Governo modifica obiettivi Pnrr per salvare la quarta rata. Pd: “Meloni chiarisca in aula”

Sono trascorsi più di 10 giorni dal 30 giugno, che segnava la scadenza in cui l’Italia avrebbe dovuto raggiungere 27 obiettivi del Pnrr. Per salvare la quarta rata, che vale 16 miliardi di euro, il governo Meloni ne modifica 10 fissati da Draghi. “Puntiamo a ottenere un risultato molto importante, che ci consente di mantenere fede al percorso prestabilito”, assicura il ministro per gli Affari europei, con delega al piano, Raffaele Fitto.

Le modifiche sono concordate con i servizi della Commissione europea, ma dovranno avere il via libera formale per l’erogazione. Dopo la condivisione formale, si potrà avanzare la richiesta di pagamento. Nessun definanziamento, assicura Fitto: Roma chiederà “l’intera rata”.

Al momento, tre Paesi hanno chiesto il pagamento della terza rata: Spagna, Italia e Grecia. Nessuno ha chiesto il pagamento della quarta. “Il livello di confronto con la Commissione è costruttivo nel merito”, sostiene Fitto. Il lavoro fatto sulla quarta rata, spiega, punta a “evitare una fase lunga di verifica”. Invece sulla terza “stiamo verificando alcuni dettagli di interpretazione”, precisa. La terza rata scadeva il 31 dicembre dello scorso anno, era composta da 55 obiettivi. Per la prima volta, c’erano obiettivi fisici da verificare sul terreno, “è un lavoro di dettaglio, positivo, mette al sicuro Commissione e governo“, scandisce giustificando le lungaggini. Intanto, il passaggio della quarta rata rappresenta per il governo un metodo: “si fa preliminarmente un lavoro, si verificano i rischi”.

E anche se il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, garantisce che il governo sta “gestendo la situazione” nel migliore dei modi, l’opposizione continua a lanciare l’allarme. Chiede a una voce sola Giorgia Meloni in Parlamento, per una informativa e parla di convocazione “urgente” della cabina di regia sul Pnrr. “Fake news”, replica Fitto. “La convocazione è avvenuta ieri, perché nel tardo pomeriggio abbiamo avuto un via libera tecnico dell’Europa e solo dopo abbiamo potuto convocare la cabina di regia“, spiega.

La leader del Pd, Elly Schlein, però, tira in ballo direttamente la presidente del Consiglio: “Ci sono 19 miliardi di euro che l’Italia avrebbe potuto incassare già da febbraio con la terza rata, siamo a luglio e non ne abbiamo traccia. Ci sono altri 16 miliardi di euro, la quarta rata, per i quali dovevamo presentare la domanda a fine giugno, tutto tace”. La premier, è l’accusa, sarebbe in silenzio da giorni per i guai giudiziari dei suoi ministri e sottosegretari, mentre l’Italia “rischia di perdere le risorse che faticosamente ha ottenuto dall’Unione europea. Venga a spiegarci in Parlamento perché non si è ancora visto un euro della terza rata del Pnrr e perché rischia di slittare anche la quarta, si ricordi che parliamo di risorse che riguardano investimenti strategici per le imprese, il lavoro e le vite delle persone e ottenerle è essenziale per far ripartire il Paese”.

Fitto, intanto, sarà in Parlamento il 18 luglio per la relazione semestrale. “Penso di esserci andato un numero di volte che se raffrontato con i due anni precedenti non c’è termine di paragone”, si sgancia dalle accuse. Quanto ai ritardi, è un tema “particolare”, afferma: “Non ho ancora ascoltato un riferimento preciso a un ritardo attribuibile a noi e che sia oggettivo. Mi farebbe piacere ascoltare critiche di merito. Il ritardo andrebbe circoscritto, io porto dati oggettivi. Sono tre i Paesi che hanno chiesto la terza rata, se noi siamo in ritardo, gli altri cosa fanno?”.

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Bonomi: “Servono investimenti per la transizione 5.0, altrimenti economia rallenterà ancora”

“Per le imprese italiane la strada è ben chiara: noi abbiamo di fronte le transizioni che tutti conosciamo, cioè la sostenibilità, il green e il digitale. Dobbiamo mettere in campo un grande piano di investimenti Transizione 5.0, perché se vogliamo rimanere competitivi rispetto ai grandi poli che ci hanno lanciato una sfida mondiale – cioè Cina e Stati Uniti – noi come Europa, perché non è possibile pensarlo solo come Italia, dobbiamo mettere in campo dei fondi importanti, per stimolare gli investimenti delle imprese in questa direzione”. Lo ha detto il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ad Agorà, su Rai3. “L’industria è un asset strategico per il Paese – ha aggiunto – e se non riusciamo a comprenderlo rischiamo di farci veramente male”.

