L.Bilancio, Cgil-Uil: “Del tutto inadeguata, sciopero il 29/11”. Meloni: “C’è pregiudizio”

La manovra del governo è “del tutto inadeguata“. Per questo, Cgil e Uil proclamano 8 ore di sciopero generale, con manifestazioni territoriali, per venerdì 29 novembre. L’annuncio, dei segretari generali Maurizio Landini e PierPaolo Bombardieri avviene in conferenza stampa, nella sede della Uil, a pochi giorni dalla convocazione dei sindacati a Palazzo Chigi, martedì 5 novembre.

C’è un piccolissimo pregiudizio da parte di Cgil e Uil“, risponde la premier, Giorgia Meloni, lamentando di aver già ascoltato le loro richieste. “Volevano la diminuzione del precariato ed è diminuito, l’aumento dell’occupazione, più soldi sulla sanità e abbiamo messo più soldi sulla sanità. Se nonostante questo confermano lo sciopero non siamo più nel merito“, tuona nello studio di Bruno Vespa.

Anche la Lega reagisce: “Due sindacati italiani di estrema sinistra scioperano contro l’aumento dello stipendio per 14 milioni di lavoratori dipendenti fino a 40.000 euro di reddito? Ridicoli“, sferza il partito di Matteo Salvini, che ringrazia “quei rappresentanti dei lavoratori che, seppur a volte critici nell’interesse dei loro iscritti, fanno delle proposte e non solo proteste”.

Al tavolo della conferenza di Cgil e Uil manca il leader della Cisl, Luigi Sbarra. “Perché non è al tavolo di questa conferenza? Mi pare abbia detto che la manovra va bene, ci sono differenti valutazioni evidentemente“, la stoccata di Landini. Che il segretario di Cisl non incassa: “A Maurizio Landini consigliamo vivamente di rivestire i panni del sindacalista e di smetterla di fare da traino a un’opposizione politica che non ha davvero bisogno di collateralismi”, risponde da Firenze a margine del Consiglio Generale della Cisl Toscana.

La mobilitazione è stata indetta per chiedere di cambiare “profondamente” la manovra, rivendicare l’aumento del potere d’acquisto di salari e pensioni e il finanziamento di sanità, istruzione, servizi pubblici e politiche industriali. “Abbiamo aspettato“, spiega Bombardieri, “abbiamo studiato il testo consegnato alle Camere, le valutazioni che facciamo ci portano a proclamare lo sciopero“. Il sindacalista lamenta una convocazione tardiva a Palazzo Chigi, martedì 5 novembre, quando ci saranno ormai con pochi margini di cambiamento. Ma assicura: “Se il Governo dovesse accettare le nostre proposte, siamo pronti a rivedere lo sciopero“. Più tranchant Landini: “Il governo ci ha convocati a cose fatte, ma noi chiediamo che siano operati dei cambiamenti profondi e radicali, a partire da una profonda riforma fiscale“. Perché, osserva, far quadrare i conti “si può agire anche sulle entrare“. Cioè, appunto, con una riforma fiscale che è “il contrario di quella che sta portando avanti il governo e che non è stata discussa con nessuno“. Il segretario della Cgil ricorda che la legge di Bilancio è legata alla scelta politica che il governo ha fatto di presentare all’Europa un Piano Strutturale che “vincola il Paese a sette anni di tagli alla spesa pubblica“.

Anche il taglio del cuneo fiscale reso strutturale viene ridimensionato dai sindacalisti. “E’ la Fontana di trevi venduta da Totò: sono tre anni che lo rinnovano“, ironizza il leader della Uil. “E’ vero, è stato strutturato. Ma dobbiamo dire che il fatto che diventi strutturale non comporta l’aumento nemmeno di un euro dei salari in busta paga”, aggiunge.

Alle richieste fatte dalle parti sociali, invece, non c’è stata risposta, denunciano i segretari, né sulla detassazione degli aumenti contrattuali, né sugli aumenti per sanità, scuola, spesa sociale. E poi, ricorda Landini: “Il taglio del cuneo ce lo stiamo pagando noi con gli interessi, perché il cuneo costa 12 miliardi”.

