Enav, Monti: Carbon neutrality traguardo importante portato avanti negli anni

Enav è carbon neutral: “E’ un traguardo molto molto importante, fatto da tutta la squadra portato avanti negli anni e che oggi si è finalmente concretizzato. Per l’80% acquistiamo e produciamo energia da fonti rinnovabili, abbiamo trasformato tutta la nostra flotta garantendo alimentazione elettrica, accelerato i processi che consentono di recuperare un 20% su iniziative internazionali”. Lo ha detto a GEA Pasqualino Monti, ad di Enav, a margine del 5th Sustainability Day che si è svolto a Roma.

Enav, Monti: Parte importante del piano industriale dedicata a sostenibilità

“Sono molto interessato a portare avanti tutte le iniziative che abbiamo programmato, a metterle a terra, così come la realizzazione del piano industriale, del quale parte importante sarà proprio la sostenibilità”. Così l’amministratore delegato di Enav, Pasqualino Monti, a margine del quinto Sustainability Day.

Pnrr, ok Ue a quarta rata e RePowerEu. Meloni esulta: “21 miliardi, una seconda manovra”

Era nell’aria, ma ora è ufficiale. La Commissione approva le modifiche presentate dal governo al Pnrr italiano legato alla quarta rata e, contestualmente, anche il capitolo aggiuntivo del RePowerEu. Proprio il documento strategico per l’indipendenza energetica, secondo Bruxelles, “copre in modo completo i sei pilastri dello strumento” di rilancio economico, vale a dire transizione verde, trasformazione digitale, crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, coesione sociale e territoriale, sanità e resilienza economica, sociale e istituzionale e politiche per le generazioni future.

Ci sono anche altre novità legate al RePower, perché “aumenta di dimensioni” in termini di risorse, spiega il ministro titolare del dossier, Raffaele Fitto, passando dai 2,7 miliardi di euro iniziali a 2,88 miliardi grazie all’aggiunta di “una piccola unità di calcolo di altri 100 milioni di euro”; e aumenta come contenuti: “Ora esistono sette nuove riforme che si aggiungono alle cinque già previste”. Il surplus, però, non avrà effetti immediati. “Non cambia l’importo della quarta rata” da 16,5 miliardi di euro, chiarisce l’esecutivo comunitario: “Le modifiche del totale da destinare all’Italia riguardano gli importi dalla quinta rata in poi”.

La sostanza comunque non cambia, perché tirando le somme, il governo “mette a disposizione della crescita economica italiana altri 21 miliardi di euro”, in pratica “una seconda manovra economica in gran parte destinata allo sviluppo e alla competitività del tessuto produttivo italiano”, dice la premier, Giorgia Meloni, alle associazioni datoriali, convocate a Palazzo Chigi per illustrare la legge di Bilancio 2024. “Abbiamo lavorato a una manovra consapevoli che parallelamente stavamo trattando con la Commissione europea la revisione del Pnrr”, spiega ancora la presidente del Consiglio. Lasciando intendere che la strategia dell’esecutivo è sempre stata quella di viaggiare su un doppio binario: “Abbiamo verificato le criticità e le abbiamo superate, abbiamo fatto in modo che tutti i soldi del Pnrr venissero spesi nei tempi e quindi abbiamo concentrato le risorse sulla crescita e la modernizzazione della nazione e mi pare che il risultato, sul quale in pochi scommettevano, dice che non era una scelta sbagliata”, rivendica ancora Meloni. Che ringrazia Bruxelles: “La Commissione è stata sicuramente rigida per certi versi, ma molto aperta alla possibilità che queste risorse fossero spese nel migliore dei modi”.

Entrando nel concreto, ci sono “12,4 miliardi di euro assegnati al sistema delle imprese, 6,3 miliardi alla transizione 5.0, 320 milioni per il supporto alle pmi per l’autoproduzione di energia e fonti rinnovabili e 2 miliardi per i contratti di filiera in agricoltura”, elenca Fitto. E ancora: “2,5 miliardi di euro per il supporto al sistema produttivo, 850 milioni di euro per il parco agrisolare e 308 milioni per il fondo tematico per il turismo”. Inoltre, “un’altra proposta molto qualificante è quella della rimodulazione, d’intesa con la struttura commissariale, di 1,2 miliardi destinati nella gestione destinati all’alluvione in Emilia-Romagna, Marche e Toscana. Esistono poi investimenti per 5,2 miliardi sul fronte delle reti delle Infrastrutture, 1,8 miliardi per la realizzazione e il rafforzamento strategico delle reti elettriche e del gas, oltre 1 miliardo agli interventi per la perdita e la riduzione idrica, oltre 1,1 miliardi per l’acquisto di nuovi treni ad emissioni ridotte, 400 milioni per l’elettrificazione delle banchine portuali e 920 milioni per la messa in sicurezza degli edifici scolastici e la realizzazione di nuove scuole”.

Nella rimodulazione ci sono anche “1,380 miliardi destinati alle famiglie a basso reddito per l’efficientamento energetico e l’edilizia abitativa”. Fitto assicura che “nei prossimi giorni definiremo gli ultimi aspetti per giungere alla definizione del pagamento della quarta rata del Pnrr entro il 31 dicembre”, stessa data entro cui il governo è convinto di poter “raggiungere i target della quinta rata” e quindi “fare la richiesta di pagamento”.

