Piano Mattei, Urso al Cairo: piano di azione su materie critiche e Hub Ia

Un programma d’azione Italia-Egitto sull’approvvigionamento di materie prime critiche e un Hub sull’intelligenza artificiale per i Paesi africani. Sono due misure strategiche del Piano Mattei messe sul tavolo del Cairo dall’Italia.

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, è in missione nella capitale d’Egitto per due giorni, dove incontra in tutto cinque ministri del governo e presiede due workshop di alto livello tra istituzioni e imprese dei due Paesi, sulle energie rinnovabili e sul digitale. E’ di circa un mese fa, il 17 marzo, la firma di accordi intergovernativi tra i due Paesi e il lancio del Partenariato Ue-Egitto, alla presenza della premier Giorgia Meloni.

La realizzazione di un Ia Hub per lo Sviluppo Sostenibile in Africa era già indicato nella dichiarazione ministeriale del vertice G7 dei ministri dell’Industria che si è tenuto il 14 marzo a Verona. “Attribuiamo molta importanza alla doppia transizione green e digitale, su cui pensiamo che possa consolidarsi una collaborazione con l’Egitto che possa giovare all’intera area”, spiega Urso. L’Hub nasce per favorire sinergie per lo sviluppo digitale dei Paesi dell’Africa “a partire dall’Egitto, che ha già consolidate esperienze relative alla digitalizzazione – osserva il ministro -. Lo scopo è realizzare progetti concreti che consentano l’accesso alla capacità di calcolo necessaria per i modelli di intelligenza artificiale, potenziando le infrastrutture locali e supportando lo sviluppo delle competenze”.

Sul tavolo anche la cooperazione tra i due Paesi nella connettività e, in particolare, riguardo i cavi dati sottomarini. L’Egitto ospita infatti il 90% dei cavi dati Est-Ovest, che collegano il Mediterraneo al Mar Rosso, e sta investendo massicciamente nell’espansione della rete, rendendolo un partner strategico per l’Italia nell’economia digitale nell’ambito dell’attuazione del Piano Mattei per l’Africa. “Siamo entrambi al centro del Mediterraneo e all’incrocio di tre continenti, posizionati per svolgere un ruolo chiave nella connettività tra Europa, Africa e Asia – conferma Urso -. L’Italia, con le proprie connessioni portuali, energetiche e tramite cavi con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo, vede nell’Egitto un partner fondamentale per lo sviluppo dell’intera area”.

Negli incontri successivi, con il ministro del Commercio e Industria, Ahmed Samirin e il ministro del Petrolio e delle Risorse Minerarie, Tarek El-Molla, l’attenzione vira sulle sinergie sul settore minerario e delle materie prime critiche. Guardando all’autonomia strategica e industriale, Urso raccoglie la disponibilità del governo egiziano a stipulare accordi bilaterali sulla cooperazione sia nell’estrazione delle materie prime critiche in Egitto, sia nella prima fase della lavorazione in loco, assicurando ritorni in termini di investimenti e occupazione. Le delegazioni ministeriali dei due Paesi procederanno a organizzare nelle prossime settimane un workshop bilaterale, che coinvolgerà istituzioni, agenzie e aziende impegnate nel settore. “Il nostro Paese è pronto a mettere a disposizione il suo know-how ingegneristico e imprenditoriale per avviare sinergie per l’estrazione e la lavorazione in Egitto, a beneficio di entrambe le nazioni”, assicura Urso.

Tra i settori di cooperazione industriale tra i due Paesi, i più rilevanti sono quelli dell’energia rinnovabile, anche alla luce del fatto che l’Italia punta a diventare il primo produttore europeo di pannelli fotovoltaici di nuova generazione; del digitale, comprese le applicazioni dell’Intelligenza artificiale nel processo produttivo, dell’agricoltura avanzata, della gestione idrica e della farmaceutica.

Domani, il focus della missione sarà sul settore delle rinnovabili, con un incontro con il ministro dell’Elettricità e delle Energie Rinnovabili, Mohamed Shaker. Nella stessa giornata, è previsto il workshop sulle energie rinnovabili, con la partecipazione di agenzie e aziende di entrambi i Paesi, tra cui Ice, Sace, Cdp, Danieli, Prysmian, Terna, Cesi e la Fondazione RES4Africa. È prevista inoltre la firma di un MoU tra l’Agenzia Spaziale Italiana e l’Agenzia Spaziale Egiziana, alla presenza del ministro Urso e del ministro egiziano per la Cooperazione Internazionale. Infine, un workshop sul settore del digitale riunirà agenzie e aziende di entrambi i Paesi, tra cui ICE, SACE, CDP e Infratel.

Prima giornata del Made in Italy. Meloni: “Saremo implacabili contro Italian sounding”

Nell’anniversario della nascita di Leonardo Da Vinci, l’Italia celebra la prima Giornata nazionale del Made in Italy. Un’occasione per “evidenziare l’eccellenza, la creatività e l’ingegno che contraddistinguono i prodotti italiani nel mondo e per ispirare e coinvolgere le nuove generazioni alle professioni tipiche che ne sono a fondamento“, spiega Adolfo Urso, promotore dell’iniziativa.

Dalla moda al design, dal cibo all’arte, il Made in Italy è il frutto di una tradizione millenaria e di una “costante ricerca di innovazione“, evidenzia il ministro delle Imprese. Un patrimonio prezioso, che, assicura, “ci rende orgogliosi di essere italiani e che contribuisce in modo significativo all’economia del nostro Paese”.
Centinaia gli eventi realizzati in ogni Regione, per mostrare le specificità e le tipicità dei singoli territori.