Molto grave, tra le misure in manovra, è giudicato il taglio da 4,6 miliardi del fondo auto: “E’ una cosa che grida vendetta“, secondo Landini. Questo taglio, precisa, non è uno sgarbo a Stellantis, ma “un pugno in faccia a un settore strategico del nostro Paese“. Su questo punto i sindacati si dicono pronti a scrivere assieme alla categoria: “Serve che la presidenza del Consiglio convochi i sindacati con il gruppo e le aziende della componentistica, perché è necessario a partire da questo settore, che ci siano politiche industriali degne di questo nome“.

In Australia sciopero a rotazione negli impianti Chevron: a rischio 5% forniture di gnl

Photo credit: AFP

I dipendenti del colosso energetico statunitense Chevron inizieranno uno sciopero a rotazione nei siti di produzione di gas naturale liquefatto (gnl) dell’Australia occidentale all’inizio di settembre, minacciando fino al 5% delle forniture globali. Secondo Chevron, gli scioperi inizieranno il 7 settembre negli impianti di Gorgon e Wheatstone in Australia occidentale. Si tratta di una regione strategica per la produzione di gas naturale a livello mondiale. Con una capacità produttiva di oltre 15 milioni di tonnellate di gas naturale all’anno, Chevron è particolarmente orgogliosa degli impianti di Gorgon, che descrive come “uno dei più grandi progetti di gnl al mondo“. Secondo i rappresentanti sindacali, gli scioperanti chiedono, tra l’altro, salari più alti e migliori condizioni di lavoro.

L’Offshore Alliance, che rappresenta un’ampia forza lavoro, ha accusato la Chevron di sottopagare “i lavoratori altamente qualificati del settore petrolifero e del gas su impianti remoti e ad alto rischio“. Ha inoltre sottolineato che si rifiuta di farsi intimidire dalla multinazionale. Chevron ha dichiarato che continuerà a prendere provvedimenti per “mantenere le operazioni” in “modo sicuro e affidabile” presso gli impianti interessati dallo sciopero a rotazione. “Continueremo inoltre a lavorare al processo negoziale, cercando di ottenere risultati che siano nel migliore interesse sia dei dipendenti che dell’azienda“, ha dichiarato Chevron all’AFP. L’alleanza sindacale ha assicurato che gli scioperi “si intensificheranno ogni settimana finché la Chevron non accetterà le nostre richieste“, criticando “l’inettitudine e l’incompetenza” dell’azienda nel processo negoziale.

Circa 500 dipendenti aderiranno alla protesta, con “scioperi a rotazione, divieti e limitazioni“, ha aggiunto l’Alleanza, che ha avvertito che lo sciopero potrebbe costare a Chevron “miliardi“. Uno degli indici europei di riferimento per il gas naturale è balzato di circa l’8% lunedì sera dopo la conferma dello sciopero. Redmond Wong, analista di Saxo Markets, ha dichiarato che l’annuncio dello sciopero potrebbe portare a “reazioni impulsive nei prezzi del gas in Europa“, ma che il rischio a lungo termine di una carenza di gas è minimo.

Sebbene l’Europa abbia ampiamente ricostruito le proprie scorte di gas, destabilizzate dalla guerra in Ucraina, si teme che ulteriori interruzioni, combinate con la forte domanda in Asia, possano minare le forniture. Il prezzo del gas naturale è salito in tutta Europa all’inizio di agosto dopo che gli operai hanno minacciato di interrompere le piattaforme offshore di Woodside Energy, sempre nell’Australia occidentale. Il prezzo di riferimento è balzato di oltre il 30%. Gli scioperi sono stati scongiurati grazie a negoziati dell’ultimo minuto che hanno portato a un accordo. Chevron e Woodside Energy sono i due maggiori produttori di gas dell’Australia occidentale e insieme rappresentano oltre il 15% del totale delle esportazioni internazionali di gas naturale. Nel 2022, uno sciopero del personale di un trasportatore di gas della Shell è durato 76 giorni e ha causato perdite stimate in 650 milioni di dollari (600 milioni di euro). L’Australia è uno dei maggiori produttori ed esportatori di gas naturale al mondo.