A esultare è tutta la squadra di Meloni. “Con la riprogrammazione del Pnrr sono ulteriori 12,4 i miliardi per le imprese, di cui quasi 10 miliardi sui progetti del Mimit”, dice il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che vede lievitare al 30% la quota di fondi per il suo dicastero. “Quasi 10 miliardi che si aggiungono ai 19 miliardi già assegnati e agli 8 del fondo complementare, per un totale di 37 miliardi in dotazione al Mimit – riepiloga Urso -. Risorse decisive per sostenere la competitività del sistema produttivo. Destineremo così altri 6.4 miliardi a transizione 5.0 per un totale di 13,3 miliardi per l’innovazione tecnologica tra fondi Pnrr e nazionali (6.8 miliardi) già in Bilancio nel biennio 2024/2025“.

Più alberi, auto elettriche, welfare sartoriale. Ferrario (Jakala): “La nostra sostenibilità a 360 gradi”

Chi la chiama tempesta perfetta forse non ha tutti i torti. Prima la pandemia, con lo stop alla produzione e le conseguenze legate alle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime e la scoperta che lavorare in un altro modo è possibile, conciliando al meglio vita privata e quella professionale. Poi la guerra in Ucraina, che ha portato alla luce la dipendenza del nostro Paese dai combustibili fossili, rendendo necessario spingere sulle energie rinnovabili. E, ancora, gli eventi meteo estremi, frutto di un cambiamento climatico che ha messo – finalmente – l’ambiente al centro dell’agenda politica nazionale e globale. Nel mezzo ci sono le persone, le imprese, le aziende di servizi, e un concetto – non certo nuovo, ma finora sottovalutato, che è quello della sostenibilità. Non solo un’idea, ma una visione che sempre di più sta modellando il sistema economico. Ecco allora che concetti come working balance e well being diventano il fulcro di un nuovo modo di intendere il lavoro.

E poi c’è un coccodrillo, uno dei personaggi de ‘Il libro della giungla’, un ‘mostro’ contro cui Mowgli combatte per una notte intera, che ha ispirato Matteo de Brabant (che nei boy scout aveva proprio questo nome) a dare vita nel 2000 a Jakala, la prima azienda a combinare marketing e tecnologia applicati al mondo dell’engagement e della fidelizzazione. E che oggi, a distanza di 23 anni, è diventata un impero che punta a chiudere il 2023 non solo con 500 milioni di fatturato, ma anche con una vision – e una mission – che sventolano la bandiera della sostenibilità a 360 gradi, integrando e rafforzando quella sociale e quella ambientale.

TREMILA MANGROVIE IN MADAGASCAR. In che modo? In occasione della Giornata degli Alberi, Jakala rafforza la sua green experience, con due iniziative dedicate all’ambiente. La prima è realizzata in collaborazione con Green Future Project, una climate tech certificata e B Corp che supporta le organizzazioni nell’implementazione di strategie sostenibili, con cui, dice a GEA Gioia Ferrario, direttrice HR dell’azienda, “portiamo avanti alcuni progetti di compensazione, come iniziative di riforestazione, protezione e produzione di energia rinnovabile”. Lo scorso anno erano state piantate 1600 mangrovie, come il numero dei dipendenti del gruppo. “Quest’anno – spiega Ferrario – ne pianteremo 2962, perché il team è cresciuto. La piantumazione avverrà sulla costa nord-occidentale del Madagascar, nel sito di Marovolavo”.

Le mangrovie, oltre ad essere essenziali per l’ecosistema marino, poiché forniscono un habitat per moltissime specie, fungono da foreste costiere, estremamente efficaci nel filtrare l’acqua, prevenire l’erosione del suolo e immagazzinare il carbonio. Ma non solo, perché, spiega la responsabile delle risorse umane di Jakala, “hanno un ruolo determinante anche per gli insediamenti umani, fornendo fonti alimentari e servizi ecosistemici”. La realizzazione della messa a dimora viene fatta dal climate partner Eden Reforestation Projects.

UNA DRIVER EXPERIENCE GREEN. Ma c’è di più, perché Jakala punta ad anticipare gli obiettivi europei per diventare una compagnia a zero emissioni entro il 2028, eliminando dal proprio parco auto tutte quelle con motori a combustione, per i quali Bruxelles ha stabilito lo stop dal 2035. “E’ la nostra driver experience – dice Ferrario – che nasce da una decisione coraggiosa, quella di anticipare di sette anni i target europei. Per tutti i neopromossi e i neoassunti, che hanno diritto all’auto, la car list sarà completamente composta da mezzi full electric. E il passaggio all’elettrico è previsto per tutti gli altri al momento della scadenza dei contratti di leasing”. Un progetto a cui si aggiungono colonnine per la ricarica elettrica presso le sedi di Nichelino (To) e Montecassiano (Mc), una policy di guida sicura ed ecosostenibile e l’introduzione di una piattaforma online con indicazione dei distributori più convenienti. E se un dipendente fa rifornimento al prezzo più basso di mercato in quel giorno, Jakala pianta un albero.

IL WELFARE SARTORIALE. E se qualcuno non desidera un’auto aziendale? “Chi rinuncia pur avendone diritto – dice Ferrario – in sostituzione può usufruire di ulteriori servizi di welfare, il cui valore economico cresce di anno in anno, per premiare il dipendente che resta in Jakala e rafforzare così la nostra forza lavoro”. Un sistema che punta tutto sul working balance: “abbiamo un approccio di grande attenzione, di riconoscimento del tipo di valore che ciascuno porta in azienda”, spiega, tanto è vero che le iniziative in questa direzione “sono costruite sulle esigenze di ciascuno”. Così, ad esempio, se un dipendente ha in programma una trasferta all’estero ma svolge il ruolo di caregiver per un familiare, l’azienda può aiutarlo a gestire la situazione in sua assenza, magari cercando soluzioni di assistenza domiciliare o agevolazioni per le visite mediche. O, ancora, è previsto l’allargamento della formazione alla famiglia dei dipendenti: così, figli o nipoti, possono partecipare a summer school che, magari, normalmente sarebbero inaccessibili per ragioni economiche.