RALLENTA L’ECONOMIA. Questi mesi, ha ricordato, “hanno confermato quello che stavamo affermando dall’anno scorso e cioè che l’industria cerca di fare il possibile per reggere il Paese, ma se non c’è attenzione e stimoli agli investimenti, l’economia tenderà a rallentare e purtroppo i dati ci stanno confermando questa traiettoria”. Aprile è il quarto mese di fila in cui la produzione sta rallentando (-1,9% sul mese precedente e -7,2% si base annua) “e questo dimostra” che “se non vengono fatti gli investimenti in un momento in cui il commercio internazionale sta rallentando – e noi sappiamo che l’economia italiano si basa sull’export – inevitabilmente questi sono i numeri”.

TAGLIO STRUTTURALE DEL CUNEO FISCALE. “Confindustria – ha detto Bonomi – sta facendo una battaglia per il taglio del cuneo fiscale contributivo perché questo è un Paese in cui abbiamo più tasse sul lavoro e meno tasse sulle rendite finanziarie ed è inconcepibile. Dobbiamo mettere più soldi nelle tasche degli italiani, soprattutto quelli con redditi più bassi. E’ la battaglia di Confindustria che facciamo da anni. Mi sembra incredibile che nessuno ci sostenga su questa posizione”.

Il tema della produttività, ha ricordato il numero uno di Confindustria, “è evidente nei numeri. Se guardiamo negli ultimi 20 anni prima della pandemia, i salari in Italia sono aumentati di più che negli altri Paesi europei, in Italia del 19%, in Francia e Germania del 18%, in Spagna del 12%. Ma la produttività è aumentata del 17% – cioè meno di quella salariale – e negli Paesi è cresciuta di oltre il 43%. Questi numeri danno la dimensione della differenza con cui ci troviamo a dover competere”.

Da quando sono presidente io, Confidustria – ha ricordato Bonomiha chiesto il taglio contributivo sotto i redditi dei 35mila euro, 2/3 a favore del lavoratore, 1/3 a favore delle imprese. Ricordo che oggi il cuneo fiscale è pagato all’inverso, cioè 2/3 dalle imprese e 1/3 dal lavoratore. Ma ora è corretto dare più soldi a questa fascia di italiani, che è quella che soffre di più anche a causa dell’inflazione. Non si può, però, andare avanti con interventi una tantum: serve un taglio strutturale e consistente, che noi abbiamo stimato in 16 miliardi, che significa mettere in tasca a questa fascia di italiani 1200 euro in più, una mensilità in più per tutta la loro vita lavorativa”.

PNRR? SERVE OPERAZIONE VERITA’. Il presidente di Confindustria è tornato anche a parlare di Pnrr. “Oggi – ha detto – sento tutti dire che il Pnrr non va bene e che doveva essere modificato. Quando con il governo Conte si parlò di fare il Piano nazionale di ripresa e resilienza, Confindustria fu l’unica a dire che quel piano non convinceva, perché non erano chiari gli obiettivi. Noi ci stiamo indebitando in nome e per conto delle future generazioni senza pensare agli obiettivi finali, cioè le riforme – di cui non si parla – e creare Pil potenziale di crescita del Paese”.

“E cosa abbiamo fatto? Abbiamo aperto i cassetti dei ministeri – ha detto ad Agorà – abbiamo tirato fuori qualsiasi progetto che giaceva e lo abbiamo inserito nel Pnrr. Ma non è questo l’obiettivo. Poi c’è stato un grande cambiamento nell’economia: shock energetici, aumento del costo delle materie prime, che hanno reso impossibile la realizzazione di alcuni progetti”. Ecco allora che sul Pnrr “dobbiamo fare una grande operazione verità con il Paese: dire cosa possiamo realmente realizzare, cosa ci aspettiamo da questi progetti come contributo alla crescita del Paese. E quello che non siamo in grado a realizzare dobbiamo dire che onesta intellettuale che non ci interessa”. Perché se devo indebitare mio figlio per fare un progetto che non contribuisce alla crescita del Paese, non ha senso”.

Gentiloni

Gentiloni apre a modifiche Pnrr: “Ma fare presto e bene”. Anac chiede rinegoziazione

Se c’è un modo in cui un Paese come l’Italia può spendere e investire si chiama Pnrr e se c’è un rischio per il nostro Paese è quello di non essere sufficientemente capace di rispettare gli obiettivi e i tempi del Piano“, spiega il commissario Ue dell’Economia, Paolo Gentiloni, a SkyTg24. “La Commissione Ue sta lavorando con l’Italia per rendere possibile limitare ed evitare questi ritardi – prosegue l’ex premier – ed è un impegno molto importante che deve essere al centro dell’azione del nostro governo e sono convinto che ne sia consapevole“. Detto questo, continua Gentiloni, “da parte della Commissione c’è la massima flessibilità possibile, non per buona creanza, ma per evitare che, nei Paesi che hanno piani più importanti, ci siano ritardi eccessivi”. Per questo “è importante che si stia cominciando a lavorare innanzitutto sulle modifiche che l’Italia propone di introdurre sulla quarta rata” del Pnrr “che dovrebbe scadere alla fine di giugno. Naturalmente l’Italia proporrà delle modifiche degli obiettivi e delle scadenze e questa discussione è molto utile. Il problema è che dobbiamo lavorare presto e bene e ricevere una proposta di rimodulazione generale del Pnrr il prima possibile. E’ vero – conclude l’eurocommissario – che diversi Paesi non hanno ancora avanzato la proposta di rimodulazione generale. Sono circa dieci finora i Paesi che finora hanno fatto o hanno già ricevuto il via libera alla loro proposta. Non siamo isolati in questo ritardo, ma visto che le rate si susseguono bisogna farlo presto e bene questo lavoro di rimodulazione e la Commissione è pronta a collaborare con le autorità italiane per farlo al meglio possibile“.

