Studio del parlamento Ue: “A fine 2023 l’Italia ha speso il 22% delle risorse del Pnrr. Bisogna accelerare”

Ritardi nell’attuazione e adesso anche frodi ai danni dell’Unione europea. Il Piano nazionale per la ripresa (Pnrr) per l’Italia si fa in salita, e il governo dovrà tenere la barra a dritta. Da una parte, una mole di denaro importante, senza precedenti, da utilizzare in tempi stretti e a ritmi serrati; dall’altra, la gola che tutto questo tesoro da 194,4 miliardi di euro tra garanzie (68 miliardi) e prestiti (126,4 miliardi) può fare ai malintenzionati. In questo momento il Paese sembra soffrire dei entrambi i mali. Il primo lo certifica il centro studi del Parlamento europeo, con un documento che avverte delle criticità attuative. Il secondo lo ufficializza la procura europea, nella maxi-operazione che ha portato all’arresto di 22 persone tra Italia, Austria, Romania e Slovacchia, per presunte frodi da 600 milioni di euro a danni del Pnrr italiano.

Nel suo programma di riforme l’Italia, allora a guida Mario Draghi, ha voluto gettare il cuore oltre l’ostacolo e impegnarsi per più di quelli che l’Ue richiede in materia di doppia transizione: 75,9 miliardi per la parte ‘green’ e 47,1 miliardi per quella innovativa. Spese, rispettivamente, per il 39% e il 24,2% del totale del piano, al di là degli obiettivi minimi comuni (37% e 20%). In questo libro dei sogni irrompe, però, la realtà, fatta di ritardi. Agli esperti del Parlamento europeo risulta che l’Italia, alla fine del 2023, aveva speso 43 miliardi di euro, ovvero il 22% delle risorse dell’Ue disponibili per il suo Piano “il che suggerisce l’importanza del periodo fino all’agosto 2026 per la piena attuazione, anche delle sue misure di investimento”. Dovrà essere il governo ad agire, in fretta e a livello centrale.

Nell’attuazione del Pnrr e il pieno utilizzo dei fondi del Recovery Fund sembra pesare, in negativo, la capacità della pubblica amministrazione. “Nel contesto di un’amministrazione pubblica ancora percepita come meno efficiente rispetto alla maggior parte dei paesi Ocse, l’attuazione dei progetti correlati è stata considerata in ritardo rispetto ai tempi previsti”. Secondo gli autori dello studio, “ponendo una maggiore attenzione ai progetti di grandi dimensioni e gestiti a livello centrale, si prevede che la revisione del Pnrr del 2023 aumenterà la probabilità di una piena attuazione”.

Ma occorrerà anche aumentare i controlli. Perché 600 milioni di euro di fondi non rimborsabili sarebbero finiti dove non dovevano, in mano a imprese fittizie e progetti di facciata. Un totale di 22 persone sono state arrestate al termine della maxi-operazione condotta in Italia, Austria, Romania e Slovenia. Un gruppo criminale sostenuto da una rete di commercialisti, fornitori di servizi e notai che avrebbero falsato gare e bandi. Otto sospettati sono stati posti in custodia cautelare, mentre altri 14 sono agli arresti domiciliari e a un contabile è stato vietato di esercitare la sua professione. Non un buon biglietto da visita per l’Italia, che comunque dimostra di controllare. Ma che adesso ha anche il nodo di 600 milioni spariti nel nulla, con il tempo per un’attuazione completa ed efficiente del Pnrr che stringe.

 

Tags:
,

Pnrr, l’Italia ha incassato 102 mld e ne aspetta altri 10 dalla V rata

Ad oggi l’Italia ha incassato 102 miliardi di euro in quattro rate del Piano nazionale di ripresa e resilienza. E’ in attesa di concludere l’iter di valutazione sulla richiesta di pagamento della quinta (presentata entro il 31 dicembre 2023) da 10,6 miliardi e ha avviato i confronti per la sesta e la settima che sono gli obiettivi posti dal governo per il 2024.  E’ il quadro tracciato dal ministro per gli Affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, nelle comunicazioni in Senato sullo stato di attuazione del Pnrr. Un discorso ampio, pur senza entrare nei dettagli, che abbraccia diversi aspetti, anche quelli spinosi, di un tema che resta al centro dibattito politico.

