Industria, Gozzi: “Non c’è più tempo, l’Ue deve cambiare. Ma sono pessimista”

Il Rapporto Draghi sulla Competitività ha avuto una cassa di risonanza enorme sull’Europa un anno fa. Dodici mesi dopo, sembra essere rimasta solo la eco, o quasi. Lo stesso ex presidente della Bce, su invito della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha fatto il punto sullo stato delle cose dalla pubblicazione di quel documento, notando e annotando che molti dei punti sono rimasti ancora nella lista delle cose da fare. Con tanto di aumento a 1.200 miliardi di euro del conto delle risorse necessarie a realizzarle. “Il problema è che le cose devono accadere o è finita anche la funzione di stimolo di Draghi, che non può ogni sei mesi dire all’Europa ‘fate qualcosa’. Questo è il vero nodo”. A dirlo è il presidente di Federacciai e Special Advisor di Confindustria per l’Autonomia strategica europea, Piano Mattei e competitività, Antonio Gozzi, che a GEA commenta, a mente fredda, l’intervento dell’ex premier.

Presidente Gozzi, come giudica il quadro disegnato da Draghi?

In termini di analisi facciamo un grosso passo avanti, nel senso che una persona così autorevole, con questa reputazione e questa credibilità, dice ciò che noi sosteniamo da anni: questo ci rincuora perché non eravamo proprio fuori strada, ma se qualcuno ci avesse ascoltato, probabilmente avremmo perso meno tempo. Colpisce il fatto che inizialmente Draghi disse che ci volevano 500 miliardi all’anno per recuperare il gap, poi al Parlamento disse che ci sarebbero voluti 800 miliardi, mentre ieri ha parlato di 1.200 miliardi di euro l’anno. Questo significa che il fattore tempo non è neutrale, cioè la distanza continua ad aumentare e l’ex Bce all’Europa dice che non c’è più tempo”.

In molti punti è sembrato di sentire le voci degli imprenditori italiani, e anche la sua.

Draghi è molto critico sul Green Deal, dice che i presupposti sulla base dei quali è stato pensato e disegnato non ci sono più, che il mondo è cambiato. Inoltre, dice una cosa molto forte sul 2035, che bisogna garantire transizione energetica e decarbonizzazione fatti secondo la neutralità tecnologica, quindi che i motori endotermici, i plug-in, gli ibridi e i motori endotermici con biocarburanti e combustibili sintetici sono da lui sdoganati. Il fatto che sostenga queste cose è molto importante, ma non ha lui in mano le leve delle decisioni. Purtroppo, se vedo questo anno di governo von der Leyen II, sono usciti documenti in cui si faceva formale ossequio al rapporto Draghi, al tema della competitività e anche della neutralità tecnologica, poi però non c’è stato niente. Solo un po’ di semplificazione, con l’eliminazione degli obblighi di rendicontazione dei bilanci di sostenibilità per le piccole imprese, poi basta”.

Cosa prevede per il futuro?

Sono pessimista, perché in questo anno, al di là dei proclami, vedo un immobilismo totale. Di misure vere non ne sono state prese, si continua con questo tran tran e nella migliore delle ipotesi si va avanti a comprare tempo. Adesso vedremo cosa succederà sull’auto”.

L’Automotive resta uno dei temi più caldi in Europa, con il dibattito sullo stop ai motori endotermici al 2035 che riprende quota.

Draghi ha detto chiaramente che è sbagliato e ha avuto il coraggio di dire che hanno disintegrato un’eccellenza industriale europea. Mi ha colpito molto anche ciò che ha detto il presidente dell’Associazione europea dell’indotto automobilistico: nel 2025 il settore, in Europa, ha perso 80mila posti di lavoro e stimano che ne perderanno altri 20-30mila nel 2026. Questo vuol dire che in due anni, solo sull’indotto automobilistico, si saranno persi 100mila posti di lavoro. Poi si stupiscono che gli operai della Volkswagen votano Afd”.

Questo è un argomento interessante.

Se i temi dell’industria e degli effetti economici e sociali non interessano più a nessuno, e in particolare non interessano ai partiti socialisti perché sono tutti innamorati di Greta Thunberg, non ci si può lamentare che estremismi di sinistra e di destra stiano prevalendo in Europa. I non tutelati esprimono un dissenso di soddisfazione nei confronti di questa politica. In più, abbiamo questa aggressione cinese con prodotti ormai di altissima qualità tecnologica, a prezzi scottati del 30%, nei confronti dei quali l’Europa non riesce a difendersi. Spesso li fanno con le sovvenzioni dello Stato, quindi si rendono protagonisti di una competizione sleale nei confronti dell’industria europea”.

La situazione sta sfuggendo di mano?

Senza sistema industriale non esiste più il Welfare. Arrivo a dire che senza sistema industriale non esiste manco più la democrazia, perché gli estremismi di destra e di sinistra diventano talmente radicali che c’è anche al rischio di sommovimenti politici. Anzi, li stiamo rivedendo in Francia. In Germania non hanno coraggio di andare alle elezioni (anche se la Grosse Koalition è un elemento di blocco, perché i socialisti alcune cose non le vogliono fare) perché c’è il rischio che l’Afd sia il primo partito e in Olanda vinceranno i sovranisti di destra. Ciò che mi colpisce è che non c’è mai un accenno autocritico di chi ha gestito l’Europa negli ultimi 10-15 anni. Non voglio colpevolizzare nessuno, però l’autocritica serve per cercare di capire dove si è sbagliato e provare a non sbagliare più in futuro”.

Draghi, però, parla anche di energia ancora a prezzi troppo alti come freno per la competitività.

Non è successo niente sull’acciaio, nonostante sia uscito il documento sull’acciaio, e non è successo niente sull’energia, nel senso che continua a essere cara. Anche lì c’è un tema molto chiaro, Draghi non si è spinto fino là, ma io l’avrei fatto. Siccome in tutta Europa il prezzo dell’elettricità è determinata col sistema del marginal price, quindi vuol dire che il costo del megawatt è determinato dal costo della centrale turbogas più inefficiente, per l’order merit, questo metodo di calcolo del prezzo dell’elettricità porta in sé 25 euro di effetto ETS. Draghi ieri ha parlato di disaccoppiamento, ma questa è una norma assolutamente europea. Basterebbe eliminare transitoriamente l’ETS dai turbogas e immediatamente l’energia elettrica in Europa costerebbe 25 euro al Megawattora in meno. Ma non hanno il coraggio di farlo, perché il tema dell’ETS è un tabù. La proposta di Confindustria, che vede anche Elettricità Futura d’accordo, è dare i 20 Twh degli impianti a fondo corsa per gli incentivi al GSE, al presso di 65 euro al MWh, cioè quello dell’Energy Release, per ampliarne la potenza di fuoco, facendo un’operazione equilibrata dal punto di vista anche del climate change e della decarbonizzazione”.