Dal Vinitaly di Verona, la premier Giorgia Meloni promette un impegno “implacabile” nella lotta alla contraffazione e all’Italian sounding, che “ogni anno drena dal sistema Italia decine di miliardi di euro e compromette la qualità della nostra eccellenza del nostro nome“, denuncia. E giura che non si faranno sconti a chi “pensa di poter usare il nome italiano per vendere prodotti che non hanno neanche lontanamente l’eccellenza che l’Italia può vantare”.

Con la presidente del Consiglio al Vinitaly anche il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che parte dallo stand di Coldiretti per ricordare quanto sia fondamentale acquisire “maggiore consapevolezza di quello che abbiamo“, scandisce. Anche Lollobrigida parla della necessità di difendere la qualità dei prodotti e del pericolo dell’italian sounding. Ecco perché, sottolinea, a livello internazionale “bisogna creare sempre più una condizione di trasparenza“, con un processo produttivo e di trasformazione leggibile, in modo che le persone possano scegliere che cosa comprare e quanto pagarlo.

Gli agricoltori e i trasformatori italiani hanno costi maggiori degli altri non perché siano meno bravi a gestire un’azienda, ma perché, afferma “rispettano l’ambiente, i diritti dei lavoratori, pagano tasse alte per garantire l’equilibrio sociale“. Quel prezzo, ricorda Lollobrigida, “dietro di sé ha tutto questo, mentre i prezzi di prodotti di altre nazioni non hanno tutto questo tipo di attenzione e tutela a qualcosa che abbiamo costruito con la nostra civiltà e quindi proteggere il valore aggiunto del made in Italy è un dovere per garantire un processo culturale che metta tutti nella condizione di guardare all’Italia come esempio“.

Per l’agroalimentare italiano si profila un nuovo record. Nel 2023 le esportazioni hanno raggiunto i 64 miliardi di euro, circa il 10% sul totale delle vendite all’estero dell’Italia. “Alla fine di quest’anno potrebbero far registrare un ulteriore aumento in valore nell’ordine di sei punti percentuali”, evidenzia il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti. Sulle prospettive dell’economia pesano le crescenti tensioni internazionali, l’aumento del costo dei trasporti navali e dei prodotti energetici, ma se le previsioni saranno confermate, risulterebbe sostanzialmente colmato il divario nei confronti della Spagna: “Un risultato che sembrava fuori portata fino a pochi anni fa”, sottolinea.

E’ il cibo la prima ricchezza dell’Italia con un valore della filiera agroalimentare allargata che ha superato i 600 miliardi di euro e rappresenta il simbolo più noto del Paese all’estero, conferma l’analisi Coldiretti. Il Made in Italy dal campo alla tavola vede complessivamente impegnati 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio. “Un record – evidenzia Coldiretti – trainato da un’agricoltura che è la più green d’Europa con la leadership Ue nel biologico con 80mila operatori, il maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute (325), 529 vini Dop/Igp e 5547 prodotti alimentari tradizionali e con Campagna Amica la più ampia rete dei mercati di vendita diretta degli agricoltori“.

Primati che vanno, appunto, difesi dal fenomeno del ‘fake in Italy’, il cibo straniero spacciato per italiano sfruttando il concetto di ultima trasformazione sostanziale per gli alimenti, quello che tecnicamente si chiama codice doganale. In questo modo cosce di prosciutto estero dopo essere state salate e stagionate vengono vendute per italiane e lo stesso capita col latte straniero che diventa mozzarella italiana. Una frode contro la quale è partita dal Brennero una grande mobilitazione di Coldiretti con obiettivo la raccolta di un milione di firme per una proposta di legge europea di iniziativa popolare sulla trasparenza di quanto portiamo in tavola. “Qualcuno deride o sminuisce l’iniziativa che noi abbiamo fatto al Brennero – lamenta il presidente della Coldiretti Ettore Prandini -. È un’iniziativa di trasparenza e di risposta nei confronti dei cittadini e dei consumatori. Non è una manifestazione di chiusura all’interno dei confini è vero esattamente l’opposto: partiamo dall’Italia – rivendica – per cercare di portare trasparenza sui mercati a livello mondiale e fare anche una lotta concreta al tema dell’Italian sounding che tante volte si pensa essere solo fuori dei confini nazionali quando purtroppo l’abbiamo anche all’interno del nostro Paese quando ci sono queste storture”.

Confindustria, Orsini presidente designato: la sfida della doppia transizione

L’emiliano Emanuele Orsini è il presidente designato di Confindustria per il mandato 2024-2028. Cinquant’anni, l’imprenditore è vicepresidente uscente con delega al credito, amministratore delegato di Sistem Costruzioni e di Tino Prosciutti.

Una corsa iniziata da outsider, poi il passo indietro del presidente di Erg, Edoardo Garrone, a poche ore dalla riunione del consiglio generale in viale dell’Astronomia, a spianargli la strada. Su 187 aventi diritto, i presenti erano 173. Orsini ha incassato 147 preferenze, 17 le schede nulle e nove le bianche. L’unità tra gli industriali, dopo anni difficili per le imprese, sembra dunque ritrovata.
L’elezione effettiva si terrà il 23 maggio con il voto dell’assemblea e, intanto, il 18 aprile il consiglio generale dovrà esprimersi sul programma e sulla squadra dei vicepresidenti scelta da Orsini.