Fitto si sofferma soprattutto sull’aspetto legato al definanziamento di alcune opere originariamente inserite nel Piano, ma poi uscite dal perimetro dopo la rimodulazione concordata con la Commissione europea. “Quasi 68 miliardi di euro di progetti che erano precedenti e, quindi, non avevano i requisiti” e “non essendo adeguati ai nuovi scenari, avrebbero certamente ‘bucato’ la data di giugno 2026, che è imprescindibile“. Nulla, però, è stato cancellato – sottolinea ancora l’esponente di governo -, perché “abbiamo messo in campo la strategia di individuare tali progetti e di spostarli fuori dal Piano nazionale di ripresa e resilienza” prevedendo “la copertura finanziaria di tutti gli interventi che sono stati definanziati“. Una posizione per la quale ha subito le dure critiche di una parte delle opposizioni, alle quali però replica a tono: “Non ci sono fondi rimandati indietro, la rimodulazione non lo prevede. Sono progetti opportunamente spostati dal piano, se non avessimo fatto la rimodulazione avremmo mancato gli obiettivi“. A proposito del negoziato con l’Ue, Fitto rivendica il lavoro fatto con Bruxelles, togliendosi anche qualche sassolino dalle scarpe rispetto a chi prevedeva un “fallimento“, come ha ribadito il Pd in aula, ad esempio.

Parola che, però, proprio non va giù al ministro: “Sono deluso da alcune considerazioni fatte a prescindere, come quello della senatrice Rojc. Utilizzare parole come ‘fallimento’ o ‘propaganda’, sinceramente lo trovo eccessivo. serve un approccio rispettoso“. Anche perché la visione che offre al Senato è che il Pnrr “non può essere uno strumento statico, un piano di tale portata ha bisogno di un adeguamento costante in funzione di dati oggettivi, come la crisi energetica“. Infatti, l’esponente di FdI promuove l’operato della cabina di regia (“un modello di lavoro“). Sempre parlando della rimodulazione, ricorda che “è stata aumentata la dotazione finanziaria del Pnrr nell’ambito del settore agricolo con interventi concreti pari a circa 3 miliardi” ma “non sulla spinta dei trattori in piazza che polemizzavano con il governo – ci tiene a chiarire -. La scelta risale al dicembre 2023 dà l’idea della visione e della lungimiranza” dell’esecutivo. Espressione, quest’ultima, che usa anche toccando il tema del RePowerEu, inserendo “oltre sei miliardi di euro per la transizione energetica del sistema delle imprese” e “risorse importanti sulle infrastrutture energetiche strategiche del Paese“. Senza contare il Testo unico sulle rinnovabili. “Dà coerenza agli obiettivi che mettiamo in campo sul fronti degli investimenti per l’approvvigionamento energetico del nostro Paese“, aggiunge ancora Fitto. Infine, il ministro ribadisce la propria analisi sulla recente relazione della Corte dei conti. Il responsabile degli Affari Ue ripercorre i mesi di discussione sulla precedente relazione dei magistrati contabili, puntualizzando che c’è “una omissione, perché si riferiva al primo semestre del 2023 e prendeva come dati di riferimento quelli di febbraio 2023“, mentre da quella dei giorni scorsi “emerge in modo molto chiaro un sostanziale apprezzamento“. Le opposizioni, ovviamente, sostengono il contrario di Fitto, ma alla fine la mozione di maggioranza passa e il dibattito si sposta ora alla Camera, dove domani bisserà le comunicazioni.

Tags:
, ,

Pnrr, spesa metà fondi ottenuti. Fitto: “Cifre sottodimensionate”

L”interlocuzione con l’Europa corre più veloce dell’attuazione del Pnrr. Quello appena trascorso, è stato un semestre di “intensa attività”, illustra la quarta relazione. Ci sono state le trattative per la revisione, poi, il 9 ottobre, il pagamento della terza rata, l’8 dicembre l’approvazione finale del nuovo Piano da parte del Consiglio dell’Unione europea, il 28 dicembre il pagamento della quarta rata e il 29 dicembre la presentazione formale della richiesta di pagamento della quinta rata.

Con l’approvazione della richiesta di quinta rata, l’Italia avrà conseguito 113 miliardi di euro, cioè oltre il 58% dei 194,4 miliardi di euro stanziati in sede europea. Al 31 dicembre 2023, il Paese ha incassato 101,93 miliardi di euro (il 52% del totale). Di questi fondi, però, tra il 2021 e il 2023, sono stati spesi 45,6 miliardi di euro, quindi meno della metà. In più, il dato si riferisce al Pnrr prima della revisione, che considera anche le spese (circa 2,7 miliardi di euro) relative alle misure spostate dal Piano.

Ma ci sono due fattori da tenere in considerazione. Il primo riguarda il sistema di monitoraggio Regis: ”E’ importante segnalare che il dato si riferisce alla spesa effettuata dai soggetti attuatori come riscontrabile dal sistema di monitoraggio e potrebbe, quindi, in alcuni casi risultare incompleto qualora le amministrazioni non abbiano provveduto a registrare le singole operazioni”, viene sottolineato. Il secondo riguarda la quantità di fondi spesa, che è stata incrementale nel tempo: 24,48 miliardi sono stati spesi in due anni (2021-2022), 21,17 miliardi sono stati spesi solo nel 2023. “Leggere in modo disaggregato i dati fa capire quanto lavoro ci sia dietro“, spiega il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, che osserva come la spesa comunicata, in considerazione del monitoraggio Regis sia quasi sicuramente “sottodimensionata”.