Nell’elenco degli ostacoli c’è da mettere anche l’accordo sui dazi Usa, non trova?

Abbiamo anche la beffa: nell’accordo fatto con Trump sui dazi c’è scritto che le imprese americane, in Europa, non sono tenute a rispettare quella norma sul CS3D”.

In questo scenario, l’Italia che ruolo può svolgere?

Siamo il secondo Paese industriale d’Europa, godiamo di una stabilità di governo che tutti ci invidiano e ci ammirano nel casino generale che c’è in Europa. Però, la stabilità non è un fine ma un mezzo e deve servire a fare qualcosa. Al tavolo europeo l’Italia deve rivendicare la forza del suo sistema industriale, la necessità di cambiare strada sulle politiche industriali e lo deve fare senza titubanze. In questo momento godiamo di una finestra che non abbiamo mai avuto. Bisogna sfruttare questa credibilità e questa reputazione per cercare di cambiare i destini europei. Poi si farà la battaglia e si perderà, magari. Però vale la pena giocare questa partita”.

Chiudiamo con una buona notizia, perché i dati di Federacciaio dicono che la produzione di acciaio in Italia è aumentata del 7,3% ad agosto e del 3% nei primi 8 mesi del 2025.

Guardiamo al 2026 con relativo ottimismo, pensiamo che non sarà un anno brutto. Abbiamo goduto del Pnrr, perché i grandi investimenti infrastrutturali hanno generato domanda d’acciaio, soprattutto nei prodotti lunghi, come travito e cemento armato, però non c’è solo quello. In questo momento c’è un po’ di rimbalzo di domanda, i clienti tornano ad acquistare, ma questo lo fanno quando pensano che domani il prezzo salirà. Gli acquisti e l’aumento di produzione derivano da un aumento della domanda e i clienti stanno andando a scale di anticipazione degli acquisti, perché prevedono che i prezzi domani saranno più elevati. Naturalmente, ci sono fattori geopolitici internazionali che sono imponderabili, ovvero le due guerre. Pensi cosa succederebbe se si fermassero i due conflitti, con le esigenze di ricostruzione che ci sono in Ucraina, in Medio Oriente e altrove. Cosa significherebbe in termini di domanda d’acciaio”.

Draghi bacchetta l’Europa: “La crescita perde slancio. L’inazione minaccia competitività e sovranità”

“A distanza di un anno, l’Europa si trova quindi in una situazione più difficile. Il nostro modello di crescita sta perdendo slancio. Le vulnerabilità aumentano. E non esiste un percorso chiaro per finanziare gli investimenti di cui abbiamo bisogno. Ci è stato dolorosamente ricordato che l’inazione minaccia non solo la nostra competitività, ma anche la nostra stessa sovranità”. A dodici mesi dalla presentazione del rapporto che metteva in guardia dal “ritardo” economico del Vecchio Continente rispetto agli Stati Uniti e alla Cina, Mario Draghi, ex presidente della Banca centrale europea ed ex presidente del Consiglio, ha esortato martedì l’Europa a uscire dalla sua “lentezza” e a condurre riforme per ripristinare la sua competitività. Invitato dalla Commissione europea a tracciare un primo bilancio – alla presenza di Ursula von der Leyen – dodici mesi dopo la presentazione delle sue raccomandazioni, l’economista è stato, come sempre, molto schietto.

Pur lodando la determinazione ad agire della Commissione, che aveva fatto propria la sua diagnosi e da allora ha lanciato molteplici iniziative ispirate alle sue raccomandazioni, Draghi ha ritenuto che “le imprese e i cittadini” sono delusi “dalla lentezza dell’Europa e dalla sua incapacità di muoversi con la stessa rapidità” degli Stati Uniti o della Cina. “L’inazione minaccia non solo la nostra competitività, ma anche la nostra sovranità”, ha avvertito, rammaricandosi che “i governi non siano consapevoli della gravità della situazione”.

Secondo i calcoli del centro di riflessione EPIC di Bruxelles, solo l’11% delle 383 raccomandazioni formulate da Draghi nella sua relazione sul “futuro della competitività europea” sono state attuate completamente e circa il 20% in modo parziale. Anche gli economisti della Deutsche Bank Marion Muehlberger e Ursula Walther ritengono in una nota che “i progressi nel complesso siano contrastanti”, con “riforme sostanziali” attuate o avviate, ma senza che vi sia nulla che possa cambiare radicalmente la situazione in questa fase.

Tra i principali progressi, c’è la ripresa dell’industria della difesa. L’urgenza di riarmare l’Europa di fronte alla minaccia russa ha spinto i 27 Stati membri a lanciarsi in uno sforzo collettivo di reindustrializzazione, con notevole agilità. La settimana scorsa, la Commissione ha annunciato di aver stanziato 150 miliardi di euro di prestiti a 19 paesi, nell’ambito di una serie di misure volte a mobilitare fino a 800 miliardi di euro. L’Europa si è anche dotata di una piattaforma comune per garantire l’approvvigionamento di materie prime “critiche” e ha moltiplicato le iniziative nel campo dell’intelligenza artificiale. Tutti risultati sottolineati von der Leyen, che, ricevendo Mario Draghi, ha riconosciuto la necessità di accelerare i tempi per raddrizzare la barra.

La Commissione, ha detto, “manterrà senza sosta la rotta fino a quando tutto sarà completato” e ha esortato le altre istituzioni europee a unirsi al movimento, in particolare il Parlamento, che non ha ancora adottato una serie di leggi di semplificazione normativa denominate Omnibus. “Abbiamo bisogno di un’azione urgente per far fronte a esigenze urgenti, perché le nostre imprese e i nostri lavoratori non possono più aspettare”, ha detto von der Leyen.

Secondo la Deutsche Bank, queste misure di semplificazione potrebbero far risparmiare alle imprese europee circa 9 miliardi di euro all’anno. La presidente dell’esecutivo europeo ha invitato inoltre ad attuare “con senso di urgenza”  il completamento del mercato unico, un vasto progetto che consiste nell’eliminare entro il 2028 molteplici barriere interne che continuano a frenare l’attività economica in numerosi settori. Secondo il Fondo monetario internazionale, tali ostacoli rappresentano l’equivalente del 45% dei dazi doganali sui beni e del 110% sui servizi. Per Simone Tagliapietra, esperto dell’istituto Bruegel, “il messaggio di Draghi è molto chiaro: o l’Europa cambia modello economico, o è destinata a scomparire”. E questo messaggio è rivolto in primo luogo agli Stati membri, dove secondo lui risiede il principale ostacolo alle riforme.

