nave grano

Le conseguenze della guerra: nodo del grano al G20, il tempo stringe

E’ la guerra in Ucraina il convitato di pietra del G20. Di tutte le sue ripercussioni, in ogni loro sfaccettatura, i leader si troveranno a discutere a Bali, in Indonesia, nella due giorni più attesa. Oltre alla crisi energetica, alla sicurezza e all’inflazione galoppante, torna lo spettro della carestia. Perché tra soli cinque giorni scadrà l’accordo sui corridoi sicuri per il trasporto del grano e l’Africa, provata, trema ancora. Il 19 novembre è alle porte e, per ora, la Russia continua a negare la proroga.
E’ “essenziale per la sicurezza alimentare mondiale“, ricorda il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres. “L’iniziativa per i cereali del Mar Nero e gli sforzi per garantire che i prodotti alimentari e i fertilizzanti russi possano fluire verso i mercati mondiali sono indispensabili per la sicurezza alimentare globale“, avverte, chiedendo “un’azione urgente per scongiurare la fame in un numero crescente di luoghi nel mondo”.

L’accordo, siglato il 22 luglio a Istanbul sotto l’egida delle Nazioni Unite e della Turchia, è stato fondamentale, finora, per evitare nuovi aumenti dei prezzi e risparmiare la fame a milioni di persone. Oltre 10 milioni sono state le tonnellate di cereali e prodotti alimentari sbloccate e partite dall’Ucraina grazie ai corridoi.
Venerdì le Nazioni Unite e i funzionari di Mosca hanno discusso dello stato delle esportazioni dei fertilizzanti dalla Russia, necessari per combattere la crisi alimentare. Senza troppo successo, anche se, grazie al Programma Alimentare Mondiale, i Paesi Bassi hanno permesso una spedizione di 20mila tonnellate per il Malawi. Poco, troppo poco per le necessità del continente.

Il mondo non può permettersi di lasciare che i problemi globali di accessibilità ai fertilizzanti diventino una carenza alimentare globale“, scrive l’Onu in una nota, dopo l’incontro tra la segretaria generale per il Commercio e lo Sviluppo, Rebeca Grynspan, il capo dell’agenzia umanitaria, Martin Griffiths, e il vice ministro degli Esteri russo Sergey Vershinin. Le discussioni, assicurano le Nazioni Unite, sono state “costruttive”

L’esercito Usa avverte: I cambiamenti climatici aumentano i rischi di conflitti

Oltre alle sofferenze che il riscaldamento globale infligge alle persone, le forze armate statunitensi considerano il cambiamento climatico un fattore che aumenta il rischio di conflitti in tutto il mondo. “L’aumento delle temperature, il cambiamento dei modelli di precipitazione e gli eventi meteorologici più frequenti, estremi e imprevedibili dovuti al cambiamento climatico stanno esacerbando i rischi per la sicurezza esistenti e creando nuove sfide”, ha scritto il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, in un rapporto sugli sforzi del Pentagono per adattarsi al riscaldamento globale.

Il cambiamento climatico, che è al centro delle discussioni della COP27, “pone maggiori esigenze alle forze armate negli Stati Uniti e in tutto il mondo – ha aggiunto – Allo stesso tempo, ciò influisce sulla prontezza dei soldati e impone costi insostenibili al Dipartimento della Difesa”. Morgan Higman, del Center for Strategic and International Studies, ha spiegato che la risposta al cambiamento climatico sta già producendo tensioni e i suoi effetti fisici “creeranno le condizioni potenziali per un conflitto in patria e tra i Paesi”. Mentre la siccità riduce le scorte di cibo e acqua, creando disparità e allontanando le persone dalle aree più colpite, gli Stati Uniti “tengono d’occhio” il potenziale di conflitto dovuto alla scarsità di risorse, afferma Gregory Pollock, responsabile del Pentagono per la resilienza ai cambiamenti climatici.

L’aumento delle migrazioni “ha il potenziale di destabilizzare molte parti del mondo”, ha spiegato, osservando anche che lo scioglimento dei ghiacciai nell’Artico apre nuove opportunità di risorse e di influenza per i Paesi della regione, una potenziale fonte di instabilità. “La nostra preoccupazione è che questo possa cambiare la sicurezza di questa parte del mondo“, ha aggiunto Pollock. “L’Artico è sempre stata una regione pacifica. Vogliamo che rimanga così”.

