Bertone (Acqua Sant’Anna): “Introdurre cauzione per la plastica, valore ambientale e sociale”

Acqua Sant’Anna, negli ultimi anni, ha fatto della sostenibilità uno dei suoi focus più importanti. La volontà di andare in questa direzione arriva direttamente da Alberto Bertone, presidente e amministratore delegato, che da sempre punta sugli investimenti per potenziare l’efficienza e l’automazione allo stabilimento aziendale di Vinadio (Cuneo). E così, per esempio, l’azienda è stata la prima al mondo a creare una bottiglia di acqua minerale da 1,5 litri rivolta al mass market senza utilizzare neanche una goccia di petrolio, ma realizzata con un biopolimero di origine vegetale, che conserva le stesse caratteristiche tecniche delle comuni plastiche, ma si dissolve dopo l’uso in meno di 80 giorni nei siti di compostaggio industriale. L’approccio sostenibile dell’azienda è globale: preferenza per la logistica su rotaia, impiego di robot a guida laser elettrici anziché a gasolio per la gestione del magazzino, stabilimento costruito secondo i principi della bioarchitettura e bioedilizia, pulizia con ghiaccio secco, camion a LNG Bio. L’ultima battaglia, in ordine di tempo, di Bertone è quella per il recupero e riutilizzo della plastica introducendo una cauzione. E per spiegarne l’utilità, in un’intervista concessa a GEA, l’imprenditore fa un esempio molto semplice e efficace: “La cauzione in Italia esiste da anni per i carrelli della spesa. Senza li vedremmo sparsi dappertutto, invece li riportiamo al posto giusto”.

Secondo Bertone, introducendo il deposito i rifiuti dall’essere un problema diventerebbero una risorsa, con “un valore economico, ambientale e sociale. Penso alla Germania o agli Stati Uniti, dove esiste da anni: le persone che vivono di carità recuperano le bottiglie e vanno a recuperare loro la cauzione. Così diamo una mano all’ambiente e creiamo un veicolo sociale per aiutare chi versa in in situazioni difficili. Pare che lo Stato italiano voglia votare contro la legge europea, ma mi sembra una cosa assurda, non riesco a capirne i benefici”.

Il riciclo, quindi, è uno dei grandi cavalli di battaglia di Bertone e di Sant’Anna. Cosa che sembra quasi strana, pensando all’impegno sul fronte delle bio bottiglie compostabili. Ma, nel tempo, l’amministratore delegato ha cambiato idea. “Il problema è recuperare e non buttare via. Con un mondo che va verso il riciclo, la bio bottiglia non serve più. Non abbiamo bisogno di qualcosa che si dissolva, ma che si possa mantenere e riutilizzare. Anche dal punto di vista economico, con il compostaggio il mio bene sparisce, mentre se riciclo è come se avessi dei soldi in mano”. Per l’amministratore delegato piemontese, quindi, la plastica non va demonizzata. “Bisogna stare attenti a non avere pregiudizi – spiega – perché penso sia il migliore dei materiali con cui costruire contenitori. E’ meglio del vetro, del tetrapak, dell’alluminio: costa meno, è infrangibile, trasparente e leggera. L’importante è trovare il modo di riciclarla efficacemente”.

Navigare velocemente sul mare della sostenibilità, obietterebbero molti imprenditori, ha dei costi. Ma non la pensa così Bertone: “I benefici sono superiori ai costi. Non si tratta di spese, ma di investimenti che rendono: visto che il mondo va in questa direzione, allora andiamoci noi per primi. Ogni volta che abbiamo fatto qualcosa per l’ambiente, alla fine ci ha dato un ritorno economico. Faccio l’esempio del riscaldamento: abbiamo deciso di riscaldare lo stabilimento trasportando il calore dei nostri macchinari. Certo, abbiamo speso per i lavori, ma ora quanto stiamo risparmiando, in ambienti che si trovano in alta montagna e nei quali i portoni sono sempre aperti?”. E, ancora, il recupero dei materiali di scarto: “Con la differenziata fatta in maniera corretta, che all’inizio sembrava difficilissima, ora abbiamo trasformato un costo elevatissimo in un guadagno elevato, recuperiamo un milione di euro all’anno dalla vendita di materiali che invece una volta avremmo pagato al chilo per smaltirli”.

C’è un fattore, però, su cui c’è poco da fare. Ed è quello legato al clima, che preoccupa non poco chi dell’acqua fa il centro della sua vita imprenditoriale. Con l’utilizzo del ghiaccio secco per pulire gli impianti, Acqua Sant’Anna ha già ridotto al minimo gli sprechi. Ma negli ultimi anni si sono sommati problemi ai problemi: l’aumento dei costi dei materiali, dell’energia, della CO2 per gasare l’acquaquasi introvabile, e quando c’era costava sette volte di più”. Tutti fattori che hanno pesantemente inciso sulla produzione. Però risolvibili, perché “il fattore peggiore è la siccità, alle altre difficoltà si trova una soluzione ma il fattore tempo non dipende da noi. Le sorgenti hanno avuto cali fino al 50%. E ora che piove l’acqua scivola perché non ha nevicato, va subito verso il mare. Dipende dall’uomo trovare dei modi per trattenerla”. E anche qui, la metafora di Bertone è efficace: “Se guardiamo il mappamondo, la striscia di desertificazione è sempre più ampia. E’ come vedere un uomo con la calvizie che cresce ogni giorno di più. Bisogna trovare adesso delle soluzioni, non aspettare di essere completamente pelati, Il nostro mondo ha la calvizie, bisogna correre ai ripari”.