Il lavoro non è finito“, ricorda la premier, Giorgia Meloni, nella premessa alla relazione. “Abbiamo ancora molto da fare, ma i tanti obiettivi centrati finora ci rendono fieri e ci incoraggiano a dare sempre di più. Nell’interesse dell’Italia e degli italiani“, chiosa.

Ora il governo lavora al decreto legge in cui ci saranno le indicazioni per le coperture finanziarie per i progetti usciti dal piano dopo la revisione e per l’attuazione degli obiettivi oggetto di revisione. “I tempi non sono lunghi e stiamo lavorando bene, il compito è di dare risposte. Confermo quindi l’impegno del governo nel finanziare tutti i progetti“, assicura Fitto. “Con Giorgetti – tranquillizza – stiamo lavorando da sempre in modo positivo, c’è un’interlocuzione aperta perché parliamo di un decreto che non ha scadenza, ed è necessario fare bene e velocemente ma non in fretta, perché dovrà dare copertura a tutti i progetti e che dovrà affrontare la questione sulla loro attuazione“. Molte misure riguarderanno la revisione del Piano Transizione 5.0, “penso a quelle per le imprese sulla transizione energetica“, precisa il ministro.

A valle della revisione dei Piani nazionali di tutti gli Stati membri, l’Italia si conferma il maggiore beneficiario del dispositivo di ripresa e resilienza e “si distingue per una significativa allocazione di fondi al capitolo REPowerEU per nuovi investimenti e riforme di ampia portata”, mette in luce la relazione. “Questo – viene spiegato – non solo sottolinea l’importanza attribuita dall’Italia alla transizione ecologica e alla digitalizzazione, ma evidenzia anche una gestione attenta e proattiva delle risorse a disposizione per massimizzarne l’impatto sul tessuto economico e sociale del Paese”.
Nel Rapporto della Commissione europea sulla valutazione intermedia “si riconosce che l’Italia è la prima nazione europea per numero di obiettivi e traguardi raggiunti”, ribadisce la premier, rivendicando un lavoro “incessante” per raggiungere tutti gli obiettivi programmati e “rafforzare la portata strategica del Piano”. I nuovi investimenti e le nuove riforme permetteranno all’Italia, scandisce Meloni, “di rispondere alle sfide del mutato scenario internazionale e di salvaguardare le risorse e la realizzazione delle opere già pianificate”.

La premier non perde occasione per difendere la scelta di rivedere il piano dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e le nuove esigenze energetiche del Paese: “L’Italia si è dotata a tutti gli effetti di un nuovo Piano caratterizzato dall’introduzione della missione REPowerEU, da sette ulteriori riforme mirate all’ammodernamento e alla semplificazione normativa e dal finanziamento di investimenti aggiuntivi per circa 25 miliardi di euro, volti a rafforzare la competitività del tessuto produttivo, favorendo la transizione verso energie pulite e la diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico dell’Italia e dell’Europa”.

Pnrr, a rischio certezza su tempi pagamento per pmi. Giovedì voto all’europarlamento

Il 99% delle imprese europee è appeso al voto di domani in Commissione per il Mercato interno e la protezione dei consumatori all’Europarlamento. Ogni anno in Ue vengono emesse circa 18 miliardi di fatture, più di 500 al secondo. Beni e servizi sono spesso forniti con pagamenti dilazionati, ovvero il fornitore (creditore) concede al cliente (debitore) un termine per pagare la fattura (credito commerciale), dopo la consegna dei beni o il servizio concordato nel contratto. I pagamenti ritardati sono pagamenti non effettuati entro il termine concordato o legale. Colpiscono ovviamente le imprese di tutti i settori e di tutti gli Stati, ma in misura sproporzionata colpiscono gravemente le pmi. Per questo a settembre scorso la Commissione Ue ha varato una proposta di regolamento per limitare i termini di pagamento a 30 giorni.
Secondo le stime di Bruxelles “almeno il 30% delle pmi europee beneficerebbe direttamente di questa disposizione” anche se la cifra è sicuramente per difetto. La combinazione del limite massimo dei termini di pagamento con deterrenti come il pagamento automatico degli interessi e dell’aumento del compenso dovrebbe ridurre il numero di fatture pagate in ritardo, oltre a ridurre significativamente i costi associati alle seccature e al tempo trascorso a rincorrere pagatori ritardatari. Si stima che il numero di giorni-persona che un’azienda impiega ogni anno per recuperare i ritardi vari da 5 giorni in Germania a oltre 15 giorni in Spagna. Anche sulla base di ipotesi molto prudenti, si potrebbe risparmiare un totale annuo di 27,4 milioni di ore-uomo per l’economia dell’Ue, l’equivalente di 5,845 miliardi, scoraggiando i ritardi di pagamento.