Oltre all’aumento dei rischi di conflitto, le forze armate statunitensi devono affrontare le sfide poste da uragani e inondazioni che colpiscono direttamente le basi americane, mentre l’aumento delle catastrofi naturali sta ulteriormente mobilitando l’esercito Usa per intervenire in soccorso. Tre basi statunitensi hanno subito danni per 9 miliardi di dollari a causa degli uragani e delle inondazioni che hanno colpito il Paese nel 2018 e nel 2019, e diversi siti militari chiave degli Stati Uniti in tutto il mondo “potrebbero essere colpiti da fattori legati al cambiamento climatico, come l’erosione delle coste, le inondazioni o l’aumento della frequenza di uragani o cicloni”.

Il Pentagono riconosce che i soldati dovranno anche imparare a combattere in condizioni più difficili, un fattore che potrebbe richiedere un addestramento e un equipaggiamento diversi. L’esercito americano sta “preparando forze in grado di operare nelle condizioni atmosferiche e sul terreno più difficili”, si legge nel rapporto del Dipartimento della Difesa. Sta “rivedendo e rivalutando i suoi programmi di prova e di addestramento, le attrezzature, le esercitazioni e le acquisizioni” per tenere conto del cambiamento climatico.

Draghi ringrazia i suoi ministri: Avete servito i cittadini al meglio

Voglio ringraziare tutti voi per il lavoro che avete svolto in questo anno e mezzo. Avete fronteggiato una pandemia, una crisi economica, una crisi energetica, il ritorno della guerra in Europa. Avete organizzato la campagna vaccinale, scritto e avviato il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, approvato un numero enorme di misure di sostegno economico. Dall’organizzazione dei vertici G20 al sostegno immediato e convinto all’Ucraina, avete reso l’Italia protagonista in Europa e nel mondo. Il merito è del vostro entusiasmo, della vostra professionalità, del vostro spirito di collaborazione – tra voi, con gli altri organi dello Stato, con gli enti territoriali“. Lo dice il presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel discorso tenuto oggi in Cdm, rivolto ai suoi ministri. “L’unità nazionale è, per forza di cose, un’esperienza eccezionale, che avviene soltanto nei momenti di crisi profonda. Mantenerla, come avete fatto, per molti mesi, richiede maturità, senso dello Stato, e anche un bel po’ di pazienza. I cittadini si aspettavano molto da voi. E voi li avete serviti al meglio – aggiunge -. Potete essere orgogliosi di quanto fatto, dei risultati che avete raggiunto, dei progetti che avete avviato e che altri sapranno completare“.

Tra qualche settimana, su questi banchi siederà il nuovo esecutivo, espressione del risultato delle elezioni che si sono appena tenute”, continua Draghi. Che conclude: “Vi rinnovo l’invito ad agevolare una transizione ordinata, che permetta a chi verrà di mettersi al lavoro da subito. Lo dobbiamo alle istituzioni di cui abbiamo fatto parte, ma soprattutto lo dobbiamo ai cittadini. I governi passano, l’Italia resta“.

Nel corso della riunione, il Consiglio dei ministri ha approvato il Documento programmatico di bilancio per il 2023. In linea con l’approvazione della Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, che si limita all’analisi delle tendenze in corso e alle previsioni tendenziali per l’economia e la finanza pubblica italiane, il Dpb include le principali linee di intervento a legislazione vigente e i relativi effetti sugli indicatori macroeconomici e di finanza pubblica per il prossimo anno.

Firmato accordo Kiev-Mosca per sblocco grano, Onu e Turchia garanti

Mosca e Kiev firmano a Istanbul l’accordo per lo sblocco di circa 25 milioni di tonnellate di grano e cereali, bloccati da mesi nei porti del Mar Nero a causa della guerra scatenata dalla Russia in Ucraina. L’intesa, duramente negoziata da aprile, arriva a cinque mesi dall’inizio del conflitto e porta la firma del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, dei ministri della Difesa turco e russo, Hulusi Akar e Sergei Shoigu, e del ministro delle Infrastrutture ucraino, Oleksandr Kubrakov.

