Piano Mattei, Meloni: “E’ più avanti di quanto sembri, Africa al centro del G7”

Intelligenza artificiale, Piano Mattei, europee. In oltre tre ore con i giornalisti della stampa parlamentare, Giorgia Meloni si confronta sui temi caldi dell’anno passato e di quello che verrà, con l’Italia impegnata nella presidenza del G7.

Un focus centrale, lo aveva anticipato più volte, sarà sull’Africa e su un nuovo approccio con il continente oltre il Mediterraneo. E’ il Piano Mattei che ha in cantiere e che in parte, negli accordi sull’approvvigionamento energetico, è già iniziato. Non si conosce ancora nei dettagli, ma “è più avanti di quanto sembri”, assicura la premier e sarà presentato tra qualche settimana, in occasione della conferenza Italia-Africa.

Il punto, per la presidente del Consiglio, è capire che il Continente africano ha una ricchezza enorme, soprattutto di materie prime critiche, di cui l’Europa ha un disperato bisogno. Ma d’altra parte, non si può restare inermi davanti alla destabilizzazione dei Paesi, che influisce nei rapporti con l’Occidente. nel piano di Meloni, bisogna agire a monte, anche per governare i flussi migratori: “Non risolveremo mai questo problema se pensiamo solo a come gestire i migranti una volta che arrivano in Europa. Finora, non ha funzionato un certo approccio paternalistico e predatorio. Quello che va fatto in Africa non è carità, ma partership strategiche da pari a pari”, spiega alla stampa. L’obiettivo è che il Piano Mattei “diventi un modello” anche per gli altri.

Nei giorni che verranno Meloni, presidente di Fratelli d’Italia ma anche del partito dei conservatori europei, sarà sempre più impegnata sul fronte di Bruxelles, in vista delle elezioni per l’Europarlamento, che si terranno dal 6 al 9 giugno 2024. Sulla sua candidatura non scioglie ancora le riserve: “E’ una decisione che non ho ancora preso – scandisce -. Sono una persona per la quale niente conta di più che sapere di avere il consenso dei cittadini, lo valuterò“. Quanto a eventuali rimpasti di governo, nel caso in cui alcuni dei suoi ministri decidessero di candidarsi, esclude l’ipotesi: ”Non auspico, non voglio e non lavoro a un rimpasto – conferma-. Poi quello che decideranno i partiti lo valuteremo caso per caso. Per ora stiamo ragionando solo delle candidature dei tre leader di partito”. Su una cosa è certa: l’Ecr non farà alleanze in Parlamento con partiti di sinistra. Nessuna maggioranza Ursula dunque: “Lavoro per una maggioranza alternativa che negli ultimi mesi ha dimostrato di poter esistere, penso alla transizione verde o alle migrazioni”, spiega. E, incalzata sull’Afd, il partito tedesco di estrema destra, taglia corto: “Ci sono distanze insormontabili”. Più probabile un asse col Rassemblement National di Marine Le Pen. Ma non si sbilancia: “Non sono una persona che ama dare patenti, anche per ragioni di storia. Io per ora lavoro con i conservatori europei”, afferma.

Altro tema al centro della presidenza italiana del G7 e che monta in vista delle Europee è il dibattito intorno all’intelligenza artificiale: “Sono particolarmente preoccupata dall’impatto che può su vari livelli e particolarmente sul lavoro”, confessa in apertura di conferenza. “Organizzeremo sull’Ia un focus molto preciso, perché rischiamo un impatto devastante che vedrà sempre più persone essere sempre meno necessarie“, osserva.

Da quando è al governo, rivendica, l’Italia ha fatto bene in Europa. E si dice “soddisfatta” dell’accordo trovato sul Patto di Stabilità: “Non è quello che avrei voluto, ma è quello che emerge da una sintesi”, precisa.

Su terreno nazionale, difende la legge di bilancio (“all’aumento delle tasse abbiamo preferito il taglio della spesa pubblica”) e biasima chi la critica per la tassa sugli extraprofitti delle banche, guardando al passato: “Mi fa sorridere che i primi a criticare il primo governo che ha avuto il coraggio di fare una tassazione delle banche siano quelli che quando erano al governo alle banche hanno preferito fare regali miliardari. Vale per il Pd, vale per il Movimento 5 Stelle, che è stato cintura nera in questo“, riferisce Meloni.