A Prato nasce il Pan di Stracci e si ispira alle stoffe rigenerate

A Prato, il più grande distretto tessile d’Europa, anche la pasticceria parla di moda sostenibile.

La produzione dei tessuti rigenerati, eccellenza pratese, è fonte di ispirazione del Pan di stracci, il nuovo dolce dedicato al distretto alla città toscana. L’idea nasce da Leonardo Cai, che si descrive come ‘immerso da sempre nella vocazione green del distretto’. Studia Disegno Industriale al DIDA – Design Campus dell’Università di Firenze e ha “progettato” il nuovo dolce per la propria tesi, affiancato dal Maestro di Arte Bianca Massimo Peruzzi, celebre pasticcere della città sulle rive del Bisenzio.

Dai ritagli di stoffa si producono pregiati tessuti, grazie all’arte del riuso. Il Pan di stracci si prepara con un procedimento simile, usando gli avanzi di pan brioche dell’impasto dei cornetti.  Il dolce, anche nella forma irregolare, ricorda i “monti” di stracci, cioè gli alti cumuli di stoffe selezionate per fasce cromatiche che devono essere scelte dagli esperti cenciaioli capaci di identificarne la qualità con il solo tocco delle dita.

Del Pan di stracci non c’è solo la versione classica: partendo dall’impasto di base sono nate alcune varianti, una vera collezione che rimanda ai colori della cernita dei cenciaioli ma anche alle collezioni di pregiati tessuti che le aziende del distretto pratese ogni anno preparano per le case di moda di tutto il mondo. Come si ottiene l’impasto bicolore? Alla versione classica si aggiunge un ingrediente per le diverse nuance: per il Cammellitto, farcito con crema di mandorle, il colore marrone si ottiene dal cacao in polvere; per il Verzino, farcito con crema al pistacchio e cioccolato bianco, per il colore verde si usa il tè matcha in polvere; per il Mezzochiaro, farcito con crema chantilly, il colore giallo si ottiene con curcuma e pasta di cocco; per il Rossino, farcito con marmellata di fichi, il colore rosso è dato dalla pasta di fragole.
Un’ulteriore sorpresa è nella confezione, che si presenta in due varianti: in cartone (riciclabile dopo l’uso) ed in edizione speciale, in cui il Pan di Stracci è contenuto in un sacco in jeans rigenerato composto da filato 100% cotone e progettato per aprirsi completamente, diventando così una sorta di tovaglia, un supporto su cui condividere e mangiare il dolce.

Per la sua progettazione ho preso ispirazione dal Furoshiki, un’antica tradizione giapponese che consiste nel trasportare oggetti senza utilizzare sacchetti ma bensì stoffe, magistralmente piegate per ottenere un sacco” spiega Cai. La confezione in tessuto è stata realizzata grazie all’aiuto di Rifò, giovane brand pratese di moda sostenibile, che tiene insieme qualità e riuso lavorando con fibre 100% rigenerate e rigenerabili: “È un’edizione speciale che vuole rafforzare il tributo a Prato. Pan di Stracci si propone come monito che invita al riuso in tutte le sue forme e declinazioni; rappresenta un approccio di progetto sul territorio pratese, in cui tradizioni, valori e identità sono fortemente connessi tra loro”.

vetro

Il vetro cresce nel 2022: produzione bottiglie a +1,5%. Ma prezzo rottame vola

E’ il materiale da imballaggio più ecosostenibile e sicuro di tutti: per questo il vetro resiste alle crisi. Ma per riportare il settore sulla strada della normalità ci sono ancora alcuni nodi da sciogliere. A partire dalla volatilità dei prezzi energetici e dall’aumento del prezzo del rottame a livelli mai raggiunti in precedenza. Un incremento che, oltre a incidere sul costo dei contenitori, pone un rischio in termini di mantenimento degli obiettivi di riciclo e di circolarità del settore: il costo di utilizzo del rottame ha ormai superato, infatti, quello della materia prima.

L’aggiornamento dei dati di produzione del packaging in vetro e il check up sullo stato di salute del settore è stato fornito da Assovetro. Nel 2022, nonostante i problemi energetici e l’onda lunga del Covid, la produzione di bottiglie e vasi è aumentata per rispondere ai bisogni di sicurezza e di sostenibilità ambientale richieste dai consumatori, ma anche per accompagnare il successo dei prodotti a marchio Italia che ha visto sempre più bottiglie di vino, e soprattutto spumante, prendere la via dell’estero. La produzione di bottiglie è aumentata dell’1,5% immettendo sul mercato oltre 2 miliardi di “pezzi”, e quella di vasetti del 2,5%. Il prezzo del rottame, però, è passato da circa 25 Euro/ton a 200 Euro/ton.

