I 60 anni di Philip Morris in Italia: focus su sostenibilità e contro inquinamento ambientale

Philip Morris celebra sessant’anni in Italia. Anni durante i quali l’impegno nel Paese è sempre cresciuto, arrivando a realizzare una filiera integrata che oggi coinvolge in tutta Italia oltre 38.000 persone impegnate verso un unico obiettivo: realizzare un futuro senza fumo. È proprio alle persone che hanno reso l’Italia protagonista di questa trasformazione che l’azienda dedica la campagna di comunicazione ’60 anni di Philip Morris in Italia. Una storia di innovazione’.

Pochi avrebbero immaginato che da una fabbrica di filtri per sigarette sarebbe nata una delle più grandi trasformazioni industriali volta a rendere le sigarette un ricordo del passato, anche attraverso la sostituzione delle sigarette con prodotti senza combustione per quei fumatori adulti che altrimenti continuerebbero a fumare. Una trasformazione attenta a generare valore condiviso per la società, con ricadute positive su tutta la filiera, dal tessuto sociale a quello economico e occupazionale. Tutto questo è stato possibile grazie alle persone, a partire dalle 35 con le quali abbiamo iniziato nel 1963 alle oltre 38 mila di oggi impegnate in tutta la filiera”, ha commentato Marco Hannappel, presidente e amministratore delegato di Philip Morris Italia e presidente Europa Sud-Occidentale di Philip Morris International.

Una storia, quella di Philip Morris in Italia, che ha visto costanti investimenti accompagnati da un’attenzione sempre crescente ai temi di sostenibilità ambientale e sociale, per dare un contributo concreto alla transizione verso il modello di sviluppo sostenibile delineato dall’Agenda 2030 e sviluppare una strategia ESG di lungo periodo.

LA STORIA. La storia dell’azienda nel Paese inizia nel 1963, negli anni del “miracolo economico italiano”, a Zola Predosa, in provincia di Bologna, con l’apertura del sito produttivo di Intertaba S.p.A., specializzato nella produzione di filtri ad alto contenuto tecnologico per il Monopolio italiano. Negli anni successivi l’azienda continua a crescere, ponendo le basi per la svolta che renderà l’Italia il centro della trasformazione dell’intero gruppo Philip Morris a livello mondiale. Dai primi anni duemila Philip Morris inizia un percorso volto a sostenere lo sviluppo di una filiera agricola che metta al centro i coltivatori. Un percorso che grazie agli accordi pluriennali con il ministero dell’Agricoltura e Coldiretti genera investimenti per oltre 2 miliardi di euro a favore di 1.000 imprese agricole e oltre 22.000 agricoltori in Campania, Umbria, Veneto e Toscana. Una filiera corta che negli anni è diventato un modello internazionale di sostenibilità, digitalizzazione e competitività. Nel 2014 l’annuncio della realizzazione, sempre in provincia di Bologna, del primo polo produttivo al mondo per la realizzazione di prodotti innovativi del tabacco senza combustione: Philip Morris Manufacturing & Technology Bologna diventa il centro internazionale per “costruire un futuro senza fumo”, anche mediante la sostituzione delle sigarette con prodotti innovativi senza combustione per quei fumatori adulti che altrimenti continuerebbero a fumare. Un investimento di oltre 1,2 miliardi di euro reso possibile grazie alle competenze sviluppate sui filtri ad alto contenuto tecnologico e alla collaborazione instaurata con i partner locali della filiera agricola, del packaging e della meccatronica.

SOSTENIBILITA’ INDUSTRIALE. L’Italia acquisisce così centralità nella strategia di Philip Morris International a livello globale, aprendo la strada a un flusso di investimenti che arricchiscono la filiera dell’azienda nel Paese: nel 2021 viene annunciata la realizzazione, presso il polo di Bologna, del Centro per l’Eccellenza Industriale, il più grande al mondo del gruppo per innovazione di prodotto, di processo e per le buone pratiche di sostenibilità industriale; nel 2022 l’azienda inaugura il suo centro per l’alta formazione e lo sviluppo delle competenze legate all’Industria 4.0: il Philip Morris Institute for Manufacturing Competences; l’inaugurazione di tre DISC (Digital Information Service Center) a Taranto, Caserta e Terni, centri avanzati di assistenza sui prodotti innovativi senza combustione, completa la filiera dal seme fino ai servizi al consumatore. Nell’ambito della dimensione sociale, nel corso di questi anni l’azienda si è concentrata sulla popolazione della propria filiera con progetti che garantissero salute, sicurezza, pari opportunità e benessere. Le certificazioni ‘Top Employer’ e ‘Equal Salary’, conseguite da anni, dimostrano la grande attenzione dell’azienda ed il suo continuo impegno per creare un contesto di lavoro giusto ed inclusivo.

I COMPORTAMENTI AMBIENTALI. Dal 2019 l’azienda si è impegnata per coinvolgere i propri consumatori verso comportamenti ambientali più consapevoli e responsabili: ‘CAMBIAGESTO’, la più grande campagna di sensibilizzazione per prevenire l’inquinamento da mozziconi mai realizzata in Italia, ne è un esempio di grande successo. Del 2021 la sottoscrizione del Codice di Autoregolamentazione promosso da Eurispes per la comunicazione e vendita attenta e responsabile dei prodotti senza combustione. L’azienda ha inoltre dimostrato in questi anni un impegno continuo e costante verso le tematiche di sostenibilità ambientale, affrontate sia in ambito agricolo che manifatturiero. La certificazione ‘Alliance for Water Stewardship (AWS)’, ottenuta per la prima volta nel 2019 e giunta ormai al suo livello GOLD per il sito produttivo di Bologna, ha testimoniato l’utilizzo responsabile delle risorse idriche del territorio, riconfermando l’impegno dell’azienda a favore di uno sviluppo sostenibile. Dal punto di vista energetico l’azienda ha messo in atto un piano congiunto di iniziative volte a minimizzare il proprio impatto ambientale, come la realizzazione di un parco fotovoltaico a copertura del 75% del sito di Crespellano e l’importante progetto ‘Zero Carbon Tech’, ancora in corso per garantire il raggiungimento della Carbon Neutrality del sito produttivo entro il 2025. In ambito agricolo in tutti questi anni l’azienda ha investito non solo in progetti di ricerca ed innovazione, come il Leaf Innovation Hub, per favorire la transizione green della filiera tabacchicola, ma anche direttamente in progetti per promuovere la biodiversità e la tutela delle risorse naturali (BeeLeaf).