Mele (Sfbm): “Da Draghi visione condivisibile sulla competitività dell’Ue, serve una scossa”

Il rapporto Draghi sulla competitività, fortemente voluto dalla Commissione Ue e dalla presidente, Ursula von der Leyen, fissa paletti e obiettivi che coinvolgono tutto il settore produttivo dell’Europa. Anche l’Italia, ovviamente. Ma ci sono delle realtà che certi dettami li hanno già sposati e messi in atto. E’ il caso della Sfbm (Servizi Fondo Bombole Metano), società partecipata al 100% da Acquirente Unico. Ne ha parlato con GEA l’amministratore unico, Marco Mele.

Professore, la scorsa settimana Draghi ha presentato i risultati del suo lavoro. Serve un cambio di passo o sarà una lenta agonia, dice: investimenti comuni su target mirati e la transizione energetica. Lei che giudizio ne dà?

Il rapporto Draghi ha fornito una importante e condivisibile visione sullo stato attuale dell’Europa, della sua competitività, e sul suo futuro, approfondendo anche il tema della transizione energetica. Serve una scossa e servono investimenti ingenti che, tuttavia, devono essere produttivi. Nel documento, per quel che riguarda il mio settore, si trovano alcuni passaggi su cui la Sfbm si è già attivata da circa un anno. In riferimento al punto in cui si evidenzia l’importanza di ‘Incoraggiare la standardizzazione’ e in cui si legge: ‘Gli standard comuni sono essenziali per trarre vantaggio dalle economie di scala e dalla connettività nel Mercato Unico e per creare standard esemplari con portata globale. La definizione degli standard dovrebbe coinvolgere diversi attori, tra cui industria, scienziati e ONG pertinenti nel processo normativo per stabilire standard completi e inclusivi. Il settore automobilistico dell’UE trarrebbe notevoli benefici da standard avanzati nelle seguenti aree: Nuove tecnologie’, ricordo che la SFBM ha iniziato, già lo scorso anno, proprio a supporto della standardizzazione condotta dal Comitato Tecnico ISO /TC 22/SC 41, un progetto per l’utilizzazione di un blended fuel (idrogeno + biometano) in grado di assicurare la sostenibilità ambientale, tecnica, economica e strategica nel settore automotive con un time to market immediato. Per quanto riguarda poi il riferimento alla standardizzazione cogente per la quale nel Rapporto si sottolinea che ‘è importante garantire che le normative della Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE) e la legislazione dell’UE siano coerenti, soprattutto nelle aree dell’armonizzazione tecnica e della valutazione del ciclo di vita. L’armonizzazione del processo per l’omologazione (approvazione da parte dell’autorità ufficiale competente) e per l’ottenimento dell’approvazione di tipo per i veicoli non è ancora stata raggiunta in generale nell’Ue’ . Sfbm si è già posta l’obiettivo di utilizzare i risultati del lavoro di ricerca, disponibili entro i prossimi 10 mesi, per modificare il regolamento UNECE R. 110, per consentire una rapida omologazione ai veicoli alimentati con un blended fuel (idrogeno +metano) con percentuali di idrogeno significative, maggiori del 10%. Questo comporterà la possibilità di sfruttare appieno ed immediatamente i benefici del biometano, di cui l’Italia è uno dei maggiori produttori al mondo, e dell’idrogeno nei motori alimentati a gas naturale già esistenti, senza bisogno di interventi tecnici o infrastrutturali e senza bisogno di ingenti investimenti”.

Entrando invece nel dettaglio della vostra attività, Sfbm ha un importante compito da svolgere, come richiesto da Iso, per aiutare nel compito di normare l’utilizzo delle bombole con la miscela di idrogeno e biometano per il trasporto marittimo. Anche questa è una sfida che può cambiare molto per il sistema economico e per settori chiave, come ad esempio la logistica.

“Si è una bella sfida anche per noi, che ci rende orgogliosi perché, evidentemente, viene apprezzata la nostra attività e la nostra serietà. E’ un compito particolarmente importante e di rilevanza internazionale. Il biometano in miscela con l’idrogeno rappresenta una valida e percorribile alternativa ai carburanti tradizionali anche per l’alimentazione di barche e navi, che sono fonti di una grande quantità di emissioni, se solo pensiamo alle grandi navi da crociera i cui motori, anche quando non in navigazione rimangono accesi. E’ indispensabile l’utilizzo di tale miscela anche in campo marittimo affinché anche questo settore possa partecipare appieno al processo di transizione ecologica“.

Ue, Draghi: “Aumentare produttività e ridurre i costi, serve mercato europeo energia”

Photo credit: sito Fundacion Yuste

 

Tutto si può dire, tranne che Mario Draghi non abbia le idee ben chiare su dove mettere le mani per modellare una nuova Ue. L’ex presidente della Bce ripropone alcune idee già enunciate in questi mesi, ma accentua i toni su alcuni punti nuovi. La base di partenza di tutto è “aumentare la produttività“, perché dalla vicenda del gas russo alla difficoltà di reperire le materie prime critiche, la lotta ai cambiamenti climatici e quelli tecnologici, così come il rapido invecchiamento della popolazione europea, diventano sfide cruciali da vincere assolutamente. Per riuscire nell’intento, però, occorre “crescere più velocemente e meglio“. Draghi ne parla a lungo nel discorso che tiene al Monastero di San Jerónimo de Yuste, in Spagna, dove riceve dalle mani del Re Felipe VI il premio europeo Carlos V.

Nei prossimi giorni l’ex premier consegnerà i risultati del lavoro commissionatogli da Ursula von der Leyen sul futuro della competitività, ma negli ultimi due mesi, con l’avvicinarsi delle elezioni europee, il suo nome era circolato tra i possibili candidati alla guida dell’esecutivo Ue o del Consiglio, sponsorizzato soprattutto dal presidente francese, Emmanuel Macron. La partita dei Top Jobs, intanto, sembra avviata sul binario della riconferma della attuale presidente, ma i suggerimenti di Draghi potrebbero risultare molto utili a chiunque si accomoderà sulla sedia più arroventata di Bruxelles.