Ecco, domani la Commissione per il Mercato interno e la protezione dei consumatori (IMCO) del Parlamento europeo voterà la sua relazione sulla proposta di Regolamento relativo ai ritardi di pagamento. Ma sul voto c’è il pressing di alcuni Paesi, una decina, capitanati dalla Germania insieme ad altri Stati, soprattutto dell’Est, per stravolgere la proposta originaria. Nelle ultime ore è circolata anche la voce che si possa rinviare il voto, facendo così il gioco dei tedeschi senza per altro confermare una certezza dei pagamenti in favore di quasi la totalità delle aziende continentali.

In commissione, la relatrice Roza Thun di Renew punta a individuare termini un po’ più lunghi, 60 giorni, per i prodotti a lenta rotazione. Ppe e il gruppo dei conservatori–ECR hanno invece presentato emendamenti non proprio in favore delle pmi: propongono in particolare di eliminare alcune garanzie come quelle contenute nell’articolo 4 del testo varato da Bruxelles, il quale impone che il contraente principale in una gara d’appalto dimostri alla Pa di aver pagato i subcontraenti, quasi sempre le pmi. Un’eventuale cancellazione di questa norma, considerando il caso italiano dove si moltiplicano le gare pubbliche per il Pnrr, lascerebbe le nostre piccole e medie aziende ancora nell’incertezza dei pagamenti.

Da vedere come voteranno i parlamentari italiani di Ecr (in pratica Fratelli d’Italia) e del Ppe (in primis Forza Italia). Sempre che non passi la linea tedesca e il pacchetto venga rimandato a data da destinarsi, quindi dopo le elezioni, con grave danno per il 99% degli imprenditori europei.

Tags:
,

Pnrr, Parlamento Ue: “Stati devono ancora raggiungere 86% obiettivi”

Qualcosa è stato fatto, progressi si sono registrati. Ma la partita della doppia transizione va chiusa, con successo, entro il 2026 e c’è ancora molto da fare. Il 2024 deve essere l’anno in cui i Piani nazionali per la ripresa (Pnrr) conoscono un’accelerazione nella loro attuazione. Un obiettivo che in Parlamento europeo si incastona in un documento di lavoro che intende rinnovare attenzione e pressioni sui governi nazionali, responsabili delle riforme che richiedono sostenibilità e digitalizzazione.

Dati aggiornati all’8 gennaio 2024, “gli Stati membri dell’Ue hanno raggiunto il 15% degli obiettivi nell’ambito del pilastro transizione verde e il 13% di quelli nell’ambito del pilastro trasformazione digitale”, rileva il documento. “Il fatto che gli Stati membri debbano ancora raggiungere l’86% degli obiettivi dei Piani nazionali per la ripresa legati alla doppia transizione significa che sarà importante che l’attuazione del programma per la ripresa riprenda slancio, ora che la revisione della maggior parte dei piani è stata completata”. L’anno che si è appena aperto deve dunque essere quello della svolta. Svolta ‘green’, svolta tecnologica, svolta politica nella capacità di utilizzare fondi e mettere a terra le riforme su carta concordate. Un impegno che riguarda soprattutto l’Italia, secondo beneficiario dopo la Spagna per mole di contributi Ue da NextGenerationEU, il programma di ripresa post pandemico da 750 miliardi di euro, e il suo Recovery Fund (672,5 miliardi) che finanzia i Pnrr.

Il pieno utilizzo di tali risorse è tanto più rilevante ora dato che si prevede che il Recovery Fund “sarà un fattore chiave di investimento pubblico nell’Ue in tempi di politica monetaria più restrittiva, spazio di bilancio limitato degli Stati membri e rinnovata applicazione delle norme di bilancio dell’Ue”, viene sottolineato. Nel ribadire questo aspetto non si fa che tracciare una volta di più l’identikit dell’Italia, Paese con il secondo livello più alto di debito/Pil nell’Ue dopo la Grecia, Paese chiamato a ridurre spesa e disavanzi, e alle prese con i problemi legati al maggior costo degli interessi sui titoli di debito derivati dall’aumento dei tassi della Bce. E’ dunque per il governo Meloni, più di altri, il richiamo contenuto nel documento di lavoro del Parlamento Ue. Una sfida.

Del resto attenzione e sforzi per la doppia transizione non sono minimi. Al contrario. Considerando che tutto andrà chiuso entro il 2026, “sullo sfondo dell’enorme fabbisogno di investimenti in questi settori politici strategici, il 2024 segna una fase cruciale nell’implementazione di NextGenerationEU”. Anche perché nel 2024 si torna alle regole del patto di stabilità. Che piacciano o meno (questa è un’altra storia), i vincoli alla spesa pubblica ridurranno ancora meno i margini di manovra. Anche per questo bisognerà darsi da fare sul piano delle riforme e della corretta spesa dei fondi Ue.