Insetticoltura business del futuro, l’intuizione geniale di Bef Biosystems

A volte basta un’intuizione per cambiare un destino, purché geniale. È proprio quello che è successo ai fondatori della Bef Biosystems, startup torinese che recupera scarti alimentari, ricchi di elementi nutrizionali ma destinati al macero, per rimetterli nel ciclo della vita e renderli cibo per insetti e larve, che poi a loro volta diventano mangime per animali. Un cerchio perfetto, sostenibile e redditizio.

La storia la racconta a GEA il ceo dell’azienda piemontese, Beppe Tresso (nella foto, credit: Linkedin). “E’ un’idea di una semplicità disarmante, ma nuova. Nessuno ci ha pensato perché l’allevamento degli insetti è un’intuizione che nasce grazie alla Fao, con il documento (che esiste ancora) ‘Edible insects: future prospects for food and feed security‘, che di fatto teorizzava lo sviluppo dell’insetticoltura come risposta alla produzione di carne, per questioni ambientali. Quando iniziai ad occuparmene io era il 2014, dopo aver ricevuto da un mio collaboratore gli atti di un convegno a cui aveva partecipato in Olanda, durante il quale erano state analizzate prospettive legate sia alla produzione alimentare che ai mangimi. Così mi sono messo a studiare e andando a leggere i documenti tra Consiglio, Commissione e Parlamento europeo mi sono reso conto che la Commissione Ue aveva deciso di spingere sulla produzione di nuove proteine, soprattutto per i mangimi. Ed è lì che è scattato l’interesse. Non vedendo la produzione di proteine per consumo umano significativa nemmeno sotto il profilo business, capii che il mercato per i mangimi sarebbe invece esploso.

E’ interessante capire il ragionamento da cui è partito il manager. “Ogni anno nel mondo si mangiamo 70 miliardi di animali, questo significa filiere di approvvigionamento di mais, soia e farina di pesce per alimentarli. Quindi, di colpo mi sono reso conto che si stava aprendo un mercato incredibile. Così, con alcuni amici, nel 2015 abbiamo iniziato ad allevare le larve, dopodiché abbiamo costruito i primi prototipi e studiato i vari modelli”.

L’esperienza della Bef è un’ennesima dimostrazione pratica che la sostenibilità conviene sempre. Anzi, ci si guadagna. “Mamma mia se è così. A livello medio nazionale, recuperare uno scarto organico per trasformarlo in compost o biogas ai consorzi costa, in media, circa 40 centesimi al chilo. Per fare un chilo di farina di insetto abbiamo bisogno di 16 chili di scarti organici, che non possono avere altre destinazioni. Questo vuol dire che per un chilo di farina proteica da immettere sul mercato, il risparmio è di 8 euro. La sostenibilità è ‘schifosamente’ mercenaria, perché spendiamo di meno. In più, recuperiamo sostanze nutritive che altrimenti andrebbero sprecate”.

Allevare insetti può servire anche alla produzione di altri elementi. Ma anche i biocarburanti? Secondo Tresso “a livello tecnico sì, a livello pratico non ha senso”. Perché “è un problema di energia contenuta in una certa unità di misura. E’ difficile pensare, almeno per qualche anno, che la produzione di larve di insetto costi meno di 2-2,5 euro al chilo. Visto che da un chilo di larve, se va bene, estrai 30, 40 o 50 grammi di biodiesel, quanto ti viene a costare poi alla fine?“.

Parlando di cifre, da questo mercato il guadagno non è da poco. “Con un debito supporto bancario per l’acquisto delle tecnologie, un imprenditore agricolo può, effettivamente, a fine anno, con un’attività di una persona, una persona e mezza, mettersi in casa, puliti, circa 100mila euro. Cose che non si vedono in agricoltura. Poi, è chiaro che serve un supporto finanziario, perché l’acquisto degli impianti è importante e oneroso. Però stiamo parlando di un sistema, come quello italiano, che ha 1.300 imprenditori agricoli che hanno costruito e investito milioni di euro per gli impianti di biogas“.

Un’altra curiosità che Tresso soddisfa è sulla biologicità del prodotto finale, visto che sempre di alimentazione degli animali si tratta. “L’integrazione alimentare con le larve fa sì che oltre ad avere uova (ad esempio, ndr) più buone, effettivamente, possono anche rispondere a logiche di sostenibilità non banali. Ci sono una serie di elementi che giustificano questo nuovo settore. E’ un’idea che sta funzionando, abbiamo prospettive che solo due anni fa mi sarei sognato”.

