Contro inflazione parte tavolo permanente beni di largo consumo

A 15 giorni dall’avvio del Trimestre Anti Inflazione, Adolfo Urso istituisce al Mimit il tavolo permanente dedicato ai settori della distribuzione, del commercio e dell’industria dei beni di largo consumo. “Possiamo dirci soddisfatti per diversi motivi, che ci indicano che abbiamo imboccato la strada giusta nel contrasto al caro vita“, rivendica.

Dopo la sigla delle 32 associazioni di tutta la filiera, 30mila negozi tra esercenti, commercianti e punti vendita della grande distribuzione in tutta Italia hanno deciso di aderire al patto, “garantendo ai cittadini la possibilità di accedere a un paniere calmierato di prodotti di alta qualità, con importanti brand del Made in Italy e internazionali – ricorda Urso – che hanno deciso di associarsi a questo sforzo comune del Sistema Italia”.

Al tavolo oggi hanno partecipato 14 associazioni del settore del commercio e della distribuzione e 18 associazioni dei settori industria, agricoltura, artigianato e cooperative.

Attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori coinvolti nella lotta all’inflazione abbiamo riaffermato il ruolo delle rappresentanze sociali in Italia”, spiega il ministro. Durante la riunione, il titolare del dicastero di via Veneto anticipa l’intenzione di proseguire nelle politiche di sostegno al potere di acquisto per i ceti medio-bassi, delle famiglie, dei pensionati e dei lavoratori “attraverso ogni sforzo che possiamo mettere in campo“.

A partire dalla Legge di Bilancio, con il taglio al cuneo fiscale, le risorse per il rinnovo dei contratti pubblici, la perequazione delle pensioni e le misure per le famiglie e per l’occupazione femminile. Provvedimenti con cui, osserva, “si contrasta l’inflazione e si rilanciano i consumi, a beneficio del sistema produttivo“.

Nella stessa direzione del Patto anti-inflazione, il governo ha previsto il rifinanziamento per il 2024 della carta ‘Dedicata a Te‘, a sostegno dei consumi. C’è stato poi, in sostegno alle aziende, il rinvio delle Sugar e Plastic Tax, che, secondo Urso, “avrebbe indotto la filiera a intervenire sui prezzi, facendoli incrementare a discapito degli utenti finali“.

Il confronto è stato “importante“, secondo Federdistribuzione, per individuare interventi che aiutino a creare le condizioni a sostegno dell’efficienza del settore, “impegnato a contrastare gli effetti derivanti dagli aumenti dei costi e dall’instabilità dei mercati delle materie prime e dell’energia“. Per Carlo Alberto Buttarelli, presidente della federazione, occorre intervenire sui fattori che rischiano di pesare sui bilanci delle imprese e mettere in condizione le imprese della distribuzione di continuare a investire, “come leva di sviluppo di cui può avvantaggiarsi l’intero sistema economico del Paese e soprattutto per far fronte alle sfide di un mercato in continua e rapida evoluzione”.

A Roma l’evento ‘I trasporti italiani ed europei e la sfida del 2035’. Urso: “La strada della decarbonizzazione è segnata”

Al via a Roma il convegno ‘I trasporti italiani ed europei e la sfida del 2035’, organizzato a Roma da Withub con la direzione editoriale di Gea, Eunews e Fondazione Art.49. In apertura, un messaggio inviato dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso: “L’evoluzione dei Trasporti nel prossimo decennio è centrale nel dibattito europeo sulle politiche per il raggiungimento degli obiettivi ambientali derivanti dagli Accordi di Parigi. A livello nazionale il settore è responsabile per oltre un terzo del consumo finale energetico complessivo. Il contributo di gran lunga più importante, pari al 90%, è fornito dai prodotti petroliferi”, scrive il ministro, aggiungendo che “in linea con gli obiettivi europei, il governo condivide l’esigenza di un forte impegno per decarbonizzare il settore, in termini di efficientamento, di ottimizzazione dell’uso dei Trasporti e di aumento dell’uso delle fonti rinnovabili. Il percorso è segnato ma è da condurre tenendo sempre presenti le ricadute sul sistema produttivo in termini di imprese, occupazione e competitività”.