Risposte che non piacciono alle opposizioni, che urlano alla menzogna. “Se c’è una ‘cintura nera’ di prese in giro ai cittadini quella spetta di diritto a Giorgia Meloni”, si difende il leader pentastellato Giuseppe Conte, accusandola di aver piegato la testa a Germania e Francia per il Patto di stabilità: “Abbiamo un grosso problema a Chigi se la premier è ‘soddisfatta’ per 12 miliardi di tagli che rischiano di colpire come al solito i diritti, i servizi, la sanità e così via“, tuona. “Troppe cose non vere” anche per Angelo Bonelli di Alleanza Verdi Sinistra. “Non è vero che ha tassato le banche, anzi ha usato lo stesso metodo – debole con i forti e forte con i deboli – utilizzato con le lobby energetiche, non tassando gli extraprofitti e regalando loro 450 milioni di soldi pubblici”, sostiene. E giudica il Piano Mattei l’opposto di quello descritto dalla premier: “Rappresenta il neo colonialismo predatorio delle risorse energetiche dell’Africa“. “Mai sentite così tante bugie tutte insieme”, fa eco il leader di IV, Matteo Renzi. “La premier dice che lei non ha aumentato le tasse: evidentemente le accise sulla benzina e l’IVA sugli assorbenti si sono aumentate da sole“, ironizza. Elly Schlein si esprime ancora prima che la conferenza inizi: “Meloni proverà a difendere l’indifendibile, dai disastri della manovra economica che taglia pensioni e sanità all’affossamento del salario minimo, dalla riforma costituzionale che riduce i poteri del Presidente della Repubblica allo smacco di aver accettato a testa bassa un compromesso dannoso sul Patto di Stabilità. Le ribatteremo punto per punto, perché gli italiani hanno diritto a conoscere la verità“. Avrà probabilmente occasione di farlo direttamente con la premier, che a domanda non si tira indietro su un eventuale confronto tv con la segretaria del Pd in vista delle Europee: “Mi impegno volentieri, credo sia normale e giusto confrontarsi con un altro leader politico. Non mi sono mai sottratta, non lo farò stavolta”.

Piano Mattei, in Cdm arriva il decreto sulla governance con cabina di regia e struttura di missione

di Dario Borriello

La partita entra nella fase caldissima. Domani, 3 novembre, alle ore 11, in Consiglio dei ministri arriverà il decreto legge che definisce la governance del Piano Mattei, il progetto su cui il governo, e la premier Giorgia Meloni, puntano per ampliare la cooperazione con l’Africa e fare dell’Italia l’hub energetico d’Europa, favorendo lo sviluppo delle popolazioni locali per frenare i flussi migratori dal sud del Mediterraneo. Gli obiettivi del Piano, infatti, sono quelli di costruire un “nuovo partenariato tra Italia e Stati del continente africano, volto a promuovere uno sviluppo comune, sostenibile e duraturo, nella dimensione politica, economica, sociale, culturale e di sicurezza“.

Sono diversi anche gli ambiti di intervento. Dalla cooperazione allo sviluppo alla promozione delle esportazioni e degli investimenti, l’istruzione e formazione professionale, la ricerca e innovazione, la salute, l’agricoltura e sicurezza alimentare, l’approvvigionamento e sfruttamento sostenibile delle risorse naturali, incluse quelle idriche ed energetiche, ma anche la tutela dell’ambiente e il contrasto ai cambiamenti climatici, l’ammodernamento e potenziamento delle infrastrutture, anche digitali, nonché la valorizzazione e sviluppo del partenariato energetico anche nell’ambito delle fonti rinnovabili, il sostegno all’imprenditoria, in particolare a quella giovanile e femminile. Il governo, però, allo stesso tempo intende promuovere l’occupazione sul territorio africano, anche per prevenire e contrastare l’immigrazione irregolare.

Il Piano Mattei prevede, poi, “strategie territoriali riferite a specifiche aree del continente africano, anche differenziate a seconda dei settori di azione“, e avrà una durata quadriennale, con possibilità di rinnovo e aggiornamento “anche prima della scadenza“.