Mattarella

Mattarella: Sostenibilità, finanza, innovazione per futuro del Pianeta

Il futuro del Pianeta passa da una “governance adeguata“, che resta lo “strumento per vincere le sfide globali“. Lo dice il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nella sua Palermo, per la sedicesima edizione del Simposio Cotec Europa, dedicata al tema ‘Innovazione nella finanza sostenibile’, assieme al Re di Spagna, Felipe VI, e al presidente della Repubblica del Portogallo, Marcelo Rebelo de Sousa. Il discorso del capo dello Stato è ad ampio raggio, ma con un preciso punto di partenza: “Sostenibilità, finanza e innovazione” sono “parole chiave” che “trovano largo spazio nell’agenda internazionale e interpellano i Governi“. Per questo la riflessione sul potere trasformativo dell’innovazione tocca tutti i settori “anche quello della finanza e sul ruolo di quest’ultima nel mobilitare risorse per obiettivi di inclusione e crescita“. Mattarella guarda a quelle che definisce “trasformazioni gemelle“, la transizione digitale e quella ecologica e “al significato che assumono per una gestione responsabile dell’avvenire del pianeta e un modello di sviluppo equo“.

Perché “si tratti dell’ambiente, della salute, dell’istruzione, della lotta alla povertà, della tutela dei diritti fondamentali, il combinato di tali sfide appare immane e certamente tale da necessitare non solo la mobilitazione di risorse di matrice pubblica ma anche il coinvolgimento della società civile“. Gli effetti del cambiamento climaticosono sotto gli occhi di tutti“, dunque, alla “pressante esigenza di fornire risposte attendibili e durature” si aggiunge la “necessità di porre riparo a disuguaglianze che accrescono, in molteplici aree del globo“. Equità è un termine che ricorre spesso negli interventi pubblici del presidente della Repubblica, anche per questo motivo rileva come “pandemia e rinnovate tensioni internazionali, a partire dalla guerra scatenata dalla Federazione Russa contro l’indipendenza dell’Ucraina, hanno provocato un rallentamento delle economie, con una contrazione delle capacità di spesa in tutti i Paesi, soprattutto in quelli a più basso reddito“.

Tra l’altro, avverte, “le tensioni geopolitiche rischiano di alimentare progressive fratture nei rapporti internazionali, tali da compromettere il contesto degli accordi raggiunti in sede globale nello stesso sistema delle Nazioni Unite“. Con il rischio di “riproporre la narrativa di un mondo diviso tra un ‘club’ di Paesi agiati e arroccati nel loro egoismo, di Paesi protagonisti, come i Brics, di un impetuoso, talvolta contraddittorio, ciclo di sviluppo e, infine, di Paesi del sud abbandonati a un destino di povertà“. Una lettura respinta da Italia, Spagna e Portogallo, che non vogliono “arrendersi a una deriva di questo tipo“. Però, spiega Mattarella, “non possiamo farci guidare soltanto dalle emergenze“, quindi “l‘impegno nella realizzazione degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite richiama a un’azione ad ampio raggio, in grado di coinvolgere più attori possibili“. Ergo “La sola mobilitazione di risorse pubbliche, come è stato osservato, risulterebbe in ogni caso insufficiente” e diventa “vitale dar vita a un processo virtuoso con il coinvolgimento del settore privato in partenariati che moltiplichino le capacità di spesa“. Ma “il sistema finanziario deve applicare meccanismi e regole efficaci per indirizzare sempre più risorse private verso settori e progetti sostenibili da un punto di vista ambientale e sociale“.

Il capo dello Stato, inoltre, considera “del tutto incongruo” che i Paesi emergenti e quelli in via di sviluppo “accettino di pagare il prezzo ambientale e sociale che ha pesato sui Paesi di più remota industrializzazione nel loro percorso di crescita“. In questo scenario si inserisce il monito sulla “riforma dell’architettura finanziaria internazionale” che Mattarella considera “una prima sfida per rendere disponibili maggiori risorse per lo sviluppo, principalmente attraverso riforme mirate ad una migliore efficienza delle banche multilaterali di settore“, non dimenticando che “la diplomazia della crescita sostenibile identifica anzitutto nel capitale umano la forza trainante di un futuro fatto di sostenibilità, innovazione e inclusività“.

L’Italia “è chiamata a fare la sua parte“, ricorda ancora il presidente della Repubblica, elencando i prossimi appuntamenti multilaterali: il secondo vertice Onu sui Sistemi Alimentari di luglio, il G20 e la Cop28. Ma allo stesso tempo “occorre proseguire una riflessione condivisa sulle innovazioni che effettivamente possano sostenere un’agenda di accelerazione verso gli obiettivi delineati in sede Onu” e su questi temi “Spagna, Portogallo, Italia, con l’Unione europea, possono assolvere a un ruolo importante“, come quello di “favorire il consolidamento e l’integrazione delle finanze pubbliche dei Paesi emergenti, anche per aumentare la loro capacità di attrarre finanziamenti internazionali destinati all’ammodernamento sostenibile“. E poi l’innovazione, cogliendo “l’opportunità di finanziare la formazione, la ricerca e l’applicazione di nuove tecnologie nei Paesi partner“. Perché il domani passa anche da questi fattori.

isole minori

Piena sostenibilità ferma al 40% per le isole minori: bene Tremiti

In Italia le isole minori sono ancora molto lontane dalla piena sostenibilità: su 27 piccole isole marittime abitate prese in esame, l’indice di sostenibilità medio calcolato per la prima volta dall‘Osservatorio di Legambiente e Cnr-Iia (Istituto sull’inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche) tenendo conto delle performance su consumo di suolo, rifiuti, acqua, energia, aree protette, mobilità e regolamenti edilizi, “è fermo al 40%“. E’ quanto emerge dal V rapporto ‘Isole Sostenibili – Le sfide della transizione ecologica nelle isole minori’ curato dall’Osservatorio presentato oggi. Tra le isole più virtuose nel percorso di sostenibilità le Tremiti (53%), le Egadi (Favignana, Marettimo, Levanzo), le Eolie (Lipari, Vulcano, Stromboli, Panarea, Filicudi e Alicudi), le isole Pelagie (Lampedusa e Linosa) che raggiungono il 49% e dall’isola di Capraia che si attesta al 47%. Secondo il rapporto, sono in ritardo, invece, La Maddalena, con un indice pari al 21%, l’Elba (26%) e Ischia (29%). Sette, secondo Legambiente e Cnr-Iia, gli obiettivi che le isole minori si devono prefiggere dal coordinamento con i ministeri a zero consumo di suolo e quattro le azioni pratiche da mettere in campo dall’istituzione di una cabina di regia presso il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica alla redazione di piani di sviluppo sostenibile, alla creazione di un coordinamento unico sulla gestione dei fondi del Pnrr.