Secondo Urso “insieme possiamo vivere questo momento di cambiamenti come una grande occasione per crescere e costruire un futuro più green, anche grazie al contributo dei trasporti” e “il governo si è fatto promotore da subito di una nuova pragmatica postura in Europa e abbiamo ottenuto in pochi mesi risultati importanti: dopo l’apertura agli e-fuels nel regolamento veicoli leggeri, anche nei considerando del regolamento Euro 7 si va concretizzando la possibilità di immatricolare autovetture alimentate a Co2 Neutral Fuel”, inoltre “nella proposta di Regolamento Euro 7 sono stati confermati i test di emissioni del Regolamento Euro 6 così da concedere tempo e risorse alle imprese per investire sull’elettrico. Parallelamente, per sostenere la penetrazione dei veicoli elettrici siamo impegnati nello sviluppo delle infrastrutture di ricarica”. “Il Pnrr – continua Urso – ha previsto più di 700 milioni di euro per l’installazione di infrastrutture di ricarica sulle strade extraurbane e nelle città. Il Pniec riafferma questa linea, impegnandosi a sostenere colonnine di tecnologie di ricarica smart e il vehicle to grid, accompagnate da pannelli solari per l’autoproduzione di elettricità”. E, scrive ancora il ministro, “la scorsa settimana il Mimit ha aperto il bando per l’acquisto e la posa in opera di colonnine dedicate a privati e condomini: 80 milioni di euro destinati alla copertura dell’80% del prezzo di acquisto e posa delle infrastrutture di ricarica per le spese effettuate nel 2022 e nel 2023”.

auto e furgoni

Via libera al Consiglio Ue al nuovo regolamento sull’Euro 7

Via libera dal Consiglio Competitività europeo al nuovo regolamento Euro 7. La presidenza di turno spagnola ha presentato il testo di compromesso sulla proposta di regolamento sugli standard Euro 7 che ha sbloccato l’accordo politico. Con l’avallo anche dell’Italia. “Il ‘fronte della responsabilità’ sul regolamento Euro 7 è riuscito in quello che molti ritenevano impossibile: un vero ribaltamento delle forze in campo, che cambia la maggioranza in Ue. Il testo approvato oggi è profondamente migliorato rispetto alla proposta iniziale della Commissione, risponde ad una visione finalmente concreta, realistica, pragmatica più volte reclamata dall’Italia. Prevale finalmente la ragione sulla ideologia“, ha commentato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso. Il nuovo testo rispecchia infatti nella sostanza le richiesta del ‘fronte della responsabilità’ coordinato da Repubblica Ceca, insieme con Italia e Francia, che nel merito ha raggiunto una larga e inedita maggioranza in Consiglio, cambiando per la prima volta gli assetti sulla transizione ecologica. Soddisfatto anche il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che parla di “successo dell’Italia in Europa” con proposte che “conciliano tutela dell’ambiente e salvaguardia delle produzioni europee senza regali a Paesi leader dell’elettrico come la Cina“.

In particolare, nella nuova proposta vengono rinviati di circa due anni i tempi di adozione della nuova normativa, garantendo più tempo alle aziende nella riconversione verso la transizione green sia per i veicoli leggeri sia pesanti. Vengono inoltre eliminati nuovi vincoli più restrittivi, permanendo i valori stabiliti dal regolamento Euro 6 per i motori a combustione interna, per le emissioni di particolato e per le condizioni per i test di emissioni delle autovetture. Vengono così ridotti in modo significativo i costi per le imprese automobilistiche, che dovranno distogliere minori investimenti per l’adeguamento alle nuove tecnologie, con di conseguenza meno costi anche per i consumatori. Sarà così possibile indirizzare da subito più risorse per gli investimenti sulla transizione all’elettrico. Il nuovo regolamento, su sollecitazione italiana, permette di salvaguardare la filiera automotive dei produttori di piccoli volumi, l’alta gamma tipica della produzione italiana come Ferrari, Lamborghini, Maserati, simboli del Made in Italy che producono circa 50mila autovetture l’anno. Per la categoria, il nuovo testo prevede infatti che per rientrare nella categoria dei piccoli volumi debba essere calcolata solo la produzione su scala europea e non quella sul piano globale.

Vengono tutelati anche i produttori di veicoli commerciali, come Iveco e Cnh, per i quali restano i vincoli previsti dal regolamento Euro 6. Previsione importante anche per l’indotto italiano, che partecipa alla produzione di oltre 320mila veicoli commerciali l’anno. “Su questa linea vincente, abbiamo sollecitato ulteriori ragionevoli e pragmatiche modifiche al regolamento, che l’Italia intende raggiungere in sede di trilogo che dovrebbe concludersi in questo semestre e per cui facciamo appello alle delegazioni italiane nel Parlamento europeo affinché facciano fronte comune a tutela degli interessi nazionali” ha proseguito Urso. “Siamo finalmente sulla strada giusta, per coniugare gli obiettivi della sostenibilità ambientale alle necessità del sistema sociale e industriale europeo. È finita la stagione della follia ideologica, ora prevale il buon senso della ragione” ha concluso il responsabile del Mimit.