Lo stato dell’arte è nei dati che porta in Spagna. “La crescita della produttività europea sta rallentando da tempo” e la differenza di crescita rispetto agli Usa inizia a pesare, perché “dovuta principalmente al settore tecnologico e alla digitalizzazione in generale“, spiega l’ex Bce. Che avvisa: “Il divario potrebbe aumentare ulteriormente con il rapido sviluppo e la diffusione dell’Intelligenza artificiale“. Del resto, “circa il 70% dei modelli fondamentali di Ia viene sviluppato negli Stati Uniti e solo tre aziende statunitensi rappresentano il 65% del mercato globale del cloud computing”. Allo stesso modo il sistema dei dazi può servire, ma con un approccio generale pragmatico, cauto e coerente“. Perché “non vogliamo diventare protezionisti in Europa, ma non possiamo restare passivi se le azioni degli altri minacciano la nostra prosperità“.

Altro punto cruciale del discorso di Draghi riguarda i costi da ridurre, soprattutto quelli dell’energia, che “stanno portando a una riduzione degli investimenti in Europa“. Il mix tra “investimenti infrastrutturali lenti e non ottimali, sia per le rinnovabili che per le reti” e “regole di mercato che non disaccoppiano completamente il prezzo dell’energia rinnovabile e nucleare dai quelli più alti e volatili dei combustibili fossili, impedendo alle industrie e alle famiglie di cogliere appieno i benefici dell’energia pulita nelle loro bollette“, impone una riflessione sulla “costruzione di un vero mercato europeo dell’energia“, da cui dipende, peraltro, l’aumento della produttività.

Per far lievitare gli investimenti, poi, l’Europa deve “non solo incrementare il livello della domanda attraverso una spesa più elevata, ma anche garantire che questa si concentri all’interno dei nostri confini” e “il modo più efficiente per farlo sarebbe aumentare la spesa comune“. Esortando l’Ue a porre tra le sue “priorità collettiveRicerca e innovazione e rilanciare rapidamente la diffusione dell’innovazione nella propria economia.

Nella riflessione di Draghi, infine, trova ampio spazio il tema della transizione green. A suo modo di vedere “anche rendere più efficace la spesa pubblica non sarà sufficiente“, dunque “il fabbisogno di finanziamenti per la transizione verde e digitale è enorme” e “dovremo anche mobilitare il risparmio privato su una scala senza precedenti, ben al di là di quanto possa fare il settore bancario“, raccogliendo questi fondi principalmente nei “mercati del capitale di rischio, delle azioni e delle obbligazioni“.

Mattarella: “Napolitano ha interpretato con fedeltà alla Costituzione il ruolo di garante”

La scomparsa del presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha suscitato il commosso ricordo di istituzioni e politica, nazionale e internazionale.

A partire dal suo successore al Quirinale, Sergio Mattarella: “La sua morte mi addolora profondamente e, mentre esprimo alla sua memoria i sentimenti più intensi di gratitudine della Repubblica, rivolgo ai familiari il cordoglio dell’intera nazione”, dichiara il capo dello Stato. Aggiungendo: “Nella vita di Giorgio Napolitano si specchia larga parte della storia della seconda metà del Novecento, con i suoi drammi, la sua complessità, i suoi traguardi, le sue speranze. Dalla frequentazione, negli anni giovanili, dello stimolante ambiente culturale napoletano, all’adesione alla causa antifascista e del movimento comunista, all’impegno per lo sviluppo del Mezzogiorno e delle classi sociali subalterne, sino poi alla convinta opera europeistica e di rafforzamento dei valori delle democrazie, il presidente Napolitano ha interpretato significative battaglie per lo sviluppo sociale, la pace e il progresso dell’Italia e dell’Europa”.

Mattarella ricorda che è stato “membro del Parlamento europeo, e presidente della sua commissione Affari costituzionali, promosse il rafforzamento delle istituzioni comunitarie per un’Europa sempre più autorevole e unita. Eletto alle più alte magistrature dello Stato, presidente della Camera dei deputati, Senatore a vita, Presidente della Repubblica per due mandati, ha interpretato con fedeltà alla Costituzione e acuta intelligenza il ruolo di garante dei valori della nostra comunità, con sentita attenzione alle istanze di rinnovamento presenti nella società. Votato alla causa dei lavoratori, inesauribile fu la sua azione per combattere la spirale delle morti sul lavoro”.

Papa Francesco ha inviato un telegramma alla famiglia di Napolitano, indirizzata alla vedova, Clio Bittoni: “La scomparsa di Napolitano ha suscitato in me sentimenti di commozione e al tempo stesso di riconoscenza per questo uomo di Stato che, nello svolgimento delle sue alte cariche istituzionali, ha manifestato grandi doti di intelletto e sincera passione per la vita politica italiana, nonché vivo interesse per le sorti delle nazioni“. Il presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, a nome dell’Episcopato, tributa un saluto e una preghiera per un “uomo delle Istituzioni“, che “ha accompagnato il Paese in passaggi storici complessi.

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in una nota esprime “cordoglio, a nome del governo italiano, per la scomparsa”, rivolgendo alla famiglia “un pensiero e le più sentite condoglianze”.

Con la morte di Napolitano “l’Italia perde uno straordinario testimone della nostra storia repubblicana”, scrive in una nota il presidente del Senato, Ignazio La Russa. Che ricorda: “Quando ero ministro della Difesa aveva stabilito con me, da capo supremo delle Forze Armate, un forte rapporto di collaborazione e io mai ho celato le mie simpatie personali nei suoi confronti, nonostante avessimo posizioni politiche ben distanti”. Proseguendo: “Giorgio Napolitano è stato testimone di una cultura che si fa politica e di una cultura politica che si fa istituzione”. A Palazzo Madama, inoltre, le bandiere sono state messe subito a mezz’asta.

La terza carica dello Stato “scompare un autentico servitore dello Stato”, dichiara Lorenzo Fontana. Il presidente della Camera riconosce a Napolitano di essere stato “un protagonista della scena politica e istituzionale”. Dal governo anche il vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini, esprime il suo cordoglio: “È stato un protagonista della vita politica del Paese”. L’altro vicepresidente del Consiglio, e segretario di Forza Italia, Antonio Tajani, si dice “profondamente rattristato. Abbiamo lavorato per anni insieme al Parlamento europeo. Non condividevo le sue idee, ma lo considero un importante protagonista della storia politica italiana”.