Per portare avanti il progetto sarà istituita una cabina di regia, guidata dal presidente del Consiglio e composta dal ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, con funzioni di vicepresidente, e dagli altri ministri, oltre al presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, dal direttore dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, dai presidenti dell’Ice-Agenzia italiana per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, di Cassa depositi e prestiti e Sace. Inoltre, ne faranno parte i rappresentanti di imprese a partecipazione pubblica, del sistema dell’università e della ricerca, della società civile e del terzo settore, rappresentanti di enti pubblici o privati, esperti nelle materie trattate, individuati con un Dpcm che sarà varato entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto.

Per assicurare “supporto al presidente del Consiglio dei ministri per l’esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento dell’azione strategica del governo” sul Piano Mattei verrà istituita, sempre presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, anche una struttura di missione, alla quale è preposto un coordinatore, articolata in due uffici di livello dirigenziale generale, compreso quello del coordinatore, e in due uffici di livello dirigenziale non generale, il cui coordinatore sarà individuato tra gli appartenenti alla carriera diplomatica. Alla sdm è assegnato pure un contingente di esperti e avrà a disposizione risorse annue per 500mila euro.

Altro punto importante del decreto è la relazione annuale sullo stato di attuazione del Piano Mattei, che il governo dovrà trasmettere alle Camere (con l’ok della cabina di regia) entro il 30 giugno di ogni anno.

Ue, Meloni: Per Green Deal ridurre dipendenze strategiche o sarà insostenibile

Imporre a “tappe forzate” alcuni provvedimenti del Green Deal senza aver prima ridotto le dipendenze strategiche è un “errore” che rischia di “impattare pesantemente” sui cittadini, che potrebbero trovarsi a pagare un “prezzo insostenibile” alla doppia transizione.
Alla vigilia di un consiglio europeo che “non sarà semplice“, la premier Giorgia Meloni torna a insistere sull’importanza di non trascurare la sostenibilità economica e sociale della doppia transizione. E’ un punto su cui promette di insistere: “Il governo continuerà a sostenere la necessità di un approccio pragmatico e non ideologico alla transizione“, garantisce. Parla di valutazioni di impatto affidabili, criteri di gradualità e strumenti di incentivazione e di accompagnamento per le imprese e per i cittadini.

Il 26 e 27 ottobre in Europa terrà banco il conflitto in Medioriente e la difficile gestione delle tensioni tra Hamas e Israele. “Prima e più che una serie di provvedimenti concreti, mi aspetto una discussione franca sulla visione e sulla missione che vogliamo svolgere come europei in un mondo che ci sollecita a sfide sempre più stringenti e sempre più drammatiche“, tuona la presidente del Consiglio in aula al Sentato.

E non trascura il peso della transizione che significa, davanti a uno scacchiere geopolitico impazzito, sicurezza e indipendenza.  “Se ben impostata“, precisa, può essere uno “straordinario strumento per rafforzare la competitività europea“. Ma se portata avanti con un “approccio miope“, può portare a una “irreparabile desertificazione industriale del continente“.

L’Italia, in Europa, sosterrà tutto ciò che “parla di autonomia strategica, sostanzialmente di sovranità“, spiega Meloni nelle comunicazioni al Senato. Si riferisce al Chips Act sui semiconduttori, al critical raw materials Act, sulle materie prime critiche, e a Step, l’iniziativa per le tecnologie critiche. “In buona sostanza mi riferisco a tutto ciò che serve a sostenere la doppia transizione limitando e auspicabilmente diminuendo la nostra dipendenza dai Paesi terzi, in particolare modo dalla Cina e dai Paesi asiatici“, spiega.

Sulla via dell’indipendenza, Roma punta tutto sulla proposta del Piano Mattei per l’Africa, sostenendo la necessità di integrare il Quadro finanziario pluriennale 2021-2027, definendo un “errore” rivedere il bilancio solo per aumentare gli aiuti all’Ucraina, perché “se non fossimo in grado di rispondere alla conseguenze che il conflitto in Ucraina genera per i nostri cittadini finiremmo inevitabilmente per indebolire anche il sostegno a quella causa“, mette in guardia. Non sarà una “cosa astratta“, tranquillizza l’Aula, assicurando che ci sarà un passaggio parlamentare per un “confronto a 360 gradi“. Il Piano, rivendica, “fa guardare l’Italia con molto interesse. Puntiamo a essere pionieri di un nuovo approccio con l’Africa. E’ un’iniziativa strategica italiana di politica estera, come non ne ho viste tante in passato“. La strategia si intreccia inevitabilmente con l’emergenza migranti. Per questo, in Consiglio, l’Italia si prepara a sostenere l’implementazione dell’accordo con la Tunisia, l’attuazione piena del Piano di azione in dieci punti della Commissione, il varo di una missione navale con le autorità del Nord Africa. Sull’ultimo punto però la premier italiana vuole essere chiara: “Per ottenere questa disponibilità è necessario un radicale cambio di rapporto con quelle autorità, basato sul rispetto e non su un approccio paternalistico e predatorio, come purtroppo spesso è accaduto in passato“.