Dialogo, identità e dignità” sono le parole chiave scelte dal presidente designato, che all’uscita registra un clima positivo e alle telecamere assicura che lavorerà per convincere anche chi non l’ha votato. I temi prioritari, anticipa, saranno “competitività, energia e certezza del diritto”.

Garrone confessa sulle colonne della Stampa di non essersi sentito nelle condizioni di rappresentare gli interessi di tutte le imprese e di non aver intravisto la possibilità di costruire una “squadra forte e libera da condizionamenti esterni“. Per un grande imprenditore, sostiene, potrebbe essere demotivante candidarsi ed esporsi: “Quando sono sceso in campo ero convinto – e lo rimango ancora oggi – che fosse più importante garantire la governabilità di Confindustria rispetto al nome del presidente“, racconta. E usa parole dure contro il numero uno di Duferco, Antonio Gozzi: “Numeri alla mano, ha perso. Inoltre, con il suo comportamento ha fatto perdere anche Confindustria, quando ha contestato pubblicamente l’applicazione delle regole che sono alla base del nostro sistema associativo e del nostro codice etico“, denuncia.

Le congratulazioni per Orsini arrivano da tutto il mondo politico e associativo. Tra i primi a complimentarsi, sui social, c’è la premier Giorgia Meloni, che ringrazia il presidente uscente Carlo Bonomi per il “confronto avuto in questi anni” e ricorda come, per il suo Governo, lo Stato debba essere un alleato naturale delle imprese e degli imprenditori: “Come sempre – garantisce la presidente del Consiglio – non faremo mancare disponibilità e dialogo“.

Auguri anche dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto. Entrambi evidenziano l’impegno che ci vorrà nei prossimi anni per riaffermare la centralità delle imprese nella duplice transizione green e digitale. “E’ doveroso – sottolinea Pichetto – valorizzare un’imprenditoria che ha colto prima degli altri la necessità di investire su energie rinnovabili e filiere innovative, economia circolare e sostenibilità dei processi produttivi“. Occhi puntati sulle Europee di giugno anche per gli industriali: la sfida della sostenibilità si giocherà a partire da Bruxelles.

Stellantis, tavolo Mirafiori. Urso: “Obiettivo 200mila auto prodotte”

Prosegue il confronto al Mimit sugli stabilimenti Stellantis in Italia. Dopo Melfi, è la volta del focus su Mirafiori. Adolfo Urso ribadisce il target delle 200mila auto prodotte nello stabilimento di Torino, che in logica nazionale significa raggiungere l’obiettivo di un milione di veicoli.
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy chiede di produrre a Mirafiori almeno un nuovo modello, che risponda alle esigenze del mercato italiano: “Allo stato, a Torino, si producono modelli come la 500 elettrica o la Maserati, che sono rivolti sostanzialmente al mercato estero – spiega -. Noi chiediamo che ci sia un modello di auto competitivo e rispondente alle esigenze interne”.

Al tavolo del ministero c’è Davide Mele, responsabile Corporate Affairs di Stellantis in Italia, che rinsalda la centralità dell’impianto piemontese: “Torino, con Mirafiori, è e sarà la città da cui parte tutto, il ‘cuore pulsante’ di decisioni che non si limitano soltanto al nostro Paese ma che coinvolgono tutta l’attività mondiale di Stellantis“, garantisce. Il gruppo, scandisce, è “convinto della potenzialità di raggiungere target ambiziosi a Mirafiori della 500 elettrica portandola a numeri a 3 cifre“.

Non si dicono soddisfatti i sindacati, che confermano lo sciopero del 12 aprile. Il tavolo è “insufficiente” per il segretario generale della Fim-Cisl, Ferdinando Uliano. Nessuna risposta alle richieste, motiva: “Per noi la 500 elettrica non rappresenta, in termini di volumi, la possibilità di recuperare e saturare l’impianto“. Domanda garanzie sul nuovo modello a largo consumo chiesto anche dal governo, e ribadisce la necessità di anticipare il lancio delle Maserati elettriche, previsto nel 2028.

L’incontro è stato “solo interlocutorio”, gli fa eco il segretario nazionale Uilm, Gianluca Ficco. Chiede tutele per i lavoratori dell’indotto, perché, ancora una volta, “sono proprio loro a essere quelli maggiormente a rischio”.

E’ sempre quella della Fiom la posizione più dura: “Il contributo di Stellantis è stato purtroppo imbarazzante“, denuncia il segretario nazionale e responsabile settore mobilità, Samuele Lodi. “Per quanto riguarda le prospettive, l’azienda ha continuato a parlare della necessità degli incentivi per aumentare i volumi della 500 elettrica” ma “non di nuovi possibili modelli da produrre nello stabilimento”, afferma.

Di un percorso che prosegue e risultati importanti parla il governatore piemontese Alberto Cirio, per quanto riguarda la necessità di rendere nuovamente competitivo Mirafiori: l’Hub europeo del riciclo, il Battery Technology Center, il centro Trasmissioni che sarà aperto la prossima settimana. Insieme, osserva, “fanno mille occupati e sono stati proprio il frutto di un lavoro comune. Oggi si tratta di fare un passo in più“.
Mirafiori sta studiando una 500 elettrica meno costosa, aumentando così la produzione e occupando maggiori fette di mercato: “È un percorso sicuramente intelligente che noi sosteniamo, ma ha anche bisogno di tempo, di un fase di transizione” che “sia il mondo dei sindacati sua quello industriale vedono in un nuovo modello che possa permettere di passare questi anni”, sostiene Cirio, che chiede di far tornare Mirafiori a quello che era prima. Un tempo si producevano 400mila auto, quest’anno, nota, “ne abbiamo fatte poco più di 80mila. Dobbiamo arrivare a queste 200mila macchine”, è l’auspicio.