Obiettivo del report, spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente , era “tentare di ‘quantificare’ gli sforzi fatti delle amministrazioni e lo stato attuale di sostenibilità di ogni isola. I valori non sono pienamente soddisfacenti, accanto ai punti di forza sono emersi tanti punti di debolezza”. Serve, quindi, un cambio di passo attraverso obiettivi ambiziosi e azioni efficaci. Anche perché, le isole sono dei paradisi di biodiversità, “ecosistemi unici ma allo stesso tempo fragili e stressati da flussi turistici condensati nei periodi estivi”. “Si presentano come laboratori ideali per lo sviluppo di idee innovative nella direzione della transizione ecologica e all’incremento della tutela dei propri territori”, commenta  Francesco Petracchini, Direttore del Cnr-IIA convinto che fondi del PNRR isole verdi rappresentino “un’opportunità unica da cogliere nei prossimi anni per mettere in cantiere progetti virtuosi nel percorso verso la sostenibilità”.
Rispetto alle singole tematiche che vanno a comporre l’indice di sostenibilità complessivo, come rifiuti, perdite di rete, consumo di suolo, emergono le diverse velocità delle isole. Da un lato si evidenziano le buone performance di raccolta differenziata delle isole di San Pietro e Sant’Antioco, in Sardegna, che hanno raggiunto rispettivamente l’84% e l’82%, seguite dalle isole Egadi (80%) e Pantelleria (78%). Indietro nella raccolta differenziata Ponza, Lampedusa e il Giglio, con rispettivamente 9%, 20% e 30%.

Sul fronte delle perdite di rete le isole Tremiti fanno registrare il tasso più basso (9%), seguite da Lampedusa (17%), isola del Giglio (25%), Ischia e Procida (rispettivamente 26% e 27%). La dispersione idrica più alta si registra a Ponza (68%), Maddalena (62%), Sant’Antioco e l’Elba (58% e 54%), e San Pietro (52%). Sul lato della mobilità, il più basso tasso di motorizzazione spetta a Capri (31 auto ogni 100 abitanti), seguita da Procida (46/100), Ponza e Ventotene (entrambe con 51 macchine ogni 100 abitanti). Il parco auto più nuovo spetta all’isola d’Elba e San Pietro con il 49% delle auto con classe emissiva pari o superiore all’Euro5. Le maggiori installazioni di fotovoltaico in termini assoluti si trovano ad Ischia, l’Elba, Sant’Antioco, San Pietro e alle Egadi che da sole rappresentano circa il 73% della potenza installata.
Per quanto riguarda il consumo di suolo, i dati Ispra evidenziano, ad esempio, un’accelerazione a una perdita di superficie agricola pari al 2,6%.  Per questo, secondo Cnr e  Legambiente, “è importante che si rivedano e si integrino i sistemi di pianificazione e controllo territoriale tesi alla lotta all’abusivismo e alla promozione di un uso efficiente del suolo, attraverso il recupero di aree già urbanizzate, la tutela e la valorizzazione delle zone agricole di pregio e la fondamentale tutela delle risorse naturali, passando per il necessario coinvolgimento delle comunità locali”.

Infine, secondo l’Osservatorio CittàClima di Legambiente dal 2010 al 22 maggio di quest’anno sulle isole minori si sono registrati ben 14 eventi climatici estremi di cui 5 allagamenti e alluvioni da piogge intense, 3 danni da mareggiate, 2 frane da piogge intense e un caso ciascuno per danni da trombe d’aria, danni alle infrastrutture, siccità prolungata e danni da grandinate violente. Da sottolineare anche il costo in termini di vite umane con 14 vittime, 12 legate alla tragedia di Casamicciola, a Ischia nel 2022, e 2 alla tromba d’aria di Pantelleria. Per questo “è fondamentale puntare su politiche di adattamento e azioni di mitigazione delle emissioni climalteranti”, spiegano da Legambiente e Cnr.

Il 5 e 6 luglio tornano a Roma gli Stati generali moda sostenibile

Un abito realizzato in ‘Biofeel eleven‘, filato di origine naturale con performance tecniche, estetiche e ambientali elevate; una ‘Id Shirt‘, camicia prodotta con un cotone coltivato interamente in Puglia, in campi biologici, senza alcun uso di prodotti chimici e con musica a frequenze benefiche per la pianta (il polsino è frutto di una tecnologia intelligente che permette alla camicia di comunicare con chiunque tramite Nfc); coloranti prodotti da microbi e microrganismi derivanti da comunità ricche di biodiversità, che possano rappresentare una fonte alternativa per i colori realizzati a partire da combustibili fossili. Sono solo alcune delle novità in tema di moda che saranno presentate il 5 e 6 luglio, nei mercati di Traiano a Roma, al Phygital Sustainability Expo.