Medioriente, rischio effetto domino su economia. Italia rinvia anche Med Dialogues

Il rischio di un effetto domino sull’economia è più che concreto. Non è difficile immaginare che sulla scrivania di Giorgia Meloni, al piano nobile di Palazzo Chigi, passino continui aggiornamenti sull’andamento delle borse, oltre a un flusso di informazioni costante sulle evoluzioni delle tensioni in Medio Oriente.

Il fronte è caldissimo non solo per la questione umanitaria, su cui anche la premier continua a battere sperando che si possa aprire uno spiraglio che consenta di far tacere le armi, ma anche per le conseguenze che il conflitto può, anzi sta già avendo sui mercati di gas, petrolio e molte altre voci che compongono il paniere del commercio internazionale. Il quantum dei vari rimbalzi sulla vita di famiglie, cittadini e imprese si comprenderà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, ma gli effetti si stanno già riverberando sull’attività di ogni governo. Compreso quello italiano, costretto a tirare il freno dei negoziati con i Paesi dell’Africa su quello che la premier ha chiamato Piano Mattei. Un progetto di cooperazione per fare dell’Italia l’hub energetico d’Europa, attraverso accordi per investire in diversi Paesi della sponda sud del Mediterraneo. La presentazione sarebbe dovuta avvenire il prossimo mese di novembre, al vertice Italia-Africa in programma a Roma, ma i venti di guerra del Medio Oriente hanno costretto a cancellare le date e spostare tutto al prossimo anno.

Adesso arriva anche un altro slittamento importante. A comunicarlo è la Farnesina: “A causa della congiuntura internazionale attuale, anche la IX edizione dei Med Dialogues, prevista a Roma dal 2 al 4 novembre prossimi, è rinviata al 2024, a data da destinarsi”. Un segnale che dà chiaramente la misura del livello di incertezza che offre lo scenario internazionale. Così come le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante la cerimonia di consegna delle insegne di Cavaliere dell’Ordine ‘Al merito del lavoro’, sono un monito da tenere in grande considerazione. “La storia ci chiama a un’ora di responsabilità”, dice infatti il capo dello Stato, sottolineando che “l’aggressione russa in Ucraina, il barbaro attacco di Hamas contro Israele con la spirale di violenze che si è perseguita, la destabilizzazione che rischia di coinvolgere l’intero Medio Oriente, per restare solo nell’area del Mediterraneo allargato, reclamano un’Europa capace di esercitare la propria positiva influenza”, testimoniando “con convinzione i propri valori di pace, cooperazione, rispetto dei diritti delle persone e dei popoli”.

Tra gli effetti della guerra israelo-palestinese sull’Italia, c’è anche quello sui flussi di persone e merci sul territorio nazionale. Il governo, infatti, ha deciso di reintrodurre i controlli delle frontiere interne terrestri con la Slovenia, in base all’articolo 28 del Codice delle frontiere Schengen. La decisione è stata comunicata dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, alla vicepresidente della Commissione europea, Margaritis Schinas, al commissario agli Affari interni, Ylva Johansson, alla presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, al segretario generale del Consiglio dell’Ue, Thérèse Blanchet, e ai ministri dell’Interno degli Stati membri Ue e dei Paesi associati Schengen. Palazzo Chigi spiega che “l’intensificarsi dei focolai di crisi ai confini dell’Europa ha aumentato il livello di minaccia di azioni violente anche all’interno dell’Unione. Un quadro ulteriormente aggravato dalla costante pressione migratoria cui l’Italia è soggetta, via mare e via terra (140 mila arrivi sulle coste italiane, +85% rispetto al 2022)”. L’esempio portato è il Friuli Venezia Giulia: “Dall’inizio dell’anno sono state individuate 16mila persone entrate irregolarmente” e “nelle valutazioni nazionali le misure di polizia alla frontiera italo-slovena non risultano adeguate a garantire la sicurezza richiesta”. L’Italia comunque assicura che “le modalità di controllo saranno attuate in modo da garantire la proporzionalità della misura, adattate alla minaccia e calibrate per causare il minor impatto possibile sulla circolazione transfrontaliera e sul traffico merci”.