FOCUS SULLA SALUTE MENTALE. La sostenibilità, quindi, si fa anche sociale e non solo ambientale. Basti pensare che in Jakala la questione della salute mentale è determinante. “Ovunque, ma soprattutto in un’azienda come la nostra – dice Ferrario – le attività sono intense e quindi offriamo ai dipendenti la possibilità di prendersi cura della loro salute mentale, grazie ad attività di supporto psicologico”. Un benessere che, naturalmente, viene rafforzato anche dall’hybrid working – un po’ a casa e un po’ in ufficio – a seconda delle esigenze personali e di quelle dell’azienda.

PARITA’ DI GENERE E INCLUSIVITA’. Niente, ricorda la responsabile delle risorse umane di Jakala, viene lasciato al caso. Si va dall’attenzione alla parità di genere“ci assicuriamo di averla anche dal punto di vista salariale” – al tema dell’inclusione. “Il fatto di inserire nelle aziende persone appartenenti alle categorie protette – spiega Ferrario – passa attraverso una progettualità, ma non è l’obbligo di legge che ci deve spingere in questa direzione”, quanto piuttosto un’idea che fa dell’inclusione un punto di forza. “Prepariamo molto bene chi si occupa della selezione perché vogliamo aiutare i nostri dipendenti a sviluppare al meglio le loro competenze e a trovare mansioni adatte a loro”.

Da qui, non si può tornare indietro. Lo chiedono l’ambiente e il clima, lo chiedono le persone. “Rispondiamo alle richieste dei singoli – conclude Ferrario – favorendo una cultura di maggiore responsabilità personale e di rispetto sia dell’ambiente sia della salute e sicurezza”.

E’ davvero possibile fare un grande evento sostenibile?

Concerti, fiere e festival possono essere davvero a impatto zero? E la sostenibilità – intesa come soddisfazione dei bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri – è davvero a portata di mano? Secondo Research and Markets, le dimensioni del settore degli eventi dovrebbero crescere da 1.135,4 miliardi di dollari rilevate nel 2019 a 1.552,9 miliardi di dollari nel 2028. In Italia, secondo la Siae, il 2022 ha visto oltre 3 milioni di eventi e ha generato una spesa di 3 miliardi (+183% rispetto all’anno precedente). In questo contesto, la questione della sostenibilità è aperta: se consideriamo solo la produzione di rifiuti, ad esempio, un’indagine della Bbc sull’impatto ambientale dei festival musicali mostra che soltanto nel Regno Unito ogni anno questi producono circa 23.500 tonnellate di rifiuti, circa lo stesso peso di 78 aerei Boeing 747 a pieno carico.

A dire il vero, qualcuno ci ha provato davvero ad avvicinarsi all’impatto zero. E’ il caso di band come i Coldplay che nel 2022 hanno organizzato un tour riducendo le emissioni di CO2 del 50% rispetto a quello precedente. Anche la società di intrattenimento Live Nation da diversi anni è impegnata a ridurre l’impatto – sia all’interno della coalizione globale Green Nation Touring Program sia con la creazione di un reparto Green Nation – attraverso iniziative concentrate sull’uso di energia e acqua, sui trasporti (facendo partnership con Trenitalia) e sull’efficientamento complessivo delle risorse. E alcuni grandi festival si stanno muovendo in questa direzione, tra cui il Boom Festival, tra Italia, Austria e Slovenia, che ha ricevuto la certificazione europea GSTC per il turismo sostenibile.

Come spiega Valeria De Grandis, Account Director di Superstudio Events, “purtroppo oggi ancora non è possibile organizzare un evento totalmente a impatto zero, in quanto non è praticabile eliminare o compensare tutte le emissioni e i rifiuti generati”. Esistono però, dice, “diverse best practices, che si possono adottare e che il comparto sta già adottando, guidato dalla richiesta del pubblico ma anche dalla sensibilizzazione che arriva da parte delle associazioni di categoria. Certamente si tratta di un processo complesso, a volte lungo, che richiede impegno da parte di chi organizza gli eventi”.

Secondo l’esperta, intanto è necessario partire dalla consapevolezza, perché “spesso non si ha ben chiaro in cosa non si è sostenibili”. Perciò, la prima cosa da fare “è un’analisi approfondita che identifichi le principali fonti di impatto di un evento. In genere, le criticità più diffuse riguardano il consumo di energia, l’uso di acqua, il trasporto dei partecipanti, la produzione e lo smaltimento dei rifiuti”. In secondo luogo, “tra gli aspetti più impattanti vi è senz’altro la scelta della venue: alcuni luoghi sono intrinsecamente più sostenibili di altri”. Quindi è meglio preferire luoghi industriali dismessi da ristrutturare “per raccoglierne l’eredità e restituire valore alla comunità locale”. Fondamentali poi, dice De Grandis, “gli impatti dei mezzi di trasporto – idealmente, accertarsi di organizzare l’evento vicino a una qualche fermata del trasporto pubblico oppure predisporre dei collegamenti con le stazioni –, la scelta di fornitori a loro volta sostenibili e il più prossimi possibile alla sede l’evento, l’utilizzo di materiali riciclabili, l’ottimizzazione dell’illuminazione e il riciclo dei rifiuti prodotti durante l’evento”.