Ingegneria, green hub e produzione di veicoli devono essere la chiave, per il sindaco di Torino, Stefano Lorusso, della strategia da adottare nelle prossime settimane. Per il primo cittadino si tratta anche di rendere sinergici gli investimenti, che, chiosa, “non devono essere visti in contrapposizione, fanno parte di un’unica strategia che è quella di ribadire che l’auto è non solo parte integrante dell’identità della nostra città, ma è sicuramente un’occasione di ulteriore crescita”.

Stellantis, confermato l’impegno per 5 modelli full electric a Melfi

Si riunisce il tavolo per l’analisi degli stabilimenti di Stellantis in Italia, si parte dall’impianto di Melfi, in Basilicata. Una prima risposta, che è una conferma, c’è: saranno cinque i modelli full electric che l’azienda promette di produrre nel sito, impegno che lo stesso Carlos Tavares ha preso al Mimit qualche settimana fa. “Ora attendiamo che questo impegno si tramuti in progetti concreti”, è l’auspicio del ministro, Adolfo Urso.

L’ad non è al tavolo, per policy aziendale legata al periodo di campagna elettorale, che vede il presidente Vito Bardi ricandidato alle prossime regionali. “Saremo al fianco dei sindacati che giustamente chiedono rassicurazioni per tutti i lavoratori dell’indotto“, assicura Bardi, che riconosce la complessità della trattativa perché “Stellantis agisce in regime di monopolio“. A meno di ripensamenti dell’Europa, al momento il piano industriale è indirizzato all’elettrico e “nell’incertezza sugli scenari futuri ad oggi la Regione è fortemente impegnata nel mettere in atto più iniziative possibili per far sì che i lavoratori che perdono il lavoro ne possano trovarne un altro“, garantisce.

Nessuna risposta arriva per indotto ed esuberi. Uilm Basilicata chiede tutele per la componentistica, i servizi e la logistica, che “a ben vedere sono i più esposti ai rischi occupazionali”, osservano Gianluca Ficco, Vincenzo Tortorelli e Marco Lomio, al termine dell’incontro. Il sindacato insiste molto sull’ibrido. Secondo Stellantis, la capacità iniziale dello stabilimento sarà di a 40 vetture per ora, ossia a 260mila vetture all’anno, ma, “un numero del genere sarebbe difficile raggiungerlo con vetture esclusivamente elettriche, che stanno facendo molta fatica ad imporsi fra i consumatori, tanto da indurre a un approccio più equilibrato e gradualista perfino la politica europea”, affermano i sindacalisti che, per questo, chiedono “di prorogare al massimo la produzione degli attuali modelli con motorizzazioni più tradizionali”.

Il governo ha fatto la sua parte, ora spetta all’azienda, avverte Urso: “Capisco che Tavares tuteli gli azionisti ma il governo deve tutelare gli italiani. L’azienda deve adattare il suo piano a quello che il sistema Italia si aspetta”, scandisce. Domani alle 10 il focus sarà su Mirafiori e giovedì alle 13.30 su Atessa, per i veicoli commerciali. Dopodiché si aprirà una seconda fase per comprendere quali siano le strategie che Stellantis vorrà mettere in campo. “Alla fine di questo ‘secondo tempo’ vorremo giungere a un documento conclusivo vincolante sia per l’azienda sia per il governo e per le regioni, e che sia condiviso dalle parti sociali e dall’Anfia”, fa sapere il ministro delle Imprese e del Made in Italy.

Ferdinando Uliano, segretario di Fim Cisl, chiede di non perdere di vista l’obiettivo numerico: “Abbiamo la necessità di arrivare almeno a un milione di vetture, comprensive anche dei veicoli commerciali. Oggi dobbiamo iniziare con lo stabilimento di Melfi ma proseguiremo con gli altri per verificare le piattaforme dedicate allo stabilimento, i modelli che sono destinati, la scansione temporale. Perché solo così, definendo impegni precisi da parte di Stellantis riusciremo a comprendere se ci sono le condizioni per la crescita dei volumi e una tenuta del sistema industriale”.

Più dura la linea della Fiom, che chiede interventi più incisivi e considera il comportamento dell’azienda “irresponsabile socialmente“: “Oggi eravamo qui per parlare dello stabilimento di Melfi e non abbiamo ricevuto garanzie neanche sull’indotto”, lamenta il segretario, Michele De Palma. “Credo sia chiaro anche agli orbi – tuona -: senza l’ad questa discussione non va da nessuna parte. L’ad deve venire in Italia per rispetto di questo Paese”. Attualmente a Melfi si assemblano le Jeep Renegade, la Jeep Compass e la Fiat 500X. Stellantis ha annunciato con l’arrivo della piattaforma STLA Medium 5 nuovi modelli elettrici, i cui tempi non sono secondo il sindacato “allineati rispetto a quelli degli incentivi“.