Un pensiero a Napolitano lo dedica anche l’ex premier, Mario Draghi. “E’ stato assoluto protagonista della storia italiana ed europea degli ultimi settant’anni. Presidente della Repubblica, Presidente della Camera, Ministro dell’Interno, ha saputo coniugare il dialogo con tutte le culture politiche con la capacità di agire con saggezza e coraggio, a tutela dei cittadini e della Costituzione. Ha accompagnato l’Italia con la sua visione europeista, ha tenuto ferma la sua collocazione atlantica, ne ha rafforzato il ruolo nel mondo”. Draghi continua: “Nel corso di tutta la sua vita, costante, profondamente sentito è stato il suo impegno per il Mezzogiorno e per il rinnovamento delle istituzioni, che ha dato alla sua difesa dell’unità d’Italia, dei valori repubblicani e costituzionali la concretezza dell’azione politica. Gli sono personalmente grato per gli scambi che abbiamo avuto, ricchi della sua esperienza e del suo affetto”.

Sono davvero tanti i messaggi che arrivano anche dal mondo politico. Il leader di Italia Viva ed ex premier, Matteo Renzi, che proprio da Napolitano ebbe l’incarico di formare il governo nel 2014: “Grazie per come hai servito le istituzioni, caro Presidente. Che la terra ti sia lieve“, scrive sui social.

Perdiamo un protagonista della storia del nostro Paese, che dal Colle l’ha guidato a lungo in momenti difficili. La sua visione e la sua fervida convinzione europeista hanno contribuito a segnare la vocazione all’apertura e alla cooperazione dell’Italia, indicando una via di integrazione che va ancora proseguita“, afferma la segretaria del Pd, Elly Schlein.

Il presidente Napolitano lascia un grande vuoto nella politica, nella storia italiana e nel ricordo di tutti noi – mette nero su bianco il segretario di Azione, Carlo Calenda -. In un momento di grave crisi istituzionale per il nostro Paese diede esempio di coraggio e rispetto dei valori e dei principi costituzionali”.

Per il segretario nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, “scompare una figura che ha segnato profondamente la storia del Paese e della sinistra“.

La notizia della scomparsa di Napolitano ha ovviamente varcato i confini nazionali, facendo il giro del mondo. E dall’Europa, per la quale lavorò con forza e determinazione perché si compisse il progetto continentale, arriva il messaggio della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, che su X scrive: “Un grande statista italiano, con un forte cuore europeo. È stato un’ancora di stabilità per il suo Paese in tempi difficili, profondamente convinto che un’Europa unita fosse nell’interesse dei suoi cittadini”.

La camera ardente del presidente emerito della Repubblica verrà allestita al Senato, mentre si attendono notizie in merito ai funerali di Stato. Intanto il cordoglio diventa sempre più ampio e senza confini.

La Russa presidente del Senato, ‘disagio’ FI sul governo. Cattaneo ipotesi Mite

La diciannovesima legislatura inizia con il turbo inserito. La macchina non si è nemmeno messa in moto che già finiscono per ingarbugliarsi le partite delle presidenze di Camera e Senato con quella per la composizione del nuovo governo. Si parte dall’unico dato certo: Ignazio La Russa è il nuovo presidente dell’assemblea di Palazzo Madama. Tutto come da copione? Assolutamente no. Perché l’esponente di FdI, che era sì il candidato praticamente ufficiale della coalizione di maggioranza, alla fine la spunta al primo turno solo grazie all’aiuto che arriva dalle opposizioni. Forza Italia, infatti, sceglie di non partecipare alla prima seduta per lanciare un segnale di “disagio” verso gli alleati e la premier in pectore, Giorgia Meloni, dai quali sono arrivati i veti per l’ingresso di Licia Ronzulli (una delle collaboratrici più strette del leader azzurro) nella squadra del nuovo esecutivo. Solo Silvio Berlusconi e Maria Elisabetta Alberti Casellati (presidente uscente del Senato) sono presenti e votanti. Ovviamente per La Russa, come “segnale di apertura“. Ma i voti a favore sono 116, ergo 17 non appartengono all’area di maggioranza, che poteva disporne solo di 99 effettivi in aula.

Da dove arriva il cadeaux? Gli occhi sono puntati sul Terzo polo, ma sia Matteo Renzi che Carlo Calenda rispondono in modo piccato di guardare altrove. Del resto, numericamente la truppa di Azione-Italia viva conta solo 9 membri, dunque ne resterebbero fuori altri 8 che potrebbero essere attribuibili tanto al Pd quanto al Movimento 5 Stelle. Tant’è che si scatena quasi subito la girandola di accuse reciproche tra esponenti dell’opposizione, con tanto di rivendicazione di aver lasciato in bianco la scheda nel segreto del catafalco. Comunque siano andate le cose, l’unico che sembra non farsi alcun problema delle dinamiche è proprio La Russa, che si presenta in aula con un mazzo di fiori per Liliana Segre, che ha diretto la prima seduta fino all’elezione del nuovo presidente. Che prende la parola subito, ringraziando tutti: chi lo ha votato, chi non lo ha votato, chi si è astenuto e anche chi non ha partecipato allo scrutinio. “Davanti a noi ci sono paure e preoccupazione dei cittadini che chiedono alla politica non solo di raccogliere le loro necessità, ma soprattutto di risolverle – dice la seconda carica dello Stato nel discorso di insediamento -. Penso all’inflazione, al caro energia, che sono un dramma per le famiglie e hanno innescato per molte imprese il conto alla rovescia, con il rischio più che concreto della chiusura. L’Italia non può, l’Italia non deve fermarsi“. C’è spazio anche per l’ambiente nelle sue parole: “Il rispetto per la natura e il pianeta sono imprescindibili per l’eredità che dobbiamo lasciare ai nostri figli“.

Ieri in serata, poi, La Russa sale al Quirinale per il rituale colloquio informale con il capo dello Stato, Sergio Mattarella. In un formato diverso dal solito, perché al suo fianco non c’era il nuovo (o la nuova) presidente della Camera, ruolo per il quale si dovrà aspettare il terzo scrutinio, in programma oggi a partire dalle ore 10.30. Perché mentre al Senato – sempre ieri – si apriva il ‘giallo’, a Montecitorio si riapriva la partita della Presidenza: inizialmente sembrava cosa fatta per il leghista Riccardo Molinari, poi nel corso della giornata l’orientamento si è spostato su Giancarlo Giorgetti e alla fine si è planati su Lorenzo Fontana. Tre nomi della scuderia del Carroccio, ma ognuno con una ‘geopolitica’ interna alla coalizione molto diversa. Giorgetti, infatti, sembra destinato a guidare il Mef, mentre Molinari sarà capogruppo alla Camera.