benzina diesel

Il prezzo della benzina resta stabile: sopra 2,6 euro in 6 casi su 69mila. Urso: “Tagliato cuneo, non accise”

I prezzi dei carburanti sono fermi da tre giorni. Il petrolio rallenta per i timori di una crisi cinese e per un possibile nuovo rialzo dei tassi Usa, due eventi che comprometterebbero la domanda. Le polemiche, però, non si fermano in Italia. Altroconsumo rilancia una raccolta firme per abolire temporaneamente il prelievo Iva su benzina e diesel, comunicando di aver raggiunto oltre 100mila sottoscrizioni. Il Codacons se la prende con la premier Giorgia Meloni per aver promesso di abolire le accise, mentre al governo ha tolto gli sconti sulle stesse accise introdotti dall’esecutivo Draghi. Per tagliarle servirebbero “12 miliardi di euro”, ha detto il ministro delle imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, precisando che questi fondi sarebbero “ben più di quanto è costato il reddito di cittadinanza mentre noi, avendo una visione sociale e industriale ben chiara, abbiamo preferito usare quelle risorse per tagliare il cuneo fiscale per ben due volte”. E poi “i prezzi dei carburanti hanno cominciato a salire da quando l’Opec+, il cartello dei paesi arabi alleati con la Russia, ha cominciato a tagliare la produzione per far salire i prezzi del barile. Un aumento che si scarica sul consumatore”, ha aggiunto l’esponente dell’esecutivo.

Il suo ministero ha comunque precisato che il prezzo medio del gasolio self sulla rete stradale ha registrato una riduzione millesimale tra mercoledì e giovedì 17 agosto, passando da 1,843 euro/litro a 1,842 (-1 millesimo di euro), dato replicato poi anche nella giornata di venerdì; il prezzo medio della benzina self sulla rete stradale italiana risulta invece invariato dal 16 agosto, stabile sugli 1,944euro/l. Anche lungo la rete autostradale nessuna variazione da mercoledì, con gasolio self stabile sugli 1,928 e benzina self sui 2,019 euro al litro.

Non mancano certo le anomalie, segnalate a più riprese dalle associazioni dei consumatori, sulle quali ha voluto fare una operazione-verità la Figisc-Confcommercio, una delle associazioni che rappresentano i gestori delle stazioni di servizio, rifacendosi ai prezzi del 16 agosto, prelevati dall’Osservatorio ministeriale. “Intanto va detto che parliamo in quel giorno di 14.637 prezzi per la benzina in servito, 14.611 per il gasolio in servito, 19.886 prezzi per la benzina in self e 19.872 per il gasolio in self, circa 69.000 prezzi in tutto. Quanti sono i prezzi attorno (diciamo pure da sopra i 2,600 in su) a 2,700 euro/litro? Sono in tutto 6, ossia 1/11.501, uno ogni 11.501 impianti, e sopra i 2,700 euro/litro uno solo su 69.006 prezzi in tutto”.

Non è finita. “Rispetto alle sei eccezioni, per la benzina self 16.331 punti vendita su 19.886 (ossia l’82,12 % di tutti i prezzi comunicati) sono collocati nella classe di prezzo tra 1,900 e 2,000 euro/litro (ricordiamo che la media è 1,944) e per il gasolio self i punti vendita collocati tra 1,800 e 1,900 euro/litro (con una media di 1,842) sono 15.738 su 19.872, ossia il 79,20 %”, sottolinea Figisc. “Per i prodotti in self, i prezzi collocati sopra i 2,000 euro/litro sono 559 su 19.886, ossia il 2,81 %, per la benzina e 99 su 19.872 (ossia lo 0,50 %) per il gasolio. Questi sono i numeri veri che attestano una realtà di livelli di prezzo – per quanto pesanti per carico fiscale e anche per l’incidenza dei mercati internazionali dei prodotti raffinati – decisamente assai lontana dai sensazionalismi sparati a titoli di scatola dalla stampa, similmente a quanto già accaduto ad inizio anno”, conclude l’associazione dei benzinai.

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Benzina verso 2 euro, rialzi non si fermano. Ministero: Pesano accise

Non si ferma la corsa dei carburanti. Nella settimana dal 7 al 13 agosto, secondo l’Osservatorio carburanti del Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, il prezzo della benzina è aumentato a 1,939 euro al litro (+9,82 millesimi rispetto alla precedente settimana), così come quello del diesel a 1,827 euro/litro (+3,13 centesimi).