Insomma, conclude l’esperta, “non sarà possibile realizzare l’evento perfetto dal punto di vista della sostenibilità ma si possono certamente creare dei processi misurabili e concreti, che rispondono a dei parametri condivisi e certificati, per rendere sempre meno impattanti tutte le manifestazioni che organizziamo, a livello pratico e molto più a fondo di qualsiasi slogan di marketing”.

L’ambizione di Fedriga: “Puntiamo a diventare riferimento internazionale per la sostenibilità”

Sostenibilità, prevenzione del rischio, decarbonizzazione, transizione ecologica e digitale. Con la pandemia e, più, ancora con lo scoppio della guerra in Ucraina, il mondo istituzionale – a ogni livello – e quello industriale sta facendo i conti con la necessità di una trasformazione epocale, verso un modello economico più equo, giusto e green. E, per il nostro Paese, il cambiamento climatico e le sue devastanti conseguenze sul territorio e in termini di vite umane, l’accelerazione si fa ancora più necessaria. Ne abbiamo parlato con il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, i cui piani in questa direzione sono decisamente ambiziosi.

E’ in corso a Rimini Ecomondo, che rappresenta un punto di incontro fondamentale per istituzioni, imprese, stakeholders nell’ambito dell’economia circolare e la sostenibilità. Quali azioni ha messo in campo il Friuli Venezia Giulia per favorire lo sviluppo sostenibile e la transizione ecologica?
“Questa amministrazione si è data un obiettivo ambizioso fin dal precedente mandato: fare del Friuli Venezia Giulia una regione di riferimento per la sostenibilità a livello internazionale. Un obiettivo che ora ha anche una cornice normativa specifica, quella della legge Fvgreen approvata lo scorso febbraio, che introduce la Strategia regionale per lo sviluppo sostenibile. La transizione ecologica del Friuli Venezia Giulia viene delineata come un processo strutturale multilivello, trasversale e partecipato che ha l’obiettivo di conseguire la neutralità climatica nel 2045, con cinque anni di anticipo sul termine europeo. A questa strategia è connesso il Piano regionale per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici. Il conseguimento dell’obiettivo di neutralità climatica implica il coinvolgimento dei Comuni e degli Enti locali e, a tal fine, la Regione valorizza l’adesione dei Comuni all’iniziativa comunitaria “Patto dei Sindaci per il clima e l’energia” e la conseguente predisposizione dei Piani di azione per l’energia sostenibile ed il clima.
Ma vi sono anche progettualità già concluse o avviate: penso alla dismissione dell’ex ferriera di Servola, al piano di elettrificazione delle banchine del porto di Trieste, e ancor più ad un progetto di respiro internazionale quale la Valle dell’idrogeno. La Regione in questo settore ha voluto rafforzare la propria collaborazione con i Paesi vicini di Slovenia e Croazia avviando un processo unico nel suo genere a livello europeo per la costituzione di una Valle dell’idrogeno del Nord Adriatico, un ecosistema integrato transnazionale che interessa l’intera catena del valore dell’idrogeno e una pluralità di investimenti ingenti in forma di “portfolio” di progetti”.

A Ecomondo partecipano oltre 30 aziende friulane, segno che la spinta verso la transizione è viva. Quale può essere il contributo delle imprese nell’accelerazione verso la green economy?
“Il contributo delle imprese è fondamentale perché possono incidere sui modelli produttivi e imprimere cambiamenti duraturi tali da diventare delle vere e proprie best practice. Penso al polo chimico di Torviscosa dove il gruppo Bracco da 20 anni ha investito su un modello di sviluppo sostenibile imprimendo una riconversione green ad un intero sito produttivo. Operazioni di questo genere sono possibili solo se c’è un patto istituzionale e territoriale forte.
Nel caso, invece, di aziende medio piccole la Regione cerca di incentivarne la transizione energetica attingendo alle risorse regionali e comunitarie. È il caso, ad esempio, del recente bando da 70 milioni di euro per l’autoproduzione di energia rinnovabile o il masterplan per il recupero dei complessi degradati”.

Case green, auto elettriche, decarbonizzazione: da dove è necessario partire per una transizione che sia realmente sostenibile, anche dal punto di vista economico e sociale?
“L’impegno della Regione come detto è trasversale. Noi siamo partiti da un investimento capillare sul fotovoltaico. Per i privati i fondi regionali già stanziati per le installazioni di impianti sulle abitazioni sono ad oggi 150 milioni. Per le aziende abbiamo canali di accompagnamento alla transizione energetica, tecnologica ed ecologica, che prevedono di immettere nel sistema, da qui a fine legislatura, 275 milioni di euro, tra risorse proprie e comunitarie”.