Fridays for future FFf

Il 3 marzo sciopero globale per il clima. Fridays For Future: “Siamo energia rinnovabile”

Sarà il prossimo 3 marzo il nuovo sciopero globale per il clima. Lo annuncia il movimento Fridays For Future, che dal 2019 scende in piazza per dire che “le azioni per la giustizia climatica non sono più rimandabili”. “La nostra rabbia – dicono gli attivisti – è energia rinnovabile”.

Le politiche climatiche italiane, spiegano dal movimento, “sono gravemente insufficienti e si manifestano con totale incoerenza: tempistiche tardive, mancanza di un legame tra visione di lungo periodo e obiettivi di medio termine, scarsa implementazione e monitoraggio degli obiettivi raggiunti e disallineamento delle politiche nei diversi livelli dell’amministrazione pubblica”. Ecco allora che, nonostante il costo degli impianti rinnovabili diminuisca di anno in anno, l’Italia, “sceglie di soddisfare l’80% della propria energia primaria con le fonti fossili, creando ostacoli burocratici alle alternative sostenibili e partecipative, come le comunità energetiche”.

In un panorama di generale sfiducia verso le istituzioni rispetto alla capacità di affrontare la sfida climatica, Fridays For Future invita, quindi, “chiunque senta l’urgenza di agire a scendere in piazza, per una nuova giornata mondiale di mobilitazione”. “Prima che la situazione diventi irreversibile – afferma Michela Spina, portavoce del movimento – dobbiamo rinnovare la nostra rabbia ancora e ancora, e manifestare insieme venerdì 3 marzo. Scenderemo nelle piazze di tutto il mondo per trasformare quella rabbia in proposte concrete verso un mondo decarbonizzato”.

Tante le questioni ancora aperte. Nel 2022, ricorda Fridays For Future, in Italia si sono verificati 310 eventi estremi, per la maggior parte siccità, grandinate, trombe d’aria e alluvioni. Sono morte 29 persone a causa dei disastri ambientali. Quella del 2022 è stata l’estate più calda della storia Europea, che nel sud Italia ha fatto registrare temperature record. A novembre 2022 la media di CO2 nell’atmosfera si aggirava attorno a 420 ppm (parti per milione). Soli 10 punti sotto il limite indicato dagli esperti (climatewatchdata.org) per mantenere l’aumento della temperatura globale sotto gli 1.5°C.

E, ancora, “mentre nella maggior parte dei comuni italiani aumenta il costo dei trasporti pubblici con nuove tariffe record, le compagnie energetiche vantano miliardi in extra-profitti”. “Aumentano anche le bombe climatiche, progetti di esplorazione ed estrazione di combustibili fossili ad alte emissioni che da soli basterebbero a far surriscaldare il pianeta oltre il limite. Mai come oggi si sente forte la necessità di dare nuova voce alla scienza”.

Benzinai revocano seconda giornata di sciopero: “Lo facciamo per gli automobilisti, non per il governo”

Sciopero sì, sciopero no. E alla fine, al termine di un pomeriggio di dialogo, i gestori carburanti hanno annunciato che la seconda giornata di serrate non ci sarà. Ma, avvertono i presidenti di Fegica e Figisc/Anisa Confcommercio, “lo revochiamo a favore degli automobilisti, non certo per il Governo”. La posizione è stata affidata a una nota, diffusa al termine dell’incontro avvenuto al Mimit, nella quale evidenziano come “pur riconoscendo di aver potuto interloquire in maniera costruttiva con il ministero che si è speso per diventare interlocutore propositivo, l’incontro ha confermato il persistere di molte criticità – spiegano -. Anche quest’ultimo ennesimo tentativo di rimediare ad una situazione ormai logora, non è riuscito ad evidenziare alcun elemento di concretezza che possa consentire anche solo di immaginare interventi sui gravissimi problemi del settore e di contenimento strutturale dei prezzi”. Per Giuseppe Sperduto, presidente di Fiab Confesercenti, “ridurre lo sciopero non sta significare smontare la partita, anzi tutto il contrario”.