Si tratta di quotazioni in modalità self-service, quindi il servito è abbondantemente già sopra la soglia psicologica dei 2 euro al litro, che aveva preoccupato l’Italia dopo lo scoppio della guerra in Ucraina un anno e mezzo fa. “Per il sedicesimo giorno consecutivo hanno subito un aumento”, commenta Fegica, una delle associazioni che rappresentano i gestori di impianti di carburanti. Per cui “il cartello dei prezzi medi, imposto ai distributori dal governo, nulla ha potuto, né ha mai avuto alcuna possibilità di farlo, contro gli aumenti dei prezzi dovuti ai valori in ascesa dei mercati internazionali dei prodotti. Al contrario si può cominciare ad intravedere il concretizzarsi di quel pericolo di cui l’Antitrust aveva a più riprese informato il Governo: l’esposizione dei prezzi medi non è solo inutile, ma rischia di essere controproducente. C’è quindi bisogno di interventi seri sia in prospettiva, con una riforma strutturale del settore, sia nell’immediato. I prezzi dei carburanti sono ormai al medesimo livello di quando il Governo Draghi decise di tagliare le accise”, sottolinea Fegica in una nota.

Nel dettaglio, calcola Figisc-Confcommercio (altra associazione dei gestori di stazioni di servizio), la media dei prezzi medi delle regioni per la benzina è cresciuta di +0,029 euro/litro, con un massimo di +0,038 (regione Molise) ed un minimo di +0,020 (regione Friuli Venezia Giulia), con un valore medio iniziale al 1° agosto di 1,920 euro/litro (con un massimo di 1,945 euro/litro per la provincia autonoma di Bolzano e un minimo di 1,891 per la regione Marche), ed un valore medio finale al 16 agosto di 1,949 euro/litro (con un massimo di 1,974 euro/litro per la provincia autonoma di Bolzano e un minimo di 1,924 per la regione Veneto).

Per quanto riguarda il diesel, sottolinea Figisc, “la media dei prezzi medi delle regioni è cresciuta di +0,072 euro/litro, con un massimo di +0,083 (regione Molise) ed un minimo di +0,065 (regione Sardegna), con un valore medio iniziale al 1° agosto di 1,776 euro/litro (con un massimo di 1,804 euro/litro per la provincia autonoma di Bolzano e un minimo di 1,751 per la regione Marche), ed un valore medio finale al 16 agosto di 1,848 euro/litro (con un massimo di 1,978 euro/litro ancora per la provincia autonoma alto-atesina e un minimo di 1,822 per la regione Marche)”.

Una nota del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, guidato da Adolfo Urso, ha voluto precisare “che il prezzo industriale della benzina, depurato dalle accise, è inferiore rispetto ad altri Paesi europei, come Francia, Spagna e Germania. Il prezzo alla pompa è, oggi rispetto alla giornata di ieri, sostanzialmente stabile e maggiore di 0,02-0,04 euro rispetto alla rilevazione di domenica. Si nota quindi un rallentamento del trend degli aumenti, dovuti alla crescita delle quotazioni internazionali, che si erano osservati nell’ultimo mese, a dimostrazione di come sia stata efficace in questi mesi l’azione del monitoraggio del Mimit e, a partire dal mese di agosto, lo strumento dell’esposizione del prezzo medio regionale che consente ai consumatori di scegliere dove rifornirsi, in trasparenza e consapevolezza“.

Il ministero ha poi sottolineato che le quotazioni internazionali medie della scorsa scorsa settimana mostrano, rispetto al mese precedente, aumenti analoghi a quelli del prezzo alla pompa. “Insomma, è falso quanto affermano alcuni esponenti politici che il prezzo di benzina e gasolio sia fuori controllo, anzi è vero il contrario: l’Italia ha fatto meglio di altri Paesi europei”, ha aggiunto. “Peraltro, appare davvero strano che se la prendano con una misura risultata pienamente efficace che ha consentito, in un sistema di mercato, di contrastare la speculazione, dando piena trasparenza e quindi consapevolezza e capacità di scelta al consumatore. Sono contrari anche alla trasparenza?“, conclude la nota. Se il tema è quello delle accise, proprio il “governo ha inserito una clausola ‘taglia accise’ collegata però ad un livello di prezzo troppo alta per essere funzionale nelle presenti condizioni di emergenza”, aggiunge la Fegica che conclude: “E’ arrivato il momento che il Governo abbandoni slogan e giustificazioni poco credibili e prenda seriamente in esame l’ipotesi di mettere le mani sulla tassazione dei carburanti, fosse pure temporaneamente”. Per tagliare le imposte sui carburanti, in base al meccanismo della cosiddetta accisa mobile, il prezzo dovrebbe aumentare “in misura pari o superiore, sulla media del periodo (un paio di mesi, ndr), a due punti percentuali rispetto esclusivamente al valore di riferimento, espresso in euro” e che viene indicato nel Def. Ecco, nel Documento di Economia e Finanza il petrolio viene stimato a 82,3 euro per il 2023 cioè 89,84 dollari al cambio attuale. La quotazione del Brent però è attualmente attorno a 85 dollari al barile. Sotto dunque la soglia stabilita dal Def.