Ogni volta che si contano vittime e danni del maltempo, la parola ‘prevenzione’ torna protagonista. Si può davvero prevenire una tragedia del genere? E cosa servirebbe in più per la messa in sicurezza del territorio?
“Fortunatamente, contiamo su modelli di previsione sempre più accurati e riusciamo ad allertare il sistema con anticipo, ma la violenza di alcuni fenomeni è ancora imperscrutabile. Purtroppo lo abbiamo visto con la grandinata eccezionale di fine luglio, un fenomeno mai registrato prima addirittura a livello europeo, ma anche con l’ondata di maltempo di inizio novembre o prima ancora con la tempesta Vaia. La nostra Protezione civile è all’avanguardia e costituisce uno dei punti di riferimento della prevenzione a livello nazionale e transfrontaliero.
Sul fronte degli investimenti abbiamo destinato i circa 600 milioni a disposizione del Friuli Venezia Giulia per progetti legati al Pnrr e volti alla transizione ecologica. Fra le priorità rientrano la riduzione del rischio idrogeologico con la realizzazione di interventi complementari allo scolmatore del Cormor, messa in sicurezza delle arginature del torrente Torre e del fiume Isonzo (241 milioni); investimenti in infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell’approvvigionamento idrico (20 milioni); realizzazione di impianti irrigui, micro invasi e laghetti per la razionalizzazione delle risorse idriche (269 milioni). Un altro fronte su cui stiamo lavorando è il nuovo Piano di governo del territorio che servirà a contenere il consumo di suolo, a razionalizzare le infrastrutture e a definire una strategia di sviluppo di lungo periodo”.

Sostenibilità, Fondazione Guido Carli lancia la task force con top manager e imprenditori

Nasce una task force permanente di top manager e imprenditori per offrire contributi qualificati di idee al governo e ai decisori politici in materia di sostenibilità ambientale, economica e sociale. Con una missione chiara: elaborare progetti e proposte per saldare la tutela dell’ambiente alla crescita e all’occupazione. Il gruppo di lavoro indipendente sarà il lascito strutturale della Convention inaugurale della Fondazione Guido Carli dedicata a ‘Sostenibili futuri. Guida visionaria al domani che vogliamo‘, in programma il 1° dicembre alle ore 17.30 a Roma, nella Sala della Regina della Camera dei deputati, dove fino al 2018 si era svolto il Premio Guido Carli.

Ad aprire i lavori della Convention sarà la vicepresidente della Camera, Anna Ascani. Dopo il saluto iniziale della presidente della Fondazione Guido Carli, Romana Liuzzo, interverrà, a nome del governo, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. L’avvio del dibattito sarà affidato a Giampiero Massolo, consigliere della Fondazione Guido Carli.

Nel panel, moderato dal vicedirettore del TG5, Giuseppe De Filippi, otto relatori di altissimo profilo andranno a comporre la task force: Paolo Barletta, ceo & founder Arsenale Spa; Domitilla Benigni, ceo e coo Elettronica; Sergio Dompè, presidente Dompè Farmaceutici Spa; Luigi Ferraris, amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Italiane; Andrea Illy, presidente di Illycaffè; Claudia Parzani, presidente di Borsa Italiana; Ettore Prandini, presidente della Coldiretti; Alessandra Ricci, ad di Sace.

Contro il rischio di trasformare la sostenibilità in un termine inflazionato, buono per operazioni di greenwashing – afferma Romana Liuzzo (nella foto) – abbiamo voluto radunare figure di primo piano delle istituzioni e della nostra impresa che si confrontano ogni giorno con la sfida dello sviluppo sostenibile, in un mondo post Covid provato da tensioni geopolitiche, inflazione elevata e nuove guerre. Ciascuno ci regalerà una tessera del mosaico che proveremo a comporre per donarlo come possibile bussola per la definizione delle policy. Dalla farmaceutica alla sicurezza, dall’agricoltura all’alimentare, fino al mondo della finanza e all’hospitality, è in atto una rivoluzione silenziosa che sta riorientando processi e prodotti, inducendo tutte le organizzazioni a cambiamenti profondi, anche nei sistemi di valori. La capacità di guardare lontano, appannaggio di pochi, si sta affermando come requisito indispensabile per trasformare le crisi in opportunità. Tra quei pochi vi era Guido Carli, statista illuminato, come lo ha definito il Presidente Mattarella, fautore ante litteram della sostenibilità a tutto campo, anche per la sua costante fiducia nelle nuove generazioni. Futuri sostenibili, ancorati alla crescita, erano quelli che mio nonno sognava, da Governatore della Banca d’Italia, da Ministro del Tesoro e da Presidente di Confindustria, auspicando un Paese aperto e meritocratico. Un’Italia dei giovani, per i giovani“.

Il parterre della Convention sarà quello delle grandi occasioni. In prima fila siederanno personalità istituzionali come il generale Francesco Paolo Figliuolo, comandante del Covi e commissario straordinario per l’emergenza in Emilia-Romagna, Toscana e Marche, il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, la senatrice di Azione, Mariastella Gelmini, e la deputata della Lega, Simonetta Matone, il senatore Andrea Paganella, gli onorevoli Michela Vittoria Brambilla, Maria Elena Boschi, Matteo Colaninno e Federico Mollicone, il presidente del Cnel, Renato Brunetta, l’ambasciatore italiano presso la Santa Sede, Francesco Di Nitto, l’assessore ai Grandi eventi, Sport, Turismo e Moda di Roma Capitale, Alessandro Onorato. Hanno già confermato la loro partecipazione anche il neo presidente della Luiss Guido Carli, Luigi Gubitosi, l’ad di Invitalia, Bernardo Mattarella, l’ad di Medusa, Giampaolo Letta, il presidente di Simest, Pasquale Salzano, la presidente di Paglieri Spa, Debora Paglieri, e il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana.