La kermesse è esclusivamente dedicata alla transizione ecosostenibile dei brand di moda e di design ed è giunta alla quarta edizione. Panel, momenti di dibattito, una ‘Sfilata Narrata’ e attività interattive: l’obiettivo è coinvolgere e sensibilizzare il pubblico verso una cultura sostenibile nella moda e nel Made in Italy. L’evento sarà premiato alla Cop28 di Dubai.

Una iniziativa indispensabile, considerando che ogni anno, nel mondo, vengono prodotti 150 miliardi di capi di abbigliamento, il 20% rimane invenduto e meno dell’1% viene riciclato in nuovi indumenti. Il settore della moda è responsabile di circa il 10% delle emissioni globali di gas serra, che si stima aumenteranno del 60% nei prossimi dieci anni. Per questo, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso invoca una “rivoluzione verde” per “rivedere il modo di produrre, raccogliere le materie prime e ripensare i modelli a noi familiari“.

Per Valeria Mangani, presidente di Sustainable Fashion Innovation Society, si tratta dell'”evento di riferimento per il settore perché riunisce istituzioni, imprese e territorio in modo da valorizzare il sistema produttivo, creativo e manifatturiero del Made in Italy, accelerando così il processo della transizione ecosostenibile nella moda e nel design”.

Un format trasversale con una ‘Sfilata Narrata‘, in cui i brand potranno esibire i loro capi più all’avanguardia e sostenibili, raccontati da una voce fuori campo che ne descrive le innovazioni tecnologiche e ne stima la carbon footprint. Nella cornice dei Mercati di Traiano si snoderà poi un’esposizione museale immersiva sulla via Biberatica: ogni brand esporrà i propri prodotti ecosostenibili, spiegandone le caratteristiche e i punti di forza nell’ambito tutela ambientale. Inoltre, saranno suddivisi per aree tematiche e per Sustainable Development Goals (SDGs) dell’Agenda ONU 2030. L’esposizione sarà accompagnata da una componente di deep technology: gli occhiali Lenovo e il codice QR. Questi strumenti daranno la possibilità agli ospiti di vedere attraverso immagini riprodotte in modo realistico e immersivo, l’impatto negativo dell’acquisto compulsivo e del fast fashion, proiettando i visitatori in varie aree del mondo, degradate a causa dei rifiuti generati dal fast fashion shopping.

Bertone (Acqua Sant’Anna): “Introdurre cauzione per la plastica, valore ambientale e sociale”

Acqua Sant’Anna, negli ultimi anni, ha fatto della sostenibilità uno dei suoi focus più importanti. La volontà di andare in questa direzione arriva direttamente da Alberto Bertone, presidente e amministratore delegato, che da sempre punta sugli investimenti per potenziare l’efficienza e l’automazione allo stabilimento aziendale di Vinadio (Cuneo). E così, per esempio, l’azienda è stata la prima al mondo a creare una bottiglia di acqua minerale da 1,5 litri rivolta al mass market senza utilizzare neanche una goccia di petrolio, ma realizzata con un biopolimero di origine vegetale, che conserva le stesse caratteristiche tecniche delle comuni plastiche, ma si dissolve dopo l’uso in meno di 80 giorni nei siti di compostaggio industriale. L’approccio sostenibile dell’azienda è globale: preferenza per la logistica su rotaia, impiego di robot a guida laser elettrici anziché a gasolio per la gestione del magazzino, stabilimento costruito secondo i principi della bioarchitettura e bioedilizia, pulizia con ghiaccio secco, camion a LNG Bio. L’ultima battaglia, in ordine di tempo, di Bertone è quella per il recupero e riutilizzo della plastica introducendo una cauzione. E per spiegarne l’utilità, in un’intervista concessa a GEA, l’imprenditore fa un esempio molto semplice e efficace: “La cauzione in Italia esiste da anni per i carrelli della spesa. Senza li vedremmo sparsi dappertutto, invece li riportiamo al posto giusto”.

Secondo Bertone, introducendo il deposito i rifiuti dall’essere un problema diventerebbero una risorsa, con “un valore economico, ambientale e sociale. Penso alla Germania o agli Stati Uniti, dove esiste da anni: le persone che vivono di carità recuperano le bottiglie e vanno a recuperare loro la cauzione. Così diamo una mano all’ambiente e creiamo un veicolo sociale per aiutare chi versa in in situazioni difficili. Pare che lo Stato italiano voglia votare contro la legge europea, ma mi sembra una cosa assurda, non riesco a capirne i benefici”.

Il riciclo, quindi, è uno dei grandi cavalli di battaglia di Bertone e di Sant’Anna. Cosa che sembra quasi strana, pensando all’impegno sul fronte delle bio bottiglie compostabili. Ma, nel tempo, l’amministratore delegato ha cambiato idea. “Il problema è recuperare e non buttare via. Con un mondo che va verso il riciclo, la bio bottiglia non serve più. Non abbiamo bisogno di qualcosa che si dissolva, ma che si possa mantenere e riutilizzare. Anche dal punto di vista economico, con il compostaggio il mio bene sparisce, mentre se riciclo è come se avessi dei soldi in mano”. Per l’amministratore delegato piemontese, quindi, la plastica non va demonizzata. “Bisogna stare attenti a non avere pregiudizi – spiega – perché penso sia il migliore dei materiali con cui costruire contenitori. E’ meglio del vetro, del tetrapak, dell’alluminio: costa meno, è infrangibile, trasparente e leggera. L’importante è trovare il modo di riciclarla efficacemente”.