Con i nuovi esuberi annunciati in questi giorni, circa 500, e gli oltre 700 in trasferta, denuncia De Palma, “stiamo accompagnando un processo di dismissione industriale perché non si stanno prevedendo investimenti in produzione, in nuovi modelli e nella rigenerazione dell’occupazione“. Le parti sociali chiedono unitariamente alla premier Giorgia Meloni un tavolo nazionale a Palazzo Chigi, non tavoli regionali, per “arrivare a una trattativa vera e quindi a un accordo“. Intanto, si preparano a uno sciopero di tutto il settore automotive, il 12 aprile, con manifestazione a Torino.

Ex Ilva, lunedì a Palazzo Chigi sindacati e indotto. Fiom: Ora realizzazione piano

Lunedì prossimo, 25 marzo, i sindacati saranno nuovamente a Palazzo Chigi per riprendere il filo della discussione sul futuro dell’ex Ilva. Alle ore 19 sono attesi in Sala Verde la Fiom-Cgil, la Fim-Cisl, la Uilm e l’Ugl per discutere i prossimi passi per rimettere in piedi l’acciaieria dopo l’avvio dell’amministrazione straordinaria e la nomina dei commissari. Per il governo dovrebbero essere presenti il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, la responsabile del Lavoro, Marina Calderone, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e il ministro per gli Affari Ue, il Sud, la coesione e il Pnrr, Raffale Fitto, mentre per la Presidenza del Consiglio dovrebbe partecipare il sottosegretario, Alfredo Mantovano.

All’appuntamento le sigle si presentano con idee ben chiare, come dimostrano le parole di Michele De Palma alla vigilia dell’incontro: “E’ necessario mettere a disposizione ulteriori risorse per poter garantire il consolidamento delle condizioni di salute e sicurezza, di sicurezza degli impianti e di rilancio della produzione”. Per il segretario generale della Fiom-Cgil “si sono insediati i commissari, ma ora è arrivato il momento di passare dalla programmazione alla realizzazione”. Inoltre chiederanno “il rientro a lavoro di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori”, perché per “gli errori fatti dal management del privato, precedentemente, un’azienda salvata dai lavoratori e dal sindacato si ritrovi in discussioni che riguardano una ‘piccola Ilva’ o soluzioni che prevedono riduzioni dell’occupazione”.

Fiom, dunque, vuole il rilancio dell’azienda ma “dentro una concezione nuova”. C’è “davvero bisogno di fare la transizione industriale verso produzioni che siano ecologicamente compatibili – aggiunge De Palma -. Noi non scambiamo la salute e la sicurezza delle persone con il diritto al lavoro. Le due cose devono stare insieme”.

Lunedì a Palazzo Chigi si parlerà anche di come rimettere in equilibrio la situazione dell’indotto, che aspetta ormai da tempo che venga sanata la situazione economica. Sempre in Sala Verde, infatti, alle ore 20 sono attesi anche i rappresentanti di Aigi, Confapi Taranto, Casartigiani Puglia, Confindustria Taranto, Cna Taranto, Fai Conftrasporto e Federmanager. Dopo la nuova fase avviata con l’uscita di scena di ArcelorMittal, dunque, il governo vuole stringere i tempi e recuperare il terreno perso.

G7, dominano intelligenza artificiale e sicurezza su chip. Urso: “Stop nuove dipendenze”

Dopo sette anni torna a riunirsi il G7 Industria, Tecnologia e Digitale 2024. E il primo vertice si è tenuto a Verona, città “dove lavoro e industria sono in sintonia con arte e cultura”, perno dei “valori della nostra civiltà”, spiega Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, che ha presieduto la riunione. La prima ‘ministeriale’ legata proprio alla presidenza di turno italiana del G7.

Foto di rito dentro l’Arena alle 8.30 e poi via ai lavori. Tre le sessioni di lavoro, ma anche numerosi bilaterali. Urso ha incontrato, nell’ordine, il viceministro giapponese degli Affari Interni e Comunicazione, Junji Hasegawa, per parlare dell’approccio antropocentrico all’Intelligenza Artificiale. Il ministro ha poi visto Jean Koh, presidente della Commissione coreana sulle Piattaforme Digitali, per “potenziare la nostra cooperazione nei campi della microelettronica e del quantum computing, per sostenere l’innovazione e la trasformazione digitale delle nostre imprese“. Con la vice premier ucraina e ministro dell’industria, Yulia Svyrydenko, l’esponente del governo italiano ha approfondito i contenuti e i prossimi sviluppi del progetto della piattaforma logistica intermodale di Horonda che mira a sostenere gli scambi commerciali da e verso l’Ucraina, annunciando “la comune volontà di procedere alla sottoscrizione di un memorandum, il prossimo 9 aprile a Trieste, nell’ambito di una riunione dei ministri dei Paesi del quadrante est europeo“. Nel bilaterale con la vicepresidente della Commissione Europea e Commissario Europeo per la Concorrenza, Margrethe Vestager, il ministro ha invece evidenziato come “i recenti conflitti ci hanno dimostrato che, oggi più che mai, il nostro continente deve raggiungere l’indipendenza strategica e a questo fine in ambito G7 collaboreremo sui semiconduttori con la Commissione, per salvaguardare la nostra economia e le nostre industrie“.