Modifiche possibili dunque, purché arrivino nero su bianco presto a Bruxelles. Spinge per rivedere il Pnrr anche il presidente dell’Anac, Giuseppe Busia, presentando alla Camera dei deputati la Relazione annuale dell’attività dell’Autorità Nazionale Anticorruzione: “Decisiva sarà la rinegoziazione di alcune misure. Non tutti gli investimenti hanno la medesima urgenza. Per questo possono essere utilmente spostati su altri finanziamenti europei”. Finora, ricorda Busia, “gli investimenti finanziati con le risorse del Piano si sono fermati a circa 25 miliardi di euro, meno del 14% dell’ammontare complessivo previsto. E parte significativa di questi ha potuto essere realizzata in quanto già avviata prima dell’approvazione del Piano. Sebbene sia fisiologico che gli investimenti si concentrino nella fase conclusiva del Piano, è evidente che la salita d’ora in poi sarà particolarmente ripida“. Tra gli investimenti, non strettamente legati al Pnrr, il presidente dell’Autorità anti-corruzione, evidenzia però che nel decreto relativo al Ponte sullo Stretto di Messina c’è “uno squilibrio nel rapporto tra il concedente pubblico e la parte privata, a danno del pubblico, sul quale finisce per essere trasferita la maggior parte dei rischi. Sono stati, da parte di Anac, proposti alcuni interventi emendativi volti a rafforzare le garanzie della parte pubblica, non accolti, tuttavia, dal governo in sede di conversione del decreto”, sottolinea Busia.

Tornando al Pnrr e ai ritardi italiani, dalla bozza della relazione del Ministero per gli Affari europei sullo stato di attuazione del Piano di resilienza depositata in Parlamento, emerge che intanto che “sulla via dell’attuazione, diversamente da quanto indicato nella seconda Relazione al Parlamento dal precedente governo che affermava l’assenza di criticità e di rischi di rallentamento per tutti gli interventi, sono stati riscontrati numerosi ostacoli, che hanno richiesto un’azione mirata e persistente per il loro superamento“. In particolare “sono 120 le misure rispetto alle quali sono stati rilevati elementi di difficoltà nella loro realizzazione”, si legge. Fra le criticità c’è l’eccessiva frammentazione. Un dato su tutti. “Considerando le risorse del Pnrr per le quali si è individuato il soggetto attuatore (130 miliardi di euro circa, pari al 68% dell’intero Piano) e la distribuzione dei progetti di titolarità dei Comuni e o di altri enti emerge una miriade di piccoli interventi: i progetti di importo fino a 70mila euro sono più di 76 mila” e “quelli fino a 1 milione sono pari all’87% del totale”. Ma per quanto riguarda la terza rata, la valutazione della Commissione europea ai fini del pagamento “è in via di completamento. Il processo di assessment, sin dall’invio della domanda di pagamento, ha richiesto tempi più lunghi, d’intesa con i servizi della Commissione, per la complessità degli obiettivi da conseguire per questa rata e per gli approfondimenti che si sono resi necessari, nelle interazioni con la Commissione, per alcune scadenze”.

Istat alza le stime sul Pil 23/24 ma l’alluvione in Romagna e il Pnrr spaventano

Le previsioni della Commissione Europea di tre settimane fa davano in Italia un Pil in crescita dell’1,2% quest’anno e dell’1,1% nel 2024. Stime confermate in pieno oggi dall’Istat nelle sue prospettive economiche, “seppur in rallentamento rispetto al 2022”. I segnali per i prossimi mesi suggeriscono, nonostante l’avvio particolarmente positivo – un +0,6% nel primo trimestre oltre le attese – “un rallentamento dell’attività economica nel prosieguo dell’anno. In un contesto caratterizzato da un rallentamento della domanda mondiale, con l’economia di importanti partner commerciali come Germania e Usa è attesa frenare, ci si aspetta – sottolinea l’istituto di statistica – una netta decelerazione degli scambi con l’estero, più accentuata per le importazioni”. Questo perché “sullo scenario internazionale pesa ancora l’incertezza legata a tempi ed esiti del conflitto tra Russia e Ucraina, ai rischi di instabilità finanziaria e a un livello di inflazione ancora lontano dagli obiettivi delle banche centrali”.