Tags:
, ,

Pnrr, inviata a Bruxelles la richiesta di pagamento della V rata: 10,6 miliardi. Meloni esulta

L’Italia ha inviato alla Commissione europea la richiesta di pagamento della quinta rata del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Entro il 31 dicembre, come avevano promesso sia la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sia il ministro che ha in mano il dossier, Raffaele Fitto. Una ‘doppietta‘, quella messa a segno dal governo, che ha incassato il 28 dicembre il bonifico di 16,5 miliardi della quarta rata, dopo la verifica, da parte di Bruxelles, del raggiungimento dei 28 obiettivi e traguardi previsti.

La richiesta di pagamento di oggi della quinta rata, che segue il versamento avvenuto ieri della quarta rata e l’entrata in vigore del nuovo Piano, chiude un anno di grande impegno e di risultati straordinari del governo nell’attuazione del Pnrr”, commenta la premier, Meloni. Che assicura: “Siamo molto soddisfatti e determinati a proseguire il lavoro anche nei prossimi mesi”.

Esulta anche Fitto: “La richiesta di pagamento della quinta rata segna un ulteriore importante successo del presidente del Consiglio Meloni e del governo nell’attuazione del Piano”. Il nostro Paese è il primo Stato membro dell’Ue a presentare formalmente la richiesta. “Come già avvenuto per la quarta, anche per la richiesta della quinta l’Italia si conferma in anticipo sui tempi rispetto a tutti gli altri Stati membri – aggiunge il ministro per gli Affari europei -. Un risultato straordinario che è frutto di un grande lavoro di squadra e di un dialogo costante e positivo con la Commissione europea”.

La nuova tranche di risorse europee vale 10,6 miliardi di euro ed è legata a 52 obiettivi, che riguardano investimenti in diversi settori chiave. A partire dall’agricoltura, per aumentare l’efficienza dei sistemi di irrigazione e implementare la produzione di energia verde. Ma anche nel comparto idrico, con nuove opere per il potenziamento delle condotte, dei sistemi di depurazione e per la riduzione delle perdite di rete. E ancora l’ambiente, con la realizzazione di nuovi impianti e l’ammodernamento di quelli esistenti per la valorizzazione dei rifiuti. Per il trasporto pubblico locale è previsto il rafforzamento del parco autobus a emissioni zero e di metropolitane, tram e bus rapid transit.

Per quanto riguarda le infrastrutture, la quinta rata del Pnrr prevede l’elettrificazione della linea ferroviaria del Mezzogiorno e l’alta velocità lungo la tratta Salerno-Reggio Calabria. Ma ci sono target anche nella cultura, con l’efficientamento energetico di cinema, teatri e musei; nella scuola, con la realizzazione di nuovi plessi ad alta efficienza energetica, del patrimonio immobiliare pubblico, con la costruzione di nuovi edifici dell’amministrazione della giustizia e l’ammodernamento di quelli esistenti. Nella sanità, con l’implementazione di moderni sistemi di cura legati alla telemedicina. Nella Pubblica Amministrazione, con interventi per la transizione al digitale. E per le università, con l’assegnazione di borse di studio e il finanziamento di progetti di ricerca.

Sulle riforme, poi, Palazzo Chigi sottolinea che “sono stati raggiunti importanti obiettivi, come la piena operatività del sistema nazionale di e-procurement per l’acquisizione di beni, servizi e informazioni in via telematica, la riorganizzazione del sistema scolastico, l’entrata in vigore delle misure legate alla concorrenza e al quadro legislativo degli appalti pubblici”. Prima del nuovo versamento (finora l’Italia ha ottenuto un totale di 101,9 miliardi, diviso in quattro rate), si aprirà ora l’iter di valutazione e verifica, da parte delle istituzioni europee, dell’effettivo raggiungimento degli obiettivi e delle milestones previste. “Sappiamo che la fase di assessment sarà come sempre molto rigorosa – conclude Fitto -. Ma da parte nostra siamo fiduciosi“.

Ue versa IV rata Pnrr a Italia: 16,5 mld. In Cdm approvata norma ad hoc sul Superbonus

Una boccata d’ossigeno per l’Italia. La Commissione europea, infatti, ha versato la quarta rata del Pnrr e il nostro Paese porta in cassa altri 16,5 miliardi di euro. Cifra che aggiorna il totale delle risorse ottenute finora a circa 102 miliardi, ovvero più la metà dei 209 miliardi previsti dagli accordi sul Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Il percorso, però, non è stato facile. Ci sono volute settimane di negoziati, a volte con qualche tensione di troppo, ma il governo ha portato comunque a casa la modifica degli obiettivi senza perdere un centesimo delle risorse europee. Il nuovo pagamento, infatti, è legato al conseguimento di tutti i 28 obiettivi e traguardi legati alla quarta rata, come accertato dall’Ue. “Ciò dimostra i grandi progressi fatti dall’Italia nel raggiungimento delle misure previste”, si legge in una nota di Palazzo Chigi.