Nonostante il perdurare di fattori critici, l’industria del packaging in vetro – conferma Roberto Cardini, Presidente della sezione Contenitori di Assovetro – ha continuato a crescere. Il 2023 dovrebbe essere un anno di assestamento per permetterci di affrontare le sfide del futuro dell’industria del packaging in vetro, come quella della decarbonizzazione con la ricerca di nuovi vettori energetici”.

Riciclo e riuso possono convivere per perseguire fino in fondo la circolarità nel settore del packaging alimentare in vetro. La bozza di Regolamento Ue sugli imballaggi si focalizza sul riuso, una sfida, questa, che deve rimodulare le abitudini dei consumatori, la logistica e la creazione di nuovi modelli di business. Nel 2021 il riuso ha interessato 186.000 tonnellate di contenitori in vetro. Proprio le caratteristiche del vetro – sicuro, lavabile e chimicamente resistente – lo rendono un ottimo packaging per il riuso, soprattutto in filiere come quelle dell’ acqua e del latte. Bisogna tener presente che il riutilizzo comunque genera un vantaggio ambientale solo per le distanze limitate (100 chilometri) e si adatta poco alla personalizzazione commerciale.

In fatto di riciclo il vetro resta un’eccellenza italiana, quello dei rifiuti di imballaggi provenienti dalle raccolte differenziate ha raggiunto 2,2 Mt ed ha un tasso di riciclo pari al 76,6%, al di sopra del target europeo del 75% al 2030. L’industria del settore si è impegnata ad arrivare al 90% nel 2030.

Per le sue caratteristiche di sicurezza alimentare, sostenibilità e riciclabilità, il vetro oggi è un materiale che guarda al futuro per 8 consumatori europei su 10 (Fonte: Indagine InSites 2022). Per questi motivi è stato l’unico materiale da imballaggio ad aver registrato in Europa negli ultimi tre anni una crescita media dell’8% rispetto agli altri materiali da imballaggio, che hanno invece risentito di un calo tra il 24 e il 41%. Tre quarti dei consumatori europei raccomandano di acquistare prodotti confezionati in vetro, addirittura l’85% gli italiani, che sono anche, nel panorama europeo, i più “ricicloni”, con 9 su 10 che dichiarano di fare la raccolta differenziata. Un prodotto confezionato in vetro riscuote più fiducia per il 70% degli italiani.

Il risparmio energetico è stato da sempre un obiettivo primario per l’industria del vetro che nel suo complesso consuma ogni anno circa 1,1 miliardi di metri cubi di gas (circa l’1,5 per cento del consumo nazionale). Per questo, anno dopo anno, è diminuito il peso delle bottiglie. Le bottiglie di vino hanno ridotto il loro peso del 12% e quelle di spumante del 18%, così da richiedere minor consumo di materie prime, di energia e, di conseguenza, producendo minori emissioni di Co2 . Anche un sempre maggiore utilizzo del rottame di vetro per la produzione di bottiglie, che in molti casi oggi raggiunge il 90%, fa la differenza: ogni 10% di rottame utilizzato in sostituzione delle materie prime permette un risparmio del 2,5% di energia e una riduzione delle emissioni di Co2 del 5%. L’industria dei contenitori in vetro, prima manifattura europea, con 16 aziende e 39 stabilimenti è presente in quasi tutte le regioni d’Italia, da Nord a Sud, con una maggiore concentrazione al Nord. Conta 7.800 addetti, la quasi totalità con contratto a tempo indeterminato. Il fatturato è valutato in 2,5 miliardi di euro l’anno. Nel 2022 l’import di bottiglie e vasi è aumentato dell’11,3% e l’export è diminuito del 4,4%. Per far fronte alla domanda di contenitori è stato previsto un investimento di 400 milioni per 5 nuovi forni di fusione da realizzare entro il 2024 che garantiranno un incremento della capacità produttiva del 12%; tre di questi entreranno in funzione già nelle prossime settimane.

Gentiloni

Sostenibilità, Gentiloni: “Dalla transizione non si torna indietro”

Indietro non si torna. “Costruire un’economia che funzioni per le persone e per il pianeta è una sfida formidabile, ma da cui non possiamo rifuggire”. Paolo Gentiloni vuole mettere le cose in chiaro: la politica di sostenibilità dell’Ue e la transizione sostenibile non sono in discussione, e non possono essere accantonate. Il commissario per l’Economia sceglie la conferenza la conferenza ‘Oltre la crescita: percorsi per una prosperità sostenibile dell’Ue’ per ribadire che la strada è tracciata, battuta, e per questo pronta per essere percorsa. Certo, non sarà un cammino semplice. Vero è, ammette, che “molti cittadini sono preoccupati per il costo della transizione”, una preoccupazione peraltro “aggravata dall’elevata inflazione e dai prezzi record dell’energia sulla scia dell’invasione su vasta scala della Russia lo scorso anno”. Ma, insiste, “penso che possiamo essere tutti d’accordo sul fatto che un’economia basata su un uso sempre maggiore di risorse finite che produce sempre più rifiuti ed emissioni non sia un modello sostenibile”.