Sulla revoca dello sciopero ci sperava anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. “Un’associazioneha detto parlando con la stampa a Bruxelles prima della conclusione dell’incontro al Mimit intende concludere prima lo sciopero, sulla base delle proposte fatte ieri sera, altre due hanno chiesto dei chiarimenti. Mi auguro che rivedano la loro decisione sulla base dell’impegno concreto del governo”.  “Da parte nostra – ha proseguito  – ho già detto ieri, riconvocando il tavolo permanente per l’8 febbraio, che il governo è impegnato in maniera continuativa per giungere a un riordino complessivo del settore che ne ha davvero bisogno, un settore troppo a lungo bistrattato. Ed è questo forse il primo governo che li ascolta e si confronta con le associazioni. Siamo ormai alla quarta riunione in due settimane”.

Le proposte emendative avanzate dal Governo al suo stesso decreto, spiegano i gestori “non rimuovono l’intenzione manifesta di individuare i benzinai come i destinatari di adempimenti confusi, controproducenti oltreché chiaramente accusatori”. “Appare ormai chiaro – dicono – che ogni tentativo di consigliare al Governo ragionevolezza e concretezza non può o non vuole essere raccolto – sottolineano -. Per questa ragione anche insistere nel proseguire nell’azione di sciopero, utilizzata per ottenere ascolto dal Governo, non ha più alcuna ragione di essere. Tanto più che uno degli obiettivi fondamentali, vale a dire ristabilire la verità dopo le accuse false e scomposte verso una categoria di lavoratori, è stato abbondantemente raggiunto. I cittadini italiani hanno perfettamente capito. È, quindi, a loro, ai cittadini che i benzinai si rivolgono, non certo al Governo, revocando il secondo giorno di sciopero già proclamato, eliminando ogni possibile ulteriore disagio, a questo punto del tutto inutile. I distributori quindi riapriranno già da questa sera. Il confronto a questo punto si sposta in Parlamento dove i benzinai hanno già avviato una serie di incontri con tutti i gruppi parlamentari perché il testo del decreto cosiddetto trasparenza raccolga in sede di conversione le necessarie modifiche”, concludono.

 

 

 

Carburanti, Urso ci prova ma sciopero resta. Benzinai divisi

Troppo poco e troppo tardi per revocare lo sciopero. Due sigle sindacali su tre confermano in pieno lo sciopero, una lo riduce da due a un giorno, nonostante sia iniziato un dialogo in Parlamento e i benzinai siano stati convocati al Ministero delle Imprese e del Made in Italy per tentare una mediazione sul filo del rasoio.

Il tentativo in extremis di Adolfo Urso è stato “apprezzato“, fanno sapere i presidenti di Fegica e Figisc/Anisa. Quello che manca, però, a loro avviso è la “concretezza“: “L’annuncio dell’avvio del tavolo volto a ristrutturare la rete distributiva e ridare un piano regolatoria certo va nella direzione giusta e auspicata – ammettono -, ma le modifiche ipotizzare sul decreto, oltre a non essere sufficienti, sono ormai nelle mani del Parlamento“.

Tra le proposte del ministro una riduzione delle sanzioni nel caso di mancata ottemperanza al Decreto Trasparenza, la razionalizzazione della cartellonistica sugli impianti, la convocazione di un tavolo di filiera per affrontare i problemi storici del settore, a partire dall’illegalità contrattuale e dal taglio dei costi per le transazioni elettroniche. Urso ci ha sperato fino all’ultimo: “Penso che le nostre proposte siano assolutamente ragionevoli. Ci auguriamo che gli esercenti evitino questo disagio. Peraltro in Parlamento è iniziato il confronto questa mattina, prima del decreto attuativo del decreto legge. Il Dl è a beneficio dei gestori, proprio per far emergere le sacche di approfittatori“, ha detto a margine del tavolo al Mimit.

Restano sullo sfondo “sconti o non sconti sulle multe“, “cartelli o non cartelli da esporre“, ma soprattutto l’idea di una categoria di lavoratori che “speculano sui prezzi dei carburanti. Il che è falso e inaccettabile“, tuonano Fegica e Figisc/Anisa. Lo sciopero è quindi confermato, così come confermata è l’intenzione della categoria di “dare tutto il proprio contributo al processo di riforma, per ora solo annunciato“. Più morbida la linea di Faib Confesercenti, riunita d’urgenza: “In segno di apprezzamento del lavoro svolto dal Ministro e dai suoi collaboratori, e con l’obiettivo di ridurre il disagio alla cittadinanza, la presidenza Faib ha deciso di ridurre a un solo giorno la mobilitazione”.