L’Istat migliora comunque la sua guidance sull’Italia e non prevede recessione. “La revisione delle variabili esogene per il 2023 hanno determinato una riduzione del prezzo del brent di -5,3 dollari il barile nel 2023 rispetto alle ipotesi di dicembre dello scorso anno e un apprezzamento dell’euro rispetto al dollaro, il tasso di cambio è passato da 1,036 a 1,08. L’aggiornamento delle esogene e le informazioni provenienti dal primo trimestre – rivela l’istituto di statistica – hanno avuto un impatto sull’andamento del commercio estero nel 2023 con revisioni al ribasso sia delle importazioni che delle esportazioni (rispettivamente -1,4 punti percentuali e -0,5%). “I segnali positivi provenienti dalla stima dei conti economici trimestrali del primo trimestre 2023 hanno così portato anche “a una revisione al rialzo della stima del Pil per il 2023 di +0,8 punti percentuali (da 0,4% a +1,2%), degli investimenti (+1 punto percentuale) e del mercato del lavoro con le unità di lavoro che hanno avuto una revisione di +0,7 punti percentuali e il tasso di disoccupazione che è stato rivisto in discesa -0,3 per cento”.

Ci sono però due incognite, segnala sempre l’Istat nelle sue previsioni economiche: la realizzazione del Pnrr e alluvione in Romagna. “Gli effetti delle politiche monetarie restrittive sulla domanda interna e il venir meno della spinta degli incentivi all’edilizia saranno, tuttavia, parzialmente controbilanciati dagli effetti dell’attuazione delle misure previste dal Pnrr – soprattutto sugli investimenti – e del rallentamento dell’inflazione sulla domanda privata. Un ulteriore fattore di rischio potrebbe venire dalle conseguenze economiche, soprattutto sul settore agricolo, della recente ondata di maltempo che ha colpito con effetti drammatici l’Emilia Romagna”, scrive l’istituto di statistica.

Sul fronte inflazione invece “nei prossimi mesi dovrebbero continuare a prevalere spinte al ribasso dei costi degli input che traslano sul prezzo finale di vendita dei beni e dei servizi. Tuttavia, un contributo determinante all’inflazione al consumo sarà fornito dal proseguimento della dinamica in flessione dei prezzi degli energetici cui dovrebbe aggiungersi l’apporto deflativo proveniente dalla componente dei beni alimentari”, evidenzia Istat. In sintesi “sotto l’ipotesi di normalizzazione dei prezzi delle materie prime agricole e del gas naturale nei prossimi mesi e di una stabilizzazione delle quotazioni del petrolio e del cambio, nell’anno in corso la dinamica dei prezzi è prevista in parziale decelerazione. Nella media del 2023, il deflatore della spesa delle famiglie è previsto ridursi (+5,7%, da +7,4% nel 2022), mentre il deflatore del Pil segnerà un incremento (+5,6%, da +3% nel 2022). Nel 2024 è prevista una crescita più contenuta del deflatore della spesa per consumi delle famiglie e quello del Pil rispettivamente del +2,6% e +2,8% in media d’anno”. Stime leggermente diverse da quelle diffuse a Bruxelles a metà maggio, ovvero inflazione al 6,1% per quest’anno e +2,9% nel 2024.

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Pnrr, a fine febbraio spesi solo 25,7 mld. Meloni: Lo utilizzeremo tutto

Il Piano italiano di Ripresa e Resilienza è il più grande d’Europa. La premier Giorgia Meloni tiene a sottolinearlo, nella relazione semestrale sullo stato di attuazione del Pnrr, condivisa durante la cabina di regia.

Sul tavolo ci sono 191,5 miliardi di euro da spendere e 527 obiettivi da raggiungere, molti dei quali, ribadisce, “estremamente ambiziosi e utili” per ammodernare la Nazione e rilanciare il tessuto sociale ed economico, “sia sul versante interno sia su quello internazionale“.

Lo strumento è “prezioso” e il Governo, garantisce la presidente del Consiglio, intende utilizzarlo “pienamente per portare avanti riforme strutturali, migliorare la competitività del Sistema-Italia e accelerare i processi di innovazione“. Quanto alle scadenze, su quella del 31 agosto “siamo assolutamente nei termini previsti dall’Europa“, garantisce il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto.

I soldi spesi, al momento, sono però solo una piccola percentuale: al 31 dicembre 2022 risultano rilevate spese sostenute per circa 24,48 miliardi di euro, mentre al 28 febbraio 2023 risultano spese sostenute per circa 25,74 miliardi di euro concentrate su alcune specifiche linee di intervento, solo un miliardo in più. Tra i ministeri, quello dei Trasporti e delle Infrastrutture registra il dato più basso, pari al 12%.