I target raggiunti riguardano misure necessarie per proseguire l’attuazione delle riforme in materia di giustizia e pubblica amministrazione, oltre a quelle relative all’inclusione sociale e gli appalti pubblici. I principali investimenti sono legati alla digitalizzazione, in particolare per quanto riguarda la transizione dei dati delle Pubbliche Amministrazioni locali verso il cloud, lo sviluppo dell’industria spaziale, l’idrogeno verde, i trasporti, la ricerca, l’istruzione e le politiche sociali.

Grande soddisfazione per l’erogazione avvenuta oggi da parte della Commissione europea della quarta rata del Pnrr del valore di 16.5 miliardi”, commenta sui suoi canali social il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, che ha il compito di seguire il dossier. “L’impegno del presidente Meloni e del governo era di ricevere i fondi entro la fine del 2023 e lo abbiamo rispettato – sottolinea -. Questo è il risultato di un grande impegno collettivo e di una costante e costruttiva collaborazione la Commissione europea”.

Ma ora, come scrive ancora Fitto, “il lavoro prosegue”. Palazzo Chigi fa sapere che “sulla base del Piano così come recentemente modificato dal Consiglio Ue, il governo proseguirà nell’opera di piena e tempestiva attuazione del Pnrr, nel quadro della continua e stretta collaborazione con la Commissione europea”. L’obiettivo è chiudere anche la partita della quinta rata, accelerando sull’iter di verifica dei 52 obiettivi connessi, indispensabile per inviare a Bruxelles la richiesta di pagamento entro il 31 dicembre.

Intanto, sul fronte della maggioranza, si allentano le tensioni interne dopo l’accordo trovato tra i partiti che sostengono il governo che porta all‘approvazione, nell’ultimo Cdm dell’anno, a un provvedimento specifico sul Superbonus. Stavolta a esultare è Forza Italia, dopo settimane di trattative lontane dai riflettori e dichiarazioni pubbliche per spingere a rivedere la decisione del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, avallata dalla premier, Giorgia Meloni, sulla fine della misura per l’efficientamento energetico degli edifici. Per i cittadini “meno abbienti, di fatto ci sarà una sorta di ‘sanatoria’ per il 2023, cioè per chi ha superato il 30% dei lavori: se non ha raggiunto la conclusione non dovrà pagare nulla, anche per eventuali omissioni – spiega il vicepremier, Antonio Tajani -. Quindi, di fatto, né l’impresa si rivarrà sui clienti, sui condomini, né dovrà versare penali allo Stato e restituire i soldi“. Inoltre, “per i lavori che non sono stati conclusi al 100% e che usufruivano del Superbonus 110, con il secondo stato di avanzamento lavori già fatto prima del 31 dicembre“, sempre “per le persone meno abbienti, sarà lo Stato a pagare la differenza tra il 70 e il 110%“, sottolinea il segretario nazionale degli azzurri.

Continuerà ad esistere il bonus al 70% per tutti coloro che proseguiranno i lavori nel 2024 ed è prevista una sanatoria che permetterà di evitare la restituzione delle somme per tutti coloro che non hanno completato i lavori entro il 31 dicembre“, entra ancora nei dettagli il capogruppo di FI alla Camera, Paolo Barelli. “Il bonus edilizio al 110% resterà comunque in vigore per coloro che hanno reddito basso e non hanno completato i lavori“.

Critiche le opposizioni. Per il Pdsulla questione Superbonus maggioranza e governo stanno dando vita a un indecoroso teatrino sulla pelle di cittadini e imprese“, attacca il capogruppo del Partito democratico in commissione Bilancio alla Camera, Ubaldo Pagano. Aggiungendo: “Le possibilità sono due: o hanno preso in giro il parlamento bocciando le nostre proposte per poi inserirle in un nuovo provvedimento. Oppure quella che stanno costruendo è una norma vuota e inutile per risolvere i problemi aperti dalle loro scelte miopi e dannose“. Duro anche l’affondo di Angelo Bonelli: “Per mesi il governo ha criticato il provvedimento, con dichiarazioni che lo hanno definito una ‘allucinazione’ da parte del ministro Giorgetti e addirittura la ‘più grande truffa ai danni dello Stato’ secondo Meloni. Tuttavia – continua il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Avsoggi assistiamo a un cambio di rotta, con la maggioranza che dichiara di aver raggiunto un accordo. Siamo nel circo della politica“.

Pnrr, Italia prima a chiedere quinta rata entro fine anno

I 52 obiettivi della quinta rata del Pnrr sono verificati. L’Italia, prima tra gli Stati membri, presenterà alla Commissione europea la richiesta di pagamento per i 10,5 miliardi di euro previsti. Intanto, a giorni arriveranno i 16,5 miliardi di euro della quarta rata, che faranno salire complessivamente la quota già incassata a circa 102 miliardi di euro, più della metà dell’intero Piano.