Si tratta di due testi perfettamente identici ma separati, su richiesta proprio degli ucraini, che si sono rifiutati di siglare qualsiasi documento con i russi. Con l’intesa raggiunta grazie alla mediazione di Ankara, e il sostegno di tutta la comunità internazionale, si risolve una situazione che rischia pericolosamente di creare una crisi alimentare a livello mondiale.

L’accordo prevede un centro di coordinamento a Istanbul gestito da delegati delle parti coinvolte: un rappresentante ucraino, uno russo, uno turco e uno delle Nazioni Unite, assistiti dai rispettivi team. Questa ‘cabina di regia’, secondo Guterres, sarà costituita entro pochi giorni e sarà responsabile della programmazione della rotazione delle navi nel Mar Nero. “Non posso darvi una data precisa. Ma al massimo tra quindici giorni“, ha fatto sapere il segretario generale. Inoltre, ci saranno ispezioni (in mare) delle navi che trasportano il grano alla partenza e all’arrivo in Turchia, come richiesto da Mosca, per garantire che non vengano contemporaneamente consegnate armi all’Ucraina. Altro punto è la garanzia di un corridoio di navigazione sicuro attraverso il Mar Nero, libero da attività militari.

Le navi partiranno da tre porti ucraini: Odessa, Pivdenny (Yuzhne) e Chornomorsk, e i ‘piloti ucraini’ apriranno la strada alle navi da carico nelle acque territoriali.

L’accordo è valido per 120 giorni. Le circa 25 milioni di tonnellate di grano attualmente ferme nei silos dei porti ucraini, saranno portate a destinazione con cadenza di otto milioni di tonnellate al mese, dunque quattro mesi dovrebbero essere sufficiente a smaltire le scorte, anche se praticamente a ridosso del nuovo raccolto. È stato poi raggiunto un’intesa per facilitare l’esportazione di prodotti agricoli e fertilizzanti russi, su richiesta di Mosca, che voleva proteggerli dalle sanzioni occidentali. Conditio sine qua non del Cremlino per dare il via libera al documento. Nel dossier c’è anche il capitolo dedicato allo sminamento delle acque che proteggono i porti, operazione per la quale la Turchia si è offerta di dare il proprio contributo come soggetto terzo, “se necessario“.

La notizia, ovviamente, ha fatto il giro del mondo. “Milioni di tonnellate di grano disperatamente necessarie bloccate dalla guerra russa lasceranno finalmente il Mar Nero per aiutare a sfamare le persone in tutto il mondo“, twitta la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che ringrazia Guterres per gli “instancabili sforzi” profusi nella trattativa. Breve ma incisivo il commento di Paolo Gentiloni: “Finalmente una buona notizia“. Anche per l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, “l’accordo di Istanbul è un passo nella giusta direzione, chiediamo la sua rapida attuazione“.

In Italia è il premier, Mario Draghi, a far sentire la sua voce: “Un’ottima notizia per tutta la comunità internazionale“, dichiara in una nota. Sottolineando che “lo sblocco è essenziale per permettere a questi carichi di raggiungere i cittadini di molti Paesi a medio e basso reddito e evitare una crisi alimentare mondiale“. Avvertendo, allo stesso tempo, che “il successo di questo piano dipenderà dalla rapida e piena attuazione” delle intese. Auspicando che siano “un primo passo verso concrete prospettive di pace” ma “in termini accettabili per l’Ucraina“.

Kiev, però, continua a credere poco nelle buone intenzioni della Russia. “Contiamo sull’Onu per l’attuazione dell’accordo per le esportazioni, perché di Mosca “non ci si può fidare della Russia“. Il ministro della Difesa di Putin, però, assicura: “Non approfitteremo del fatto che questi porti ucraini siano stati liberati dalle mine e aperti, abbiamo preso l’impegno“. La situazione, dunque, resta sempre complicata, ma il passo avanti di oggi fa tirare almeno un piccolo sospiro di sollievo. Senza illusioni, la convinzione generale è che la strada sia ancora molto lunga prima che le armi finalmente tacciano.