Navigare velocemente sul mare della sostenibilità, obietterebbero molti imprenditori, ha dei costi. Ma non la pensa così Bertone: “I benefici sono superiori ai costi. Non si tratta di spese, ma di investimenti che rendono: visto che il mondo va in questa direzione, allora andiamoci noi per primi. Ogni volta che abbiamo fatto qualcosa per l’ambiente, alla fine ci ha dato un ritorno economico. Faccio l’esempio del riscaldamento: abbiamo deciso di riscaldare lo stabilimento trasportando il calore dei nostri macchinari. Certo, abbiamo speso per i lavori, ma ora quanto stiamo risparmiando, in ambienti che si trovano in alta montagna e nei quali i portoni sono sempre aperti?”. E, ancora, il recupero dei materiali di scarto: “Con la differenziata fatta in maniera corretta, che all’inizio sembrava difficilissima, ora abbiamo trasformato un costo elevatissimo in un guadagno elevato, recuperiamo un milione di euro all’anno dalla vendita di materiali che invece una volta avremmo pagato al chilo per smaltirli”.

C’è un fattore, però, su cui c’è poco da fare. Ed è quello legato al clima, che preoccupa non poco chi dell’acqua fa il centro della sua vita imprenditoriale. Con l’utilizzo del ghiaccio secco per pulire gli impianti, Acqua Sant’Anna ha già ridotto al minimo gli sprechi. Ma negli ultimi anni si sono sommati problemi ai problemi: l’aumento dei costi dei materiali, dell’energia, della CO2 per gasare l’acquaquasi introvabile, e quando c’era costava sette volte di più”. Tutti fattori che hanno pesantemente inciso sulla produzione. Però risolvibili, perché “il fattore peggiore è la siccità, alle altre difficoltà si trova una soluzione ma il fattore tempo non dipende da noi. Le sorgenti hanno avuto cali fino al 50%. E ora che piove l’acqua scivola perché non ha nevicato, va subito verso il mare. Dipende dall’uomo trovare dei modi per trattenerla”. E anche qui, la metafora di Bertone è efficace: “Se guardiamo il mappamondo, la striscia di desertificazione è sempre più ampia. E’ come vedere un uomo con la calvizie che cresce ogni giorno di più. Bisogna trovare adesso delle soluzioni, non aspettare di essere completamente pelati, Il nostro mondo ha la calvizie, bisogna correre ai ripari”.

A Prato nasce il Pan di Stracci e si ispira alle stoffe rigenerate

A Prato, il più grande distretto tessile d’Europa, anche la pasticceria parla di moda sostenibile.

La produzione dei tessuti rigenerati, eccellenza pratese, è fonte di ispirazione del Pan di stracci, il nuovo dolce dedicato al distretto alla città toscana. L’idea nasce da Leonardo Cai, che si descrive come ‘immerso da sempre nella vocazione green del distretto’. Studia Disegno Industriale al DIDA – Design Campus dell’Università di Firenze e ha “progettato” il nuovo dolce per la propria tesi, affiancato dal Maestro di Arte Bianca Massimo Peruzzi, celebre pasticcere della città sulle rive del Bisenzio.

Dai ritagli di stoffa si producono pregiati tessuti, grazie all’arte del riuso. Il Pan di stracci si prepara con un procedimento simile, usando gli avanzi di pan brioche dell’impasto dei cornetti.  Il dolce, anche nella forma irregolare, ricorda i “monti” di stracci, cioè gli alti cumuli di stoffe selezionate per fasce cromatiche che devono essere scelte dagli esperti cenciaioli capaci di identificarne la qualità con il solo tocco delle dita.

Del Pan di stracci non c’è solo la versione classica: partendo dall’impasto di base sono nate alcune varianti, una vera collezione che rimanda ai colori della cernita dei cenciaioli ma anche alle collezioni di pregiati tessuti che le aziende del distretto pratese ogni anno preparano per le case di moda di tutto il mondo. Come si ottiene l’impasto bicolore? Alla versione classica si aggiunge un ingrediente per le diverse nuance: per il Cammellitto, farcito con crema di mandorle, il colore marrone si ottiene dal cacao in polvere; per il Verzino, farcito con crema al pistacchio e cioccolato bianco, per il colore verde si usa il tè matcha in polvere; per il Mezzochiaro, farcito con crema chantilly, il colore giallo si ottiene con curcuma e pasta di cocco; per il Rossino, farcito con marmellata di fichi, il colore rosso è dato dalla pasta di fragole.
Un’ulteriore sorpresa è nella confezione, che si presenta in due varianti: in cartone (riciclabile dopo l’uso) ed in edizione speciale, in cui il Pan di Stracci è contenuto in un sacco in jeans rigenerato composto da filato 100% cotone e progettato per aprirsi completamente, diventando così una sorta di tovaglia, un supporto su cui condividere e mangiare il dolce.

Per la sua progettazione ho preso ispirazione dal Furoshiki, un’antica tradizione giapponese che consiste nel trasportare oggetti senza utilizzare sacchetti ma bensì stoffe, magistralmente piegate per ottenere un sacco” spiega Cai. La confezione in tessuto è stata realizzata grazie all’aiuto di Rifò, giovane brand pratese di moda sostenibile, che tiene insieme qualità e riuso lavorando con fibre 100% rigenerate e rigenerabili: “È un’edizione speciale che vuole rafforzare il tributo a Prato. Pan di Stracci si propone come monito che invita al riuso in tutte le sue forme e declinazioni; rappresenta un approccio di progetto sul territorio pratese, in cui tradizioni, valori e identità sono fortemente connessi tra loro”.

vetro

Il vetro cresce nel 2022: produzione bottiglie a +1,5%. Ma prezzo rottame vola

E’ il materiale da imballaggio più ecosostenibile e sicuro di tutti: per questo il vetro resiste alle crisi. Ma per riportare il settore sulla strada della normalità ci sono ancora alcuni nodi da sciogliere. A partire dalla volatilità dei prezzi energetici e dall’aumento del prezzo del rottame a livelli mai raggiunti in precedenza. Un incremento che, oltre a incidere sul costo dei contenitori, pone un rischio in termini di mantenimento degli obiettivi di riciclo e di circolarità del settore: il costo di utilizzo del rottame ha ormai superato, infatti, quello della materia prima.