Meloni in Africa ma la crisi in Medioriente fa slittare il Piano Mattei

Poche righe della Farnesina per annunciare che la Conferenza Italia-Africa, fortemente voluta dal governo Meloni, è stata spostata a un vago inizio dell’anno che verrà. Era in calendario a novembre, ma gli ultimi sviluppi geopolitici, in particolare la guerra che sta sconvolgendo il Medioriente con ricadute inevitabili a livello energetico, hanno consigliato l’Italia e i partner africani di procrastinare l’appuntamento. Che, liofilizzando il concetto, avrebbe ‘benedetto’ ufficialmente il Piano Mattei, cavallo di battaglia della premier da quando si è insediata a palazzo Chigi.

Lo slittamento della Conferenza non ha impedito alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, di volare in Congo e Mozambico, là dove l’Eni ha una sfera di operatività ai massimi livelli, e di portare avanti discorsi energetici intavolati da più di un anno. Insomma, con l’aria che tira meglio cautelarsi. Non è neppure casuale che ad accompagnare Meloni nel suo blitz sia proprio Claudio Descalzi, l’amministratore delegato del Cane a sei zampe, manager che ha massime aderenze africane e totale conoscenza del territorio.

Va da sé che il progetto di trasformare l’Italia in hub Mediterraneo del gas subirà un forte rallentamento perché negli ultimi mesi poche tessere del mosaico sono andate al loro posto. Era già difficile prima, figurarsi adesso, la sintesi del pensiero di Descalzi, esplicitato alla festa dei 70 anni di Eni. Se la guerra Russa-Ucraina ha spinto fortemente verso il Piano Mattei, il conflitto che ha coinvolto Israele sta scombussolando tutte le strategie, non tanto perché Israele sia un nostro fornitore diretto (il gasdotto Leviathan non ci coinvolge, come nemmeno il giacimento di Tamar chiuso in via precauzionale) quanto per la situazione di instabilità che si è venuta a creare nell’area mediorientale, per le relazioni con i paesi arabi, per la posizione assunta dall’Algeria pro Gaza, per la necessità di Tel Aviv di cercare altre forme di carburanti alternative.

La summa di queste anomalie non può che allarmare, al punto che la premier si è detta preoccupata per uno shock energetico destinato a rendere ancora più delicata la gestione dei prezzi di gas e petrolio. Il Piano Mattei non può più essere una priorità ma non può neppure finire al fondo di un cassetto perché ha una sua valenza strategica (mettere l’Italia di nuovo al centro del villaggio) e una sua bontà in termini di interessi nazionali. Evidentemente, però, alle porte dell’inverno le priorità sono altre. Rimane un punto, che rientra nel Piano ma che – alla bisogna – può anche essere ‘estratto’ dal Piano stesso. Sono i giacimenti di gas che ci sono in Italia, ancora non trivellati, bloccati da molti vincoli non solo ambientali. Magari la soluzione ce l’abbiamo in casa.

Piano Mattei, un mese al ‘D-Day’. Meloni: “In dirittura d’arrivo norma sulla governance”

Manca un mese al ‘D-day‘. Le lancette dell’orologio corrono veloci verso l’appuntamento del 5-6 novembre, quando a Roma si riunirà il vertice Italia-Africa: è quella la data indicata dalla premier, Giorgia Meloni, per la presentazione ufficiale del Piano Mattei a cui sta lavorando il suo governo da mesi e che dovrebbe portare il nostro Paese a diventare l’hub europeo del gas, ma anche di rinnovabili e idrogeno verde.

Al momento si conoscono le linee guida: un approccio non predatorio verso il continente africano, con accordi bilaterali da chiudere con i Paesi africani con alto potenziale energetico, per uno sviluppo delle infrastrutture da lasciare per l’80% sui territori di origine, con investimenti che creino lavoro e benessere per i cittadini dell’Africa, evitando così che fame, carestie e cambiamenti climatici impongano esodi di massa. In cambio, l’Italia diverrebbe la porta d’ingresso di una parte consistente degli approvvigionamenti di energia per il Nord Europa.