Albania

Le armi della seconda Guerra Mondiale inquinano i fondali albanesi

Ai piedi di una scogliera nella baia di Valona, uno dei luoghi più belli della Riviera albanese, le munizioni della Seconda guerra mondiale arrugginiscono in fondo al mare, inquinando le acque cristalline dell’Adriatico. Per mettere in sicurezza l’area, i sommozzatori francesi e albanesi stanno cercando vecchie granate e razzi nell’ambito di una missione congiunta. “È uno sforzo congiunto con la marina albanese, che conosce il sito meglio di noi“, ha dichiarato il capitano Aymeric Barazer de Lannurien, comandante del gruppo francese di sommozzatori per lo sminamento nel Mediterraneo. “Stiamo intervenendo per collaborare con loro in questa missione di bonifica e messa in sicurezza del sito”.

I sommozzatori “cercano munizioni e, man mano che procedono, le munizioni che trovano vengono portate sulla spiaggia per essere prese in carico dall’esercito albanese“, spiega il capitano Barazer di Lannurien. Il risultato dell’operazione è impressionante. In meno di due ore, hanno raccolto 85 munizioni arrugginite, probabilmente armi italiane gettate in mare più di 70 anni fa, ha detto il capitano albanese Ilirian Kristo, che ha spiegato che le immersioni sono il suo “lavoro” ma anche la sua “passione“.

L’Albania fu occupata successivamente dall’Italia e dalla Germania tra l’aprile 1939 e il novembre 1944. “Abbiamo trovato mortai, proiettili di diverso calibro, da 20 millimetri a 155 mm“, ha dichiarato un sommozzatore francese che non può essere nominato a causa delle regole navali. Nel 2021, una precedente missione congiunta franco-albanese ha permesso agli specialisti di recuperare 310 oggetti risalenti alla Seconda Guerra Mondiale.

Si trattava soprattutto di proiettili d’artiglieria, ha detto il capitano Barazer de Lannurien. Ma “avevamo trovato una o due granate che si trovavano sul fondo tra le rocce, facilmente accessibili alla popolazione e che potevano essere pericolose per gli utenti del mare“, ricorda. Sebbene non esistano stime ufficiali sulla quantità di munizioni sommerse, gli esperti ritengono che ci siano almeno 20 relitti del conflitto nel Mar Adriatico e nel Mar Ionio, teatro di combattimenti durante la Seconda guerra mondiale.

(Photo credits: AFP STORY BY BRISEIDA MEMA)

Ucraina, Guterres: “A Istanbul progressi sostanziali per grano”

Per la prima volta in tre mesi, Mosca e Kiev si incontrano a Istanbul per cercare di sbloccare le esportazioni di grano dai porti ucraini.

Le delegazioni militari dei due paesi si sono parlate per tre ore. Un “raggio di speranza“, secondo il segretario generale delle Nazioni Unite, Antònio Guterres, che in tarda serata, rivolgendosi ai media, ha parlato di “progressi davvero sostanziali e fatto riferimento a un accordo formale che potrebbe arrivare presto anche se, ha precisato, “non ci siamo ancora“. Servirà un ulteriore lavoro tecnico.

Abbiamo assistito a un importante passo avanti per garantire l’esportazione sicura di prodotti alimentari ucraini attraverso il Mar Nero“, ha spiegato il capo dell’Onu. “Abbiamo un raggio di speranza per alleviare la sofferenza umana e la fame nel mondo. Un raggio di speranza per sostenere i Paesi in via di sviluppo e le persone più vulnerabili, un raggio di speranza per portare un po’ di necessaria stabilità al sistema alimentare globale“, ha scandito. Davanti alla “molta buona volontà” e all’ “impegno” dimostrati dalle parti, Guterres si è detto pronto a interrompere le sue imminenti vacanze per recarsi in Turchia e finalizzare l’accordo.

Circa 20 milioni di tonnellate di grano sono bloccate nei porti della regione di Odessa, nell’Ucraina meridionale, a causa dell’invasione russa iniziata il 24 febbraio, i colloqui di Istanbul avevano lo scopo di stabilire corridoi di navigazione sicuri per portarli fuori.

L’Ucraina è uno dei principali esportatori mondiali di grano e altri cereali, il tempo sta per scadere mentre l’aumento dei prezzi alimentari globali minaccia una nuova carestia, in particolare in Africa.

Secondo il Ministero della Difesa russo, Mosca “ha preparato e presentato una serie di proposte per una rapida risposta pratica al problema“. Martedì il Cremlino ha ribadito la richiesta di “controllo e perquisizione delle navi per evitare il contrabbando di armi e l’impegno di Kiev a non organizzare provocazioni“. La Russia chiede che l’Ucraina liberi i suoi porti, ipotesi che quest’ultima rifiuta di prendere in considerazione per paura di un assalto anfibio a città come Odessa.