Miglioramenti “sono possibili” per Ignazio Visco, governatore uscente della Banca d’Italia, che ‘riprende’ l’esecutivo durante le considerazioni finali in occasione della pubblicazione della Relazione annuale. Nel perseguimento di eventuali modifiche bisogna, sottolinea, “tenere conto del serrato programma concordato con le autorità europee; al riguardo, un confronto continuo con la Commissione è assolutamente necessario, nonché utile e costruttivo. Non c’è tempo da perdere“. Il Piano rappresenta un “raro, e nel complesso valido, tentativo di definire una visione strategica per il Paese“, sostiene il governatore. Anche per questa ragione, esorta, “oltre agli investimenti e agli altri interventi di spesa, è cruciale dare attuazione all’ambizioso programma di riforme, da troppo tempo attese, in esso contenuto“.

Il piano avanza su più fronti“, assicura Fitto. “Ci sono parti che camminano più rapidamente e parti con maggiore difficoltà. Abbiamo rivisto la governance e c’è un tavolo aperto, abbiamo trovato una convergenza molto positiva con la conferenza unificata, ma alcune questioni sono rimaste aperte continueremo a lavorare“, afferma.
L’obiettivo, per Meloni, è chiaro: “Ottimizzare al meglio l’occasione che arriva dal Pnrr, compiendo scelte strategiche, chiare ed efficaci, velocizzando al massimo le procedure e garantendo che le risorse possano arrivare a terra“.

Dalla parte dell’Italia, c’è la flessibilità che la premier ha ottenuto nel consiglio europeo di febbraio, “un grande risultato di Meloni“, rivendica Fitto, che invita a comparare i risultati italiani a quelli europei: “Al momento solo 5 paesi europei hanno presentato modifiche con il RepowerEu. Inoltre, la complessità del lavoro nella modifica del nostro piano è certamente differente rispetto ad altri Paesi“.

Il piano è il primo strumento comune con il quale l’Unione europea ha deciso di intervenire all’indomani della crisi economica e sociale provocata dalla pandemia. Ma, spiega la premier nella relazione, è nato “in un periodo storico diverso da quello attuale“. Nei mesi successivi, la guerra di aggressione della Federazione Russa all’Ucraina e gli shock energetici, economici e sociali che sono seguiti, “hanno fatto emergere nuove priorità di cui è necessario tener conto e la conseguente necessità di aggiornare il Piano“.

Un aggiornamento, di fatto è il capitolo RepowerEu, nato per rispondere alla crisi energetica: “Un lavoro estremamente delicato che il Governo sta portando avanti con la massima attenzione e con grande responsabilità“, spiega Meloni. “E’ un programma decisivo dal punto di vista geopolitico, perché non è nazionale – aggiunge Fitto -, può essere un ponte collegamento geopolitico per il ruolo italiano nel Mediterraneo” e per questo “rappresenta una priorità di azione“.

La riflessione che il governo fa in cabina di regia è non solo sugli obiettivi che non si sono raggiunti a giugno, che sono “determinati da scelte precedenti a questo Governo“, ribadisce Fitto, ma su tutti gli obiettivi delle prossime scadenze fino a giungo 2026. “Perché modificare o meno un obiettivo intermedio per confermare e mettere in salvaguardia l’intervento complessivo è un risultato, ma la modifica di un obiettivo va accompagnato dalle conseguenze sugli altri obiettivi“, scandisce.

Nessuno scontro con la Corte dei Conti, che il governo dovrebbe incontrare domani a Palazzo Chigi, garantisce Fitto: “Lo scontro di regola si fa in due, sfido chiunque a trovare una sola parola del governo che sia andata contro qualcuno. È evidente che c’è rispetto, così come il governo chiede a tutti i i suoi interlocutori lo stesso rispetto”.

IGNAZIO VISCO BANCA D'ITALIA

Visco spinge sul Pnrr: “E’ possibile migliorarlo, ma non c’è tempo da perdere”

Miglioramenti del Pnrr “sono possibili”, ma bisogna “tenere conto del serrato programma concordato con le autorità europee”, quindi “un confronto continuo con la Commissione è assolutamente necessario, nonché utile e costruttivo. Non c’è tempo da perdere”. Lo ha detto Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, durante le considerazioni finali in occasione della pubblicazione della Relazione annuale sul 2022. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha ricordato, “rappresenta un raro, e nel complesso valido, tentativo di definire una visione strategica per il Paese”. Elemento da non dimenticare, anche quando “si discute di presunte insufficienze nel dibattito collettivo riguardo al suo disegno, dell’orizzonte temporale limitato per il raggiungimento degli obiettivi, delle possibili carenze nella capacità di attuarne le misure”. Ecco allora, ribadisce Visco, che “oltre agli investimenti e agli altri interventi di spesa, è cruciale dare attuazione all’ambizioso programma di riforme, da troppo tempo attese, in esso contenuto”.