L’aggiornamento dei dati di produzione del packaging in vetro e il check up sullo stato di salute del settore è stato fornito da Assovetro. Nel 2022, nonostante i problemi energetici e l’onda lunga del Covid, la produzione di bottiglie e vasi è aumentata per rispondere ai bisogni di sicurezza e di sostenibilità ambientale richieste dai consumatori, ma anche per accompagnare il successo dei prodotti a marchio Italia che ha visto sempre più bottiglie di vino, e soprattutto spumante, prendere la via dell’estero. La produzione di bottiglie è aumentata dell’1,5% immettendo sul mercato oltre 2 miliardi di “pezzi”, e quella di vasetti del 2,5%. Il prezzo del rottame, però, è passato da circa 25 Euro/ton a 200 Euro/ton.

Nonostante il perdurare di fattori critici, l’industria del packaging in vetro – conferma Roberto Cardini, Presidente della sezione Contenitori di Assovetro – ha continuato a crescere. Il 2023 dovrebbe essere un anno di assestamento per permetterci di affrontare le sfide del futuro dell’industria del packaging in vetro, come quella della decarbonizzazione con la ricerca di nuovi vettori energetici”.

Riciclo e riuso possono convivere per perseguire fino in fondo la circolarità nel settore del packaging alimentare in vetro. La bozza di Regolamento Ue sugli imballaggi si focalizza sul riuso, una sfida, questa, che deve rimodulare le abitudini dei consumatori, la logistica e la creazione di nuovi modelli di business. Nel 2021 il riuso ha interessato 186.000 tonnellate di contenitori in vetro. Proprio le caratteristiche del vetro – sicuro, lavabile e chimicamente resistente – lo rendono un ottimo packaging per il riuso, soprattutto in filiere come quelle dell’ acqua e del latte. Bisogna tener presente che il riutilizzo comunque genera un vantaggio ambientale solo per le distanze limitate (100 chilometri) e si adatta poco alla personalizzazione commerciale.

In fatto di riciclo il vetro resta un’eccellenza italiana, quello dei rifiuti di imballaggi provenienti dalle raccolte differenziate ha raggiunto 2,2 Mt ed ha un tasso di riciclo pari al 76,6%, al di sopra del target europeo del 75% al 2030. L’industria del settore si è impegnata ad arrivare al 90% nel 2030.

Per le sue caratteristiche di sicurezza alimentare, sostenibilità e riciclabilità, il vetro oggi è un materiale che guarda al futuro per 8 consumatori europei su 10 (Fonte: Indagine InSites 2022). Per questi motivi è stato l’unico materiale da imballaggio ad aver registrato in Europa negli ultimi tre anni una crescita media dell’8% rispetto agli altri materiali da imballaggio, che hanno invece risentito di un calo tra il 24 e il 41%. Tre quarti dei consumatori europei raccomandano di acquistare prodotti confezionati in vetro, addirittura l’85% gli italiani, che sono anche, nel panorama europeo, i più “ricicloni”, con 9 su 10 che dichiarano di fare la raccolta differenziata. Un prodotto confezionato in vetro riscuote più fiducia per il 70% degli italiani.

Il risparmio energetico è stato da sempre un obiettivo primario per l’industria del vetro che nel suo complesso consuma ogni anno circa 1,1 miliardi di metri cubi di gas (circa l’1,5 per cento del consumo nazionale). Per questo, anno dopo anno, è diminuito il peso delle bottiglie. Le bottiglie di vino hanno ridotto il loro peso del 12% e quelle di spumante del 18%, così da richiedere minor consumo di materie prime, di energia e, di conseguenza, producendo minori emissioni di Co2 . Anche un sempre maggiore utilizzo del rottame di vetro per la produzione di bottiglie, che in molti casi oggi raggiunge il 90%, fa la differenza: ogni 10% di rottame utilizzato in sostituzione delle materie prime permette un risparmio del 2,5% di energia e una riduzione delle emissioni di Co2 del 5%. L’industria dei contenitori in vetro, prima manifattura europea, con 16 aziende e 39 stabilimenti è presente in quasi tutte le regioni d’Italia, da Nord a Sud, con una maggiore concentrazione al Nord. Conta 7.800 addetti, la quasi totalità con contratto a tempo indeterminato. Il fatturato è valutato in 2,5 miliardi di euro l’anno. Nel 2022 l’import di bottiglie e vasi è aumentato dell’11,3% e l’export è diminuito del 4,4%. Per far fronte alla domanda di contenitori è stato previsto un investimento di 400 milioni per 5 nuovi forni di fusione da realizzare entro il 2024 che garantiranno un incremento della capacità produttiva del 12%; tre di questi entreranno in funzione già nelle prossime settimane.

Gentiloni

Sostenibilità, Gentiloni: “Dalla transizione non si torna indietro”

Indietro non si torna. “Costruire un’economia che funzioni per le persone e per il pianeta è una sfida formidabile, ma da cui non possiamo rifuggire”. Paolo Gentiloni vuole mettere le cose in chiaro: la politica di sostenibilità dell’Ue e la transizione sostenibile non sono in discussione, e non possono essere accantonate. Il commissario per l’Economia sceglie la conferenza la conferenza ‘Oltre la crescita: percorsi per una prosperità sostenibile dell’Ue’ per ribadire che la strada è tracciata, battuta, e per questo pronta per essere percorsa. Certo, non sarà un cammino semplice. Vero è, ammette, che “molti cittadini sono preoccupati per il costo della transizione”, una preoccupazione peraltro “aggravata dall’elevata inflazione e dai prezzi record dell’energia sulla scia dell’invasione su vasta scala della Russia lo scorso anno”. Ma, insiste, “penso che possiamo essere tutti d’accordo sul fatto che un’economia basata su un uso sempre maggiore di risorse finite che produce sempre più rifiuti ed emissioni non sia un modello sostenibile”.