L’appuntamento inaugurerà la stagione di attività 2023-2024 della Fondazione, interamente dedicata all’impatto delle scelte del presente sull’avvenire, tracciando il sentiero che culminerà a maggio 2024 con le celebrazioni per il 15esimo anniversario del Premio Guido Carli. La convention si svolgerà in presenza e sarà trasmessa anche in diretta streaming sui canali social della Fondazione Guido Carli.

Trasporti, per mobilità sostenibile dall’Ue servono meno regole e più incentivi

Transizione e sostenibilità non sono in discussione, ma nei modi l’Unione europea sta spingendo troppo sull’acceleratore. Troppe ambizioni e regole troppo severe, che rischiano di lasciare l’Ue al palo e, soprattutto, soccombere ad una concorrenza decisa di Stati Uniti e Cina. Servono cambi di passo, un compito lasciato a questo punto alla prossima legislatura. A fare il punto della situazione Withub, nell’evento ‘I trasporti italiani ed europei e la sfida del 2035’ dedicato alla mobilità pulita.

Un tema, quest’ultimo, che già tanto ha fatto discutere e che ancora continua a far discutere. Perché, sostiene l’europarlamentare Carlo Fidanza, membro della commissione Trasporti, “la strada della transizione non è in discussione, ma il tema è capire come arrivare alla meta”, e qui l’Ue sembra aver sbagliato qualcosa. L’esponente dei conservatori europei (Ecr) contesta in particolare la scelta compiuta sui motori del futuro, e la decisione di inserire nella strategia ‘green’ a dodici stelle i soli combustibili sintetici. Da un punto di vista industriale, critica Fidanza, “oggi siamo all’avanguardia sui biocarburanti, e non tenere conto di questa filiera per un Paese come l’Italia è un colpo pesante, anche per l’indotto dell’automotive, che non potrà essere rimodulato”. Da un punto di vista di agenda sostenibile, invece, “se si conteggiano le emissioni solo allo scarico si crea un indirizzo tecnologico mono-direzionale”. Da un punto di vista di politiche, dunque, “è stato un errore non tenere aperte le porte a delle alternative”. Un errore che viene imputato ad un “approccio ideologico della Commissione e di Timmermans”, il commissario responsabile per il Green Deal nel frattempo dimessosi per correre alle elezioni olandesi di novembre.

C’è poi un secondo errore strategico, a detta di Marco Stella, vicepresidente di Anfia-Associazione nazionale filiera industria automobilistica. “L’ansia più grande che rimane è quella regolatoria”, e questo rischia di penalizzare l’Ue e la sua competitività economica. “Quello che ci differenzia dalle due grandi arre con cui ci confrontiamo a livello industriale, Stati Uniti e Cina e Asia, è che noi abbiamo avuto l’ansia di regolamentare l’industria mentre loro hanno stimolato l’industria”. Facendo un paragone, “noi (europei, ndr) ci siamo preoccupati di mettere la bandierina della sostenibilità, loro (Stati Uniti e Cina, ndr) hanno messo sul terreno aiuti”, come dimostra anche l’Inflation reduction act varato dall’amministrazione Biden, il piano da circa 369 miliardi di dollari per sostenere l’industria del green-tech. Ecco, nella corsa alla transizione “c’è stato da parte nostra un disarmo volontario”, lamenta ancora il vicepresidente di Anfia. “Abbiamo lasciato loro la leadership”. Per questo “l’auspicio è che nella prossima legislatura Ue si pensi profondamente all’industria del nostro continente”.

La questione del sostegno è centrale anche per Massimo Nordio, presidente di Motus-E. “Oggi c’è bisogno di un aiutino. Parlo degli incentivi”. Certo, l’Ue ha meno disponibilità, e regole comuni di spesa per tenere in ordine conti pubblici dissestati da crisi sanitaria prima e crisi energetica poi. Ma servono interventi, visto e considerato che, insiste Nordio, “il sistema degli incentivi nel passato ha funzionato”. Questo per l’impresa non può essere ignorato, poiché quando si parla di mobilità sostenibile “il mercato che non si sta sviluppando è quello della fiscalità dell’auto”. Che si scelgano sgravi, incentivi o bonus “l’auto elettrica deve essere trattata, dal punto di vista fiscale, in maniera diversa perché è una scelta virtuosa e coraggiosa”. In Italia “interloquiamo con il governo anche da questo punto di vista”, affinché la politica tricolore possa fare pressione a livello Ue per un cambio di rotta ritenuto imprescindibile.

Marco Castagna, presidente di Duferco energia, attira l’attenzione sulla necessità di sostegno all’auto elettrica e le sue potenzialità sfatando quello che considera un mito. “Quello dei tempi di ricarica nelle aree di sosta è un falso problema, perché alla fine decido io quando e dove ricaricare”. Certo, riconosce, “il tema rimane il prezzo” al concessionario, ma, “andrebbe considerato il prezzo dell’intero ciclo”, perché l’auto elettrica “costa molto meno in manutenzione” rispetto a un’auto tradizionale. Stando ai numeri diffusi da Withub nel corso dell’evento, c’è tanto in ballo, soprattutto per l’industria italiana. Ad agosto 2023 i numeri di immatricolazioni auto elettriche sono i seguenti: 165.165 in Regno Unito, 86.649 in Germania, 19.657 in Francia, 4.055 in Italia, 3.583 in Spagna. L’Italia fa fatica. E rischia di continuare a fare fatica per le scelte compiute.