Un progetto ambizioso, sul quale la diplomazia è a lavoro su più tavoli. Quelli con i governi degli Stati africani e quelli con i partner Ue. C’è, però, una novità. A confermarla è la stessa Meloni, a margine dei lavori del summit della Comunità politica europea a Granada: “Siamo in dirittura d’arrivo con una norma sulla governance di questo nostro Piano”. La premier non si sbilancia, ma non è difficile ipotizzare che possa essere creata una cabina di regia apposita, che gestisca i vari negoziati sotto la guida della stessa presidente del Consiglio. I testi, comunque, saranno portati anche in Parlamento e all’attenzione delle istituzioni europee. Perché “per essere efficace” il Piano Mattei ha bisogno “di un’Europa che ci creda nel suo complesso. Da soli non possiamo risolvere tutti i problemi del continente”.

Dalle indiscrezioni circolate in questi mesi, non è escluso che il progetto possa includere anche un capitolo dedicato al reperimento delle materie prime critiche, di cui alcune zone dell’Africa sono ricche. Per i dettagli, però, toccherà attendere ancora qualche settimana, mentre Meloni e il suo governo continuano a tessere la tela del Piano Mattei.

Piano Mattei avanti al di là del prezzo del gas. Urso: “Pensare rigassificatori a terra”

Il Piano Mattei andrà avanti “al di là del prezzo del gas“, perché è un progetto “centrale” che servirà a garantire “l’autonomia strategica dell’Europa come continente produttivo“. Sono le parole del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che aggiunge un’informazione in più sul dossier a cui lavora da mesi il governo, su imbeccata della premier, Giorgia Meloni, che punta molte delle fiches del suo mandato sull’idea di trasformare l’Italia in hub europeo del gas, ma non solo. Il piano sarà presentato ufficialmente il prossimo ottobre, in occasione della Conferenza Ue-Africa, dunque, è ancora work in progress. Ma Urso lascia anche anche spunti di riflessione. Partendo dalla strategicità dei rigassificatori galleggianti collocati a Piombino a Ravenna, il responsabile del Mimit dice che bisogna pensare “anche progetti per rigassificatori a terra“.

Del resto si tratta di infrastrutture cruciali, vista la diversificazione del mix energetico operato dall’Italia a partire dallo scorso anno. Che diventa fondamentale se l’obiettivo del Piano Mattei è rifornire Germania, Ungheria, Svizzera e gli altri Paesi dell’Europa centrale con metano e Gnl che arriveranno nei terminali presenti sul nostro territorio dalle nazioni del Nord Africa. Per avere a disposizione una adeguata gamma di forniture è importante, però, raddoppiare la capacità delle infrastrutture già esistenti e sfruttare la tecnologia per la trasformazione della materia da liquida a gassosa, per poi essere trasportata tramite le pipeline. Termini a volte difficili da comprendere, ma che in sostanza vogliono dire prendere il Gas naturale liquido, riprocessarlo per poi mandarlo a chi vorrà comprarlo. Per fare questo, però, servono i rigassificatori e l’Italia, complice anche la crisi energetica di inizio 2022, acuita fortemente dalla guerra scatenata dalla Russia in Ucraina, è corsa ai ripari acquistando due navi Frsu che hanno proprio questo scopo. Una è ormeggiata a Piombino, l’altra entrerà in funzione entro qualche mese. Le due imbarcazioni, però, hanno un timing operativo limitato. Quella in Toscana, ad esempio, non potrà rimanere più di tre anni e al momento si è fatta avanti la Liguria per accoglierla. Al di là del gas e delle energie prodotte da fonti fossili, però, il nostro Paese non abbandonerà i progetti legati alle fonti alternative. “Assolutamente no“, ribadisce Urso, ricordando che il nostro è il Paese “che spende di più per le rinnovabili o per l’idrogeno verde”. Che dunque diventa un altro tassello fondamentale del mosaico energetico del nascente Piano Mattei.

Meloni: “Piano Mattei soluzione al grande problema d’Europa, l’energia”

La guerra in Ucraina ha cambiato la geopolitica energetica. L’approvvigionamento è diventato “il grande problema dell’Europa” che “non può guardare più a Est, ma deve guardare a Sud” del Mediterraneo. Nel ‘Forum in masseria’, organizzato ogni anno da Bruno Vespa, Giorgia Meloni torna a ripetere quanto fondamentale sia, non solo per l’Italia, ma per l’intero continente il suo Piano Mattei.