Un altro obiettivo estremamente importante“, rivendica Giorgia Meloni dopo la cabina di regia. Un “grande risultato“, ribadisce, che “testimonia ancora una volta lo straordinario lavoro portato avanti in questi mesi“. Tra gli obiettivi previsti nella quinta rata ci sono l’aggiudicazione degli appalti del settore idrico, l’elettrificazione della linea ferroviaria nel Mezzogiorno e la tratta Ferroviaria Salerno-Reggio Calabria. In tema di ambiente sono previsti interventi per il potenziamento delle condotte, della depurazione e per la realizzazione degli impianti per la valorizzazione dei rifiuti.

La Cabina di regia di oggi permetterà al Governo di dare seguito alla richiesta di pagamento entro fine anno, per, spiega il ministro degli Affari europei Raffaele Fitto, “proseguire nell’azione di sostegno alla crescita economica e per raggiungere, con i nuovi investimenti inseriti nel piano, gli obiettivi del potenziamento della competitività industriale, della transizione verso energie pulite e dell’indipendenza energetica dell’Italia”.

Le risorse e le opere programmate dal Piano, assicura Fitto, sono “salvaguardate“: andranno a implementare le riforme e ad alimentare nuovi investimenti strategici per “la crescita strutturale dell’Italia“, commenta il ministro. L’anno di lavoro sul Pnrr è stato “positivo“, osserva, e la collaborazione con la Commissione europea “costruttiva“. Il macro obiettivo è “mettere concretamente a terra i progetti, per dare una risposta tangibile, in termini di efficienza ed efficacia dell’azione governativa, alle legittime aspettative delle imprese e degli italiani“.

Sotto la guida del presidente Giorgia Meloni e del ministro Raffaele Fitto il governo – scrive sui social la ministra delle Riforme, Elisabetta Casellatiha lavorato compatto, smentendo ancora una volta i detrattori con risultati concreti“.

Pnrr, ok Ue a quarta rata e RePowerEu. Meloni esulta: “21 miliardi, una seconda manovra”

Era nell’aria, ma ora è ufficiale. La Commissione approva le modifiche presentate dal governo al Pnrr italiano legato alla quarta rata e, contestualmente, anche il capitolo aggiuntivo del RePowerEu. Proprio il documento strategico per l’indipendenza energetica, secondo Bruxelles, “copre in modo completo i sei pilastri dello strumento” di rilancio economico, vale a dire transizione verde, trasformazione digitale, crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, coesione sociale e territoriale, sanità e resilienza economica, sociale e istituzionale e politiche per le generazioni future.

Ci sono anche altre novità legate al RePower, perché “aumenta di dimensioni” in termini di risorse, spiega il ministro titolare del dossier, Raffaele Fitto, passando dai 2,7 miliardi di euro iniziali a 2,88 miliardi grazie all’aggiunta di “una piccola unità di calcolo di altri 100 milioni di euro”; e aumenta come contenuti: “Ora esistono sette nuove riforme che si aggiungono alle cinque già previste”. Il surplus, però, non avrà effetti immediati. “Non cambia l’importo della quarta rata” da 16,5 miliardi di euro, chiarisce l’esecutivo comunitario: “Le modifiche del totale da destinare all’Italia riguardano gli importi dalla quinta rata in poi”.

La sostanza comunque non cambia, perché tirando le somme, il governo “mette a disposizione della crescita economica italiana altri 21 miliardi di euro”, in pratica “una seconda manovra economica in gran parte destinata allo sviluppo e alla competitività del tessuto produttivo italiano”, dice la premier, Giorgia Meloni, alle associazioni datoriali, convocate a Palazzo Chigi per illustrare la legge di Bilancio 2024. “Abbiamo lavorato a una manovra consapevoli che parallelamente stavamo trattando con la Commissione europea la revisione del Pnrr”, spiega ancora la presidente del Consiglio. Lasciando intendere che la strategia dell’esecutivo è sempre stata quella di viaggiare su un doppio binario: “Abbiamo verificato le criticità e le abbiamo superate, abbiamo fatto in modo che tutti i soldi del Pnrr venissero spesi nei tempi e quindi abbiamo concentrato le risorse sulla crescita e la modernizzazione della nazione e mi pare che il risultato, sul quale in pochi scommettevano, dice che non era una scelta sbagliata”, rivendica ancora Meloni. Che ringrazia Bruxelles: “La Commissione è stata sicuramente rigida per certi versi, ma molto aperta alla possibilità che queste risorse fossero spese nel migliore dei modi”.