Appuntamento oggi alle 11 in piazza Montecitorio a Roma, per un’assemblea dei gruppi dirigenti delle organizzazioni di categoria dei distributori di carburanti, aperta a deputati e senatori di tutti i gruppi parlamentari.

Dal lato loro, i consumatori chiedono di essere coinvolti nei tavoli con il governo e chiedono controlli a tappeto sui gestori, per accertare il rispetto della regolamentazione sugli scioperi e perché nella rete autostradale i distributori rimangano aperti almeno ogni 100 chilometri e nella rete ordinaria in numero non inferiore al 50% degli esercizi aperti nei giorni festivi. “Quanto ai benzinai, se è vero che questa volta non hanno speculato non vuol dire che non commettano gravi irregolarità – osserva Massimiliano Dona, presidente dell’Unc -. E’ vergognoso, ad esempio, che 4000 distributori non comunichino al Mise, ora Mase, i prezzi o che li comunichino in modo farlocco. Per questo le multe andrebbero quadruplicate dai vigenti 516 euro ad almeno 2000 euro a infrazione. Il Governo, invece, nel tentativo maldestro di farsi perdonare per le accuse infondate di speculazioni, ora le abbassa a 200 euro. Una beffa e una farsa!“.

Dalle 19 scatta lo sciopero dei benzinai: stop anche ai self

Dalle 19 di questa sera (24 gennaio) scatterà lo sciopero di 48 ore dei benzinai. Pompe chiuse e self service staccati fino alle 19 del 26 gennaio nelle città, mentre in autostrada la protesta scatterà dalle 22, sempre di domani, fino alle 22 di giovedì prossimo. Come annunciato dalle tre sigle dei gestori, Faib Confesercenti, Fegica e Figisc/Anisa Confcommercio, saranno comunque garantiti i servizi minimi essenziali in un determinato numero di stazioni nelle città ma anche sulle reti autostradali. Difficile pensare che possa esserci una retromarcia dell’ultimo minuto, anche perché la tensione con il governo sta salendo di ora in ora, come si evince dai cartelli esposti dalle associazioni negli impianti per spiegare le loro ragioni: “Chiuso per sciopero. Per protestare contro la vergognosa campagna diffamatoria nei confronti della categoria e gli inefficaci provvedimenti del governo che continuano a penalizzare solo i gestori senza tutelare i consumatori. Per scongiurare nuovi aumenti del prezzo dei carburanti”.

Non è servito nemmeno il tentativo estremo del ministro delle Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, dalle colonne del ‘Corriere della sera‘: “È il primo governo che riconosce le loro ragioni e proprio per questo lo sciopero è davvero incomprensibile. Mi appello al buon senso”. Se possibile, l’effetto è stato proprio l’opposto. Soprattutto quando afferma di non capire “come si possa scioperare contro la trasparenza, contro un cartello”, perché “il decreto prevede che in ogni stazione sia visibile il prezzo medio regionale, ciò a beneficio dei consumatori come della stragrande maggioranza dei gestori: la trasparenza aiuta tutti”.

I gestori non l’hanno presa bene: “Le dichiarazioni del ministro Urso sono l’ennesima dimostrazione della confusione in cui si muove il governo in questa vicenda”, scrivono in un nota congiunta i presidenti di Faib Confercenti, Fegica e Figisc/Anisa Confcommercio. “Continuano a chiedere trasparenza e noi l’abbiamo offerta in tutti i modi – proseguono -. Quello che non ci si può chiedere è di autorizzare nuovi adempimenti e nuove sanzioni a carico dei gestori, questo no”. Ecco perché pur ricordando che “le organizzazioni di categoria hanno sempre sostenuto la necessità di un confronto aperto fino all’ultimo minuto utile prima dello sciopero”, le parole del responsabile del Mimit “rischiano seriamente di chiudere ogni residua possibilità di concludere positivamente la vertenza in atto”. Poi l’invito a intervenire rivolto direttamente a Palazzo Chigi: “Dia un segnale sull’intera vertenza”.