Le tre sessioni di lavoro sono partite con una novità. “Abbiamo aperto a una forma inedita, ovvero un confronto pragmatico con i rappresentanti dei portatori di interesse, ovvero i rappresentanti delle imprese dei nostri Paesi. E’ la prima volta che accade. Questo ci ha permesso di entrare subito in quelle che sono le tematiche principali di questo G7 – ha spiegato Urso – anche con altri rappresentanti di governo che hanno contribuito in maniera significativa alle nostre elaborazioni”. Elaborazioni che continueranno fino a ottobre, alla prossima ‘ministeriale’ industria-digitale, ma che oggi hanno già preso forma.

Nella prima sessione è emersa una piena convergenza dei Paesi del G7 sull’idea di favorire sempre più e di allineare sempre più le regole fra i nostri Paesi per favorire lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, valorizzando i principi del ‘processo di Hiroshima’ e coinvolgendo di più le piccole e medie imprese anche per l’alfabetizzazione di massa delle nuove tecnologie e la formazione professionale dei nostri lavoratori. Abbiamo inoltre sottolineato come l’Ai possa essere fonte di crescita e opportunità dei nostri Paesi purché essa sia percepita come affidabile da imprese e cittadini“, ha sintetizzato nella conferenza stampa finale Urso. “Nella seconda sessione abbiamo convenuto che bisogna evitare nuove dipendenze, dopo quella energetica, che mettano a rischio le nostre catene del valore. Abbiamo già introdotto meccanismi di protezione e ne abbiamo proposti di altri. Creeremo un punto di contatto che lavorerà in maniera continuativa in questi mesi – ha proseguito il ministro – per elaborare una condotta comune sulla protezione degli investimenti soprattutto nella catena del valore dei semiconduttori, fondamentali per la transizione ecologia e digitale”. In questo senso il “garantire l’autonomia strategica parte dalle materie prime critiche, molte delle quali sono presenti nel nostro Paese. Un tema molto sfidante per i processi autorizzatori. Ne ho parlato nell’incontro con il ministro canadese Champagne, il cui paese è leader nell’estrazione mineraria. Alcune aziende stanno procedendo nella fase di esplorazione nel nostro Paese, che potrebbe garantire la nostra indipendenza energetica. La mappatura delle miniere risale a oltre 30 anni fa, ma la tecnologia fa enormi passi in avanti. C’è ora consapevolezza che quei prodotti e minerali preziosi possano essere individuati in aree che non erano prima mappate“.

Infine “nella terza sessione abbiamo individuato nella realizzazione di un hub dell’intelligenza artificiale per lo sviluppo sostenibile lo strumento per aiutare i Paesi in via di sviluppo. Un messaggio importante per il Sud del mondo, che parte dall’Italia, ovvero il ponte tra Europa e Africa, continente del futuro. Speriamo – ha sottolineato Urso – che questo progetto diventi una realtà attivata durante la successiva presidenza canadese“. Si è parlato comunque anche “di space economy in riferimento allo sviluppo sostenibile. Siamo leader mondiale nell’osservazione della Terra dallo spazio, fattore necessario proprio ad esempio nel contrasto alla desertificazione o nel miglioramento della produzione agricola, tutte attività fondamentali per l’Africa. Quindi dallo spazio si può meglio intervenire o prevenire gli eventi catastrofali, come è accaduto in Giappone…“, ha aggiunto Urso.

La curiosità però si è concentrata sull’investimento da 3,2 miliardi in Italia annunciato ieri a Verona dal Ceo della società di Singapore, Silicon Box. Un investimento che non nasce per caso, ha voluto sottolineare il ministro. “Nei mesi scorsi abbiamo presentato un dossier per progetti sulla micro-elettronica a numerosi Paesi, nello specifico in Corea del Sud, Taiwan, Singapore e Stati Uniti. Da questo è nato l’interesse e l’investimento della società di Singapore, Silicon Box. Abbiamo assistito il gruppo già nell’estate dello scorso anno. Loro hanno concentrato la loro attenzione in alcune regioni del Nord. Non sarà comunque l’unico investimento sulla micro-elettronica quest’anno. Ne seguiranno altri nei prossimi anni, anche più consistenti”.
Altro tema caldo, ovviamente, l’intelligenza artificiale. “Privilegiamo la collaborazione con Paesi con cui condividiamo valori. Noi abbiamo una visione antropocentrica dell’intelligenza artificiale, in cui l’uomo è al centro del processo produttivo, seguendo i valori della nostra civiltà”, ha precisato Urso, il quale ha ricordato che “Giorgia Meloni vuole portare avanti nelle prossime settimane un disegno di legge sull’intelligenza artificiale, che sarà accompagnato anche da investimenti finanziari. Mi riferisco al miliardo che sarà investito da Cdp per sviluppare la nuova tecnologia e per dare vita a un campione nazionale nell’Ai”.

Ex Ilva, Urso nomina tutti i commissari e li riunisce al Mimit Sindacati: “Sfida epocale”

La squadra dei commissari che avranno il compito di rilanciare l’ex Ilva in amministrazione straordinaria è completa: tre per Acciaierie d’Italia, tre per il Gruppo Ilva.
Dopo Giancarlo Quaranta, nominato lo scorso 20 febbraio, per AdI arrivano Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia ed esperto di tematiche ambientali, e Giovanni Fiori, esperto di corporate governance e internal auditing. Per il Gruppo Ilva, invece, dopo le dimissioni di Francesco Ardito, Alessandro Danovi e Antonio Lupo, arrivano lo stesso Danovi, esperto di risanamento d’impresa, gestione dell’insolvenza e operazioni straordinarie; Francesco di Ciommo, esperto in diritto bancario e finanziario, delle crisi di impresa, amministrativo e societario; Daniela Savi, esperta in gestione della crisi d’impresa e in materia fiscale.