Sottolineature che si rendono necessarie anche alla luce di crescente e sempre più frequenti frizioni sull’impostazione ‘green’ dell’agenda a dodici stelle. Il braccio di ferro sui motori di nuova generazione prima, seguita dal conflitto sui carburanti alternativi, e il rinnovato dibattito sul nucleare. Con le elezioni europee che si avvicinano (manca un anno, gli ambasciatori dell’Ue hanno indicato i giorni di voto tra il 6 e il 9 giugno 2024) l’agenda verde si allontana. Si intravede un rallentamento degli sforzi e delle ambizioni, in nome di logiche elettorali. Gentiloni non vuole cambi di rotta. In gioco c’è più dell’azione della Commissione, ma la sua credibilità.

Il cambiamento di paradigma che questa Commissione ha abbracciato va verso una crescita sostenibile, e questo cambio di paradigma è l’essenza del Green Deal europeo”. Difende con forza le scelte compiute sin qui, convinto della necessità non rinviabile di “trasformare l’economia europea e passare a un modello di crescita diverso, alimentato da elettricità e fonti rinnovabili prive di emissioni di carbonio e basato sui principi di circolarità: riutilizzo e riciclo”. A chi oggi appare poco o meno convinto, ricorda che “l’alternativa a un modello di crescita tradizionale non può essere un modello di ‘decrescita’”, perché “un’economia in contrazione avrà meno, non più, risorse da investire nella protezione dell’ambiente”.

Il modello economico conosciuto fin qui ha mostrato i suoi difetti. Tanto che “riconosciamo tutti che il Pil come indicatore ha i suoi limiti” e non può essere più il solo parametro utile di riferimento. Non a caso, continua il commissario per l’Economia, “nel primo articolo che ho pubblicato in qualità di commissario, anche prima della pandemia, ho chiesto una nuova strategia di crescita sostenibile”. Arriva perciò un nuovo invito alle politica nazionale di ogni Stato membro a fare la propria parte, nel rispetto di impegni e obiettivi. “Modelli ambientali ed economici integrati possono guidarci in questo difficile compito” di una transizione vera, che sia esempio per il resto del mondo. Indietro non si torna. “Insieme possiamo passare con successo a un nuovo modello di crescita che sia sostenuto e sostenibile, e mostrare che la crescita economica può, anzi deve, essere una forza positiva”.

Love Therapy e le carceri: dai Fiorucci nuova collezione etica

Sostenibili integralmente. Dopo il ‘featuring’ con Gorilla Socks, Love Therapy, il brand di Elio e Floria Fiorucci lancia una collaborazione con Cooperativa Alice dando vita a una collezione etica e Made in Italy. Abiti solidali e composti da 100% cotone biologico.

La ‘rivoluzione d’amore’ dei Fiorucci stravolge i metodi e i tempi di lavoro tradizionali e punta sulla produzione inclusiva di Cooperativa Alice, che da trent’anni si impegna nel reinserimento sociale e lavorativo di soggetti svantaggiati, in particolare donne, all’interno di un sistema produttivo dedicato alla sartoria italiana, coinvolgendo le carceri di Monza e Bollate. “I nostri ‘mini dress’ sono un esempio materiale di un giusto equilibrio tra sostenibilità ambientale e sociale” scandisce Marina de Bertoldi, direttrice creativa e nipote dello stilista: “sfidano la corsa senza fine della moda di oggi giorno per testimoniare gli sforzi e le tempistiche reali necessarie per una produzione inclusiva che porta con sé un grande significato“.

L’abito abbraccia la silhouette donando un look ‘effortlessly chic’, uno stile easy, giovane e senza troppe pretese, che però restituisce importanza al dietro alle quinte della moda, rendendo protagonisti i produttori e i materiali. “Alice è un promemoria per ricordarci che dietro ogni oggetto, c’è un essere umano“, osserva Caterina Micolano, presidente di Cooperativa Alice. Parla dei suoi dipendenti: “Queste persone non solo si stanno riconquistando l’indipendenza, ma stanno diventando parte di una tradizione più ampia, quella delle tecniche artigianali“.

Lo scorso mese, Love Therapy ha annunciato la collaborazione con Gorilla Socks, portando la sostenibilità al centro della propria ‘rivoluzione’ con una collezione di calze eco-friendly. L’azienda emergente italiana, nata a Napoli, utilizza fibre di bambù, una pianta a rapida crescita con un bassissimo impatto ambientale che consuma meno acqua e produce grandi quantità di ossigeno. Il risultato è una fibra morbida, antibatterica e resistente. “Studiamo prodotti che abbiano un impatto positivo valorizzando la qualità delle materie prime, senza mai rinunciare al colore”, commenta Floria Fiorucci. “Con il nostro progetto – le fanno eco Andrea Salvia e Tommaso Colella, fondatori di Gorilla Socks – vogliamo proporre il nostro brand come attore nella lotta per l’ambiente nel mondo dell’industria tessile. Con Love Therapy condividiamo gli stessi valori e le stesse emozioni con l’obiettivo di portare gioia, colore e sostenibilità tramite un gesto quotidiano come quello di indossare un paio di calzini“.

Stella McCartney, l’inno al pianeta per il Coronation Concert

Campione di speranza, ma anche di azione”. Sul palco del concerto dell’incoronazione, in un doppiopetto rosso sangue e collant nero, Stella McCartney descrive così Carlo III.