Da qui in poi l’intreccio raggiunge il prossimo governo Meloni. Perché Berlusconi non ha mandato giù i no a Ronzulli, dicendolo apertamente pur senza fare nomi: “Sinceri auguri a La Russa, Forza Italia ha voluto dare un segnale di apertura e collaborazione, ma in una riunione del gruppo è emerso un forte disagio per i veti espressi in questi giorni – verga il Cav in una nota -. Auspichiamo che vengano superati, dando il via ad una collaborazione leale ed efficace con le altre forze della maggioranza, per ridare rapidamente un governo al Paese“. Il messaggio è chiaro, la risposta invece non arriva. Almeno pubblicamente. Così come davanti alle telecamere questo “disagio” viene espresso proprio dal leader di FI, colto in aula, al Senato, pochi minuti prima dell’inizio delle votazioni, a parlare proprio con quello che ne sarebbe diventato il presidente. Berlusconi nelle immagini appare contrariato, tanto da battere anche la penna che aveva tra le mani sul foglio contenuto nella cartellina aperta sul suo banco. Gli scappa anche un ‘vaffa’: il labiale è chiarissimo quando viene passato al rallenty dalle televisioni.

Segno che qualcosa proprio non gli è andata giù di questi negoziati. Durante i quali l’ex premier ha presentato diverse richieste a Meloni. Alcune delle quali scritte di suo pugno sul foglio dove si è schiantata la malcapitata penna. Il Tg di La7 ha provato a ingrandire l’immagine, al punto che il direttore, Enrico Mentana, ha potuto scorgere, tra le varie caselle dei ministeri, che FI ha proposto Ronzulli per le Politiche Ue, il Turismo o i rapporti con il Parlamento. Gli azzurri vorrebbero anche il ministero della Transizione ecologica per affidarlo ad Alessandro Cattaneo, in grande spolvero in questa fase politica. Quale sarà il ‘raccolto’ di questa semina lo si capirà entro pochi giorni, perché le consultazioni al Colle potrebbero iniziare il 22 ottobre, al termine del Consiglio europeo sull’energia, al quale dovrebbe partecipare ancora Mario Draghi, che ieri sera ha avuto un incontro di oltre due ore e mezza, a Parigi, con il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron. Una visita “personale, molto cordiale e calorosa, espressione dell’amicizia tra i due leader” fanno sapere da Palazzo Chigi. Durante la quale “hanno avuto modo di discutere di vari temi, in particolare quelli in agenda al prossimo Consiglio Ue, tra cui l’Ucraina, l’energia e l’andamento del quadro economico“.

Una buona eredità per chi verrà dopo di lui. Transizione che, se tutte le caselle saranno al loro posto entro la prossima settimana, potrebbe essere anche molto rapida. Tutto dipenderà da questi ultimi, febbrili giornate di trattative: i giochi restano aperti, ma non troppo.

Draghi ringrazia i suoi ministri: Avete servito i cittadini al meglio

Voglio ringraziare tutti voi per il lavoro che avete svolto in questo anno e mezzo. Avete fronteggiato una pandemia, una crisi economica, una crisi energetica, il ritorno della guerra in Europa. Avete organizzato la campagna vaccinale, scritto e avviato il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, approvato un numero enorme di misure di sostegno economico. Dall’organizzazione dei vertici G20 al sostegno immediato e convinto all’Ucraina, avete reso l’Italia protagonista in Europa e nel mondo. Il merito è del vostro entusiasmo, della vostra professionalità, del vostro spirito di collaborazione – tra voi, con gli altri organi dello Stato, con gli enti territoriali“. Lo dice il presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel discorso tenuto oggi in Cdm, rivolto ai suoi ministri. “L’unità nazionale è, per forza di cose, un’esperienza eccezionale, che avviene soltanto nei momenti di crisi profonda. Mantenerla, come avete fatto, per molti mesi, richiede maturità, senso dello Stato, e anche un bel po’ di pazienza. I cittadini si aspettavano molto da voi. E voi li avete serviti al meglio – aggiunge -. Potete essere orgogliosi di quanto fatto, dei risultati che avete raggiunto, dei progetti che avete avviato e che altri sapranno completare“.

Tra qualche settimana, su questi banchi siederà il nuovo esecutivo, espressione del risultato delle elezioni che si sono appena tenute”, continua Draghi. Che conclude: “Vi rinnovo l’invito ad agevolare una transizione ordinata, che permetta a chi verrà di mettersi al lavoro da subito. Lo dobbiamo alle istituzioni di cui abbiamo fatto parte, ma soprattutto lo dobbiamo ai cittadini. I governi passano, l’Italia resta“.

Nel corso della riunione, il Consiglio dei ministri ha approvato il Documento programmatico di bilancio per il 2023. In linea con l’approvazione della Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, che si limita all’analisi delle tendenze in corso e alle previsioni tendenziali per l’economia e la finanza pubblica italiane, il Dpb include le principali linee di intervento a legislazione vigente e i relativi effetti sugli indicatori macroeconomici e di finanza pubblica per il prossimo anno.

Gentiloni

L’Europa si mette al servizio dell’Italia: ora tocca a Meloni continuare corsa al Pnrr

L’Europa si mette al servizio dell’Italia, ma l’Italia dovrà mettersi al servizio di sé stessa per continuare a ricevere il sostegno che serve per la trasformazione in senso sostenibile e innovativo la propria economia. I timori post-elettorali sembrano lontani, e il mondo dell’Ue è pronto a lavorare con il prossimo esecutivo tricolore, a cui però si invita a continuare nel solco tracciato da Mario Draghi. “Va continuata questa corsa contro il tempo che è l’attuazione del Piano nazionale per la ripresa (Pnrr)”, scandisce Paolo Gentiloni da Roma. Alla platea del roadshow InvestEU 2022 – Sostenitore per gli investimenti per un’economia verde, digitale ed equa’, il commissario per l’Economia ribadisce una volta di più che di fronte a crisi energetica e impatto del conflitto russo-ucraino sull’economia “non dobbiamo mettere un’ipoteca al Green deal”, e in fin qui il Paese è stato un buon esempio. “Dobbiamo riconoscere al governo italiano che in questo periodo ha fatto ogni sforzo per rimanere in questa dimensione”.

Incognite e ostacoli non mancano. Non sarà una passeggiata, e non lo sarà per nessuno. Per fare dell’agenda sostenibile una realtà “serviranno 520 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi all’anno per i prossimi dieci anni per la transizione climatica, e 130 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi per la transizione digitale”, ricorda Gentiloni. Si tratta di uno sforzo che chiama in causa “soprattutto i privati”, certo, “ma serviranno anche investimenti pubblici, e guarderemo a questo con le nostre regole del patto di stabilità”. Il membro italiano del team von der Leyen si mostra disponibile. A Bruxelles, sottolinea, “dobbiamo trovare il meccanismo, anche per i Paesi con spazio di bilancio limitate, per avere l’incentivo atto per promuovere gli investimenti”, pur garantendo “sostenibilità di bilancio”.