C’è un punto, per il governatore di Bankitalia, sul quale bisogna accelerare il più possibile per alzare “la qualità della pubblica amministrazione” perché “in tutti i comparti – istruzione, sanità, giustizia – si riscontrano, oltre ai divari rispetto alla media europea, ampie differenze territoriali”. Per ridurle e conseguire i necessari miglioramenti, ha spiegato Visco, “occorrono sistemi di monitoraggio e strumenti efficaci per intervenire laddove non si raggiungono standard minimi di qualità”.

Sui risultati, però, ha ricordato, “incidono i ritardi nell’uso delle tecnologie digitali, l’elevata età media del personale, l’insufficiente dotazione di competenze specialistiche”. Ed è per questo motivo che il Piano nazionale di ripresa e resilienza “può stimolare progressi significativi nella digitalizzazione delle amministrazioni; l’accentuazione del turnover già in atto nel pubblico impiego offre l’occasione di acquisire risorse umane con un livello professionale adeguato rispetto ai servizi che lo Stato si impegna a fornire”.

La partita incrociata di Meloni in Ue, tra fondi per il maltempo e Pnrr

Per ricostruire l’Emilia Romagna si dovranno usare tutti gli strumenti necessari. Bisognerà bussare ancora alla porta dell’Unione europea, ma il Fondo di Solidarietà, che la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha già garantito verrà attivato, non basta. La premier Giorgia Meloni chiede flessibilità sull’uso del Pnrr: “Esistono gli imprevisti“, scandisce alla platea del Festival dell’Economia di Trento, ricordando di essere partita per il G7 in Giappone nominando un commissario alla Siccità e di essere tornata nominando un commissario per l’emergenza alluvione. Ci sono anche i Fondi di coesione a cui attingere e, ha ricordato ieri von der Leyen, “se guardiamo al futuro, nel Next Generation Eu abbiamo 6 miliardi di euro per la prevenzione delle inondazioni e dei terremoti, e il rafforzamento delle infrastrutture“.

L’ondata di maltempo che ha colpito la Regione è eccezionale. In 15 giorni è caduta la metà di tutta la pioggia che cadrebbe sullo stesso territorio in un anno intero. “Il bilancio è grave, in termini di vittime, in termini di evacuati, perché sono oltre 15mila sfollati, ci sono infrastrutture compromesse, attività produttive in ginocchio”, sottolinea Meloni. Per questo, non è ancora possibile una quantificazione complessiva dei danni, che, ripete, “sono ingenti“. Si lavorerà sulle misure e sulle richieste che vanno fatte all’Ue quando il quadro sarà completo.

Intanto, lunedì il governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, sarà a Roma per vedere il ministro per gli Affari europei, con delega al Pnrr, Raffaele Fitto. “Stiamo lavorando bene con il presidente Meloni e con molti ministri“, conferma, dopo aver incontrato anche il ministro allo Sport, Andrea Abodi. Domani il presidente della Regione vedrà anche la ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, e poi a Rimini la ministra del Turismo, Daniela Santanché, per mettere a punto un piano di rilancio del turismo, in vista della stagione estiva in Romagna. Sulla terza rata del Piano di Ripresa e Resilienza, assicura Fitto, non c’è da preoccuparsi: “Siamo nei termini, bisogna fare velocemente ma non in fretta, che è pericoloso. Rischiamo di fare scelte che rischiano portarci in una fase successiva a una conclusione non positiva del programma“. Giudica il dibattito che si è creato “isterico” e richiama tutti alla responsabilità e alla lungimiranza: “Stiamo lavorando per completare il lavoro rapidamente ragionando in ottica 2026“. La finestra per la proposta delle modifiche al Pnrr si chiude il 31 agosto.

Tutti gli interventi saranno completati entro il 2026, altrimenti “oltre al danno ci sarà la beffa, perché non solo ci sarebbe il ritiro dei fondi, ma il governo dovrebbe anche trovare le risorse per completare le opere“, avverte. Gli interventi necessari sul Pnrr, spiega il ministro, “non riguardano solo la

modifica della spesa, ma anche degli obiettivi, che devono essere proiettati al 2026. Non possiamo svegliarci a ridosso della scadenza” senza essere pronti, altrimenti “avremmo un grande problema“. Di ritardo sulla presentazione delle modifiche, di sicuro, non si tratta, ribadisce Fitto: “Trovo singolare parlarne, visto che solo 4 Paesi europei su 27 hanno presentato il loro piano aggiornato e modificato“.

L’obiettivo del Governo, fa sapere, è di proporre alla Commissione di cambiare diversi obiettivi, non solo quelli del 30 giugno: “Concentrarsi sugli obiettivi intermedi è un errore, sarebbe un errore ragionare solo sugli obiettivi di immediata scadenza, a noi interessa il percorso finale“. Per lo sblocco della terza rata del Pnrr, “i tempi saranno molto brevi, dipende da Bruxelles, ma credo che saranno davvero molto brevi“, conferma il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, “il ministro Fitto ha fatto un buon lavoro“, garantisce. Bisogna “continuare a lavorare per utilizzare al meglio le risorse del nuovo piano Marshall che l’Europa ci ha offerto“, sottolinea il presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, rivendicando il suo personale impegno con i colleghi leader del Ppe. “Naturalmente con il passare del tempo alcuni aggiustamenti si sono resi necessari, ma – rassicura – non vedo problemi difficili da superare“.