L’eterno erede al trono, in tutti questi anni, non ha soltanto atteso la corona. E’ sempre stato in prima linea su più fronti sociali e la causa ambientale è quella che l’ha impegnato più delle altre. La stilista inglese, figlia di Paul, è una delle sue sostenitrici più famose. Da sempre impegnata in una moda rispettosa dell’ambiente e degli animali, non utilizza pelli, pellicce e piume. Anche Carlo, ricorda, “ha illuminato molti sulla necessità di preservare e proteggere il nostro pianeta”.

A febbraio la designer è stata insignita dal re in persona con il titolo di Cbe ovvero Commander of the British Empire per ‘meriti di moda e in fatto di sostenibilità’.

Sul palco ricorda l’emozione di quando da bimba visitava le Highlands scozzesi, “l’emozione della bellezza di Madre Natura, così vasta e dirompente”. Col passare del tempo, osserva, “siamo stati capaci di straordinari progressi nella scienza, nella tecnologia e anche nella moda”. Tecnologie che lei per prima sperimenta e utilizza ogni giorni. Anche perché, constata, “siamo testimoni anche di grossi cambiamenti del pianeta e della natura, che oggi a volte non è più riconoscibile. Questo è sconvolgente”. L’appello al mondo, nella vetrina più in vista, è a cambiare rotta il prima possibile. “Le nostre azioni stanno mettendo a rischio l’essenza stessa della vita. Ma nei momenti difficili, c’è sempre una luce che splende, un motivo per essere ottimisti”, scandisce. “L’impegno per salvare il pianeta dovrebbe e deve essere la causa che unisce tutti noi e mai dividerci. La Terra è molto più grande e importante di tutte le nostre differenze. Perché, alle generazioni che verranno dopo di noi, abbiamo l’obbligo di lasciare un mondo sano e sostenibile”.

Il discorso della stilista fa parte di una più ampia sezione del concerto a tema ambientale, con un’interpretazione di una hit degli anni Ottanta, eseguita dal compositore/produttore di soul classico Alexis Ffrench e dal cantautore londinese Zak Abel, con il supporto dell’orchestra, della band e del coro. Ad accompagnare la performance, un video con immagini proiettate sulla facciata del Castello di Windsor, intervallata da filmati di esibizioni di droni sopra l’Eden Project in Cornovaglia e il Wales Millennium Centre di Cardiff. La sezione si chiude con il video ‘Did You Know?‘, che sul rapporto di Re Carlo con la natura.

Anche il palco era ‘green’: progettato e costruito quasi interamente con materiale a noleggio per renderlo il più sostenibile possibile e con una illuminazione all’85% led, ad alto risparmio energetico.

Da Parlamento europeo stop a fast fashion: “Moda sia più sostenibile”

Combattere la fast fashion, la moda ‘usa e getta’. Con 68 voti a favore, nessun contrario e una astensione la commissione ambiente (Envi) del Parlamento europeo ha approvato una relazione d’iniziativa con una serie di raccomandazioni per introdurre misure a livello europeo per garantire che i tessuti siano prodotti in modo circolare, sostenibile e socialmente giusto. Nel quadro del pacchetto sull’economia circolare la Commissione europea ha adottato a marzo dell’anno scorso ha presentato la strategia dell’Ue per i tessili sostenibili e circolari per affrontare l’intero ciclo di vita dei prodotti tessili e proporre azioni per cambiare il modo in cui produciamo e consumiamo i prodotti tessili. La relazione adottata in Envi dovrebbe finire al voto dell’intera plenaria a Strasburgo prima dell’estate.

Una nota del Parlamento spiega che per “contrastare la sovrapproduzione e il consumo eccessivo di abbigliamento e calzature”, la commissione invita la Commissione e i Paesi dell’Ue ad adottare misure che mettano fine alla “fast fashion”, a partire da una chiara definizione del termine basata su “alti volumi di capi di qualità inferiore a bassi livelli di prezzo”. I consumatori dovrebbero essere meglio informati per aiutarli a fare scelte responsabili e sostenibili, anche attraverso l’introduzione di un “passaporto digitale dei prodotti” nella prossima revisione del regolamento sulla progettazione ecocompatibile, come prevede anche la proposta della Commissione europea. I deputati chiedono inoltre alla Commissione e agli Stati membri di garantire che i processi di produzione diventino meno dispendiosi in termini di energia e acqua, evitino l’uso e il rilascio di sostanze nocive e riducano l’impronta dei materiali e dei consumi. I deputati chiedono inoltre che la revisione della direttiva quadro sui rifiuti includa specifici obiettivi separati per la prevenzione, la raccolta, il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti tessili, nonché l’eliminazione graduale dello smaltimento in discarica dei tessili.

Altre raccomandazioni includono: l’inclusione di un esplicito divieto di distruzione dei prodotti tessili invenduti e restituiti nelle regole di ecodesign dell’Ue; regole chiare per porre fine alle pratiche di greenwashing, attraverso il lavoro legislativo in corso sulla responsabilizzazione dei consumatori nella transizione verde e sulla regolamentazione delle dichiarazioni verdi; garantire pratiche commerciali eque ed etiche attraverso l’applicazione degli accordi commerciali dell’Ue; lanciare senza ulteriori ritardi l’iniziativa della Commissione per prevenire e ridurre al minimo il rilascio di microplastiche e microfibre nell’ambiente.