La politica di Bruxelles è pronta a fare la sua parte, e il sistema Italia è deciso a continuare a fare squadra. Dario Scannapieco, presidente di Cassa Depositi e prestiti (Cdp), ribadisce l’impegno della banca promozionale. “Vogliamo iniziare a fare leva e dare accesso alla garanzia dell’Ue e finanziare progetti di alto livello e valore aggiunto per l’economia italiana”, attraverso un uso efficiente di InvestEU, il programma Ue per gli investimenti strategici erede del vecchio piano Juncker. “Vogliamo confermare il nostro ruolo di leadership a livello europeo di utilizzo della garanzia Ue”, e in tal senso “vogliamo rafforzare la nostra presenza a Bruxelles”.

Altra sponda arriva da Lussemburgo, dal contributo che potrà dare la Banca europea per gli investimenti. Anche questo organismo europeo si mette al servizio del Paese, ma la vicepresidente Gelsomina Vigliotti non può esimersi dall’offrire consiglio per una cooperazione di successo. “La risposta alla crisi energetica è chiara: diversificare le fonti energetiche e insistere su più efficienza energetica, nel breve, medio e lungo periodo”. È una responsabilità tutta italiana e dei suoi amministratori, centrali e locali. Perché, ricorda, nell’impegno per la transizione verde e digitale “gli investimenti non possono essere prescritti né da Bruxelles né da Lussemburgo, nascono nei territori”. Come Bei, scandisce, “dobbiamo proteggere i territori e rafforzare la coesione”. Se anche la Bei si mette al servizio dell’Italia, il grosso spetterà all’Italia. Un altro pro-memoria per il governo a trazione Meloni in procinto di formarsi ed entrare in funzione.

Daniele Franco, ministro dell’Economia uscente, procede al passaggio di consegne. Con la guerra in Ucraina e la crisi energetica che ne è scaturita, “la transizione sostenibile, che già sostenevamo per combattere i cambiamenti climatici, è oggi più urgente che mai”. E non si tratta solo di farla, ma di governarla. Per essere protagonisti e avere vera crescita, “dobbiamo sapere gestire la transizione” sostenibile. Sarà questo uno dei compiti del prossimo governo. Con l’Europa che si mette al servizio dell’Italia, ora spetta al governo Meloni. Che può trarre vantaggio dall’accordo siglato per l’occasione da Commissione europea e il Gruppo BEI, che comprende la Banca europea per gli investimenti (BEI) e il Fondo europeo per gli investimenti (FEI).

Per lanciare il programma InvestEU in Italia, hanno siglato le prime quattro operazioni italiane, per un totale di 264 milioni di euro. Arrivano 45 milioni di euro dalla Bei a Acque Bresciane per potenziare la copertura, qualità e la resilienza dei servizi per le acque reflue nella Provincia di Brescia. Altri 30 milioni di euro verranno investiti dal FEI in Xenon FIDEC per promuovere l’economia circolare. Ancora, 100 milioni di euro di garanzia FEI a Intesa Sanpaolo per sostenere gli investimenti e le esigenze di liquidità delle PMI e piccole Mid-cap innovative o per sostenere la loro transizione digitale e ecologica. Infine 84 milioni di euro di garanzia FEI a Mediocredito Trentino-Alto Adige S.p.A per investimenti ed esigenze di liquidità delle PMI e piccole Mid-cap del Nord-Est.

Via libera al dl Aiuti ter: 14 miliardi per famiglie e imprese contro il caro energia

Altri 14 miliardi per combattere il caro energia. Con il decreto Aiuti ter approvato venerdì 16 settembre in Consiglio dei ministri sale a 60 miliardi il conto complessivo delle risorse messe in campo dal governo Draghi per far fronte alla nuova, stringente emergenza che sta mettendo in difficoltà famiglie e imprese italiane. Confermato il bonus una tantum ai lavoratori, che riceveranno 150 euro a fronte di uno stipendio di 1.538 euro nella busta paga di novembre, anche autonomi oltre ai nuclei beneficiari del reddito di cittadinanza: nel complesso una platea di 22 milioni di cittadini. Rinnovata fino al quarto trimestre dell’anno anche la misura del credito di imposta: fino al 30 settembre al 25% per le imprese energivore, al 15% per le altre con consumo maggiore di 16,5 megawatt, mentre per ottobre e novembre la soglia sale al 25% per le aziende energivore e gasivore e al 40% per tutte quelle che consumano gas. “L’insieme degli interventi supera ampiamente un eventuale scostamento di bilancio di 30 miliardi“, dice Mario Draghi al termine del Cdm. Togliendosi anche qualche sassolino dalle scarpe: “A meno che non si pensi di farne uno ogni mese, le risposte all’emergenza sono state date“.

Il nuovo dl Aiuti, inoltre, stanzia circa 190 milioni di euro per il sostegno alle aziende agricole, con interventi per la riduzione dei costi del gasolio agricolo, dei trasporti e dell’alimentazione delle serre; rimpingua con altri 100 milioni il fondo per il Trasporto pubblico locale; elargisce contributi alle scuole paritarie per fronteggiare il costo dei rincari di energia; mette a disposizione 50 milioni in favore dello sport e 40 milioni per cinema, teatri e luoghi della cultura. Accolta anche la norma che prevede fondi da destinare al Terzo settore per le bollette. Nel testo ci sono, poi, 400 milioni per il Servizio sanitario nazionale, suddiviso tra Regioni e Province autonome per far fronte ai rincari nel settore ospedaliero, comprese le Rsa e le strutture private. Non restano fuori nemmeno gli enti locali, ai quali vanno 200 milioni di euro: 160 ai Comuni e 40 a Città metropolitane e Province. Il taglio delle accise sui carburanti viene, invece, prorogato fino alla fine del mese di ottobre, così come nel provvedimento è inserita la garanzia statale sui prestiti alle imprese in crisi di liquidità per il caro bollette, con accordi da sviluppare con le banche per offrire i prestiti al tasso più basso, in linea con il Btp.

