardi o criticità nel percorso di pieno raggiungimento dei traguardi per gli interventi del dicastero di Via Cristoforo Colombo per migliorare la resilienza delle reti elettriche di distribuzione a eventi metereologici estremi e per le manifestazioni di interesse sull’aumento della resilienza nella rete di trasmissione di energia in alta e altissima tensione per l’intero territorio nazionale.

Analogo giudizio positivo per confermare la corretta procedura del Mase sulla realizzazione di nuovi impianti agrivoltaici anche di natura sperimentale. L’investimento, gestito in stretta collaborazione con Gse e Crea, mira ad incentivare l’ammodernamento tecnologico e la riconversione del processo produttivo in chiave di sostenibilità ambientale, sia delle realtà economiche agricole che zootecniche.

Case Green, Meloni affila le armi: “Scelta irragionevole, ci batteremo”

La battaglia in Europa sulle Case Green si farà. Lo giura Giorgia Meloni, che affila le armi alla Camera. Durante i negoziati in Consiglio, l’Italia era riuscita a ottenere una revisione delle tempistiche per l’adeguamento delle prestazioni energetiche degli edifici, per rendere la transizione più graduale e garantire possibilità di esenzione per alcune categorie. L’Europarlamento però “ha ritenuto di inasprire ulteriormente il testo iniziale e questa scelta che consideriamo irragionevole, mossa da un approccio ideologico, impone al governo di continuare a battersi per difendere gli interessi dei cittadini e della nazione”, assicura la premier, rispondendo al Question Time. Gli obiettivi temporali della direttiva europea “non sono raggiungibili dall’Italia“, rileva la leader di Fdi. Il patrimonio immobilitare del nostro Paese, osserva, è inserito in un contesto molto diverso dagli altri Stati membri per ragioni storiche, di conformazione geografica, “oltre che per una praticata visione della casa come bene-rifugio delle famiglie“.

Ammantarsi di ideali è bello, commenta il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, che fa notare come in Italia ci siano 31 milioni di case cui quasi la metà, 15 milioni, sono oggetto di classificazione: “Anche se molte sono escluse perché sotto i 100 metri quadrati, vincolate o per altri motivi, le abitazioni da portare in classe F al 2030 sarebbero comunque circa 5,1 milioni e quelle da portare in classe D al 2033 ammonterebbero a 11,1 milioni“. Per questo chiede di procedere per gradi e questo percorso va valutato a suo avviso dagli Stati nazionali: “Se con il Superbonus, spendendo 110 miliardi, siamo riusciti a intervenire su 360 mila immobili, quanto servirebbe per intervenire entro il 2030 su quasi 15 milioni di unità immobiliari? Si tratterebbe di cifre astronomiche che non possono permettersi né lo Stato né le famiglie italiane“. Questi costi, spiega infatti, sarebbero “caricati sullo Stato o sulle famiglie, in questo caso peserebbero sulle famiglie meno abbienti, quelle in difficoltà”. Ecco perché il responsabile del Mase sottolinea: “E’ una valutazione di razionalità”. A livello europeo “c’è un plenum aperto e c’è una posizione al Consiglio energia di fine ottobre, in cui avevo detto che si potevano prevedere step di controllo al 2033 e al 2040. La posizione di Parlamento e Commissione Ue, invece, non è quella di consentire step ma di un obbligo, addirittura un obbligo individuale. Lo faremo presente a livello europeo, poi essendo la direttiva valuteremo come comportarci”, fa sapere.

Il rischio, per il capogruppo di FI alla Camera, Alessandro Cattaneo, è che crolli l’intero mercato immobiliare:Non possiamo costringere otto milioni di famiglie a sostenere interventi costosi in tempi brevissimi, inapplicabili e irragionevoli“, insiste. La destra è troppo allarmista per il Pd e “continua a negare l’urgenza di affrontare la crisi climatica”: “La direttiva europea per le ‘Case green’ non è un inutile e costoso orpello a danno di inquilini e proprietari, ma il contributo necessario e doveroso di tutti i cittadini per difendere l’ambiente, ridurre le bollette e gli sprechi energetici”, scandisce Chiara Braga, deputata Dem e Segretaria di Presidenza della Camera dei Deputati.Un obiettivo sacrosanto, tanto più in un Paese come il nostro – rileva – che conta 6 milioni di poveri energetici e che ha il patrimonio edilizio più energivoro d’Europa“. Meloni “dimostra ancora una volta di non sapere di cosa parla” per il vicecapogruppo M5s a Montecitorio, Agostino Santillo. Richiama il Superbonus, quella misura che, rivendica, “è l’unica vera soluzione per avviare il percorso della direttiva: lo capirebbe anche un bambino, e l’Italia la aveva già. Anzi, con il 110% si può dire che l’Italia ha tracciato la strada in Europa. Però quella stessa misura ha pagato un peccato originale: è stata ideata dal M5s. Pertanto la Meloni, guidata da ignavia e sete di consenso, l’ha voluta demolire insieme al sodale Giorgetti, che da mesi farnetica su buchi di bilancio inesistenti“. Meloni però non incassa e parla di emergenze e priorità: “La norma ha generato oneri finanziari privi di copertura per decine di miliardi di euro, è state pagata anche da chi non ha ristrutturato casa e perfino da chi una casa non ce l’ha, per efficientare forse il 4% del patrimonio italiano“, denuncia la premier. Poi affonda: “Il Superbonus ha consentito la proliferazione di un mercato opaco e non governato di circolazione dei crediti fiscali a tutto vantaggio non delle imprese che quegli interventi avevano realizzato e per le quali oggi reclamano il pagamento, ma dei vari intermediari anche finanziari intervenuti a raccogliere questi crediti con un prezzo a sconto sul valore nominale, lucrando sul differenziale poi portato all’incasso con l’erario”.