Urso riunisce subito tutti al Mimit in due tavoli. Il primo riguarda gli impianti, il secondo l’indotto. L’obiettivo è fare il punto della situazione attuale e sui prossimi passi da compiere per il rilancio delle attività. Al primo tavolo partecipano solo Urso e i commissari, al secondo, in videoconferenza, partecipano lo staff del ministro, i commissari di AdI, i rappresentanti dell’Abi, di Sace, di Banca Ifis, di Assifact e delle associazioni dell’indotto, sulle azioni da mettere in campo per il salvataggio della filiera.

Ora la compagine è completa e si può entrare nel merito delle questioni“, scandisce Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil, che chiede un accordo per la ripartenza per mettere in sicurezza gli impianti, i lavoratori e creare le condizioni ambientali adeguate per rilanciare la produzione. “E’ necessario fare presto – incita -, serve ridare liquidità all’azienda, altrimenti gli impianti rischieranno di fermarsi e deve essere garantita la continuità salariale per i lavoratori“.

La sfida, per il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, è “epocale“: “Riuscire a rimettere l’ex Ilva in una condizione di normalità, salvaguardando i posti di lavoro, per poi rilanciarla avviando un piano reale di decarbonizzazione“. Questo, spera, “deve portare alla fine del contrasto tra la città e il grande stabilimento“.

Ottimista anche la Fim Cisl, che conta sul recupero dei ritardi accumulati negli anni. “Siamo fiduciosi che la squadra possa portare avanti un buon lavoro, dando continuità industriale e nel contempo fare i necessari interventi che permettano di rimettere nel più breve tempo possibile il Gruppo sul mercato“, afferma il segretario nazionale, Valerio D’Alò.

La prossima settimana, il 9 marzo, le parti sociali saranno con il ministro delle Imprese negli stabilimenti di Genova e a Novi Ligure.

A Novi, stamattina, c’è stata una riunione del tavolo di crisi permanente convocato dal presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, e dall’assessore al Lavoro, Elena Chiorino, con il presidente della provincia di Alessandria, Enrico Bussalino, i sindaci dei Comuni di Novi Ligure e Racconigi, insieme ai rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil, i sindacati di categoria Fiom Cgil, Fim Cisl e Uil, e le Rsu, ma anche con i parlamentari e i consiglieri regionali.  La visita di Urso in Piemonte è un “segnale molto forte di attenzione da parte del governo che ha raccolto la sollecitazione di questo territorio a considerare quello di Ilva un tema nazionale“, scandisce Cirio, che consegnerà un documento condiviso da istituzioni e sindacati: “La priorità è tenere alta l’attenzione e garantire la continuità produttiva degli stabilimenti piemontesi di Novi Ligure, Racconigi e Gattinara che, insieme all’indotto, rappresentano oltre 3 mila posti di lavoro in Piemonte”, afferma. La convocazione del tavolo resta permanente fino alla piena operatività dei tre stabilimenti piemontesi.

Auto, Urso: “Stellantis non basta, interlocuzioni con Tesla e cinesi”

L’obiettivo del ministero delle Imprese era dichiarato: arrivare a produrre in Italia 1,3 milioni di veicoli per far sopravvivere la componentistica del Paese. Nello specifico, un milione di automobili e 300mila veicoli commerciali leggeri. Dopo mesi di confronti, frecciate al vetriolo e riavvicinamenti con Stellantis, Adolfo Urso non ha dubbi: una casa non basta, servono altri competitor che garantiscano il lavoro e non internazionalizzino. Per questo, da tempo sono in corso interlocuzioni con Tesla, la casa statunitense di Elon Musk (ricevuto due volte a Palazzo Chigi e ospite al Festival Atreju 2023) e tre case cinesi produttrici di auto elettriche.

Il titolare del dicastero di via Veneto viene sentito in commissione Attività produttive della Camera, per fare il punto sul settore auto. La componentistica in Italia è composta da 2.200 imprese, che danno occupazione a oltre 167mila addetti. Se si guarda alla filiera allargata, oltre 5.500 aziende occupano 273mila addetti diretti nelle attività produttive e 1,2 milioni inclusi gli indiretti. “Il tutto genera circa 90 miliardi di euro di fatturato, pari al 9,9% di tutto il settore manufatturiero, con una incidenza sul Pil del 5,2%“, ricorda il ministro. In sintesi, è il settore produttivo a più elevato moltiplicatore di valore aggiunto.

I fattori di rischio da monitorare sono sostanzialmente tre: l’andamento produttivo che è “fortemente influenzato dalla produzione di veicoli sia a livello nazionale che europeo”, le sfide imposte dalla decarbonizzazione e le strategie del principale produttore italiano.

Le immatricolazioni sono cresciute nel 2023, segnando un +19% sul 2022, ma non raggiungono i livelli pre-Covid e sono lontane dal picco di 2,2 milioni raggiunto nel 2017. “Secondo le previsioni di mercato, nei prossimi anni il mercato dell’auto si stabilizzerà su 1,5-1,7 milioni di veicoli immatricolati“, informa Urso.