 

Bankitalia aumenta investimenti in azioni e obbligazioni green

Bankitalia prosegue sulla strada della sostenibilità degli investimenti del proprio portafoglio finanziario. Dal secondo Rapporto annuale sugli investimenti sostenibili e sui rischi climatici, riferito al 2022, emerge che il peso delle obbligazioni verdi tra gli investimenti in titoli di Stato e degli organismi sovranazionali è cresciuto in modo significativo. In particolare, nel portafoglio finanziario i green bond costituiscono il 2,8 per cento degli investimenti in titoli di Stato (0,03 per cento nel 2020) e il 20,5 per cento degli investimenti in titoli di organizzazioni internazionali e agenzie (5,3 per cento nel 2020).

Alla fine del 2022, gli indicatori climatici degli investimenti in azioni e obbligazioni societarie della Banca d’Italia risultano quindi in miglioramento. L’intensità carbonica media ponderata degli investimenti azionari in euro è diminuita del 36 per cento rispetto al 2020 ed è inferiore del 32 per cento rispetto all’indice di mercato preso come riferimento.
Il report esplicita l’impegno dell’istituto a gestire i propri investimenti in coerenza con gli obiettivi degli Accordi di Parigi e di neutralità climatica al 2050 dell’Unione europea (l’effettivo conseguimento di questo obiettivo è condizionato al rispetto degli impegni di neutralità climatica dichiarati dalle imprese e dai governi degli Stati in cui la Banca investe).

I portafogli analizzati (quello finanziario in euro, quello delle riserve valutarie e il Fondo pensione complementare dei dipendenti) valevano complessivamente 169 miliardi di euro.
Il Rapporto è pubblicato in concomitanza con documenti analoghi della Bce e delle altre banche centrali dell’Eurosistema e risponde all’impegno preso con la Carta degli investimenti sostenibili, di comunicare periodicamente i risultati delle strategie di investimento sostenibile per i portafogli non di politica monetaria e di contribuire alla promozione della cultura della sostenibilità nel sistema finanziario e tra i cittadini.

I miglioramenti degli indicatori climatici riflettono in parte gli andamenti nell’indice di riferimento. Questi sono legati tra l’altro ai progressi delle imprese nei percorsi di decarbonizzazione, testimoniati dalla crescita delle aziende con impegni e obiettivi climatici validati, salite in termini di peso dal 43 per cento dell’indice del 2020 al 70 del 2022.
Rispetto alle altre dimensioni della sostenibilità, i portafogli azionari e delle obbligazioni societarie mostrano punteggi ESG aggregati migliori degli indici di riferimento. Gli indicatori tematici più elevati in termini relativi sono soprattutto quelli ambientali.

Secondo il rapporto, la strategia di investimento sostenibile della Banca d’Italia persegue due obiettivi: “Migliorare il profilo di rischio e di rendimento dei portafogli e contribuire alla tutela dell’ambiente, con una particolare attenzione al contrasto ai cambiamenti climatici“. Le linee d’azione sono tre: integrare la neutralità climatica e i criteri ESG nella gestione degli investimenti e dei rischi; promuovere la trasparenza sui profili di sostenibilità; pubblicare risultati, guide e ricerche.
La Banca, in qualità di azionista, ha avviato nel 2022 un dialogo con le imprese che contribuiscono maggiormente alle emissioni di gas serra del proprio portafoglio, per approfondire le loro strategie climatiche, sensibilizzarle sull’importanza di una comunicazione ampia sul processo di decarbonizzazione e sui temi ESG.

H&M ci riprova: Giù emissioni, più riciclo e nuova Water strategy

H&M ci riprova. Dopo essere stato citato in giudizio per greenwashing, marketing ingannevole e dati falsi e fuorvianti e aver incassato una denuncia della Consumer Authority norvegese per possibili violazioni alla normativa sulla pubblicità ingannevole per la collezione ‘H&M conscious‘, il colosso del fast fashion svedese promette un cambio di rotta.

I marchi che hanno come obiettivo principale la sostenibilità “saranno meglio preparati a soddisfare il crescente interesse dei consumatori e le richieste dei legislatori“, spiega Leyla Ertur, responsabile della Sostenibilità del gruppo, nell’ultimo rapporto annuale. Contribuire a un futuro migliore, “per le persone e il pianeta“, questo è l’obiettivo del gigante della moda. “Siamo aperti al dialogo e alla collaborazione per affrontare le numerose sfide comuni del nostro settore e del nostro mondo“, assicura.

Quest’anno, l’utilizzo di materiali riciclati ha subito un’accelerazione, raggiungendo il 23% (dal 18%) e contribuendo a un totale dell’84% di materiali riciclati o provenienti da fonti più sostenibili nelle collezioni del marchio.