Il capo della diplomazia ucraina, Dmytro Kuleba, si è detto relativamente fiducioso sull’esito dell’incontro: “Siamo vicini a un accordo, ha dichiarato al quotidiano spagnolo El Pais. “Tutto dipende dalla Russia“, ha aggiunto, avanzando il sospetto che i russi stiano cercando di privare Kiev di entrate: “Sanno che se esportiamo, riceveremo fondi dai mercati internazionali e questo ci rafforzerà“.

La Turchia, membro della Nato e alleato di entrambe le parti, ha compiuto per mesi sforzi diplomatici per facilitare la ripresa delle consegne. I funzionari turchi hanno dichiarato di avere 20 navi da carico nel Mar Nero pronte per essere caricate rapidamente con il grano ucraino.

Il viaggio del Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ad Ankara, all’inizio di giugno, non ha portato ad alcun progresso sul tema, in assenza di una rappresentanza ucraina. Ma il Presidente russo Vladimir Putin e il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan si incontreranno il 19 luglio a Teheran a margine di un vertice sulla Siria, che potrebbe fornire il quadro per l’annuncio di un accordo.
Il capo di Stato turco ha svolto il ruolo di mediatore fin dall’inizio del conflitto, facendo attenzione, pur fornendo droni da combattimento all’Ucraina, a non offendere Mosca.

Bankitalia: Con guerra e stop gas russo rischio crescita zero

Nello scenario peggiore, in caso di escalation della guerra in Ucraina e di interruzione delle forniture di gas dalla Russia già da quest’estate, la crescita in Italia sarebbe nulla nel 2022 e si andrebbe in recessione di oltre 1 punto percentuale nel 2023. L’ipotesi è della Banca d’Italia, nelle proiezioni macroeconomiche per l’economia italiana 2022-2024. L’inflazione al consumo subirebbe un’impennata dell’8% nel 2022, ma resterebbe alta anche nel 2023, vicina al 5,5 %, per scendere solo nel 2024.

Previsioni molto più rosee, ma riviste rispetto a quelle precedenti, nello scenario base. In questo caso Via Nazionale stima la crescita del Pil al 2,6% per quest’anno, all’1,6% nel 2023 e all’1,8% nel 2024. A gennaio la previsione era stata di una crescita del +3,8% nel 2022, del 2,5 nel 2023 e dell’1,7 nel 2024. Il quadro è fortemente condizionato dall’evoluzione della guerra in Ucraina, i cui sviluppi potrebbero avere effetti sull’economia nelle due direzioni opposte.

In uno scenario di base si assume che le tensioni associate alla guerra (che si ipotizza resti confinata all’Ucraina) proseguano per tutto il 2022, continuando a comportare il rialzo dei prezzi delle materie prime, mantenendo elevata l’incertezza e rallentando il commercio internazionale. In questo caso, però, “si esclude un’intensificazione delle ostilità tale da portare a una sospensione delle forniture di materie prime energetiche dalla Russia“. Dopo essere rimasto stagnante nel primo trimestre dell’anno, il Prodotto interno lordo si espanderebbe a ritmi modesti nel trimestre per il 2022, per poi rafforzarsi dall’anno prossimo. L’inflazione al consumo si collocherebbe al 6,2 per cento nella media di quest’anno, spinta dagli effetti del rincaro dei beni energetici e delle strozzature all’offerta; scenderebbe al 2,7 per cento nel 2023 e al 2,0 per cento nel 2024.

Un’intensificazione del conflitto avrebbe ripercussioni più pesanti. In uno scenario avverso, in cui si ipotizza un arresto delle forniture a partire dal trimestre estivo, solo parzialmente compensato per il nostro paese mediante altre fonti, si prevedono ricadute dirette, in particolare per le attività a più elevata intensità energetica, ulteriori forti rialzi nei prezzi delle materie prime, un più deciso rallentamento dell’export, un più forte deterioramento dei climi di fiducia e un aumento dell’incertezza. Sotto queste ipotesi, il Pil prodotto aumenterebbe in misura pressoché nulla in media d’anno nel 2022, si ridurrebbe di oltre 1 punto percentuale nel 2023 e tornerebbe a crescere nel 2024. L’inflazione al consumo subirebbe un netto aumento nel 2022, avvicinandosi all’8,0 per cento, e rimarrebbe elevata anche nel 2023, al 5,5 per cento, per scendere decisamente solo nel 2024.