Un progetto che, a suo avviso, porterà non pochi benefici anche in Africa dove, scandisce, “sanno benissimo cosa significa”. Il tema si incrocia con una nuova, incombente, emergenza migratoria, di cui la premier ha discusso ieri con il cancelliere tedesco Olaf Scholz: “Chi è intellettualmente onesto non può notare che dalle sue parole, a margine dell’incontro di ieri, in Europa c’è un cambio di schema”, che c’è la necessità di “occuparci della dimensione esterna, mentre fino a ieri il dibattito era come gestiamo i movimenti secondari”.

La questione, insiste, “non si può risolvere se non si capisce che la frontiera d’Europa è una, che l’immigrazione illegale si deve fermare prima che arrivi in Europa e non si può prescindere da accordi con i Paesi di partenza e transito, è il lavoro che stiamo facendo con quei Paesi soprattutto del Nord Africa”, con il Piano Mattei: “Stiamo mettendo in campo un progetto di cooperazione non predatoria, da pari, come faceva Enrico Mattei e i Paesi africani“.

Domenica la presidente del Consiglio tornerà in Tunisia con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il primo ministro olandese, Mark Rutte. L’obiettivo è spingere per trovare l’accordo sugli aiuti del Fondo monetario internazionale al Paese, bloccati per le mancate riforme: “Ci sto lavorando quasi quotidianamente e se domenica ci recheremo lì è grazie a lavoro, molto prezioso, fatto dall’Italia“, rivendica. “Insieme a quella missione, si sta per concretizzare un primo pacchetto aiuti della Commissione Ue, propedeutico all’accordo con il Fmi – aggiunge -. Accordo sul quale continuo a chiedere un approccio pragmatico e non ideologico, sia alla Tunisia che al Fondo monetario internazionale“.

Il Governo vuole l’Italia hub europeo dell’energia, a ottobre il ‘Piano Mattei’

Il ‘Piano Mattei’ esiste, ma è work in progress. Nero su bianco ancora non è stato messo, ragion per cui ad oggi nessuno può stabilire dove possa arrivare il governo nel processo che, nelle intenzioni della premier, Giorgia Meloni, dovrebbe portare l’Italia a essere hub europeo dell’energia, sfruttando la posizione geografica (e geopolitica) di vera porta del Mediterraneo sul Vecchio continente. Anche di questo tema si parlerà il prossimo 30 maggio a Roma, presso l’Europa Experience-David Sassoli, durante l’evento ‘L’energia per l’Italia e l’Ue: le fonti e le regole del mercato energetico’ organizzato da Withub, con la direzione editoriale di GEA ed Eunews.

La presidente del Consiglio, nella recente visita diplomatica in Etiopia, ha però assicurato che in autunno il Piano sarà pronto. Anzi, che “l’occasione giusta” per presentarlo sarà ad ottobre, al summit intergovernativo Italia-Africa. Prima, però, vanno costruite basi e fondamenta del progetto. Che coinvolge, ovviamente e soprattutto, i Paesi del Nord Africa, dai quali possono arrivare gas, Gnl e anche energia prodotta da fonti rinnovabili, unendole poi a quella ricavata da eolico, solare e geotermico ‘italiano’, di cui può essere una preziosa ‘miniera’ il Sud del nostro Paese. Una cosa alla volta, però. Si parte dall’assunto, ripetuto più volte anche dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, che la decarbonizzazione al 2030 e il net zero al 2050 restano il faro entro cui costruire ogni strategia, prevedendo se non un’uscita definitiva dalle fonti fossili, quantomeno la riduzione all’uso di una sola di queste risorse: il gas. In poche parole, non se ne può fare a meno, per ora.

Concetto ribadito in più occasioni anche dal Ceo di Eni, Claudio Descalzi, che da più di un anno è impegnato nel lavoro sulla diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico per liberare l’Italia dalla dipendenza russa. Il manager ha guardato da subito all’Africa, dove il Cane a sei zampe ha investito moltissimo, da diversi decenni. Non a caso, il nome dato da Meloni al dossier sull’energia prende spunto dall’indimenticato presidente dell’Ente nazionale Idrocarburi, Enrico Mattei. Che introdusse la regola di lasciare il 75% delle risorse generate ai territori dai quali veniva estratto dai giacimenti. Una regola a cui Palazzo Chigi si ispira per il proprio progetto, che “non vuole essere predatorio“, si premura di ricordare la premier ogni volta che ne parla, in pubblico o nei colloqui con i leader dei Paesi con cui sta negoziando.