Gentiloni

Le raccomandazioni dell’Ue all’Italia: Non sovvenzionare mezzi di trasporto che non siano green

Promuovere la mobilità green, eliminare le sovvenzioni per l’acquisto di mezzi di trasporto non sostenibili, accelerare sulle rinnovabili, ridurre i combustibili fossili e, al tempo stesso, aumentare la capacità di trasporto del gas. Lo scrive la Commissione europea nelle raccomandazioni specifiche per Paese, pubblicate oggi, in cui si chiede all’Italia di “intensificare gli sforzi politici volti a fornire e acquisire le competenze necessarie per la transizione verde”.

L’Italia, si legge nel documento presentato oggi a Bruxelles, deve “ridurre la dipendenza dai combustibili fossili”, e in questo contesto “snellire le procedure autorizzative per accelerare la produzione di energia rinnovabile aggiuntiva e sviluppare le interconnessioni elettriche per assorbirla”. Contestualmente, però, il nostro Paese deve “aumentare la capacità di trasporto interno del gas per diversificare le importazioni di energia e rafforzare la sicurezza dell’approvvigionamento”. Per l’Ue, inoltre, occorre “ridurre le misure di sostegno energetico in vigore entro la fine del 2023, utilizzando i relativi risparmi per ridurre il deficit pubblico”. E se i nuovi aumenti dei prezzi dell’energia richiederanno nuove misure di sostegno, allora è necessario “garantire che siano mirate a proteggere le famiglie e le imprese vulnerabili, fiscalmente sostenibili e preservare gli incentivi per il risparmio energetico”.

Bruxelles guarda anche con grande attenzione alla declinazione italiana del Pnrr. Intanto, spiega la Commissione, Roma deve “garantire una governance efficace e rafforzare la capacità amministrativa, in particolare a livello subnazionale, per consentire un’attuazione continua, rapida e costante del Piano per la ripresa e la resilienza”. Al governo si chiede, però, di lavorare altrettanto bene, al fine di “preservare gli investimenti pubblici finanziati a livello nazionale e garantire l’effettivo assorbimento delle sovvenzioni del Recovery Fund. in particolare per promuovere le transizioni verde e digitale”. Quindi, per il governo Meloni arriva l’invito a “completare rapidamente il capitolo REPowerEU” per l’indipendenza energetica al fine di avviarne rapidamente l’attuazione”.

“Gli Stati membri dovrebbero perseguire politiche fiscali prudenti che sostengano la crescita attraverso gli investimenti”, ha detto il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, presentando le raccomandazioni specifiche per Paese e in tale ottica “dovrebbero dare la priorità alla corretta attuazione dei piani nazionali di ripresa e resilienza, il nostro strumento più potente per raggiungere una prosperità duratura e condivisa”. Tutti gli Stati membri dell’Ue, aggiunge, “dovrebbero continuare e, ove necessario, accelerare, la transizione dai combustibili fossili russi, che è un imperativo sia ambientale che geopolitico”.

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Dal Mase ok a 75 progetti faro per impianti di riciclo della plastica

Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica finanzia con 115 milioni di euro 75 nuovi progetti per realizzare impianti di riciclo dei rifiuti plastici, compresi quelli recuperati in mare.

Il Dipartimento Sviluppo Sostenibile del Ministero approva il decreto di concessione dei contributi ai progetti ‘faro’ di Economia Circolare per il riciclo della plastica, specifica linea di intervento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

L’investimento del Pnrr ci dà la possibilità di far crescere nel Paese una filiera dell’innovazione sul dirimente problema della gestione dei rifiuti plastici“, spiega il ministro Gilberto Pichetto.

Solo il 16 aprile scorso, a Sapporo, in Giappone, i ministri dell’ambiente e del clima del G7 hanno annunciato di voler porre fine al nuovo inquinamento da plastica nei loro paesi entro il 2040. Un obiettivo che potrà essere raggiunto grazie all‘economia circolare e alla riduzione o all’abbandono delle plastiche usa e getta e non riciclabili.

L’impegno preso è stato molto chiaro – precisa il titolare del Mase – e l’Italia vuole essere ancora una volta, come in altri settori del riciclo, riferimento virtuoso per l’affermazione dell’economia circolare”.

Il provvedimento, trasmesso alla Corte dei Conti per la registrazione, estende la platea dei beneficiari già individuati dal precedente decreto grazie alla rimodulazione delle risorse non utilizzate per altre linee.