Né l’uno, né l’altro scenario includono ulteriori misure di politica economica – precisa Bankitalia -, che potrebbero essere introdotte per mitigare le ricadute dell’inasprimento del conflitto sulle famiglie e le imprese“.

Di maio

Di Maio: “Con caro energia e materie prime la guerra incide su Pnrr”

La guerra in Ucraina incide negativamente anche sul Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il costo dell’energia e quello dei materiali, purtroppo, hanno effetti negativi sulla realizzazione di parte dei progetti del Piano. Così, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, a margine del convegno dal titolo ‘Il Pnrr e i principali driver per un modello di sviluppo sostenibile’, affronta il legame guerra-Pnrr.

Le conseguenze del conflitto non si fermano a Mosca e Kiev, ma interessano il mondo intero. Per fare un esempio, spiega il ministro, “rischiamo che scoppino nuove guerre a migliaia di chilometri di distanza dall’Ucraina a causa del fatto che la Russia con le navi militari sta bloccando l’export di grano dai porti ucraini. L’Italia lavora a un’iniziativa che coinvolge tutti i Paesi del Mediterraneo e i nostri partner, e questa settimana terremo un importante evento di dialogo tra tutti gli Stati per trovare una soluzione che, per esempio, eviti una crisi alimentare che provochi maggiori flussi migratori verso il BelPaese“.

Intanto, sono stati mossi i primi passi per resistere alle inevitabili conseguenze della guerra. “Le nuove partnership con Qatar, il Congo, l’Algeria, l’Angola, l’Azerbaijan e il Mozambico ci permetteranno di diversificare sempre più le fonti di approvvigionamento, al momento importiamo il 40% del gas dalla Russia”, dichiara il responsabile della Farnesina. Alla dipendenza da Mosca, dunque, si arriverà, ma non senza oltrepassare alcuni ostacoli. Oggi, infatti, “siamo in grado di negoziare e quantità di gas con i Paesi esteri ma non siamo in grado di stipularne il prezzo perché come in Europa il prezzo del gas si determina al Ttf di Amsterdam, una sorta di borsa dove si decide il prezzo per tutto il Vecchio continente”.

A fronte di questo, sottolinea il responsabile della Farnesina, si è già discusso, ma si discuterà ancora, dell’adozione di un tetto massimo al prezzo del gas, un regolamento europeo che permetta a livello europeo di non andare oltre una certa soglia. Il fatto è che “in Italia il prezzo del gas è collegato a quello dell’energia elettrica, anche se non prodotto da gas. E’ un meccanismo di legame che esisteva tanti anni fa e che si basava sul principio di quando il gas aveva un prezzo abbastanza moderato, ma adesso le dinamiche non sono più così, quindi anche la produzione di energia elettrica da rinnovabili risente del prezzo del gas”, conclude Di Maio. La necessità del tetto massimo è impellente ed è una battaglia che deve vedere tutti uniti, al di là dei colori politici e dei livelli istituzionali, per arrivare a centrare l’obiettivo.

Ucraina, Mattarella: Effetti guerra globali, grave danno a crisi climatica

Quello scatenato dall’aggressione Russia in Ucrainanon è un conflitto con effetti soltanto nel territorio che ne è teatro, le conseguenze della guerra riguardano tutti. A cerchi concentrici le sofferenze si vanno allargando colpendo altri popoli e nazioni“. Lo dice il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel discorso di saluto prima del Concerto al Quirinale eseguito dall’Orchestra del Teatro ‘La Fenice’, diretta dal Maestro Myung Whun Chung, in occasione della Festa della Repubblica, mentre in platea ad ascoltarlo ci sono le alte cariche, tra le quali il presidente del Consiglio, Mario Draghi, e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. “Accanto alle vittime e alle devastazioni provocate sul terreno dello scontro – aggiunge -, la rottura determinata nelle relazioni internazionali si riverbererà sempre più sulla sicurezza alimentare per molti Paesi“.