Stellantis pronta a confronto con sindacati. Accordo con Mimit a settembre

Un tavolo Stellantis e un piano prima dell’accordo di programma per aumentare la produzione in Italia condivisi con le parti sociali. Tutti saranno coinvolti, assicura il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, nella riunione sul comparto automotive con le organizzazioni sindacali. L’accordo però slitta rispetto alle previsioni del ministro, che più volte aveva parlato di un’intesa da chiudere entro la prima metà di agosto.

Il Tavolo Stellantis, composto da Mimit, azienda, sindacati, Regioni e Anfia, sarà finalizzato alla sottoscrizione, entro la fine dell’anno, di un accordo di programma che abbia un orizzonte al 2030.
Le richieste di confronto trilaterale che i sindacati avevano avanzato alla fine dell’incontro di oggi, sono state accolte. Anche l’azienda conferma il “forte impegno nei confronti del Paese” e di avere instaurato con il Ministero delle Imprese e del Made in Italy un “dialogo dinamico e costruttivo“.

Siamo pronti a proseguire, dopo la pausa estiva, un cammino, anche con le parti sociali e le organizzazioni di categoria, che si basa su un processo chiaro e su una visione condivisa sul percorso da seguire“, fa sapere Stellantis, che si dice convinta della necessità di “costruire un progetto globale per l’Italia che tenga conto di diversi fattori come le previsioni di mercato, l’accessibilità economica delle auto per i clienti italiani, l’impatto di normative come l’Euro 7 e gli incentivi per mantenere la competitività nazionale come il costo dell’approvvigionamento energetico e le agevolazioni per l’acquisto delle vetture“.

Il piano di lavoro, in via di definizione, potrà essere sottoscritto entro il mese di settembre e sarà articolato seguendo l’incremento dei volumi di produzione dei veicoli così come il consolidamento dei centri di ingegneria e ricerca e sviluppo, rafforzando la presenza in ambiti a elevate potenzialità di sviluppo sia nel breve che nel medio-lungo periodo. L’attenzione sarà anche all’ efficientamento degli impianti, per migliorarne la competitività in termini di costo del lavoro, energia e logistica; all’ accelerazione degli investimenti in transizione energetica e ambientale per migliorare l’impronta di carbonio dei siti produttivi e ridurre il consumo energetico; all’assessment della filiera della componentistica da completare in tempi certi. Sarà necessaria anche una mappatura aggiornata delle competenze presenti nel Gruppo e una proiezione a 5 e 10 anni delle competenze ritenute critiche e dei lavoratori degli stabilimenti Stellantis.

I sindacati chiederanno conto all’azienda di una serie di punti: “Non ha chiarito le scelte di fondo e le loro ricadute produttive e occupazionali sul nostro Paese e in alcuni siti non c’è tranquillità sul futuro“, mette in luce il Segretario generale della Uil, PierPaolo Bombardieri. I tempi inizialmente previsti, ricorda, “sono slittati e non è chiaro se l’obiettivo di produrre 1 milione di auto consideri anche i 300mila veicoli commerciali, ad oggi, già prodotti”.

L’obiettivo su cui ci siamo mobilitati , manifestando a Poissy e poi con gli scioperi unitari dei metalmeccanici era un accordo quadro sul piano industriale, che garantisca l’occupazione attuale in tutti gli stabilimenti di produzione di componenti e assemblaggio, e nei centri di ricerca e sviluppo“, sottolineano Maurizio Landini, segretario generale Cgil e Michele De Palma, segretario generale Fiom-Cgil.
L’obiettivo, ribadiscono, “deve essere quello di tornare a produrre un milione di auto e 300mila veicoli commerciali leggeri attraverso la realizzazione di un piano che determini il rilancio di tutti gli impianti e gli enti centrali esistenti nel nostro Paese“.

Asse Roma-Parigi-Berlino su estrazione, lavorazione e riciclo materie prime critiche

Asse Roma-Parigi-Berlino per l‘estrazione, la lavorazione e il riciclo delle materie prime critiche, il petrolio del futuro. Italia, Francia e Germania fanno da apripista in Europa e concordano di coordinare proposte, gruppi di lavoro del G7, posizioni sullo European Critical Raw Materials Act, per i nuovi negoziati all’interno del Consiglio e con il Parlamento europeo. Perché la guerra in Ucraina e la pandemia da Covid-19 hanno dimostrato quanto il Vecchio Continente dipenda da singoli Paesi, in particolare dalla Cina, per l’estrazione e la lavorazione delle materie prime.