La premier, Giorgia Meloni, però, da Algeri non fa retromarcia: “Non c’è alcuna volontà di colpire una categoria, solo la necessità di fare ordine per evitare comportamenti sbagliati”. Sul decreto Trasparenza “abbiamo immaginato il provvedimento, ci siamo confrontati con loro due volte – sottolinea -. Alcune rimostranze erano di buonsenso e siamo andati loro incontro, ma non potevamo tornare indietro su un provvedimento giusto. Pubblicare il prezzo medio settimanale per far capire all’utente la situazione è una iniziativa di buon senso”.

Nel frattempo, si muovono le associazioni dei consumatori. Il Codacons è pronto a presentare alla Procura della Repubblica di Roma una denunciaper la possibile fattispecie di interruzione di pubblico servizio”. Stesso orientamento anche per l’Unc, che attacca: “La verità dei fatti è che la lobby dei benzinai ha già vinto, visto che il Governo, dopo aver partorito un topolino, si è già rimangiato il decreto, riducendo le multe dai 516 euro attuali al ridicolo balzello di 200 euro”. Va oltre Assoutenti, che chiede ai prefetti di tutta Italia di intervenire “per precettare i benzinai e costringere i distributori a rimanere aperti”, facendo sul leva sul “maltempo che sta imperversando in Italia e l’allerta neve che interessa diverse regioni”. Al momento non ci sono riscontri, dunque agli automobilisti non resta che mettersi in fila e fare il pieno per non rimanere a piedi.

Sperduto (Faib): Sciopero benzinai per far prendere coscienza e posizione al governo

E’ fiducioso che il Parlamento possa migliorare il decreto Trasparenza? “Me lo auguro, non fosse altro perché non abbiamo alcuna intenzione di portare avanti uno sciopero fine a se stesso, ma serve fondamentalmente a far prendere coscienza e posizione al governo”. Risponde così il presidente di Faib Confesercenti, Giuseppe Sperduto, ai microfoni di GEA, al termine della conferenza stampa con le altre sigle dei gestori (Fegica e Figisc-Anisa Confcommercio) che hanno proclamato lo sciopero dei benzinai dalle 19 del 24 gennaio alla stessa ora del 26 gennaio, compresi i distributori self service.

I benzinai confermano lo sciopero del 25-26 gennaio: “Non ci sono stati passi avanti”

Lo sciopero dei benzinai del 25 e 26 gennaio è confermato: “Nessun elemento fra quelli per cui lo abbiamo indetto è venuto meno”, ha spiegato Massimo Terzi, rappresentante di Anisa Confcommercio, nel corso di una conferenza stampa al termine dell’incontro presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Con le nuove norme “siamo ancora più penalizzati” ed in particolare “questo ennesimo cartello fa tutto tranne che trasparenza”, ha aggiunto.

Siamo pronti fino all’ultimo per trovare una quadra ma al momento non possiamo revocare la mobilitazione”, spiega Bruno Bearzi, presidente Figisc/Anisa. “Siamo profondamente delusi, ci aspettavamo altro – confessa -. Le condizioni sostanziali non sono cambiate: c’è stato sforzo per ridurre le sanzioni, ma resta l’obbligo del cartello. Passa il messaggio che siamo una categoria da tenere sotto controllo perché specula”.

Lo sciopero riguarderà anche i distributori self service: per questo lo stop inizierà alle 19 di martedì 24 gennaio e terminerà alle 19 di giovedì 26 gennaio. Le tre sigle Faib-Confesercenti, Fegica e Figisc-Anisa Confcommercio assicurano, comunque, che garantiti i servizi minimi essenziali in un determinato numero di stazioni nelle città ma anche sulle reti autostradali.

Governo e benzinai trattano sullo sciopero. Antitrust indaga su 5 compagnie per i prezzi

Domani alle 14.30 i rappresentati dei benzinai parteciperanno a un tavolo tecnico al ministero delle Imprese e del Made in Italy sul tema rincari dei carburanti. Si tratta del secondo round fra Faib, Fegica e Figisc dopo il vertice a Palazzo Chigi di venerdì scorso. Una riunione che era terminata col congelamento dello sciopero indetto dalla categoria, annunciato per protestare contro la campagna “di fango” che aveva colpito i gestori degli impianti di carburanti in seguito all’eliminazione dello sconto sulle accise a Capodanno.