La decarbonizzazione trasporti è già iniziata: è resa possibile dalle tecnologie già disponibili, come il biocarburante HVO, già disponibile in purezza, che può essere utilizzato con le infrastrutture esistenti e in molti veicoli già in circolazione”, scandisce Alessandro Sabbini, Responsabile Relazioni Istituzionali Centrali di Eni. “L’HVO – spiega – è un esempio di economia circolare applicata alla mobilità e contribuisce da subito alla riduzione delle emissioni del trasporto stradale, anche pesante, e dei traporti aereo, marittimo e ferroviario”.

Massimiliano Salini (Fi/Ppe), membro della commissione Trasporto del Parlamento europeo, insiste sulla necessità di un più ampio ventaglio di scelte. “Indicare un’unica formula produce in genere l’effetto contrario di quello che volgiamo ottenere”, dice riferendosi allo stop europeo ai biocarburanti. “Il principale alleato della transizione è l’innovazione e il principale alleato dell’innovazione è la libertà tecnologica, quello che noi definiamo neutralità”. L’auspicio implicito è un cambio di rotta, affidato alla prossima legislatura che verrà. “Nessuno chiede di ridurre le ambizioni, ma di farlo collocando queste sfide nel tempo e nella storia, in modo che tutti possano concorrere: industria, i cittadini con la tutela delle loro tasche, e la politica affezionata all’ambiente ma affezionata a quella sintesi che noi cerchiamo di realizzare tra ambiente, innovazione tecnologica e il mantenimento in vita di una brillante manifattura che fa il bene dell’economia europea”.

Un’impostazione condivisa da Alberto Moro, direttore generale Automotive di Bitron, azienda che guarda alla transizione a 360 gradi. “Sui biorcarburanti possiamo sviluppare i motori termici. Sull’idrogeno abbiamo iniziato a lavorare da qualche anno e abbiamo prodotto delle soluzioni innovative, da fornire ai clienti”. Perché nel mondo e nella mobilità che cambiano “la sperimentazione tecnologica gioca un ruolo strategico” e a Bitron “cerchiamo di anticipare i bisogni dei nostri clienti”.

Torna a Venezia il Sustainable Fashion Forum: sfida transizione

Il 26 e 27 ottobre torna tra le calli, per il secondo anno, il ‘Venice Sustainable Fashion Forum‘, il summit dedicato alla moda sostenibile.

Boosting Transition‘ è il titolo scelto per l’edizione 2023: l’obiettivo è sottolineare l’urgenza di interventi efficaci per la riduzione dell’impatto ambientale e sociale dell’industria del fashion. L’invito è rivolto a tutti gli attori della filiera, in particolare alle istituzioni, al mondo politico e al legislatore, perché promuovano un approccio coeso, anche attraverso un sistema normativo omogeneo.

La transizione sostenibile è una “questione strategica urgente” per il settore, conferma il presidente di Sistema Moda Italia, Sergio Tamborini. Nei primi sei mesi del 2023, il comparto ha registrato un fatturato di circa 58 miliardi di euro, con una proiezione di crescita del 7,3% per il primo semestre e una previsione a fine 2023 di circa 112 miliardi di fatturato.

La due giorni sarà anche un’occasione per lanciare un appello alla finanza, che può avere un ruolo chiave per aiutare il comparto ad allinearsi a nuovi standard condivisi a livello internazionale. Il settore non resta fermo: in un solo anno, le top 100 aziende fashion europee hanno tutte incrementato i propri presidi di sostenibilità del 17% negli ambiti ESG. Tuttavia, delle 100 aziende analizzate, la best-in-class soddisfa solo il 70% dei requisiti di maturità dei presidi ESG, il percorso verso la sostenibilità è, anche per i migliori, in salita.

Nella prima giornata, saranno analizzati gli scenari geopolitici che influenzano il tema della sostenibilità e del cambiamento climatico a livello globale. Verranno indagate le implicazioni del fast fashion, il tema dei diritti umani dei lavoratori, il ruolo dell’attivismo e della sensibilizzazione dei consumatori alla luce delle crescenti disuguaglianze economiche e sociali. Climate change al centro, con l’analisi di alcuni dei principali fattori d’impatto, dalle emissioni di sostanze inquinanti al consumo e alla contaminazione delle acque, fino agli effetti sulla biodiversità. La discussione si concentrerà sul ruolo chiave dell’innovazione come acceleratore di transizione. Gli imprenditori condivideranno buone pratiche e soluzioni efficaci per coniugare competitività e resilienza con un approccio responsabile.

La seconda giornata verrà dedicata alle regolamentazioni e alla finanza sostenibile e alle possibili nuove soluzioni alle sfide globali, dal riuso all’ecodesign, fino ai nuovi modelli di business per aderire alle aspettative dei consumatori. Verranno formulate proposte, raccomandazioni, richieste degli stakeholder. “Per una transizione giusta del settore Fashion & Luxury non si può che partire dalla manifattura“, è convinto Flavio Sciuccati, Partner The European House-Ambrosetti e Director Global Fashion Unit. In questa transizione, l’Italia delle filiere e dei distretti della moda, ribadisce, “ha un ruolo centrale“. Sciuccati parla di una sfida che potrà essere affrontata con successo solo attraverso “la ricerca scientifica di nuove soluzioni e prodotti sempre più durevoli, riusabili e differenziabili“. Questo richiederà investimenti difficili da sostenere per le aziende del settore, spesso PMI che operano con marginalità inferiori rispetto a quelle di imprese più vicine alla distribuzione e al consumatore.