Sottolineature che si rendono necessarie anche alla luce di crescente e sempre più frequenti frizioni sull’impostazione ‘green’ dell’agenda a dodici stelle. Il braccio di ferro sui motori di nuova generazione prima, seguita dal conflitto sui carburanti alternativi, e il rinnovato dibattito sul nucleare. Con le elezioni europee che si avvicinano (manca un anno, gli ambasciatori dell’Ue hanno indicato i giorni di voto tra il 6 e il 9 giugno 2024) l’agenda verde si allontana. Si intravede un rallentamento degli sforzi e delle ambizioni, in nome di logiche elettorali. Gentiloni non vuole cambi di rotta. In gioco c’è più dell’azione della Commissione, ma la sua credibilità.

Il cambiamento di paradigma che questa Commissione ha abbracciato va verso una crescita sostenibile, e questo cambio di paradigma è l’essenza del Green Deal europeo”. Difende con forza le scelte compiute sin qui, convinto della necessità non rinviabile di “trasformare l’economia europea e passare a un modello di crescita diverso, alimentato da elettricità e fonti rinnovabili prive di emissioni di carbonio e basato sui principi di circolarità: riutilizzo e riciclo”. A chi oggi appare poco o meno convinto, ricorda che “l’alternativa a un modello di crescita tradizionale non può essere un modello di ‘decrescita’”, perché “un’economia in contrazione avrà meno, non più, risorse da investire nella protezione dell’ambiente”.

Il modello economico conosciuto fin qui ha mostrato i suoi difetti. Tanto che “riconosciamo tutti che il Pil come indicatore ha i suoi limiti” e non può essere più il solo parametro utile di riferimento. Non a caso, continua il commissario per l’Economia, “nel primo articolo che ho pubblicato in qualità di commissario, anche prima della pandemia, ho chiesto una nuova strategia di crescita sostenibile”. Arriva perciò un nuovo invito alle politica nazionale di ogni Stato membro a fare la propria parte, nel rispetto di impegni e obiettivi. “Modelli ambientali ed economici integrati possono guidarci in questo difficile compito” di una transizione vera, che sia esempio per il resto del mondo. Indietro non si torna. “Insieme possiamo passare con successo a un nuovo modello di crescita che sia sostenuto e sostenibile, e mostrare che la crescita economica può, anzi deve, essere una forza positiva”.

Love Therapy e le carceri: dai Fiorucci nuova collezione etica

Sostenibili integralmente. Dopo il ‘featuring’ con Gorilla Socks, Love Therapy, il brand di Elio e Floria Fiorucci lancia una collaborazione con Cooperativa Alice dando vita a una collezione etica e Made in Italy. Abiti solidali e composti da 100% cotone biologico.

La ‘rivoluzione d’amore’ dei Fiorucci stravolge i metodi e i tempi di lavoro tradizionali e punta sulla produzione inclusiva di Cooperativa Alice, che da trent’anni si impegna nel reinserimento sociale e lavorativo di soggetti svantaggiati, in particolare donne, all’interno di un sistema produttivo dedicato alla sartoria italiana, coinvolgendo le carceri di Monza e Bollate. “I nostri ‘mini dress’ sono un esempio materiale di un giusto equilibrio tra sostenibilità ambientale e sociale” scandisce Marina de Bertoldi, direttrice creativa e nipote dello stilista: “sfidano la corsa senza fine della moda di oggi giorno per testimoniare gli sforzi e le tempistiche reali necessarie per una produzione inclusiva che porta con sé un grande significato“.

L’abito abbraccia la silhouette donando un look ‘effortlessly chic’, uno stile easy, giovane e senza troppe pretese, che però restituisce importanza al dietro alle quinte della moda, rendendo protagonisti i produttori e i materiali. “Alice è un promemoria per ricordarci che dietro ogni oggetto, c’è un essere umano“, osserva Caterina Micolano, presidente di Cooperativa Alice. Parla dei suoi dipendenti: “Queste persone non solo si stanno riconquistando l’indipendenza, ma stanno diventando parte di una tradizione più ampia, quella delle tecniche artigianali“.

Lo scorso mese, Love Therapy ha annunciato la collaborazione con Gorilla Socks, portando la sostenibilità al centro della propria ‘rivoluzione’ con una collezione di calze eco-friendly. L’azienda emergente italiana, nata a Napoli, utilizza fibre di bambù, una pianta a rapida crescita con un bassissimo impatto ambientale che consuma meno acqua e produce grandi quantità di ossigeno. Il risultato è una fibra morbida, antibatterica e resistente. “Studiamo prodotti che abbiano un impatto positivo valorizzando la qualità delle materie prime, senza mai rinunciare al colore”, commenta Floria Fiorucci. “Con il nostro progetto – le fanno eco Andrea Salvia e Tommaso Colella, fondatori di Gorilla Socks – vogliamo proporre il nostro brand come attore nella lotta per l’ambiente nel mondo dell’industria tessile. Con Love Therapy condividiamo gli stessi valori e le stesse emozioni con l’obiettivo di portare gioia, colore e sostenibilità tramite un gesto quotidiano come quello di indossare un paio di calzini“.