Tra un vertice e l’altro, però, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto Trasparenza, varato dal governo per combattere eventuali speculazioni. Il provvedimento prevede, tra le altre cose, che “i gestori degli impianti di carburante che non comunicheranno i loro prezzi e non esporranno nel punto vendite le medie calcolate dal ministero potranno essere puniti con sanzioni da 500 a 6mila euro. Dopo la terza violazione può essere disposta la sospensione dellʼattività (che può andare da una settimana a tre mesi)”. Una regola che non è andata giù ai diretti interessati. Al punto che la giunta nazionale di Faib Confesercenti in un comunicato ha voluto esprimere “delusione per l’esito dell’incontro di venerdì scorso, che pure si era svolto in un clima positivo. Faib, di conseguenza, conferma il giudizio di forte contrarietà sul decreto Trasparenza. Pesa la formulazione della norma che conferma l’obbligo di un nuovo cartello e l’inasprimento inaccettabile delle sanzioni. Ben venga maggiore trasparenza ma si eliminino adempimenti che risulterebbero inutili e si riveda il sistema sanzionatorio, senza duplicazioni e senza accanimenti. Si perseguano con razionalità gli strumenti utili per dare informazioni corrette ai consumatori, ma si eviti – sottolinea l’associazione – la giungla cartellonistica che creerebbe solo confusione. Se si vuole un nuovo cartello significa che quelli che ci sono non sono utili. E allora li si eliminino e si razionalizzi la giungla cartellonistica“.

I prezzi dei carburanti sono già oggi i più pubblicizzati rispetto ad ogni altro prodotto di largo e generale consumo e occorre attenzione nel costruire nuove informazioni, tenendo conto delle specificità che ci sono tra rete ordinaria e rete autostradale. Pertanto, lo sciopero contro questo provvedimento inutile e dannoso resta congelato – continua la nota stampa di Faib – in attesa dell’incontro” di domani al ministero delle Imprese e del made in Italy. “In quella sede valuteremo se il governo ha intenzione di accogliere le richieste della categoria o meno. E prenderemo le decisioni conseguenti che saranno illustrate nel dettaglio nella conferenza stampa unitaria, indetta per giovedì 19 gennaio“.

Mentre governo e benzinai trattano, l’Antitrust indaga. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, insieme al Nucleo Speciale Antitrust della Guardia di Finanza, ha svolto ispezioni nelle sedi delle compagnie petrolifere: Eni, Esso, Ip, Kuwait Petroleum e Tamoil. I procedimenti sono stati avviati anche sulla base della documentazione “tempestivamente fornita” dalle stesse fiamme gialle.

Carburanti, benzinai congelano lo sciopero dopo l’incontro con il governo

Lo sciopero del 25 e 26 gennaio è “congelato“. Il governo porta a casa un primo risultato dall’incontro con gestori e titolari dei distributori di carburanti, convocati a Palazzo Chigi subito dopo l’annuncio dell’inizio dello stato di agitazione che sarebbe poi sfociato nell’astensione dal lavoro e il presidio a Montecitorio. A riceverli il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, assieme ai ministri competenti in materia, Giancarlo Giorgetti e Adolfo Urso, e al Garante per la sorveglianza dei prezzi, Benedetto Mineo. L’incontro, da programma, sarebbe dovuto durare 30 minuti, ma alla fine è andato ben oltre l’ora. Le tre sigle, rappresentante da Giuseppe Sperduto (Faib Confesercenti), Alessandro Zavallone (Fegica) e Bruno Bearzi (Figisc) ne avevano di cose da dire all’esecutivo. Alla fine tutti concordano che il passaggio di oggi è stato utile, se non altro a togliere dal tavolo l’equivoco su presunte speculazioni, con cui la foga della politica li aveva spinti nell’occhio del ciclone.