Al momento, in Italia si fabbricano veicoli a combustione interna, e seguire la strada della totale elettrificazione, mette in guardia il ministro, è rischioso: “Comporterebbe un significativo restringimento del campo di attività economica, perché con l’elettrico si riduce il numero delle componenti necessarie all’assemblaggio dei mezzi e, allo stesso tempo, il principale componente è la batteria, la cui catena del valore è per l’80% di dominio asiatico“. Alla nuova Commissione europea chiederà, assicura, di “abbandonare l’approccio ideologico che ha sacrificato le esigenze delle imprese“.

Intanto, le interlocuzioni con le altre case proseguono, anche perché l’Italia è un caso unico in Europa: “Solo qui – lamenta Urso – c’è un solo produttore di auto. In Germania ce ne sono sei, ai quali se ne aggiunge uno ulteriore per i veicoli commerciali leggeri. In Francia i produttori sono quattro, in Spagna sono sette. Persino nella Repubblica Ceca sono tre e in Ungheria quattro“.
Stellantis potrebbe decidere di internazionalizzare ancora, ma Urso si smarca da qualsiasi responsabilità: “E’ nata nel 2019-2020. Fu presentato al governo il progetto, secondo la golden power. In quel momento, si ritenne di non esercitare quella facoltà. A me risulta che si prospettava una ipotesi di fusione, invece poi fu incorporazione; che dovesse esserci governance paritetica che non fu paritetica; che i soci non avrebbero dovuto aumentare le quote, invece avvenne. In quel momento il governo doveva intervenire, ma se ne lavò le mani“, tuona.

Ora, la sua, è una corsa ai ripari. A metà dello scorso anno, una delegazione del governo ha visitato le principali case cinesi produttrici di veicoli elettrici. Dopo quella missione, tre aziende leader cinesi sono venute in Italia per vagliare le possibilità offerte dal Paese e visitare luoghi di possibili stabilimenti. “Questi gruppi, tutti e tre, hanno esplicitamente detto che i preconcetti con cui sono arrivate in Italia, dal costo del lavoro alla burocrazia, sono stati fugati dagli incontri – garantisce il ministro -. Hanno trovato un paese con un ecosistema molto favorevole agli investimenti“.

Urso a Taranto: “Ex Ilva sarà rilanciata e può diventare il sito più sostenibile d’Europa”

In fondo al tunnel, si intravede di nuovo la luce per l‘ex Ilva. Adolfo Urso vola a Taranto per visitare gli impianti, incontrare le istituzioni, il commissario di AdI in amministrazione straordinaria, Giancarlo Quaranta, e i sindacati. L’obiettivo, spiega il ministro, è quello di farlo diventare il sito siderurgico più sostenibile d’Europa.

L’Ilva sarà messa in sicurezza e poi entrerà in fase di ambientalizzazione: “Vi chiedo – dice ai lavoratori – la massima collaborazione e io vi darò la massima collaborazione del governo e di tutte le istituzioni“. Ricuce, apparentemente, anche con la città ferita da troppi morti d’inquinamento: “Insieme dobbiamo dimostrare che questo è il sito di Taranto, che questo è lo stabilimento siderurgico della nostra nazione“. Sarà quindi rilanciato e assegnato a chi “davvero dimostra di essere un player industriale importante e significativo“.

Quaranta e gli altri due commissari che saranno nominati a giorni saranno, garantisce, messi in condizione di avere da subito le risorse finanziarie che servono alla manutenzione degli impianti. Stop alla cassa integrazione poi per chi lavora per garantire la sicurezza delle macchine. Intanto, Urso chiede all’Europa di cambiare la politica siderurgica e quella industriale: “Mi sono incontrato più volte con i commissari competenti – fa sapere -. Due settimane fa a Bruxelles ho posto con chiarezza la necessità di cambiare la tempistica e le modalità che gli obiettivi della politica siderurgica europea perché altrimenti saremmo schiacciati da chi produce fuori dall’Europa senza rispettare le condizioni ambientali e sociali che noi giustamente vogliamo rispettare“.

Bene per il governatore della Puglia, Michele Emiliano, che dopo anni però si mostra disincantato sul dossier Ilva: “Questo è l’ennesimo Governo col quale collaboriamo e abbiamo, come al solito, tutta la voglia di risolvere la questione. Fino ad ora, non ci è riuscito nessuno. In questa vicenda, la Regione Puglia è stata estromessa da ogni ruolo, ma apprezziamo la gentilezza e il garbo con le quali il ministro Urso ci ha comunque coinvolti”, osserva.

Nonostante questo, la Regione ha messo a disposizione l’avanzo di amministrazione, che ammonta a diverse decine di milioni di euro, per acquistare i crediti delle aziende dell’indotto che “rischiano di rimanere con un pugno di mosche in mano a causa dell’amministrazione straordinaria”, precisa il governatore.

Sulla decarbonizzazione il presidente è molto chiaro: “E’ un obbligo molto conveniente per Taranto“, chiosa. Se si decarbonizza, infatti, si può pretendere che l’Unione Europea consideri l’acciaio della città come uno dei pochi acciai green già utilizzabili in Europa. E’ un modo, insomma, per fare “competizione intelligente“, abbassando i costi di produzione e mettendo Taranto tra le prime acciaierie del mondo in grado di produrre acciaio pulito, con un vantaggio competitivo rispetto ad altri competitor che, dopo le chiusure del mercato americano, avverte Emiliano, “non possono certo pensare di venire a sbolognare in Europa acciaio prodotto con emissioni di CO2 altissime e con inquinamento altissimo”.