C’è stata una riduzione delle emissioni assolute del 7% in riferimento allo Scope 3 (le emissioni indirette prodotte nella catena del valore) e dell’8% delle emissioni degli Scope 1 e 2 (le emissioni dirette generate dall’azienda e quelle indirette generate dall’energia acquistata e consumata dalla società), rispetto al valore di riferimento del 2019. L’obiettivo a lungo raggio è ridurre le emissioni assolute degli Scope 1, 2 e 3 del 56% entro il 2030.

Bene anche sul lato imballaggi in plastica: -44% rispetto al valore di riferimento del 2018. Non solo: il gruppo ha lanciato una nuova Water Strategy per il 2030 e ha ridotto il consumo
relativo di acqua per prodotto del 38% rispetto al valore di riferimento del 2017, grazie a miglioramenti dell’efficienza e a un maggiore riciclo delle acque reflue.

Quanto alla sostenibilità sociale, nell’ultimo anno la rappresentanza sindacale nelle fabbriche dei fornitori di livello 1 è passata dal 37% al 42% e il 34% ha stipulato contratti collettivi di lavoro (rispetto al 27% del 2021). Il 63% dei rappresentanti dei lavoratori nelle fabbriche dei fornitori di Tier 1 è composto da donne e la percentuale di donne che ricoprono posizioni di supervisione è del 27%.

“E’ stato un anno turbolento, segnato dalla guerra in Ucraina”, osserva la Ceo, Helena Helmersson. “In tempi esterni difficili, la sostenibilità rimane parte integrante della nostra attività”, assicura.

E, in effetti, l’obiettivo 2030 combina gli obiettivi di crescita aziendale e di profitto con la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.” Per raggiungere i nostri ambiziosi obiettivi climatici di dimezzare le emissioni di gas serra del Gruppo entro il 2030 e di arrivare a zero entro il 2040, investiamo in progetti per ridurre le emissioni di gas serra lungo tutta la nostra catena del valore”, ribadisce Helmersson. Nel corso dell’anno, gli obiettivi climatici del gruppo sono stati verificati dall’iniziativa Science Based Targets ed è stata istituita la Green Fashion Initiative per sostenere i fornitori nella sostituzione dei combustibili fossili.

Gli investimenti nella sostenibilità offrono al Gruppo opportunità di business a lungo termine. Costruendo partnership strategiche con i principali stakeholder e crescendo in vari modi innovativi, H&M sostiene di riuscire a far crescere l’attività in modo da disaccoppiare la crescita finanziaria e la redditività dall’uso di risorse naturali limitate. Un buon esempio è Sellpy, società di maggioranza del gruppo, che è già uno dei maggiori operatori nel settore della Moda di seconda mano in Europa.

“Continueremo a investire in nuovi modelli di business, materiali e tecnologie che hanno il potenziale per cambiare radicalmente il modo in cui realizziamo i nostri prodotti e in cui i nostri clienti possono vivere la Moda”, garantisce Helmersson. “Nonostante il mondo turbolento che ci circonda – rivendica la Ceo -, il Gruppo H&M è forte di un’ampia base di clienti, di una solida posizione finanziaria, di un sano flusso di cassa e di un inventario ben bilanciato. Tutto questo grazie all’impegno dei colleghi di tutto il mondo, che continuano a costruire la nostra azienda, a rimanere fedeli ai nostri valori e a garantire che realizziamo sempre l’idea commerciale che il nostro fondatore ha gettato le basi 75 anni fa: offrire ai nostri clienti un valore imbattibile con la migliore combinazione di Moda, qualità, prezzo e sostenibilità”.

Mercato integratori alimentari in crescita: la filiera guarda alla sostenibilità

Prodotti alimentari destinati ad integrare la comune dieta e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, in particolare ma non in via esclusiva aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti che pluricomposti, in forme predosate“. Questa la definizione degli integratori alimentari contenuta nel decreto legislativo n. 169 del 21 maggio 2004, testo che rappresenta la normativa di riferimento in Italia su questo tema e che ha dato attuazione alla direttiva europea n. 46 del 2002. Gli integratori costituiscono una fonte concentrata di nutrienti o di sostanze e hanno la funzione di complementare la dieta, non di sostituire il cibo. Sono disponibili sotto forma di tavolette, compresse o gocce, da assumere in quantità misurate per ottimizzarne l’effetto e rispondere al meglio a esigenze nutrizionali precise o a condizioni fisiologiche particolari. Si tratta di prodotti che, pur non essendo catalogati come farmaci, devono rispondere a precisi criteri in materia di composizione e di dosi massime di assunzione. Proprio per garantire massima trasparenza e sicurezza ai consumatori, tutti gli integratori alimentari che finiscono sul mercato devono essere dotati di una specifica etichettatura contenente varie informazioni: i nomi delle categorie di sostanze nutritive o sostanze che caratterizzano il prodotto o un’indicazione della natura di tali sostanze o sostanze nutritive; la porzione di prodotto consigliata per il consumo quotidiano; l’avvertimento di non superare la dose quotidiana definita come raccomandabile; la raccomandazione di non usare gli integratori alimentari come sostituti di una dieta varia; la raccomandazione di tenere i prodotti fuori dalla portata dei bambini. Inoltre, l’immissione in commercio di ogni integratore alimentare è subordinata alla procedura di notifica al Ministero della Salute che ne valuta la conformità alle normative in materia.