L’incontro è stato assolutamente proficuo, i ministri hanno ascoltato le esigenze della categoria e siamo nelle condizioni di dirci abbastanza soddisfatti, non fosse altro perché è stato stabilito a breve di incontrarci di nuovo per far partire il tavolo tecnico emergenziale“, spiega Sperduto. L’appuntamento è per martedì prossimo: “Il tavolo sarà basato su tutti i temi emergenziali di settore“, spiegano le associazioni, precisando che lo sciopero non è revocato ma solo messo in ‘ghiacciaia’. “Valuteremo tutte le opzioni che sono sul tavolo – spiegano –. Si andrà a esaminare un settore che ha già una serie di crisi interne, strutturali, ma c’è il dato positivo di aver pacificato un rapporto incrinato negli ultimi tempi da polemiche sicuramente infondate“. Dunque, col governo “si ristabilisce un corretto rapporto su una categoria che non ha mai commesso crimini o nefandezze: queste sono le condizioni di partenza, vedremo quando saremo riconvocati: ci riserviamo di fare la nostra scelta sulle iniziative che ora sono congelate“.

I reciproci segnali di apertura sono comunque una buona base di partenza: “Siamo fiduciosi del fatto che le intenzioni del governo sono quelle di lavorare velocemente ed efficacemente e non solo sugli aspetti legati alle accise“, sottolinea Sperduto. Che tocca anche il tema dei controlli: “Devono essere effettuati, è corretto che ci siano e noi cerchiamo di snellire le procedure e le incombenze, che diventano sempre di più ogni giorno. Che ci debbano essere delle sanzioni può anche andar bene, qualora ci fosse del malaffare. Ma così non è“. Sul punto torna anche il segretario nazionale di Fegica, Alessandro Zavallone, che al termine dell’incontro aggiunge: i ministri “hanno capito la differenza differenza tra omissioni e ritardo“, spiegando che le multe comminate ai gestori dalla Guardia di finanza riguardano la mancata comunicazione dei prezzi, un obbligo giornaliero a cui i gestori sono sottoposti, ma “c’è una bella differenza tra chi non comunica e si nasconde e chi, invece, lo fa con tre ore di ritardo. E comunque, questo non incide sul prezzo“.

Sul decreto Trasparenza varato dal Cdm in settimana, invece, il giudizio resta sospeso. Il provvedimento non è ancora stato pubblicato e le associazioni attendono di leggerlo sulla Gazzetta ufficiale, prima di esprimersi. Di sicuro nell’ora a Palazzo Chigi nessuno ha consegnato loro nulla, dicono all’unisono. Eppure nel testo c’è un altro motivi di distanza con le istituzioni, quello sull’obbligo di esporre il prezzo medio dei carburanti accanto a quello di vendita. Sia per i gestori, sia per associazioni dei titolari degli impianti servirà a poco. “Abbiamo prospettato al governo l’idea di dare visibilità ai prezzi di cessione perché venga dato un ulteriore elemento di valutazione al consumatore finale e non solo il prezzo medio di vendita“, dicono i rappresentanti dell’Angac, appena usciti da Palazzo Chigi, dove sono stati ricevuti assieme a Unem e Assopetroli. “Si tratta del prezzo con cui la compagnia petrolifera vende il carburante ai gestori degli impianti – spiega Fausto Liuzzi –. Questo potrebbe far capire al consumatore che non è il gestore l’artefice di questa paventata speculazione, perché è l’ultimo tassello, assieme proprio al consumatore finale, di una catena che dovrebbe essere effettivamente controllata e monitorata“.

Soddisfatto anche il ministro delle Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, che al Mimit incontra anche le associazioni dei consumatori. “Abbiamo aperto un confronto, credo estremamente positivo e anche costruttivo, sia con gli operatori del settore a Palazzo Chigi, con due tavoli specifici, poi successivamente al con i consumatori – dice -. Le due facce della stessa medaglia, che è quella di riportare in questo settore la maggiore trasparenza possibile, al fine anche di controllare l’aumento dei prezzi“. A latere degli incontri, infatti, il governo non esclude che se i prezzi dovessero raggiungere soglie troppo alte ci possa essere una ‘sterilizzazione’ delle accise: ovvero, come spiegato dalla premier, Giorgia Meloni, “quello che lo Stato guadagna in più da accise e Iva lo usa per riabbassare il prezzo ed è esattamente quello che prevede il nostro decreto“.