Entrando nel concreto, ci sono “12,4 miliardi di euro assegnati al sistema delle imprese, 6,3 miliardi alla transizione 5.0, 320 milioni per il supporto alle pmi per l’autoproduzione di energia e fonti rinnovabili e 2 miliardi per i contratti di filiera in agricoltura”, elenca Fitto. E ancora: “2,5 miliardi di euro per il supporto al sistema produttivo, 850 milioni di euro per il parco agrisolare e 308 milioni per il fondo tematico per il turismo”. Inoltre, “un’altra proposta molto qualificante è quella della rimodulazione, d’intesa con la struttura commissariale, di 1,2 miliardi destinati nella gestione destinati all’alluvione in Emilia-Romagna, Marche e Toscana. Esistono poi investimenti per 5,2 miliardi sul fronte delle reti delle Infrastrutture, 1,8 miliardi per la realizzazione e il rafforzamento strategico delle reti elettriche e del gas, oltre 1 miliardo agli interventi per la perdita e la riduzione idrica, oltre 1,1 miliardi per l’acquisto di nuovi treni ad emissioni ridotte, 400 milioni per l’elettrificazione delle banchine portuali e 920 milioni per la messa in sicurezza degli edifici scolastici e la realizzazione di nuove scuole”.

Nella rimodulazione ci sono anche “1,380 miliardi destinati alle famiglie a basso reddito per l’efficientamento energetico e l’edilizia abitativa”. Fitto assicura che “nei prossimi giorni definiremo gli ultimi aspetti per giungere alla definizione del pagamento della quarta rata del Pnrr entro il 31 dicembre”, stessa data entro cui il governo è convinto di poter “raggiungere i target della quinta rata” e quindi “fare la richiesta di pagamento”.

A esultare è tutta la squadra di Meloni. “Con la riprogrammazione del Pnrr sono ulteriori 12,4 i miliardi per le imprese, di cui quasi 10 miliardi sui progetti del Mimit”, dice il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che vede lievitare al 30% la quota di fondi per il suo dicastero. “Quasi 10 miliardi che si aggiungono ai 19 miliardi già assegnati e agli 8 del fondo complementare, per un totale di 37 miliardi in dotazione al Mimit – riepiloga Urso -. Risorse decisive per sostenere la competitività del sistema produttivo. Destineremo così altri 6.4 miliardi a transizione 5.0 per un totale di 13,3 miliardi per l’innovazione tecnologica tra fondi Pnrr e nazionali (6.8 miliardi) già in Bilancio nel biennio 2024/2025“.

Pnrr, l’Italia incassa la terza rata. Meloni: La nazione torna a credere in sé

La Commissione europea eroga all’Italia la terza rata da 18,5 miliardi di euro prevista dal Pnrr. Per la premier Giorgia Meloni è la dimostrazione di un “lavoro proficuo” con la Commissione che, fa sapere, “ci porta oggi a discutere per una valutazione positiva sulla quarta rata e sulla revisione complessiva del piano, compreso il capitolo Repower Eu“.

Al termine di un percorso a ostacoli, la presidente del Consiglio si toglie qualche sassolino dalla scarpa: “E’ la dimostrazione di come l’Italia e il governo abbino affrontato la questione con estrema serietà e auspichiamo che, per il futuro, anche anche quelli che ci credevano poco imparino a credere nelle capacità che questa nazione ha, soprattutto se si lavora tutti nella stessa direzione, di raggiungere tutti i propri obiettivi“, dice in un video postato sui social.

La valutazione della Commissione sul raggiungimento dei 54 obiettivi e traguardi previsti dal Piano è dunque positiva ed è stata confermata dagli Stati membri nel Comitato Economico e Finanziario e nel successivo Comitato Rrf.

Il pagamento della terza rata è la prova dei grandi progressi fatti nell’attuazione del Pnrr“, rivendica il Ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto.

Con questo pagamento, l’Italia riceve 85,4 miliardi di euro, corrispondenti a più del 44% del totale del Pnrr. Anche Fitto parla di una “stretta e fruttuosa collaborazione con la Commissione europea” e del risultato di un lavoro “molto impegnativo” per raggiungere obiettivi complessi relativi a riforme nei settori della concorrenza, della giustizia, dell’amministrazione pubblica e fiscale, dell’istruzione, del mercato del lavoro e del sistema sanitario. Il pagamento riguarda anche investimenti per promuovere la transizione digitale e verde e a sostenere la ricerca, l’innovazione e l’istruzione.
“Il lavoro sul Pnrr ora – assicura il ministro – continua senza sosta per ottenere la valutazione positiva sulla richiesta di pagamento della quarta rata e sulla revisione del Piano, incluso il nuovo capitolo REPowerEU”.

Domani Fitto presiederà a Palazzo Chigi una nuova cabina di regia con sei sessioni di lavoro per la rimodulazione del Piano, il monitoraggio degli obiettivi della quinta rata e la verifica sul conseguimento degli obiettivi della quarta rata, che segue la richiesta di pagamento di 16,5 miliardi, inviata lo scorso 22 settembre alla Commissione europea.