Il trilaterale è a Berlino, tra il ministro dell’Economia e dell’Azione per il Clima tedesco Robert Habeck, il ministro dell’Economia, delle Finanze e della Sovranità Industriale e Digitale francese, Bruno Le Maire, e il ministro italiano delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, insieme ai rappresentanti dell’industria dei tre Paesi per un confronto sull’approvvigionamento sicuro, sostenibile ed economico dei materiali. I settori industriali dei tre Paesi ne hanno bisogno, soprattutto per le tecnologie che facilitano le transizioni ecologica e digitale.

Vogliamo lavorare insieme per rendere la fornitura di materie prime per le nostre industrie più sostenibile e diversificata, per attuare misure di sicurezza economica in modo più efficace“, conferma Habeck. Per fornire un sostegno alle aziende, è stato creato un gruppo di lavoro “di alto livello“, fa sapere.

L’incontro di Berlino segna una fase nuova nella definizione della politica industriale europea, è convinto Urso. Consentirà di “affrontare le sfide della duplice transizione, al fine di garantire l’autonomia strategica dell’Ue“, afferma. I tre Paesi rappresentano una parte significativa dell’economia dell’Unione e hanno in molti settori “catene di valore condivise“, ricorda, convinto di poter “determinare il futuro della casa comune europea” con gli altri due partner.

La doppia trasformazione è impossibile “se non possiamo aiutare le nostre imprese ad accedere alle materie prime di cui hanno un forte bisogno“, fa eco Le Maire. “È molto importante definire azioni concrete su progetti strategici e sostegno congiunto, discutendo questioni come la realizzazione di scorte condivise e l’acquisto in comune“, osserva, fiducioso che la cooperazione “aprirà la strada a un’Europa verde e resiliente“.

Con il Raw Materials Act, l’Ue valuta l’estrazione e la lavorazione, i minerali e i metalli critici (litio, nichel, elementi delle terre rare, gallio, tungsteno) da cui dipendiamo per costruire qualsiasi apparecchiatura, dalle celle fotovoltaiche alle turbine eoliche e alle attrezzature elettroniche. La transizione verde e digitale determinerà una domanda esponenziale di questi materiali, mentre la scarsa offerta intensificherà la competizione globale. Ecco perché le materie critiche sono state elencate all’interno dei sei settori prioritari per ridurre le dipendenze strategiche dell’Ue.

Roma, Parigi e Berlino si impegnano ora a stabilire obiettivi di estrazione, lavorazione e riciclaggio, rafforzare le misure per promuovere il riutilizzo di materie prime strategiche e critiche in Europa, raggiungere ambiziosi criteri ambientali, sociali e di governance (Esg), estendere gli elenchi di Crm/Srm, in particolare per includere l’alluminio. “Ci auguriamo che venga inserito il polisilicio nella lista delle materie prime strategiche, per agevolare una rapida transizione energetica“, scandisce Flavio Cattaneo, Ceo del Gruppo Enel, a margine dell’incontro.

In Italia il Mimit e il Mase hanno predisposto un tavolo per mappare le miniere chiuse da 30 anni e che oggi si trovano nella quasi totalità in aree protette. “Abbiamo uno dei più grandi giacimenti di cobalto ma anche manganese, litio, rame – ricorda Urso -. Ci auguriamo ci sia una accelerazione delle procedure che ci possa consentire di aprire quei giacimenti. L’Italia può fare però ancora di più nel riciclo e riuso. E’ importante vi sia certezza giuridica e risorse significative dell’Ue“.

Per mettere in sicurezza l’intera filiera, dall’estrazione alla trasformazione e riciclaggio, i tre ministri hanno concordato di intensificare la loro collaborazione a livello di format, condividendo dati e criteri di supporto per investimenti congiunti in progetti strategici. La riunione di oggi dà il via a una serie di incontri trilaterali per rafforzare la cooperazione di Germania, Francia e Italia nelle aree economiche chiave. Il prossimo incontro trilaterale si terrà a ottobre in Italia sulle tecnologie digitali e un terzo si svolgerà più avanti in Francia sulle tecnologie green.

PMI del Sud: 400 milioni per la transizione green e digitale in manifattura e servizi

Firmato dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, il decreto che istituisce un nuovo bando per rafforzare la crescita sostenibile e la competitività delle PMI dei territori delle regioni del Mezzogiorno (Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna).