L’investimento per i progetti faro mira a realizzare progetti altamente innovativi per il trattamento e il riciclo dei rifiuti provenienti dalle filiere strategiche individuate nel Piano d’Azione per l’Economia Circolare varato dall’Ue: Raee (inclusi pannelli fotovoltaici e pale eoliche), carta e cartone, plastiche, tessili. Per i rifiuti plastici, il finanziamento ai beneficiari consentirà la realizzazione di nuovi impianti di riciclo meccanico, chimico e i ‘plastic hubs’, anche per recuperare il cosiddetto ‘marine litter’.

Pnrr, per Meloni priorità è non perdere soldi. Fitto prepara richiesta terza rata

Repetita iuvant. Per chi lo avesse dimenticato, Giorgia Meloni ha un’unica, grande “priorità” sul Pnrr:Non perdere soldi“. La presidente del Consiglio, al ‘Foglio’, ribadisce la sua linea sui fondi europei del Next Generation Eu, assicurando che riporterà “le cose alla loro dimensione di progettazione e fattibilità”. Pur senza rinunciare all’obiettivo politico che si è prefissata: ottenere alcune modifiche al piano. Perché è il ‘suo’ da soli sei mesi, da quando cioè è arrivata a Palazzo Chigi. Dunque, sebbene “il Pnrr è una sfida per tutti, alcune cose vanno dette: lo abbiamo ereditato dai precedenti governi e il tentativo di mettere sulle spalle del mio esecutivo il peso di scelte sbagliate e ritardi ha il fiato corto”. Poi ribadisce: “Stiamo lavorando con la Commissione europea e intendiamo avvalerci di tutti i mezzi a nostra disposizione per realizzare le opere e fare le riforme necessarie”. Ma il Piano nazionale di ripresa e resilienza “soffre degli stessi problemi di altri strumenti concepiti prima del cambio dello scenario geopolitico – aggiunge Meloni -. Siamo in un’economia di inflazione alta, rialzo dei tassi e guerra, non più di emergenza post pandemia”.

La premier ripete che il Pnrr “ha problemi di costi delle opere, aumentati a causa del rialzo dei prezzi dei materiali da costruzione, non solo dell’energia” e “un approccio ideologico di cui risente una certa transizione green calata dall’alto che ha bisogno di una correzione di rotta: difetta di pragmatismo e per calarlo nella realtà italiana (come in quella di altri Stati) servono determinazione e calma, velocità e ponderazione. Una cosa è scriverlo (in qualche parte, male) a tavolino, un’altra è realizzare i progetti“. Ogni parola, però, alimenta il dibattito politico, nel bene e nel male. I Cinquestelle, ad esempio, continuano a tendere la mano alla maggioranza per aprire un tavolo di concertazione con le opposizioni, ma non rinunciano a punzecchiare il centrodestra: “La presidente del Consiglio smentisce seccamente la Lega, quando dice che l’obiettivo è non perdere soldi“, attacca il deputato pentastellato e questore della Camera, Filippo Scerra.

L’esecutivo, però, va avanti. Dopo aver incontrato le parti sociali, e in attesa dell’informativa di mercoledì prossimo alle Camere, il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, incontra alcuni dei colleghi di governo per fare il punto sullo stato dell’arte dei progetti e preparare la richiesta della terza rata di fondi europei. Con il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, illustra i contenuti delle linee guida necessarie a completare il raggiungimento della milestone relativa alle concessioni portuali, obiettivo necessario al completamento delle verifiche degli adempimenti connessi all’erogazione della terza rata. Dal Mit arriva la rassicurazione che il tema è stato chiuso “positivamente”. Con il responsabile del Mef, Giancarlo Giorgetti, poi, Fitto discute a livello complessivo su tutti gli adempimenti necessari ad assicurare la positiva valutazione da parte della Commissione degli obiettivi al 31 dicembre 2022, oltre a fare una prima valutazione sui prossimi passi per gli obiettivi in scadenza a giugno e l’avvio della fase di riprogrammazione del Pnrr contestuale all’inserimento del capitolo RePowerEu. Nella mattinata di incontri, inoltre, vede anche i ministri Matteo Piantedosi (Interno), Giuseppe Valditara (Istruzione e Merito). Tutti concordano sulla necessità di “rafforzare il monitoraggio” di tutti gli obiettivi.

Sul tema arriva anche un suggerimento dal Rapporto ‘Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, la Legge di Bilancio 2023 e lo sviluppo sostenibile’, realizzato dall’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile. Secondo lo studio, “in primo luogo, serve un più accurato, tempestivo e trasparente monitoraggio su modi e sui tempi con cui si realizzano gli investimenti e le riforme, accompagnato da una valutazione della coerenza sistemica delle varie azioni intraprese in relazione ai 17 Obiettivi dell’Agenda 2030, specialmente quando gli investimenti del Piano verranno integrati con quelli finanziati dai Fondi di coesione europei e nazionali 2021-2027″. E, avverte ancora l’Asvis, “l’attuazione del Pnrr, nonostante i molteplici segnali di avanzamento, e la definizione del RePowerEu, richiedono decisioni urgenti per accelerare la transizione verso un modello di sviluppo sostenibile“.