BENEFICI PER IL BENESSERE. A sottolineare l’importanza di un corretto utilizzo degli integratori alimentari per il benessere dell’organismo è FederSalus (Associazione Nazionale Produttori e Distributori di Prodotti Salutistici), associazione nata nel 1999 e confluita di recente all’interno di Integratori & Salute, realtà che fa parte dell’Unione Italiana Food (Confindustria). La principale funzione degli integratori è quella di prevenzione primaria: aiutare a superare stadi temporanei di disagio riducendo il ricorso ai farmaci. In tal senso, questi prodotti possono anche contribuire a una riduzione della spesa del sistema sanitario nazionale. L’utilità degli integratori è suffragata da numerosi studi clinici e pubblicazioni scientifiche riconosciuti dall’Agenzia per la sicurezza alimentare europea (EFSA). Attenzione però: il ricorso agli integratori non può sopperire ai danni causati da un’alimentazione eccessiva, basata su alimenti non sani e non equilibrata, così come non può sostituire uno stile di vite salutare e privo di fattori nocivi come ad esempio fumo e alcol. Altro punto fondamentale è la consapevolezza: l’assunzione di integratori non deve mai superare le dosi giornaliere massime indicate sull’etichetta (se non prescritte dal proprio medico), seguendo le modalità di consumo specificate. Utili i consigli dei professionisti: secondo uno studio Censis del 2019, in Italia il 47% dei casi l’utilizzo degli integratori alimentari è supportato dalle indicazioni di un almeno uno tra medico generico, specialista, o farmacista.

MERCATO IN CRESCITA. Il mercato mondiale degli integratori alimentari mostra un trend di crescita notevole. Secondo i dati elaborati nel 2021 da Intesa Sanpaolo, il giro d’affari globale è passato dai 21 miliardi di dollari del 2007 ai 45 del 2019, con un balzo del 113% in poco più di un decennio. Simile la dinamica in Italia, dove, secondo i numeri forniti da FederSalus, nel 2014 il settore valeva circa 2,3 miliardi di euro ed è salito a quasi 3,9 miliardi nel 2020, con un tasso di crescita media annua dell’8,2%. Il nostro è di gran lunga il mercato più sviluppato in Europa: vale il 29% del totale, seguito da Germania (19%) e Francia (9%). E le prospettive per l’Italia appaiono rosee: secondo l’Area Studi di Mediobanca, il giro d’affari arriverà a sfiorare i 5 miliardi di euro nel 2025. Da quali canali passa la vendita degli integratori alimentari nel nostro Paese? I dati di FederSalus mostrano che la parte del leone è svolta dalle farmacie con il 79% del valore totale, cui si aggiunge l’8% legato alle parafarmacie. Minoritario il ruolo ricoperto dalla grande distribuzione (8%) e dall’e-commerce (5%). Tra i prodotti più acquistati figurano ai primi posti vitamine e minerali (746 milioni di euro nel 2020), quelli per il benessere gastro-intestinale (413) e i probiotici (387).

FILIERA ITALIANA AL TOP. Italia in primo piano anche per quanto riguarda la filiera produttiva, piazzandosi all’ottavo posto mondiale per esportazioni (dati 2019) con un valore di 1,25 miliardi di euro. Buona è stata anche la resilienza davanti alla sfida della pandemia: nel 2020 il calo delle esportazioni è stato contenuto al 4,2% a fronte del 9,7% fatto segnare dall’intero Belpaese, tornando peraltro ai livelli pre-Covid già nel corso del primo trimestre 2021. A caratterizzare il comparto, che dà lavoro a circa 22mila addetti, è l’attenzione alla sostenibilità. Secondo la recente indagine ‘Aggiornamenti sull’impatto della pandemia da Covid-19 sul mercato’ a cura del Centro Studi Integratori & Salute, la sostenibilità è ritenuta un tema cruciale per l’84% delle aziende, mentre oltre una su due (52%) pensa che questo tema avrà un ruolo sempre più rilevante in futuro. Nel 2021 l’impegno in tal senso ha riguardato diverse azioni di responsabilità sociale e riduzione dell’impatto ambientale: investimenti a livello di packaging (27%), sicurezza e salute dei dipendenti (24%), processo produttivo (16%), materie prime (16%) e welfare aziendale (15%). Rilevante anche l’attenzione alle nuove tecnologie: in questo campo al primo posto tra gli investimenti compare l’integrazione e lo sviluppo digitale dei processi aziendali (43%), seguita dagli strumenti digitali per la gestione delle informazioni medico-scientifica (28%) e dall’internet delle cose e delle macchine (20%). “Nel processo di sviluppo, le aziende sono consapevoli che dovranno tener conto anche di nuove sfide determinate da: emergenza ambientale, espansione dei processi di digitalizzazione, e-commerce ed evoluzione della comunicazione sempre più proiettata all’omnicanalità – ha commentato Germano Scarpa, presidente di Integratori & Salute -. La nostra filiera si è mostrata resiliente e in salute, evidenziando dinamiche positive nel fatturato, nella produzione in generale, nell’occupazione e negli investimenti, in particolare in ambito digitale”.