Con una dotazione di 400 milioni, la misura potrà coprire fino al 75% delle spese ritenute ammissibili con un’agevolazione articolata in un contributo e in un finanziamento agevolato.

L’obiettivo del provvedimento è quello di sostenere il processo di transizione delle piccole e medie imprese nelle regioni del Mezzogiorno – afferma Fedele Santomauro, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – mediante l’incentivazione di investimenti imprenditoriali innovativi, che facciano ampio ricorso alle tecnologie digitali secondo il Piano Transizione 4.0”.

Per ottenere l’accesso, i progetti presentati devono prevedere l’utilizzo di tecnologie abilitanti (come cloud, realtà virtuale) destinati all’ampliamento della capacità produttiva, alla diversificazione della produzione, alla realizzazione di nuovi prodotti, o alla modifica del processo di produzione già esistente o alla realizzazione una nuova unità produttiva.

Nel calcolo del punteggio – prosegue Santomauro – sono riconosciuti significativi anche i punteggi premiali per i progetti aventi ad oggetto l’efficientamento energetico dell’impresa, che consentano un risparmio energetico almeno pari al 5%, nonché per quelli finalizzati a introdurre nel processo produttivo soluzioni legate all’economia circolare”.

Urso lancia la proposta dei dazi ambientali: “Tutelare le aziende da concorrenza sleale”

Il Green Deal europeo per arrivare a emissioni zero al 2050 è un obiettivo “ambizioso ma necessario“. Parola di Adolfo Urso. Ma il ministro per le Imprese e il Made in Italy ha in mente anche un altro obiettivo: “Dobbiamo tutelare le aziende, i lavoratori e i cittadini europei dalla concorrenza sleale nel nostro continente“. E un modo lo ha individuato: “Lo si può fare. Lo si deve fare anche con norme che riguardano l’importazione o l’esportazione di prodotti, quelli che vengono chiamati giustamente Dazi ambientali“, dice nel videomessaggio inviato all’evento ‘L’energia per l’Italia e l’Ue: le fonti e le regole del mercato energetico’, organizzato a Roma da Withub, con la direzione editoriale di Gea ed Eunews.

Per il responsabile del Mimit “occorre una politica assertiva e solidale per proteggere le imprese europee che hanno processi produttivi più difficili da decarbonizzare e, dunque, hanno maggiore esposizione verso la concorrenza di Paesi senza vincoli imposti da standard ambientali e sociali“. Per questo “non possiamo chiedere alle nostre imprese di competere con le imprese e i prodotti di Paesi che giungono in Europa con effetti di dumping perché non hanno i nostri standard ambientali e sociali“.

Urso tocca diversi temi nel suo intervento. “Crediamo che si possa e si debba fare di più per raggiungere l’autonomia strategica in Italia e Europa per essere liberi sul fronte energetico – spiega -. La nostra azione guarda agli investimenti in rinnovabili e idrogeno, tenendo sempre a mente il principio della neutralità tecnologica che è a fondamento della nostra comunità europea. Il principio di neutralità tecnologica è nella natura della nostra Unione europea e va perseguita in ogni modo“, sottolinea.

Il ministro delle Imprese, parlando di energia, fa anche un rapido excursus degli ultimi mesi del nostro Paese. Per tracciare una rotta e capire da dove si è partiti e far comprendere quali siano i traguardi prefissati: “L’Italia, in piena sintonia con gli obiettivi europei di transizione e consapevole di essere la seconda potenza manifatturiera in Europa, è stata costretta a fare una legge finanziaria destinata per due terzi ad arginare i costi dell’energia per imprese e famiglie” e “su queste premesse il governo ha lavorato da subito, in sede europea siamo riusciti a imporre il tetto al prezzo del gas. E da quando ci siamo riusciti il prezzo del gas è crollato, la speculazione è stata fermata”.

Restando in tema Manovra, dal Mimit c’è anche un’altra novità, con la firma di Urso sul decreto da che destina le risorse al rifinanziamento dei Contratti di sviluppo, previsto dalla legge di Bilancio del 2023. I Cds rappresentano il principale strumento agevolativo dedicato al sostegno di programmi di investimento produttivi strategici ed innovativi di grandi dimensioni: il provvedimento autorizza lo scorrimento delle istanze già presentate per 400 milioni di euro per contratti di sviluppo industriali, agroindustriali e di tutela ambientale, 200 milioni di euro per contratti di sviluppo di attività turistiche, 157 milioni di euro per gli accordi di programma e accordi di sviluppo per investimenti produttivi o di tutela ambientale.