Un altro passaggio importante è quello che riguarda il rigassificatore di Piombino. Tema su cui lo stesso Draghi si sofferma con toni decisi: “Il provvedimento prevede tempi rapidi e certi di installazione“, perché l’impianto galleggiante “è essenziale, è una questione di sicurezza nazionale“. Concetto ribadito anche dal ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, accanto al premier in conferenza stampa, assieme al ministro dell’Economia, Daniele Franco, e al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli. “Sono proprio i territori a rendersi conto di quanto è cruciale la loro scelta, e a conti fatti non credo che si prendano la responsabilità di mettere a rischio la sicurezza energetica nazionale – sottolinea il responsabile del Mite -. Troveremo sicuramente un punto di arrivo, perché la posta in gioco è molto seria“. Ma non fa drammi se i tempi di installazione e avviamento dovessero dilatarsi di qualche settimana: “L’ipotesi è che fosse operativo a inizio del 2023, si sono persi un paio di mesi per i fatti che tutti conoscono, che poi si sono ripercossi sul piano che aveva fatto Snam per mettere la macchina. Non credo, però, che sia un problema preoccupante se avverrà a gennaio o ad aprile“.

Cingolani, chiamato in causa anche sul livello degli stoccaggi di gas, fornisce un particolare in più. Anzi, una novità: “Sulle quantità il lavoro governo ha messo in sicurezza l’Italia: siamo all’86,6%, l’obiettivo è arrivare al 90 entro fine ottobre“. Ma “ho firmato una lettera che dà incarico a Snam di andare un po’ oltre: se arrivassimo al 92-93% sarebbe meglio“. Restando in tema, in Cdm arriva il via libera a proseguire nella realizzazione di sei impianti eolici: 4 in Puglia, 1 in Sardegna e 1 in Basilicata. In questo modo viene superata la soglia dei 2.185 megawatt autorizzati dal governo, mentre nel complesso sono 45 gli impianti a cui è stato concesso il disco verde e altri 14 lo avranno successivamente. “Contiamo di autorizzarli nelle settimane che restano“, spiega Draghi. Per il capo del governo la “diversificazione energetica dal gas russo e verso le rinnovabili è essenziale per sopravvivere, purtroppo – aggiunge, facendo riferimento alle alluvioni nelle Marchelo vediamo concretamente con quanto è accaduto negli ultimi due giorni”. Dunque, “la lotta ai cambiamenti climatici è fondamentale“.

Con il decreto Aiuti ter dovrebbe esaurirsi anche la spinta propulsiva del governo uscente. Il 25 settembre si riapriranno le urne e a ottobre dovrebbe esserci il nuovo esecutivo. Che non sarà guidato da Draghi, o almeno così assicura il diretto interessato, al pari dei suoi ministri, Franco e Cingolani. Ma un consiglio a chi verrà dopo di lui lo lascia, implicitamente: “E’ importante che ci siano crescita ed equilibrio, occorre che il Pnrr, e gli investimenti associati al Piano, continuino; che le riforme, sia quelle che fanno parte del Pnrr sia quelle che non ne fanno parte, continuino. Quello è l’ambiente favorevole alla crescita. I governi possono al massimo creare e mantenere un ambiente favorevole alla crescita“. Un promemoria prezioso, per chiunque verrà.

Per il nuovo dl Aiuti 6,2 miliardi. Ma il voto in Parlamento slitta

Il nuovo decreto Aiuti potrebbe essere l’ultimo atto ‘di peso’ del governo di Mario Draghi. Il Consiglio dei ministri mette a punto la ‘prima fase’ dell’iter con l’approvazione, su proposta del presidente del Consiglio e del ministro dell’Economia, Daniele Franco, della Relazione al Parlamento che aggiorna gli obiettivi programmatici di finanza pubblica sulla base di maggiori entrate, calcolate dal Mef in 6,2 miliardi di euro. Su queste risorse poggia l’impalcatura del provvedimento che servirà a contrastare gli effetti del caro bollette su famiglie e imprese, ma che l’esecutivo non potrà approvare prima della settimana prossima, dopo il via libera del Parlamento, che nel frattempo è fermo per una impasse tutta politica.

Lo stallo che si è generato a Palazzo Madama sul dl Aiuti di inizio agosto, infatti, fa slittare tutto il calendario. Il Movimento 5 Stelle chiede modifiche al testo per sbloccare la situazione della cedibilità dei crediti del Superbonus, di fatto alzando un muro sull’approvazione del testo, che le conferenze dei capigruppo di Senato e Camera sono costrette a rinviare l’approdo in aula, rispettivamente, a martedì 13 e giovedì 15 settembre. Il cambio di programma provoca nuove polemiche tra le forze politiche e la protesta di tre ministre, Elena Bonetti (Pari opportunità e famiglia), Mariastella Gelmini (Affari regionali) e Mara Carfagna (Sud), che vergano una nota congiunta infuocata. “Si tratta di un ritardo inaccettabile, del quale riteniamo debbano assumersi piena responsabilità le forze politiche che continuano a ostacolare in Parlamento l’azione del governo a favore dei cittadini“, scrivono. Rincarando anche la dose: “Questo atteggiamento irresponsabile tiene in ostaggio le imprese esponendole al rischio di chiusura e danneggia pesantemente la vita delle famiglie e dell’intero Paese“.

Nel nuovo decreto dovrebbero trovare spazio l’aumento al 25 della percentuale di prelievo sugli extraprofitti delle aziende energivore (con un allargamento anche a imprese di alcuni settori che hanno conseguito guadagni imprevisti dalla crisi), oltre alla rateizzazione delle bollette per le attività produttive, la Cig, la retromarcia sullo smartworking per i fragili e le misure di contrasto alle delocalizzazioni. Ma ci saranno nuovi interventi “anche in favore del settore agroalimentare, come sottolinea lo stesso Draghi in un messaggio inviato in occasione dell’evento organizzato a Roma da Coldiretti-Filiera Italia. Secondo quanto detto poche ore prima della riunione dal ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, ai microfoni di ‘24 Mattino‘, su Radio 24, “l’ordine di grandezza dovrebbe essere intorno ai 10 miliardi“, ma l’obiettivo di Palazzo Chigi sarebbe quello di mettere sul piatto fino a 13 miliardi, anche se già ad agosto le cifre sono state maggiori di quelle attese, nella stesura finale.

A proposito del Cdm, nel corso della riunione il premier ha rivolto l’invito ai ministri a preparare un ordinato passaggio di consegnevolto a fornire al nuovo governo un quadro organico delle attività in corso“. A coordinare le operazioni con i vari responsabili dei dicasteri sarà il sottosegretario alla Presidenza, Roberto Garofoli. Altro segnale che il tempo dei ‘saluti’ per del governo di unità nazionale è sempre più vicino.