Questo “reca grave danno al perseguimento degli obiettivi legati all’emergenza climatica“, avvisa il capo dello Stato. Che lancia un altro allarme: “Un conflitto come quello in corso ha, inevitabilmente, effetti globali“. Perché “intercetta e fa retrocedere il progresso della condizione dell’umanità, ci interpella tutti – sottolinea -. La comunità internazionale vede pesantemente messi in discussione i risultati faticosamente raggiunti negli ultimi decenni. Sembra l’avversarsi di scenari che vedono l’umanità protagonista della propria rovina. Con utilità e coraggio, occorre porre fine alle insensatezze della guerra e promuovere le ragioni della pace“.

Ucraina, telefonata Draghi-Zelensky: Sbloccare porti insieme

L’Italia prova a fare da ‘ponte’ tra Russia e Ucraina per arrivare almeno a una tregua che scongiuri una crisi alimentare dalle “proporzioni gigantesche. Soprattutto per i Paesi più poveri del mondo, Africa in testa. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, dopo aver aperto un canale di mediazione con Vladimir Putin, ha completato il giro di orientamento in un colloquio telefonico con Volodymyr Zelensky. L’obiettivo è sbloccare la partenza delle navi cariche di tonnellate di grano e materie prime ferme nei porti dell’Ucraina a causa del conflitto scatenato da Mosca. Secondo quanto riferisce Palazzo Chigi, il presidente ucraino ha espresso apprezzamento per l’impegno da parte del governo del nostro Paese, concordando con il presidente del Consiglio di proseguire il confronto sulle possibili soluzioni.

Via Twitter anche Zelensky conferma di aver discusso con Draghi sulle possibili soluzioni per “prevenire la crisi alimentare“. Aggiungendo un dettaglio, che assume un’importanza cruciale, a livello geopolitico: “Dobbiamo sbloccare i porti ucraini insieme“. Inoltre, il leader del governo di Kiev sottolinea un’altra criticità al premier italiano, assolutamente non secondaria: “Ho sollevato il problema dell’approvvigionamento di carburante“. Dunque, per far salpare le navi è indispensabile che si verifichino almeno 4 condizioni: che la Russia apra corridoi per la navigazione, le acque vengano sminate, Mosca garantisca il cessate il fuoco durante le operazioni dei dragamine, che arrivi il rifornimento necessario per le imbarcazioni. Ecco perché questi primissimi passi diplomatici aprono un piccolo spiraglio di luce, ma il quadro generale non consente ancora di separare in una soluzione a stretto giro.

Oltretutto, Mosca continua a rimbalzare le accuse sui mancati approvvigionamenti. Putin, riferisce il Cremlino in una nota, “sottolinea che i tentativi di incolpare la Russia per le difficoltà nel fornire prodotti agricoli ai mercati mondiali sono infondati“. Anzi, in una telefonata con il cancelliere austriaco, Karl Nehammer, invita gli ucraini a “sminare i porti il ​​prima possibile per far passare le navi bloccate“. Sottolineando che le sue forze armate “aprono due corridoi marittimi umanitari ogni giorno dalle 8 alle 19, ora di Mosca“. Proprio nella capitale russa potrebbe andare in visita il segretario della Lega, Matteo Salvini, che applaude l’iniziativa di Draghi. Fonti del Carroccio spiegano che è “una possibilità”, anche se non c’è nulla di programmato e definitivo. Del resto, è lo stesso ex ministro dell’Interno a dirlo pubblicamente: “Per pace, vita e lavoro vale tutto“. Non sul viaggio in Russia, ma almeno sul premier è d’accordo anche l’altro Matteo, Renzi: “Ha fatto bene a cercare l’accordo di Putin e Zelensky sul grano ucraino. Vediamo se riusciremo a sbloccare almeno le navi pronte alla partenza“, scrive nella Enews il leader di Iv. Perché, avverte, “la crisi alimentare in arrivo è devastante, ogni sforzo diplomatico per ridurne gli effetti è saggio e lungimirante. Bravo Draghi“.

La situazione impone comunque prudenza. Come dimostrano i tweet del presidente ucraino dopo il colloquio con il capo del governo italiano: “Ci aspettiamo ulteriore supporto per la difesa dai nostri partner“. Il premier, fa sapere Palazzo Chigi, ha assicurato il sostegno del governo italiano in coordinamento con il resto dell’Unione europea. La strada verso il dialogo e la pace, dunque, è ancora lunga.