Meloni rilancia su Hub energetico. Urso: “Indipendenti dalla Russia entro l’anno”

Non lascia, ma raddoppia. La premier, Giorgia Meloni, anche sul palco del 19esimo Congresso nazionale della Cgil a Rimini, ribadisce la volontà del governo di portare avanti quello che lei stesso definisce il ‘Piano Mattei’, il progetto con cui vuol far diventare l’Italia “hub di approvvigionamento energetico d’Europa, investendo nel Mediterraneo allargato. La presidente del Consiglio spiega che si tratta di “un modello di cooperazione non predatoria, per creare catene di valore prossime e aiutare i Paesi africani a vivere bene grazie alle risorse di cui dispongono“. A suo modo di vedere, “questa rimane la più seria, strutturale e umana risposta alle migrazioni“. Pur giocando ‘fuori casa’, per usare una metafora sportiva, Meloni si dice “d’accordo con Landini quando dice che in passato c’è stata un’assenza di chiare scelte di politica industriale“. Una mancanza “di visione che inevitabilmente ha frenato la nostra crescita economica e ha reso l’Italia troppo dipendente dall’estero in molti settori strategici: stiamo cercando di invertire questa rotta“.

A oltre 1.200 chilometri di distanza sembra sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda anche Paolo Gentiloni. Che in videocollegamento da Bruxelles con il Festival Euromediterraneo dell’economia punta, in particolare, sul Sud. “Sia sulle rinnovabili sia sulla diversificazione delle forniture, il Mezzogiorno d’Italia ha un ruolo molto importante“, dice il commissario europeo all’Economia. “Abbiamo la Tap che arriva in Puglia, il gasdotto Transmed e il GreenStream che arrivano in Sicilia e la possibilità del collegamento attraverso Terna tra Tunisia e Italia – continua nel ragionamento -. In sostanza, abbiamo buona parte dei collegamenti del Mediterraneo che fanno capo alle regioni del Mezzogiorno. La possibilità di proiettarlo come hub energetico del Mediterraneo non è solo una chiacchiera, ma una realtà che va potenziata“.

Il tema è centrale nell’esecutivo. Perché al Feuromed ci torna, approfonditamente, pure il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Che parte da lontano, ricordando come “i grandi cambiamenti storici sono determinati da assetti che prescindono dai noi stessi ma di cui dobbiamo renderci conto“, per poi centrare il punto: “Prima l’Europa, e il nostro Paese, si approvvigionavano da Oriente, dal gas e dal petrolio russo a prezzo conveniente“, mentre “oggi devono riorientarsi a sud“. Non solo per garantirsi stoccaggi pieni nel prossimo inverno. Il progetto, semmai, è ben più ampio: “Con le alternative” alle forniture di Mosca “che abbiamo rafforzato negli ultimi mesi, l’Italia può, nell’arco di poco tempo, raggiungere la sua autonomia energetica sul gas rispetto alla Russia“. Addirittura con una deadline più corta rispetto alle previsioni: “Nel 2021 la dipendenza era del 14%, lo scorso anno del 16% e a fine di quest’anno taglieremo ogni dipendenza dal gas russo“, dice Urso. Sottolineando, però, che “l’Europa, necessariamente, si rifornirà sempre più dal Sud” e “in questo diventano fondamentali le linee di approvvigionamento che portano all’Italia e da qui nei grandi mercati di consumo europei: questo fa tornare centrale il nostro Paese, che può diventare il grande Hub energetico dell’Ue“.

Il responsabile del Mimit punta alto: “Stiamo diventando il Paese di approvvigionamento, grazie ai gasdotti esistenti, all’aumento delle forniture dall’Algeria, al raddoppio del Tap e alle forniture che possono arrivare (vedremo se con navi rigassificatrici o un nuovo gasdotto) dal Mar Mediterraneo centrale dove opera l’Eni, grazie ai contratti che ha in alcuni Paesi africani“. Quindi, ipotizza, “eventualmente la Francia dovesse ancora opporsi al raccordo tra la rete del gasdotto spagnolo e quello europeo, per cui credo manchino 180 chilometri, ma Parigi ancora oggi è restìa a raccordare la rete del gasdotto spagnola a quella europea, l’Italia può realizzare con il governo spagnolo un gasdotto che dalla Spagna al Nord tirrenico giunge nella nostra rete, italiana ed europea, bypassando l’eventuale opposizione della Francia“. A quel punto “i 7 rigassificatori spagnoli, che sono praticamente inutilizzati, porterebbero il gas, attraverso il Nord Italia, a ricongiungersi con la rete europea“. In questo scenario “si ribalta la situazione – conclude Urso – e il Mezzogiorno diventa centrale per l’Italia e per l’Europa, sia per quanto riguarda il gas, sia per quanto riguarda la rete elettrica europea e mediterranea“.