Criosabbiatura: la pulizia industriale sostenibile della A&G Chemical

E’ possibile combinare la pulizia industriale con la sostenibilità ambientale? A rispondere ‘sì’ alla domanda è la A&G Chemical Production, azienda di Osio Sotto (Bergamo) leader in Italia e in Europa nella criosabbiatura con ghiaccio secco. Si tratta di una tecnologia che utilizza aria compressa e ghiaccio secco per rimuovere lo sporco dalle superfici senza utilizzare prodotti chimici, acqua o abrasivi. La A&G, nata nel 1989 con la produzione di detergenti industriali, a metà degli anni Novanta ha scoperto, appunto, la sabbiatura criogenica e ha deciso di investirci, soprattutto in ricerca e sviluppo, diventando così una realtà praticamente senza concorrenti. A raccontarla a GEA è Bruno Allegrini, titolare dell’azienda e ‘mente’ dietro l’intero progetto.

Come è nata l’idea di avvicinarsi alla sabbiatura criogenica?

“Me ne sono innamorato, l’ho vista su internet e mi sono reso conto che era un po’ come chiudere il cerchio della mia attività, cioè riuscire a pulire senza utilizzare acqua, detergenti, solventi e abrasivi. Quindi prodotti chimici che possono inquinare. Mi sono informato, sono andato in giro per l’Europa per cercare la tecnologia che veniva dall’America e dal Nord Europa. Ho cominciato acquistando una macchina usata per vedere come funzionava e così è nata l’avventura della sabbiatura. Non lo faceva praticamente nessuno in Italia, nessuno portava avanti questa tecnologia perché non trovava sbocchi. Per le grandi aziende era un’attività talmente irrisoria che non valeva la pena investirci, per noi, invece, che eravamo una piccola azienda, era la novità che poteva darci una mano per crescere e farci conoscere”.

E così è iniziata l’avventura. Perché, in principio, i clienti si sono avvicinati a voi?

“Il primo cliente è stato la Ferrero, dove andavamo a rimuovere i residui delle cialde quando i forni dovevano essere puliti. Fino ad allora lo facevano con prodotti chimici e con un’attività molto più lunga, inquinante e dispendiosa anche in termini di mancata produttività. Per pulire un forno noi ci mettevamo circa 5 ore, loro impiegavano 10 giorni. La produttività è aumentata in maniera incredibile, con l’abbattimento dei costi. Il vantaggio economico c’era e c’è, e questo è stato sicuramente il primo approccio. A oggi abbiamo due tipi di clienti. Ci sono quelli che ci utilizzano come service, dove quindi andiamo direttamente con le nostre macchine a fare gli interventi, come Ansaldo, Ferrero e Fiat, e quelli che invece acquistano i nostri macchinari e li usano durante il processo, ad esempio le fonderie”.

Ora, però, la questione ambientale è diventata di stringente attualità. Ha avuto un impatto sulla vostra attività?

“Se prima la criosabbiatura era interessante sotto l’aspetto economico, ora diventa in alcuni casi necessaria per il suo bassissimo impatto ambientale, visto che va a eliminare i residui carboniosi, lo smaltimento dei rifiuti e l’utilizzo di solventi e detergenti industriali. Per esempio, ultimamente siamo intervenuti con la criosabbiatura sul tessuto denim, che viene trattato chimicamente e con abrasivi per renderlo del colore azzurro del jeans. Nel trattamento dei tessuti l’acqua utilizzata ha quantità spaventose, utilizzare la criosabbiatura ne diminuisce moltissimo l’uso. E questo è uno degli obiettivi primari dell’industria tessile”.

E voi, all’interno dell’azienda, che tipo di politiche avete sulla sostenibilità ambientale?

“Abbiamo da 15 anni un impianto fotovoltaico, siamo autonomi per l’energia elettrica. E poi non smaltiamo praticamente nulla, utilizziamo gli scarti di produzione per i sottoprodotti e non immettiamo niente nell’ambiente. Per quanto riguarda la produzione di detergenti, cerchiamo sempre di studiarne di nuovi con tensioattivi di natura vegetale che inquinino il meno possibile. I contenitori sono in plastica riciclabile, con etichette che indicano dove buttare le parti per cercare di aiutare il consumatore ad essere il più responsabile possibile nello smaltimento”.

Per chi lavora come voi nel campo della chimica le regole a livello nazionale ed europeo sono sempre più stringenti. Sono chiare o ci sono delle zone d’ombra?

“Le normative a livello di ghiaccio secco sono abbastanza chiare. Non ci sono buchi, anche perché ancora oggi è un’attività di nicchia. Per quanto riguarda i detergenti invece le norme sono sempre più complicate. Passiamo giornate intere a correre dietro alle normative e metterci a posto, e devo dire che le regole non sempre sono chiare. Oltretutto ci sono tante aziende che lavorano in maniera non corretta e continuano a operare come 15 anni fa, cosa che non si può più fare”.

Cosa servirebbe per migliorare la vostra attività?

“Servirebbero semplificazione e finanziamenti. Quelli che ci sono a livello europeo sono praticamente irraggiungibili. Ti trovi nelle condizioni di dover avere un budget di spesa talmente alto che per un’azienda come la nostra non ha senso. Si dovrebbe trovare il modo di riuscire a dare una mano anche a aziende come la nostra, magari con il medio credito, in modo da darci qualche finanziamento o aiuti a tasso zero. Questo ci aiuterebbe nello sviluppo: la A&G è un’azienda di ricerca, i nostri clienti cercano sempre qualcosa di nuovo e noi lavoriamo per darglielo”.