Meloni rivendica il ‘pit stop’ Ue sul blocco alle auto a diesel e benzina dal 2035: “Successo italiano”

L’Europa fa un ‘pit stop’ di riflessione sul blocco alla produzione di motori endotermici dal 2035. La notizia fa tirare un sospiro di sollievo all’Italia, che in queste settimane ha messo in campo un’azione politica importante per chiedere flessibilità per evitare contraccolpi pericolosi al sistema industriale nazionale (e continentale), che sarebbe poi inevitabilmente ricaduto sul tessuto sociale del nostro Paese. “Il rinvio, a data da destinarsi, del voto alla riunione degli ambasciatori Ue sul Regolamento che prevede lo stop dal 2035 alla vendita di Auto nuove diesel e benzina è un successo italiano”, rivendica la premier, Giorgia Meloni.

Che sui suoi canali social sottolinea: “La posizione del nostro governo è chiara: una transizione sostenibile ed equa deve essere pianificata e condotta con attenzione, per evitare ripercussioni negative sotto l’aspetto produttivo e occupazionale”. Ecco perché “la decisione del Coreper di tornare sulla questione a tempo debito va esattamente nella direzione di neutralità tecnologica da noi indicata”. La presidente del Consiglio pianta anche un altro paletto quando scrive che è “giusto puntare a zero emissioni di Co2 nel minor tempo possibile, ma deve essere lasciata la libertà agli Stati di percorrere la strada che reputano più efficace e sostenibile”. A suo modo di vedere “questo vuol dire non chiudere a priori il percorso verso tecnologie pulite diverse dall’elettrico”. E la linea dell’Italia, specifica Meloni, ha “trovato largo consenso in Europa.

Soddisfatto anche il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, secondo cui il rinvio “tiene giustamente conto di una forte resistenza di alcuni Paesi europei, con l’Italia in prima fila, a un’impostazione del Regolamento troppo ideologica e poco concreta”. Per il responsabile del Mase la posizione di Roma è “molto chiara: l’elettrico non può essere l’unica soluzione del futuro, tanto più se continuerà, come è oggi, ad essere una filiera per pochi”. Meglio “puntare inoltre sui carburanti rinnovabili – argomenta Pichetto – è una soluzione strategica e altrettanto pulita, che consente di raggiungere importanti risultati ambientali evitando pesanti ripercussioni negative in chiave occupazionale e produttiva”. La decarbonizzazione dei trasporti, comunque, “resta obiettivo prioritario – aggiunge il responsabile del Mise – e deve tenere conto delle peculiarità nazionali e di tempistiche compatibili con lo sviluppo del settore dell’automotive”. Ma “una transizione sostenibile non è compatibile con la fissazione di una data secca al 2035”.

Esulta su Twitter il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso: “L’Italia ha svegliato l’Europa. Mi auguro che ora ci sia una riflessione comune per una competitività sostenibile anche nel settore automotive”. Anche perché nel passaggio all’elettrico tout court il rischio è quello di trovarci in “una peggiore e più grave subordinazione alle materie critiche, che sono appannaggio della Cina e dei suoi alleati”. Una preoccupazione, dice, condivisa anche dal ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, in visita venerdì a Roma.

Sul piano politico chi rivendica con forza questo risultato è la Lega, con il suo segretario, nonché vicepremier, Matteo Salvini. “E’ stata ascoltata la voce di milioni di italiani e il nostro governo ha dimostrato di offrire argomenti di buonsenso sui tavoli internazionali, a difesa della nostra storia e del nostro lavoro – afferma -. La strada è ancora lunga ma non ci svenderemo alla Cina”. Il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, intanto, continua “l’azione diplomatica a difesa dei lavoratori e delle imprese italiane ed europee”, riferisce una nota del Mit. Informando di una telefonata con il collega della Repubblica Ceca, Martin Kupka: “Praga condivide le preoccupazioni italiane sui Regolamenti Co2 auto, veicoli pesanti e direttiva Euro7 e intende promuovere un’iniziativa di Paesi ‘like-minded’ in difesa della neutralità tecnologica”.

Posizione netta è anche quella degli industriali. Per Carlo Bonomi, infatti, lo stop alle auto a motore endotermico dal 2035 “non mi convince, viene meno lo spirito iniziale dell’Europa sulla transizione che era quello della neutralità tecnologica“. Secondo il presidente di Confindustria “portava ad uno spiazzamento delle industrie europee a favore di quelle asiatiche“. Dunque, “saremmo diventati importatori netti lasciando un’Asia monopolista e a decidere i prezzi: si chiama effetto Cuba, quando le classi medie non hanno soldi per comprare una tecnologia che costa molto e non c’è ricambio del parco auto“.