Qui si innesta l’altra gamba del piano, squisitamente politica e geopolitica. Perché l’Italia ha dei rapporti più che fruttuosi con diverse nazioni del Nordafrica. “L’Italia sta lavorando per essere il ponte che da Mediterraneo e Africa porta in Europa l’energia sempre più verde, con l’idrogeno e l’elettricità che siano sempre più prodotti localmente e destinati sia alle popolazioni locali sia all’Europa”, è la sintesi di Pichetto. Spiegando che “gli obiettivi del nostro ‘nuovo Piano Mattei’ sono proprio garantire prosperità, pace e stabilità in queste regioni”. Oltre alla liaison fortissima con l’Algeria, verranno intensificati i rapporti con Mozambico, Egitto e Angola, per quanto riguarda il continente africano. Ma poi ci sono anche l’Azerbaijan, che già ci fornisce gas in arrivo in Puglia (in programma c’è anche il raddoppio del Tap), la Libia e Israele, sempreché il progetto del gasdotto Eastmed vada avanti. L’Italia, in quest’ultimo caso, è spettatore interessato, visto che a decidere dovranno essere Tel Aviv e Cipro, anche se, stando alla visione di Descalzi, servirà un accordo pure con la Turchia.

Dunque, il progetto di fare del nostro Paese l'hub di gas ed energia, sta nascendo con prospettive sicuramente interessanti. Sfruttando anche le potenzialità delle fonti rinnovabili, che possono dare un prezioso contributo per rimpinguare il mix, ma soprattutto opportunità di sviluppo economico e infrastrutturale per il Mezzogiorno d'Italia. Adesso, però, come ogni grande progetto che si rispetti, viene la parte difficile: la messa a terra. Quello sarà il banco di prova per il 'Piano Mattei' e per il governo Meloni.

Gas, rinnovabili e approccio “non predatorio”: le parole chiave del ‘Piano Mattei’

Un documento vero e proprio ancora non c’è, ma il ‘Piano Mattei’ ha delle linee guida ben delineate. Almeno nelle parole della premier, Giorgia Meloni, e dei ministri impegnati in prima linea per la sua realizzazione. L’obiettivo è fare dell’Italia il nuovo hub europeo dell’energia, sia per quel che concerne le forniture di gas, sia per lo sviluppo delle fonti rinnovabili. Ecco, di seguito, i punti salienti e le parole chiave del progetto portato avanti dalla presidente del Consiglio.

AFRICA. Si parte dagli accordi per le forniture di metano che l’Italia ha già stipulato, sia con nuovi che con storici partner del continente africano. Algeria, Mozambico, Congo, Angola ed Egitto sono i principali fornitori di gas, che stanno permettendo al nostro Paese di liberarsi dalla dipendenza russa, potranno avere una porta di ingresso per il mercato europeo. Ovviamente, solo questi fornitori non bastano a raggiungere il target, ragion per cui ci dovrebbe essere un ampliamento dei rapporti anche con l’Azerbaijan, la Libia e Israele.

APPROCCIO NON PREDATORIO. E’ una delle frasi più ripetute dalla premier, Meloni. Il suo piano prevede un “modello non predatorio di cooperazione per creare catene di valore e aiutare la nazioni africane a vivere meglio delle risorse che hanno a loro disposizione”.

RINNOVABILI. Idrogeno ed energia da fonti alternative, sfruttando le potenzialità sia del Nordafrica che del Mezzogiorno d’Italia. Le rinnovabili dovranno essere un capitolo determinante del progetto per fare del nostro Paese l’hub energetico dell’Europa.

OTTOBRE, SAVE THE DATE. Il nuovo ‘Piano Mattei’ sarà presentato a ottobre, in occasione del summit intergovernativo Italia-Africa. L’annuncio l’ha fatto direttamente la presidente del Consiglio, dall’Etiopia, durante la visita diplomatica ad Addis Abeba dello scorso mese di aprile. Prima, però, ci saranno tappe di avvicinamento importanti, come lo Stocktaking moment, l’evento della Fao che si svolgerà a Roma dal 24 al 26 luglio e, successivamente, dopo l’estate i Med Dialogues, sempre nella Capitale.